l'Artugna 114_ 2008

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Cibo tutto lo spreco che finisce nella spazzatura di Nino Roman

1.

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Pensare di cosa si ha realmente bisogno e prima di fare la spesa fare una lista delle cose che servono. 2. Preferire alimenti freschi di stagione, di origine locale. 3. Comprare quanto si è sicuri di consumare prima della data di scadenza indicata. 4. Usare detersivi con parsimonia e privilegiare prodotti naturali per la pulizia. 5. Verificare la possibilità di riparare apparecchi, mobili, vestiti, scarpe. 6. Privilegiare il mezzo pubblico e la bicicletta. 7. Richiedere una informazione corretta sull’impatto ambientale dei prodotti con l’aiuto delle organizzazioni dei consumatori e delle associazioni ambientaliste. 8. Evitare prodotti «usa e getta» e preferire prodotti durevoli. 9. Se possibile scegliere prodotti sfusi. 10. Per fare la spesa, portare una borsa da casa.

il decalogo

Secondo una recente indagine della Confederazione italiana agricoltori circa venticinque milioni di tonnellate di cibo vengono buttate annualmente tra i rifiuti. Oltre la metà, circa diciotto milioni di tonnellate, finiscono nei cassettoni della spazzatura direttamente da case, negozi, ristoranti, mense, hotel, aziende alimentari, mentre tutto il resto viene perduto nella distribuzione, nelle fattorie, nei campi e nei negozi. In definitiva buttiamo nella spazzatura un terzo del cibo prodotto nel Paese, qualcosa che vale trenta miliardi di euro, ovvero il due per cento del prodotto interno lordo. Se rapportiamo il dato al numero delle famiglie italiane, emerge che il costo di questi scarti ammonta a cinquecentottanta euro annui per gruppo famigliare; se poi andiamo a vedere la natura degli scarti scopriamo che il 30% dello spreco è dato da prodotti freschi (latte, uova, formaggi, yogurt), il 19% dal pane, il 17% da frutta e verdura, il 10% da affettati e il 6% da prodotti in busta, ossia alimenti basilari acquistati e non consumati. Le cause di questo disastro alimentare sono diverse, ma quasi tutte riconducibili alla poca educazione all’acquisto: compriamo troppo e male, talvolta attirati dalle offerte del marketing,

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dalla seduzione della confezione, dalle novità, dalle promozioni, dai prezzi sottocosto che stimolano fortemente all’acquisto. È l’accusa che i sociologi muovono al consumatore italiano, portato a riempire il carrello di cibo che non riuscirà mai a consumare prima che vada a male. Per il sociologo il consumatore è troppo distratto, ha poca coscienza ecologica, non è attento alla scadenza del prodotto che acquista; ha perduto l’abitudine alla parsimonia ma anche alla misura di una spesa fatta, se non giornalmente, almeno più volte la settimana, comprando ciò che realmente ha bisogno per uno o due giorni nei mercati di quartiere o dal negoziante sotto casa. Invece siamo presi dalla fretta e così la spesa si effettua il sabato al supermercato pensando ai pasti di tutta la settimana con il rischio che molti prodotti freschi finiscono col marcire e quindi buttati in spazzatura. Ma il problema fondamentale è che la maggior parte della gente non si rende conto di contribuire a un dramma di vaste dimensioni: non c’è solo il costo di prodotti che non si consumano ma anche quelli per il loro smaltimento che vanno a carico dell’intera società. Un problema non da poco.


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