Dall’album di famiglia...
Le nostre radici
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La grande famiglia degli Zambon Pinal
i Rosìt
Primi anni ’50. Giovanni (1890) davanti alla sua falegnameria.
Anno 1960 circa. Foto di famiglia di Giovanni e Luigia. Da sinistra, in prima fila: Donatella, Gianni, Orietta, nonna Luigia e il piccolo Enrico. In seconda fila Giovanni con i figli Romualdo ed Angelo, le nuore Bruna e Attilia, e Enrichetta. Manca Maurizio che nascerà qualche anno dopo.
Anno 1934. Romano (1900), a sinistra, con i genitori Luigi (1859) e Luigia, la moglie Attilia e i figli Domenico (1934) e Bruno (1932).
Anno 1938. Nozze d’oro di Luigi (1859) e Luigia. Da sinistra. Prima fila: Bruno, Caterina e Bruna; seconda fila: Luigi, Giuseppe Pellegrini, Luigia, nonna Luigia e nonno Luigi con in braccio Domenico; terza fila Giovanni, Santa, Giovanni Pellegrini, Alma, Attilia, Flora, Benito (in braccio a Maria), Giovanni, Luigia Bastianello, Teodora e Romano.
La ricerca degli antenati dei Rosìt ha avuto un risultato imprevisto: quello di confermare che questo è un altro ramo dei Pinai. Infatti, risalendo le varie generazioni, si è scoperto che Domenico Zambon (1824), bisnonno dei Rosìt nati nei primi decenni del ’900 (Antonio, Angelo, Aldo, Bruno, Domenico, Luigi ecc.), appare nei registri come Pinal; egli era fratello di Agostino, nonno di Fedele Pinal del Vaticano. Ciò ha permesso di avvalorare la testimonianza orale che i veci Rosìt i vigneva fora dal cortif del Vaticano. La successiva ricerca degli avi di Domenico ci ha permesso di arrivare fino ad Antonio Pinal (1691), figlio di Osvaldo e fratello di Zuanne Bon, capostipite degli altri rami dei Pinai, più volte oggetto di ricerche e di pubblicazioni su l’Artugna. __ VENTICINQUESIMO INSERTO a cura di Roberto Zambon Primi anni del ’900. Gregorio (1883) da militare. Si arruolò anche nella legione straniera.
Pietro (1925), spensierato con la sua bicicletta, a metà degli anni ’30. Pochi anni dopo venne ucciso dai tedeschi assieme al cugino Enrico.
I Rosìt: 150 anni di storia
Annemasse (Francia), 1933. Ferdinando (1903) con i figli Luigi (1930) e Luigia (1931). Con la bicicletta che appare nella foto, Ferdinando ogni mattina attraversava il confine tra Francia e Svizzera per arrivare a Ginevra dove era impegnato nella costruzione del Palazzo delle Nazioni. Due erano i muratori di Dardago che lavoravano in quel cantiere: Nando Rosìt e Attilio Pala.
Primi anni ’40. Il giovane Enrico (1921) da militare. Verrà ucciso dalle SS, nel 1945, con il cugino Pietro.
Barcis. Anni ’60. Gita sul lago. Romualdo (1926), Angelo (1916) e la cugina Gabriella (1936).
Primi anni ’50. Giovanni e Luigia con i nipoti Enrichetta e Gianni.
Agosto 2003. Fernanda con i nipoti Davide, Mattia, Laura e Andrea.
Anno 1989. Alcuni nipoti di Angelo (1916): Riccardo (1974), Silvia (1972), Gianmarco (1973), David (1977) e, seduto, Francesco (1969).
Anno 1938. Quattro cuginetti Rosìt: Bruno (1932) e Domenico (1934), figli di Romano, tra Luigi (1930) e Luigia (1931), figli di Ferdinando.
Ci siamo anche noi! Massimiliano (1980) con la moglie Vera e la piccola Maya (2009).
Sopra. Anno 2010. Nuove generazioni dei Rosìt. Nonna Maria Teresa con i quattro nipotini: da sinistra Benedetta e Marco figli di Matteo (1972), Francesco e, dietro la nonna, Riccardo, figli di Daniele (1966). A destra. Agosto 2010. Momento di relax di Francesco (1967), figlio di Bruno (1932), con i piccoli Pietro (2002), Giovanni (2005) e Luca (2009).
INSERTO DE l’Artugna n. 122 · APRILE 2011 Un sincero ringraziamento a coloro che mi hanno permesso, con le loro informazioni e fotografie, di portare a termine questo lavoro. Roberto Zambon
Ufficialmente, nel registro dei battesimi della Pieve di Dardago, il nome Rosìt fa la sua comparsa nell’atto di battesimo di Gregorio, nato il 9 novembre 1883. Evidentemente, già suo padre Angelo (1856) era conosciuto come Rosìt. Il nonno Domenico (1824), invece, come accennato, fu registrato come Pinal. Il cambio da Pinal a Rosìt avvenne, quindi, a metà dell’ ’800, epoca in cui questo ramo dei Pinai lasciò l’affollato cortile del Vaticano per insediarsi nelle case dell’attuale via Rui de Col. Relativamente all’origine del nome, si narra che le case dei Rosìt siano state costruite sul terreno conosciuto come l’ort de la Rosita, dal vezzeggiativo con cui era chiamata la donna che lo coltivava. Il ramo dei Rosìt prospera con i due figli di Domenico: Angelo (1856) e Luigi (1859). Angelo, oltre a lavorare nei campi, era falegname (testimonianza del nipote Angelo, classe 1916, ne l’Artugna n. 35 – Agosto 1981). I suoi figli Gregorio (1883) e Giovanni (1890) furono artigiani. Gregorio lavorava il sasso, come scalpellino tagliapietra, Giovanni era un abile falegname con spiccate capacità di scultore del legno; l’Artugna ha dedicato una copertina a un bassorilievo di una cassapanca da lui realizzata. La passione per questo lavoro, ereditata dal padre, l’ha trasmessa ai figli Angelo, Aldo e ai nipoti e pronipoti tutt’ora attivi a Dardago e a Trieste.
I capostipiti dei Rosìt: Angelo nato il 26 settembre 1856 e Luigi nato il 19 settembre 1859.
I figli di Luigi, Romano (1900) e Ferdinando (1903) scelsero delle strade diverse. Il primo lavorò come facchino ai piani in molti alberghi in Italia (Venezia, Palermo…) e in Germania. Ferdinando, abile carpentiere, dopo aver lavorato in Svizzera, morì sul lavoro a 33 anni, precipitando, in circostanze poco chiare, da un ponte in costruzione nella lontana Persia. La vicenda suscitò molto clamore in paese. Sia i figli di Romano che quelli di Ferdinando sono stati occupati, con successo, nel settore alberghiero. Nella storia della famiglia si incontra anche un altro personaggio: Pietro, nato nel 1863, fratello di Angelo e Luigi. Egli fu un valente scultore. Lavorò molto a Venezia dove aveva acquisito una certa fama. Nella città lagunare lasciò molte sue opere. Di lui si ricordano, a Dardago, la statua di San Giovanni Battista, sulla facciata della casa dei Rosìt e il monumento funebre dedicato al fratello minore Antonio, morto ad appena 13 anni. Ci sono testimonianze, purtroppo non avvalorate da altra documentazione, che sue sono anche le grandi statue del Mosé e di San Pietro, poste nella facciata della chiesa 1. La vita terrena di Pietro, terminò tragicamente nel baratro della Panerata a Budoia il 24 novembre 1921. Aveva 58 anni. Nota. 1. cfr. Vittorina Carlon, «Segni religiosi nelle vie e nelle case», l’Artugna, n. 92, 2001)
Tre figli di Gregorio. Antonio (1915) e Maria Giovanna (1912) alle spalle di Marianna Santa (1921).
Zurigo, 1957. Marcello (1931) e la moglie Anna nel giorno del loro matrimonio.
Milano, 1943. Antonio (1915) con la moglie Anna e il primogenito Bruno (1942).
Anno 1913. In piedi: Gregorio (1883) con la prima moglie Marianna Panizzut. Seduta: la madre di Marianna (1886), Giovanna Lachin, che tiene in braccio la nipote Maria Zambon Rosìt (1912).
Anno 1932. Anna Cadinaro, seconda moglie di Gregorio, con in braccio il piccolo Marcello (1931). Accanto a lei i figli Marianna (1921) e Pietro (1925).