Speciale Moda & Fragranze

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FOCUS MODA LA MODA MANIFESTO BIMESTRALE - COPIA EURO 0,001 SUPPLEMENTO N. 1 AD ARTRIBUNE MAGAZINE N. 76
TODS.COM

anno XIV | 76 gennaio — febbraio 2024

Supplemento n. 1

SUPPLEMENTO A CURA DI

Alessia Caliendo

DIRETTORE

Massimiliano Tonelli

PUBBLICITÀ & MARKETING

Cristiana Margiacchi 393 6586637

Rosa Pittau 339 2882259 adv@artribune.com

EXTRASETTORE

downloadPubblicità s.r.l. via Boscovich 17 – Milano via Sardegna 69 – Roma 02 71091866 | 06 42011918 info@downloadadv.it

REDAZIONE | EDITORE via Ottavio Gasparri 13/17

Roma redazione@artribune.com

PROGETTO GRAFICO

Alessandro Naldi

STAMPA

CSQ – Centro Stampa Quotidiani via dell’Industria 52 Erbusco (BS)

COPERTINA COMMUNE

fotografo: Asterio Sequerra; designer: Kimberly Felix Matos; make-up: Laia Olivella; stylist: Julia Pie Hebrard; modelle: Alba Carreras Progetto Fragile Surface IED per Artribune

Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 184/2011 del 17/6/ 2011 Chiuso in redazione il 19/1/2024

HANNO COLLABORATO:

Giulio Solfrizzi

Elena Canesso

Margherita Cuccia

Lara Gastaldi

Aurora Mandelli

Erika Del Prete

LA MODA MANIFESTO

La moda, l’arte e la fotografia si impegnano nell’esplorazione e nella rappresentazione della condizione femminile nel panorama mondiale, documentando le dinamiche mutevoli. Questa narrazione è impreziosita da dichiarazioni come “Non sono uno spazio vuoto tra le tue pagine”, “Non sono solo una mamma, una moglie, una figlia. Sono una donna” e “Il mio corpo non è un divertimento a poco prezzo. Quando dico no, è no”: parole che richiamano l’attenzione alle pubblicità sessiste degli anni Sessanta e Settanta, e che costituiscono un elemento integrante della video installazione Not her concepita dall’artista romana Elena Bellantoni. La stessa è stata selezionata dalla maison Dior e dalla sua direttrice creativa Maria Grazia Chiuri per illuminare, attraverso una sfilata di stagione, le figure delle donne ribelli che lottano contro gli stereotipi e le contraddizioni che ostacolano il loro percorso di emancipazione. Parallelamente, la figura di Bellantoni ha assunto un ruolo prominente anche nel documentario L’intuizione di Duchamp di Guido Talarico. Insieme a Bellantoni, compaiono figure di rilievo come Chiuri, la curatrice Paola Ugolini e Silvia Giambrone. Il grido enfatico si collega alle voci delle donne storicamente considerate eretiche e streghe, condannate, isolate e perseguitate per la loro libertà, sapienza e ribellione alle norme di una società intrisa di oscurantismo. Opere come Il processo di condanna di Giovanna d’Arco di Teresa Crimisi e Donne delinquenti di Michela Zucca, insieme a immagini storiche degli anni Settanta che immortalano le femministe con cartello Tremate, tremate, le streghe sono tornate, accompagnano le moderne figure di donne come Morgane e sfidano le convenzioni imposte dalla società.

Nel contesto degli stilisti emergenti, il grido di Jezabelle Cormio, che simula le conversazioni tra amiche in un bar, trasforma la sua sfilata per la stagione primavera estate 2024 in un manifesto. La voce narrante in loop durante la camminata delle modelle ha illuminato la condizione delle donne in Italia, affrontando temi sociali ed economici che vanno dal catcalling alla difficoltà di conciliare la maternità con la carriera professionale, fino alle incertezze legate alla pensione.

Una “fotografia” della condizione femminile Seppur la presenza delle donne italiane nell’industria della moda superi il 70%, queste occupano meno del 25% delle posizioni manageriali o di leadership. Inoltre, più del 51% delle donne italiane è impiegato con contratti part-time e con un salario inferiore del 30% rispetto a quello degli uomini. La fotografia, altresì, rappresenta uno strumento per esprimere le proprie esperienze e prospettive. Alla sua terza edizione, la Biennale della Fotografia Femminile di Mantova mantiene nel 2024 la sua unicità a livello mondiale, trasformando la città lombarda in una vetrina internazionale per artiste riconosciute, talvolta poco nel contesto nazionale. L’iniziativa è sostenuta dall’associazione culturale La Papessa, un collettivo di artiste, fotografe ed esperte di comunicazione visiva, nonché appassionate di arte e cultura in generale, accomunate dalla volontà di creare nuove realtà e opportunità nel campo della fotografia. Tutte queste narrazioni costituiscono storie di emancipazione personale, in cui la determinazione a resistere trasforma l’ordinario in straordinario.

Artribune Focus Moda celebra quindi la tenacia, la perseveranza e la curiosità delle donne nel sovvertire gli stereotipi consolidati. Questa celebrazione si estende sia alla vita quotidiana, con le sue sfide consuete, sia all’audacia nell’affrontare nuove imprese imprenditoriali, di cui troverete esempi virtuosi nelle pagine a seguire.

■ Alessia Caliendo

EDITORIALE
Una delle donne Manifesto: Flaminia Veronesi.
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Photo: Angelo Guttadauro

LA COPERTINA

COMMUNE Kimberly Felix Matos Fotografia di Asterio Sequerra. 2023

La collezione autunno/inverno ‘Commune’, firmata dalla studentessa Kimberly Felix Matos è un elogio al connubio tra l’ambiente naturale e la società umana. La stilista, ispirata dal parallelismo tra gli insetti che popolano il nostro ecosistema e il ritmo pulsante della vita quotidiana, ha confezionato quattro look distintivi catturando l’essenza di una donna vibrante e ricca di colore. La maestria artigianale emerge attraverso l’uso avvolgente di tessuti pregiati, quali gabardine, sete e rasi, arricchiti da stampe e ricami. Gonne e giacche stratificate compongono una gamma di capi versatili, pensati per adattarsi a ogni stile individuale. Un ulteriore riconoscimento del talento di Kimberly giunge con il premio Jordi Labanda per la migliore illustrazione di moda, conquistato nel contesto del Fashioners of the World 2023 presso IED Barcellona.

Scopri i dettagli del progetto seguendo il QR code qui sopra

■ Alessia Caliendo

SOMMARIO n.

Fragile Surface - IED x Artribune

Il progetto Fragile Surface si propone di raccontare i temi centrali della contemporaneità attraverso immagini e contenuti multimediali realizzati da studenti e Alumni dello IED. I progetti degli studenti danno vita a un percorso in cui il lettore potrà approfondire gli aspetti artistici, tecnici e relazionali alla base di ogni immagine scelta per la copertina. Questa sarà quindi il simbolo della soglia da attraversare per immergersi nella profondità e nella poliedricità di ogni progetto: la “fragile superficie” da rompere per potersi avventurare nell’immaginazione degli stilisti.

6 Il futuro della Fondazione Sozzani

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INCONTRI RACCONTI

di Alessia Caliendo

Le donne Manifesto

di Alessia Caliendo, Aurora Mandelli, Giulio Solfrizzi, Elena Canesso

20 La sartoria terapeutica per l’empowerment femminile

di Lara Gastaldi

22 La rappresentazione della donna sul piccolo e sul grande schermo

di Giulio Solfrizzi

OSSERVATORIO MODA E FRAGRANZE

24 Eventi & Fragranze

a cura di Giulio Solfrizzi, Lara Gastaldi, Aurora Mandelli, Erika Del Prete

26 Libri

a cura di Giulio Solfrizzi, Lara Gastaldi, Aurora Mandelli, Erika Del Prete

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Moda sostenibile di Margherita Cuccia

SPAZIO ESPOSITIVO

30 I ricordi di un gesto nelle sculture d’abiti Miu Miu

di Alessia Caliando

36 Sguardi Femminili

a cura di Alessia Caliando

50 Sul presente (delle donne) del Made in Italy

di Giulio Solfrizzi

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VOCI
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Il futuro della Fondazione Sozzani

Fondazione Sozzani è stata pionieristica nel campo dell’arte, della fotografia, della moda e del design, integrando responsabilità sociale, educazione e cultura contemporanea. Fondata nel 2016 da Carla Sozzani insieme a Kris Ruhs e Sara Sozzani Maino, oggi si prepara a una nuova sede nel quartiere di Bovisa, a Milano, confermando l’impegno nella diffusione dell’arte contemporanea in tutte le sue forme e integrando un profondo coinvolgimento nella rigenerazione urbana sostenibile. Artribune ha visto in esclusiva gli spazi e incontrato la visionaria Carla Sozzani, figura di spicco nel panorama culturale e artistico contemporaneo che ha plasmato una storia di oltre tre decenni, inaugurata nel 1990 con la creazione della Galleria Carla Sozzani a Milano, in Corso Como 10.

La Fondazione Sozzani ha una storia lunga più di trent’anni. Qual è stata l’ispirazione dietro la sua creazione?

Ho aperto la galleria dopo un percorso nel giornalismo di moda perché l’immagine era il mio mondo avendo lavorato con tutti i fotografi più famosi dell’epoca. Il mio mentore è stato Alfa Castaldi: molto più di un fotografo di moda ma un uomo di profonda e immensa cultura. Ero entusiasta e appassionata; la prima mostra fu dedicata a Louise Dahl-Wolfe, la prima fotografa a immortalare una donna indipendente che cambiò la fotografia di moda. Un’artista ricca di integrità che aveva smesso di fotografare quando i direttori artistici cominciarono a prendere il sopravvento sulla fotografia, che fino ad allora era libera di esprimere sé stessa. La Galleria era il mio manifesto e come un menabò di un giornale passavo dal design alla moda fino al fotogiornalismo. Era il mio grande contenitore ed è stato interessante come la città di Milano l’ha accolto e apprezzato, tanto da fare lunghe code all’ingresso o collezionarne gli inviti.

In virtù delle 304 mostre svolte nel corso del tempo, come questa diversificazione tematica ha contribuito nel delineare una narrativa unica e distintiva per la Fondazione Sozzani?

Il tutto è dovuto a un punto di vista preciso e poliedrico, che poi è il mio. Quello che conta è che ci sia un occhio solo , che chiamo “the editing eye”, perché senza editing non c’è coerenza. Penso alla fine di aver creato un vero e proprio linguaggio che sin da subito è stato percepito come originale. Le mostre sono sempre state

Lo sguardo scelto è di Martina Giammaria

Il suo lavoro vuole creare delle storie effimere e sfuggenti partendo da semplici elementi: ritratti surreali, oggetti del desiderio e luoghi qualunque. Ama mettere l’osservatore in una condizione di incertezza, lasciandogli il compito di ricomporre i pezzi e immaginare una storia. Martina vanta importanti collaborazioni editoriali con The New York Times, M le Monde, Wallpaper*e Financial Times.

curate da me, dalla scelta all’allestimento. La passione è stata la chiave del successo. Ho sempre fatto questo lavoro perché profondamente innamorata dello stesso e perché riempie il mio tempo, si alimenta delle mie energie.

Invece, come le mostre itineranti e la presenza in città quali Parigi hanno influenzato la proiezione globale della Fondazione e il suo impatto sul pubblico internazionale? Credo molto nel principio di apertura. Mi piace menzionare la parola “welcome” (vieni qui che le porte sono aperte) e lo si percepisce anche in questa nuova sede dove gli spazi sono comunicanti. La partecipazione collettiva è sempre stata una delle mie finalità e abbiamo da imparare da tutti e tutti i giorni. La Fondazione di Parigi è una continuità di quello

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che avviene a Milano. Ho profondamente voluto quella sede a Porte de la Chapelle perché rappresenta la multiculturalità che ci contraddistingue, ed è stato un vero colpo di fulmine.

Fondazione Sozzani ha più volte sottolineato l’importanza della responsabilità sociale e della sostenibilità. In che modo integra questi principi nei suoi programmi educativi e artistici, contribuendo alla formazione di una nuova generazione di creativi consapevoli? Si tratta di uno degli obiettivi e di una delle missioni della Fondazione. Grazie all’arrivo di Sara Sozzani Maino, che si dedica al supporto dei nuovi talenti, ci dedichiamo alla responsabilità e sostenibilità integrandola con il DNA della Fondazione. Per fortuna il cambiamento è in atto e al cuore della nuova sede è lo studio di Kris Ruhs, che da artista spinge alla della lavorazione manuale e dell’artigianato. L’ambizione è quella di distogliere l’attenzione dall’etere per rendere tutto materico, una sorta di piccola Bauhaus dove l’obiettivo è quello di creare una coscienza su questi temi.

La decisione di espandere la Fondazione Sozzani a Bovisa coincide con la rinascita di questa zona di Milano. Qual è il ruolo che la Fondazione intende svolgere nella rigenerazione urbana sostenibile?

La nostra è una scelta consapevole, così come avvenne all’epoca nella zona Garibaldi considerata un quartiere in via di recupero. Ancora una volta torna la vicinanza ad uno scalo ferroviario come luogo di movimento e di transito. Mi piace la dimensione umana che è presente ancora nelle strade circostanti, come le trattorie e le piccole realtà commerciali. Siamo a pochi minuti dal centro eppure sembra di essere altrove. Non nascondo che vorrei contribuire a supportare Bovisa come nuova destinazione culturale.

Il quartiere Bovisa è stato un centro industriale e oggi ospita diverse istituzioni educative, compreso il Politecnico di Milano. In che modo la Fondazione Sozzani si propone di interagire con la comunità accademica esistente?

Mi interessa molto condividere tutto ciò che ho costruito e imparato durante il mio lungo percorso, per questo la Fondazione Sozzani sarà un luogo dove gli studenti potranno confrontarsi e fare ricerca. Metteremo a disposizione su appuntamento la biblioteca dedicata alla moda e alla fotografia e gli archivi dove custodiamo tutto il materiale raccolto nell’organizzazione delle mostre.

Come si prospetta il futuro delle attività culturali, educative e sociali, sia a livello locale che globale, della Fondazione Sozzani?

Torno all’idea di welcome menzionata in precedenza. Vorrei che diventasse luogo di condivisioni e di incontri. Un progetto globale che copre tutti gli aspetti, dal sociale alla sostenibilità, con la ricerca della bellezza sempre al centro senza la quale il mio progetto non sarebbe mai esistito.

Le donne Manifesto

Circuito e talvolta frainteso, il discorso sui femminismi e sull’emancipazione di genere avanza su terreni tanto più percorsi quanto più scivolosi, in equilibrio tra la risonanza e il compromesso di una rappresentazione didascalica. Dove le sfumature si dissolvono nell’impasse patriarcale, tentando di mettere in atto una coscienza collettiva sollevata negli anni e violentata per millenni. “Siamo tutte donne clitoridee” scriveva l’attivista, saggista e storica dell’arte Carla Lonzi nel celebre testo Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti, dichiarando negli Anni ’70 l’imposizione alla donna di una coincidenza fisiologica tra meccanismo del piacere e meccanismo della riproduzione. Prima, nel 1864, Anna Maria Mozzoni arringava verso il voto amministrativo minando il mito del focolare domestico, della naturalizzazione della madre e delle sue conseguenze: “Non dite più, che la donna è fatta per la famiglia; che nella famiglia è il suo regno ed il suo impero! Le son queste poetiche iperboli e vacue declamazioni, come mille altre di simil genere. Ella esiste nella famiglia, nella città e dovunque in faccia ai pesi ed ai doveri”.  Nel panorama artistico-culturale il pensiero fluisce in modelli d’emancipazione come la regista Agnès Varda, riconosciuta e rispettata alla pari dei suoi colleghi, in un’industria maschilista. Allo stesso modo, dal sistema dell’arte emergono sguardi femminili diventati tramite la loro opera simbolo di resistenza e responsabilità storica. Louise Bourgeois ne fa la sua tela autobiografica per rompere il binarismo, Niki de Saint Phalle un inno visionario alla libertà tout court, Judy Chicago una metacelebrazione da Saffo ad Artemisia Gentileschi e Georgia O’Keeffe: manifesti viventi in quella reiterata “caccia alle streghe” che Silvia Federici osserva come conseguenza alla nascita del capitalismo, alle quali dobbiamo la consapevolezza e il diritto all’autodeterminazione. E dalle quali attingere e aggiornare il pensiero contestualizzandolo, non per creare slogan sulla volontà di un cambiamento, che lasciano il tempo che trovano, ma una narrazione culturale che vada oltre l’importanza delle parole traducendosi in una nuova forma di agire e vivere la molteplicità. Di questo e di altro parliamo nel contenuto sulle Donne Manifesto, coinvolgendo talenti di più ambiti creativi.

ANNA FOGLIETTA Attrice

La celebre attrice è impegnata non solo sul palcoscenico e sul grande schermo, ma anche come attivista sociale

Hai interpretato la poetessa Alda Merini in La pazza della porta accanto e la politica e partigiana Nilde Lotti in Storia di Nilde. Cosa hai imparato dall’essere “nei panni” di queste donne?

Interpretare grandi donne, sia al teatro che al cinema, significa in qualche modo misurarsi con chi è stato in grado di applicare sulla propria pelle un manifesto. Alda Merini ha fatto ciò attraverso la sua produzione poetica e Nilde Lotti attraverso la sua militanza politica. Entrambe hanno fatto in modo che il proprio agire quotidiano e le proprie esperienze di vita fossero messe al servizio di altre persone. Poter studiare dettagliatamente e intimamente la storia di questi grandi personaggi è un’opportunità incredibile, soprattutto in termini umani. Mi hanno fatto capire che se si crede davvero in un ideale, in un pensiero, questi devono essere perseguiti in maniera coerente.

Parliamo del recente spettacolo Donne vestite di sole, un percorso in musica e parole attraverso storie di figure femminili straordinarie. Qual è il messaggio che hai voluto trasmettere?

Lo sguardo scelto per raccontare Le Donne Manifesto è di Angelo Guttadauro

Nato tra i colori vibranti della Sicilia nel 1992, Angelo Guttadauro ha coltivato la sua passione per catturare la bellezza del mondo attraverso l’obiettivo. Dopo essersi laureato in Fotografia e aver conseguito una specializzazione in Direzione della Fotografia a Roma, attualmente risiede a Firenze. Con lo pseudonimo di “Guttæ”, ha ottenuto una serie di successi e riconoscimenti. Le sue opere sono state pubblicate su riviste di settore e ha avuto l’onore di esporre presso festival internazionali. Il focus principale della sua ricerca artistica è la comunicazione tra la fotografia e diverse discipline analogiche e digitali, come la scan art, la CGI e il set design.

Donne vestite di sole è uno spettacolo in cui si alternano una moltitudine di figure femminili, che hanno però in comune un grande spirito battagliero. Si tratta di donne che sono al servizio di altre donne per fare della propria esperienza di vita un’opportunità per le altre sorelle e gli altri fratelli, che in qualche modo hanno attraversato le nostre esistenze. Questi spettacoli per me sono urgenti perché, laddove un artista non arriva con un film o con una serie tv, riesce ad arrivare quasi sempre con il teatro. È ancora lo spazio più libero che possiamo possedere e di cui il pubblico ha un grandissimo bisogno.

Che impressione hai del pubblico?

È attento e desideroso di ascoltare le parole giuste, che possono provenire da tutti gli artisti che hanno il desiderio di far arrivare la propria voce. Per me l’artista è colui che in maniera generosa dona allo spettatore la parola di cui ha bisogno. Ovviamente la scelta di questo spettacolo è direttamente proporzionale alla difficoltà di veicolare un messaggio che sia sfaccettato riguardo il femminile, considerati i tempi che stiamo percorrendo, in cui il discorso sulle donne, sulla violenza di genere e sulle discriminazioni di genere è così avanzato che è importante trovare parole utili nell’arricchirlo. Così ho deciso, insieme al maestro Davide Cavuti, di portare Donne vestite di sole in giro per l’Italia.

Perché?

Il discorso sul femminile ha bisogno di un’infinità di voci per potersi completare nel modo più specifico possibile.

Sei presidente di Every Child is My Child, raccontaci cos’è.

È una realtà ormai consolidata grazie all’impegno non solo mio ma anche di tante colleghe, colleghi, amici e compagni di viaggio. Nasce nel 2017 grazie alla volontà di far sentire la propria voce rispetto allo scenario che si era presentato rispetto all’infanzia e alla guerra in Siria nel 2017, quando la guerra era in uno stato avanzato. I progetti che portiamo avanti sono principalmente due: il primo si chiama Plaster school ed è sia una scuola al confine tra la Turchia e la Siria sia un campo profughi siriano. Inizialmente aveva circa 20 bambini, ora ne ha più di 80. Abbiamo creato una struttura ospitale e accogliente, con degli spazi adatti per permettere ai ragazzi di studiare essendo bambini del ciclo delle elementari e delle medie.

Cosa offrite a questi ragazzi?

Aldilà della formazione scolastica e anche dell’apprendimento della lingua turca, gli offriamo una serie di opportunità extrascolastiche. Di fatto è un presidio culturale. È aperta quasi tutto il giorno e dà ospitalità e opportunità anche ai genitori di questi ragazzi. Offriamo loro anche un servizio di assistenza psicologica, di cui hanno sempre meno bisogno

perché, vivendo in questo campo profughi da più di 6 anni e avendo questa scuola come luogo fisico che li aiuta a superare le difficoltà, molti sono riusciti a percorrere il ciclo di studi e a terminarlo così da iniziare il successivo.

Invece, cosa ci dici delle loro famiglie?

Anche i genitori, che inizialmente erano abituati a frequentare gli spazi scolastici, ora hanno trovato dei lavori e di fatto non hanno più bisogno di essere supportati nell’apprendimento di un mestiere. Hanno trovato un loro equilibrio.

Qual è il secondo progetto?

La Fairplay school, che si trova a Latina, in provincia di Roma, e che offre opportunità di formazione sportiva a ragazzi con disabilità più o meno gravi e svantaggi socioeconomici. Per maggiori informazioni il sito è www.everychildismychild.it.

Vi occupate di altro?

La nostra associazione finanzia in maniera mirata progetti che servono ogniqualvolta si presentano delle emergenze. Lo abbiamo fatto

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quando c’è stata l’emergenza del Coronavirus, supportando il Banco Alimentare attraverso una campagna di sensibilizzazione. Abbiamo aiutato con il finanziamento di un progetto molto importante di Soleterre ONG, che si occupa di aiutare i bambini malati oncologici ucraini. Adesso che c’è la guerra a Gaza, stiamo cercando di aiutare e di supportare con un progetto che spero diventi realtà.

Hai dichiarato che ci vorranno ancora cento anni per costruire una società più equa e un’umanità libera di poter amare senza timore. In che modo Every Child is My Child cerca di promuovere valori di parità di genere fin dall’infanzia?

La discriminazione di genere è una pratica che si mette in atto sin dal grembo materno. Al momento della nascita, con la scelta di mettergli addosso dei colori precisi, con l’affidargli giochi precisi e letture precise, con il dirgli delle cose, lo limitiamo in quella che è la gamma infinita di possibilità alle quali potrebbero accedere. Il dato che ho riferito relativo ai tempi entro i quali ci sarà un’assoluta parità di genere lo hanno riportato delle ricerche. Every Child Is My Child attraverso le sue azioni rende visibile ciò che è teorico, tutelando l’infanzia in zone e situazioni complesse dove i problemi sono drammatici e complicati.

Credi che qualcosa sia cambiato?

I nostri figli sono più preparati di noi perché sono più liberi e aperti. Siamo tutti cresciuti all’interno di una narrativa fatta di discriminazioni, soprattutto a scapito delle donne, ma è importante che sia emerso anche a scapito degli uomini. Non c’è assoluta libertà nemmeno per loro se poi sono condannati ad un modello maschile unilaterale. Ora, avendo affrontato il problema, l’uomo, il ragazzo, il bambino sono liberi di manifestarsi per quello che intimamente sentono. Mi auguro che i miei figli già possano essere liberi da questi discorsi, ma i miei nipoti lo saranno quasi sicuramente.

Fai parte della rete Una Nessuna Centomila e hai partecipato al corteo di Roma il 25 novembre 2023, portando i tuoi figli maschi. Come li guidi nel sostenere il discorso del femminismo?

La manifestazione del 25 novembre 2023 è stata forse la più bella manifestazione a cui ho partecipato, perché c’era un sentire comune assolutamente trasversale, anagraficamente diverso e molto emozionante. I miei figli sono andati con mio marito, il loro papà, e anche questo credo sia una cosa bella e giusta. L’esempio che si vede all’interno della propria famiglia fa la differenza. Noi siamo abbastanza anticonvenzionali da questo punto di vista, anche per il lavoro che faccio, che mi spinge spesso lontana da casa con un padre più presente poiché ha più disponibilità di tempo rispetto a me.

Si ringraziano Soho

House Roma

Make-up Vanessa

Forlini per Making

Beauty Management

Hair Cristian Vigliotta per Domenica Ricciardi

Già questo è un messaggio forte. Perché vedono che esistono madri che aderiscono all’essere tali senza essere necessariamente sotto scacco della famiglia. Non vuol dire che non ci siano complicanze e difficoltà familiari, è più un equilibrio che si cerca di raggiungere partendo dal presupposto che non c’è un’alternativa. Culturalmente questo non viene ancora accolto come “normale”, nel senso che io sono ancora la madre che, quando per un periodo di tempo non va a prendere i figli a scuola, si sente dire: “ah ma che fine hai fatto?”, “dove sei stata?” e questo fa sempre un po’ male. Non tanto per me o per la mia famiglia ma perché ancora oggi mi rendo conto che, se una donna è meno presente rispetto a un uomo, si nota.

Invece, tornando al discorso del femminismo?

All’interno della mia famiglia se ne parla tanto, anche di femminicidio. Di tutto. Attraverso l’esempio si mostra loro che esiste, pure all’interno di una famiglia tradizionale come la nostra, un modello di femminilità molto forte che riesce ad adempiere ai propri desideri.

Cosa fa in tal senso Una Nessuna Centomila? Promuove la materia dell’educazione all’affettività. Riteniamo che sia fondamentale anche il ruolo della scuola e dei formatori all’interno di un discorso così complesso, perché se da un parte il discorso sul femminile, sulla violenza e sulla discriminazione è avviato, dall’altra stiamo vivendo una stranissima capacità di manifestare i propri sentimenti in maniera libera, come se i nostri ragazzi non avessero avuto un’educazione tale per cui sia consentito mostrarsi per quello che si è davvero. C’è una stranissima dicotomia tra l’apertura verso il discorso e il

sentire intimo dei nostri figli, per questo riteniamo che sia necessario portare nelle scuole la materia dell’educazione all’affettività.

Quali sono i piani futuri di Every Child is My Child?

Il lavoro di Every Child Is My Child è un lavoro quotidiano e portato avanti da volontari. Il lavoro più grosso è quello di reperire fondi da destinare a tutti i nostri progetti. Quello che più ci stimola è trovare nuove realtà da supportare. Il lavoro è preciso perché queste realtà, queste associazione a cui poi destinare i proventi che raccogliamo devono essere certificate e godere della nostra stima e fiducia. È un lavoro di scouting elettrizzante perché sappiamo che la finalità è gratificante per i bambini, le loro famiglie e anche per noi.

Ci vuole una propensione a fare questo?

Io sostengo sempre un po’ per natura umana ma anche per esperienza sul campo. Consiglio a tutti di dedicarsi agli altri e di potersi aprire al prossimo. Anche con un pensiero, economicamente, intellettualmente o culturalmente. In qualsiasi modo purché l’attenzione per gli esseri umani sia al centro delle nostre vite, altrimenti il senso sembra perdersi.

■ Alessia Caliendo

FLAMINIA VERONESI

Artista

Nota per la sue opere surrealiste, spazia dal set design al visual merchandising e product design, fino alle illustrazioni. Ma con Artribune ha parlato di maternità sociale. E di meraviglia.

Se lo stupore contemporaneo è diventato un’anomalia nella logica della saturazione, qual è la tua formula per lasciarlo emergere? Il gioco, esercizio dell’assurdo che cura la ferita tra l’uomo e il mondo. Trasforma, crea stupore e un’oasi di gioia. Spazio sacro per ogni essere umano in cui sviluppare autodeterminazione. L’arte per me è scienza poetica che interroga il mondo attraverso la meraviglia.

Nella mostra Masculin/Féminin indaghi maschile e femminile, corpo e anima. In che modo vivi queste definizioni?

La fantasia crea relazione e il linguaggio simbolico dialoga con il trascendente. Attraverso il gioco delle mani esprimiamo un linguaggio visivo che semplifica il molteplice in bellezza.

C’è un’opera a cui tieni in particolare?

Pagurina, una creatura emersa dal mare piena di stupore per il nostro mondo. Nella sua forma ibrida di Naturalia manifesta la gioia della meraviglia e della conoscenza. Ne presenterò una realizzazione in bronzo a Venezia nella galleria di Tommaso Calabro.

Che ruolo sta avendo la moda nell’arte contemporanea femminile?

La moda può amplificare il messaggio di un artista su ampia scala e far agire il suo linguaggio attraverso il vissuto di chi lo indossa. Quando la moda e un artista riescono a celebrarsi vicendevolmente, assistiamo a espressioni di due universi creativi che si incontrano.

E il brand Marni che cosa ha rappresentato per te?

Ci siamo divertiti misurandoci su vari piani: dai motivi dei tessuti per una collezione, ai gioielli, a una mostra nel loro flagship store di Montenapoleone. Per quest’ultimo progetto, intitolato The Hermitcrab’s Wundershell, abbiamo ideato un percorso espositivo all’interno del negozio, dedicato alla ricerca di Adalgisa Lugli sulle Wunderkammer, che attraverso una collezione di sculture e tele di Paguri conduceva il visitatore a una grande conchiglia, grotta delle meraviglie, in cui entrare e ammirare.

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Stai ultimando la tua prossima personale Maternità sociale. Grandemadremamma, curata da Andrea Lerda, che sarà inaugurata il 7 marzo nella galleria Simóndi a Torino. Come nasce?

Credo che sia nata dal mio costante interrogare il femminile, mostra dopo mostra. Nello specifico sono stati alcuni scritti di Maria Montessori e una mostra collettiva sui funghi a darmi lo spunto.

Dalla produzione per la mostra sui funghi è nata l’intuizione di come la Pachamama, che agisce attraverso il micelio per regolare la vita sulla terra, possa agire anche grazie alle relazioni di interdipendenza degli uomini fra loro e la Natura. Maria Montessori mi ha illuminata rispetto alla necessità di slegare l’aspetto biologico dalla maternità in favore di una maternità sociale.

Spiegaci.

La madre non è chi procrea ma chi manifesta premura verso una nuova vita e sceglie di esserne responsabile. Scelta accessibile a tutti. La maternità si apre alla comunità e si fa sociale. Maternità sociale come forma che prende la vita per proteggere sé stessa, un grande corpo collettivo in cui identificarsi e fare mondo, anche femminile, con l’esercizio della pace, della cura e dell’autodeterminazione.

All’interno della cultura patriarcale in che misura credi sia possibile, oltre che necessario, ricucire questa consapevolezza di “maternità comunitaria”?

La maternità confinata nella casa risulta schiavitù. Portata su un piano sociale, libera l’umano dall’alienazione. Le donne che sempre più entrano nel mondo porteranno in esso i valori del materno. Continueranno a lottare dolorosa-

mente per questo cambiamento e per un sistema culturale alternativo al patriarcato, fondato sulla consapevolezza degli umani di appartenere a un sistema di interdipendenza con la natura e gli altri esseri viventi.

■ Aurora Mandelli

Laureata in architettura e parte della famiglia Ferragamo, Maria Sole reinterpreta i preziosi attraverso materiali di recupero. Ma il punto focale è l’ illusione, della boutique dagli interni soffici e del peso leggero delle creazioni.

Nel 2019 nasce SO-LE STUDIO, il tuo brand di gioielli. Cosa rappresenta?

È frutto di un’urgenza creativa e dell’incontro personale tra la passione per il gioiello, l’heritage familiare, quindi l’alto artigianato e il mondo della pelletteria, e gli studi in architettura. Il mio è un gioiello con caratteristiche spe-

MARIA SOLE FERRAGAMO
Founder SO-LE STUDIO

cifiche non dettate da analisi di mercato. Mi sento molto responsabile nel creare qualcosa che sia un’alternativa in un mondo saturo, ma non creo niente perché devo.

Qual è per te il valore del gioiello?

Il gioiello consente di comunicare qualcosa a sé stessi e poi agli altri. Diventa personale, finisci per instaurarci un rapporto. Quando mi chiedono cosa acquistare, rispondo che devono affidarsi al cuore.

Alla base dei tuoi gioielli c’è il riuso di materiali. Anche qui è stata una risposta istintiva alla scoperta di tanta pelle abbandonata o non utilizzata dopo essere stata lavorata. E dato che il consumo di superficie di pellame è inferiore per creare un gioiello, i leftover sono più che sufficienti. Il bello è la possibilità di creare oggetti confortevoli e dal volume importante, ma con un peso impercettibile.

La parola spontaneità è adatta per descrivere

SO-LE STUDIO?

Sì, spontaneo e autentico. Alla fine chi è uno è anche l’altro, no?

Passiamo alla boutique in Via Sant’Andrea 10, Milano. Il contenitore è stato creato sugli stessi principi del contenuto?

La boutique è stata disegnata dagli architetti Francesca Gagliardi e Federico Rossi di Studio Fondamenta. Tutto inizia con un’amicizia fondata sul dialogo riguardo le proprie pratiche creative. Sapevo che ci sarebbe stato un allineamento totale.

Poi come si è evoluta la collaborazione?

Il brief era avere un gioiello sviluppato sulla scala di un negozio. Loro hanno seguito i principi dei miei gioielli, che ci piace chiamare organismi, per creare l’organismo negozio. Sono partiti dalla deformazione della scatola esistente per formare le pareti. Poi abbiamo insistito sul concetto d’illusione: la boutique riprende i colori della piazza di Portrait Milano, su cui si affaccia, ma gli interni sono morbidi poiché in tessuto.

Il motivo?

Creare una totale armonia sulla scia dell’esperienza che ho vissuto al Chichu Museum di Tadao Ando. Ero scettica prima di entrare in una stanza per vedere un Monet in Giappone, ma una volta entrata mi sono resa conto che il museo e il quadro lì vivevano insieme. Il luogo è stato creato intorno all’opera. Qualcosa di mistico, commovente. Allora ho voluto che chiunque entrasse nel negozio di SO-LE STUDIO si sentisse abbracciato e accolto.

C’è un’analogia tra l’architetto e il designer di gioielli?

Sì, ogni gioiello per me è un progetto come lo è un edificio. Il metodo è lo stesso perché si met-

tono insieme azioni consequenziali. Seguo alcuni principi tipici di correnti architettoniche: la parte strutturale esiste solo se ha una funzione, la forma è diretta conseguenza dell’azione. Ogni volta ambisco a trovare un’armonia tra gli elementi e non mi fermo fino a quando non sento di averla raggiunta.

FRIDA AFFER

Consulente sessuale, fondatrice di Wovo Store, ideatrice di Soda Party

Nei processi di crescita, scoperta di sé ed emancipazione di una donna, la sessualità ha un ruolo centrale. Frida Affer esplora tutti i risvolti del benessere sessuale e li trasforma in cultura, abbattendo ogni tabù attraverso la divulgazione.

INCONTRI
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Come inizia l’avventura di Wovo?

Wovo nasce otto anni fa in una Milano in gran fermento per EXPO. Sono tornata dopo tre anni a Londra, dove l’espressione della propria unicità era molto libera, e ho capito che la città era pronta a spogliarsi - letteralmente - della sua rigidità per una veste più rilassata.

Wovo parte dall’abbigliamento per poi evolversi in un progetto più ampio. Com’è andata?

Subito le clienti hanno trasformato Wovo in un vero salotto: le ragazze entravano con la voglia di appropriarsi della propria identità, tra lat e vinile. Presto le scelte di styling hanno iniziato a influenzare lo stile di vita, diffondendo un senso di libertà in tutta la città. Oggi questa community di “liberi sperimentatori” si è estesa ai followers sui social e alla crowd di Soda Party, il nostro evento “esplicito” a Milano, ormai noto in tutta Italia.

Come è cresciuto in te l’interesse per la sessuologia?

Fin da bambina ho sentito una curiosità verso il sesso che mi ha spinta a voler scoprire e sperimentare. Ho riconosciuto una vocazione nella naturalezza con cui ne sapevo parlare, e ne ho fatto la mia carta vincente. Mi sono formata con un master in sessuologia quando ho proposto in negozio accessori e sex toys e la clientela ha iniziato a chiedermi consigli: ho capito che avevo bisogno di più informazioni per tutelare la salute di chi mi stava davanti e la serietà del progetto.

Come racconteresti la tua professione a un bambino? E a una nonna?

A entrambi direi che aiuto gli altri a giocare. Per

la nonna aggiungerei che mi prendo cura della salute sessuale delle persone, di certo lei ha i mezzi e l’esperienza per comprendere di cosa mi occupo.

Perché il discorso sul piacere è completamente sdoganato in relazione al cibo o all’arte, ma è così ostracizzato se si parla di sesso?

Credo che il punto caldo della questione sia l’intimità. Le azioni manifeste sono socialmente accettate, ma l’atto sessuale è privato e coinvolge parti del corpo quotidianamente nascoste. Gli usi e i costumi sono fondamentali per veicolare il progresso.

Che ruolo ha, secondo te, la donna nell’evoluzione culturale sul sesso?

Il ruolo della donna verte sull’autoconsapevolezza, implica lo studio di sé stessa, della percezione del proprio corpo e della propria intimità. L’idea di femminilità deve allontanarsi dalla confortevole logica del corteggiamento come prerogativa maschile. Lo strumento giusto per abbattere i tabù è il dialogo, a patto che sia libero da critiche e da qualsiasi forma di snobismo.

Cosa ti rende una donna fiera di chi sei oggi? La mia curiosità pura e senza preconcetti, l’approccio aperto nell’intraprendere i rapporti e l’aspirazione a vivere la vita in modo gentile.

MATTEO AUGELLO

Storico della moda e docente presso London College of Fashion e Regent’s University London

L’identità di genere racchiude uno spettro di molteplici significati che rende semplicistica la concezione binaria. Per questo abbiamo coinvolto Matteo Augello: non in quanto donna ma in quanto individuo queer, la cui femminilità è un tratto distintivo della personalità.

Il tuo libro Curating Italian Fashion racchiude riflessioni sul ruolo dell’eredità culturale nella moda italiana. Da dove sei partito?

L’idea nasce dal mio dottorato e dalla mia esperienza con i musei aziendali, soprattutto con la Fondazione Antonio Ratti, e risponde alla necessità di colmare lacune nella storia della curatela di moda. Della moda italiana trovo interessante il modo in cui costruisce il concetto di italianità e rispecchia l’eterogeneità della propria storia. Proprio per questo è difficile definirla.

Nel libro racconti gli intrecci tra musei e moda. Hai sempre amato questi due mondi? Fin da piccolo ero affascinato dalla storia e dai

musei. In tarda adolescenza, rimasi folgorato da una mostra sui balletti russi al Victoria and Albert Museum di Londra. Da allora, i costumi e l’espressione del corpo in movimento mi hanno sempre affascinato. Quello che apprezzo di più della moda è come permetta di esplorare, consciamente e inconsciamente, la propria identità attraverso l’abito.

Credi che la scelta di usare la tua immagine in copertina abbia contribuito a generare interesse?

La decisione di usare il mio corpo per trasmettere un messaggio è stata naturale. Quell’immagine è costruita come un ritratto rinascimentale, incorpora numerosi riferimenti al contenuto del libro, diventando una sorta di riassunto visivo della mia ricerca.

Il tuo stile è influenzato dalla tua ricerca storica?

Durante i miei viaggi mi piace girare tra i negozi vintage, ma onestamente non cerco molti vestiti, seguo di più aste di gioielli o arte. Spesso i

miei abiti più belli non sono stati una mia scelta, mi sono stati regalati da amici: è bello confrontarsi con la visione che gli altri hanno di te e mi sono ritrovato ad amare anche pezzi che mai avrei comprato.

Come viene interpretata la femminilità nella moda odierna? E come la interpreti tu? Diciamo che la divisione tra maschile e femminile è stata centrale nella storia, e che negli ultimi anni l’espressione di genere è stata messa in discussione nel dibattito pubblico in maniera inedita. Il genere è uno degli elementi che compongono la nostra identità e non sempre ha la priorità su ciò che comunichiamo. Per me, persona di sesso maschile, esplorare la femminilità e permettere che diventasse un aspetto caratterizzante della mia identità è stato un percorso complesso e voluto. Le mie scelte di stile quotidiane sono spontanee, ma quando partecipo a un evento in qualità di accademico il vestire diventa politico, un’occasione per portare consapevolmente una certa libertà espressiva in ambiti istituzionali.

Cosa vedi negli studenti che si avvicinano a questo settore?

C’è grande coscienza politica e questo mi riempie di speranza. Una studentessa un giorno mi disse: “Matteo, perché quando cerco online un costume femminile per Halloween, ottengo tra i risultati solo indumenti sexy? È perché le donne sensuali fanno paura agli uomini?” Allora ho pensato: “Il mio lavoro qui è compiuto, è pronta per il mondo!”

Federica Cocciro ha curato Matteo Augello

Fotografa milanese classe 1989.

La sua impronta autoriale si esprime grazie a un dualismo tra immaginazione e realtà, il cui equilibrio sta alla base di progetti personali, reportage sociali e commissionati.

L'abito indossato da Matteo Augello è un Gianfranco Ferrè, Autunno-Inverno 1992 custom made per Milva.

Si ringraziano Make-up

Marika Zaramella Assistente make-up Sofia Caspani

INCONTRI
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Available at lamaisonvalmont.com
Calle de la Regina 2212 30135 Santa Croce Palazzo Bonvicini Calle Agnello, 2161/A
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La sartoria terapeutica per l’empowerment femminile

AMilano esiste un luogo in cui ogni donna può sentirsi al sicuro. Si chiama Molce Atelier ed è una sartoria speciale che offre corsi di cucito e supporto psicologico a donne vittime di ogni forma di violenza, in condizioni di fragilità o insicurezza economica. Il progetto nasce tenendo conto della vulnerabilità economica, ma anche di una limitata capacità di autodeterminazione e indipendenza, che abusi fisici, coercizioni emotive e restrizioni finanziarie possono causare.

LA STORIA DI MOLCE ATELIER

Molce Atelier nasce in una data particolare, il 25 novembre 2021, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il team dell’associazione è attualmente composto da Paola Maraone, Psicologa clinica esperta in violenza di genere, Fernanda Muniz, Presidentessa dell’associazione e Responsabile della sartoria, e Adriana Morandi, sarta e stilista. Perché proprio un atelier? “La sartoria ha un alto valore simbolico: l’idea è di metaforicamente ricu-

Lo sguardo scelto è di Irene Starita

Irene Starita nasce a Roma dove consegue il diploma al corso triennale presso l’ISFCI ‒ Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata. Viene a seguito selezionata per il Canon Student Development Programme e per una fellowship con l’agenzia milanese Parallelozero. Il suo lavoro è principalmente rivolto al mondo del reportage.

cire gli strappi - ovvero le ferite nell’anima di queste donne” spiega Maraone. Infatti, all’origine del nome “Molce Atelier” vi è il verbo “molcere” che significa “addolcire”. E questa è la filosofia che guida il progetto: alleviare il dolore per tutte le donne vittime di violenza, rendendole autonome ed indipendenti (anche economicamente) attraverso l’apprendimento di mestieri di sartoria.

LE INIZIATIVE DELLA SARTORIA TERAPEUTICA

Tra le attività promosse, vi è un corso di formazione sartoriale alla cui conclusione le sarte che scelgono di continuare a lavorare con l’associazione vengono assunte in Molce Atelier - laddove possibile. Attualmente, l’atelier vede coinvolte quattro sarte - l’ultima entrata in organico a gennaio grazie al progetto crowdfunding “assumi una sarta”. Se l’atelier non può offrire un impiego, le sarte vengono indirizzate verso altre sartorie. L’aiuto è frutto della produzione, distribuzione e vendita delle collezioni realizzate

in sartoria, che creano un sistema di economia circolare positivo. Infatti, molte case di moda hanno offerto i propri tessuti e materiali all’atelier, inclusi cerniere, bottoni, fibbie, tessuti e fili: materiali di recupero essenziali essendo sempre alla ricerca di fornitori per sostenere le attività delle sarte. Infine, l’Atelier fa parte di una filiera etica, grazie alla collaborazione con l’hub Ethicarei che recluta sartorie sociali e affida commesse per grandi maison della moda. In secondo luogo, l’associazione offre sostegno psicologico così come supporto per assistenza e tutela legale, sociale e sanitaria in collaborazione con la rete dei centri antiviolenza del territorio milanese. La sartoria si impegna anche nella promozione della cultura della non violenza attraverso incontri con le scuole e dibattiti, come l’evento dedicato alla presentazione del film Prima Donna di Marta Savina. In questa occasione, con una proiezione gratuita presso il Cinema Anteo a Milano, è stata organizzata una discussione con la produttrice e la protagonista del film: “Ci piace riflettere su questo concetto: se è vero che di relazioni ci si ammala, di relazioni si può anche guarire”, racconta Maraone: “Attraverso il lavoro e i rapporti che si instaurano in Molce Atelier, le donne possono uscire dalla violenza di una relazione tossica, cominciando una relazione piena ed appagante. In primis con sé stesse, ma anche con le altre donne che lavorano nell’atelier”.

I PROGETTI FUTURI

DI MOLCE ATELIER

Tra le prossime attività che coinvolgeranno la sartoria, vi è la partecipazione alla fiera dedicata all’economia sostenibile Fa’ la cosa giusta! a Milano. Durante la fiera, Molce Atelier condurrà incontri con le scuole, racconterà la cultura della non violenza in un talk dedicato e ospiterà uno shop per la vendita delle proprie collezioni. Sarà anche disponibile uno spor-

Reati 31 2022 2023 18 - 30 anni under 18

+105% maltrattamenti contro familiari e conviventi

22% 9%

34% 2013

33% 22% 9%

Quasi una donna su cinque è stata vittima di molestie

+48% 18,9%

atti persecutori

+40%

violenze sessuali

2023

fonte: Eurispes

Identikit delle donne vittime di violenza che si rivolgono a Molce Atelier

Donne con scarsa autostima che ritengono di meritare la violenza e che mancano di autonomia economica

Italiane ed extracomunitarie

Fascia dʼetà tra i 30 e 40 anni

In un anno circa 30 donne si rivolgono a Molce Atelier

tello di ascolto: chi desidera informazioni o consulenze potrà dialogare con una psicologa dedicata. Infine, sarà presentata la mostra fotografica Rise Up con le opere delle artiste Isabella Balena e Stephanie Gengotti, che raccontano la rinascita e il riscatto di dieci donne vittime di violenza che hanno trovato sostegno presso Molce Atelier.

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RACCONTI
■ Lara Gastaldi - 44 anni

La rappresentazione della donna sul piccolo e sul grande schermo

La rappresentazione della donna passa, anche, dai costumi indossati da attrici, conduttrici e showgirl. Perché queste nella mente degli spettatori diventano parametro di giudizio per sé stessi e per il prossimo. Ma anche per le evoluzioni della società e della cultura. Negli Anni ‘70, ad esempio, venivano mandati in onda varietà come Milleluci, simile ad uno spettacolo teatrale. Mina e Raffaella Carrà lo conducevano interpretando di volta in volta il proprio personaggio o quello di altri, valorizzando il lavoro del costumista. Basti pensare a quando qualche anno prima la stessa Carrà si presentò in diretta televisiva con l’ombelico di fuori mentre ballava il Tuca Tuca: fu uno scandalo ma anche un segno di liberazione dalle costrizioni sociali, di cui alcune donne italiane si erano già sbarazzate guardando alla moda proveniente dall’America e dall’Inghilterra. Ma se questo è esplicativo del tempo, lo è anche Il Bagaglino, varietà portato su Mediaset nel 1995 dall’omonima compagnia. Le prime donne, da Pamela Prati a Valeria Marini, si vestivano con abiti sensuali o se ne spogliavano rimanendo in intimo, che era impensabile per la censura praticata vent’anni prima dalla Rai: Mina fu “esiliata” per un breve periodo dalla tv per aver avuto un figlio al di fuori del matrimonio.

Dietro ogni diva c’è un costumista come Gabriele Pacchia Mayer, di cui abbiamo documentato per la prima volta nella storia l’archivio visivo custodito alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Perché gli abiti creano il personaggio e ne raccontano la personalità. Ma negli anni lo spazio dedicato ai costumi è stato ridotto e nella narrazione della donna qualcosa è cambiato.

L’INFLUENZA MASCHILE SULLA RAPPRESENTAZIONE FEMMINILE

In questo modo i contenuti del piccolo schermo hanno riflettuto i mutamenti della condizione femminile e ciò che ha consentito di farlo sono stati gli abiti o la loro assenza. Il costumista Gabriele Mayer lo sa bene dopo aver lavorato con i maestri del costume Giulio Coltellacci, Maria De Matteis e Piero Gherardi, e con dive d’altri tempi come Claudia Cardinale (fu opera anche sua l’abito a mo’ di tunica, corto fino a metà coscia, che indossò l’attrice per incontrare Papa Paolo VI nel 1967). Eppure dietro molte delle scelte di stile, quindi di libertà di presentarsi al pubblico, c’è ancora una volta l’uomo con la sua visione, filtrata e dominante. Un esempio è Federico Fellini, per cui Mayer ha creato abiti, il quale “portava le donne ad una sua immaginazione. Era un uomo che le amava anche se le mostrava nella maniera più popolare. Questa era un’esaltazione della donna, con un’attenzione alla sensualità”

IL SESSO E IL SEXY

Lo stesso rimando al sesso è quello che rendeva oltraggioso, agli occhi di alcuni, il top scoprente di Raffaella Carrà e lo stesso rimando al sesso, dal punto di vista maschile ma applicato sul corpo femminile, è quello di cui Mediaset si è fatto portavoce con alcuni programmi: “ho lavorato per un loro progetto, tra i tanti altri, in cui i costumi non erano una dimostrazione del femminile, piuttosto del genere di vestimento di quella trasmissione. Una donna più da contorno”. Allora, se la rappresentazione che riteniamo libera sia soltanto il frutto della decisione dell’uomo, che proietta ciò che lui vorrebbe vedere sul corpo della donna? Mayer ritiene che

Lo sguardo scelto è di Elena Costa con la curatela di Alessia Caliendo

Nasce nel 1997 a Torino. Dopo la laurea presso l’Università di Scienze Gastronomiche si trasferisce a Roma diplomandosi all’Istituto Superiore di Fotografia. La sua ricerca fotografica esplora la connessione tra i diversi linguaggi della fotografia contemporanea, attraverso progetti personali e di storytelling legati a tematiche individuali, ambientali e sociali.

“oggi esiste soltanto il sexy nel mondo dello spettacolo, non c’è più un paragone. A quell’epoca le donne erano sensuali sullo schermo perché stuzzicavano l’immaginazione, ognuna in maniera diversa”.

L’APPIATTIMENTO DELLA FIGURA FEMMINILE SUL PICCOLO SCHERMO

Adesso il piccolo schermo ha perso spessore e di conseguenza la profondità dei personaggi femminili: “la questione è economica, ci sono stati dei tagli anche sui costumi. Prima la televisione era come il teatro e il cinema”, dice Mayer che non crede sia cambiato il pubblico, piuttosto “nessuno propone un’alternativa”. E non è un caso se sia esclusiva delle cantanti la possibilità di esprimere loro stesse: la televisione ha relegato conduttrici e showgirl a ruoli che non prevedono altro oltre alla conduzione o all’intrattenimento privi di esercizi di personalità e di stile: “si è proprio persa la rappresentazione del personaggio”, ma da un lato “bisognerebbe tirare fuori carattere ed imparare a esaltarsi, sentire gli abiti e farli propri”. Quindi a ritagliarsi uno spazio per comunicare al pubblico anche quando il sistema non lo prevede più, per continuare a raccontare l’evoluzione femminile e non fermarsi al sexy come unica narrazione accettabile.

RACCONTI
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La moda può rappresentare le donne andando oltre gli abiti e spaziando dalla fotografia ai libri e alle mostre, che indagano le mille sfaccettature della figura femminile. Questi, in ordine sparso e insieme alla profumeria artistica e alla sostenibilità, sono anche i macro-gruppi che racchiudono le notizie qui riportate, denotando fino a dove arriva la sensibilità dell’intero sistema.

01. Le icone della moda inglese a Blenheim Palace

Lara Gastaldi ■ Zandra Rhodes, Vivienne Westwood, Jean Muir, Stephen Jones, Stella McCartney, Barbour, Temperley London, Lulu Guinness: le icone della moda britannica si mostreranno a Blenheim Palace (Woodstock, Inghilterra) dal 23 marzo al 30 giugno. Una mostra che mette in luce i talenti britannici attraverso abiti, accessori, materiali d’archivio, disegni e fotografie. Dai look avanguardisti di Vivienne Westwood alla purezza delle linee degli abiti di Jean Muir, per poi immergersi nel 1973, l’anno in cui Terry de Havilland divenne un fenomeno della moda, con le copertine realizzate per Playboy e gli accessori per Rocky Horror Picture Show. Infine, per celebrare il suo 150° anniversario, Turnbull & Asser rivelerà una collezione ispirata all’abbigliamento di Sir Winston Churchill, tra cui la celebre siren suit, presentando una capsule collection esclusiva.

02. Sleeping Beauties: Reawakening Fashion

Lara Gastaldi ■ Dal 10 maggio al 2 settembre 2024, il Costume Institute del Metropolitan Museum of Art presenterà Sleeping Beauties: Reawakening Fashion. La mostra espone capolavori della moda mai visti prima: da corpetti elisabettiani a creazioni di stilisti contemporanei come Phillip Lim, Stella McCartney e Connor Ives, abbracciando 400 anni di storia della moda Molti pezzi del passato saranno esposti in coppia con creazioni contemporanee che richiamano i loro predecessori. Con la tecnica Pepper’s Ghost verrà ridata vita ad alcuni capi, mentre animazioni video, luci, suoni, IA e altre forme di stimolazione sensoriale saranno utilizzate per fornire un contesto comprensibile per ogni opera. Sarà anche un’esperienza olfattiva: alcune installazioni avranno come supplemento fragranze curate dall’artista Sissel Tolaas.

03. Tutta la moda di Viktor&Rolf al Kunsthalle di Monaco

Lara Gastaldi ■ Dal 23 febbraio al 6 ottobre, al Kunsthalle di Monaco, si terrà Viktor&Rolf. Fashion Statements. Alla mostra bavarese si potranno ammirare un totale di 100 capi che spaziano dall’insta-couture della Primavera Estate 2019, famosa per le creazioni-meme, a Late Stage Capitalism Waltz, con surreali silhouette femminili. La presentazione è divisa in nove capitoli, ognuno riferito a temi specifici: da Upside/Down a Russian Dolls e Upcycling Couture - accompagnate da proiezioni visive realizzate dallo studio Rodeo FX, famoso per i lavori svolti per le serie tv Stranger Things e Game of Thrones. Saranno anche esposti disegni e fotografie, elementi multimediali, bambole, arazzi e opere di artisti, tra cui Andreas Gursky e Cindy Sherman.

EVENTI
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04. La potenza delle maniche al Fashion institute of technology di New York

Aurora Mandelli ■ Celebrazione dell’arte delle maniche nella moda, la rassegna Statement Sleeves presenta quasi 80 capi dal XVIII Secolo a oggi, incluse le opere di stilisti come Balenciaga, Tom Ford, Schiaparelli e Vivienne Westwood, ammirabili fino al 25 agosto al Fit-Fashion institute of technology di New York. L’espressione del movimento enfatizzata da sbuffi, pieghe e balze nell’avvolgere le braccia viene sondata attraverso epoche e tendenze, offrendoci una lettura inedita dei significati di status, gusto e personalità.

05. Le trasparenze di Yves Saint Laurent in mostra a Parigi

Aurora Mandelli ■ “Conosco le trasparenze da molto tempo. L’importante per loro è mantenere il mistero... Penso di aver fatto del mio meglio per l’emancipazione delle donne. Ho creato abiti che si adattano perfettamente al XXI secolo”. Visitabile fino al 25 agosto 2024, la mostra Yves Saint Laurent : Transparences Le pouvoir des matières al Musée Yves Saint Laurent Paris si propone proprio di esplorare il virtuosismo del couturier nel liberare il corpo femminile mediante la trasparenza dei tessuti come fil rouge nei suoi quarant’anni di lavoro. Una narrazione iniziata la scorsa estate alla Cité de la dentelle et de la mode di Calais, ampliata in questo secondo capitolo con una lettura poetica della sua ribellione creativa, sempre attuale.

06. Ad Arles il festival di fotografia per i nuovi talenti

Erika Del Prete ■ Dal 1 luglio al 29 settembre 2024, avrà luogo ad Arles il festival Rencontres de la Photographie, importante nel ruolo di trampolino di lancio per i talenti della fotografia contemporanea. L’evento è un laboratorio che, anno dopo anno, si modella secondo le evoluzioni estetiche e tecniche, seguendo ciò che è la dinamica di ricerca e di azione per offrire nuove interpretazioni delle questioni sociali. Così, durante la settimana di apertura di luglio, la città di Arles si trasforma in un luogo di scambio invitando il pubblico a unirsi a un programma ricco di tour espositivi, conferenze, proiezioni e concerti. Quindi, tra l’inizio di luglio e la fine di settembre, tutti sono invitati a esplorare oltre 40 mostre nella città.

FRAGRANZE

01. Il brand coreano di profumeria artistica “nato per distinguersi”

Erika Del Prete ■ “Nati per distinguersi” è lo slogan del marchio BORNTOSTANDOUT, il primo brand coreano di profumeria artistica nato ad aprile 2022 per opera del visionario Jun Lim. Collezionista di arte e profumi, fonda un marchio lifestyle dalle immagini provocatorie e dal concept che sfida le tradizioni producendo non solo fragranze ma oggetti di design, grazie anche alla collaborazione con artisti coreani con cui realizza opere d’arte. All’esterno il packaging rievoca la tradizione coreana con un richiamo alla delicatezza della dinastia reale, che sta nei flaconi bianchi in contrasto con i dettagli provocatori dal colore rosso. Le fragranze in un primo momento accarezzano l’immaginario con note piene e opulente, per poi scomporsi captando le fantasie più intime, rivelando note più complesse.

02. Lo scacco matto delle fragranze di Coquet & Vaudou

Erika del Prete ■ Un gioco di strategia, pezzi che si muovono e si sostengono come per gli scacchi, nelle fragranze Coquet & Vaudou: l’obiettivo è quello di dare scacco matto a chi ne ascolta l’essenza. Come una scacchiera, il marchio nasce dall’unione di due menti creative, quella di Alexx e quella di Anton, che mescolano le diverse interpretazioni di uno stesso tema condiviso. Le fragranze, con l’aiuto dell’artigiano Will Inrig, ritraggono l’essenza del soggetto; poi, attraverso una struttura complessa di progettazione, vengono lasciate maturare per essere confezionate in bottiglie di ceramica realizzate a mano. Come nelle regole degli scacchi, la maestosità e l’unicità delle fragranze cattura “sotto scacco” mediante Coquet, un bocciolo piccante che giura di fiorire e Vaudou, una sofferenza liberata di zafferano e magnolia deciso a rimanere.

03. Le opere d’arte indossabili di Stora Skuggan

Erika Del Prete ■ Nata dall’unione di cinque creativi multidisciplinari, Stora Skuggan è una casa di nicchia di profumi artistici con sede a Stoccolma. L’intenzione creativa alla base si sviluppa su tre dimensioni: la realizzazione di un oggetto estetico, di un’opera artistica indossabile e di un’idea concettuale, mescolando i diversi background dei membri. Ogni fragranza fonde curiosità con vivacità per creare esperienze olfattive giocose e distintive, raccontando storie uniche ispirate alla cultura pop, alla storia, al misticismo e ad altro. Le note, di testa, di cuore e di fondo nei profumi, accompagnano l’ascoltatore attraverso la singolarità delle storie, descrivendo il contesto storico e le emozioni vissute attraverso le diverse essenze.

Crazy Mood

Crazy Thoo

Erika Del Prete ■ Goliardiche e travolgenti, golose e nostalgiche sono le fragranze artistiche del brand Thoo, fondato da Andrea Casotti e diretto artisticamente da Cristina Mercaldo. L’identità del marchio, secondo la visione della Mercaldo, si evolve e celebra molteplici espressioni della personalità proponendo un immaginario colorato, poetico e inclusivo attraverso un nuovo concetto creativo riconoscibile e coerente. Nella “ricetta” di creazione dei profumi, sono le nuove formule olfattive ottenute dalla mescolanza di ingredienti freschi, originali e sorprendenti. Il filo conduttore che rende distintivo il processo di progettazione e la cura del dettaglio nel brand sono i flaconi dal design innovativo e imprevedibile.

OSSERVATORIO MODA E FRAGRANZE
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01. Il volume autocelebrativo di Collina Strada

Lara Gastaldi ■ Collina Strada nasce nel 2008 e si fa strada nell’industria della moda mettendo al primo posto la libera espressione di sé e la sostenibilità ambientale. Tutti i capi sono prodotti negli Stati Uniti utilizzando materiali come i tessuti recuperati dai mercati e il Rose Sylk, una fibra di cellulosa organica derivata dalle rose e dai loro steli. Edito da Rizzoli, I Care a Lotta, I Wear Collina Strada raccoglie immagini del brand, sfilate, pezzi esclusivi e collaborazioni con artisti come Dave Mattingly.

02. Una monografia dedicata alla visual artist Julie C. Fortier

Lara Gastaldi ■ Nez éditions presenta una monografia illustrata dedicata alla visual artist Julie C. Fortier. Il volume unisce il punto di vista di cinque autori - Olivier R.P. David, Clara Muller, Vanessa Theodoropoulou, Fabien Vallos e Caro Verbeek - sul lavoro di Fortier, la quale da quasi dieci anni esplora il legame tra profumo, tempo, spazio e memoria. Attraverso una prospettiva storica che attinge all’arte e al profumo stesso, insieme a una riflessione filosofica, politica e scientifica, il libro offre un’esperienza sensoriale unica.

03. La via della seta di Mali Marciano e Mark Borthwick

Aurora Mandelli ■ Edito da Le Kasha e OFR Parigi, Silk Road si presenta come un invito al viaggio, guidando verso le terre selvagge della Mongolia, passando per i deserti dell’Egitto fino ai canali di Venezia. Una monografia ad opera della stilista Mali Marciano e del fotografo Mark Borthwick in pellegrinaggio per la via della seta, una soglia su cui si affacciano popoli, rituali, oasi naturali e antichi tessuti che hanno plasmato l’universo creativo di Le Kasha.

04. Il disequilibrio tra medici maschi e pazienti di sesso femminile in un libro di fotografia

Erika Del Prete ■ Lay her down upon her back è un libro al cui interno c’è una raccolta di fotografie dell’artista Róisín White: da materiale d’archivio a disegni fatti a mano, fonti orali ed estratti

di opere letterarie. Nel dialogo tra l’artista e le sue opere, il concept di Lay her down upon her back racconta la storia di maltrattamenti e di rapporti di potere squilibrati tra medici maschi e pazienti di sesso femminile.

05. The Drawer: la celebrazione della fotografia e della pagina stampata

Erika Del Prete ■ Critico e curatore di New York, Vince Aletti ha collezionato fotografie stampate sulle pagine di riviste e libri dagli Anni ‘70, adesso raccolte in The Drawer, che documenta 75 composizioni multistrato. All’interno del volume, la celebrazione delle storie personali e collettive, la varietà e il desiderio, il potere dell’arte che si modella e riflette attraverso la bellezza della fotografia e della pagina stampata.

06. La moda rende felici (almeno per mezz’ora)

Erika Del Prete ■ Il libro La moda rende felici (almeno per mezz’ora) di La Cecla racconta la moda del nostro tempo sottolineando e analizzando che siamo noi i veri creativi e coloro che decretano la nascita e morte delle tendenze. Così l’autrice inventa e scrive un nuovo linguaggio associando simboli a beni materiali e descrivendo l’industrializzazione dell’effimero e della leggerezza che la moda paga, morendo e risorgendo ciclicamente.

La Casa Eoliana non è un concept-store ma una Concept Putia, ideata a Lipari nel 2011 da Francesca Parisi, per promuovere e valorizzare i migliori artigiani e artisti siciliani. Il core business della Concept Putia è il Cuore Eoliano, simbolo di prosperità e portafortuna, reinterpretato in opere e gioielli unici realizzati interamente a mano. Utilizzando la pittura, la scultura e le antiche e tradizionali tecniche come la cera persa, lo sbalzo e la microfusione, i vari artisti e artigiani realizzano la loro versione del Cuore Eoliano da indossare o per decorare la casa. La founder Francesca Parisi rivela di aver “sempre operato per proiettare la bellezza del passato e della tradizione nel presente e nel futuro: l’artigianato sarà sempre più il vero lusso”.

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La Casa Eoliana: un luogo per gli artigiani siciliani

THE NEW MASCULINE FRAGRANCE

■ a cura di Margherita Cuccia

Il report sul trasporto aereo del fast fashion

Nonostante gli abiti e le scarpe non siano beni deperibili, quelli del fast fashion viaggiano rapidamente in aereo da un paese all’altro, creando danni per l’ambiente. Nel 2022 l’Unione Europea da sola ha importato ed esportato oltre 700.000 tonnellate, che corrispondono alla capacità di carico giornaliera di 7.000 grandi aerei cargo o 20 voli cargo merci. A fare luce sull’uso dannoso del trasporto aereo da parte dell’industria del fast fashion, l’ultimo report del settore elaborato da Public Eye e diffuso in Italia da Abiti Puliti, la coalizione italiana di Clean Clothes Campaign, dal quale emerge che Inditex è l’azienda con il trasporto più cospicuo. Insieme, Abiti Puliti e Public Eye, hanno lanciato una petizione per chiedere a Zara di rinunciare alla moda aerea.

Lottozero:

un percorso di progresso

La squadra tutta al femminile con sede a Prato ha incentrato il proprio hub creativo sul tessuto e sulla sostenibilità. È laboratorio tessile, spazio espositivo, residenza d’artista, coworking, studio di progettazione e consulenza: un progetto collaborativo volto a incoraggiare multiculturalismo, intersezione delle discipline e sviluppo dei talenti emergenti, rivitalizzando uno dei principali distretti tessili d’Europa. Oggi la Biblioteca Lottozero, nata come collezione privata ad uso interno, è aperta al pubblico aderendo alla rete bibliotecaria della provincia di Prato. Conta quasi 900 volumi specializzati nei settori della moda, dell’arte tessile e del design, inclusi saggi sull’arte contemporanea dedicati alla sperimentazione sui tessuti. Il materiale è stato raccolto grazie ad acquisizioni, donazioni e scambi con istituzioni e musei.

Il programma di accelerazione al femminile

Le startup italiane scalabili fondate da donne hanno un valore d’impresa pari al 16%, mentre la media europea si ferma all’8%, così l’Italia risulta seconda solo alla Finlandia (Dealroom.co). Chi investe e supporta questa azione è Wo-

MODA SOSTENIBILE

men in Action. E il programma di Life Gate Way, polo di open innovation, che in collaborazione con la società di investimenti e consulenza Ventive lancia un concorso dedicato a tutte le donne, di qualsiasi età ed esperienza professionale, che desiderano innovare nell’ambito della sostenibilità ambientale, sociale e individuale. Cinque realtà saranno selezionate per beneficiare del programma che prevede il supporto economico e gli strumenti necessari per l’avvio di un business di successo.

La rivolta delle tessitrici in Bangladesh

Lo studio condotto da Bangladesh Institute for Labour Studies (BILS) dimostra che qualsiasi salario mensile in Bangladesh inferiore a 23.000 Taka (195 euro circa) non permette alle lavoratrici e ai lavoratori di sostenersi a causa dell’impennata dei prezzi dei beni alimentari, della svalutazione della moneta rispetto

Si contano

5 milioni di tonnellate

di indumenti scartati ogni anno nell’UE ovvero circa

12 kg a persona

al dollaro e dell’inflazione che sfiora il 10%. Per questa ragione le tessitrici a novembre 2023 si sono trovate obbligate a lottare per l’aumento di uno tra i salari più bassi al mondo, 8.000 Tk (circa 66 euro). Mentre il governo rispondeva con un aumento del tutto parziale di 12.500 Tk (105 euro circa), produttori ed esportatori, attraverso il Bangladesh Garment Manufacturers and Exporters Association, hanno fatto una proposta ancora più a ribasso di 10.400 taka (87 euro circa). Tutti tranne Patagonia, che è stato l’unico marchio a sostenere la richiesta. I sindacati hanno sollevato aspre critiche sull’integrità del processo di determinazione dei salari, chiedendo revisioni annuali anziché quinquennali e la nomina del referente dei lavoratori nel comitato salariale, scelto tra i sindacati più rappresentativi, denunciando in questa e nelle precedenti trattative la nomina di un referente “favorevole” agli interessi dei datori di lavoro e del governo.

ogni solo

1000 tonnellate

di tessili raccolti per il riutilizzo

1%

del materiale presente negli indumenti viene riciclato in nuovi indumenti.

20 a 35

si creano da posti di lavoro

I 10 anni di Fashion Revolution Week

La Fashion Revolution Week è la campagna annuale che riunisce il più grande movimento di attivismo della moda per una settimana di azione, in occasione dell’anniversario del crollo della fabbrica Rana Plaza a Dacca in Bangladesh, il più dannoso evento industriale della storia. Quest’anno la campagna, coincidendo con il 10° anniversario del movimento, dura dieci giorni e comprende attività locali in tutto il mondo. Il tema è incentrato su Come essere un rivoluzionario della moda. E l’intera comunità, triplicatasi negli ultimi cinque anni, si riunisce per il primo Mend In Public Day il 20 aprile 2024 a Londra, una giornata d’azione globale concepita come forma accessibile di attivismo per ribellarsi alla sovrapproduzione e al consumo sconsiderato che sta causando una crisi dei rifiuti, paralizzando le comunità del Sud globale e inquinando gli ambienti di tutto il mondo.

INDUMENTI SCARTATI TRA I RIFIUTI Fonte: environment.ec.europa.eu

Esiste una piattaforma a sostegno della circolarità nella moda

Sette partner provenienti da cinque paesi dell’UE, Italia - con LottozeroSpagna, Grecia, Polonia e Lituania, hanno collaborato alla creazione della piattaforma di e-learning a sostegno della circolarità del sistema moda, finanziata dall’Unione Europea, gratuita e accessibile a tutti. Si rivolge ai professionisti delle PMI, delle start up, agli studiosi e ai curiosi trasmettendo modelli di business circolari e innovazione ambientale e sostenibile attraverso la cooperazione e la formazione transnazionale e intergenerazionale. Un elenco di corsi, applicazioni nel mondo reale, casi di studio, esercizi e sessioni interattive.

I webinar mensili del Movimento Moda Responsabile

Un nuovo movimento tutto italiano composto da brand, produttori, aziende, cooperative e professionisti si unisce per condividere e promuovere un’industria della moda più sostenibile ed etica, stilando il proprio Manifesto per la moda responsabile in Italia. L’obiettivo principale? Promuovere la trasparenza e le buone pratiche nelle aziende, il senso di responsabilità nelle istituzioni e la consapevolezza nelle persone. Ai 19 soci fondatori si uniscono rapidamente 11 soci firmatari e 33 supporter.

Tra le ultime novità, il lancio a inizio anno di webinar tematici, aperti a tutti, tenuti da esperti interni ed esterni al Movimento, che avverranno con cadenza mensile per approfondire i temi chiave e di attualità per il settore della moda e la sua sostenibilità.

L’Intelligenza Artificiale per un’economia circolare e scalabile

Atelier Riforma lancia la tecnologia Re4Circular, di cui è stato depositato il brevetto. La start up innovativa femminile trasforma gli scarti del settore moda in una risorsa, mettendo in contatto le realtà che si occupano della raccolta degli indumenti usati con le realtà della moda circolare, che ne necessitano nella loro attività di rivendita, riciclo o upcycling. Re4Circular utilizza l’Intelligenza Artificiale per la catalogazione automatica e la digitalizzazione dei capi post-consumo, estraendo dall’immagine di ciascun indumento tutti i dati utili al suo recupero. Non è una tecnologia utilizzata internamente, ma uno strumento a disposizione di qualsiasi realtà ne abbia bisogno. Un modello di business scalabile, in grado di applicare l’approccio circolare a una scala possibilmente molto ampia.

MARE, FERROVIA E AEREO: UN CONFRONTO TRA LE OPERAZIONI DI TRASPORTO MERCI A LUNGA DISTANZA

Fonte: ecotransit.org

3 settimane

5 giorni

Altri problemi ↓

• Gas di scarico estremamente inquinanti a causa sellʼuso di olio combustibile pesante

• Depurazione dei gas di scarico inadeguata

• Nessun collegamento a livello nazionale e percorsi discontinui

• In parte dipendente dallʼenergia fossile

• Inquinamento climatico aggiuntivo dovuto alle emissioni di ossido di azoto e vapore acqueo

• Rumore degli aerei

OSSERVATORIO MODA E FRAGRANZE
5-6 settimane
29

I RICORDI DI UN GESTO NELLE SCULTURE D’ABITI

MIU MIU

Lo SPAZIO ESPOSITIVO si arricchisce del progetto visivo dell’artista Sofia Lai con il contributo del brand MIU MIU. Visual artist italiana con base a Londra, Lai concentra il suo lavoro sulla fusione di immagini astratte e figurative provenienti dal mondo della moda, creando scenari onirici con forme distorte e corporee. La sua arte si caratterizza per la stratificazione di tessuti, pittura e scultura, dando vita a identità umane diverse e non convenzionali. La sua attrazione per il perturbante è evidente nella manipolazione degli arti e nelle profondità delle sue creazioni, che rivelano le verità dei soggetti. Lai concepisce lo styling come un processo di “costruzione di identità attraverso i materiali tessili”, un concetto applicato anche alla sua pratica artistica. Altrettanto importanti sono i gesti memorabili, che giocano un ruolo nella nostra esistenza collegandoci a radici, educazione e influenze. Ad esempio, il legame tra nonne, madri e figlie, che trascende il tempo e le generazioni, influenza chi siamo attraverso gesti, emozioni e ripetizioni tramandate. Dunque, riflettere su come gli individui circostanti abbiano contribuito alla nostra identità è essenziale. In tal senso, il progetto di Artribune con gli abiti MIU MIU prevede la creazione di cinque sculture con abiti del marchio che raffigurano silhouette significative nella vita di Sofia, incluse nonne, madre e sorella, culminando in una scultura finale che rappresenta l’artista stessa. Accompagnate da fotografie e composizioni di oggetti simbolici, queste opere illustrano come i ricordi e le associazioni possano plasmare le nostre identità, portando a interrogarci su come siamo giunti a essere chi siamo in relazione agli elementi esterni a noi stessi.

Lai Assistente di Sofia Lai Shelly Gul

Nonne

ESPOSITIVO 30
SPAZIO

Madri

Figlie

SGUARDI FEMMINILI

Alessia Caliendo

Lo SPAZIO ESPOSITIVO del secondo numero del Focus Moda si propone di esplorare e celebrare la nuova generazione delle fotografe. Attraverso una selezione di opere che abbracciano diverse correnti stilistiche e approcci artistici, le artiste coinvolte delineano un dialogo intrinseco di genere, potenza espressiva e riflessione critica sulle dinamiche culturali contemporanee. Il percorso curatoriale mira a sfidare i preconcetti e ad aprire una finestra sulle prospettive spesso trascurate delle artiste donne nel panorama fotografico. Il progetto si configura come un’opportunità per esplorare e apprezzare la ricchezza delle voci femminili nell’arte fotografica contemporanea, illuminando le complesse e articolate narrazioni di ogni immagine.

Sara Scanderebech
Caterina Di Muzio
Federica Sasso Nicoletta Figliuolo Martina Bertacchi
Fabiana Squizzato
Giulia Pirri
Ilenia Luzzara
Giorgia Pastorelli
Marina dell’Amore
Dalila Slimani
Ylenia Signorelli

Chi sono le fotografe selezionate per Spazio Espositivo

Sara Scanderebech

Si laurea in Arti Visive presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e avvia la sua carriera come fotografa per la Galleria Carla Sozzani. La sua ricerca si muove attraverso arte, moda e design, portandola a collaborare con artisti, brand e riviste. A partire da una radice collaborativa e multidisciplinare, nel suo lavoro utilizza la fotografia per indagare la realtà e creare nuovi immaginari. Dettagli di piante, animali, oggetti e corpi si trasformano in nuovi simboli contemporanei e metafore di significato, generando una tensione emotiva che spazia dall’attrazione verso il soggetto al respingimento verso la rappresentazione. I suoi progetti fotografici sono presenti in mostre personali e collettive, tra cui, nel 2023, al Padiglione Italia per la Biennale Architettura di Venezia, Camera - Centro Italiano per la Fotografia a Torino, Somos Art House a Berlino e PhotoVogue Festival Milano.

Caterina Di Muzio

Appassionata di fotografia, cinema e moda, e ha iniziato a scattare con le macchine dei suoi genitori con l’obiettivo di diventare una professionista del visivo frequentando la Cfp Bauer. L’amore per il cinema l’ha sempre portata ad avere uno sguardo attento ai dettagli e all’estetica personale che sviluppa anche nella fotografia urbana. Il suo hobby è creare fanzine per catalogare i suoi lavori personali, preservando la sua visione stilistica.

Federica Sasso

Artista visiva vicentina specializzata in diversi media. Il suo lavoro esplora la percezione del corpo umano, l’interazione tra il virtuale e il reale e l’impatto della tecnologia sulla vita contemporanea. L’approccio di Sasso si addentra nella contaminazione della fotografia, del video, dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale. Le sue opere sono state esposte e pubblicate in tutto il mondo, tra cui Ars Electronica e Les Rencontres de la Photographie d’Arles.

Nicoletta Figliuolo

Cresce in un piccolo paese ai piedi del Pollino, in Basilicata, e si trasferisce per gli studi prima a Siena, dove si laurea in Lingue all’Università per Stranieri, e poi a Roma, diplomandosi in Fotografia presso IED - Istituto Europeo di Design. Nella sua ricerca artistica, usa la fotografia come creazione di mondi fantastici, come metafora per esplorare emozioni, paure e pensieri, e allo stesso modo si avvale del gioco e dell’ironia come chiavi di lettura del mondo.

Martina Bertacchi

Nasce a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, e scopre la passione per la fotografia e per il ritratto sin da piccola. Comincia la sua ricerca attraverso i volti più conosciuti di amiche e compagne di scuola, svelando ben presto un approccio profondo e sensibile: un vero e proprio viaggio nella bellezza ontologica di persone e luoghi, al fine di trovarne l’autenticità. Nel 2024, in occasione di Arte City Bologna, ha esposto alla sua prima personale.

Fabiana Squizzato

Padovana, si laurea in Storia a Venezia. La sua fotografia prende spunto da dettagli di vita quotidiana, per diventare intima e concettuale. Alterna il bianco e nero ai colori ed è sempre alla ricerca della bellezza e dell’armonia dei toni e della composizione. Ha esposto i suoi progetti al Liquida Photofestival e al Politecnico di Torino, oltre che alla Fiera d’Arte di Innsbruck e in una mostra collettiva di Fotografia Europea.

Giulia Pirri

Originaria di Lecco e forma il suo pensiero attraverso numerosi viaggi, spesso a piedi e in solitaria, che la avvicinano alla pratica fotografica. Nel 2023, si diploma al corso triennale di IED a Milano, dove attualmente vive e lavora. Durante gli studi, si è interessata all’arte contemporanea, alla filosofia estetica e all’editoria. Attraverso il suo lavoro, interroga i temi dell’identità, dell’esperienza dello spazio e del tempo, e della percezione del quotidiano. Si esprime attraverso progetti editoriali e stampe analogiche, che riflettono un approccio dedicato alla cura e alla materialità dell’immagine.

Ilenia Luzzara

Fin da piccola, coltiva la passione per l’arte che l’ha portata a conseguire la Laurea triennale in fotografia presso l’IED - Istituto Europeo di Design. La sua fotografia rappresenta un lungo processo di osservazione, creazione ed archiviazione che si alternano ciclicamente nella ricerca. Ciò dà vita a un incontro dove avverte l’esigenza di catturare il tempo e lo spazio, delineandone accuratamente i bordi.

Giorgia Pastorelli

Originaria di Livorno ma vive a Milano. Si è laureata in Fotografia presso la L.A.B.A - Libera Accademia di Belle Arti di Firenze e, nel frattempo, ha frequentato un master in photo editing presso Spazio Labò. Nel 2021 è stata coautrice del libro “Home22” edito da Seipersei. Nello stesso anno ha vinto il concorso “Fiducia e Speranza nel Futuro” organizzato dalla Fondazione Nino Migliori in collaborazione con HuffPost, FIAF e Bper Banca. Progetti come “Noi due” e “Make it better” sono stati valorizzati nel circuito di Paratissima e al Rotterdam Photo Festival. Nel 2023 ha avuto l’onore di partecipare allo “Speciale 1825”, un percorso che si è concluso con l’ideazione e la creazione di un progetto che ha fatto parte del circuito ufficiale di Fotografia Europea.

Marina dell’Amore

Artista visiva francese con base a Marsiglia. Il suo lavoro si sviluppa attraverso diverse forme espressive, tra cui anche sculture e installazioni surrealiste. La sua opera è interiorizzata ma sogna di proiettarsi in una visione globale. Nei lavori che ha prodotto, ritroviamo i colori di Max Ernst e le figure di Cocteau che la guidano attraverso un percorso istintivo e personale, già apprezzato da alcune gallerie francesi e case di moda.

Dalila Slimani

Vive a Milano e si diploma all’istituto ITSOS nel ramo del cinema e della grafica, per poi proseguire gli studi presso l’Istituto Italiano di Fotografia, dove vince una borsa di studio per frequentare un master a Parigi al Paris College Of Art. Tocca lo spettatore con immagini oneste, ricche di bellezza e brutalità. Il contrasto chiaro-scuro che troviamo nella maggior parte delle fotografie mette in risalto la forte personalità dei suoi soggetti che si mostrano allo stesso tempo vulnerabili e immersi in una dimensione parallela.

Ylenia Signorelli

Nasce a Catania e, dopo aver conseguito gli studi superiori ad indirizzo Arti Figurative, nel 2021 si trasferisce a Milano, città in cui prosegue gli studi in Arti Visive presso lo IED - Istituto Europeo di Design, avvicinandosi alla pratica fotografica. Il suo lavoro indaga come la memoria e il tempo si relazionano tra loro attraverso l’immagine, influenzando la nostra percezione della realtà. La sua pratica interseca la fotografia ad altri mezzi espressivi, come disegno, collage e scultura.

SPAZIO ESPOSITIVO
49

fascia 15-64 anni

Sul presente (delle donne) del Made in Italy

Apoche cose tengono gli italiani quanto al cibo e alla moda. Questi due, insieme ad un’infinità di altri elementi, costituiscono il Made in Italy. Lo afferma anche la sindacalista ed ex Ministra Valeria Fedeli: “Nel mondo si pensa sempre a ‘mangiare italiano, vestire italiano’ perché siamo visti come un popolo creativo ma capace di rendere il bello un prodotto da vendere”. Siamo però così bravi da averlo mandato in crisi, e lo dimostra la mancanza ogni anno di più di 7mila tecnici del settore moda che costa 15 miliardi di dollari all’Italia. “Purtroppo, come tutti i settori industriali, la moda viene vista dai ragazzi come un lavoro non qualificato e mal retribuito. C’è anche bisogno di una valorizzazione del percorso formativo perché a metà degli Anni ‘80 la filiera della moda italiana è stata capace di rinnovare il prodotto, il processo produttivo e di internazionalizzarsi. Questo non ha visto una corrispondenza con le conoscenze ottenute durante il percorso formativo. Andrebbe fatto un lavoro di educazione a cosa c’è dietro ciò che sfila in passerella”.

Occupazione femminile nel terziario

media

27 anni

L'occupazione delle donne in Italia e in Europa

Occupazione femminile in altre attività economiche

Componente indipendente femminile nel lavoro autonomo

Ma il liceo del Made in Italy – che comunque ha fatto un clamoroso flop di iscritti – non aiuterà essendo un indirizzo pensato per la classe dirigente delle aziende: “Serve lavorare sugli indirizzi esistenti e ragionare sugli apprendimenti tecnico-professionali che servono nell’economia e nel processo industriale”. Questo consentirebbe di preservare il valore e la tradizione del fatto a mano in Italia, che stanno nella capacità creativa e nello sviluppo di un abito. Ma “l’efficienza deve tenere conto di tutte le componenti della filiera, facendo parte del concetto di ‘qualità’ il rispetto dell’ambiente e delle persone”. Quindi, il rispetto verso le artigiane italiane che rappresentano il 16,4% sul totale delle donne occupate nella penisola. Eppure “continuano ad esserci degli ostacoli per la crescita dell’occupazione femminile. Non abbiamo sviluppato un’economia utile per sostenere le donne che lavorano. Si usa la maternità come un elemento discriminatorio anziché aumentare gli asili nido per avere un percorso educativo, un luogo a cui affidarsi”. E poi “la condivisione della genitorialità è l’asse fondamentale per un’Italia arretrata sul fronte del congedo di paternità che andrebbe equiparato a quello di maternità”, come sottolinea Fedeli. Allora, i pari diritti e le pari opportunità esistono nella vita o solo nella Costituzione?

Giulio Solfrizzi

VOCI
dati Eurostat 2022
dati Confocommercio
anni 44,6%
37,6% 42,3% 37,2% 53,9% 50
2022 fascia 15-72
Grande distribuzione Piccolo commercio Turismo Libere professioni Servizi alle persone
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