Arti inferiori

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foto Raffaella Cavalierix

palcoscenico libri

Nidodiragno Sanremo/Torino La Piccionaia / I Carrara Teatro Stabile di Innovazione

4ª EDIZIONE LIBRERIA FELTRINELLI via San Francesco, 7 - Padova 22 marzo ore 17.30

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ivano marescotti incontro con il pubblico

aprile 2014 ore 21

Continua la preziosa collaborazione con La Feltrinelli: prima dello spettacolo serale incontriamo Ivano Marescotti, che ci proporrà tutti i retroscena dell’inizio di questa nuova avventura, iniziata da un’amicizia con il poeta romagnolo Raffaele Baldini. Interviene Caterina Barone, giornalista per il Corriere del Veneto e docente presso la facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università degli Studi di Padova.

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marzo 2014 ore 21

di Raffaello Baldini regia di Valerio Binasco scene di Carlo De Marino musiche di Arturo Annecchino luci di Vincenzo Bonaffini costumi di Elena Dal Pozzo suono di Giampiero Berti regista assistente Roberto Turchetta

la storia di antigone

Un personaggio un po’ matto, che colleziona ossessivamente i più assurdi oggetti del passato, è preso dall’idea di dar vita a una Fondazione che tenga viva la memoria delle cose più sfuggenti e dei pensieri: non quelli grandi dei poeti e dei filosofi, che tanto a questi ci pensano già i libri, ma quelli che vengono a tutti quanti in qualche momento della giornata, e sembrano tanto acuti, e poi spariscono nel flusso della vita. Questo personaggio, splendidamente velleitario e a modo suo eroico, cerca così di imbrigliare la vita (e la morte) nel suo delirio apparentemente bislacco, ma profondissimo. La Fondazione è un testo sulle cose che svaniscono e sul desiderio di conservarle: non a caso è stato scritto durante l’ultimo periodo di vita dell’autore.

ivano marescotti

favola in musica per cornacchie, cani selvatici, maledizioni, tiranni, sepolcri & fanciulle in fiore riscritta da Ali Smith dalla tragedia di Sofocle raccontata da Anita Caprioli cantata da Didie Caria regia di Roberto Tarasco elementi scenografici di Giovanni Tamburelli

Dalla presentazione al libro “La Fondazione” nel catalogo Einaudi.

ENTRATA LIBERA

Anita Caprioli, attrice sensibile e colta, torna in teatro e si cimenta in una rilettura dell’Antigone attraverso il testo della scrittrice scozzese Ali Smith, scelto da Alessandro Baricco come una delle storie “da salvare” (Collana Save the Story, un’idea editoriale della Scuola Holden pubblicata dal Gruppo Repubblica L’Espresso) Anita offre un’intensa interpretazione che trova perfetto connubio nell’ interazione con le melodie del cantante e musicista Didie Caria, così come si unisce efficacemente alle installazioni vibranti e surreali dello scultore Giovanni Tamburelli e alla cura dell’abito realizzato dall’atelier di Fabiana Bassani. La storia di Antigone è il resoconto di una cornacchia appollaiata su una delle 7 porte di Tebe. Dalla sua formidabile posizione il pennuto assiste al tentativo di Antigone di dare sepoltura al cadavere del fratello Polinice contro la volontà del nuovo re Creonte. Scoperta da una guardia, Antigone viene condannata ad essere tumulata in una grotta. A seguito delle profezie dell’indovino Tiresia e alle suppliche del 15 Anzianissimi Anziani della Polis, il Re decide infine di liberarla. Troppo tardi: Antigone nel frattempo è morta. Questo porta al suicidio del figlio di Creonte Emone, promesso sposo di Antigone, ed al decesso della madre, moglie del re: “E morirono tutti felici e contenti”! Rimane la cornacchia, con la sua fresca nidiata di cornacchiotti satolli di cibo, a raccontare la storia dal principio. Sono più importanti le leggi degli uomini o quelle di Dio? E queste ultime esistono, o sono anch’esse leggi di uomini ammantate di sacralità? Può una donna contrapporsi al potere di un uomo? E se questi è un re? Cosa è più giusto? Difendere i diritti del fratello o far rispettare la legge, anche se colpisce i familiari? Suscitando questi interrogativi Antigone rimane, a distanza di millenni, una straordinaria storia di emancipazione. La vicenda di una donna che con il coraggio di una visone “altra” e “alta” rivendica il suo diritto a parlare e si ribella a una ristretta concezione del potere tutta maschile. E più in generale la storia di una contestazione, risoluta e avventata, contro la “tirannia” della legge.

Arena del Sole - Nuova Scena - Teatro Stabile di Bologna

la fondazione “Il grande poeta romagnolo Raffaello Baldini mi ha consegnato, prima di morire, il suo ultimo testo, poi pubblicato presso Einaudi, dicendomi: “fanne quello che credi”. La fondazione parla di un uomo che nella sua vita non riesce a buttare via nulla. Tiene da conto tutto, perfino le cartine che avvolgono le arance. La moglie lo ha mollato ma lui preferisce vivere tra la sua “roba”. Perché? Perché quella “roba” non rappresenta la sua vita, quella roba “è” la sua vita stessa. E quando quella “spazzatura” verrà buttata, anche lui seguirà la stessa sorte. Uno spettacolo comico solo perché spesso e fortunatamente, riusciamo anche a ridere di noi stessi, perché, come disse Leo Longanesi, “i difetti degli altri somigliano troppo ai nostri”. Ivano Marescotti

Ho un doppio privilegio in questo spettacolo: quello di lavorare con due grandi artisti come Baldini e Marescotti. L’incontro con un grande interprete è poco frequente per un regista. E con un grande poeta, ancor meno. In che cosa possa consistere il mio lavoro, in uno spettacolo come questo, a dire il vero non lo so. Al momento credo che la cosa essenziale sia quella di lasciarmi guidare (piccolo controsenso per un ‘director’), seguire la vita che nasce ogni giorno sulla scena così come si manifesta e, infine, prendermi cura della delicata bellezza che quei due – insieme –sanno creare. ‘Quei due’ sono Baldini e Marescotti, ovviamente. Sono una coppia d’arte che viaggia insieme da molti anni. Sono stati in qualche modo gli ‘scopritori’ l’uno dell’altro. Hanno un’intesa intima e inafferrabile. Hanno una storia d’amore felice. Il regista in questi casi corre il rischio di fare il terzo incomodo. Ho accettato il rischio, e mi sono messo in mezzo. Ho riso e pianto con loro tutti i giorni, un po’ in disparte, non sapendo bene cosa fare. Finché non è accaduta una cosa piuttosto sorprendente: a un certo punto non eravamo più in tre, ma eravamo diventati quattro. Tra noi c’era una creatura nuova, una strana fusione tra Marescotti e Baldini, più qualcosa, che nessuno di noi tre conosceva ancora (scusate se parlo di Baldini come se fosse vivo e presente alle prove, ma per Ivano è stato ed è così, e quindi lo è stato anche per me) ed era il Personaggio. Questo Personaggio Senza Nome è un uomo di struggente tenerezza. (…) Mi rendo conto che non sto parlando dello spettacolo, e non sto dicendo niente di come ci siamo ispirati a Kafka e a Bernhard, né di come abbiamo affrontato il dialetto e la dialettalità in modo più ‘psicologico’ che caratteristico, e la scena in modo tormentosamente metaforico ma anche realistico. Tutte cose certo più adatte alle Note di Regia. Ma sarebbe usare paroloni . Non si può. Questo testo è un fiore. Il teatro di Baldini/Marescotti è un fiore. Persino i paroloni possono fargli male. Fargli venire la voglia di richiudersi. Ci vogliono, al massimo, delle parolette. Parolette che sorridono, che dicono un po’, e poi volano via. Quelle che ho scritto fin qui, appunto. Grazie, Baldini. Buon divertimento. Valerio Binasco

Spettacolo realizzato nell’ambito del 65° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza diretto da Eimuntas Nekrosius

anita caprioli

Il progetto nasce dalla collana di “Save the story”, le storie da salvare proposte da Alessandro Baricco e pubblicate con il Gruppo Repubblica/L’Espresso.


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