Verum ipsum factum

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Quaderni Iuav. Ricerche

Verum ipsum factum. Il progetto della storia

Fulvio Lenzo, Marco Capponi

Quaderni Iuav. Ricerche Iuav at Work

Collana a cura di Sara Marini, Massimiliano Condotta, Università Iuav di Venezia

Comitato scientifico

Caterina Balletti, Università Iuav di Venezia

Alessandra Bosco, Università Iuav di Venezia

Maurizio Carlin, Padiglione Venezia

Michele Casarin, Accademia di Belle Arti di Venezia

Alessandro Costa, Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità

Giovanni Dell’Olivo, Fondazione di Venezia

Giovanni Marras, Università Iuav di Venezia

Progetto grafico

Centro Editoria Pard / Egidio Cutillo, Andrea Pastorello

Verum ipsum factum. Il progetto della storia

Fulvio Lenzo, Marco Capponi

ISBN 979-12-5953-155-1

Prima edizione: aprile 2025

Immagine di copertina

Venezia, Tolentini, portale di accesso, 1985. Ph. Fulvio Lenzo, 2025

Anteferma Edizioni Srl, via Asolo 12, Conegliano, TV

Stampa: Grafiche Antiga, Crocetta del Montello, TV

Copyright: Opera distribuita con licenza CC BY-NC-ND 4.0 internazionale

Volume edito nell’ambito della 19. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia all’interno del progetto Iuav at Work quale estensione nel territorio cittadino del Padiglione Venezia.

Volume realizzato con i fondi relativi all’attività di collaborazione fra Fondazione Iuav, Università Iuav di Venezia, Fondazione di Venezia e Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità.

Volume realizzato con il finanziamento dell’Unione europea - Next Generation EU, PNRR M4 - C2 - Investimento 1.1. Bando PRIN 2022 - D. D. n. 104 del 02/02/2022 Progetto BATH (CUP F53D23012600006).

4 «Verum ipsum factum»

Fulvio Lenzo

12 Il progetto della storia. Zevi, Mazzariol, Tafuri

Fulvio Lenzo

62 Archivi per la storia. La diateca del Dipartimento di Storia dell’Architettura

Marco Capponi

84 Dalla didattica all’archivio. I negativi dei rilievi degli studenti di Bruno Zevi per uno schedario dei monumenti

Anna Casagrande Zennaro

91 Bibliografia

95 Abbreviazioni

Verum ipsum factum, vale a dire: la verità è nello stesso fare. Il motto coniato nel XVIII secolo dal filosofo Giambattista Vico indica che lo spirito umano non può conoscere se non ciò che egli stesso ha fatto, e poiché la summa delle azioni umane non è altro che la storia, solo in questa sfera il suo conoscere è vero. È all’interno di queste tre parole latine che sul monumentale portale lapideo dell’Università Iuav le lettere che compongono il nome dell’ateneo – fino al 2001 acronimo dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia – sono evidenziate in oro. La frase era stata scelta da Carlo Scarpa (1906-1978) nei progetti per l’ingresso dei Tolentini sviluppati nel 1967, poi rielaborati e messi in opera nel 1985 da Sergio Los, al quale l’opera andrebbe più correttamente ascritta1 . Scarpa, comunque, aveva voluto la frase di Vico anche sui diplomi di laurea dello IUAV, dove il sigillo rettangolare da lui stesso disegnato nel 1970 ha campeggiato per decenni, prima di essere sostituito dal nuovo logo dell’ateneo dopo il cambio di denominazione2 . Rimandando direttamente al valore della conoscenza storica, il «vervm IpsVm fActVum» scolpito nel blocco di pietra che segna il liminare dell’ateneo è l’espressione di un’idea, o meglio di un progetto, che traduce il ruolo centrale della storia nell’immagine pubblica dello IUAV3. Una posizione preminente che è il frut-

1 S. Los, Carlo Scarpa. Architetto poeta, Venezia 1967; S. Los, Verum ipsum factum. Il progetto di Carlo Scarpa per l’ingresso dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Venezia 1985; G. Mazzariol, Da Carlo Scarpa: due porte, l’ombra, la luce, «Venezia Arti», 1, 1987, pp. 73-81; S. Los, Progettare per Carlo Scarpa, in M. Manzelle (a cura di), Carlo Scarpa. L’opera e la sua conservazione. Giornata di studio alla Fondazione Querini Stampalia. VI.2003 , Venezia 2003, pp. 53-94; A. Brodini, Lo Iuav ai Tolentini: Carlo Scarpa e gli altri. Storia e documenti, Firenze 2020, pp. 95-105.

2 Fu lo stesso Scarpa a scegliere per i diplomi il carattere Dante, disegnato nel 1957 da Giovanni Mardesteig, sviluppando poi con la Stamperia Valdonega di Verona l’impronta a secco con la scritta IUAV; cfr. I. Abbondandolo, Carlo Scarpa e la forma delle parole, Venezia 2011, pp. 23, 27, 44 nota 20.

3 P. Morachiello, The Department of Architectural History. A Detailed Description, «Architectural Design», 55, 1985, 5-6, pp. 69-71; «Materiales», 5, 1985, Número especial sobre la actividad del Departamento de Historia de la Arquitectura de Venecia, con le interviste di M. Daguerre e G. Lupo a Tafuri, Rella e Dal Co.

«Verum ipsum factum»

costituita negli anni una vera propria scuola di Storia dell’architettura, diventata un inevitabile punto di riferimento a livello mondiale perché gli storici che via via ne hanno fatto parte non hanno mai smesso di riflettere sulla disciplina e di interrogarsi sui suoi fondamenti. Il metodo storico comporta infatti la sua costante messa in crisi e il suo continuo superamento.

Nell’impossibilità di dare conto in maniera esaustiva della vitalità della nostra scuola, si è deciso qui di presentare solo per grandi linee i tre maestri, facendo poi seguire al testo principale due contributi dedicati agli eccezionali materiali d’archivio relativi alla didattica di Zevi e Tafuri.

«Il Corriere della Sera», 12 marzo 2025; C. Zunino, La classifica delle migliori università al mondo: Sapienza prima negli studi classici, Exploit Iuav, «La Repubblica», 12 marzo 2025.

Motto impresso in negativo con verniciatura avoriata elaborato da Carlo Scarpa sui diplomi dello IUAV, 1970.

Venezia, Tolentini, portale di accesso, 1985.

M. Tafuri, Disegno interpretativo di Sant’Ivo alla Sapienza. Courtesy Archivio privato Polano.

Il progetto della storia. Zevi,

Mazzariol, Tafuri

figura dello storico dell’arte viennese diventa però poco più di un pretesto per esporre quello che sembra quasi un manifesto programmatico7. Zevi sottolinea lo scrupolo filologico di Wickhoff, basato sul confronto fra le fonti letterarie e i disegni originali degli artisti, ed esprime in particolare ammirazione per il volume sulla Genesi di Vienna, dichiarando di averlo «adottato come fondamentale libro di testo nel nostro corso di storia dell’architettura» non tanto per l’architettura in sé, quanto per «la visione storica»8. Si sofferma sugli stretti legami fra storici dell’arte e storici “puri” nella Scuola viennese e, pur ammettendo che il successivo «svincolamento della storia dell’arte da quella amalgamazione con la storia, e particolarmente con la storia della cultura, fu […] un fatto positivo», puntualizza che «negare un rapporto di sudditanza non significa stabilirne uno di indifferenza», concludendo sull’urgenza di «sfatare il mito secondo il quale la storia dell’arte è storia di singoli genii che intervengono in una immobile realtà e violentemente la trasformano» 9. Wickhoff, interessandosi alle «opere d’arte, più che per il loro valore lirico e per la spiccata fisionomia dei loro creatori, per la loro significanza storico-culturale», è riuscito a tessere «grandi nessi storici universalmente concepiti e a dare i lineamenti schematici di una storia dell’arte» che era anche «all’un tempo storia del mondo»10 .

Inserire un fatto artistico nel contesto storico cui appartiene non è però sufficiente. Occorre tenere conto anche del punto di vista da cui si osserva tale fatto artistico e del contesto sociale, culturale e civile in cui vive lo storico. Di Wickhoff Zevi apprezza sia «l’abitudine di risalire da problemi particolari a fatti di cultura generale», sia la «coraggiosa capacità di ripercorrere alla luce

7 B. Zevi, Franz Wickhoff nel quarantennio dalla sua morte, in IUAV, Annuario 1948-50, cit., pp. 15-30. Cfr. R. Dulio, Introduzione a Bruno Zevi, Roma-Bari 2008, pp. 80-81; R. Dulio, Samonà, Zevi e le “chiamate” eccellenti, in G. Zucconi, M. Carraro (a cura di), Officina Iuav, 1925-1980. Saggi sulla scuola di architettura di Venezia, Venezia 2011, pp. 95-96.

8 Zevi, Franz Wickhoff, cit., p. 19.

9 Ivi, pp. 20, 23.

10 Ivi, p. 20.

preistoria all’Art Nouveau16. Secondo gli appunti conservati nel suo archivio personale, una seconda metà del corso doveva essere dedicata all’architettura greca in Italia meridionale e in Sicilia17 . Negli anni successivi i temi monografici affrontati da Zevi sarebbero stati: l’architettura romana «alla luce della critica di Wickhoff e del Riegl» (1949-50), il tardo antico e l’architettura bizantina (1950-51), e poi a seguire l’architettura romanica in Emilia (1951-52), Mauro Codussi (1952-53), Andrea Palladio (1953-54), Vincenzo Scamozzi (1954-55), Biagio Rossetti (1955-56), Leon Battista Alberti (1956-57), Sebastiano Serlio (1957-58), Michele Sanmicheli (1958-59) e Bernardo Buontalenti (1959-60)18. Gli ultimi tre anni sono monopolizzati dall’architettura di Michelangelo e dei suoi epigoni, in previsione della grande mostra organizzata a Roma per il 196419 .

Alle lezioni ex cathedra erano affiancate esercitazioni che vedevano protagonisti gli allievi. I lavori di gruppo prodotti dagli studenti non sembrano subire variazioni nonostante il passaggio di Zevi dal corso del primo anno a quello del secondo, a seguito della morte di Giulio Lorenzetti nel 1951, che sino a quel momento aveva tenuto il secondo corso di storia. Zevi viene sostituito al primo corso da Giuseppe De Logu20. Le esercitazioni del primo

16 Nel 1949-50 le lezioni erano dedicate a: 1) la Preistoria; 2) l’Egitto; 3) la Mesopotamia; 4) la Persia, la Palestina, l’Anatolia, la Siria e la Fenicia; 5) le civiltà preellenica; 6) Architettura etrusca; 7) Architettura ellenica; 8) Architettura romana; 9) il periodo paleocristiano; 10) Architettura bizantina e ravennate; 11) architettura dell’alto medioevo; 12) Architettura romanica; 13) Architettura gotica; 14) il Rinascimento; 15) Architettura del Seicento e del Settecento; 16) Architettura dell’Ottocento; cfr. IUAV, Annuario 1948-50, cit., pp. 49-51. Cfr. A. Franchini, L’Istituto Universitario di Architettura di Venezia come università produttiva, in P. O. Rossi (a cura di), Bruno Zevi e la didattica dell’Architettura, Macerata 2019, pp. 143-153.

17 Franchini, L’Istituto, cit., p. 145.

18 Ibid

19 Ibid

20 De Logu tiene il corso di Storia 1 dal 1951 al 1968, quando passa a Caratteri stilistici dei monumenti in sostituzione di Fausto Franco; cfr. Iuav AS II/1.5 (CdF 1946-53), 19 settembre 1951, 30 luglio 1952, 25 luglio 1953; Iuav AS II/1.6 (CdF 1954-64), 22 ottobre 1954, 1955, 12 luglio 1956, 18 settembre 1957, 13 settembre 1958, 2 luglio 1959, 9

anno – anche quando il docente è De Logu – prevedevano lo studio di un’architettura tramite rilievi codificati e fotografie21. I disegni degli studenti vengono a loro volta fotografati per costituire un archivio dei monumenti italiani, mentre a partire dal 1955 i lavori migliori sono pubblicati in un’apposita sezione della rivista «L’architettura. Cronache e storia»22. Al secondo anno le esercitazioni consistono invece in un lavoro scritto in cui è richiesta una maggiore maturità critica23 .

Nonostante la lontananza di vedute, il metodo di studio suggerito da Zevi – prima l’indagine diretta sul manufatto, poi la ricerca bibliografica e l’analisi critica – sembra in qualche modo in continuità con le due raccomandazioni fondamentali che già Fausto Franco suggeriva agli allievi: prima «vedere» dal vivo le architetture, e poi «leggere testi sicuri»24. A marcare la distanza, oltre alla differente selezione dei «testi sicuri», è soprattutto il modo di «vedere», che ora comporta quasi un corpo a corpo col manufatto architettonico, che viene indagato, misurato e disegnato a scale diverse, dall’inquadramento urbano ai dettagli.

Nel giugno del 1949, dopo solo un anno di insegnamento, Zevi prospetta a Samonà l’opportunità di dare vita dentro l’ateneo a un Istituto di Storia dell’Architettura25. Il rettore accoglie prontamente la proposta e dieci giorni più tardi la fa approvare dal Consiglio di Facoltà. Se nelle idee di Zevi l’istituto avrebbe avuto il compito primario di raccogliere i materiali prodotti dagli studenti, rielaborarli e renderli accessibili a tutti26, a Samonà era

giugno 1960, 17 giugno 1961, 13 luglio 1962, 6 luglio 1963; Iuav AS II/1.7 (CdF 1964-68), 15 giugno 1964, 26 maggio 1965, 6 giugno 1966, 19 aprile 1967, 25 gennaio 1968.

21 Dulio, Samonà, Zevi e le “chiamate” eccellenti, cit., p. 94; F. Mancuso, A Venezia, collegando lo scavo scientifico sull’antico al lavoro sui tavoli da disegno, in Rossi (a cura di), Bruno Zevi e la didattica dell’Architettura, cit., pp. 119-141; Franchini, L’Istituto, cit.

22 Mancuso, A Venezia, cit., pp. 119-141; Franchini, L’Istituto, cit., p. 147.

23 Mancuso, A Venezia, cit., p. 132.

24 Franco, A tu per tu con l’arte, cit., p. 10.

25 Lettera di Zevi a Samonà del 10 giugno 1949; cfr. Dulio, Introduzione a Bruno Zevi, cit., pp. 79-80; Franchini, L’Istituto, cit., p. 146.

26 Ibid

già chiaro il ruolo chiave per l’internazionalizzazione dello IUAV. Perorandone la fondazione, sottolineava infatti che l’Istituto di Storia dell’Architettura, «oltre a potenziare gli studi nel campo importantissimo della cultura architettonica con conseguente prestigio della facoltà», avrebbe consentito all’ateneo «di accogliere i molti studenti stranieri che da tempo desiderano seguire corsi a Venezia e di realizzare un attivo scambio culturale con l’estero»27. Il neonato Istituto di Storia dell’Architettura è citato sia da Samonà, nella sua introduzione all’inaugurazione dell’anno accademico 1949-50, sia dallo stesso Zevi, nell’intervento al VI Convegno nazionale di Storia dell’architettura tenutosi a Vicenza nel settembre del 194928. L’Istituto di Storia dell’Architettura fondato in quell’anno risulta essere, con il Laboratorio di Scienza delle costruzioni, la prima articolazione interna dell’ateneo, diversi anni prima che si pensasse alla costituzione degli istituti di Urbanistica (1955) e di Composizione (1958)29. Non sembra però che queste decisioni abbiano prodotto risultati effettivi, e le successive notizie sugli istituti risalgono a oltre dieci anni dopo. Un ritardo che è certamente dovuto alla contingente carenza di spazi e alla previsione di un imminente trasferimento, poi differito nel tempo, nell’ex convento dei Tolentini30. Nel 1948-49 Samonà pensava ottimisticamente «di poter trasferire la […] sede

27 Iuav AS II/1.5 (CdF 1946-53), 22 giugno 1949.

28 IUAV, Annuario 1948-50, cit., p. 13; Dulio, Introduzione a Bruno Zevi, cit., p. 80; Dulio, Samonà, Zevi e le “chiamate” eccellenti, cit. p. 95.

29 Nel 1955 si affaccia l’intenzione di creare un Istituto di Urbanistica con i fondi della Fondazione Masieri (CdF 4 ottobre 1955), ma l’istituzione effettiva risale solo al 1962 (CdF 9 marzo 1962). L’Istituto di Composizione viene citato per la prima volta nel CdF del 25 marzo 1958, ma nel 1962, quando si istituiscono gli istituti di Urbanistica e di Tecnologia, risultano esistenti soltanto il Laboratorio di Scienza delle Costruzioni e l’Istituto di Storia dell’Architettura (CdF 9 marzo 1962).

30 Quando lo IUAV era nel palazzo su rio di San Trovaso, Zevi teneva lezione nelle sale al piano nobile; cfr. Mancuso, A Venezia, cit., p. 122. Per il restauro dei Tolentini, cfr. A. Brodini, Lo Iuav ai Tolentini: Carlo Scarpa e gli altri. Storia e documenti, Firenze 2020; per la storia più antica del complesso, cfr. M. Capponi, I teatini e l’architettura. La chiesa e la casa di San Nicola da Tolentino a Venezia (XVI-XVIII secolo), Roma 2024.

ai Tolentini entro la metà del venturo anno accademico»31. A complicare le vertenze burocratiche per la cessione dell’immobile si aggiunge però la permanenza di alcune famiglie di esuli istriani ancora sfollati nei locali dell’ex convento. Dopo aver atteso alcuni anni, nel 1961 il Consiglio di Facoltà delibera infine di provvedere «al loro allontanamento nel modo più sollecito possibile con i mezzi a disposizione»32 .

Solo dopo la presa di possesso della nuova sede si procede a dare seguito alla costituzione degli istituti, fino a quel momento rimasti sulla carta. Forse per questo motivo, lo stesso Zevi, ricostruendo a memoria la vicenda molti anni più tardi nella sua autobiografia, scrive che la creazione dell’Istituto di Storia risalirebbe «al 1960 circa»33, quando in realtà era di undici anni più antica. Zevi ne viene nominato ufficialmente direttore dopo la vittoria del concorso a cattedra che gli consente di essere finalmente chiamato come docente straordinario all’inizio del 196134 .

La nuova sede dei Tolentini è inaugurata ufficialmente il 10 marzo 1962 con la lectio magistralis di Bruno Zevi dedicata alla Attualità di Michelangelo35. Come avrebbe scritto l’anno successivo in una lettera indirizzata all’ORSAV – l’associazione degli studenti IUAV – l’avvicinamento alle opere del passato serviva a «storicizzare il Movimento Moderno» per superarlo attraverso «un’esegesi delle opere antiche tale da farle sentire presenti, operanti, indispensabili alla nostra stessa sopravvivenza»36. E ammetteva: «se, nei corsi, non è stata trattata in forma sistematica la storia dell’architettura moderna, la coscienza dell’arte contemporanea ha

31 Brodini, Lo Iuav ai Tolentini, cit., p. 17 nota 5.

32 Iuav AS II/1.6 (CdF 1954-64), 5 ottobre 1961; cit. in Brodini, Lo Iuav ai Tolentini, cit., p. 135.

33 B. Zevi, Zevi su Zevi. Architettura come profezia, Venezia 1993, p. 91.

34 Zevi è chiamato come straordinario allo IUAV il 28 gennaio 1961, dopo essere risultato il primo ternato, davanti a Guido Di Stefano e Renato Bonelli, al concorso bandito dall’Università di Palermo; la nomina a direttore dell’Istituto di Storia è del 3 marzo 1961. Cfr. Iuav AS II/1.6 (CdF 1954-64), 28 gennaio 1961, 3 marzo 1961.

35 B. Zevi, Attualità di Michelangelo architetto, in IUAV, Annuario 196061 / 1961-62, Venezia [1962], pp. 29-48.

36 Franchini, L’Istituto, cit., p. 149.

Archivi per la storia

La diateca d’ateneo, così chiamata da quando, nel 2006, è entrata a far parte dei Servizi bibliotecari, documentali e archivistici dell’Università Iuav di Venezia, è nata nei primi anni Ottanta del secolo scorso come supporto per l’attività didattica e di ricerca dell’ex Dipartimento di Storia dell’Architettura. Il suo patrimonio, costituito da materiale molto eterogeneo, come diapositive, bobine a nastro magnetico per la registrazione audio, attrezzature fotografiche e per la videoregistrazione, racconta tuttavia una storia ben più lunga e articolata. Nel complesso, i fondi archivistici della diateca contano circa 90.000 diapositive raccolte nell’arco di quasi cinquant’anni di attività didattica, di viaggi d’istruzione e campagne fotografiche su commissione, cui si affiancano i circa 3.100 negativi su lastre di vetro sulle quali Bruno Zevi fece riprodurre le esercitazioni grafiche svolte dai suoi studenti. La cospicua quanto composita collezione fotografica è inoltre arricchita da quattro video-pellicole e 46 bobine audio a nastro aperto usate per la registrazione audio di lezioni, seminari e convegni, o anche solo appunti “vocali” di lavoro. Questi materiali sono ancora capaci di documentare in modo dettagliato l’impostazione didattica dell’Istituto di Storia dell’Architettura e del successivo Dipartimento di Analisi Critica e Storica, e si offrono oggi alla ricerca come un eccezionale giacimento documentario.

Le lastre di Bruno Zevi

Negli anni in cui Bruno Zevi insegnò all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV), i corsi di Storia dell’arte e storia e stili dell’architettura erano due, avevano uno sviluppo biennale ed erano collocati al biennio propedeutico del corso di laurea1. Dal 14 gennaio 1949 al 31 ottobre 1951 Zevi fu incaricato del primo corso, passando al secondo corso dal primo novembre 19512. In entrambi i casi, gli insegnamenti prevedevano una parte di didattica frontale e una dedicata alle esercitazioni, che gli studenti dovevano svolgere

1 IUAV, Annuario anni accademici 1948-49, 1949-50, Venezia [1950], p. 31; F. Mancuso, A Venezia, collegando lo scavo scientifico sull’antico al lavoro sui tavoli da disegno, in P. O. Rossi (a cura di), Bruno Zevi e la didattica dell’Architettura, Macerata 2019, p. 123.

2 Iuav AD II/7.4.5, Zevi Bruno, carte sciolte.

in gruppi. Lo scopo era quello di creare uno schedario dei monumenti italiani, ritenuto da Zevi indispensabile tanto per l’attività didattica quanto per lo studio3. A partire dal giugno del 1955, inoltre, i rilievi migliori furono pubblicati nella rubrica «monumenti» della sezione «Storia e critica» all’interno di «L’architettura.

Cronache e storia», la nuova rivista fondata da Zevi.

Il primo nucleo di diapositive della diateca risaliva all’attività didattica di Bruno Zevi. Stando alla testimonianza del suo allievo, Franco Mancuso, Zevi si recava a Venezia con cadenza bisettimanale il venerdì e il sabato appositamente per fare lezione ed era solito proiettare «straordinarie e inimmaginabili diapositive, di volta in volta diverse, portate da Roma»4. Al momento del suo trasferimento a Roma, però, l’Istituto di Storia doveva essersi dotato di un proprio nucleo di immagini, se nel 1962 Zevi chiedeva al Consiglio di Amministrazione l’assegnazione stabile al suo istituto di una persona che ordinasse la biblioteca e catalogasse i rilievi, le fotografie e le diapositive5. Sappiamo poi di un primo discarico inventariale, resosi forse necessario per il trasferimento dell’Istituto Universitario nella nuova sede dei Tolentini6 . Ai tempi della direzione di Zevi risale anche la macchina fotografica Linhof Technika attualmente conservata nel fondo della diateca. Si trattava di una strumentazione costosa, piuttosto pesante da trasportare e complessa da utilizzare, benché dotata di tracolla e impugnatura ergonomica con pulsante di scatto. Eppure, come attesta Ezio Godoli, studente trasferitosi all’IUAV nel 1966, la macchina era a disposizione degli studenti che, come lui, ne avevano necessità per documentare architetture lontane, nel suo caso in Olanda7 .

3 R. Dulio, Introduzione a Bruno Zevi, Roma-Bari 2008, pp. 78-79. In merito, cfr. F. Lenzo, infra.

4 Mancuso, A Venezia, cit., p. 124.

5 Iuav AS II/3.13 (CdA, vol. 3, 1960-67), cc. 86-87 (4 aprile 1962).

6 Iuav AS II/3.13 (CdA, vol. 3, 1960-67), cc. 158-159 (12 maggio 1964), cc. 189-190 (31 marzo 1965).

7 Da un’intervista a Ezio Godoli (Venezia, palazzo Badoer, 01-10-2024), svolta da Marco Capponi e Fulvio Lenzo nell’ambito del PRIN BATH (CUP F53D2301260006).

Archivi per la storia

La documentazione fotografica più significativa tra quella che si è conservata è tuttavia rappresentata dai negativi su lastre di vetro raffiguranti i rilievi realizzati dagli studenti di Zevi. Le lastre, di dimensioni 9 x 15 cm, corrispondenti a quelle di un banco ottico, e preparate con gelatina bromuro d’argento, costituiscono il principale nucleo archivistico autonomo tra quelli appartenenti alla diateca. Attualmente conservate presso l’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia, dopo una lunga e delicata operazione di restauro esse sono state recentemente condizionate, catalogate e archiviate, e sono attualmente consultabili online8. Un numero non precisato ma comunque consistente di stampe fotografiche – i positivi – dei rilievi dello schedario è conservato anche presso l’archivio della Fondazione Bruno Zevi di Roma, ma la congruenza con i rilievi riprodotti sulle lastre è ancora tutta da verificare9 .

Gli elaborati sono stati senza dubbio redatti seguendo criteri univoci. Le tavole, sia orizzontali che verticali, possiedono un cartiglio superiore nel quale, a fianco alla dicitura «Monumenti Italiani», è riportata l’ipotesi di una classificazione per «capitolo», «tavola», luogo e soggetto, nome dell’autore o degli autori, «Istituto Universitario di Architettura Venezia», il nome del docente, quelli degli assistenti e l’anno accademico di riferimento. Stando ai cartigli, i rilievi sono stati elaborati tra il 1949 e il 1963. Essi raffigurano circa 440 soggetti, costituiti principalmente da edifici, resti o parti di essi, come ad esempio portali e cappelle, mentre rari sono

8 In merito si rimanda al contributo di A. Casagrande Zennaro in questo volume, alla quale vanno i miei più sinceri ringraziamenti per l’aiuto e la collaborazione. Alcune lastre sono state pubblicate in A. Maggi, A. Nalesso (a cura di), Saper ri-vedere l’architettura. Omaggio degli studenti Iuav a Bruno Zevi nel centenario della nascita, Rubano (PD) 2018.

9 Le stampe fotografiche conservate a Roma sono circa 3.000 e sarebbero riferibili a un arco cronologico compreso tra il 1949 e il 1961; cfr. Dulio, Introduzione a Bruno Zevi, cit., p. 79, nota 35; M. Incerti, I rilievi per la mostra e il libro su Biagio Rossetti, in M. Cassani Simonetti, F. Ceccarelli, A. Zevi (a cura di), Biagio Rossetti secondo Bruno Zevi, Roma 2021, p. 121, nota 21. Stando all’inventario redatto da Vincenzo De Meo, le foto, suddivise in 18 album e organizzate in ordine alfabetico per località, coprono anche il 1962; cfr. l’inventario scaricabile su https://www.fondazionebrunozevi.it/it/la-fondazione/ archivio-bruno-zevi/

complessi architettonici più articolati, come piazze e spazi urbani. Le opere, comprese tra la tarda antichità e il primo Novecento, sono per lo più sul territorio italiano ma figurano anche edifici in Baviera, Grecia e Turchia, spesso riconducibili ad architetti o, si direbbe, artisti italiani, come ad esempio la casa di Djemil Bey a Erenköy, ampliata da Raimondo d’Aronco. La scelta dei soggetti era libera, ma Zevi spingeva gli studenti a «sprovincializzarsi»10, a occuparsi cioè di edifici situati in contesti diversi dal luogo di residenza. Nel loro insieme, dunque, le lastre restituiscono l’immagine di un metodo d’insegnamento coerente e sistematico. Il numero e la tipologia degli elaborati che si sono conservati non sono tuttavia sempre coerenti e proporzionati alla complessità dell’edificio cui si riferiscono. Ovviamente bisogna considerare la possibilità di dispersione, perdita o rottura dei supporti, ma non si può escludere che tale difformità possa essere anche una conseguenza della qualità del materiale bibliografico e dei rilievi dai quali in alcuni casi gli studenti potevano partire11, o il risultato di un diverso e progressivo affinamento delle convenzioni fissate dal docente. Se esaminate come serie temporale, nella quale compiere affondi puntuali anche col supporto di ulteriore documentazione archivistica, le lastre possono infatti raccontare un esperimento didattico che si è assestato nel tempo, a partire dal primo anno d’insegnamento.

Tra i disegni risalenti all’anno 1949, riferibili al primo corso zeviano, si conta ad esempio una serie consistente di rilievi di resti

10 Cit. da Mancuso, A Venezia, cit., pp. 127-128.

11 Gli edifici raffigurati sono talvolta estremamente complessi perché un gruppo di studenti alle prime armi potessero svolgerne ex novo un rilievo accurato; in merito, però, abbiamo testimonianze diverse. Solitamente si partiva da una base, come rilievi già pubblicati o depositati presso gli archivi delle locali Soprintendenze, previa verifica nel corso delle revisioni: cfr. Santa Maria della Salute a Venezia, «L’architettura. Cronache e storia», I, maggio-giugno 1955, 1, pp. 53-57; per la testimonianza di Francesco Ceccarelli e l’attendibilità dei disegni cfr. Incerti, I rilievi per la mostra, cit., in part. p. 121. Allo stesso tempo, il gruppo del quale faceva parte Franco Mancuso rilevò la chiesa dei Gesuati di Venezia senza alcun supporto grafico di partenza; cfr. Mancuso, A Venezia, cit., pp. 127-132.

Archivi per la storia

e antichità di epoca romana situati a Roma, per i quali Zevi sembra avesse fornito rilievi effettuati da studenti dell’Università di Roma. Gli studenti veneziani hanno poi prodotto più versioni dello stesso soggetto, come nel caso del tempio di Vesta al Foro Romano, esercitandosi nella composizione delle tavole. Confrontando invece due serie di elaborati prodotti nel corso dell’anno accademico 1949-50, e relativi a due edifici per certi aspetti confrontabili, come la basilica di San Vitale a Ravenna e Castel del Monte ad Andria, si notano alcune somiglianze, forse riconducibili a una consegna di base uguale per tutti, ma anche evidenti differenze. Di entrambi gli edifici sono state elaborate almeno una planimetria generale, una sezione e diversi prospetti. A fianco alla planimetria vengono inoltre trascritte le principali fonti bibliografiche utilizzate. Di San Vitale, i cui elaborati sono stati pubblicati nel fascicolo numero 13 di «L’architettura. Cronache e storia»12, è stata tuttavia prodotta soltanto un’ulteriore planimetria dello spazio dell’aula e della cappella maggiore, mentre del castello federiciano si hanno anche una planimetria del primo piano e delle coperture, nonché due tavole con una serie di snodi e dettagli. Dal punto di vista grafico, nei disegni di San Vitale per la campitura dei muri non vengono usati criteri e convenzioni uniformi, e per questo in parte differiscono da quelli di Castel del Monte. I disegni di quest’ultimo sono invece privi di scale grafiche o di riduzione, mentre nella prima planimetria di San Vitale si utilizza una scala 1:100 e, nel caso di due elaborati impaginati insieme, si ricorre a una scala grafica in metri e in feet («M/F»), elemento eloquente della formazione anglosassone ma anche dell’attenzione posta da Zevi a un pubblico più vasto. Intorno al 1953-1954, infine, il numero degli elaborati aumenta e le tipologie si fanno più dettagliate. Alla sequenza viene innanzitutto aggiunta una tavola di inquadramento generale con una planimetria più ampia dell’isolato in cui l’edificio è collocato, come nel caso della chiesa di San Girolamo della Carità e del chiostro di San Carlo alle Quattro Fontane a Roma. Il rilievo della chiesa di Santo Stefano Rotondo al Celio, relativo all’anno accademico 1955-56,

12 San Vitale a Ravenna, «L’architettura. Cronache e storia», II, novembre 1956, 13, pp. 518-525.

Bobina del corso di Manfredo Tafuri sulla Storia dell’ideologia antiurbana, a.a. 1972-73. Ph. Francesco Maranelli, Angelica Stern. Courtesy Iuav AP, fondo diateca del Dipartimento di Storia dell’Architettura.

Verum

Linhof Technika e relativa attrezzatura conservate nei fondi dell’ex diateca del Dipartimento di Storia dell’Architettura. Ph. Marco Capponi. Courtesy Iuav AP, fondo diateca del Dipartimento di Storia dell’Architettura.

Archivi per la storia

Hasselblad 500C/M reflex a pellicola e relativa attrezzatura conservate nei fondi dell’ex diateca del Dipartimento di Storia dell’Architettura. Ph. Marco Capponi. Courtesy Iuav AP, fondo diateca del Dipartimento di Storia dell’Architettura.

Autore non indicato, Planimetria di San Vitale a Ravenna, corso di Storia dell’arte e storia e stili dell’architettura 1, prof. B. Zevi, ass. B. Venturini, a.a. 1949-50. Ph. Anna Casagrande Zennaro. Courtesy Iuav AP, fondo diateca del Dipartimento di Storia dell’Architettura.

E. Missio, Rilievo del basamento delle colonne del tempio di Vesta al Foro Romano, corso di Storia dell’arte e storia e stili dell’architettura 1, prof. B. Zevi, ass. A. Vianello, 1949. Ph. Anna Casagrande Zennaro. Courtesy Iuav AP, fondo diateca del Dipartimento di Storia dell’Architettura.

Quaderni Iuav. Ricerche Iuav at Work

La serie di volumi della collana Quaderni Iuav. Ricerche Iuav at Work è edita nell’ambito della 19. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, all’interno del progetto Iuav at Work, quale estensione nel territorio cittadino del Padiglione Venezia. L’elenco dei volumi pubblicati è presente al link accessibile dal seguente QR code.

Rimandando direttamente al valore della conoscenza storica, il motto «vervm IpsVm fActVum» scolpito nel blocco di pietra che segna il liminare dello IUAV è l’espressione di un progetto intellettuale e didattico che traduce il ruolo centrale della storia nell’immagine pubblica dell’ateneo. La “scuola veneziana” di Storia dell’architettura non ha mai smesso di riflettere sulla disciplina e interrogarsi sui suoi fondamenti, evolvendosi in modo sempre nuovo fino a oggi.

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