Verso una vision per il Nord-Est

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Quaderni Iuav. Ricerche

cura di

Verso una vision per il Nord-Est

a
Mattia Bertin, Lorenzo Fabian, Chiara Semenzin

Quaderni Iuav. Ricerche

cura di

Verso una vision per il Nord-Est

a
Mattia Bertin, Lorenzo Fabian, Chiara Semenzin

Quaderni Iuav. Ricerche Iuav at Work

Collana a cura di Sara Marini, Massimiliano Condotta, Università Iuav di Venezia

Comitato scientifico

Caterina Balletti, Università Iuav di Venezia

Alessandra Bosco, Università Iuav di Venezia

Maurizio Carlin, Padiglione Venezia

Michele Casarin, Accademia di Belle Arti di Venezia

Alessandro Costa, Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità

Giovanni Dell’Olivo, Fondazione di Venezia

Giovanni Marras, Università Iuav di Venezia

Progetto grafico

Centro Editoria Pard / Egidio Cutillo, Andrea Pastorello

Verso una vision per il Nord-Est a cura di Mattia Bertin, Lorenzo Fabian, Chiara Semenzin

ISBN 979-12-5953-153-7

Prima edizione: aprile 2025

Impaginazione: Camilla Cangiotti

Immagine di copertina

Mappa dei segnali deboli, dettaglio, 2025

Anteferma Edizioni Srl, via Asolo 12, Conegliano, TV

Stampa: Grafiche Antiga, Crocetta del Montello, TV

Copyright: Opera distribuita con licenza CC BY-NC-ND 4.0 internazionale

Volume edito nell’ambito della 19. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia all’interno del progetto Iuav at Work quale estensione nel territorio cittadino del Padiglione Venezia.

Volume realizzato con i fondi relativi all’attività di collaborazione fra Fondazione Iuav, Università Iuav di Venezia, Fondazione di Venezia e Fondazione Venezia

Capitale Mondiale della Sostenibilità.

Le mappe, l’editing grafico, gli schemi e le infografiche del presente volume sono opera di Camilla Cangiotti, Alice Gasparini, Eugenia Vincenti.

6

Sviluppare scenari di neutralità per il Nord-Est

Mattia Bertin, Lorenzo Fabian, Chiara Semenzin

I. Visioni

12 Incertezza, clima, scenario, un lungo sodalizio

Lorenzo Fabian

22 Anticipare per diliberare. Un metodo per definire il campo di progetto

Mattia Bertin, Lorenzo Fabian

32 Costruttivo e decostruttivo. Le due punte delle frecce

Susanna Pisciella, Chiara Semenzin

II. Nord-Est

48 Di cosa parliamo quando parliamo di Nord-Est

Mattia Bertin, Lorenzo Fabian, Daniela Ruggeri

64 Capire per cambiare. I progetti pilota

Camilla Cangiotti, Alice Gasparini, Eugenia Vincenti

III. Nord-Est fragile

82 Un Nord-Est fragile verso lo stato critico

Mattia Bertin, Lorenzo Fabian, Eugenia Vincenti

96 Pericoli multipli, aree omogenee e dati esistenti.

Una lettura trasversale del territorio per l’adattamento

Alessandra Longo, Chiara Semenzin, Linda Zardo

106

Il danno atteso. Variabile indipendente nello sviluppo

degli scenari

Mattia Bertin, Eugenia Vincenti

IV. Segnali deboli a Nord-Est

120 Segnali deboli

Mattia Bertin

132 Segnali di autonomia e fabbisogno energetico

Mattia Bertin, Camilla Cangiotti, Lorenzo Fabian

148 Un fotovoltaico efficace e non invasivo

Chiara Semenzin, Linda Zardo

158 Segnali deboli di mobilità e logistica

Alice Gasparini, Susanna Pisciella, Chiara Semenzin

174 Segnali deboli di deposito di carbonio

Mattia Bertin, Lorenzo Fabian, Alice Gasparini

191 Bibliografie

Sviluppare scenari di neutralità per il Nord-Est*

Mattia

Sviluppare scenari di neutralità per il Nord-Est

Il Green Deal europeo1 è, ad oggi, l’unico strumento politico a scala continentale per fare fronte all’evoluzione critica del clima. È stato sviluppato tra il dicembre 2019 e il dicembre 2020 dalla Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen per fare dell’Europa il primo continente climaticamente neutro al Mondo. L’impulso allo sviluppo del piano nasce dal profondo interesse economico-ecologico dichiarato dall’Unione per il rispetto degli impegni stabiliti dall’Accordo di Parigi. Il Green Deal europeo ha dunque l’ambizioso, e oggi discusso, obiettivo di azzerare le emissioni di CO2 e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Si tratta certamente di un documento incompleto e provvisorio, oggi fortemente dibattuto e in revisione. È però un esperimento unico in Occidente: nessun’altra unione o federazione di Stati in regime di libero mercato ha ancora approvato e adottato una politica generale sovraordinata per portare i propri territori alla neutralità climatica. Inoltre, per quanto in discussione, resta ad oggi in vigore e alimenta rilevanti trasformazioni a tutte le scale territoriali in tutta l’Unione Europea. Il Green Deal europeo è pertanto il primo e il principale segnavia che va considerato nel tentativo di sviluppare scenari per la neutralità a qualsiasi scala territoriale in Europa2 . Il volume Verso la neutralità climatica racconta il tentativo di comprendere gli effetti del Green Deal europeo come strumento

* Gli esiti delle ricerche qui pubblicati, sono stati sviluppati all’interno del progetto finanziato da Unione Europea - NextGenerationEU attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) Missione 4 “Istruzione e ricerca” Componente 2 “Dalla ricerca all’impresa” Investimento 1.5 - Ecosistema ECS_00000043 “iNEST - Interconnected Nord-Est Innovation Ecosystem” (CUP F43C22000200006)Spoke 4. Il coordinamento scientifico della ricerca è di Lorenzo Fabian. Il gruppo di lavoro coinvolto nella realizzazione di questo volume è composto da: Mattia Bertin, Lorenzo Fabian, Chiara Semenzin, Linda Zardo, Camilla Cangiotti, Eugenia Vincenti, Alice Gasparini.

1 Parlamento europeo, Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2020 sul Green Deal europeo (2019/2956(RSP)), GU C 270 del 07/07/2021 (IT), 2020.

2 Commissione Europea, Global Climate Actions - European Commission, disponibile online (https://climate.ec.europa.eu).

per la conversione del Nord-Est italiano verso la neutralità. Il Green Deal non è l’unico strumento qui considerato: accanto a esso sono state indagate tutte le politiche vigenti e cogenti per i territori del Nord-Est. Primo tra queste è stato considerato il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), prodotto dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, adottato nel 2019 e aggiornato nel 2024, strumento operativo di indirizzo per le politiche relative al clima in Italia3 .

Progettare la neutralità del Nord-Est italiano significa attivare importanti trasformazioni su un territorio fragile e peculiare, in cui l’impegno etico del progetto si confronta con la necessaria cura e manutenzione di un paesaggio articolato, di riconosciuto valore globale, esteso tra vasti beni culturali e ambientali globali, come le Dolomiti, Venezia, le lagune alto-adriatiche. Il NordEst italiano è un territorio articolato sul ritmo di un patrimonio architettonico di pregio, diffuso, un testimone di una complessa e antica varietà politico-economica, da approcciare criticamente per selezione e modellazione. A fare da sfondo troviamo un altrettanto complessa trama di infrastrutture di acqua, mobilità ed energia corrispondenti a diversi modelli di pensiero e di progetto susseguitisi e ibridatosi nei secoli. Una complessità multiplanare che si trova oggi disseminata su un territorio dominato da molteplici e crescenti rischi ambientali e da una crescente vetustà.

Affrontare la questione della sostenibilità dei territori del Nord-Est non significa solo impostare un ragionamento di protezione, transizione e approvvigionamento energetico, significa innanzitutto e perlopiù sviluppare una nuova concezione progettuale interscalare, che si ponga come primo problema quali tessuti urbani modificare, quali tessuti proteggere, quali attrezzare alla quotidianità e quali restituire a un’evoluzione non esclusivamente umana. In relazione a questa cornice operativa il presente volume intende gettare le basi per la costruzione di una Vision del NordEst italiano. Uno scenario che sappia collocare le sfide del futuro del Nord-Est in materia di neutralità climatica come una base per il ripensamento delle politiche ambientali, infrastrutturali ed

3 Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE).

Mattia

Sviluppare scenari di neutralità per il Nord-Est

economiche che guideranno la trasformazione dell’intero territorio nei prossimi trent’anni.

Per delimitare gli orizzonti di sviluppo degli scenari è stato innanzitutto necessario definire dei confini condivisi tra le opzioni. Per questo lavoro i confini di riferimento sono le principali direttive europee e leggi nazionali finalizzate al raggiungimento della neutralità climatica dell’ambiente costruito, con particolare focus sui settori che la letteratura comunitaria considera maggiormente emissivi ed energivori nell’ottica di elaborare scenari coerenti alle specifiche condizioni territoriali del Nord-Est. Il secondo confine comune agli scenari è l’orizzonte temporale adottato. Il 2050 coincide con le scadenze attualmente assunte dagli impegni europei per la neutralità e quindi fornisce una base precisa per l’obiettivo di questo studio. Il terzo confine comune riguarda la tecnica di scenario adottata: fra le molteplici, quella qui impiegata si ispira allo scenario planning e, in particolare, al backcasting4 . Il volume si articola in quattro parti. La prima, “Visioni”, costruisce lo sfondo metodologico e concettuale della ricerca; la seconda, “Nord-Est”, propone una strategia cognitiva per interpretare il Nord-Est come un’unica macroregione; la terza, “NordEst fragile”, esplora le possibili evoluzioni del territorio al 2100 in caso di inazione rispetto alle minacce ambientali; l’ultima, “Segnali deboli a Nord-Est”, individua le tracce lasciate da piccoli progetti e trasformazioni pulviscolari già in atto che – seppur fragili – delineano possibili direzioni di sviluppo in relazione alle sfide della transizione energetica e della neutralità climatica.

4 «Lo scenario normativo anticipa l’immagine di un possibile stato futuro alternativo alla condizione evolutiva; tale scenario induce a interrogarci su quali fattori presenti possano concorrere a determinarlo e ad esaminare, attraverso un procedimento a ritroso, la sua fattibilità e le sue condizioni di realizzazione» P. Bozzuto et al., Storie del futuro. Gli scenari nella progettazione del territorio, Officina edizioni, 2008, p. 30.

I. Visioni

Incertezza, clima, scenario, un lungo sodalizio

La teorizzazione e lo sviluppo sistematico di scenari in ambito urbanistico è un fenomeno relativamente recente. Il suo sviluppo segue un percorso che, partendo da altre discipline, introduce nel progetto del territorio tecniche e metodologie originariamente concepite per affrontare contesti caratterizzati da incertezza e sovradeterminazione.

Gli studi strategici sul futuro emergono in particolare in ambito militare a partire dagli anni Cinquanta, in concomitanza con le tensioni legate alla Guerra Fredda, quando diviene evidente che le tradizionali tecniche di pianificazione non risultano più sufficienti a rispondere a condizioni di crescente complessità e incertezza. In quel contesto appare evidente come l’analisi delle tendenze e i metodi previsionali tradizionali (forecast), basati essenzialmente sull’estrapolazione del passato, siano inadeguati. Nasce l’esigenza di introdurre strumenti di più ampio respiro, definiti successivamente foresight, in grado di considerare non solo la prosecuzione dei cambiamenti in atto, ma anche le discontinuità, gli eventi inattesi e i punti di rottura. In relazione al rischio potenziale di una tragedia nucleare, Herman Kahn, uno dei padri fondatori degli Studi di futuro, parlava della necessità “pensare l’impensabile”1 , ovvero di acquisire la capacità di immaginare scenari apparentemente improbabili, poiché considerati estranei agli schemi mentali consolidati e alle esperienze condivise. Tale approccio permette non solo di mitigare gli eventuali impatti negativi associati a eventi imprevisti o rischiosi, ma anche di identificare opportunità latenti che potrebbero altrimenti passare inosservate. Prepararsi proattivamente a ciò che potrebbe accadere, pertanto, significa dotarsi degli strumenti necessari ad affrontare un’evoluzione attesa. Nel caso degli scenari per il Nord-Est questo significa comprendere quali saranno i cambiamenti attesi come variabile indipendente (clima, invecchiamento, migrazioni) e, al tempo stesso, cogliere quali variazioni antropiche possono permettere di avvantaggiarsi dalle condizioni derivanti dalle evoluzioni emergenti. Un approccio progettuale prospettico come quello dello scenario, che supera i confini della semplice previsione

1 H. Kahn, Thinking about the Unthinkable, Avon, New York 1962.

lineare e si immerge completamente nella complessità, diventa fondamentale in un mondo caratterizzato da incertezze e pericoli crescenti. Le intuizioni di Kahn, inizialmente sviluppate in ambito militare, si estendono progressivamente a settori civili quali la politica, l’economia e le politiche pubbliche. Si afferma così una concezione sistemica del futuro in cui, allenando “l’arte dello sguardo lungo”, le dinamiche globali vengono affrontate con un approccio interdisciplinare, integrando analisi quantitative e visioni qualitative2 .

Fra il “non più” e il “non ancora” Nel 1984, per segnalare le diverse condizioni del progetto urbanistico, Bernardo Secchi pubblica su Casabella un testo intitolato Le condizioni sono cambiate. Nel testo che ha più di qualche riferimento implicito alle condizioni urbane del Nord-Est italiano di fine novecento, Secchi segnala come spie di profondo cambiamento “l’arresto dei flussi migratori, della crescita delle grandi città, il rallentare dell’edificazione nelle aree urbane e il suo spostarsi in altri luoghi dispersi, la delocalizzazione industriale, il progressivo emergere della campagna urbanizzata, della industrializzazione diffusa, l’estensione del paesaggio delle periferie metropolitane” 3 .

A trent’anni da questo primo scritto, alla luce della crisi economica di inizio millennio, dei problemi ambientali che sono derivati dal cambiamento climatico, dall’esaurimento dei combustibili fossili, dalle tensioni geopolitiche che anche da questi aspetti sono derivate, appare sempre più evidente ai nostri occhi un nuovo cambiamento di portata globale.

Secchi teorizza questo nuovo passaggio nei diversi scritti dedicati alla “nuova questione urbana” 4. Naturalmente non è l’unico a osservare questi aspetti e la portata del cambiamento

2 P. Schwartz, The art of the long view: planning for the future in an uncertain world, Currency, New York 1996.

3 B. Secchi, Le condizioni sono cambiate, «Casabella: rivista mensile di architettura e tecnica», fasc. 498–499, 1984, pp. 12–15.

4 B. Secchi, La nuova questione urbana: ambiente, mobilità e disuguaglianze sociali, «Crios» 1, 2011, pp. 83–92; B. Secchi, La città dei ricchi e la città dei poveri, Laterza, Roma 2013.

Incertezza, clima, scenario, un lungo sodalizio

che caratterizza la fine del “secolo breve”5. Molti osservatori, al di fuori dei nostri campi disciplinari e in tutto il mondo, siano essi sociologi, economisti, filosofi e giuristi osservano le peculiarità del momento storico. In Italia, per descrivere il delicato passaggio del nostro paese a valle della crisi economica di inizio millennio, Aldo Bonomi scrive Il capitalismo in-finito. Indagine sui territori della crisi 6. Nel libro l’Italia della crisi di inizio millennio è indagata attraverso gli occhi del sociologo. Il trattino che nel titolo sovrappone e, contemporaneamente, separa i termini “infinito” e “finito” è per Bonomi un limbo, quello di un’Italia sospesa tra il “non è più” della fine del novecento e il “non è ancora” del nuovo millennio. Nelle pagine dedicate al Nord-Est, il territorio che un tempo rappresentava la locomotiva d’Italia appare sospeso, incapace di immaginare un futuro alternativo al modello di capitalismo molecolare che aveva caratterizzato il ciclo di sviluppo precedente. Il Nord-Est appare oggi come un territorio che eredita dal passato modelli culturali, paradigmi economici e di sviluppo urbano che sembrano non essere adeguati alle sfide che ci attendono e, tuttavia, in cui mancano nuove cornici di senso utili ad affrontare il futuro. Questo è vero agli occhi del sociologo ma anche per l’armamentario di strumenti che l’urbanista eredita dal passato. Che il modello di sviluppo basato sul capitalismo neoliberista, e con esso il lungo ciclo di costruzione dei paradigmi economici ed energetici del Novecento, sarebbe prima o poi giunto a una conclusione, era chiaro a molti in tutto il mondo già a partire dagli anni Settanta del XX secolo. Il primo libro a parlare esplicitamente di un “non più” è il celebre volume di Meadows e Randers su I limiti dello sviluppo, pubblicazione alla base di tutti gli studi successivi sui temi della sostenibilità7. Riprende il concetto in quegli stessi anni, Nicolas Georgescu-Roegen, economista rumeno, padre

5 E. J. Hobsbawm, Age of Extremes: The Short Twentieth Century, 19141991, Michael Joseph, London 1994.

6 A. Bonomi, Il capitalismo in-finito: indagine sui territori della crisi, Einaudi, Torino 2013.

7 D. H. Meadows et al., The Limits to Growth, Universe Books, New York 1972.

della bioeconomia e, con questo, padre anche inconsapevole del futuro dibattito sulla decrescita. In un importante saggio sull’entropia spiega come il modello economico basato sui consumi sia destinato a fallire perché fino a quel momento concettualizzato secondo i principi governati dalla meccanica classica: un modello cioè basato su un diagramma circolare fra consumo e produzione che si autoalimenta e la cui crescita è, per queste ragioni, immaginata come idealmente continua 8. Guardando al Green Deal europeo, una delle principali (e condivisibili) critiche che vengono sollevate riguarda l’affidamento quasi esclusivo degli obiettivi di neutralità climatica allo sviluppo tecnologico, senza mettere realmente in discussione il modello economico alla base di molti dei problemi climatici e ambientali che minacciano il continente. Parafrasando Roegen, si potrebbe dire che il Green Deal evita di interrogarsi su un modello economico (ed energetico) che non considera la legge dell’entropia, secondo la quale ogni processo naturale è destinato, prima o poi, all’esaurimento.

È tempo di vagabondi e progettisti

Se i limiti dello sviluppo ci appaiono ormai chiari, il “non ancora” di un futuro liquido rappresenta l’incertezza. Per l’autore de La società dell’incertezza9, la differenza fondamentale tra l’uomo moderno e quello contemporaneo risiede proprio nell’indeterminatezza del futuro.

Mentre il principale problema della modernità era la costruzione di un’identità solida e stabile nel tempo, l’uomo postmoderno si confronta con l’esigenza opposta: evitare la fissità, adattarsi al cambiamento e rifiutare le schematizzazioni. Per questo, secondo Bauman, se l’uomo moderno è un pellegrino, in cammino per tutta la vita verso una meta chiara, delineata da un patto sociale che ha dato forma ai grandi partiti del Novecento, l’uomo contemporaneo è invece un vagabondo, sempre in movimento, ma privo di una destinazione definita.

8 N. Georgescu-Roegen, The Entropy Law and the Economic Process, Harvard University Press, Cambridge (MA) 1971.

9 Z. Bauman, La società dell’incertezza, Il mulino, Bologna 1999.

Lorenzo Fabian

È nel “non ancora” che si colloca il tempo dei vagabondi e dei progettisti, in una società in cui tutti progettano, come suggerisce Ezio Manzini10 .

Da parte mia, condivido le preoccupazioni di Bauman e di chi, come lui, descrive la tragedia del mondo fluido, così come oggi si presenta, però vorrei separare il carattere fluido della realtà contemporanea dai problemi che oggi genera e ipotizzare che il mondo fluido potrebbe essere migliore di quello in cui viviamo oggi.11

Ezio Manzini invita a ripensare la metafora della fluidità non come sinonimo di incertezza, ma come occasione per sviluppare nuovi modi di abitare il mondo, più adattabili e capaci di rispondere ai cambiamenti con maggiore leggerezza e consapevolezza. La fine di un ciclo, l’incertezza, la fine della modernità per come era stata intesa nel Novecento non è necessariamente solo un fatto negativo, ma impone una revisione di come ci situiamo di fronte al progetto, dei temi che mobilitiamo, delle prassi e delle tecniche per raggiungerli. La pensabilità del “non ancora” impone una strategia.

È tempo di scenari

La disciplina dell’Urbanistica, negli ultimi decenni, ci ha allenato al “what if” come strumento critico del progetto per trattare l’incertezza e rappresentare futuri potenziali, plausibili, auspicabili. La costruzione di scenari, di visions e di immaginari ha una tradizione fertile: il “cosa succederebbe se” risponde alla necessità di visualizzare nel medio e lungo periodo, a partire dalla contemporaneità, scelte progettuali che hanno vivide ricadute nello spazio12 . Nel suo contributo sugli scenari e la pensabilità del futuro,

10 E. Manzini, Design, When Everybody Designs: An Introduction To Design For Social Innovation, MIT Press, Cambridge (MA) 2015.

11 E. Manzini, Politiche del quotidiano: progetti di vita che cambiano il mondo, Edizioni di Comunità, Roma 2018.

12 P. Bozzuto et al., Storie del futuro. Gli scenari nella progettazione del territorio, Officina edizioni, Roma 2008.

Bernardo Secchi propone di abbandonare le “retoriche dell’incertezza” in favore di un processo teso alla gestione della sovra-determinazione.

Se in un campo sovra-determinato di fenomeni, quale è appunto quello delle trasformazioni urbane, si isolano alcuni aspetti e ci interroga su cosa succederebbe se questi fenomeni giungessero alle loro estreme o probabili conseguenze, si ottengono immagini del futuro, scenari appunto, tra loro almeno parzialmente incompatibili ed è proprio questo loro parziale antagonismo che li rende interessanti.13

Paola Viganò, riprendendo Bertrand de Jouvenel, propone di allenare “l’arte della congettura”, sostenendo che l’anticipazione del futuro non sia solo un esercizio speculativo, ma un’arte necessaria per orientare le scelte politiche e sociali in un mondo in continua evoluzione14 .

A partire dagli anni Settanta e con una profonda accelerazione nei decenni successivi la futurologia ha cominciato ad affermarsi come tecnica attraverso i temi dei limiti dello sviluppo, dell’esaurimento delle risorse e della sicurezza militare. All’interno di questo contesto si è consolidata l’idea che le riflessioni relative allo sviluppo economico non siano separabili dai temi dell’ambiente e del territorio. Assumono una grande rilevanza anche per le nostre discipline i protocolli tesi a contrastare gli effetti sul clima del riscaldamento globale, attraverso la riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera e le politiche di mitigazione o adattamento che ne conseguono. Soprattutto, la consapevolezza delle possibili conseguenze della catastrofe ambientale suggeriscono una stretta relazione fra le scelte da compiere oggi e le conseguenze per un

13 B. Secchi, Diario 06 | Scenari, «Planum association», 1999, disponibile online (www.planum.net diario-06-scenari-bernardo-secchi).

14 Paola Viganò riprende B. de Jouvenel, L’art de La Conjecture, Editions du Rocher, Monaco, 1964, nel lungo saggio dedicato alla costruzione di scenari: P. Viganò, Scenari: il progetto come produttore di conoscenza, in Bozzuto et al. (a cura di), Storie del futuro. Gli scenari nella progettazione del territorio, cit., pp. 10-17

futuro di medio-lungo periodo15. Forse anche per queste ragioni la prefigurazione e il racconto del “non ancora” rappresentano oggi una necessità di valenza sociale e politica, oltre che tecnica. Il futuro inteso come pratica ribalta il punto di vista tradizionale della previsione. Non istituisce con il tempo una relazione che va dal presente al futuro. Attraverso un atteggiamento progettuale e normativo adotta un movimento inverso e un ribaltamento di prospettiva che va dal futuro al presente e viceversa. Il futuro inteso come pratica consente di verificare se siamo attrezzati per un domani possibile che dipende, in larga misura, dai processi, strategie e progetti che mettiamo in campo qui e ora.

15 G. H. Brundtland, Our Common Future: A Reader’s Guide / the `Brundtland Report’ explained, Oxford University Press, Oxford 1987.

Dettaglio

Mappa dei segnali deboli

Anticipare per deliberare. Un metodo per definire il campo del progetto

Mattia Bertin, Lorenzo Fabian

L’idea di poter anticipare l’evoluzione successiva di un contesto geografico, sociale e relazionale ha radici profonde nel pensiero occidentale: dagli auspici romani e greci, di valore escatologico, orientati a prevedere il futuro, alla cabala ebraica, dedicata invece a una comprensione teleologica del presente. Il desiderio di saper prima per decidere meglio è innato se non nell’operare umano, certamente in quello occidentale, informando le letterature e i saperi strategici politici e militari. Per citare un esempio recente si pensi a una delle più note sentenze di Luigi Einaudi, che, nel 1955, scrisse: “Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare”1 . Anche la filosofia novecentesca non è scevra di ragionamenti attorno alla necessità di anticipare l’eventuale attraverso la comprensione profonda del contesto2. L’anelito trova la sua declinazione forse più compiuta nella visione ambientale preveggente, proposta da Martin Heidegger in Essere e Tempo. Heidegger chiama visione ambientale preveggente quel modo consapevole che un essere umano può attivare nella sua relazione progettuale con le cose e con i contesti. L’espressione preveggente non deve essere fraintesa: nulla di ciò ha a che fare con misticismi o divinazione. Si tratta invece di prefigurazione di reazioni condipendenti degli elementi in gioco in un modello complesso. Agire in maniera consapevole per orientare uno sciame di reazioni correlate è, secondo Heidegger, l’essenza stessa del progetto. In buona sostanza, secondo l’autore, la capacità di progettare propria dell’essere umano sta nella sua possibilità di intuire anticipatamente il futuro evolvere di un sistema complesso a partire da una comprensione delle connessioni e delle reazioni proprie di quello specifico sistema. Lo scenario agisce esattamente come una forma applicata della visione ambientale preveggente di Heidegger, comprendendo il modello di reazione attesa in un sistema a diverse variabili e valutando cosa cambia negli effetti a catena a partire da alcune specifiche variazioni imposte volontariamente. Una volta

1 L. Einaudi, Prediche inutili, Einaudi, Torino 1955.

2 G. Gurisatti, Costellazioni: storia, arte e tecnica in Walter Benjamin, Quodlibet, Macerata 2010; W. Benjamin, 7: Scritti 1938-1940, in E. Ganni et al. (a cura di), Opere complete di Walter Benjamin, Einaudi, Torino 2006, vol. VII.

stabilito lo scenario desiderato il progetto si compone nella precisazione delle scelte necessarie per riorientare il sistema verso il modello di comportamento desiderato.

Determinare il progetto per portare il territorio del NordEst italiano verso la neutralità climatica è un processo particolarmente complesso, nel senso più proprio, ossia, riprendendo Secchi, sovra-determinato da una vasta pluralità di fattori interdipendenti3, e per questo necessita un percorso articolato di sviluppo. Per operare lo sviluppo di uno scenario evolutivo in un contesto così complesso è utile definire un campo sufficientemente stabile e condiviso entro cui operare.

Le possibili evoluzioni di un dato sistema, a partire da uno specifico momento di inizio, sono note come cono dei possibili stati alternativi del sistema 4; esso va immaginato come uno spazio entro cui si situano tutti i futuri potenziali per il sistema scelto, tra cui è possibile muoversi a partire da mutamenti delle condizioni interne ed esterne al sistema in relazione al tema posto: la neutralità climatica. Non tutti i possibili stati alternativi, o futuri possibili, sono desiderabili, né sono coerenti con gli obiettivi dello scenario. Il processo di sviluppo dello scenario serve a determinare un sottoinsieme specifico del cono in cui tutti i progetti possibili siano desiderabili e realizzabili. Chiamiamo questo sottoinsieme campo del progetto. La prima condizione per stabilire il cono dei possibili stati alternativi del sistema è la determinazione di un punto di origine

3 K. W. Abbott, The transnational regime complex for climate change, «Environment and Planning C: Government and Policy», 30(4), 2012, pp. 571–90; M. Bertin e L. Fabian, Spread Is Better: Suitability for Climate Neutrality of Italian Urban Systems, «Sustainability», 15(18), 2023; J. Ruiz M. Bertin e I. Aquilue, Forma urbana, vulnerabilidad e incertidumbre : la complejidad de la forma urbana en relación con la catástrofe, in «Forma urbana: Pasado, presente y perspectivas», Ediciones de la Universidad de Castilla-La Mancha, Toledo 2017, pp. 297–304.

4 S. C. Ames, A Guide to Community Visioning: Hands-on Information for Local Communities, Oregon Chapter, American Planning Association, Salem (OR), 1993; P. Bozzuto et al., Storie del futuro. Gli scenari nella progettazione del territorio, Officina edizioni, Roma 2008.

Anticipare per deliberare

univoco e chiaro (O), esso corrisponde allo stato di partenza su cui misurare le evoluzioni da valutare. La prima operazione da svolgere verso la costruzione dello scenario per il Nord-Est è stata dunque riconoscere la condizione attuale di origine (O) intesa come stato energetico, climatico e infrastrutturale del Nord-Est italiano5. Di questo è stato dato conto all’interno della Sezione “II. Nord-Est” di questa pubblicazione. La seconda condizione ha visto l’analisi delle variabili rilevanti, utili a definire i contenuti del campo del cono degli stati alternativi del sistema e la sua dimensione temporale. Nel caso specifico il campo e l’orizzonte temporale sono determinati dagli obiettivi e dai vincoli posti dal complesso di disposizioni e regolamenti comunitari e nazionali riconducibili all’European Green Deal e necessari al raggiungimento della neutralità climatica. Come già anticipato il Green Deal europeo, pur nella sua parzialità e nella sua attuale messa in discussione, resta l’unico documento completo e organico di programmazione vigente in Europa. L’orizzonte temporale è il 2050, derivato dal Green Deal e dalle tappe intermedie considerate in esso (2030) e nei regolamenti attuativi di scala nazionale, come il PNIEC, che sono stati considerati (2030, 2040). Questi aspetti sono stati sviluppati nel contributo conclusivo “Costruttivo e Decostruttivo. Le due punte delle frecce” di questa sezione. Il successivo passo è stato la costruzione di uno scenario esplorativo tendenziale, illustrato nella Sezione “III. Nord-Est

5 M. Bertin, Progetto negativo. La selezione delle permanenze per una transizione a Nord-Est, in M. Bertin et al. (a cura di), Verso la neutralità climatica: progettare una transizione sostenibile ed equa. Primo volume dello Spoke 4 Città, Architettura e Design Sostenibile, Anteferma, Conegliano, 2025, vol. I, pp. 74–77; M. Bertin e L. Fabian, Verso la neutralità. Lo stato delle reti del Nord-Est, in M. Bertin et al. (a cura di) Verso la neutralità climatica: progettare una transizione sostenibile ed equa. Primo volume dello Spoke 4 Città, Architettura e Design Sostenibile, vol. 1, Anteferma, Conegliano 2025, vol. I, pp. 21–61; D. Ruggeri L. Fabian e M. Marino, Progetti pilota per il Nord-Est, in M. Bertin et al. (a cura di), Verso la neutralità climatica: progettare una transizione sostenibile ed equa, Anteferma, Conegliano 2025, vol. I, pp. 249-320.

fragile” di questa pubblicazione, utile a comprendere cosa accadrebbe nel Nord-Est italiano in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di neutralità e inazione in relazione alle pressioni climatico-economiche contemporanee. Queste operazioni hanno prodotto una prima segmentazione del cono, favorendo il restringimento dello stesso per esclusione, attraverso la prefigurazione di rischi e obiettivi chiari per il progetto nella direzione di individuazione di scenari desiderabili e dei segnali deboli utili alla loro perimetrazione.

A questo punto è possibile operare alla ricerca di un sottoinsieme del cono che presenti caratteri tanto di desiderabilità quanto di realizzabilità. Per farlo serve determinare i confini di questo campo attraverso il riconoscimento di due semiassi di discrimine, detti scenari di contrasto, completamente alternativi entro cui descrivere il campo del progetto. Questi semiassi non sono da intendere come elementi tra cui scegliere: pur se è pensabile l’ipotesi di sviluppare un progetto completamente secondo uno o l’altro di questi scenari, essi hanno la finalità di porsi a margine ultimo di questa fattibilità. I due scenari di contrasto sono dunque margini estremi, che determinano al loro interno il campo del progetto. In questo campo che si situa tra i due semiassi si svilupperà poi il processo progettuale. Selezionare i due scenari di contrasto per il Nord-Est ha posto notevoli problemi: per poter funzionare nella loro forma antitetica avevano la necessità di non coincidere in nessun modo, ma tutte le coppie dicotomiche ipotizzate (es.: centralizzato/diffuso; conservativo/trasformativo; sostenibilità/post-sostenibilità) avevano un portato semantico che le rendeva a un tempo improprie e fragili. L’esito finale è stato abbandonare una dicotomia di tipo spaziale, scegliendo invece due semiassi corrispondenti a una coppia di approcci generativi opposti: costruttivo/decostruttivo. I due approcci individuati possono essere identificati come scenario costruttivo, e scenario decostruttivo. Il semiasse superiore prende il nome di scenario costruttivo. L’approccio dello scenario costruttivo è orientato a difendere il più possibile il sistema esistente dalle sue proprie fragilità, cambiando solo quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo

Mattia

desiderato. Si tratta di uno scenario path dependency, in cui la logica di base è mettere in discussione solo gli esiti del sistema, senza ipotizzare un rovesciamento radicale dei suoi modelli comportamentali. In uno scenario costruttivo tutti i passaggi precedenti vengono semplicemente accettati come radici su cui poggiare il cambiamento. Il concetto di path dependency è stato sviluppato principalmente nell’ambito delle scienze economiche, politiche e sociali per spiegare come le scelte passate influenzino le traiettorie future, limitando le possibilità di cambiamento 6. Ha dei pregi innegabili: è più rapido da realizzare perché non mette in discussione il sistema, ha costi contenuti, si basa su meccanismi di progressivo efficientamento di processi, tecnologie e prassi che sono consolidate. Ha al contempo dei limiti intrinseci: non risolve le tensioni sociali e ambientali che il sistema genera, e potenzialmente può ritardare ma al contempo peggiorare il rischio di catastrofe. Pertanto, ove applicato, il principio costruttivo sviluppa interventi rapidi ma fragili. È un modello che ignora i bias, o incongruenze, proprie del sistema per favorire un percorso costruttivo. Riprendendo Bauman lo scenario costruttivo è lo scenario del pellegrino, uno scenario “solido” che utilizza –e consolida– le razionalità che derivano dalla cultura moderna del progetto. Il semiasse inferiore del campo, al contrario, prende il nome di scenario decostruttivo. Per lo scenario decostruttivo il raggiungimento degli obiettivi di neutralità e di riduzione del rischio passa interamente dalla soluzione dei bias che rendono il sistema energivoro e vulnerabile. L’approccio si contrappone al primo per il fatto di applicare una path breaking che mette in discussione ogni aspetto del comportamento del sistema per rimuoverne le distorsioni socio-ambientali. Ricercandone una matrice filosofica potremmo definirlo uno scenario decostruttivo , per come inteso da Derrida, e da Heidegger prima di lui7. L’approc-

6 P. A. David, Clio and the Economics of QWERTY , «The American Economic Review», 75, 1985, p. 332.

7 M. Ferraris, Jacques Derrida: fenomenologia ermeneutica decostruzione, Fasano, Cosenza 1989; J. Derrida, La voce e il fenomeno: introduzione al problema del segno nella fenomenologia, a cura di G. Dalmasso,

cio decostruttivo del secondo scenario ha il vantaggio di ridurre fortemente la fragilità, ma necessita di interventi decisamente più costosi, lenti e impattanti.

Semplificando potremmo dire che uno scenario costruttivo riduce rapidamente la criticità ma senza intaccare la fragilità, mentre uno scenario decostruttivo risolve le fragilità ma con un forte costo iniziale di tempo ed energia. Il campo di progetto a questo punto è identificabile come un ambito di scelte comprese tra quelle che compongono lo scenario costruttivo e quelle proprie dello scenario decostruttivo. Negli schemi raffiugurati nella Figura “Scenari Possibili”, della pagina che segue, sono riassunti i concetti sopraesposti.

Come anticipato, pur se possibile, non è probabile la condizione di applicazione integrale di nessuno dei due scenari. Il progetto si svilupperà necessariamente come una mediazione sintetica tra parti dello scenario costruttivo e parti dello scenario decostruttivo. La mediazione non è da intendersi nella forma hegeliana della dialettica pacificata tesi-antitesi-sintesi, ma deve il più possibile vivificare e ospitare gli inevitabili conflitti che abitano il campo progettuale, una dialettica negativa. I diversi territori, considerati nelle lenti degli abitanti, non solo umani, delle economie, delle culture e tradizioni, attivano preferenze e caratteristiche di fattibilità diverse, molteplici, e l’esito non può che essere un progetto intersezionale, variabile, anche contraddittorio in alcune parti. In un contesto di tale incertezza però è costitutivamente impossibile sviluppare un modello basato sulla non contraddizione senza rischiare di generare gravi danni locali in alcune delle parti toccate dal progetto.

Una volta stabiliti due scenari di contrasto è possibile tornare a leggere i territori del Nord-Est alla ricerca di segnali deboli di cambiamento. Ogni territorio ha in sé in nuce le condizioni che rendono operativo e realizzabile localmente un obiettivo

Jaca book, Milano 1984; M. Heidegger, Essere e Tempo, a cura di F. Volpi, Longanesi, Milano 1927; P. De Vitiis, Heidegger e le Lezioni Friburghesi del 1919-1921: l’auseinandersetzung con Ernst Troeltsch, «Archivio di Filosofia», 75(1/2), 2007, pp. 183–195.

Mattia

progettuale, queste condizioni sono specifiche singolarità, prodotte in maniera caotica, non ancorate a priori agli obiettivi del progetto, ma foriere delle trasformazioni sistemiche desiderate. Questi aspetti sono stati sviluppati nella Sezione “IV. Segnali deboli a Nord-Est” di questa pubblicazione.

Scenari

Orizzonte temporale

orizzonte temporale

Scenario

futuro alternativo

segnali deboli punto di origine punto di origine

conodeglistatialternatividelsistema

segnali deboli segnali deboli

futuro alternativo

futuro alternativo

futuro alternativo segnali deboli

futuro alternativo

futuro alternativo

futuro alternativo

Scenario tendenziale

Scenario tendenziale o prospettico

Campo degli scenari desiderabili

evento evento evento alt. evento

alt. evento

Scenario retroattivo

futuro alternativo

futuro alternativo

futuro alternativo backcasting

conodeglistatialternatividelsistema

scenario costruttivo presente alt. presente

alt. presente

scenariodecostruttivo

scenari desiderabili (campo di progetto)

futuro alternativo

futuro alternativo

futuro alternativo

backcasting

Quaderni Iuav. Ricerche Iuav at Work

La serie di volumi della collana Quaderni Iuav. Ricerche Iuav at Work è edita nell’ambito della 19. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, all’interno del progetto Iuav at Work, quale estensione nel territorio cittadino del Padiglione Venezia. L’elenco dei volumi pubblicati è presente al link accessibile dal seguente QR code.

Il volume esplora scenari futuri per il Nord-Est, delineati a partire dalle politiche europee e nazionali orientate alla neutralità climatica. Assumendo la transizione ecologica ed energetica come campo critico del progetto territoriale, viene proposta una lettura delle condizioni latenti di cambiamento, definendo un campo di progetto capace di orientare scenari di trasformazione ambientale, economica e territoriale entro il 2050.

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