Playbook. Materiali per un Campus metropolitano

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Quaderni Iuav. Ricerche

Playbook. Materiali per un Campus metropolitano

Giuseppe Longhi, Sabrina Righi

Quaderni Iuav. Ricerche

Playbook. Materiali per un Campus metropolitano

Giuseppe Longhi, Sabrina Righi

Quaderni Iuav. Ricerche Iuav at Work

Collana a cura di Sara Marini, Massimiliano Condotta, Università Iuav di Venezia

Comitato scientifico

Caterina Balletti, Università Iuav di Venezia

Alessandra Bosco, Università Iuav di Venezia

Maurizio Carlin, Padiglione Venezia

Michele Casarin, Accademia di Belle Arti di Venezia

Alessandro Costa, Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità

Giovanni Dell’Olivo, Fondazione di Venezia

Giovanni Marras, Università Iuav di Venezia

Progetto grafico

Centro Editoria Pard / Egidio Cutillo, Andrea Pastorello

Playbook. Materiali per un Campus metropolitano

Giuseppe Longhi, Sabrina Righi

ISBN 979-12-5953-144-5

Prima edizione: aprile 2025

Impaginazione: Laura Camerlingo

Immagine di copertina

Sabrina Righi, L’albero della vita, 2025

Anteferma Edizioni Srl, via Asolo 12, Conegliano, TV

Stampa: Grafiche Antiga, Crocetta del Montello, TV

Copyright: Opera distribuita con licenza CC BY-NC-ND 4.0 internazionale

Volume edito nell’ambito della 19. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia all’interno del progetto Iuav at Work quale estensione nel territorio cittadino del Padiglione Venezia.

Volume realizzato con i fondi relativi all’attività di collaborazione fra Fondazione Iuav, Università Iuav di Venezia, Fondazione di Venezia e Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità.

I testi del presente volume sono di Giuseppe Longhi, il contributo grafico è di Sabrina Righi.

Un Campus orientato alla complessità 38 Un Campus orientato al bene comune 66 Un Campus per lo sviluppo delle capacità dell’uomo

Questi materiali di ricerca propongono, nella forma del playbook1 , una visione scalare dei futuri dell’Ateneo con l’obiettivo di soddisfare, nell’ambito di competenza del progetto, i fabbisogni endogeni ed esogeni della società nella consapevolezza di dover affrontare cambiamenti dirompenti.

Fabbisogni endogeni: il programma di crescita della popolazione accademica e studentesca di Iuav è sinergico con l’obiettivo del rinnovo della popolazione attiva del sistema metropolitano di Venezia, quale contrasto all’attuale declino demografico e alla monocultura turistica. Questa strategia è simmetrica con le analisi che confermano la relazione diretta fra incremento dell’istruzione superiore e incremento dello sviluppo economico e l’alleviazione della povertà2 .

Fabbisogni esogeni: a seguito dell’evoluzione tecnologica l’organizzazione della ricerca e della didattica ha integrato in modo crescente i consolidati modelli “discreti” con modelli “continui” dominati da reti, flussi e ubiquità. Forte della sua tradizione, Iuav ha adeguato continuamente il suo modello organizzativo-relazionale, passando da una struttura di prevalente interesse regionale-nazionale, a una struttura complessa, estesa a scala

1 La forma del playbook, nella letteratura anglosassone, tende a sostituire quella dell’agenda in quanto rappresenta con più efficacia il sistema di relazioni “agenti” indispensabili alla progettazione complessa. Per una maggiore comprensione, cfr. Government Outcomes Lab, The Collaboration Playbook, 2023, disponibile online (https://golab.bsg.ox.ac.uk/ knowledge-bank/resource-library/collaboration-playbook/); Johns Hopkins University, Bloomberg Centre for Public Innovation, Cities of Service Playbook. Develop a Citywide Service Plan, 2015, disponibile online (https://citiesofservice.jhu.edu/resource/cities-of-service-playbook-develop-a-citywide-service-plan/); E. Stork, M. Begovic, From Building Houses to Designing Cities. From Projects to (System) & Portfolios, «Medium», 2024, disponibile online (https://medium.com/@ undp.innovation/from-building-houses-to-desgining-cities-projectsto-portfolios-859bac9082fc); B. Leurs, I. Roberts, Playbook for Innovation Learning, 2018, disponibile online (https://www.nesta.org.uk/ toolkit/playbook-for-innovation-learning/).

2 J. Li et al., How Popularising Higher Education Affects Economic Growth and Poverty Alleviation. Empirical Evidence from 38 Countries, «Humanities and Social Sciences Communications», 11, 2024, disponibile online (https://doi.org/10.1057/s41599-024-03013-5).

internazionale, grazie al sistema Iuav-VIU-Relazioni Erasmus-Relazioni di ricerca nazionali e regionali-Relazioni di ricerca con soggetti privati 3. Si tratta ora, coerentemente con gli obiettivi del PNRR, di far evolvere tale sistema verso un modello olistico, che veda accrescere i suoi livelli di feedback e di ubiquità.

Cambiamenti dirompenti4: nell’attuale processo di transizione verso un’era postindustriale, Iuav intende esplorare nuovi modelli di progetto finalizzati a nuove modalità di produzione di valore, attraverso un attivo processo di ricerca e di didattica, collaborativo con le reti nazionali e internazionali.

Occorre sottolineare che nell’era digitale, la produzione sistematica di conoscenza e le competenze teoriche sono elementi primari della produzione di valore in un ambiente dominato da complessità, evoluzione, incertezza, adattamento. Allo stesso modo, gli eventi dirompenti che oggi siamo chiamati a gestire richiedono l’integrazione tra la consolidata visione illuminista e una più darwiniana, con l’obiettivo di interpretare l’ecologia dell’evoluzione e le sue interazioni nel lungo momento, a servizio di un processo di ricerca visionario, capace di stimolare una virtuosa creatività nella comunità locale e di generare attivi processi collaborativi a livello globale. In questa dimensione diventa decisivo per Iuav dilatare in modo esponenziale il valore della sua produzione grazie allo sviluppo della sua accessibilità fisica e virtuale, da realizzarsi attraverso una strategia dell’educazione anticipativa e continua: anticipativa perché connessa con i livelli di istruzione inferiori a quello universitario5; continua per-

3 Dinamiche rappresentate puntualmente dal Bilancio di Sostenibilità elaborato da Iuav.

4 G. Longhi, Gli tsunami dell’innovazione e il rinnovo delle infrastrutture urbane, in R. Cappellin et al., Investimenti, innovazione e nuove strategie d’impresa, Egea, Milano 2017, pp. 373-382; E. Brynjolfsson, A. McAfee, M. Spence, New World Order. Labor Capital and Ideas in the Power Law Economy , « Foreign Affairs», 4, 2014, pp. 44-48, 49-53, disponibile online ( https://www.jstor.org/stable/24483556?seq=1); C.M. Christensen, M. E. Raynor, R. McDonald, What is Disruptive Innovation?, «Harvard Business Review», 2015, disponibile online ( https://hbr.org/2015/12/ what-is-disruptive-innovation).

5 J. Jousilahti, I. Koskinen, A. Neuvonen, The Need for Scientific Knowledge, Education, and Critical Thinking is Growing, «Demos Helsinki»,

ché destinata a supportare i cittadini nel loro ciclo di vita. Questo processo è destinato a generare valore in quanto l’innalzamento del livello di istruzione è destinato a colmare lacune nei requisiti di competenze, assicurare adeguate basi – documentali e operative – per il processo progettuale e decisionale: tutti fattori che convergono verso gli obiettivi del PNRR nazionale e regionale per un più armonico sviluppo economico, una crescente coesione fra comunità diverse e una maggiore integrazione nelle reti di relazioni internazionali. Il quadro empirico di riferimento per i processi conoscitivi e progettuali che si avvieranno nell’ambito di Venezia Città Campus sarà quindi inclusivo, oltre che degli obiettivi del PNRR, dei diciassette obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per uno sviluppo sostenibile6; del sistema dinamico di relazioni fra gli obiettivi stessi; e della missione del Piano strategico 2022-2025 dell’UNDEP all’insegna di uno sviluppo condiviso “senza lasciare indietro nessuno”.

Creare convergenze

In sintesi, il ruolo di Venezia Città Campus, nelle azioni progettuali e gestionali che verranno avviate, è di consapevolezza: le storiche posizioni d’élite dell’università in materia di dati, informazioni, formazione professionale si sono evolute nella direzione della gestione “aperta” della complessità, per soddisfare la crescente domanda di pensiero critico. Tale ruolo è quindi riconducibile ai seguenti fattori:

Creare convergenze scientifiche simmetriche con il cambiamento della società. La carta della convergenza è importante per una rigenerazione del campo progettuale capace di costruire nuove sinergie con tre rivoluzioni. La prima, detta della “connettività”, offre l’opportunità della convergenza con le discipline umanistiche, con l’informatica, con le scienze della comunicazione, con le scienze biologiche.

2019, disponibile online (https://demoshelsinki.fi/new/wp-content/ uploads/2019/07/demos-universities2020-4theses1.pdf).

6 Road to 2030. A Brief History of the Sustainable Development Goals (SDGs), 2023, disponibile online (https://virchowprize.org/vf-road-to-2030-history-of-sdgs/). Vedi nota 6, p. 41.

Essa implica una rapida evoluzione del progetto, rispetto ai suoi alfabeti (dall’analogico, al digitale, al biologico) e ai suoi modelli organizzativi (dal neuronale al collaborativo), in una dimensione di spazio che coniuga quello fisico con quello “ubiquo”. La seconda rivoluzione, detta dell’“Antropocene e della robotizzazione”, propone l’integrazione con le discipline destinate: alla cura della Terra, allo studio della biodiversità, alla cura dell’uomo (salute, alimentazione, mente), allo studio della robotizzazione e delle sue conseguenze spaziali, oltre che etico-giuridiche. Infine la terza, o del “valore”, che implica il superamento di culture del progetto fondate su processi sottrattivi di materia (lungo il ciclo estrazione-manifatturazione-rifiuti) e la convergenza verso processi generativi-biologici. Venezia Città Campus si definisce, quindi, come una “piattaforma collaborativa per la promozione di nuove convergenze”, in cui la missione dei soggetti interni ed esterni all’Ateneo è volta a sperimentare una politica culturale scalare, capace di connettere obiettivi metropolitani e obiettivi globali.

– Accrescere l’inserimento dell’Ateneo nei processi decisionali. Venezia Città Campus si propone di aumentare il suo flusso di relazioni con i media, i cittadini e il processo decisionale della società, per contribuire a contrastare la polarizzazione dei dibattiti sociali e promuovere un ecosistema sociale fondato sull’empatia – il solo motore di sviluppo delle comunità complesse – in grado di creare feedback tra le diverse interpretazioni dei fenomeni dirompenti che siamo chiamati a gestire. Un processo non semplice, che implica un’azione educativa orientata alla creazione di una cultura della Pubblica Amministrazione predittiva, in grado di promuovere il passaggio da una gestione del territorio user-oriented a una civitas-oriented, tesa alla valorizzazione del patrimonio sociale. Da qui, l’esigenza di estendere il ciclo del progetto ai dati (e alle relative fasi di stoccaggio, manipolazione e distribuzione), come materia prima a servizio di un’idea di città “aperta”, e al rinnovo dell’idea di civitas. Questo in sinergia con uno dei capisaldi del Green Deal e del PNRR, ossia il superamento della progettazione

e della gestione intesa come sistema di “silos” chiusi, a favore di strutture “aperte”, capaci di sviluppare il capitale umano e valorizzare i beni comuni: sapere, salute, coesione, empatia, risorse naturali.

– Creare strutture collaborative aperte a cittadini di tutte le età a tutti i livelli della società. Imparare a pensare in modo critico e a comprendere il metodo scientifico è importante anche per chi non frequenta l’università. Venezia Città Campus intende aumentare la cooperazione con ogni forma di erogazione della cultura (scuole superiori, scuole professionali…) e il dialogo permanente con tutti i cittadini, al fine di dilatare la diffusione della conoscenza scientifica e aumentare esponenzialmente le capacità artistiche tipiche dei saperi connessi alla progettazione architettonica, urbanistica e al design. Si delinea così un sistema di parole chiave per una dimensione civica della progettazione, di cui un primo campione potrebbe essere: Antropocene, biodiversità, cambiamento climatico, connettività.

Antropocene. In che misura siamo in grado di contribuire alla compatibilità fra uomo e viventi; attraverso quali passi saremo in grado di gestire il passaggio da una cultura riduzionista ereditata dall’illuminismo ad una darwiniana, basata su processi di lungo momento compatibili con la natura?

Biodiversità. L’obiettivo precedente implica: la definizione del patrimonio naturale come bene comune; un contrasto immediato alla perdita esponenziale di biodiversità; la sostituzione di un ciclo progettuale fondato sull’estrazione con processi fondati sulla manipolazione degli elementi biologici.

Cambiamento Climatico. L’azione dell’uomo non può superare i limiti biologici della Terra, il che rende inevitabile rivedere le regole dello sviluppo e, di conseguenza, rivedere le nostre prassi progettuali.

Connettività. La complessità del dialogo implica la crescita di asimmetrie cognitive, con la conseguente crisi delle tradizionali politiche di governance. Quale deve essere il ruolo di Venezia Città Campus nei cambiamento di sistema di governance auspicato dall’Unione Europea?

La dinamica del programma scientifico di Venezia Città Campus è consapevole dell’esaurirsi della simmetria (critica) fra il palinsesto progettuale e l’idea di benessere diffuso che ha dominato il Secondo Dopoguerra; un palinsesto che ha visto Iuav dilatare la sua missione dall’architettura alla pianificazione e successivamente al design, alla moda e al teatro, con l’obiettivo di incidere sulla ideazione della città, così come sulla qualità della vita quotidiana. Tale palinsesto dalla fine degli anni Ottanta deve confrontarsi con:

– la drammatica crisi di creatività-industriosità-produttività che contrassegna il nostro Paese dalla caduta del muro di Berlino; – l’accelerato esaurirsi delle risorse, accompagnato da shock climatici sempre più intensi, da cui deriva l’esigenza di passare da pratiche progettuali estrattive a pratiche biocompatibili;

– l’esaurirsi di un’idea di progetto prodotto della sola manipolazione di atomi, a favore di un crescente ruolo dei bit e, quindi, sull’interdipendenza fra spazio fisico e spazio ubiquo; – l’esaurirsi dell’idea dell’organizzazione fondata sulla specializzazione e articolata per box, a favore di modelli olistici e collaborativi (un passaggio da cui dipende, tra l’altro, una trasformazione epocale del ruolo della Pubblica Amministrazione).

È superfluo ricordare come tale quadro sia dominato da policrisi (tra cui, la crisi pandemica e l’attuale proliferare delle guerre 7), ma sia anche accompagnato da un palinsesto di opportunità da gestire in modo collaborativo a scala europea e globale. In questa dimen-

7 S. van de Wetering, N. van der Linden, Academic Innovation for Societal Impact, 2017, disponibile online (https://kl.nl/opinie/long-read-academic-innovation-for-societal-impact/); R. W. Conn et al., The Next 75 Years of US Science and Innovation Policy. An Introduction,«Issues in Science and Technology», 2022, disponibile online (https://issues. org/the-next-75-years-of-us-science-and-innovation-policy-an-introduction/). Il tema della policrisi, inoltre, trova un interessante sviluppo progettuale nel manuale interattivo: Centre for Complexity at Rhode Island School of Design, Polycene Design Manual, s. d., disponibile online (https://polycene.design/).

sione si colloca la strategia delle nuove convergenze disciplinari (di cui si è parlato in precedenza), in simmetria con gli obiettivi della politica comunitaria che trovano espressione nel Green Deal8 . Prendendo atto delle crisi strutturali che dobbiamo affrontare, Venezia Città Campus intende (assieme agli istituti culturali che compongono la sua rete di azione) reinterpretare il patrimonio storico di saperi aumentando esponenzialmente il tasso di creatività e di collaborazione per una politica culturale “scalare”, che va dall’ambito metropolitano fino alla scala internazionale. Le parole chiave di tale processo, coerenti con l’obiettivo delle convergenze, in prima approssimazione sono:

– progettare nell’Antropocene, in simmetria con il limite delle risorse e con la “transizione ecologica”;

– sviluppare l’intelligenza collettiva, in simmetria con l’ubiquità e la “transizione informatica”;

– stimolare processi formativi innovativi per la Pubblica Amministrazione, in simmetria con il superamento dell’organizzazione sociale per “silos”;

– rivedere il concetto di sicurezza, per contrastare cambiamenti dirompenti di ordine naturale e sociale.

Venezia Città Campus si configura come una infrastruttura sociale e tecnologica finalizzata allo sviluppo dell’ “intelligenza

8 Il tema del Green Deal ha come punto di partenza il rapporto: G. Grasso, Rigenerazione urbana. Un approccio integrato, 2010, disponibile online (https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/opinions-information-reports/opinions/urban-regeneration-integrated-approach). I temi del Rapporto sono stati ripresi in occasione del PNRR dal Club di Roma in: The Club of Rome, SYSTEMIQ, A System Change Compass. Implementing the European Green Deal in a Time of Recovery, 2020, disponibile online (https://www.clubofrome.org/publication/a-system-change-compass-implementing-the-european-green-deal-in-a-time-of-recovery/ ); sono stati inoltre sviluppati operativamente per l’Italia in: M. Mazzucato, Missioni Italia. Investimenti, innovazione e immaginazione , 2020, disponibile online (https://www.ucl.ac.uk/bartlett/public-purpose/sites/public-purpose/files/mariana_mazzucato_-_missioni_italia_ita.pdf).

collettiva” 9 alle diverse scale (locale, regionale, internazionale) al fine di rafforzare l’ecosistema della cultura veneta per affrontare il rapido susseguirsi di cambiamenti dirompenti. In questa definizione è implicita la volontà di generare nuove convergenze fra gli ecosistemi scientifici che contribuiscono alla progettazione fisica, sociale, economica. Venezia Città Campus propone una visione “ecosistemica”, agente e scalare della sua missione, al fine di:

– contribuire alla rigenerazione del contesto di Venezia centro storico e del suo ambito metropolitano, per contrastare l’attuale declino demografico e la monocultura turistica, per diventare un acceleratore dello sviluppo grazie alla correlazione fra attrattività di nuovi saperi e sviluppo socio-economico; – contribuire al rinnovo della ricerca e della didattica dell’ecosistema veneto, favorendo il passaggio da articolazioni “discrete” ad articolazioni di “flusso”, dominate da reti e da ubiquità delle relazioni: si tratta, dunque, di accelerare l’evoluzione del consolidato ecosistema Iuav verso un modello olistico, caratterizzato da più alti livelli di feedback; – esplorare nuovi frasari di progettazione finalizzati a nuove modalità di produzione di valore, attraverso un attivo processo collaborativo con le reti nazionali e internazionali di produzione della ricerca e della didattica. Occorre sottolineare come nell’era digitale la produzione sistematica di competenze teoriche e di conoscenze empiriche siano elementi primari della produzione di valore in un ambiente dominato da complessità, evoluzione, incertezza, adattamento.

Per raggiungere questi obiettivi, Venezia Città Campus si propone di promuovere una politica culturale basata sulla convergenza e sul rinnovo delle infrastrutture articolate per reti.

9 P. Corazza, L’intelligenza collettiva al tempo delle piattaforme digitali, Armando Editore, Roma 2022; N. Sharma, P. Tovey, The Ecological Intelligence Agency, 2023, disponibile online (https://superflux.in/ index.php/work/the-ecological-intelligence-agency/#).

La politica delle convergenze10, seppur difficile da praticare visto l’asimmetrico procedere delle politiche che l’hanno preceduta dell’interdisciplinarieta e della multidisciplinarietà, è lo strumento fondamentale per il rafforzamento della presenza dell’Ateneo nell’ecosistema delle “reti”. La rete è il luogo dove Venezia Città Campus sperimenta una politica culturale collaborativa e scalare, promossa da soggetti interni ed esterni all’Ateneo, per connettere obiettivi metropolitani e globali, al fine di:

– accrescere il ruolo di Venezia Città Campus nei processi decisionali dei suoi ecosistemi, grazie a un flusso crescente di relazioni con i media, i cittadini e i portatori di interesse, per costruire un ecosistema sociale fondato sull’empatia;

– promuovere il passaggio da una gestione del territorio user-oriented a una civitas-oriented, tesa alla valorizzazione del patrimonio sociale;

– diffondere il pensiero critico e creare consapevolezza nei più ampi strati della società; per dilatare la diffusione della conoscenza scientifica e sviluppare esponenzialmente le capacità artistiche del capitale umano.

Come detto all’inizio, il lavoro avviato metodologicamente prende la forma del playbook, per sottolineare l’approccio trasparente, collaborativo e scalare alla progettazione di Venezia Città Campus. In particolare le parole chiave del progetto saranno sviluppate attraverso un sistema di cartelle di dati tematiche. Esse prefigureranno un’idea di biblioteca “collaborativa” in evoluzione in tempo reale, per testimoniare l’urgenza dell’integrazione delle storiche infrastrutture che operano “in locale” con una visione di flusso in

10 MIT, The Third Revolution. The Convergence of the Life Sciences, Physical Sciences, and Engineering, 2011, disponibile online (https:// www.aplu.org/wp-content/uploads/MITwhitepaper.pdf). Con questo rapporto, MIT prende atto che il sistema accademico, dopo essere passato negli anni Sessanta da multidisciplinare a infradisciplinare, deve affrontare la sfida della connessione fra le scienze e dei nuovi criteri di produzione di valore.

grado di gestire procedure di “capacità aumentata”, alimentate da efficaci data base, che saranno il punto di partenza di modelli progettuali e gestionali alimentati da procedure di machine learning. Il playbook si articola in:

Un Campus orientato alla complessità: affronta l’impatto dei cambiamenti della visione del ruolo e dell’organizzazione del progetto a partire dalla metà del secolo scorso. Segnato dalle intuizioni di Jane Jacobs e dell’Architectural Machine Lab il percorso vede l’esaurirsi della logica lineare a favore di quella complessa, e, ugualmente, della prassi dell’operare per sottrazione di materia con quella dell’operare attraverso processi biocompatibili. Prende così l’avvio di Venezia Città Campus in grado di affrontare gli tsunami dei cambiamenti organizzativi, della progettazione sistemica, quindi integrata;

– Un Campus orientato al bene comune: i principi guida della Conferenza di Stoccolma sull’ambiente del 1972, sono i fattori scatenanti per una politica di Venezia Città Campus orientata alla difesa dei beni comuni, costituiti dalle risorse residue dopo la “grande accelerazione” dei consumi del Secondo Dopoguerra. Il risultato è una metrica del progetto in grado contemporaneamente di promuovere un progetto ‘sicuro’ grazie alla salvaguardia delle risorse residue e ‘giusto’, grazie a un sistema di interventi tendenti all’equità ;

– Un Campus per lo sviluppo delle capacità dell’uomo: affronta la questione del ruolo del Campus a fronte della pressione delle nuove tecnologie tendenti a sostituire l’uomo con la macchina. Sottolineando il ruolo insostituibile delle capacità creative dell’uomo , le capacità più scarse nella “seconda età della macchina”, si delineano i principi per un percorso progettuale dove le nuove macchine contribuiscono ad aumentare le capacità dell’uomo per insediamenti compatibili con l’armonia della natura.

Un Campus orientato alla complessità

Il progetto Venezia Città Campus si inserisce in un ambiente di accelerato cambiamento degli alfabeti sia sociali che progettuali, con la conseguenza della modifica del sistema di relazioni fra gli uomini, e delle regole di gestione dello spazio. I termini della questione, pur nella sua complessità, possono essere ricondotti a tre cambiamenti dirompenti: lo tsunami del passaggio dall’organizzazione del sapere da lineare a complessa; lo tsunami delle capacità aumentate dell’uomo; la Pubblica Amministrazione come agente creativo e collaborativo di trasformazione.

Uno dei fattori importanti che contribuisce al carattere dirompente di questi argomenti può essere imputato, per quanto riguarda le discipline progettuali, al rapido mutamento degli alfabeti. Infatti:

– se l’alfabeto analogico moderno (nato in simmetria con la stampa di Gutenberg) è stato valido per circa cinquecento anni, a partire dalla seconda metà del secolo scorso dobbiamo registrare l’avvento dell’alfabeto digitale prima e di quello biologico poi, fondato sul riconoscimento del genoma dei viventi; – in simmetria con la mutazione degli alfabeti, la condizione millenaria dell’uomo – fondata sulla relazione “alfabeto analogico-dimensione degli spazi finiti” e articolata sulla base di confini – con l’avvento dell’alfabeto digitale e il successivo avvio delle prime reti internet, è stata sconvolta dalla dimensione ubiqua dello spazio: questo segna la rilevanza dei flussi immateriali d’informazione, il cui valore supera di gran lunga quello generato dagli elementi fisici, con il conseguente emergere di nuove regole e opportunità nella costruzione del progetto; – attualmente assistiamo alla nascita di un alfabeto esito delle scoperte in biologia e proposto, oltre che da biologi, da fisici e matematici; un alfabeto inteso come una sequenza di DNA, a servizio di una visione dello sviluppo non sottrattiva ma autogenerativa.

Facendo un bilancio di queste innovazioni, in un tempo inferiore al secolo l’alfabeto della progettazione è passato da strumento della narrazione di un processo esclusivamente estrattivo e

manipolativo, prima a strumento di un processo in cui il fattore strategico è l’informazione, grazie all’alfabeto dei bit, poi alla sua integrazione con l’alfabeto biologico, grazie alla decodifica del genoma dei viventi. Un avanzamento, quest’ultimo, che tendenzialmente ci mette in grado di sostituire i processi progettuali sottrattivi con processi biologici, quindi autogenerativi. La gestione scientifica di queste dinamiche-opportunità è fra le questioni centrali dell’organizzazione del Campus e metodologicamente la si può ricondurre, in prima approssimazione, al passaggio dirompente dalla consolidata organizzazione lineare del sapere a quella complessa. Come ricordato precedentemente, per l’impostazione del Campus questo implica dare risposta a tre tsunami: lo tsunami del passaggio dall’organizzazione lineare del sapere a quella complessa; lo tsunami delle capacità aumentate dell’uomo; la Pubblica Amministrazione agente creativo e collaborativo di trasformazione.

Lo tsunami del passaggio dall’organizzazione lineare del sapere a quella complessa L’intuizione del carattere dirompente sul sistema progettuale del nuovo assetto scientifico – fondato sulle sinergie fra scienze naturali, econometria, fisica e biologia – è intuito e chiaramente codificato da Jane Jacobs nell’ultimo capitolo di Death and Life of Great American Cities1 intitolato The Kind of Problem a City Is, dove, ricollegandosi alla relazione del biologo e matematico Warren Weaver alla Rockfeller Foundation nel 19582, ricorda che l’interpretazione della città a partire dall’Ottocento è passata attraverso tre stadi:

– Stadio di semplicità, dominato dalla relazione lineare fra due (o poche variabili). Esso, applicato alla progettazione urbana

1 J. Jacobs, The Death and Life of Great American Cities, J. Cape, London 1962.

2 W. Weaver, A Quarter Century in the natural Sciences, «Rockfeller Foundation Annual Report», 1958, pp. 7-91, disponibile online ( https://www.rockefellerfoundation.org/wp-content/uploads/ Annual-Report-1958-1.pdf).

(a esempio, con lo studio della relazione spazio-tempo e della relazione superficie-edificabilità), ha dato origine all’apparato funzionale-normativo basato su destinazioni d’uso e densità. A partire dall’inizio del Novecento, questo approccio perde rilevanza dal punto di vista scientifico a causa dei progressi della biologia e, dalla metà del secolo, grazie all’econometria, che permette la manipolazione di molte variabili contemporaneamente attraverso funzioni e modelli molto complessi. Ma, sottolinea Jane Jacobs, l’approccio lineare è dominante ancora oggi nel campo dell’urbanistica e della progettazione, a dimostrazione dell’anelasticità di questi mondi e, di conseguenza, della loro preoccupante asimmetria rispetto all’evoluzione delle scienze che contribuiscono allo studio e alla manipolazione dell’ambiente; – Stadio di complessità disorganizzata, dominato dalla relazione statistica fra numerose variabili. Esso è studiabile attraverso l’analisi di regressione, che misura la relazione fra variabili attraverso la media e l’errore accettabile di correlazione. È la progettazione basata sulla media e sull’errore, scrive la Jacobs:

È su questo che i pianificatori modernisti pensavano di basare la loro autorità. Conoscevano i numeri e potevano determinare con precisione, se non esattamente, di quanta luce solare avesse bisogno un uomo medio. Credevano che attraverso l’abbondante raccolta di dati puntuali avrebbero potuto risolvere tutti i problemi del sistema grazie alle medie e le loro politiche sarebbero state fuori discussione, semplicemente una questione di fatti scientifici”. In urbanistica assume rilievo lo studio delle correlazioni e delle interdipendenze settoriali (che vede il suo debutto nel piano della Randstad del Secondo Dopoguerra) e, successivamente, la correlazione fra sviluppo territoriale e limiti della Terra, attraverso l’applicazione delle leggi della termodinamica. Quest’ultimo approccio è affiancato da una sensibilità crescente verso

l’effetto distruttivo dell’operare sul territorio secondo leggi meccaniche che agiscono per sottrazione di materia e dalla sensibilità (di un’esigua minoranza) per la progettazione autogenerativa, attraverso i frattali.3

– Stadio di complessità organizzata. Jane Jacobs, supportata dagli studi in biologia e nell’informatica, negli anni Sessanta rileva come la regola meccanico-lineare di sviluppo della città, coniugata con le tecniche basate sul calcolo della media e dell’errore, non siano in grado di spiegare la natura della città che è, invece, simile a una rete neuronale (ossia a un sistema ispirato al funzionamento dei neuroni di un organismo biologico). Così Jane Jacobs supera l’approccio lineare o statistico della città “come macchina per vivere o per produrre”, a favore della città come “macchina per l’apprendimento” (una learning machine che apprende dall’esperienza), esattamente come impara e si evolve una rete neuronale artificiale. Per decenni l’intuizione di Jane Jacobs è stata ignorata, a causa della difficoltà di manipolare funzioni non lineari complesse, fino a quando gli scienziati hanno iniziato ad assemblare dati, grazie alla potenza e alla velocità computazionale che permettono di eseguire un numero esponenziale di iterazioni, grazie a modelli di machine learning e di deep learning.

Così l’ambito della progettazione diventa fortemente dipendente dalla disponibilità e qualità della manipolazione di un sistema il cui funzionamento è neuronale e la materia prima è costituita da dati. Essendo i dati di natura pubblica (in quanto riguardano le persone, le proprietà fondiarie ed i beni della natura) nuovo ruolo della Pubblica Amministrazione è la loro organizzazione e “lavorazione” attraverso meccanismi di machine learning. Questi ultimi

3 La teoria di Jane Jacobs sui sistemi complicati trova sviluppo nella teoria dei frattali di Mandelbrot, i cui esiti empirici si leggono in: AA. VV., La spirale e il cubo frattale, in La vita tra cose e natura. Il progetto e la sfida ambientale, catalogo della mostra (Milano, XVIII Triennale di Milano, 6 febbraio-3 maggio 1992) Electa, Milano 1992, pp. 278, 297.

(oggi largamente utilizzati nella progettazione edilizia e nella pianificazione), sono un insieme di algoritmi che imparano a scoprire tendenze e modelli direttamente dai dati e quindi tendenzialmente sono autosufficienti nel prendere decisioni.

Questo è un cambiamento straordinariamente importante nell’organizzazione pubblica e dei progetti, dove tradizionalmente si opera per funzioni predeterminate, per cui un sistema di input è finalizzato a produrre output previsti (e gli operatori di software intervengono in questo sistema attraverso la modellazione, ossia l’organizzazione di procedure predeterminate). Con la machine learning non esiste una funzione predeterminata, le macchine imparano direttamente dai dati – per apprendimento – grazie ad algoritmi predittivi, per prevederne i comportamenti, in modo da supportare decisioni responsabili.

Il percorso dai sistemi lineari a quelli neuronali è utile per ricordare una questione fondativa della progettazione: l’asimmetria tra l’impostazione “lineare” del processo progettuale, basata sulla “certezza” della definizione ex ante di funzioni e volumetrie, e la struttura neuronale “dirompente” della realtà ambientale e sociale. Per rimediare a questa importante asimmetria i programmi di Venezia Città Campus dovranno essere adattativi, e prevedere un sistema intenso di iterazioni per affrontare imprevedibili e rapide variazioni di rotta.

Lo tsunami delle capacità aumentate dell’uomo Il passaggio dal pensiero lineare a complesso è simmetrico con l’evoluzione della macchina, la quale, grazie alla cibernetica prima e alla biologia poi, pone all’organizzazione scientifica del Campus due quesiti: come gestire i processi di feedback che caratterizzano un mondo scientifico diventato interattivo, e come gestire il passaggio da prassi progettuali sottrattive a prassi ispirate alla biologia, quindi auto-generative. Con la cibernetica e le nuove macchine che ne derivano nascono opportunità rivoluzionarie all’insegna delle capacità aumentate dell’uomo, in termini di memoria e capacità di gestire l’informazione. La prima tappa di tale percorso si registra nel 1968 con la conferenza Computer Graphics in Architecture

Un

Campus orientato al bene comune

A cinquant’anni dalla Conferenza di Stoccolma sull’ambiente del 1972, l’ONU con la conferenza Stockholm+50 1 ha proposto al mondo scientifico una riflessione importante riguardo all’insicurezza della sopravvivenza collettiva nell’Antropocene. Il messaggio della conferenza è sintetizzabile con la drammatica implorazione “salviamo la casa dei viventi”. Al centro della questione è l’intreccio di interessi particolari che, ignorando le interdipendenze fra tutti i viventi, negano l’urgenza di politiche collaborative a favore di un pianeta ormai al collasso. La conferenza del cinquantenario, quindi, invita a riflettere sugli esiti delle questioni drammaticamente poste nel 1972 dal rapporto generale Only One Earth curato da Barbara Ward e René Dubos2, un vero e proprio playbook per la sopravvivenza collettiva. Come noto, il rapporto è una ricognizione darwiniana delle azioni trasformative della Terra attivate dal genere umano, che hanno causato lo sviluppo esponenziale degli armamenti (il cui apice si pensava fosse raggiunto con la bomba atomica3) e la rottura dell’equilibrio tra tecnosfera e biosfera. La sequenza delle azioni trasformative – sottolinea Ward – è supportata dal passaggio dalla logica scientifica della singolarità cartesiana a quella delle interdipendenze dell’era attuale. Da qui nascerebbe l’esigenza di un coordinamento planetario delle nazioni, per controllare le “estreme pazzie delle armi nucleari”, per superare gli enormi squilibri fra Paesi poveri e ricchi, per non compromettere le residue riserve della biosfera.

1 Cfr. E. Lövbrand , M. Mobjörk (a cura di), Anthropocene (In)securities. Reflections on Collective Survival 50 Years After the Stockholm Conference , Oxford University press, Oxford 2021; SEI, CEEW, Stockholm+50. Unlocking a Better Future, 2022, disponibile online (https://www.stockholm50.report/unlocking-a-better-future.pdf).

2 B. Ward, R. Dubos, Only One Earth. The Care and Maintenance of a Small Planet, W. W. Norton & Company, New York 1972; trad. it. Una sola Terra, Mondadori, Milano 1972.

3 Questa epoca è definita da Stephen Pyne “Pyrocene”. Cfr. S. Pyne, Human Use of Fire has Produced an Era of Uncontrolled Burning. Welcome to the Pyrocene, «The Conversation», 2025, disponibile online ( https://theconversation.com/human-use-of-fire-hasproduced-an-era-of-uncontrolled-burning-welcome-to-the-pyrocene-247195).

Ricordando Only One Earth

Più in dettaglio, Only One Earth propone una delle prime analisi sistematiche dell’evoluzione dell’ambiente, in cui dominano:

– il ruolo dell’energia, interpretato attraverso la figura mitologica di Prometeo, nel suo percorso malevolo dal fuoco all’atomo;

– l’esaurirsi dell’approccio scientifico basato sui principi della singolarità copernicana e l’emergere del paradigma della complessità;

– la consapevolezza delle esternalità negative del processo industrial-mercantile: esaurimento della materia, a causa delle pratiche estrattive, e cambiamento climatico, indotto dal mutato rapporto fra sole-Terra-oceani a causa delle emissioni; – lo scambio ineguale fra Paesi sviluppati e Paesi fornitori di materie prime, da cui consegue una iniqua distribuzione della ricchezza.

Questi scenari ispirano geopolitiche il cui filo conduttore è ricondotto al quesito: “la vita sulla Terra finirà con un botto o con un accelerato lamento?”4 .

Da una parte il “botto”, generato dalla follia del potere militare, in simmetria con quanto scritto da Mumford nel 1946:

I pazzi stanno pianificando la fine del mondo. Quello che chiamano progresso continuo nella guerra atomica significa sterminio universale, e quella che chiamano sicurezza nazionale è suicidio organizzato.5

Dall’altra, l’ “accelerato lamento”, ossia lo stillicidio di attacchi che i Paesi sviluppati impongono alle risorse della Terra, fino al suo degrado finale. La sopravvivenza dell’ambiente, già nel 1972, sembra affidata alla risoluzione dei problemi innescati dalla pressione

4 T. S. Eliot, Gli uomini vuoti, in R. Sanesi (a cura di) Poesie, Bompiani, Milano 1994.

5 L. Mumford, Gentlemen: You are Mad!, «The Saturday Review», 2, 1946, pp. 5-6.

di un modello economico fondato sui consumi e sulla difesa atomica e non sulla capacità di carico della Terra stessa. Only One Earth già dal 1972 ispira, quindi, un palinsesto scientifico fondato sulla missione di un giusto sviluppo, implementato dalle capacità aumentate dell’uomo, i cui elementi fondanti sono:

– riconoscimento delle interdipendenze fra tecnosfera e biosfera;

– limitazione del prelievo di risorse;

– sviluppo di un intenso feedback fra tutte le parti sociali;

– una distribuzione delle risorse più equa;

– negazione della guerra atomica;

– avvio di un’agenda dello sviluppo condivisa fra tutti i Paesi perché l’ambiente non ha confini6 .

Oggi siamo a Stoccolma+507. Il 2 dicembre 2020 il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nel suo importante discorso The State of the Planet8 ha dichiarato compromesso lo stato del pianeta. Inoltre, come ha evidenziato il Rapporto 2020 delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano, “l’impronta di carbonio e materiale delle persone che hanno di più sta soffocando le opportunità delle persone che hanno di meno”9. Oggi, l’1% più ricco del mondo rappresenta più del doppio delle emissioni combinate di gas serra del 50% più povero10 .

6 Tale ipotesi diverrà realtà con la serie di Agende per lo sviluppo sostenibile promosse dall’UNDEP, di cui la prima sarà l’Agenda 21 per iniziativa della Conferenza di Rio, 1991. Cfr. Road to 2030. A Brief History of the Sustainable Development Goals (SDGs), 2023, disponibile online (https://virchowprize.org/vf-road-to-2030-history-of-sdgs/).

7 Cfr. E. Lövbrand, M. Mobjörk (a cura di), Anthropocene (In)securities. Reflections on Collective Survival 50 Years After the Stockholm Conference, cit.; SEI, CEEW, Stockholm+50. Unlocking a Better Future, cit.

8 A. Guterres, The State of the Planet, 2020, dispobile online (https:// www.un.org/sg/en/content/sg/speeches/2020-12-02/ address-columbia-university-the-state-of-the-planet).

9 UNDP, The Next Frontier. Human Development and the Anthropocene, 2020 disponibile online (https://www.undp.org/belarus/publications/next-frontier-human-development-and-anthropocene).

10 Oxfam, SEI, Climate Equality. A Planet for 99%, Oxfam House, Oxford

Tuttavia, sono proprio i più poveri – coloro che hanno contribuito meno all’accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera – a sopportare il peso del rapido riscaldamento del mondo. Ma dobbiamo prendere atto che contrastare gran parte delle proposte dei più grandi emettitori del mondo (“l’ambientalismo dei ricchi”), ancorate a vecchi modelli di crescita infinita, produzione di energia da fonti non rinnovabili e convinzione che la sopravvivenza umana arriverà dall’innovazione tecnologica, diventa ogni giorno più difficile.

Eppure, l’investimento conoscitivo in questi cinquant’anni è stato enorme11. Partendo dall’innovativa visione globale dell’ambiente del 1972, si è formata un’infrastruttura primaria di conoscenza avviata a partire da Our Common Future12, nel 1987, che ha operato un collegamento sistematico fra le questioni ambientali e di sviluppo sollevate da Only One Earth. Il frutto di questa integrazione è stata l’istituzione di due piattaforme intergovernative: l’IPCC nel 1988, per la valutazione scientifica del cambiamento climatico, e l’IPBES nel 2012, per lo studio della biodiversità e dei servizi ecosistemici. Questa “infrastruttura primaria” alimenta forti sinergie con una serie di importanti piattaforme ‘regionali’ (come il Stockholm Environmental Institute, in Svezia; il Potsdam Institute for Climate Impact, in Germania; il VTT in Finlandia) i cui programmi sono integrati con l’obiettivo comune di dare attuazione alle convenzioni internazionali sull’ambiente, attraverso lo strumento dell’Agenda13. Ma purtroppo, all’impegno nella 2023 (https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2023/11/ Climate-Equality-Executive-Summary_OXFAM.pdf).

11 Una raccolta delle Conferenze ONU su sostenibilità e ambiente si trova in: UN, Conferences. Environment and Sustainable Development, 2022, disponibile online (https://www.un.org/en/conferences/environment); UN, UNEP. 50 years of Environmental Milestones, 2022,disponibileonline(https://www.unep.org/environmental-momentsunep50-timeline).

12 UN, Report of the World Commission on Environment and Development Our Common Future, 1987, disponibile online (https://sustainabledevelopment.un.org/content/documents/5987our-commonfuture.pdf).

13 Una sintesi delle Agende per lo sviluppo sostenibile dell’UNDEP (dall’Agenda 21 del 1991 all’Agenda 2030 del 2015) è fornita in: Road

ricerca non ha fatto seguito l’impegno operativo (e quindi finanziario) dei Paesi sviluppati. Così l’Agenda per lo sviluppo sostenibile dell’UNDEP ha visto drasticamente ridursi i quarantatre punti dell’Agenda 21 di Rio del 1992 ai diciasette degli SDG del 2015, per arrivare ai sei raccomandati dal Sustainable Development Report del 2022: educazione e abilità, salute e benessere, energia pulita e industria, uso del suolo, città sostenibili, e tecnologie digitali. Oggi il riferimento programmatico per Venezia Città Campus è, oltre all’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030 dell’UNDEP, il Piano Strategico 2022-2025 dell’UNDEP, che propone un modello di sviluppo la cui missione è “nessuno resti indietro”, grazie a trasformazioni strutturali da svilupparsi attraverso politiche resilienti14. Questo modello stimola il raggiungimento degli obietti dei punti dell’Agenda attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture abilitanti: di digitalizzazione, d’innovazione strategica, di sviluppo di una finanza sociale. La realizzazione delle infrastrutture “abilitanti” dovrebbe essere guidata da sistemi di governance rinnovati 15, tuttavia questi sono rimasti inesorabilmente lineari. Di conseguenza, come sostiene Jay Forrester, la loro azione “è paragonabile al lancio di manciate di sabbia nei complessi ingranaggi di un orologio”16. Per contro, nel mondo della complessità, segnato da scarsità, errore, incertezza, la governance esige un coordinamento sequenziale delle decisioni, basato su feedback, fra una gamma diversifica-

to 2030. A Brief History of the Sustainable Development Goals (SDGs), cit.

14 UNDP, Strategic Plan 2022-2025, 2021, disponibile online (https:// www.undp.org/publications/undp-strategic-plan-2022-2025).

15 Questa avrebbe dovuta essere la missione del PNRR, ben interpretata dalla proposta di Mariana Mazzucato (vedi nota 8, p. 11), ma che non ha avuto seguito con il piano approvato dal Governo Draghi. Un’utile sintesi comparativa dei diversi piani europei è presentata da: IRPA, I piani nazionali di ripresa e resilienza in prospettiva comparata, 2021, disponibile online (https://images.irpa.eu/wp-content/ uploads/2021/03/IRPA-Analisi-comparata-PNRR-1.pdf).

16 La citazione è tratta dall’introduzione di A. Kleiner, The Age of Heretics, Jossey-Bass, S. Francisco 2008. Una sintesi è disponibile online ( https://sloanreview.mit.edu/article/jay-forrester-shock-tothe-system/).

ta e asimmetrica di elementi della tecnosfera e della biosfera: di conseguenza, i fattori chiave non possono essere le sole convenienze economiche di breve momento, né l’astratta capacità amministrativa di uno Stato onnisciente centralizzato. In questo scenario, è centrale il ruolo di Venezia Città Campus quale “agente collante” in grado di sviluppare connessioni fra elementi asimmetrici, dispersi o mancanti, per innescare l’apprendimento sociale in un mondo naturalmente caratterizzato da squilibri17 . La struttura scientifica che nel 1972 maturava il passaggio dalla singolarità cartesiana alla complessità della struttura dell’atomo, ha avuto un’evoluzione esponenziale e dirompente grazie allo Human Genome Project18 del 1990-2003, che ha provveduto alla ricostruzione della mappa del genoma umano. Così l’alfabeto dell’uomo che – come ricordato nel primo capitolo – a partire dal Secondo Dopoguerra, grazie al codice binario dei bit dell’era della cibernetica e dell’informatica, è passato rapidamente dall’abilità millenaria dell’incrociare lettere, numeri e immagini su un foglio, all’operare su uno schermo, a distanza di trent’anni, si appresta a cedere il passo al codice biologico dei gram, composto da otto elementi in grado di alimentare i nuovi computer neuronali, lo strumento indispensabile per la marcia di avvicinamento all’intelligenza artificiale generale. In questa evoluzione al declino delle “sette sorelle” dell’era del petrolio ha fatto contrappunto l’emergere delle “cinque sorelle” dell’era cibernetica: Google, Amazon, Apple, Microsoft, IBM. Gli elettroschiavi a servizio dell’uomo nell’epoca industriale 19 sono stati sostituiti dai robot alimentati da intelligenza artificiale, a loro volta destinati a sostituire

17 Il riferimento è la teoria degli “agenti collanti”, o bonding agent, teorizzati dall’economista A. Hirshmann.

18 Le tappe del progetto e i suoi sviluppi attuali sono sintetizzati in: National Human Genome Research Institute, Human Genome Project Timeline , s. d., disponibile online ( https://www.genome.gov/ human-genome-project/timeline).

19 Negli anni Quaranta, Buckminster Fuller calcolò a quanta energia muscolare corrispondeva l’energia disponibile per ogni americano, e concluse che ogni americano aveva a disposizione il corrispondente di centocinquantatre schiavi, che nel 1972 sarebbero stati circa quattrocento “elettroschiavi”.

il lavoro degli uomini. Così alla quota dell’1% dei più ricchi si è aggiunta una piccola élite tecnocratica, mentre la borghesia ingrossa le fila dei disoccupati e i poveri (gli uomini allo stato del neolitico ricordati dalla Ward) che aumentano in modo costante. Il problema delle élite non è stato certamente quello dell’aumento dell’apprendimento sociale, della condivisione della resilienza per affrontare le incertezze e i rischi della complessità, ma quello – come ricorda Shoshana Zuboff 20 – della costruzione della società della sorveglianza, di cui la smart city – supportata dall’ingegneria della city brain 21 – è l’espressione più compiuta.

Un tema centrale per Venezia Città Campus sarà come dare risposta alla vasta platea di uomini deprivati del lavoro offrendo strumenti di apprendimento sociale che si spera saranno efficaci per contenere l’ “accelerato lamento” della poesia di T.S. Eliot: Uomini impagliati, che si appoggiano l’un l’altro, senza occhi per vedere, né voce per comunicare, né forza per agire; le loro parole sono mormorii privi di senso, che stridono come il vento tra l’erba o le zampe di topi sui vetri infranti.22

La narrazione di quanto successo a partire dalla conferenza di Stoccolma è utile per spiegare l’origine dell’Antropocene, il termine coniato all’inizio del secondo millennio per descrivere la profonda e accelerata impronta umana verificatesi sull’ambiente globale a partire dal Secondo Dopoguerra23. L’Antropocene, in contrasto

20 S. Zuboff, The Age of Surveillance Capitalism. The Fight for a Human Future at the New Frontier of Power, PublicAffairs, New York 2019; trad. it. Il capitalismo della sorveglianza, LUISS University Press, Roma 2019.

21 L’argomento city brain sarà trattato dettagliatamente a p. 81.

22 All’accelerato lamento degli uomini impagliati si contrappone la fragorosa risata del comandante delle forze NATO impegnate contro gli afgani, il quale di fronte alla mappa della complessità di quella guerra esclamerà: “Quando capiremo queste slide avremo già vinto la guerra”. Come è andata a finire lo sappiamo.

23 P. J. Crutzen, Geology of Mankind, «Nature», 23, 2002, disponibile online (https://www.nature.com/articles/415023a); J. Rockström

Quaderni Iuav. Ricerche Iuav at Work

La serie di volumi della collana Quaderni Iuav. Ricerche Iuav at Work è edita nell’ambito della 19. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, all’interno del progetto Iuav at Work, quale estensione nel territorio cittadino del Padiglione Venezia. L’elenco dei volumi pubblicati è presente al link accessibile dal seguente QR code.

Playbook. Materiali per un Campus metropolitano è una raccolta sistematica di materiali di ricerca riguardanti le ipotesi di sviluppo scalare di Iuav, elaborati da Giuseppe Longhi con il contributo grafico di Sabrina Righi. Le ipotesi di sviluppo sono a supporto di un’inversione della tendenza di decrescita della popolazione veneziana, e sono sviluppate nel segno della complessità, dell’implementazione dei beni comuni e delle capacità delle risorse umane.

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