EST Edilizia Sviluppo Territorio numero 3

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IL PALAZZO COMUNALE

IL MUSEO ROBOTICO Il Museo della Fondazione Vedova a Venezia

V

enezia è in fermento. Un fermento culturale che si trasferisce all’architettura in un’ottica di rivoluzione urbanistica che intende, attraverso la fucina di idee della sua giunta e del suo sindaco dare un nuovo volto alla città. Un aspetto che, pur rispettando la tradizione storica e urbanistica veneziana, la riporti verso la contemporaneità utilizzando gli straordinari strumenti dell’arte e dell’architettura. Una “missione”, quella di Cacciari, che coinvolge tutta una parte della città di Venezia: chi percorre il Canal Grande, nell’ultima sua parte, si trova avvolto in una trama urbanistica, architettonica e artistica di raro livello e rara concentrazione. Sul canale si affaccia Palazzo Grassi e, subito di fronte, Ca’ Rezzonico, lo seguono le Gallerie dell’Accademia e dall’altro lato l’Istituto Veneto nel neogotico Palazzo Franchetti; proseguendo dal lato delle Gallerie dell’Accademia s’incontra il Museo Peggy Guggenheim e poco più avanti i tesori della chiesa longheniana della Salute al cui fianco, alla Vecchia Dogana, nasce ora un Museo

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d’arte contemporanea firmato da Tadao Ando. Lungo il Canale delle navi si colloca il nuovo Museo dedicato alla Fondazione Vedova, all’interno di uno dei Magazzini del Sale, alle Zattere. Accanto allo spazio espositivo del grande artista contemporaneo la Fondazione creerà un Centro del restauro delle opere d’arte contemporanea, oltre a una Scuola di formazione per giovani restauratori, così da promuovere, come era nelle intenzioni di Vedova stesso, l’arte contemporanea e i giovani talenti. Come sottolinea anche Alfredo Bianchini, Presidente della Fondazione, “nell’immaginare lo spazio di Vedova nel Magazzino del Sale, uno dei nove Saloni trecenteschi alle Zattere lungo il grande Canale delle navi, Renzo Piano ha applicato in modo paradigmatico un principio che, come lui stesso ha detto, governa la sua architettura: la Leggerezza.” Afferma lo stesso Renzo Piano: “Io cerco di utilizzare in architettura elementi immateriali, come la trasparenza, la leggerezza e la vibrazione della luce. Credo facciano parte della composizione quanto le forme e i volumi”. “Non ha toccato le volte, non ha toccato i solidi muri del gigantesco Salone, - afferma il Presidente Bianchini - eppure lo spazio risulta immaterialmente riempito da una sottile machina leonardesca che, concepita come un sistema meccanico - robotico di sofisticata tecnologia, strappa le opere di Vedova alla fissità dei muri in un rimbalzo infinito di chiaroscuri.” Pubblichiamo di seguito uno stralcio della conversazione tra Germano Celant, curatore del Museo e Renzo Piano che ha progettato lo spazio, gentilmente concessa dalla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova.


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