Fondamentale giugno 2014

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in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

Numero 3 - giugno 2014 - Anno XLII - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped.

TIROIDE

Aumentano i casi ma anche le terapie e la sopravvivenza BANDI INNOVATIVI

Puntare all’originalità per aprire nuovi scenari alla ricerca oncologica DIBATTITI

Pregi e difetti dello screening mammografico al vaglio degli esperti

Alberto Mantovani, l’immunologia e il cancro

LO SCALATORE DELLA SCIENZA


SOMMARIO

FONDAMENTALE giugno 2014

In questo numero:

10

DI RICERCATORE 04 VITA Sempre sulle vette dei monti e della ricerca NELLA CLINICA 07 PROGRESSI Il tumore tiroideo aumenta ma fa meno danni PER LA RICERCA 10 PROFESSIONI L’esperto che fa i conti in tasca alla salute 12 PREVENZIONE Esporsi al sole facilita le metastasi 12 14 DIBATTITI Lo screening controverso che merita più attenzione SANO 16 VIVERE Alimenti: la Melagrana 17 RICERCA La scienza ha bisogno di esploratori DELLA RICERCA 20 STORIA La donna che sdoganò la parola cancro 22 IFOM Una partnership all’insegna dell’amore per la ricerca 20 23 CONCORSO Le opere: ecco gli elaborati dei 5 vincitori SOCIALE AIRC-FIRC 2013 25 BILANCIO Tutti in corsa contro il cancro D’ESERCIZIO AIRC 2013 26 BILANCIO L’attività in cifre FONDI 28 RACCOLTA Fatto 30, diventano quasi 9 milioni! Mary Lasker, la donna che ha rivoluzionato il 30 INIZIATIVE Sconfiggere il fumo, un gioco da ragazzi

L’economista sanitario fa i conti in tasca alla ricerca e alla sanità

Il sole contribuisce alla diffusione delle metastasi di melanoma nei soggetti già colpiti dalla malattia

30

Un videogioco contro il fumo, l’ultima iniziativa di AIRC

mondo delle charities

FONDAMENTALE Anno XLII - Numero 3 Giugno 2014 - AIRC Editore

DIREZIONE E REDAZIONE: Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro sede legale: via Corridoni, 7 - 20122 Milano sede operativa: Via San Vito, 7 - 20123 Milano tel. 02 7797.1 - www.airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa N.I.I.A.G. SpA Bergamo DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci

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AIRC ha ricevuto dall’Istituto italiano della donazione il marchio di eccellenza per le organizzazioni non profit che forniscono elementi di garanzia sull’assoluta trasparenza ed efficacia nella gestione dei fondi raccolti.

Piero Sierra Presidente AIRC

Il 5 per mille diventa ricerca di qualità e nuove cure

A

partire dal 2010, grazie alla scelta di oltre un milione e mezzo di italiani di destinarci il proprio 5 per mille, abbiamo finanziato 14 programmi speciali finalizzati a portare, in soli cinque anni, risultati concreti ai pazienti. Attraverso uno slancio senza pari nel mondo della ricerca, alcuni di questi progetti hanno già raggiunto i primi obiettivi in soli tre anni. Tra gli importantissimi risultati cito per esempio il team coordinato da Paolo Comoglio presso l’Istituto di ricerca e cura del cancro di Candiolo (Torino), che ha individuato un’anomalia genetica che causa la resistenza ai farmaci del cancro al colon. Questa importante informazione potrà indirizzare i pazienti con tale anomalia verso terapie mirate più adatte. Nell’ambito del programma diretto da Federico Caligaris Cappio, presso l’Ospedale San Raffaele di Milano, è stato ottenuto un risultato molto rilevante per i pazienti con tumori del sangue: è stato scoperto e brevettato il meccanismo per riattivare un gene sentinella che elimina le cellule “impazzite”, aprendo la strada allo studio di terapie che inducano la morte delle cellule tumorali ematologiche. Questi sono soltanto alcuni dei risultati raggiunti: potete trovarne molti altri sul sito www.airc.it. Ci sono ancora pochi giorni per compilare la dichiarazione dei redditi. Grazie alla vostra firma, gli scienziati possono superare due ostacoli che spesso la ricerca deve affrontare: la carenza di fondi e la discontinuità della loro erogazione. Con i fondi 5 per mille destinati ad AIRC la stabilità necessaria a ottenere risultati tangibili per la diagnosi e la cura del cancro a oggi è stata garantita. Aiutaci a raggiungere tutti i nostri obiettivi e a trasformare i primi, incoraggianti risultati ottenuti in nuove terapie.

Attenti alle truffe AIRC non effettua la raccolta fondi “porta a porta”, cioè non ha incaricati che vanno di casa in casa a raccogliere contributi. Nel caso dovesse succedere, stanno tentando di truffarvi. Denunciate subito la truffa chiamando la polizia (113) o i Carabinieri (112).

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VITA DI RICERCATORE LL Alberto Mantovani

In questo articolo:

Sempre sulle vette dei monti e della ricerca

degli studi di Milano, la produzione scientifica complessiva dell’Humanitas ha continuato a crescere, fino a collocare la struttura, a fine 2013, nel dieci per cento delle istituzioni di ricerca più apprezzate e citate al mondo secondo il database Scimago, che tiene traccia della quantità di pubblicazioni e anche della quantità di volte che ciascuna pubblicazione viene citata in altri studi negli anni successivi, a riprova del fatto che si tratta di una ricerca importante e originale: “Io raccomando sempre ai miei studenti di puntare a pubblicare le ricerche sulle riviste caratterizzate dal più alto impact factor, ma ricordo loro che ci sono comunque molti esempi di ricerche che hanno fatto la storia della medicina anche se pubblicate su riviste considerate minori. Un esempio che cito sempre riguarda la scoperta da parte di Dennis Burkitt, nel 1958, del legame tra la malattia che oggi porta il suo nome – il linfoma di Burkitt – e l’infezione, che avrebbe poi portato all’identificazione del primo virus oncogeno, cambiando il nostro modo di vedere il cancro, anche come malattia dei geni”.

oncologia molecolare immunologia programma 5 per mille

Classificato al quinto posto tra i ricercatori biomedici più influenti al mondo, Mantovani ha dato un contributo essenziale alla scoperta del ruolo che il sistema immunitario gioca nella formazione dei tumori

a cura di FABIO TURONE er uno scialpinista, la scalata del Piz Buin – che con oltre 3.300 metri di altezza segna il confine tra Svizzera e Austria – non è una passeggiata. Per Alberto Mantovani la recente scalata del Piz Buin ha rappresentato, in un certo senso, una rilassante distrazione, per staccare dopo l’ennesima settimana trascorsa con il pensiero costantemente rivolto alla ricerca di laboratorio, con una continuità e una determinazione che lo hanno portato in cima a una vetta di tutt’altro genere: Mantovani figura infatti al quinto posto nella lista dei 400 ricercatori biomedici più influenti al mondo, pubblicata sull’European Journal of Clinical Investigation in base al numero di volte che le ricerche sono state citate da altri scienziati. Anche se non è una classifica vera e propria, è certo che chi compare nell’elenco ha dimostrato di saper aprire, con originalità e metodo, nuove vie nella ricerca della conoscenza.

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La passione per le scalate è un indice della sua determinazione

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Tra gli scienziati più influenti Tra gli italiani, meglio di lui negli ultimi 15 anni hanno fatto solo Carlo Croce e Napoleone Ferrara, entrambi da molto tempo emigrati negli Stati Uniti, dove la vita di ogni ricercatore è più semplice che in Italia. La straordinaria carriera scientifica di Mantovani – oncologo e immunologo con una profonda passione per la biologia molecolare – è probabilmente inusuale anche per questa sua ricerca della sfida, culminata nel 2005 con il passaggio dall’Istituto Mario Negri – tempio italiano della ricerca biomedica – alla direzione scientifica dell’IRCCS Istituto clinico Humanitas, una struttura privata sorta meno di dieci anni prima a Rozzano, alle porte di Milano. “Quando arrivai era già avviata la collaborazione con l’Università di Milano, ma tutto era ancora da costruire” racconta nel suo studio illuminato da un’ampia finestratura. “Da allora il lavoro non è mancato, perché un ospedale che vuole essere sempre di frontiera sia nell’insegnamento universitario sia nella ricerca è un organismo vivo, che continua a rimodellarsi”. Sotto la guida di Mantovani, direttore scientifico dell’istituto e professore di patologia generale all’Università

Tutti a Londra, con la Giardinetta “Sono nato a Milano, nel dopoguerra, da una famiglia della campagna parmense, contadini, falegnami e mugnai, e mi considero un ‘figlio della zolla’” racconta Mantovani. “Dopo la maturità classica, al Liceo Manzoni, scelsi di fare un campo di lavoro gestito da un’organizzazione pacifista e passai l’estate in Inghilterra come volontario in un ospedale psichiatrico”. Al ritorno, l’iscrizione a medicina, dove già al secondo anno inizia a frequentare il laboratorio di patologia generale diretto da Guido Guidotti: “In quel laboratorio la ricerca era vivace e di buona qualità. Lì cominciai a studiare la biologia molecolare con una nidiata di giovani ricercatori molto promettenti tra cui Sergio Ottolenghi, Massimo Gianni e Riccardo Della Favera, che poi hanno dato tutti un notevole contributo alla ricerca scientifica”. La passione per l’immunologia scop-


pia quando ottiene una borsa di studio all’Istituto Mario Negri. È il 1972 e lui non è ancora laureato ma insieme a Nicla, conosciuta sui banchi del liceo, decide di sposarsi. L’anno seguente, l’incontro con l’oncologia: “Subito dopo la laurea ho trascorso alcuni mesi all’Istituto nazionale tumori, lavorando in oncologia pediatrica con Franca Fossati Bellani, dove ho scoperto la vocazione per la ricerca sperimentale”. Durante la specializzazione in oncologia cerca e trova l’opportunità di andare a lavorare all’estero, di nuovo in Inghilterra. Parte con la famiglia, cui nel dicembre del 1973 si è aggiunta la piccola Giovanna, in auto: “Avevamo una Fiat 500 Giardinetta, che destava lo stupore generale. Era di color azzurrino come una vasca da bagno” ricorda col sorriso. “In Inghilterra abbiamo passato due anni fantastici. Un’esperienza indimenticabile, anche perché al Chester Beatty Research Institute, vicino a Londra, ho fatto un incontro che ha segnato la mia vita: sotto la guida di Peter Alexander ho incontrato per la prima volta una cellula dell’immunità innata: i macrofagi”. L’esperienza lascia un segno duraturo anche perché l’ambiente è caratterizzato da un’estrema correttezza dei comportamenti: “Il mio primo studio importante l’ho pubblicato da solo, ovviamente con un ringraziamento per Alexander, poi ne ho pubblicati altri come unico autore. Anche se si trattava di idee mie e di lavoro sperimentale realizzato con le mie mani non era affatto scontato” rievoca. “Oggi non sarebbe più possibile”.

Infiammazione e microambiente Di ritorno in Italia riprende a lavorare al Mario Negri: “È stata una delle mie fortune, perché ho avuto totale libertà di orientare il mio lavoro”. Riesce a isolare macrofagi da tumori maligni, scoprendo che anziché difendere l’organismo agiscono da poliziotti corrotti: “Abbiamo contribuito a cambiare completamente la visione dell’infiammazione, scoprendo che c’è una componente infiammatoria essenziale nel microambiente che favorisce lo sviluppo del tumore” spiega. Dopo pochi anni sente di nuovo la necessità di lavorare all’estero e si sposta ai National Institu-

tes of Health di Bethesda nel laboratorio in cui Ron Herberman studiava le cellule dette Natural Killer, in sigla NK: “Io ero convinto che le NK fossero monociti macrofagi, ma lì ho scoperto che mi sbagliavo” ricorda Mantovani. “Però ho dimostrato che i macrofagi umani sono molto plastici e a seconda dell’ambiente in cui si trovano assumono caratteristiche differenti, assolvendo a due diverse funzioni, entrambe essenziali: nella forma chiamata M1 stimolano la risposta immunitaria, mentre nella forma M2 riparano i tessuti e contribuiscono alla difesa contro i parassiti e altri patogeni extracellulari, con un meccanismo di immunoregolazione. La famiglia nel frattempo è cresciuta con l’arrivo del secondo figlio, Paolo (pochi anni più tardi crescerà ancora con l’arrivo di Marco e Sara), e rimane a Milano, ma seguirà Alberto quando nel 1985-86 tornerà negli Stati Uniti, sempre ai National Institutes of Health, ma questa volta a Frederick: “In quegli anni era in corso la rivoluzione della biologia molecolare, che era stata il mio primo amore nel laboratorio di patologia generale all’università, e io volevo acquisire la capacità di usare tutte le nuove tecniche con le mie mani. L’approccio molecolare si sarebbe rivelato fondamentale da quel momento in poi, perché ci siamo trasformati in cacciatori di

Alberto Mantovani fuori dall’Istituto Humanitas

L’immunologia ha contribuito a cambiare l’oncologia


VITA DI RICERCATORE

Da sinistra: Franco Locatelli (Roma), Alberto Mantovani (Milano e Lorenzo Moretta (Genova) geni e da allora ci piace molto lavorare su geni e molecole scoperti da noi” spiega. “Una delle mie fortune di quegli anni è stato l’incontro con due tecnici di laboratorio, o meglio ‘supertecnici’, come Nadia Polentarutti e Giuseppe Peri, che sarebbero stati i pilastri su cui costruire un gruppo di ricerca costituito da giovani che hanno lavorato con me arricchendomi. Nel mio laboratorio, e poi nel mio dipartimento, sono passati ricercatori che hanno avuto un’eccellente carriera accademica o nell’industria, come Claudio Bordignon, Elisabetta Dejana, Andrea Biondi, Alessandro Rambaldi, Aldo Tagliabue (che è stato il mio primo ‘ragazzo di bottega’) e Francesco Colotta” e mentre elenca questi nomi prestigiosi si percepisce il desiderio di Mantovani di riconoscere a ciascuno il contributo dato alla sua carriera eccezionale, sull’esempio del suo primo mentore inglese.

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Dal parmense a Rozzano Gli enormi contributi dati alla ricerca immunologica e oncologica da Mantovani – divenuto professore ordinario di patologia generale all’Università di Brescia e poi chiamato nel 2001 all’Università di Milano – sono difficili da sintetizzare: ha contribuito a modificare la visione del cancro scoprendo il ruolo fondamentale dell’infiammazione – suggerita come “settimo sigillo del cancro” quando l’attenzione degli oncologi si concentrava su altri aspetti – e ha scoperto il ruolo di particolari sostanze dette chemochine, che in un certo senso dirigono il traffico nel sistema immunitario e così facendo richiamano i macrofagi nel tessuto tumorale, con l’effetto di aiutare il tumore a proliferare. Le chemochine fanno parte della famiglia delle citochine, usate dal sistema im-

UN PROGETTO SULL’IMMUNITÀ

l progetto coordinato da Alberto Mantovani sulla cosiddetta “immunità innata” nel cancro e finanziato dal Programma AIRC di oncologia clinica molecolare 5 per mille coinvolge anche sei gruppi di ricerca diretti da Lorenzo Moretta e Alessandro Moretta (Genova), Andrea Biondi (Monza-Brianza), Alessandro Rambaldi (Bergamo), Franco Locatelli e Angela Santoni (Roma). Giunto vicino al termine del quarto anno, ha prodotto quasi un centinaio 6 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2014

di pubblicazioni anche su riviste di primissimo piano come Science, Blood, PNAS e New England Journal of Medicine. Ora sono in fase di avvio le sperimentazioni cliniche, che riguardano sia nuovi strumenti diagnostici sia nuovi farmaci o terapie cellulari, su malati affetti da tumori oncoematologici: “Storicamente le innovazioni sono arrivate dall’oncoematologia, prima di essere trasferite ad altri ambiti dell’oncologia” spiega Mantovani.

munitario per comunicare, e sono molto importanti per l’oncologia perché alcune di esse sono bersaglio di farmaci. Di questa famiglia fanno parte anche le interleuchine, che Mantovani ha iniziato a studiare fin dagli anni novanta scoprendo l’esistenza di un particolare recettore dell’interleuchina-1 che anziché far scattare la serratura, la blocca: “Anche questa scoperta ha modificato radicalmente la visione comune tra gli scienziati e aperto nuove strategie terapeutiche. E pensare che quando nel 1983 pubblicammo il nostro primo articolo importante su Science eravamo quattro gatti a occuparcene. Lo stesso quando abbiamo iniziato a interessarci ai macrofagi, che oggi sono argomento di primo piano” commenta con orgoglio. La pubblicazione più recente – uscita a gennaio, anche grazie a un finanziamento del Programma di oncologia clinica molecolare 5 per mille di AIRC, sul New England Journal of Medicine, la rivista clinica più prestigiosa al mondo – riguarda una molecola che Mantovani studia da anni: “Si chiama PTX3 ed è un antenato degli anticorpi che in alcune situazioni si sta dimostrando capace di predire la prognosi. Per esempio, assieme a Luigina Romano e Agostino Carvalho di Perugia, abbiamo scoperto che nei trapiantati di midollo una carenza genetica di PTX3 è associata a un maggior rischio di infezione da Aspergillus fumigatus, un fungo spesso letale”. Oggi Mantovani dirige una struttura di ricerca e cura di prestigio internazionale e divide il suo tempo tra la famiglia, la passione per l’opera verdiana, quella per la montagna e lo sport: “Nel weekend amo correre, nuotare e sono tifoso dell’Inter, ma allo stadio l’ultima volta sono andato con uno dei quattro nipotini, che voleva vedere il Milan” racconta divertito. Non di rado la ricerca occupa anche le serate e i fine settimana: “Ho il ruolo di direttore scientifico ma ho voluto mantenere un mio gruppo di ricerca – composto da Paola Allavena, Barbara Bottazzi e Cecilia Garlanda – perché continuo a coltivare l’ambizione di mettere un mattone originale nella grande costruzione della biologia e della medicina” conclude, rivolgendo un pensiero a chi lo ha sostenuto: “Senza AIRC non avrei combinato niente. È stata per tutta la mia carriera di scienziato indipendente una fonte di finanziamento, per cui tutte le citazioni dei miei studi vanno condivise con AIRC”.


PROGRESSI NELLA CLINICA Dai geni alla cura

In questo articolo: tiroide farmaci biologici firme molecolari

Il tumore tiroideo aumenta ma fa meno danni

Benché sia in crescita negli ultimi anni, forse anche per una migliore capacità diagnostica, il tumore della tiroide provoca sempre meno vittime grazie ai progressi ottenuti dalla ricerca sulle caratteristiche molecolari delle forme più aggressive e alla messa a punto di nuovi farmaci intelligenti a cura di AGNESE CODIGNOLA n’esplosione dei casi, che ha portato i tumori della tiroide a crescere in modo esponenziale in tutti i Paesi dove sono diffusi strumenti di diagnosi: negli ultimi 30 anni, solo negli Stati Uniti i casi sono triplicati e dati simili si sono registrati un po’ ovunque. In Italia la malattia colpi-

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sce circa 16.000 persone ogni anno, 12.000 delle quali donne; tra queste, negli ultimi vent’anni tale patologia è passata dalla quattordicesima alla quinta posizione della classifica di incidenza dei tumori e ogni anno fa registrare, in generale, un aumento che sfiora il dieci per cento. Una situazione, insomma, che preoccupa e che suscita nei ricercatori interrogativi sulle sue vere cause. Per fortuna, però, mentre la

malattia cresce, anche la ricerca è in movimento dopo anni di stasi, come dimostra l’approvazione, per la prima volta dal 1974, di un nuovo farmaco per questa patologia. Inoltre molte altre nuove cure, pur essendo ancora in fase sperimentale, sembrano promettere bene. RARAMENTE PERICOLOSO In realtà meno del dieci per cento dei tumori diagnosticati rappresenta un vero pericolo per la persona e la sopravvivenza a dieci anni dalla diagnosi (si calcola a dieci e non a cinque anni come per gli altri tumori, proprio perché è molto lunga) è superiore al 90 per cento. Una realtà complessa dunque, che deve essere ancora interpretata in tutte le sue sfaccettature.

La prima questione da affrontare è l’aumento delle diagnosi che, secondo molti, è stato causato dal fatto che tra ecografie, TC e risonanze si è creato un cortocircuito simile a quello esistente per il tumore della prostata: gli strumenti vedono ormai lesioni di pochi millimetri, ma non forniscono alcuna spiegazione sulla loro natura. E così si va avanti: test diagnostici, interventi di asportazione della ghiandola, terapie. Per poi scoprire che in tre casi su quattro il tumore non avrebbe mai costituito un reale pericolo. Secondo altri esperti non tutto è spiegabile in questo modo, perché tra i nuovi casi ci sono tumori già di grandi dimensioni: se il punto debole fosse solo un eccesso di diagnosi

È curabile nel 90 per cento dei pazienti

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PROGRESSI NELLA CLINICA Dai geni alla cura

precoci, e quindi di lesioni molto piccole, quelle grandi e avanzate sarebbero quasi scomparse. Spiega Riccardo Vigneri, docente di endocrinologia e direttore della Scuola di specializzazione in endocrinologia dell'Università di Catania: “Sulle possibili cause ci sono varie ipotesi. Una riguarda l’eccesso di esami che prevedono l’uso di radiazioni nei bambini e nei ragazzi, sottoposti troppo spesso a TC e radiografie di testa e collo e del torace. La tiroide è infatti particolarmente sensibile alle radiazioni ionizzanti – non a caso è il tumore più frequente dopo le contaminazioni nucleari come Chernobyl – e l’accumulo del danno si può tradurre, nell’età adulta, in una neoplasia”. Altri hanno puntato il dito sulla carenza di iodio, ma secondo Vigneri questa ipotesi è debole, perché non si sono verificati mutamenti rilevanti nell’assunzione di iodio nella po-

polazione (anzi, il sale che contiene iodio è oggi usato da milioni di persone) e tali da giustificare la tendenza. INQUINANTI E FERTILIZZANTI Un fattore importante potrebbe essere quello ambientale, su cui Vigneri sta lavorando anche grazie a finanziamenti AIRC. Spiega l’esperto: “I dati di incidenza suggeriscono che gli inquinanti ambientali, in particolare i nitrati, usati per fertilizzare i terreni, abbiano un ruolo non secondario nello sviluppo dei tumori tiroidei. Oltre a ciò vi potrebbero essere fonti naturali di inquinanti pericolosi: si registrano infatti picchi del numero dei casi in diverse zone del mondo vicine a vulcani attivi quali la Nuova Caledonia, l’Islanda e le Hawaii; in Sicilia, vicino a Catania, l’incidenza è quasi doppia rispetto al resto dell’isola. Stiamo conducendo alcuni studi per cercare di capire se c’è qualcosa di specifico in ciò che rilasciano i vulcani e, se sì, di che cosa si tratta: pen-

La speranza da un nuovo farmaco nato per il fegato

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siamo potrebbero essere alcuni metalli pesanti, ma abbiamo bisogno di conferme”. UNA NUOVA INDICAZIONE In attesa che si comprendano meglio le cause della tendenza all’aumento, coloro che si sono ammalati hanno da qualche mese una speranza in più: il sorafenib, già utilizzato nei tumori del fegato e del rene e approvato di recente dalla Food and Drug Administration per i casi avanzati di cancro della tiroide. Il sorafenib è una piccola molecola che inibisce alcune proteine fondamentali per la vita della cellula tumorale, le tirosin-chinasi. La sua efficacia è stata dimostrata in uno studio condotto dagli oncologi del Penn Medicine's Abramson Cancer Center i cui risultati sono stati presentati al meeting dell’American Society for Clinical Oncology del 2013. In esso oltre 400 pazienti con un carcinoma progressivo differenziato, localmente ricorrente o metastatico, che non avevano risposto al trattamento con iodio radioattivo (la terapia più comune, che distrugge il tumore “dall’interno”), sono stati trattati con il farmaco o

con un placebo. Il risultato è stato un raddoppio dei tempi di evoluzione della malattia (calcolata sulla base dei mesi liberi da progressione), passati da 5,8 a 10,8 mesi. Poiché la molecola è già in uso per altre indicazioni, la sicurezza della terapia è stata quella attesa e l’ente americano ha acconsentito all’estensione anche alla tiroide. “Oltre a questo, molti altri farmaci cosiddetti intelligenti sono al momento in fase di sperimentazione” spiega Vigneri, “ma saranno necessari ancora molti studi, perché non è del tutto chiaro il quadro delle mutazioni genetiche che intervengono nelle diverse forme. Alcuni farmaci, comunque, sono già a disposizione nei centri oncologici anche in Italia”. LA FIRMA MOLECOLARE “L’approccio basato sull’analisi genetica potrebbe quindi aiutare molto la diagnosi e i trattamenti del tumore della tiroide” spiega Massimo Santoro, docente di patologia generale all’Università di Napoli e membro del Comitato tecnico


scientifico di AIRC. “Per esempio, nei carcinomi papilliferi, il tipo più comune di tumore maligno della ghiandola, vi sono spesso dei riarrangiamenti dei cromosomi. Quando non ci sono, cioè circa nel 45 per cento dei casi, vi sono mutazioni del gene BRAF, che si riscontrano anche in una frazione (20-30 per cento) di carcinomi anaplastici della tiroide, la forma più aggressiva. Vi sono poi mutazioni a carico di diverse proteine oncogeniche come RAS e RET. Scoprire tutto ciò ci ha permesso di avviare sperimentazioni cliniche con farmaci inibitori di RET e BRAF che hanno dato risultati molto promettenti, anche se compaiono fenomeni di resistenza. I prossimi obiettivi da raggiungere comprendono quindi, accanto al perfezionamento delle conoscenze sui geni coinvolti nei carcinomi tiroidei, anche la scoperta di nuovi farmaci in grado di superare i meccanismi di resistenza”.

Negli ultimi mesi sono stati resi noti due studi: nel primo, presentato al meeting annuale della Società americana di endocrinologia, gli oncologi della Pontificia Università di Santiago del Cile hanno presentato i dati relativi all’analisi di dieci geni che costituiscono la firma genetica del tumore. Il test ha fornito risposte esatte nel 96 per cento dei 300 pazienti coinvolti e si è rivelato in grado di distinguere tra noduli benigni e maligni, consentendo di evitare interventi e terapie inutili. Nel secondo, pubblicato su Cancer, la firma genetica è costituita dai microRNA, frammenti di RNA prodotti dal tumore e presenti nel sangue. In questo caso gli autori, oncologi dell’Università di Sidney, in Australia, hanno dimostrato che il livello di due di questi frammenti, chiamati mRNA 222 e 146b, è circa dieci volte più alto rispetto ai controlli nelle persone con un tumore papillifero e con una patologia benigna come il gozzo. Hanno poi visto che, dopo l’asportazione del tumore, il loro livello si abbassa drasticamente, ma non in tutti i malati: coloro che sono più a rischio di recidiva e hanno una neoplasia più aggressiva continuano ad avere alte concentrazioni di mRNA 222 e 146b. Il dosaggio di questi frammenti potrebbe quindi diventare un esame molto utile per coloro che si ammalano di carcinoma papillifero e per i quali potrebbero essere impostate terapie personalizzate in base al rischio. Al momento il dosaggio di questi microRNA è ancora sotto osservazione, per verificare come essi cambino nel tempo nei malati operati.

STRATEGIE CONTRO LA RESISTENZA

PICCOLE E INTELLIGENTI a speranza per i tumori tiroidei resistenti allo iodio radioattivo viene ancora dal mondo delle cosiddette “piccole molecole”, i farmaci intelligenti che hanno modificato l’andamento di molti tumori. È infatti un membro per ora sperimentale della categoria, chiamato selumetinib, il primo farmaco in grado di far invertire la tendenza dei tessuti tumorali a sviluppare una resistenza alla captazione dello iodio. Lo studio sul selumetinib è stato condotto dagli oncologi del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, prima su cellule e animali e poi su 20 pazienti, e i risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine. Ai pazienti, dopo una dieta ricca di iodio per cinque giorni, è stato somministrato il farmaco. Dopo quattro settimane è stata misurata la capacità della ghiandola tiroidea di “assorbire” lo iodio radioattivo e gli oncologi hanno visto che, in otto pazienti, la cura aveva consentito di raggiungere livelli terapeutici (cioè efficaci contro la malattia) e che tale effetto rimaneva immutato per sei mesi dopo il trattamento; tutti e otto, inoltre, avevano livelli stabili di tireoglobulina (considerato marcatore del tumore) nel sangue. Cinque malati, poi, avevano avuto una risposta parziale e tre una stabilizzazione della malattia. Nessuno ha avuto effetti collaterali diversi da quelli attesi o gravi. Il farmaco si è dimostrato efficace soprattutto nei pazienti con un tumore con una mutazione nota: quella del gene KRAS, già bersaglio di terapie specifiche in altri tumori come quello del colon-retto. Uno dei punti più importanti – hanno sottolineato gli autori – risiede nel fatto che per indurre l’effetto voluto, cioè il ripristino della capacità di captare lo iodio marcato, è sufficiente una breve somministrazione di farmaco e non, come in altri casi, una lunga terapia alla quale, il più delle volte, il malato sviluppa resistenza e per la quale sconta effetti collaterali spesso pesanti. Ora si stanno progettando le fasi successive della sperimentazione clinica, che servirà a verificare l’effetto del selumetinib su un gran numero di pazienti; il trial dovrebbe iniziare entro la fine dell’anno.

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PROFESSIONI PER LA RICERCA L’economista sanitario

L’esperto che fa i conti in tasca alla salute Con i propri studi valuta il funzionamento del sistema sanitario e scopre se una nuova terapia è valida anche in termini di costi economici per la popolazione. Di tutto questo e di molto altro ancora si occupa l’economista sanitario

a cura di CRISTINA FERRARIO economia è la disciplina che studia il comportamento degli agenti economici (persone, imprese, governi) e si concentra sulle decisioni e le scelte che riguardano la produzione e il consumo di beni e servizi. L’economia sanitaria, in particolare, focalizza la propria attenzione sull’impatto economico che possono avere i sistemi sanitari e sui comportamenti che hanno ricadute

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sulla salute”. Così definisce l’economia sanitaria Livio Garattini, che dirige a Bergamo il laboratorio CESAV (Centro di economia sanitaria A. e A. Valenti) dell’Istituto Mario Negri. Si tratta quindi di una branca dell’economia che si occupa di prezzi e di beni di consumo in modo un po’ diverso da quello dell’economia classica. “E questo accade proprio perché il bene in questione è la salute” precisa Alessandro Curto, anche lui in forza al CESAV.

COME SI DIVENTA… ECONOMISTA SANITARIO on esiste un percorso prestabilito per diventare economisti sanitari e, di conseguenza, per chi vuole dedicarsi a questa professione, le strade da percorrere possono essere anche molto diverse tra loro. Si può partire per esempio da una laurea in economia alla quale aggiungere poi uno dei master dedicati all’area economico-sanitaria presenti in molte università italiane. “Non tutte le università propongono questi master, ma in Italia ne esistono di molto buoni, anche a livello internazionale” spiega Aleksandra Torbica, che all’Università Bocconi di Milano dirige il master internazionale MIHMEP. “Un titolo dopo la laurea arricchisce il profilo professionale di un ricercatore” suggerisce Alessandro Curto del CESAV. All’economia sanitaria si può però arrivare senza problemi anche da una laurea in discipline scientifiche, come dimostra la stessa Aleksandra Torbica, laureatasi in farmacia prima di dedicarsi agli aspetti più economici della salute. “La mia formazione mi ha dato la possibilità di capire al 100 per cento l’oggetto che stavo studiando, fosse esso un farmaco o uno strumento diagnostico” precisa la ricercatrice che è anche membro dell’Associazione italiana economia sanitaria (AIES www.aiesweb.it).

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In questo articolo: economia sanitaria costi dei farmaci formazione

Fai la scelta giusta Di certo anche la salute e la ricerca devono fare i conti con l’economia e i budget e in un periodo di crisi, con continui tagli alla spesa sanitaria, questo è ancora più vero. Ma non è solo una questione di crisi. “Bisogna sempre fare delle scelte sensate sia a livello individuale sia a livello di politiche più generali” spiega Aleksandra Torbica, ricercatrice del CERGAS, il Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale dell’Università Bocconi di Milano. E l’economia sanitaria è fondamentale per aiutare a fare le scelte giuste in settori come la salute e la sanità pubblica nei quali è pressoché impossibile riuscire a soddisfare tutti i bisogni – che sono teoricamente infiniti – avendo a disposizione risorse economiche che invece un limite ce l’hanno. In oncologia gli esempi non mancano. “Pensiamo per esempio alla sostenibilità della spesa farmaceutica che oggi è messa a dura prova dalle nuove e assai costose terapie personalizzate” dice Garattini. In questo caso, le valutazioni economiche – se ben utilizzate – possono aiutare le scelte in condizione di risorse scarse, sulla base del rapporto costo-efficacia delle alternative prese in considerazione. C’è poi un altro problema che un economista non può certo ignorare: definire il prezzo di un prodotto sanitario non è quasi mai banale. “È una vera sfida riuscire a definire il valore di un servizio sanitario, sia esso un trattamento specifico o un servizio di assistenza, perché vengono chiamati in causa anche principi che vanno ben oltre quelli tipici dell’economia, come per esempio alcune considerazioni etiche e morali” afferma Torbica.

Regole vecchie con un vestito nuovo Come ricordano gli esperti, ci sono diversi aspetti che differenziano la ricerca in economia sanitaria dalle altre branche dell’economia, come per


esempio il forte intervento dei governi nazionali nel settore, un’incertezza difficile da trattare che non si riscontra in altre realtà economiche, la difficoltà a ottenere informazioni complete (vuoi per motivi di privacy o per motivi più tecnici). Quali sono le conseguenze di tutto ciò? “Innanzitutto possiamo dire che gli schemi dell’economia classica spesso non possono essere utilizzati, così come sono, nella sanità” afferma Garattini. “In termini puramente economici, le regole del mercato libero non sono applicabili alla salute" prosegue. Per esempio, esiste un’asimmetria informativa, ovvero il fatto che le informazioni non sono distribuite in modo equo tra le varie parti in gioco (basti pensare alle conoscenze del medico rispetto a quelle del paziente di fronte a una malattia). “Un altro aspetto importante è che nel settore sanitario spesso chi decide di acquistare un bene o un servizio non corrisponde a chi poi lo utilizza” aggiunge Torbica. “Per esempio il medico decide di prescrivere un farmaco o un esame che poi sarà utilizzato dal paziente” chiarisce. Tutte queste particolarità, assieme all’enorme quantità di servizi e di prodotti da analizzare, costringono gli economisti a usare le regole classiche dell’economia solo dopo averle adattate e declinate su misura per il settore salute.

UNA RICERCA A TUTTO TONDO

L’

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economia sanitaria non è fatta solo di numeri e di calcoli complessi: si utilizzano infatti dati quantitativi e qualitativi, che cambiano a seconda del tipo di ricerca e degli obiettivi, così come cambiano gli strumenti utilizzati per analizzare tali dati. E spesso sono previsti anche periodi di ricerca “sul campo” per la raccolta di dati empirici, a stretto contatto con la realtà che si vuole studiare. La disponibilità di dati provenienti da enormi database, avvenuta in anni recenti, sta cambiando un po’ la figura dell’economista sanitario che deve oggi essere in grado di trattare una grande mole di informazioni attraverso software di gestione dati.


PREVENZIONE Sole e melanoma

Esporsi al sole facilita le metastasi Uno studio pubblicato su Nature dimostra come le scottature favoriscano la disseminazione del melanoma in chi è già colpito dalla malattia

a cura della REDAZIONE odici anni fa un gruppo di ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano, anche grazie a un finanziamento di AIRC, scopriva una proteina, chia-

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mata HMGB1, rilasciata dalle cellule quando muoiono. Ora lo stesso gruppo, coordinato da Marco Bianchi, professore di biologia molecolare all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e vicedirettore della Divisione di

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genetica e biologia cellulare dell’omonimo ospedale, è coautore, insieme a scienziati dell’Università di Bonn, di uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature che dimostra come l’esposizione alla luce solare possa facilitare la formazione di metastasi nelle persone che già sono colpite da un melanoma della pelle. “La proteina che abbiamo individuato anni fa è stata soprannominata ‘allarmina’ perché è il principale segnale che avverte il sistema immunitario della presenza di cellule morte o moribonde” spiega Bianchi. Quando la pelle viene esposta troppo alla luce solare, si arrossa e le cellule, danneggiate dal calore e dai raggi, rilasciano allarmina che richiama sul luogo le cellule del sistema immunitario (in particolare i linfo-

citi neutrofili), il cui compito in genere è far fronte alle infezioni. In questo caso, però, il sistema immunitario diventa complice del tumore e, se nel punto danneggiato è presente un melanoma, persino in forma iniziale, anche le cel-


In questo articolo: sole prevenzione melanoma

lule tumorali rilasciano allarmina. Questa richiama i neutrofili che producono il fattore di necrosi tumorale, una sostanza che induce le cellule di melanoma a disseminarsi. “Le metastasi del melanoma possono fermarsi ai linfonodi vicini ma più spesso invadono organi distanti, come il polmone, il fegato, il cervello o le ossa” continua Bianchi. IL RUOLO DEL SOLE Da alcuni anni le ricerche avevano ridotto il ruolo del sole nella genesi del melanoma: in questo tumore infatti sono coinvolti aspetti genetici (lo dimostra il fatto che il melanoma si presenta anche in parti mai esposte al sole come la pianta del piede), mentre le ustioni solari, specie in età infantile e giovanile, au-

mentano il rischio di sviluppare le altre forme di tumore della pelle, meno aggressive. Diverso è quindi il ruolo del sole nel rendere la malattia più aggressiva: una volta presente, ma magari non ancora diagnosticato, il melanoma risponde all’attacco dei raggi metastatizzando rapidamente. E poiché sono le metastasi a preoccupare maggiormente i medici, dal momento che sono difficili da trattare chirurgicamente e rispondono poco alle cure, controllare l’esposizione al sole è una necessità. “Questo processo, del tutto distinto dall’insorgenza del tumore, spiega come da un melanoma primario si diffondano le metastasi, in particolare quelle verso il polmone” afferma Bianchi. “Una scottatura per troppo sole è sempre da evitare, a maggior ragione se sulla pelle è presente un melanoma”. Ciò significa che le persone a rischio (per tipo-

Esporsi al sole con moderazione è comunque benefico

PREVENZIONE

LE NORME PER LA TINTARELLA IN SICUREZZA vitare di andare al sole nella bella stagione non ha senso (anche perché la sintesi di vitamina D, necessaria a mantenersi in buona salute, è legata ai raggi solari), a meno che non si faccia parte di una categoria ad altissimo rischio per tumori cutanei, come alcuni individui con nevi displasici (un’alterazione della pelle che deve essere identificata dal dermatologo). In linea generale è sufficiente: • Conoscere il proprio fototipo, cioè la capacità di resistenza della propria pelle sotto il sole. In genere si classificano secondo cinque diverse categorie che potete trovare (insieme a molti altri consigli) sul sito di AIRC all’indirizzo www.airc.it/sole • Evitare di sottoporsi a lampade e lettini abbronzanti che, secondo alcuni studi, aumentano, invece di ridurre, il rischio di un tumore della pelle.

E

logia di carnagione, per storia familiare o perché guarite da un precedente melanoma) devono raddoppiare le cautele. La ricerca si sposta ora sullo sviluppo di farmaci capaci di bloccare l’allarmina: “Se riuscissimo a fermare la

proteina appena rilasciata dalla pelle irritata dall’insolazione, potremmo fermare sul nascere le metastasi del melanoma. E forse potremmo bloccare anche le metastasi di altri tumori in altre situazioni in cui è coinvolta l’infiammazione”.

• Utilizzare la giusta protezione solare, per il tempo

necessario (la conoscenza del filtro solare giusto e dei tempi di applicazione è essenziale. Potete chiedere consigli al dermatologo o al farmacista, ricordando soprattutto che non basta mettere la crema una volta sola all’inizio dell’esposizione, ma bisogna ripetere l’applicazione ogni due ore e ogni volta che si fa il bagno o si pratica un’attività sportiva, perché il sudore la elimina anche se formalmente è resistente all’acqua). • Fare attenzione ai più piccoli. I neonati devono stare sempre sotto l’ombrellone, mentre i bambini più grandicelli, se molto chiari di carnagione o tendenti alle scottature, possono essere protetti con appositi indumenti da mare che non fanno filtrare i raggi UV. In questo modo potranno fare dentro e fuori dall’acqua anche tutto il giorno. • Tenere d’occhio le “previsioni del sole”: l’intensità dell’irradiazione dipende anche dalla latitudine, dal calore ambientale, dalla presenza o meno del vento o di superfici riflettenti come le onde del mare.


DIBATTITI L’uso della mammografia

In questo articolo:

Lo screening controverso che merita più attenzione

La mammografia, secondo il BMJ, non sarebbe del tutto innocua: porterebbe infatti a un eccesso di diagnosi di tumori scarsamente aggressivi, come il carcinoma duttale in situ, che nella maggior parte dei casi si riassorbono spontaneamente. Secondo lo studio canadese le sovradiagnosi (con un test all’anno) sarebbero addirittura una ogni tre. Il problema è che il medico non dispone ancora di strumenti capaci di discriminare tra lesioni che si evolveranno e lesioni che invece regrediranno e quindi tratta tutte come un tumore: asporta la lesione (o, in alcuni Paesi dove le tecniche chirurgiche conservative sono poco diffuse, a volte addirittura tutto il seno) ed effettua una terapia per contrastare le recidive, che può comprendere una chemio o anche soltanto un farmaco antiestrogenico come il tamoxifene. Ambedue le cure implicano effetti collaterali che hanno un impatto elevato sulla vita di una donna ancora giovane. Su questo punto, però, possono pesare molto le differenze nella qualità dei sistemi sanitari dei diversi Paesi. In Italia, per esempio, la quadrantectomia è ormai l’intervento standard, contrariamente a quanto accade negli Stati Uniti. Inoltre conta molto l’esperienza del radiologo che osserva l’esame: laddove esistono norme che riguardano i requisiti minimi di un centro di diagnosi precoce del tumore al seno (come accade in Italia, dove si considerano ottimali solo i centri in cui i medici vedono almeno 1.000 mammografie l’anno a testa per almeno tre anni), le diagnosi sono più precise.

screening mammografia controversie

Con l’uscita di uno studio canadese, che dimostrerebbe lo scarso impatto dello screening mammografico sulla mortalità per cancro al seno, si è riaperta la discussione su uno degli screening oncologici più dibattuti nel corso del tempo. La soluzione? Nella personalizzazione della diagnosi, così come già si fa con la cura

a cura di DANIELA OVADIA ltre 90.000 donne, seguite per 25 anni per capire se sottoporsi a una mammografia annuale è utile o meno, costituiscono uno studio importante, che non si può non tenere in considerazione. E infatti quando il British Medical Journal (BMJ) ha pubblicato nei mesi passati i dati di una grande ricerca epidemiologica effettuata in Canada, nessuno è rimasto indifferente. I risultati parlano chiaro, almeno in apparenza: tra due gruppi di donne di età compresa tra i 40 e i 59 anni, metà delle quali è stata sottoposta a mammografia e l’altra metà a controlli senologici e autopalpazione, il tasso di mortalità per cancro al seno e per tutte le cause è assolutamente analogo. La differenza è di sole nove donne in più morte di tumore nel gruppo che non ha fatto la mammografia su 45.000: un dato che, sebbene di grande importanza per quelle pazienti e per le loro famiglie, dal punto di vista statistico non è significativo.

O

Dopo i 75 anni la scelta dipende dalla donna

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Molto dipende dall’età Alla pubblicazione dell’analisi, i giornali hanno riportato i dubbi espressi da molti esperti: la mammografia non sarebbe così utile come ipotizzato perché non incide su uno dei parametri essenziali per la definizione di un buono screening, ovvero proprio la mortalità. Vi sono però altre questioni che è bene prendere in considerazione prima di adottare una strategia di ridimensionamento di quello che è stato uno dei caposaldi della politica di prevenzione oncologica negli ultimi trent’anni. Innanzitutto lo studio canadese si concentra sulla fascia di età più giovanile tra quella interessata ai controlli. In Italia, infatti, lo screening è consigliato solo a partire dai 50 anni, mentre prima si possono fare esami (comprese mammografia ed ecografia) solo su base individuale, cioè se il medico ritiene che quella singola donna sia a rischio per ragioni familiari, ambientali o perché presenta dei sintomi. E il rischio aumenta col crescere dell’età, come affermano anche revisioni recenti (si veda il riquadro in queste pagine).

Mortalità e sopravvivenza Un punto essenziale riguarda infine il fatto che lo studio canadese non abbia rilevato una differenza nella mortalità, ma l’abbia trovata nella sopravvivenza. In tutto, infatti, durante i 25 anni di


osservazione sono morte per cancro al seno 1.005 donne sul totale di 90.000, equamente distribuite tra i due gruppi. Dopo 25 anni, però, era vivo il 70,6 per cento delle donne il cui tumore era stato trovato con la mammografia contro il 62,6 per cento di quelle sottoposte solo a esame medico. Inoltre sopravvivevano di più le donne che grazie alla mammografia avevano individuato lesioni molto piccole. Ciò significa che, benché alla fine la mortalità sia la stessa, la durata della malattia (e quindi gli anni di vita che riescono a trascorrere dal momento della diagnosi) è diversa e la mammografia è in grado di allungarla. Quanto ciò sia positivo non è dato sapere, perché in realtà è possibile che una diagnosi precoce non faccia altro che allungare il periodo di consapevolezza della malattia, come uno strumento che permetta di visualizzare la parte sommersa di un iceberg la cui dimensione è comunque indipendente dall’osservatore. Oppure è possibile che i progressi della medicina siano in grado di cronicizzare il tumore per un periodo più lungo se la diagnosi viene fatta presto, anche se ancora non si è sempre in grado di evitare che quello stesso tumore sia la causa della morte della paziente. Che fare, quindi, nell’attesa che il quadro sia più chiaro? Richard Wender, responsabile dei programmi di diagnosi precoce dell’American Cancer Society, ha già annunciato che è in corso una revisione di tutti gli studi effettuati negli ultimi anni sulla mammografia (tra i quali anche quelli che invece misurano una riduzione della mortalità intorno al 15 per cento tra chi si sottopone a mammografia) che comprenderà anche quello canadese. I risultati sono attesi alla fine del 2014. La speranza è riuscire a dare indicazioni più personalizzate, che tengano conto anche dei rischi legati alla storia individuale. Nel frattempo le linee guida non sono state toccate né modificate e i programmi di screening con le modalità adottate anche in Italia rimangono validi e attivi.

PER LE PIÙ ANZIANE SI PUNTA ALLA PERSONALIZZAZIONE Mentre il BMJ si concentra sulla fascia di età più giovane, il Journal of medical association (JAMA), un’altra importante rivista medica, ha pubblicato ai primi di aprile le nuove raccomandazioni per la mammografia nelle donne più anziane, sopra i 75 anni di età. I consigli sono il frutto di un’ampia revisione di tutti gli studi disponibili. Secondo alcuni esperti, infatti, dopo una certa età la mammografia non serve più, così come non servono più altri screening come il Pap-test. Le linee guida, però, insistono sul fatto che ragionare solo sull’età non ha senso. Bisogna tener conto dell’aspettativa di vita, cioè di quanti anni di vita (e quindi di tempo per lo

sviluppo di un potenziale tumore) restano alla singola donna. Si tratta di valutare fattori genetici e ambientali, oltre che sociali e legati agli stili di vita: il focus, quindi, ancora una volta, è sulla medicina personalizzata piuttosto che su quella che offre a tutte le donne una ricetta pronta sulla base di un elemento così generale come l’età. Chi ha un’attesa di vita di meno di dieci anni dovrebbe sospendere la mammografia e concentrarsi sugli stili di vita, perché probabilmente i danni superano i vantaggi. Le donne con più di dieci anni di vita davanti a sé devono invece scegliere cosa fare su base individuale dopo un colloquio informativo incentrato sulle “aspettative realistiche nei confronti dei risultati dello screening”. GIUGNO 2014 | FONDAMENTALE | 15


VIVERE SANO

Alimenti: la Melagrana

a cura della REDAZIONE presente da secoli nel Sud d’Italia, ma sulle tavole si è diffusa solo in anni recenti: la melagrana (o melograno, che in realtà sarebbe il nome dell’albero) è un frutto non semplice da mangiare, formato da una gran quantità di semi ricoperti da una polpa succosa.

E’

FRUTTA, FIORI E... Corretta alimentazione e Made in Italy sono i pilastri del protocollo steso da AIRC e Coldiretti, per collaborare su attività di raccolta fondi e sensibilizzazione sui temi della sana alimentazione e del sostegno ai prodotti nostrani. Nascono così le “Serate a tavola”, dove AIRC e la Fondazione Campagna Amica, con nutrizionisti ed esperti, offrono un menù solidale per gustare prodotti tipici e genuini. Con il progetto “Buona spesa in tavola” AIRC e Coldiretti propongono, attraverso la grande distribuzione, prodotti a marchio FAI (Filiera agricola italiana) a favore della ricerca sul cancro. La collaborazione tra l’Associazione e Coldiretti dà già i suoi “profumati” frutti, attraverso la MargherITA per AIRC, italiana al 100 per cento, distribuita nei centri giardinaggio aderenti dell’AICG in tutta Italia, fino al 15 giugno, con un contributo di 4,50 euro, di cui 1,50 euro devoluti ad AIRC.

Più facile è utilizzarla per preparare succhi dolci e aciduli allo stesso tempo, rinfrescanti e pieni di antiossidanti. La buccia e la parte bianca che contiene i semi sono ricche di flavonoidi e minerali, che si ritrovano nel succo solo se si centrifuga il frutto tutto intero, buccia compresa. Nei semi sono presenti antocianine che sono all’origine delle sue proprietà antiossidanti. Nella cucina orientale, il succo di melograna viene usato anche in preparazioni salate come carni e insalate per dare un sapore lievemente agrodolce.

Gli studi Il succo di melagrana è stato studiato in laboratorio, su colture cellulari e su modelli sperimentali. In un esperimento condotto per capire come si distribuiscono i principi attivi nell’organismo, è stato dimostrato che la ghiandola prostatica è l’organo nel quale più rapidamente si concentrano gli antiossidanti di questo frutto. Per questo studi successivi si sono concentrati sugli effetti del succo di melagrana su colture di cellule di carcinoma prostatico. Negli esperimenti di laboratorio, la melagrana rallenta la proliferazione di cellule tumorali e induce l’apoptosi, ovvero la loro autodistruzione. È bene però dire che le concentrazioni studiate in questi esperimenti sono difficilmente raggiungibili con un consumo alimentare e sono interessanti soprattutto dal punto di vista farmacologico, per la possibilità di produrre farmaci basati sulle stesse sostanze disponibili in natura. Uno studio effettuato su 48 pazienti con carcinoma prostatico ed elevati livelli di PSA ha verificato che il consumo di un quarto di litro di succo per una media di 33 mesi consecutivi ha rallentato nel tempo l'aumento del PSA, un indice indiretto di progressione della malattia. Ovviamente questo non basta a dire che esiste un effetto a lungo termine sull'andamento del cancro, perché servirebbero studi più ampi e con un tempo di osservazione maggiore. Inoltre si tratta di un unico studio, pubblicato nel 2006. In conclusione, se vi piace la melagrana, consumarne il succo potrebbe essere utile, ricordando sempre che nessun alimento, da solo, costituisce la soluzione per la prevenzione o la cura del cancro. All’interno di una dieta equilibrata e attenta, però, la capacità antiossidante di questo frutto è la benvenuta.


RICERCA Bandi esplorativi

In questo articolo: ricerca esplorativa teorie della scienza bandi

La scienza ha bisogno di esploratori Idee molto fuori dagli schemi possono trovare una fonte di finanziamento? Il progresso della scienza nella storia è avvenuto più per bruschi cambiamenti di paradigma che per passi in avanti lineari. Ora anche AIRC, insieme a Fondazione Cariplo, ha a disposizione un bando esplorativo per chi pensa in modo atipico

a cura di DANIELA OVADIA bandi per finanziare la ricerca scientifica sono diventati molto selettivi e forse anche un po’ conservatori. Prima di dare soldi a uno scienziato vogliamo essere certi che la sua idea abbia solide fondamenta e offra buone garanzie di successo. È giusto così, perché i fondi sono pochi e i bisogni molti. Ma così facendo rischiamo di farci sfuggire qualche idea molto fuori dagli schemi, in grado però di aprire nuove prospettive, in particolare nel campo della ricerca oncologica”. A parlare così è Margaret Foti, direttore generale dell’American Association for Cancer Research (AACR), una delle più importanti charities statunitensi che finanziano la ricerca sul cancro. Proprio l’AACR ha lanciato, ormai più di dieci anni fa, i primi bandi per finanziare ricerche esplorative e altamente creative ma proprio per questa ragione rischiose. “Sono i cosiddetti bandi ‘ad alto rischio e alto rendimento’. Significa che l’investimento che facciamo poggia su basi probabilmen-

I

te meno solide di quanto accade normalmente, ma proprio per questo i potenziali risultati, se l’idea si rivela valida, sono infinitamente più grandi” continua Foti.

Una novità per l’Italia

Anche AIRC, da quest’anno, ha lanciato, in collaborazione con Fondazione Cariplo, un bando analogo. Si chiama Trideo (da Tansforming Ideas in Oncological Research). “Due milioni di euro saranno destinati a progetti di ricerca che non battono le solite strade, ma che immaginano una strategia per la diagnosi o la cura del cancro non ancora esplorata” spiega Maria Ines Colnaghi, direttore scientifico Per AIRC. “I candidati devono Colnaghi diavere di 40 anni, perché i progetti si vuolemeno dare spazio alla creatipuntano vità giovanile”. Quest’anno il sulla bando, con un milione di euro creatività di budget, ha accolto progetti di ricercatori che lavorano in Lombardia e in alcune province del Piemonte, mentre nel 2015 si aprirà, con un altro milione, a ricercatori attivi nel resto GIUGNO 2014 | FONDAMENTALE | 17


RICERCA Bandi esplorativi

del Paese. AIRC e Cariplo contribuiscono equamente al finanziamento, mentre la valutazione dei progetti è demandata a revisori scelti per competenza da AIRC. Si punta a finanziare ogni anno una decina di progetti: l’idea è che ogni finanziamento assegnato consenta di esplorare l’idea con esperimenti che provino se ci sia qualcosa di davvero promettente e concreto. In tal caso il progetto potrà continuare con un finanziamento più tradizionale. Perché la scienza ha improvvisamente bisogno di spingere i ricercatori a osare di più? James M. Gentile è l’ex presidente di Research Corporation for Science Advancement, una fondazione nata negli USA più di 100 anni fa con il compito di aiutare la scienza più innovativa: “L’incoraggiamento delle ricerche ad alto rischio e alto impatto è oggi una priorità per la scienza. È da questo ambito che ci attendiamo scoperte che trasformino il nostro modo di vedere un problema invece di limitarsi ad aumentare il livello di conoscenza in un settore già consolidato. In tempi di budget ridotti, questo tipo di ricerca è generalmente sottofinanziato, perché può essere fuorviante e fallimentare. Quel che dobbiamo capire, però, è che anche una ricerca che non funziona può essere profondamente illuminante: ci dice che una certa strada non è percorribile e fa risparmiare molto tempo a tanti altri” dice Gentile.

Discipline nuove lavorano insieme Una delle ragioni per cui è aumentata l’esigenza di fonti di finanziamento più aperte è la crescente interdisciplinarietà della ricerca. “Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a un cambiamento epocale nella ricerca medica e biologica” dice Margaret Foti. “Oggi nei laboratori si trovano esperti di tutte le discipline e a volte, per curare una malattia, abbiamo bisogno di un fisico o di un matematico che ne forniscano un modello computazionale, di

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un informatico che lo implementi e di uno statistico che analizzi dati e cifre. Da questa unione di menti così diverse scaturiscono idee alternative per attaccare il cancro, solo che queste persone non sanno dove trovare i soldi per condurre le prime fasi della ricerca, e vedere se la strada ipotizzata funziona”. Nel marzo del 2012 la National Science Foundation statunitense ha ospitato il primo workshop internazionale sugli aspetti etici e sociali delle ricerche innovative che ha riunito esperti di tutto il mondo, impegnati ad analizzare, anche dal punto di vista storico e intellettuale, l’importanza delle teorie alternative nell’avanzamento della scienza, per ricavarne delle linee guida utili non solo a chi fa scienza ma soprattutto a chi la valuta e la finanzia, a beneficio del la società intera.

vedere con le idee bislacche, i venditori di false promesse o, peggio, le pseudoscienze. Non è il regno del ricercatore o del medico apparentemente geniale e incompreso che offre ai malati una speranza, ancor prima di averla testata: più un progetto è avveniristico e più deve avere le sperimentazioni rigorose della buona ricerca scientifica. “Anche negli USA abbiamo avuto problemi a spiegare che vi è una differenza sostanziale, ma credo che la cosa più semplice da dire sia che i bandi esplorativi lavorano all’interno dei meccanismi della scienza: i ricercatori che presentano progetti in questi bandi hanno un curriculum di pubblicazioni su riviste controllate dalla comunità scientifica e anche le teorie su cui si basa la loro proposta devono avere una solida base concettuale. Inoltre eventuali risultati saranno applicati ai pazienti solo dopo la pubblicazione su riviste accreditate e una sperimentazione che rispetti tutti i criteri previsti dalle attuali normative. Anche se purtroppo non sappiamo ancora curare tutti i tipi di cancro, e per questo abbiamo bisogno di idee nuove, “abbiamo sufficienti cono-

Anche chi seleziona deve usare la fantasia

Niente a che fare con la pseudoscienza È bene però sfatare subito una possibile fonte di confusione: la ricerca fuori dagli schemi non ha nulla a che

LA RICERCA

CHE TRASFORMA

L’espressione “ricerca trasformativa”, con la quale viene identificata quella oggetto dei bandi ad alto rischio, è iniziata a circolare nei primi anni 2000 negli ambienti in cui si discute di politica della ricerca, ovvero di come è meglio indirizzare gli investimenti in ambito scientifico. A coniarla, molti anni prima, era stato Thomas Kuhn, geniale e controverso filosofo della scienza che nel 1962 ha pubblicato un libro importante per il pensiero scientifico del

Novecento, La struttura delle rivoluzioni scientifiche. In questo testo Kuhn fa importanti affermazioni sul modo in cui progredisce la conoscenza scientifica. Per esempio sostiene che ogni ambito scientifico viene periodicamente sottoposto a “cambiamenti di paradigma” piuttosto che a un progresso lineare. Il cambiamento di paradigma (cioè di visione di base del funzionamento di un determinato ambito della natura, che sia la cellula umana o il nostro sistema solare) apre nuovi orizzonti e consente di utilizzare nuovi approcci per la risoluzione di un problema, approcci che nessuno fino a quel momento aveva considerato. Portatori di


scenze sui tumori e le cellule tumorali da distinguere l’innovazione dall’azzardo, e l’invenzione geniale dalla ciarlataneria” conclude Foti.

Ora che anche AIRC, con Cariplo, ha il suo “bando esplorativo”, che si va ad aggiungere ai bandi simili delle migliori agenzie di finanziamento della ricerca nel mondo. Analoghi progetti sono infatti portati avanti non solo dal-

l’AACR, ma anche da Cancer Research UK (la charity britannica per la ricerca sul cancro), dall’Unione Europea e soprattutto dai National Institutes of Health statunitensi, che hanno creato un canale di valutazione e finanziamento a sé per questo tipo di proposte. Anche la valutazione, infatti, è una nuova sfida, poiché richiede revisori molto preparati ma allo stesso tempo di mentalità aperta e di grande cultura. “Nella nostra associazione ci siamo rivolti a un buon mix tra grandi nomi,

alcuni dei quali premi Nobel, e giovani ricercatori” spiega Foti. “In questo modo ci siamo assicurati qualcuno che abbia una visione storica dell’evoluzione di un certo ambito della scienza e qualcuno di abbastanza giovane da poter guardare avanti”. Anche AIRC ha in corso la valutazione delle proposte pervenute. I risultati saranno disponibili in autunno e ci daranno un’idea della capacità dei ricercatori nostrani di pensare in modo fuori dall’ordinario.

cambiamenti di paradigma sono stati, per esempio, Galileo Galilei o Albert Einstein. Non solo: in base a questa teoria, non esiste una verità scientifica assoluta, ma una verità valida in un determinato momento, che non può essere basata solo su dati obiettivi ma che è determinata anche dal consenso generale della comunità scientifica. La scienza è quindi relativista per sua natura, piuttosto che portatrice di verità assolute. Quando per spiegare un dato fenomeno esistono due diversi paradigmi (come accade per esempio nella fisica moderna), questi sono spesso tra loro inconciliabili. Ciò significa che chi fa ricerca considerando valido un determinato concetto di base, potrebbe un giorno essere

totalmente smentito. Ciononostante la sua ricerca sarà stata utile, proprio perché avrà permesso di smentire ciò su cui era basata. “La nostra comprensione della scienza” diceva Kuhn “non può mai essere pienamente oggettiva: dobbiamo tenere in considerazione anche le prospettive soggettive, poiché tutte le conclusioni oggettive sono, in ultima analisi, fondate su condizionamenti e visioni del mondo soggettive”. Accusato di scetticismo (cioè di aver aperto la porta alle pseudoscienze, ponendo tutte le visioni della scienza sullo stesso piano), Kuhn replicò pubblicando i cinque criteri per distinguere una teoria della scienza seria da un’ipotesi bislacca.

Una teoria scientifica seria deve essere:

Valutatori con fantasia

1 accurata: cioè empiricamente adeguata, oggetto di sperimentazione e osservazione; 2 congruente: ogni sua parte deve essere congruente con le altre, ma la teoria tutta deve essere congruente con le altre teorie scientifiche; 3 ad ampio raggio: le conseguenze della teoria dovrebbero andare oltre l’ambito iniziale per la quale è stata formulata; 4 semplice: una teoria deve fornire la spiegazione più semplice possibile per un dato fenomeno; 5 fruttifera: la teoria deve mostrare nuovi fenomeni o una nuova relazione tra fenomeni naturali.


STORIA DELLA RICERCA La prima raccolta fondi

La donna che sdoganò la parola cancro In un epoca nella quale non era permesso neppure pronunciare la parola cancro, Mary Lasker riuscì a cambiare radicalmente il modo di vedere la ricerca biomedica negli Stati Uniti e a indirizzare verso questo settore grandi investimenti sia pubblici sia privati, grazie soprattutto alla sua tenacia e alla sua fiducia nel potere della ricerca

CARO PRESIDENTE…

Mary Lasker non conosceva le mezze misure quando si trattava di portare avanti la sua battaglia contro il cancro. Per questo nel dicembre 1969 il Comitato dei cittadini per la lotta al cancro – da lei fondato – si rivolse direttamente a Richard Nixon, presidente degli Stati Uniti in carica. “Mister Nixon: lei può curare il cancro” fece pubblicare la Lasker a tutta pagina sul New York Times e sul Washington Post, dove si potevano leggere anche queste parole: “Siamo davvero vicini alla cura del cancro. Ci mancano solo la

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volontà e quel tipo di finanziamento e di pianificazione che hanno portato allo sbarco dell’uomo sulla luna”. Un’immagine molto efficace visto che proprio nel luglio 1969 Neil Armstrong aveva posato per primo il piede sul satellite terrestre. E Nixon non rimase certo insensibile a tale appello. Nel 1971 firmò il National Cancer Act che destinava poco meno di 1,6 miliardi di dollari alla ricerca in un periodo di tre anni, dando un ruolo di primo piano al National Cancer Institute, l’istituto nazionale per la ricerca sul cancro.

a cura di CRISTINA FERRARIO na vita intera dedicata alla ricerca medica, non dietro a un bancone di laboratorio o nelle corsie di ospedale, ma di fronte alle più alte cariche istituzionali a stelle e strisce, fino al Congresso e alla Casa Bianca. Mary Woodart Lasker nacque nel 1900 a Watertown, in Wisconsin, dal banchiere Frank e dalla casalinga Sarah. La prima parte della sua vita non fu dedicata alla medicina: dopo la laurea in storia dell’arte arrivò nel Regno Unito e seguì corsi di perfezio-

U


In questo articolo: raccolta fondi Mary Lasker ricerca sul cancro

namento a Oxford per poi tornare negli Stati Uniti e lavorare alle Reinhardt Galleries di New York. E proprio sul luogo di lavoro conobbe il suo primo marito, proprietario della galleria. Fu però con il secondo marito Albert Lasker, ricco presidente di un’agenzia pubblicitaria, che Mary riuscì a dedicarsi completamente alla sua vera passione: il sostegno della ricerca e la raccolta di donazioni pubbliche e private per finanziare progetti di salute. Mary morì all’età di 94 anni dopo aver ricevuto le maggiori onorificenze del suo Paese e ben dieci lauree ad honorem, a testimonianza di una vita spesa per promuovere la salute.

È solo una questione di soldi? “Se pensate che la ricerca sia costosa, provate la malattia!” questo semplice motto racchiude tutta la filosofia di Mary Lasker, una delle più note – e di certo la più efficace – attivista che si sia mai battuta in favore dell’aumento del finanziamento pubblico alla ricerca medica. Secondo Mary, i soldi investiti nella ricerca biomedica, anche quella di base, erano soldi investiti direttamente nella salute dell’uomo, che ne avrebbe sicuramente tratto enormi benefici. Subito dopo la Seconda guerra mondiale, però, la situazione era molto diversa da quella sognata e proposta da questa donna così tenace: fino a prima del conflitto, le sole ricerche condotte negli Stati Uniti erano infatti portate avanti dalle università, da enti non profit o da aziende private. E come se non bastasse, gli scienziati si opponevano ai finanziamenti statali perché temevano che questi soldi avrebbero limitato la libertà della scienza e tolto ai ricercatori il ruolo di vero motore della ricerca. Mary non la pensava così. “Puoi risolvere qualsiasi problema se hai a disposizione i soldi, le persone e gli strumenti adatti” sosteneva e, animata da questo principio, si lanciò a capofitto nella sua crociata: convincere

le istituzioni a investire nella ricerca biomedica, la vera e più importante arma a disposizione dell’uomo. Il matrimonio con Albert Lasker le permise di entrare in contatto con le persone più influenti dell’epoca e, anche grazie a un lavoro ininterrotto di pubbliche relazioni, riuscì a modificare radicalmente la struttura della ricerca d’oltreoceano. Fu grazie a Mary Lasker che l’American Cancer Association venne riformata e che nel 1948 venne dedicato alla ricerca un quarto dei 14 milioni di dollari di finanziamenti raccolti, fino ad allora devoluti interamente solo all’assistenza. E sempre grazie a lei il budget dei National Institutes of Health (i centri di ricerca finanziati dal governo) passò in un paio di decenni da tre milioni a un miliardo di dollari.

Un’idea fissa e tante critiche La vera grande battaglia di Mary Lasker fu quella contro il cancro. Tutto prese il via da una vicenda personale. La sua governante si ammalò di cancro, ma non volle mai confidarle la diagnosi – la parola cancro era impronunciabile all’epoca – e quando Mary si recò dal medico per avere spiegazioni, lui le disse che avrebbe ricoverato la donna in un luogo con un nome, secondo Mary, oltraggioso: “la casa degli incurabili”. Era giunto il momento di togliere il velo di paura e vergogna che copriva la parola cancro e di elevare la ricerca oncologica al livello delle altre aree della medicina. Ecco che, grazie a Mary Lasker e al marito, su riviste prestigiose e molto diffuse come il Readers’ Digest, vennero pubblicati articoli sull’importanza di screening regolari e di diagnosi precoce e il cancro cominciò addirittura a comparire nelle trasmissioni radiofoniche. Eventi nuovi e inimmaginabili fino a poco tempo prima. Di fronte a tutte le “rivoluzioni” introdotte da Mary e Albert non mancarono però le critiche: erano in molti a pensare che Mary avesse oltrepassato i limiti sia perché era una donna sia perché era una profana, non una vera

UNA FONDAZIONE PER PORTARE AVANTI LA CAUSA

Nasce nel 1942 la Albert and Mary Lasker Foundation, dedicata al progresso della ricerca biomedica “con lo scopo di alleviare le sofferenze dell’uomo e di migliorarne la salute e il benessere”. Integrità, indipendenza da influenze politiche e imparzialità negli sforzi dedicati all’educazione e all’informazione sui benefici della ricerca medica sulla salute sono solo alcuni dei principi sui quali si basano le attività della fondazione, ancora oggi molto attiva negli Stati Uniti e nel mondo per portare avanti il messaggio e l’opera dei suoi fondatori. E così, in perfetto stile Lasker, la fondazione assegna prestigiosi premi (Lasker Foundation’s Awards) ai ricercatori, ai clinici, ai giornalisti scientifici e a tutte le persone che hanno contribuito in modo significativo a migliorare la salute dell’uomo. Non mancano poi raccolte di fondi da indirizzare alla ricerca e programmi educativi creati con l’idea che la scienza abbia la capacità di dare forza alle persone in ogni parte del mondo, abbattendo barriere razziali, culturali, geografiche ed economiche.

esperta di medicina o economia. Altre critiche arrivarono dallo stesso mondo scientifico e politico soprattutto a causa dell’insistenza di Mary, che spingeva verso un’applicazione pratica dei risultati delle ricerche sui pazienti, magari con la creazione di nuovi trattamenti: “La gente muore mentre noi parliamo, e la gente non ha certo bisogno di morire!” affermava, in una società che non era ancora del tutto pronta a recepire il messaggio che oggi è uno dei pilastri della ricerca: il cancro può diventare una malattia curabile, ma perché questo si realizzi bisogna investire soldi ed energia.

Affrontò il cancro con le tecniche del marketing

GIUGNO 2014 | FONDAMENTALE | 21


Servizio fotografico Anna Chiara Lodi

IFOM Iniziative per la scuola

Una partnership all’insegna dell’amore per la ricerca Il laboratorio didattico di IFOM offre la possibilità a studenti e insegnanti di immergersi nel mondo della ricerca sul cancro. Un’occasione formativa che hanno vissuto anche i ragazzi vincitori del concorso AIRC per le scuole superiori a cura della REDAZIONE na giornata in laboratorio (e non solo) presso IFOM: anche quest’anno i ragazzi che hanno vinto il concorso Una metafora per la ricerca indetto da AIRC per le scuole secondarie superiori hanno potuto usufruire delle attrezzature e della competenza del laboratorio didattico dell’Istituto FIRC di oncologia molecolare.

U

22 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2014

“Da molti anni ormai è attivo il programma You Scientist, un progetto di divulgazione scientifica rivolto alle scuole che coinvolge sia gli insegnanti sia gli studenti” spiega Giorgio Scita, responsabile di questo settore di IFOM oltre che direttore del programma di ricerca “Meccanismi di migrazione e invasione dei tumori”. Grazie a una lunga esperienza e a tecnici appositamente formati, le classi

che visitano IFOM possono condurre veri e propri esperimenti in un luogo attrezzato per loro ma non dissimile da un vero laboratorio. Possono inoltre visitare il più importante centro di ricerca oncologica d’Italia e apprendere da giovani ricercatori di successo l’amore per la ricerca oncologica.

Creatività su più media È proprio per questa capacità di trasmettere entusiasmo per la scienza che IFOM è stato scelto come partner del progetto AIRC dedicato alle scuole superiori, che si inserisce in una più ampia attività che parte addirittura dalle materne, promossa da AIRC in collaborazione con il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca (MIUR). Con il concorso si vogliono sensibilizzare i più giovani sulla malattia ma anche sulle possibilità offerte dalla scienza facendo leva sul processo creativo che è loro più congeniale. Possono infatti produrre un video, una foto, un disegno o un testo che esprimano la

... per saperne di più: www.scuola.airc.it/concorso.asp


In questo articolo: una metafora per la ricerca AIRC scuola IFOM

loro idea della ricerca sul cancro, “una metafora per la ricerca”, come recita il bando del concorso. Hanno partecipato in tanti, più di 100. Le opere sono state presentate sul sito di AIRC dedicato alle scuole (www.scuola.airc.it) e i 20 finalisti sono stati scelti in base ai voti espressi dal pubblico. Infine i cinque vincitori (uno per categoria più il Gran premio) sono stati selezionati da una giuria che comprendeva, oltre a un rappresentante di AIRC e a Giorgio Scita di IFOM, anche Daniele Selvitella aka Daniele Doesn’t Matter, uno youtuber (ovvero un opinionista di successo sul sito di video YouTube) in grado di rappresentare al meglio i più giovani. Sopra, i vincitori del concorso sperimentano nel laboratorio di IFOM: da sinistra, Massimiliano Dal Mas, Vittorio Sibiriu, Chiara Bellotti, Sophia Milioli, Beatrice Savini. A sinistra, Daniele Doesn’t matter durante il dialogo con i ragazzi.

Luci, muri e paure Massimiliano ha disegnato un bosco illuminato da una luce (la ricerca che illumina il buio della malattia); Vittorio ha scelto di invitare ad abbattere con la ricerca il muro creato dal cancro, Beatrice ha scattato la foto di un libro aperto la cui storia è ancora tutta da scrivere, Chiara ha girato un video, Briciole di vita, dedicato alle piccole e grandi paure che costellano l’esistenza. Infine Sophia, che si è aggiudicata il Gran premio, ha scelto il labirinto per simboleggiare la necessità di trovare la propria strada tra gli ostacoli. Accompagnati dai propri insegnanti di scienze, i cinque ragazzi hanno trascorso a Milano 48 ore molto intense, tra interviste ai quotidiani, premiazioni e tempo passato a lavorare in laboratorio, estraendo il DNA e sequenziando un gene. “Non escludo che questo possa essere il mio futuro” dice Massimiliano Dal Mas, di Belluno, che ammette di avere già un certo interesse per la biologia. Vittorio Sibiriu di Vibo Valenzia, invece, ha trovato il modo di sintetizzare in maniera efficace, diretta e per nulla retorica il significato della malattia: uno sforzo che nasce anche da esperienze personali e che gli è valso il

premio per la categoria dei testi. Per Chiara Bellotti è l’uso del video che ha aperto nuove possibilità: “L’idea mi è venuta pensando alla paura del padre di un mio amico quando gli è stato diagnosticato un cancro del fegato che gli dava solo poche settimane di vita. Ho pensato di rappresentare tutte le paure che il malato ha provato nella sua vita, da quelle dei bambini alla grande paura di morire. Ma così come le altre paure sono state sconfitte, anche quella del cancro può esserlo, grazie alla ricerca che riporta indietro le lancette di un orologio che stava per scandire la fine della vita”. I ragazzi che hanno partecipato al concorso sono stati spinti da insegnanti volenterosi e attenti, che pensano alla scuola non solo come un luogo in cui si insegnano nozioni, ma anche

come una palestra di vita, un posto per confrontarsi con i grandi problemi che affliggono l’umanità e per sperimentare le scelte di vita future. Non a caso alcuni degli studenti premiati provengono da scuole nelle quali il concorso è stato portato avanti anche negli anni passati e dalle quali sono già usciti dei vincitori. Una risorsa imprescindibile per AIRC e per la ricerca oncologica, cui vanno aggiunte tutte le istituzioni scolastiche e gli insegnanti che si prodigano a fianco di AIRC nelle scuole.

IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare che svolge attività scientifica d’avanguardia a beneficio dei pazienti oncologici è sostenuto da FIRC, Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, attraverso lasciti testamentari.


CONCORSO Una metafora per la ricerca

Le opere: ecco gli elaborati dei cinque vincitori

DISEGNO - MASSIMILIANO DAL MAS, Liceo scientifico G. Galilei, Belluno È la rappresentazione ideale di come spesso procede la ricerca: un’intuizione sperimentale, improvvisamente e a volte inaspettatamente, getta luce sulla complessità del cancro, scopre nuove vie che avvicinano alla cura, accende nuovi orizzonti verso la guaribilità dalla malattia.

Il cancro è un muro che separa dalla vita, la ricerca può abbatterlo. TESTO - VITTORIO SIBIRIU, Liceo scientifico G. Berto, Vibo Valentia Abbattere quello che può sembrare un muro impenetrabile è possibile solo studiando i singoli mattoni che lo compongono, per colpirne i più fragili e riuscire far crollare l’intera struttura. Così procede la ricerca, per abbattere il muro del cancro che incombe sulla vita.

VIDEO - CHIARA BELLOTTI, Liceo scientifico E. Fermi, Arona (Novara) Mentre l’esistenza scorre tra gioia e dolore – e le fredde dita del cancro portano in avanti le lancette della vita – la speranza che qualcosa possa spezzare questo flusso impetuoso non è vana. Allo stesso modo la ricerca sul cancro progredisce grazie al contributo fiducioso e instancabile di ricercatori e sostenitori. IO REMLIOLI P N I GRAPHIA M O S

FOTOGRAFIA - BEATRICE SAVINI, Liceo scientifico E. Sanfelice, Viadana (Mantova) Il “libro” ha un profondo valore simbolico per la ricerca sul cancro. È il “manuale” del genoma umano. È lo studio – intenso e appassionato – dei ricercatori. È il racconto di tante vite che affrontano la malattia. Il fiore e il microscopio rimandano ad AIRC, impegnata in prima linea per raggiungere il finale della storia.

GRAN PREMIO - SOPHIA MILIOLI, Istituto Tecnico Industriale E. Fermi, Modena La ricerca sul cancro come un labirinto: irto di ostacoli e deviazioni inaspettate, rispetto ai presupposti iniziali. Solo con impegno e perseveranza si raggiunge l’obiettivo, ad esempio una terapia mirata per un certo tumore. Una sfida che non si vince da soli, ma grazie a un lavoro e a una sinergia di gruppo.


BILANCIO SOCIALE AIRC-FIRC 2013

Tutti in corsa contro il cancro

Anche quest’anno AIRC e FIRC pubblicano il Bilancio sociale che propone una visione di tutte le attività svolte per perseguire la missione di rendere il cancro sempre più curabile. Una corsa a cui partecipano sostenitori, volontari, ricercatori e molti altri, come potrete leggere online da luglio sul sito

www.bilanciosociale.airc.it

AIRC crede nella multidisciplinarietà e valorizza il lavoro di noi fisici, creando una sinergia meravigliosa tra branche diverse della scienza per osservare il cancro da diverse angolature e, quindi, trovare diverse soluzioni. (Anna Chiara, ricercatrice)

94 milioni di euro destinati alla ricerca da AIRC e FIRC 565 progetti di ricerca finanziati* Oltre 5.000 ricercatori coinvolti** Dopo cinque anni mi hanno dichiarata guarita e quella parola ha racchiuso lo sforzo che io e gli altri abbiamo fatto per sconfiggere la malattia e senza AIRC questo non sarebbe stato possibile. Era la mia malattia, ma è stato l’aiuto di tutti. (Eleonora, testimonial della ricerca)

3.848.345 visitatori unici del sito AIRC 417.325 liker su Facebook 152.000 iscritti alla newsletter

Ai miei figli ho raccontato tutto quello che è successo durante la mia malattia e ora anche loro vengono in piazza con me, perché i ricercatori abbiano gli strumenti economici per aiutare i pazienti e perché solo la ricerca può trovare nuove opportunità di cura. (Maurizio, volontario AIRC) * 565 IG, Start-up e MFAG a cui si aggiungono 149 unità di ricerca che lavorano nei Programmi 5 per mille. **Somma delle unità di personale dei progetti AIRC in corso, stimata in base alle indicazioni date dai ricercatori al momento della sottomissione della domanda di finanziamento o della richiesta di rinnovo.

20.000 volontari 611.221 piantine di azalea distribuite 17 Comitati regionali

Penso che la ricerca sia la strada giusta perché sempre più persone siano curate: solo attraverso di essa si può immaginare un futuro dove la malattia possa essere sconfitta; non conosco altre strade se non investire tutto sui ricercatori. (Carlo, socio AIRC)

4.659.400 copie di Fondamentale spedite 1.413.813 soci e sostenitori attivi (al 30/06/13) 136 lasciti testamentari accettati


BILANCIO D’ESERCIZIO AIRC 2013

STATO PATRIMONIALE AIRC (valori in euro) 31/12/2013

31/12/2012

1.102.546 162.300 (23.625) 138.675 1.241.221

1.102.546 156.300 (18.756) 137.544 1.240.090

3.993.822 98.616.924 42.730.217 145.340.963

3.568.378 89.738.822 44.320.685 137.627.885

1.733.578

2.340.885

TOTALE ATTIVO

148.315.762

141.208.860

PASSIVO

31/12/2013

31/12/2012

72.773.397

70.056.625

4.724.543 67.086.565 71.811.108

(5.667.054) 72.753.619 67.086.565

144.584.505

137.143.190

82.225

82.225

812.823

809.572

1.845.125 163.933 239.401 587.750 2.836.209

1.870.539 179.364 251.830 872.140 3.173.873

-

-

148.315.762

141.208.860

56.569.756 33.183.844

65.360.152 43.251.490

55.771.052 18.800 20.470

18.800 20.470

ATTIVO B) II 1) 2) 2)

L’attività in cifre a quasi 50 anni cerchiamo di rendere il cancro sempre più curabile. Per questo, sosteniamo progetti scientifici innovativi grazie a una raccolta fondi trasparente e costante. La nostra attività ci permette di destinare alla migliore ricerca oncologica le risorse di cui ha bisogno: nel 2013 AIRC ha erogato alla ricerca 79 milioni di euro. Se anche in questi anni di incertezza economica è stato possibile garantire ai ricercatori italiani il sostegno in questa corsa verso soluzioni efficaci per prevenire, diagnosticare e curare i tumori, è merito soprattutto dei soci, che confermano la priorità della battaglia contro il cancro, e di tutte le persone che, con il proprio contributo economico, di tempo e lavoro, ci accompagnano e ci sostengono. Vogliamo ringraziare i tanti volontari che realizzano la miriade di iniziative di raccolta fondi e le centinaia di migliaia di contribuenti italiani che dal 2006 destinano ad AIRC il 5 per mille delle imposte, confermando l’alta fiducia nell’operato di AIRC. Pilastri che sostengono l’attività dell’Associazione sono poi i presidenti e i consiglieri dei Comitati regionali; i dirigenti e il personale degli uffici centrali e periferici; i membri del Comitato tecnico scienti-

D

IMMOBILIZZAZIONI Immobilizzazioni materiali Immobili civili acquisiti per successione e donazione Immobili strumentali Fondo ammortamento beni immobili strumentali

Totale immobilizzazioni C) II III IV

fico, della Commissione consultiva scientifica e tutti gli scienziati coinvolti internazionalmente nel lavoro di analisi e valutazione dei progetti di ricerca; le numerose aziende e istituzioni pubbliche che credono nell’impegno dell’Associazione. Nelle tabelle accanto potete leggere i dati dello stato patrimoniale e del rendiconto gestionale di AIRC. In particolare, il dettaglio dei 79 milioni di euro che AIRC ha destinato a progetti innovativi e a borse di studio per formare i giovani più promettenti: sono oltre 5.000 i ricercatori che grazie al vostro sostegno lavorano con passione e tenacia. La crescente difficoltà nel raccogliere fondi in questo periodo storico non ha quindi fermato i nostri investimenti. Consapevoli che l'entità dei fondi raccolti di anno in anno non è prevedibile, per non rischiare di interrompere i progetti avviati e vanificare gli sforzi intellettuali ed economici fatti finora, accantoniamo la quantità maggiore possibile di fondi a copertura anticipata di progetti pluriennali per offrire stabilità e continuità alla ricerca. Infatti, ogni giorno in Italia vengono diagnosticati mille nuovi casi di tumore e, anche se negli ultimi anni sono complessivamente migliorate le percentuali di guarigione, la ricerca non può fermarsi.

26 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2014

ATTIVO CIRCOLANTE Crediti diversi Titoli e fondi comuni d'investimento Disponibilità liquide Totale attivo circolante

D) RATEI E RISCONTI ATTIVI

A) PATRIMONIO NETTO II Patrimonio vincolato 1) Patrimonio vincolato per decisione degli organi istituzionali III Patrimonio libero 1) Risultato gestionale dell'esercizio in corso 2) Risultato gestionale da esercizi precedenti Totale patrimonio libero da destinare agli scopi istituzionali TOTALE PATRIMONIO NETTO B) FONDI PER RISCHI E ONERI C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO D) DEBITI ESIGIBILI ENTRO L'ESERCIZIO SUCCESSIVO 4) Debiti verso fornitori 5) Debiti tributari 6) Debiti verso enti previdenziali 7) Debiti diversi TOTALE DEBITI E) RATEI E RISCONTI PASSIVI TOTALE PASSIVO F) CONTI D'ORDINE Progetti di ricerca approvati dagli organi scientifici, le cui assegnazioni sono ancora da deliberare dagli organi istituzionali nell'esercizio successivo negli esercizi successivi Contributo del 5 per mille da incassare: anno 2012 (redditi 2011) anno 2013 (redditi 2012) * Beni mobili disponibili in attesa di realizzo Beni mobili da successioni accettati non pervenuti * importi non ancora comunicati, alla data odierna, dagli Organi competenti.

Milano, 15 aprile 2014 - Il presidente Piero Sierra


... versione integrale su: www.airc.it/bilancio-esercizio13 RENDICONTO GESTIONALE A PROVENTI E ONERI AL 31 DICEMBRE 2013 AIRC (valori in euro)

PROVENTI

ONERI

NETTO

PROVENTI

2013 1 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1,8 1.9 1.10

NETTO

2012

ATTIVITA' ISTITUZIONALE DI RACCOLTA FONDI Quote associative e contributi liberali Arance della Salute® Azalea della Ricerca® I Giorni della Ricerca® Auguri di Natale Attività dei Comitati regionali Altre iniziative Beni mobili e immobili ricevuti per successione e donazione Contributi una tantum Comunicazione e sensibilizzazione

21.483.489 3.402.978 9.273.070 4.396.449 1.149.504 4.638.349 968.230 503.618 2.033.900

(4.147.468) (1.424.218) (3.849.923) (401.768) (422.343) (1.367.089) (391.668) (8.338) (1.048.433)

17.336.021 1.978.760 5.423.147 3.994.681 727.161 3.271.260 576.562 495.280 2.033.900 (1.048.433)

21.377.614 3.205.216 9.375.513 4.782.389 1.239.290 4.470.416 1.165.141 1.292.643 2.560.900

(4.526.466) (1.345.796) (4.357.604) (450.184) (383.414) (1.253.914) (238.779) (26.198) (1.463.850)

16.851.148 1.859.420 5.017.909 4.332.205 855.876 3.216.502 926.362 1.266.445 2.560.900 (1.463.850)

Totale parziale

47.849.587

(13.061.248)

34.788.339

49.469.122

(14.046.205)

35.422.917

55.499.587

-

55.499.587

54.527.833

-

54.527.833

103.349.174

(13.061.248)

90.287.926

103.996.955

(14.046.205)

89.950.750

ONERI DI SUPPORTO GENERALE Oneri per il personale Oneri per la gestione Soci Spese generali Godimento di beni di terzi Acquisto di beni durevoli Oneri per la gestione dei Comitati regionali

(5.523.090) (131.848) (722.286) (641.514) (199.641) (396.006)

(5.523.090) (131.848) (722.286) (641.514) (199.641) (396.006)

(5.508.931) (171.163) (905.680) (372.761) (375.342) (385.138)

(5.508.931) (171.163) (905.680) (372.761) (375.342) (385.138)

TOTALE

(7.614.385)

(7.614.385)

(7.719.015)

(7.719.015)

1.11 Proventi da contributo 5 per mille TOTALE 2 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6

ONERI

3

PROVENTI FINANZIARI E PATRIMONIALI

2.355.595

-

2.355.595

3.184.249

-

3.184.249

4 4.1 4.2

PROVENTI E ONERI STRAORDINARI Variazioni di vincolo per rinunzie di borse di studio e ridestinazioni Altri proventi e oneri straordinari

1.051.475 7.571

(16.746)

1.051.475 (9.175)

114.995 1.306

(82.986)

114.995 (81.680)

TOTALE

1.059.046

(16.746)

1.042.300

116.301

(82.986)

33.315

106.763.815

(20.692.379)

86.071.436

107.297.505

(21.848.206)

85.449.299

(78.987.410)

(78.987.410)

(87.862.573)

(87.862.573)

(1.553.440) (806.043)

(1.553.440) (806.043)

(2.235.462) (1.018.318)

(2.235.462) (1.018.318)

(81.346.893)

(81.346.893)

(91.116.353)

(91.116.353)

(102.039.272)

4.724.543

(112.964.559)

(5.667.054)

5.

TOTALE MEZZI DISPONIBILI DELL'ESERCIZIO

6

ATTIVITA' ISTITUZIONALE DI SVILUPPO DELLA RICERCA ONCOLOGICA E INFORMAZIONE SCIENTIFICA Assegnazioni deliberate dagli organi istituzionali per progetti di ricerca, borse di studio e interventi vari Informazione scientifica Fondamentale e sito internet Altri oneri per attività istituzionali

6.1 6.2 6.3

TOTALE RISULTATO GESTIONALE DELL'ESERCIZIO Milano, 15 aprile 2014 - Il presidente Piero Sierra

106.763.815

107.297.505


RACCOLTA FONDI Prevenzione dei tumori femminili

a cura della REDAZIONE l profumo e i colori dell’Azalea della Ricerca hanno invaso per il 30° anno le case di migliaia di italiani: in tanti, infatti, hanno festeggiato la mamma, domenica 11 maggio, scegliendo il fiore che anno dopo anno ha contribuito alla battaglia contro i tumori femminili. Un’iniziativa che da tre decenni può contare sull’impegno prezioso e imprescindibile di 20.000 volontari, che si sono spesi in 3.600 piazze in tutta Italia per distribuire le piantine, raccogliendo quasi 9 milioni di euro*. L’evento assume ancora più significato se si pensa a quanto è stato fatto e viene fatto ogni giorno per rendere sempre più curabili i tumori femminili: nell’ultimo trentennio la salute delle donne è cambiata radicalmente; nonostante l’aumento di incidenza di alcune forme di cancro – legato a errati

I

Fatto 30, diventano quasi 9 milioni!* *Al momento dell’andata in stampa

stili di vita e all’allungamento dell’età media – oggi possiamo registrare un tasso di curabilità molto elevato: basti pensare che la sopravvivenza a cinque anni nelle donne colpite da tumore al seno arriva all'85 per cento (fonte AIRTUM). Ma molto resta da fare e tanti ricercatori finanziati da AIRC sono in prima linea nella battaglia contro questi tumori. Ora potranno fare ancora di più, grazie a tutti quelli che hanno contribuito con l’Azalea, grazie ai partner e ai media, illustrati in queste pagine, che hanno sostenuto l’iniziativa. Come SaldiPrivati ed ePRICE (gruppo Banzai) che hanno destinato ad AIRC il tre per cento del fatturato delle vendite online del 10 e 11 maggio; ePRICE, inoltre, devolve il tre per cento del fatturato della vendita di alcuni prodotti. Tutti i video, le foto dei testimonial e molto altro su www.lafestadellamamma.it.

NBC Universal promuove la prevenzione BC Universal è ancora a fianco di AIRC: dal 5 all’11 maggio, in occasione dell’Azalea della Ricerca, Diva Universal ha realizzato e trasmesso a titolo gra-

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tuito quattro video clip in motion graphic, per sottolineare l’importanza della prevenzione dei tumori femminili, in particolare degli screening, e raccontare il percorso di crescita dei giovani ricercatori AIRC. Inoltre, in-

Mediaset e R101 solidali endere i tumori pediatrici sempre più curabili: con questo obiettivo Mediafriends e R101 si sono unite ad AIRC, in una vera e propria staffetta, ospitando le testimonianze di ragazzi che hanno superato la malattia, di medici e ricercatori e invitando a donare. Dal 28 aprile al 4 maggio i conduttori delle trasmissioni più seguite di Mediaset sono diventati ambasciatori di AIRC: in prima linea Federica Panicucci, madrina della campagna, con Mattino 5, insieme ai colleghi delle trasmissioni più seguite di Videonews, Sport Mediaset e molte altre. Anche R101 ha coinvolto gli ascolta-

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tori, offrendo spazio ad AIRC e ai suoi testimonial nelle trasmissioni, sui social e invitando a donare, e ha trasmesso gratuitamente lo spot dedicato all’iniziativa. Fondamentale la collaborazione dei partner tecnici (TIM, Vodafone, Wind, 3, PosteMobile, CoopVoce, Nòverca, TeleTu, TWT, Telecom Italia, Infostrada e Fastweb), per ricevere le donazioni da SMS e telefono fisso.

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sieme a Studio Universal ha programmato lo spot AIRC per invitare il pubblico ad andare nelle piazze.

Sisal punta sull’oncologia a lunedì 5 a sabato 31 maggio Sisal è a fianco della ricerca sul cancro: nelle ricevitorie è possibile sostenere AIRC, con una donazione libera o giocando la speciale scheda Superenalotto – AIRC, donando 2 o 5 euro. Si può contribuire anche con i Quick Pick dedicati scegliendo fra tre tagli di donazione: 1, 3 e 5 euro. Infine è possibile sostenere la ricerca targata AIRC giocando gli speciali Sistemi integrali. La ricevuta di gioco attesta in modo chiaro l’importo donato.

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Intesa Sanpaolo con AIRC l gruppo Intesa Sanpaolo torna per il 17° anno a fianco di AIRC, in occasione dell’Azalea della Ricerca, come partner istituzionale. Tutti i clienti delle banche del gruppo possono dare un contributo concreto alla ricerca oncologica attraverso i servizi di pagamento della banca. In particolare, Intesa Sanpaolo mette a disposizione dei clienti un ulteriore strumento che facilita la donazione e che dall’evento dell’Azalea si estende per tutto l'anno: con il codice breve 1138 inserito nel campo “beneficiario” del bonifico, è sufficiente indicare l’importo che si desidera donare e la causale per effettuare un’operazione esente da commissioni. Per i clienti Intesa Sanpaolo è possibile sostenere AIRC attraverso bonifico su conto corrente o donazione al bancomat, presso gli sportelli ATM del gruppo, selezionando AIRC dalla lista “donazioni”, in entrambi i casi senza commissioni. Intesa Sanpaolo ha voluto dare grande visibilità a questa iniziativa con AIRC anche sui propri social network.

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Inner Wheel e AIRC, un binomio solidale ei mesi scorsi, AIRC ha sviluppato una proficua collaborazione con Inner Wheel Italia, importante realtà associativa, diffusa su tutto il territorio nazionale, e attiva in progetti culturali e di sviluppo. I 201 club, ripartiti in sei distretti con quasi 6.000 socie at-

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Esercito e artisti per la ricerca sul cancro Si è svolto il 6 maggio scorso, all’auditorium Parco della musica di Roma, il tradizionale appuntamento musicale promosso dall’Esercito italiano, in occasione del 153° anniversario di costituzione della Forza armata, dedicato anche quest’anno alla raccolta fondi per i progetti di ricerca di AIRC. Gli ospiti presenti in sala hanno potuto offrire il proprio contributo, in cambio dell’Azalea della Ricerca. Alla serata, presentata da Elisa Isoardi e culminata nell’esibizione della banda musicale dell’Esercito, sono intervenuti il famoso cantante Gigi D’Alessio, gli attori Massimo Pace e Brando Pacitto, la cantante Gabriella Ferrone e il coro dell’Associazione nazionale alpini di Roma.

tive, hanno promosso un’attività di raccolta fondi per sostenere i progetti di ricerca promossi da AIRC nell’ambito dei tumori pediatrici. “Sosteniamo con convinzione AIRC, condividendo l’obiettivo di rendere i tumori pediatrici sempre più curabili” afferma la presidente nazionale Inner Wheel Italia Mirella Ceni.

The Uniq Collection con la ricerca he Uniq Collection Hotels & Resorts a fianco di AIRC per sostenere la ricerca oncologica. Il brand che riunisce alcuni tra i migliori hotel italiani ha scelto di devolvere parte del proprio ricavato all'Associa-

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zione. A partire da maggio 2014, per un anno, per ogni soggiorno in una delle strutture The Uniq Collection Hotels & Resorts (Hotel Maison Moschino a Milano, Hotel Palazzo Barbarigo a Venezia, Hotel Cala Caterina a Villasimius, Hotel Arte a Parma e Hotel Marengo ad Alessandria) un euro sarà devoluto da Uniq a favore dell’Associazione.

Radio Italia sceglie l’Azalea Radio Italia diventa partner dell’Azalea della Ricerca, nella settimana dal 4 all’11 maggio, dando voce ad AIRC e ai testimonial nella trasmissione In compagnia di... Paoletta e Patrick, invitando gli ascoltatori a donare con il numero solidale e programmando gratuitamente lo spot. Inoltre l’emittente ha informato il pubblico con consigli sui corretti stili di vita e sulla prevenzione e lo ha invitato a donare anche su Radio Italia TV, su www.radioitalia.it e sui propri social. GIUGNO 2014 | FONDAMENTALE | 29


INIZIATIVE Web e mobile

Sconfiggere il fumo, un gioco da ragazzi L’Isola dei fumosi è il nuovo videogioco educational di AIRC, disponibile online e presto come applicazione per smartphone e tablet, per dire di no alla sigaretta in modo divertente

a cura della REDAZIONE all’oscura e infangata palude di catrame al pauroso monte teschio: sconfiggere il fumo diventa un’avventura. E un’occasione per informarsi sui danni che il fumo provoca in diversi organi del corpo umano, per capire quanto sia importante la prevenzione contro i tumori fin da piccoli e scoprire quali passi avanti ha fatto la ricerca oncologica. Il tutto in maniera divertente, con il nuovo videogioco educational di AIRC L’isola dei fumosi, disponibile online, e presto come applicazione per smartphone e tablet, iOS, Android e Windows Phone. L’avventura inizia con la scelta del proprio avatar: due simpatici personaggi da vestire e colorare a piacimento. Quindi parte la corsa nei quattro scenari multilivello: la palude di catrame che rappresenta i polmoni, le caverne dell’oblio, stomaco e apparato digerente, il villag-

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La ricerca ti segue… su smartphone e tablet Il sito di AIRC aggiunge nuovi contenuti e funzionalità per la navigazione con smartphone e tablet. Da oggi si può diventare soci e sostenere la ricerca sul cancro attraverso il proprio dispositivo mobile: ad esempio, effettuando una donazione libera o in memoria, scegliendo bomboniere e partecipazioni, con carta di credito, in modalità sicura, attraverso un percorso semplificato. Iscriversi alla newsletter e riceverla sul proprio smartphone è ancora più facile. Per restare informato sui progressi della ricerca oncologica e sostenerla anche in mobilità visita www.airc.it

gio abbandonato, cuore e apparato circolatorio, fino al monte teschio, il cervello. Attraverso i quattro scenari, l’avatar si scontra con nemici da sconfiggere, cellule tumorali da distruggere, pozze da saltare. Ma in tutto questo non bisogna dimenticare di raccogliere le bolle d’aria pulita, per migliorare la propria energia e salute. Le bolle d’aria vanno anche investite in ricerca altrimenti l’avatar non riuscirà ad arrivare alla fine di tutta l’avventura. A ogni livello di gioco si incontra un amico in pericolo: per salvarlo è necessario rispondere correttamente ai quiz. A ogni risposta corretta, inoltre, si vincono le schede del ricercatore: testi e immagini spiegano in modo leggero, ma scientifico, i danni del tabagismo, la prevenzione e la ricerca sul cancro. In tutto, 20 schede da collezionare che possono diventare un utile strumento didattico per parlare in classe del fumo di sigaretta apprendendo perché è importante evitarlo fin da giovani.

… scopri l’Isola dei fumosi su scuola.airc.it/isoladeifumosi.asp


PROGRAMMA DI DONAZIONE CONTINUATIVA

Il viaggio di tanti nostri ricercatori li porterà a sviluppare terapie innovative nel nostro Paese. Con il suo sostegno al Programma di donazione continuativa “IN VIAGGIO CON LA RICERCA”, possiamo assicurare a tanti promettenti ricercatori di compiere un importante percorso di formazione di due anni all’estero, in istituti di ricerca d’eccellenza, e tre in Italia, per sviluppare qui da noi le cure più avanzate contro il cancro mettendo a frutto le conoscenze acquisite. Per saperne di più e aderire al programma: www.airc.it/inviaggioconlaricerca oppure invii questo coupon ad AIRC - Via San Vito, 7 – 20123 Milano. Inviatemi maggiori informazioni e il modulo di adesione al programma “IN VIAGGIO CON LA RICERCA” Nome Cognome Via/Piazza Città Gentile Socio, ai sensi dell’art. 13, d.lgs. 196/2003, La informiamo che i Suoi dati personali, raccolti con il presente modulo, saranno trattati da AIRC esclusivamente per il conseguimento degli scopi indicati nello Statuto e in particolare per: 1) svolgimento delle attività amministrative e legali connesse alla gestione della donazione e all’invio di comunicazioni cartacee sulle iniziative promosse dall’AIRC a sostegno della ricerca sul cancro. I Suoi dati saranno trattati nel rispetto delle regole di riservatezza e sicurezza previste dalla legge e non saranno oggetto di diffusione ma potranno essere comunicati agli Incaricati e ai Responsabili nominati da AIRC il cui elenco aggiornato è reperibile presso la sua sede nonché a terzi in ottemperanza a obblighi di legge. Il conferimento dei Suoi dati è facoltativo per le finalità di cui sopra. In ogni momento potrà esercitare i Suoi diritti ai sensi dell’art. 7, d.lgs. 196/2003, scrivendo direttamente al Titolare del trattamento AIRC, via San Vito 7, 20123 Milano.

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“Possiamo lasciare più di un sogno.” “Nei titoli di coda, accanto al nome del regista, c’è sempre scritto “Diretto da”, ma un film è sempre frutto del lavoro di un’intera troupe. Tante persone che si dedicano, tutte insieme, allo stesso sogno: raccontare una storia. Solo così le emozioni possono arrivare dallo schermo agli occhi e al cuore delle persone. Anche la lotta per sconfiggere il cancro è una lotta che si combatte tutti insieme. È solo il lavoro di squadra di tutti, dei ricercatori per primi ma anche di tutti noi, che potrà sconfiggere un giorno il cancro. Per questo ho scelto di disporre nel mio testamento un lascito a favore della Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.” Lina Wertmuller

CHIEDI MAGGIORI INFORMAZIONI PER UN LASCITO A FAVORE DI FIRC

02 794707 - WWW.FONDAZIONEFIRC.IT AIUTACI A RENDERE IL CANCRO SEMPRE PIÙ CURABILE.

FONDAZIONE ITALIANA PER LA RICERCA SUL CANCRO

FIRC È LA FONDAZIONE ISTITUITA DA AIRC CHE RACCOGLIE DONAZIONI E LASCITI TESTAMENTARI PER FINANZIARE, INSIEME ALL’ASSOCIAZIONE, I PIÙ AVANZATI PROGETTI DI RICERCA SUI TUMORI.

FIRC Lasciti2014 Fondamentale 202x285 Wertmuller.indd 1

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