Fondamentale dicembre 2025

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Nasce

AIRC

AIRC sostiene progetti in tutta Italia

La rivista di divulgazione scientifica più diffusa in Italia

Guido Venosta presidente AIRC

AIRC raccoglie 40 milioni di lire

Analisi del linfonodo sentinella per guidare chirurgia del tumore al seno

AIRC è online

Prima edizione Arance della Salute

Primi anticorpi monoclonali

Triptorelina efficace per proteggere la fertilità delle donne curate per tumore al seno

Nasce Fondamentale

Nasce il Comitato tecnico scientifico di AIRC

Chemioterapia efficace nei tumori solidi

Quadrantectomia per chirurgia conservativa del tumore al seno

Istituita la Giornata nazionale per la ricerca sul cancro

Nasce IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare di AIRC

Oltre 800.000 persone destinano il 5 per mille ad AIRC

L’infiammazione inserita tra gli hallmarks del cancro

Molti piccoli pazienti superano il tumore alle ossa senza amputazioni

Prima edizione Azalea della Ricerca

Scoperto il ruolo del gene MET nello sviluppo del cancro

Primi programmi speciali 5 per mille AIRC

Prima edizione Cioccolatini della Ricerca

Biopsia liquida per monitorare l’andamento di alcuni tipi di cancro

Tamoxifene a basse dosi diminuisce le probabilità di recidiva del tumore al seno

Un convegno per celebrare la nostra storia e porre le basi del futuro

CAR-T efficaci contro neuroblastoma

VIRUS ONCOGENI

Il rischio di cancro si riduce anche proteggendosi dalle infezioni

Prime mirateterapie

60 anni di AIRC SPECIALE

TESTIMONIANZE

Dalle piccole donazioni al lascito in favore di AIRC

Sommario

FONDAMENTALE dicembre 2025

Eventi

Sfide

Finanziamenti

Divulgazione

Iniziative

Linfomi a cellule

Lasciti testamentari

Sarcomi

Sarcoma

La parola a Antonella Viola

I traguardi dei nostri ricercatori

Dieta sostenibile

Nastro Rosa

FONDAMENTALE

Anno LIII - Numero 5 dicembre 2025 - AIRC Editore

DIREZIONE E REDAZIONE

Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro ETS Viale Isonzo, 25 - 20135 Milano tel. 02 7797.1 - airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152

Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa Rotolito S.p.A.

DIRETTORE RESPONSABILE

Daniele Finocchiaro

COORDINAMENTO EDITORIALE

Anna Franzetti, Simone Del Vecchio

REDAZIONE

Simone Del Vecchio, Jolanda Serena Pisano PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE kilowatt.bo.it

TESTI

Riccardo Di Deo, Fabio Di Todaro, Camilla Fiz, Antonino Michienzi, Arianna Monticelli, Roberta Villa FOTOGRAFIE

Andrea Adami 2025, Leonardo Birindelli 2025, Lavinia Blasi 2025, Claudio Bonoldi 2024, Cosimo Buccolieri 2025, Simone Durante 2025, Giulio Lapone 2023 e 2024, Riccardo Pittaluga 2025, Carlo Ramerino 2025, Pierluigi Siena 2025, Getty Images.

Il rischio di cancro si riduce anche proteggendosi dalle infezioni

Dalle piccole donazioni al lascito in favore di AIRC

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SESSANT’ANNI DI RICERCA: INSIEME PER AFFRONTARE IL CANCRO

Nel 2025, Fondazione AIRC celebra sessant’anni di impegno, a sostegno della migliore ricerca oncologica. Sessant’anni di dedizione, rigore, passione e grandi risultati, che abbiamo voluto ricordare nella copertina di questo numero speciale, facendo necessariamente una selezione delle tappe da segnalare. Ogni anno, in Italia, oltre 390.000 persone ricevono una diagnosi di tumore. Anche grazie ai progressi della ricerca finanziata da AIRC, oggi abbiamo a disposizione trattamenti sempre più efficaci. Tra i risultati più rilevanti conseguiti negli ultimi anni ricordo le terapie a base di linfociti T ingegnerizzati (CAR-T), che hanno rivoluzionato i protocolli di cura delle malattie ematologiche e di alcuni tumori solidi, e la biopsia liquida che, con un semplice prelievo di sangue, oggi consente di monitorare l’andamento di alcuni tipi di cancro e promette di poter diventare una fondamentale metodologia di diagnosi precoce per individuare in alcuni casi la malattia molto prima che si manifesti, aumentando così significativamente le possibilità di sopravvivenza. Sessant’anni di ricerca ci hanno insegnato che ogni scoperta è il frutto di investimenti costanti, perseveranza e collaborazione. Sappiamo però che la ricerca non può mai essere data per scontata: in un contesto internazionale in cui i tagli ai finanziamenti mettono a rischio la competitività e rallentano i progressi, è fondamentale investire con continuità. AIRC ha dato e continua a garantire finanziamenti rilevanti permettendo lo sviluppo di progettualità di lungo respiro. Ha creato le condizioni perché i ricercatori più esperti possano essere mentori di nuove generazioni. Rinnova di anno in anno la sua offerta di bandi, creando un meccanismo virtuoso per sostenere ogni momento della carriera dei ricercatori. Oggi AIRC è il pilastro della ricerca oncologica indipendente e competitiva in Italia: una comunità attiva che può contare su 4,5 milioni di sostenitori, 20.000 volontari e oltre 5.000 ricercatori. Nel 2025, grazie alla generosità di quanti scelgono di supportarci, abbiamo destinato oltre 140 milioni di euro alla ricerca, garantendo continuità ai progetti più promettenti per la prevenzione, la diagnosi e la cura del cancro. Questo posizionamento porta con sé una grande responsabilità: contribuire a rafforzare l’ecosistema della ricerca nel nostro Paese e migliorare, in ogni modo possibile, la cura del cancro. Le sfide che ci attendono sono molteplici: rendere la medicina personalizzata una realtà concreta, accelerare la traduzione delle scoperte di laboratorio in terapie innovative, formare medici capaci di coniugare cura e ricerca di alto livello, promuovere politiche che favoriscano la prevenzione e garantiscano equità di accesso alle cure. Su questo fronte, Fondazione AIRC non può agire da sola. È indispensabile costruire sinergie con le istituzioni e con tutti gli attori pubblici e privati impegnati in questo ambito. La grande quantità e la varietà dei soggetti che sostengono la ricerca oncologica rappresentano una ricchezza che dobbiamo saper valorizzare. La sfida per il futuro, che AIRC raccoglie e rilancia, è creare forme di collaborazione sempre più efficaci per massimizzare i risultati e avvicinarci, insieme, all’obiettivo che ci accomuna: rendere il cancro sempre più curabile.

60 anni di AIRC

Eventi istituzionali

UN CONVEGNO PER CELEBRARE RICERCA, ALLEANZE E FUTURO

L'appuntamento ha riunito istituzioni, ricercatori, giornalisti, volontari e sostenitori, testimoniando il ruolo centrale che AIRC ha assunto nel panorama della salute pubblica italiana

Il 30 settembre 2025 l’Auditorium della Conciliazione di Roma ha ospitato il convegno celebrativo dei 60 anni di Fondazione AIRC, un’occasione per riflettere sul valore economico, sociale e scientifico di 6 decenni di investimenti nella ricerca oncologica e nella comunicazione.

UN’APERTURA ISTITUZIONALEDI ALTO PROFILO

La giornata si è aperta con il saluto di Andrea Sironi, presidente di Fondazione AIRC, che ha sottolineato come la forza dell’organizzazione risieda nella sua capacità di costruire alleanze e guardare al futuro. A seguire, una serie di interventi istituzionali ha confermato il riconoscimento pubblico del lavoro svolto da AIRC: tra i presenti, il ministro della salute Orazio Schillaci, che ha ricordato

Tra gli interventi, quelli del ministro della salute Orazio Schillaci e della ministra

dell’università e della ricerca Anna Maria Bernini

come quelli della nostra Fondazione siano stati “sessant'anni di impegno costante, di coraggio, di risultati concreti, che hanno trasformato il modo in cui l’Italia affronta la sfida del cancro”, e la viceministra del lavoro

Maria Teresa Bellucci, che ha riconosciuto come quella di AIRC sia stata una comunità che “ha trasformato la paura in speranza, che ha sostituito a quella difficoltà di pronunciare la parola cancro la possibilità di parlarne, di condividerla e di poterla affrontare con sempre maggiore coraggio”. Hanno inoltre voluto mandare un videomessaggio la ministra dell’università e ricerca Anna Maria Bernini, che ha augurato un buon anniversario alla nostra Fondazione, ricordando la capacità di AIRC di essere protagonista nel sostegno alla ricerca oncologica, e l’importanza che questo impegno ha ancora oggi; e il viceministro dell’economia Maurizio Leo, che ha raccontato gli interventi previsti per alleggerire e

semplificare gli oneri fiscali a carico degli enti del terzo settore.

LA MAPPA DEI FINANZIAMENTI E

IL MODELLO

AIRC

Uno dei momenti centrali della mattinata è stata la presentazione del rapporto Alle fonti della ricerca da parte di Amelia Compagni, direttrice del centro di ricerca CERGAS dell’università Bocconi, che ha illustrato una mappa dettagliata dei finanziamenti alla ricerca oncologica in Italia. Un intervento di cui parliamo nel dettaglio a pagina 9.

A partire da questi dati, si è svolta una tavola rotonda sul tema del finanziamento della ricerca, moderata dalla giornalista Cesara Buonamici. Tra gli interventi, quelli di Francesco Zaffini, presidente della Commissione affari sociali del Senato, di Maria Rosaria Campitiello, capo dipartimento prevenzione e ricerca del Ministero della salute, di Francesco Saverio Mennini, capo dipartimento programmazione

del Ministero della salute, di Francesco Perrone, presidente dell’AIOM, Associazione italiana di oncologia medica, e di Paolo Siviero, capo dell’area attività regolatoria direzione tecnico-scientifica di Farmindustria. Il confronto ha messo in luce la necessità di politiche stabili e lungimiranti per sostenere la ricerca oncologica e misurarne i risultati, valorizzando il modello AIRC come esempio virtuoso.

IL RUOLO NELLA FORMAZIONE DELL’ECCELLENZA MEDICOSCIENTIFICA ITALIANA

A seguire, una seconda tavola rotonda ha affrontato il tema della storia e del futuro della ricerca oncologica in Italia, con la partecipazione di scienziati di fama internazionale come Chiara Ambrogio, Alberto Bardelli, Lucia Del Mastro, Franco Locatelli, Alberto Mantovani e Alessandro Vannucchi. Moderata dalla giornalista scientifica Laura Berti, la discussione ha evidenziato come l’eccellenza medico-scientifica italiana sia frutto di percorsi sostenuti e valorizzati da AIRC.

Al termine della tavola rotonda, è salito sul palco l’ex direttore scientifico di Fondazione AIRC Federico Caligaris Cappio, che è stato premiato per il suo contributo alla missione di AIRC e in rappresentanza di tutti i ricercatori che hanno fatto la storia della nostra Fondazione.

IL VALORE SOCIALE DELLA RICERCA

Un altro momento significativo è stata la presentazione di un rapporto stilato da CENSIS che ha analizzato l’impatto sociale di AIRC nella società italiana. L’intervento, a cura del segretario generale dell’istituto Gior-

zione pubblica come leva di coesione sociale. Tra gli ospiti, oltre a Giorgio De Rita, l’onorevole Maria Elena Boschi, promotrice dell’Intergruppo parlamentare malattie rare e oncologia della Camera dei deputati, il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, Erminia Attaianese, professoressa dell’Università degli studi di Napoli Federico II, Silvia Calandrelli, direttrice RAI per la sostenibilità, e gli ambassador AIRC Carlo Conti e Carolyn Smith. Il dibattito ha sottolineato l’importanza di una narrazione corretta e inclusiva del cancro, capace di generare consapevolezza e fiducia.

LA VOCE DELLA COMMUNITY AIRC

Nel pomeriggio, il convegno ha lasciato spazio alle testimonianze della community AIRC: volontari, ricercatori, sostenitori e donatori, veri motori della ricerca sul cancro. La conduzione è stata affidata al giornalista Alessio Viola e al creator e ambassador Gabriele Vagnato, con la partecipazione di Roberta Capua. Il presidente AIRC Andrea Sironi e il consigliere delegato Daniele Finocchiaro hanno ribadito il ruolo fondamentale della community nel raggiungimento dei risultati ottenuti in 60 anni di attività. Il momento culminante è stato rappresentato dagli AIRC Awards, che hanno celebrato le storie di chi, con dedizione e passione, ha contribuito a rendere

Il convegno non è stato solo una celebrazione del passato, ma anche un’occasione per rilanciare l’impegno verso il futuro

gio De Rita e della ricercatrice Chiara Ryan, ha mostrato come la fondazione abbia contribuito a trasformare la percezione del cancro, superando tabù e promuovendo stili di vita salutari, fiducia nella prevenzione e nella ricerca. Di questo intervento parliamo nel dettaglio a pagina 14. La successiva tavola rotonda ha approfondito il ruolo della comunica-

possibile il progresso scientifico. Tra i premiati, la testimone della ricerca Barbara Bussetti, in rappresentanza di tutti coloro che hanno scelto di raccontare la propria storia e l’importanza della ricerca oncologica dopo aver superato un cancro; 17 volontari AIRC, provenienti ciascuno da una diversa Regione d’Italia, in rappresentanza delle 20.000 persone che

si mettono a disposizione di AIRC a titolo gratuito; i ricercatori Alberto Inga, Carlo La Vecchia, Silvia Piconese e Paola Zanovello per l’impegno profuso a sostegno della missione di AIRC non solo all’interno del laboratorio ma anche fuori, collaborando alle attività di divulgazione e di raccolta fondi; Caterina Suitner, prima docente universitaria italiana ad aver accolto AIRCampus, il progetto di divulgazione di Fondazione AIRC negli atenei; Raffaella Magnalardo, docente presso l’Istituto comprensivo Rita Levi Montalcini di Chiaravalle (AN) – Plesso Manzoni, per il costante impegno nella promozione del progetto Cancro io ti boccio all’interno del programma AIRC nelle scuole; Roberta Capua, in rappresentanza di tutti gli ambassador AIRC, per il suo lungo e generoso impegno al fianco delle ricercatrici e dei ricercatori; JRE-Jeunes Restaurateurs, per i 20 anni di impegno concreto nel sostenere le campagne di raccolta fondi di AIRC e iniziative di sensibilizzazione sul valore della prevenzione attraverso la sana alimentazione; Mediaset, per il trentennale impegno a sostegno di Fondazione AIRC attraverso il costante supporto alle campagne nazionali; Niccolò Galina, Giuseppe Franco, Deborah Cozzi e Claudio Chiumenti, in rappresentanza dei 4,5 milioni di sostenitori AIRC; e i partner Banco BPM, Chiquita, Esselunga, Fondo ASIM, ISAM e Primark, per l’impegno dimostrato nelle collaborazioni con la nostra Fondazione che ci hanno permesso di finanziare la ricerca sul cancro e sensibilizzare sempre più persone sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce.

SESSANT’ANNI DI FUTURO

Il convegno non è stato solo una celebrazione del passato, ma anche un’occasione per rilanciare l’impegno verso il futuro. In un contesto in cui la ricerca oncologica è sempre più cruciale, AIRC si conferma come punto di riferimento per l’Italia, capace di unire istituzioni, scienza e società civile in una missione condivisa: rendere il cancro sempre più curabile.

60 anni di AIRC

Sfide future

UNA GIORNATA DI PENSIERI, STORIA E VISIONE

a cura di Daniele Finocchiaro, consigliere delegato Fondazione AIRC

Il 30 settembre, il giorno del convegno organizzato per i 60 anni di AIRC, è stata una giornata piena di pensieri, di riflessioni, di storia.

Sessant’anni della nostra organizzazione sono stati racchiusi in un solo giorno, in cui abbiamo provato a immaginare la storia e abbiamo toccato punti, per me, davvero cruciali. La prima parte, dedicata alle istituzioni, ci ha mostrato come AIRC, in questi decenni, abbia saputo ritagliarsi un ruolo primario nella definizione della politi-

ca della ricerca. Lo ha fatto senza clamore, con dedizione, spesso nell’ombra. Non ha mai cercato visibilità nel senso più convenzionale, ma ha saputo riempire spazi che poi sono diventati pubblici. Il fatto che oggi sia stata definita una “Fondazione-Paese” ne è la prova. Anche dalla viceministra del lavoro e delle politiche sociali è arrivata una conferma importante: il ruolo della prevenzione è stato — e continua a essere — centrale per la politica. AIRC si propone come un partner di comunica-

zione autorevole e affidabile per amplificare e diffondere messaggi rivolti a tutta la popolazione, messaggi di prevenzione che salvano vite.

Abbiamo ascoltato i nostri ricerca-

dazione-Paese, capace di promuovere fiducia sociale nella ricerca e nella scienza.

Gli italiani e ancor di più i 4 milioni e mezzo di donatori credono nella ricerca scientifica, si riconoscono nella missione di AIRC. Vorremmo auspicare che questo tema entri ancor di più nell’agenda politica del Paese.

Nella giornata del 30 settembre si è parlato di ricerca forse più di quanto sia accaduto negli ultimi 60 anni nel dibattito politico. E questo è significativo.

La ricerca è il passaporto per il futuro, in qualsiasi ambito. Non abbiamo scuse per non immaginare un futuro migliore, se non attraverso la ricerca. Gli italiani ne sono consapevoli.

Sessant’anni fa, dalla visione e lungimiranza di alcune menti illuminate sono state poste le fondamenta di AIRC, che come ci ha ricordato lo studio del CERGAS ha oggi un ruolo preminente nel finanziamento della

Solo un approccio coordinato, basato su evidenza, trasparenza e meritocrazia, può garantire una ricerca oncologica con benefici reali e duraturi per tutti

tori, veri giganti della ricerca oncologica italiana. È stato affascinante percepire come la ricerca possa essere umile, umana, professionale. Le loro parole sono una testimonianza concreta dell’impatto che AIRC ha avuto nel nostro Paese.

Dal rapporto CENSIS è emerso chiaramente il valore di AIRC come Fon-

ricerca indipendente in Italia. Questo posizionamento ci ricorda e ci responsabilizza nel continuare a guidare la ricerca nel nostro Paese. Ma oggi siamo consapevoli di non poter affrontare una simile battaglia in solitaria. Solo un approccio coordinato, basato su evidenza, trasparenza e meritocrazia, può garantire una ricerca

Se vogliamo che il cancro diventi sempre più curabile abbiamo bisogno di lavorare in sinergia

oncologica con benefici reali e duraturi per la salute pubblica.

Se vogliamo realizzare il sogno di tutti — che il cancro diventi sempre curabile — abbiamo bisogno di lavorare in sinergia. Dobbiamo creare insieme le condizioni per rappresentare e guidare davvero il cambiamento. Esserne il motore, avere un ruolo nella politica della ricerca e della prevenzione italiana. Siamo pronti e disponibili per collaborare e sederci a tutti i tavoli per dare il nostro contributo.

Abbiamo capito quali sono le sfide: creare un ecosistema. Non è semplice. Significa mettersi insieme, smussare le differenze, riconoscere un fine comune. Significa sostenere le carriere dei ricercatori, promuovere l’innovazione nella cura, contribuire alla prevenzione del cancro.

Le stime ci dicono che il burden of disease, l’impatto che il cancro avrà nei prossimi anni nel mondo occidentale, sarà altissimo. Con le risorse attuali non riusciremo a far fronte a ciò che ci aspetta per via dell’invecchiamento della popolazione. Solo attraverso la ricerca, la prevenzione e la diagnosi precoce potremo contenere questo fenomeno.

Sono sfide ambiziose. Ma è fondamentale lavorare in sinergia. È stato il fil rouge di tutti gli interventi del 30 settembre. Insieme possiamo costruire i prossimi sessant’anni di progresso e di speranza.

Finanziamenti alla ricerca sul cancro

IL PUZZLE VIRTUOSO DEL FINANZIAMENTO ALLA RICERCA ONCOLOGICA

In questo articolo:

— NON-PROFIT

— RICERCA COMPETITIVA

— MISURAZIONE IMPATTO

Dal 2016 al 2023 pubblico e nonprofit hanno destinato 2,47 miliardi di euro alla ricerca sul cancro. Da Fondazione AIRC circa il 70% del finanziamento alla ricerca competitiva

a cura di Antonino Michienzi

Tra il 2016 e il 2023 l’Italia ha seminato un tesoro da quasi 2 miliardi e mezzo di euro. A tanto ammonta il finanziamento per la ricerca oncologica in nella nostra nazione. Una spesa che si vede poco, ma che sta già dando – e ancora di più lo farà in futuro – frutti preziosi, aumentando le conoscenze sul cancro, avvicinandoci alla messa a punto di nuovi trattamenti, facendo crescere una comunità di ricercatori e l’intero sistema Paese. La cifra è certamente lontana dall’investimento monstre degli Stati Uniti, che da soli finanziano oltre metà della ricerca oncologica mondiale, ma è tutt’altro che piccola e situa l’Italia tra i big mondiali nel sostegno al settore. In questo scenario, il settore pubblico gioca un ruolo importante, ma quasi la metà della spin-

Complessivamente, il 52% dei fondi alla ricerca sul cancro nel nostro
Paese proviene da fonti pubbliche, il 48% dal settore non-profit

ta economica alla ricerca arriva da attori non-profit: Fondazione AIRC in primis, che, da sola, contribuisce quasi al 40% del finanziamento complessivo. I dati arrivano dal volume Alle fonti della ricerca. Una mappa dei finanziamenti per la ricerca oncologica in Italia, curato da Amelia Compagni e Giulia Broccolo del Centro di ricerca sull’assistenza sanitaria e sociale (CERGAS), dell’Università Bocconi. La ricerca è stata presentata al pubblico in occasione del convegno organizzato da AIRC per i suoi 60 anni di attività, e compie una ricognizione ampia e articolata sul panorama dei

finanziamenti alla ricerca sul cancro, sia a livello internazionale sia in Italia. E, in questo modo, colma molte lacune nella conoscenza di un fenomeno – quello del finanziamento alla ricerca oncologica – fino a oggi poco esplorato.

LA RICERCA ONCOLOGICA

NEL MONDO

Non è semplice trovare il bandolo della matassa in un settore in cui le fonti di finanziamento sono innumerevoli, la trasparenza non è sempre ottimale e le regole disomogenee. Ciononostante, alcuni aspetti

FINANZIAMENTI ALLA RICERCA ONCOLOGICA IN ITALIA, 2016-2023

dell’andamento dei finanziamenti della ricerca oncologica nel mondo sono chiari: il primo è che, salvo che nel periodo della pandemia, le risorse a disposizione sono in crescita da anni. Tra il 2006 e il 2018, per esempio, l’ammontare del finanziamento alla ricerca nell’ambito della International Cancer Research Partnership, una importante rete di enti governativi, pubblici e non-profit che finanziano la ricerca contro il cancro, è passata da 5,5 miliardi di dollari del 2006 agli 8,5 miliardi del 2018. Di pari passo i progetti sostenuti sono passati dal 34.305 a 44.131. I dati colgono solo una parte della ricerca oncologica globale, ma il trend pare inequivocabile.

L’altro aspetto riguarda gli attori in gioco. Gli Stati Uniti sono al momento inarrivabili. Si stima infatti che dagli USA arrivi oltre la metà del finanziamento alla ricerca oncologica

%

26%

MINISTERO DELLA SALUTE

mondiale. Al secondo posto, con circa il 10%, si situa il Regno Unito. A seguire tutti gli altri. Italia compresa. “Questi dati ci mostrano da una parte l’enorme peso relativo degli Stati Uniti nella ricerca oncologica, che probabilmente in un prossimo futuro sarà destinato a cambiare” illustra Amelia Compagni, professoressa associata presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche dell’Università Bocconi e direttrice del CERGAS. “Tuttavia, ci aiuta anche a ridimensionare la narrativa che vuole la ricerca oncologica italiana scarsamente finanziata. Di certo si può fare di più, ma i numeri mostrano che l’Italia, su questo fronte, non è così distante dal Regno Unito, il Paese più virtuoso in ambito europeo.”

CHI FINANZIA LA RICERCA ONCOLOGICA IN ITALIA

Complessivamente, tra il 2016 e il 2023 il finanziamento alla ricerca oncologica in Italia è ammontato a 2,47 miliardi di euro. Il 52% proviene dal

pubblico, il 48% dal settore non-profit. Non è stato possibile invece quantificare in maniera adeguata il contributo dell’industria farmaceutica. Tra le fonti di finanziamento pubblico, il Ministero della salute è il primo contribuente (26% del totale), e ha attribuito fondi soprattutto attraverso la cosiddetta ricerca corrente svolta dagli IRCCS (Istituti di recupero e cura a carattere scientifico), sia pubblici sia privati, allo scopo di dare continuità alle loro attività di ricerca. Subito dietro, l’Unione europea: in tal caso, quasi la metà delle risorse è arrivata con risorse del PNRR, a cui si sono aggiunti fondi erogati, soprattutto, nell’ambito dei progetti Horizon. Provengono, poi, dal Ministero dell’università e della ricerca il 5% delle risorse, e l’1% rispettivamente dalle Regioni e dall’AIFA. Sul fronte del non-profit, Fondazione AIRC ha un ruolo di primissimo piano: con oltre 973 milioni di euro, rappresenta da sola l’83% circa del finanziamento non-profit e quasi il

PERCENTUALE FINANZIAMENTI AIRC SUL TOTALE FINANZIAMENTI NAZIONALI ALLA RICERCA COMPETIVIVA

40% del finanziamento complessivo. Numeri che fanno di AIRC il primo singolo finanziatore della ricerca oncologica in Italia.

Tra gli attori non-profit, un contributo importante arriva anche dalla Fondazione piemontese per la ricerca contro il cancro (100 milioni), dalla Fondazione Umberto Veronesi (50 milioni), dall’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma (30 milioni), dalla Lega italiana per la lotta contro i tumori (20 milioni) e dalla Fondazione Pezcoller (4 milioni).

PUBBLICO E PRIVATO A BRACCETTO

“I dati ci confermano che, in questo settore, il mondo non-profit è molto importante” illustra Compagni. “È una tendenza che vediamo anche all’estero: per esempio nel Regno Unito, dove Cancer Research UK ha un ruolo determinante e rappresenta il secondo finanziatore al mondo in favore della ricerca oncologica, dopo i National Institutes of Health sta-

/ Fondamentale / Dicembre 2025

Fonte: Compagni A., Broccolo G. (a cura di), Alle fonti della ricerca, Egea, 2025.

tunitensi” aggiunge. Tuttavia, come precisa l’esperta, i numeri aiutano anche a sfatare un luogo comune:

“Non è vero che il non-profit intervenga per colmare le lacune del pubblico. Sempre più là dove esiste un finanziamento pubblico forte si assiste anche a un non-profit maggiormente impegnato”.

Infatti, in molti Paesi pubblico e privato perseguono strategie e metodi diversi. Che finiscono per diventare sinergici.

In Italia, per esempio – come già visto –, larga parte del finanziamento che arriva dal settore pubblico (principalmente dal ministero della salute) è destinata a dare continuità e stabilità agli enti di ricerca e di cura di eccellenza del Paese, gli IRCCS. Minore è, invece, la quantità di risorse indirizzata verso la ricerca competitiva

“La ricerca competitiva è quella in cui l’ente finanziatore emette un bando di ricerca – il che significa esplicitare delle priorità – a cui i ricercatori rispondono presentando dei progetti. Esistono poi commissioni di esperti che valutano i progetti, fino ad arrivare, alla fine di questo processo, all’assegnazione delle risorse.”

In questo settore in Italia il non-profit fa la parte del leone. In particolare, Fondazione AIRC, da sola, ha contri-

buito con circa il 70% dei finanziamenti alla ricerca competitiva tra il 2016 e il 2023, con un picco del 72% nel 2021. È attraverso questa modalità, capace di garantire il massimo della qualità e della trasparenza, che vengono finanziati oltre 5.000 ricercatori in quasi 100 istituzioni e strutture sanitarie prevalentemente pubbliche.

SI PUÒ FARE MEGLIO

Finanziamenti alla ricerca in crescita, posizione importante nello scenario internazionale, sinergia pubblico-privato. Le note positive

realtà virtuose, oggi non esiste una ‘anagrafe’ delle ricerche oncologiche finanziate. Ciò non ci consente di conoscere adeguatamente il fenomeno. Per questo sarebbe utile creare un osservatorio in cui pubblico e privato collaborino per catalogare le ricerche che stanno finanziando.” Ciò, continua l’esperta, andrebbe abbinato a una visione, alla capacità di guardare al futuro dandosi delle priorità. “Diverse ricerche mostrano per esempio una scarsa correlazione tra l’entità dei finanziamenti e il carico di malattia: tumori con alto tasso di mortalità e impatto sociale, come quelli al

Fondazione AIRC ha erogato circa il 70% dei fondi nazionali alla ricerca competitiva tra il 2016 e il 2023, con un picco del 72% nel 2021

sul finanziamento della ricerca oncologica in Italia che emergono dalla ricerca non sono poche. Tuttavia, le ricercatrici del CERGAS vedono anche ampi margini di miglioramento. “Trasparenza è la parola chiave” dice Compagni. “Salvo che per alcune

polmone, al pancreas o allo stomaco, risultano sistematicamente sottofinanziati rispetto ad altri” continua. Lo squilibrio dell’attribuzione delle risorse si osserva anche nell’articolazione delle diverse aree di ricerca (con la prevenzione regolarmente penalizzata) o di approcci terapeutici (in tal caso ne fa le spese è, per esempio, la radioterapia).

Infine, sarebbe molto utile mettere a punto metodi per valutare l’impatto della ricerca finanziata e rendere pubblici questi risultati. “È importante mostrare quello che le risorse investite in ricerca producono in termini di nuova conoscenza e di ricadute sui pazienti” aggiunge Compagni. “È un modo per far vedere che il nostro Paese tiene alla ricerca, ma anche per far toccare con mano il fatto che la ricerca non è un costo, ma produce benefici tangibili.” Il non-profit storicamente possiede una maggiore cultura dell’accountability e di responsabilità nei confronti dei donatori. Oggi si sta muovendo anche su questo fronte. “Fondazione AIRC, per esempio, ha iniziato a lavorarci, ma è importante che lo facciano anche i finanziatori pubblici” conclude Compagni.

Impatto

LA LIBERTÀ E LA RESPONSABILITÀ: IL RUOLO DI AIRC NELLA RICERCA ONCOLOGICA

a cura di Anna Mondino, direttrice scientifica Fondazione AIRC

La ricerca ha tempi lunghi e risultati incerti. Innovare vuol dire provare ad andare dove nessuno è mai stato, fare domande alle quali potrebbero non esserci risposte immediate o che potrebbero produrre risposte inattese. Capita diverse volte che l’ipotesi non si riveli corretta ma il risultato sia più interessante di quello previsto. Finanziare la ricerca vuol dire avere fiducia in risultati che ancora non si vedono, vuol dire scommettere sull’innovazione, certi che il percorso può essere tortuoso, ma i risultati non mancheranno. Vuol dire ammettere che i ricercatori possono dover cambiare idea o approccio, e dare loro la libertà di farlo. Fondazione AIRC è nata 60 anni fa grazie alla visione di medici ricercatori, e alla fiducia e generosità di imprenditori visionari. La Fondazione è cresciuta nel tempo. Oggi dà la possibilità a

giovani ricercatori e ricercatrici con idee innovative di trasformare un’intuizione in una proposta operativa concreta. Sostiene chi ha competenza e permette loro di crescere nuovi talenti nei laboratori. Inoltre, finanzia consorzi, offrendo ai ricercatori la possibilità di collaborare per rispondere insieme alle domande che ancora attendono risposte. In Italia AIRC è un’istituzione. Lo è per chi si ammala, per le loro famiglie, per i donatori, i volontari e infine i ricercatori. Ha permesso la crescita della cultura oncologica nel nostro Paese, nei laboratori, e fuori. Nelle case, nelle piazze. Ha reso la parola cancro pronunciabile, e ha convinto che la ricerca è la via per la cura. I ricercatori AIRC hanno contribuito a scoprire che il cancro non è una sola malattia, ma un insieme di malattie e che ogni paziente è unico. Abbiamo capito che i tumori

sono diversi dal punto di vista molecolare e cellulare, e che non sono solo formati da cellule impazzite, ma che hanno un microambiente che contribuisce alla progressione della malattia. Abbiamo studiato nuove terapie chirurgiche, di chemioterapia e radioterapia più efficaci e capaci di preservare la qualità di vita dei pazienti. Abbiamo imparato che in alcuni casi si può evitare la chemioterapia, e usare nuovi farmaci, e che si può cercare di armare il sistema immunitario verso il nostro stesso tumore. Stiamo studiando approcci di diagnostica precoce, non solo per vedere la malattia il prima possibile, quando è più facile curarla, ma anche per seguire la risposta alla terapia, per eventualmente cambiarla in tempo utile.

La strada da percorrere è ancora lunga, ma la visione per il futuro è chiara. La Fondazione rimane fedele alla sua missione: finanziare la ricerca perché diventi cura. Dobbiamo continuare a divulgare i risultati della ricerca, perché abbiamo visto l’impatto che ha avuto sulla cultura oncologica del nostro Paese. Abbiamo capito quanto sia importante uscire dai laboratori e andare nelle piazze. Continueremo a lavorare sulla diffusione della conoscenza e della consapevolezza. Sappiamo che il 50% delle persone che si ammalano oggi possono essere curate e raggiungere un’aspettativa di vita uguale a chi non si è mai ammalato. Sappiamo però anche che il 40% dei nuovi casi di tumore potrebbe essere prevenuto con comportamenti salutari e aderendo agli screening. E abbiamo compreso che non possiamo fare tutto questo da soli. Nei prossimi anni lavoreremo per rafforzare l’ecosistema della ricerca oncologica in Italia, continuando a sostenere la migliore ricerca, a mettere a terra opportunità per giovani ricercatori, lavorando con gli istituti e le istituzioni per sostenerne un percorso di carriera, e contribuendo alla loro formazione. Da soli non ce la possiamo fare, ma costruendo un ecosistema, sì: ce la potremo fare.

60 anni di AIRC

Divulgazione scientifica

FONDAZIONE AIRC: SESSANT’ANNI CHE HANNO TRASFORMATO L’ITALIA

In questo articolo:

— IMPATTO

— FIDUCIA NELLA RICERCA

— TRASPARENZA

Il cancro non è più un tabù incurabile: un’indagine CENSIS svela il ruolo avuto dalla Fondazione nel ridurre lo stigma e far crescere la consapevolezza dei cittadini sul valore della ricerca scientifica e della prevenzione

a cura di Fabio Di Todaro

Per gli italiani non è soltanto un ente di ricerca, ma una vera e propria Fondazione-Paese. Nel sessantesimo anniversario di Fondazione AIRC, un’indagine condotta dal CENSIS celebra il valore sociale della principale organizzazione non-profit italiana. “Pur modificando nella sua storia le modalità operative o i linguaggi, AIRC ha operato sempre tutelando i suoi valori fondanti, con la saggezza di chi sa che i cambiamenti richiedono tempo, impegno, coinvolgimento e capacità di misurarsi con le lunghe derive della società.” Parole di Giorgio De Rita, segretario generale della Fondazione CENSIS, che in occasione della ricorrenza ha indagato il valore sociale generato da AIRC nei suoi 6 decenni di attività. Un arco di tempo durante il quale “se sono cambiate la percezione sociale e la capacità di affrontare la malat-

Fondazione AIRC ha promosso una diversa consapevolezza

sociale sul cancro

tia, lo si deve al lavoro della Fondazione” spiega a Fondamentale il numero uno dell’istituto di ricerca socioeconomica. “Attraverso un’attività articolata, si è riusciti a produrre legami collettivi in una società sempre più segnata dalla voglia di perseguire i destini individuali. Questo agire da corpo intermedio – distinto dallo Stato, ma incardinato nella società – è alla base di un successo di cui oggi si celebra la storia, ma che è perfettamente contemporaneo e che può guardare al futuro con ottimismo.”

DALL’OMBRA DEL TABÙ

ALLA FIDUCIA NELLA CURA

L’indagine è stata condotta tra maggio e giugno 2025 attraverso l’analisi di documenti già disponibili e delle risposte a un questionario fornite da

OPINIONI DEGLI ITALIANI

1.000 italiani, considerati rappresentativi dell’intero territorio nazionale. Quello che è emerso è che Fondazione AIRC ha promosso una diversa consapevolezza sociale. Dalla paura e dallo stigma legati alla malattia si è passati a parlare sempre più spesso di curabilità, mettendo in luce il ruolo centrale della ricerca scientifica. Gli esiti di questo lavoro di divulgazione sono evidenti: il 62,6% degli italiani ritiene che dal cancro si possa guarire in molti casi. Una convinzione particolarmente radicata tra gli anziani (65,4%), che per la maggior parte degli intervistati (88,8%) è legata agli investimenti nella ricerca scientifica. Passano da qui, secondo oltre 2 connazionali su 3, le speranze di trovare risposte anche per quelle malattie caratterizzate ancora da un elevato tasso di mortalità.

SULL’INVESTIMENTO NELLA RICERCA SCIENTIFICA COME SOLUZIONE PRIMARIA PER SCONFIGGERE OGNI TIPO DI CANCRO

88,8%

SÌ, INVESTIRE IN RICERCA È LA SCELTA MIGLIORE

2025

5,3% NO, INVESTIRE IN RICERCA NON È LA SCELTA MIGLIORE 5,9% NON SAPREI

L’impegno nella ricerca – unito allo sforzo compiuto per farne apprezzare il valore anche al pubblico laico – è alla base della reputazione sociale di cui gode oggi Fondazione AIRC. Nove italiani su 10 ne conoscono l’identikit, in oltre il 70% dei casi (in media) sono note almeno un paio di linee di azione: dalla promozione degli screening al sostegno alla ricerca, dalle campagne sull’importanza della prevenzione primaria al valore civico del sostegno alla ricerca oncologica, dall’attività di sensibilizzazione e informazione sul cancro alla promozione delle attività in scuole e università. Merito anche dello sforzo comunicativo, che vede ancora la televisione al primo posto (2 italiani su 3 hanno conosciuto Fondazione AIRC tramite il piccolo schermo). A seguire, la carta stampata (per il 21,9% il veicolo delle informazioni della Fondazione). Ma con il tempo ci si è adattati all’evoluzione della società, con la nascita delle iniziative di piazza e di quelle nelle aziende, passando quasi sempre

ITALIANI CONVINTI CHE IN FUTURO LA RICERCA SCIENTIFICA CONSENTIRÀ DI SCOPRIRE CURE CAPACI DI GUARIRE DA OGNI TIPO DI CANCRO, PER ETÀ

2025

Fonte: indagine CENSIS,
Fonte: indagine CENSIS,

L’importanza dei check-up oncologici per prevenire o individuare precocemente i tumori

Il ruolo della ricerca oncologica nella lotta ai tumori

La promozione degli stili di vita salutari (i comportamenti che aiutano a prevenire i tumori)

Le iniziative per stimolare le donazioni per finanziare la ricerca oncologica (finanziamento progetti di ricerca sul cancro e borse di studio)

La sensibilizzazione sui tumori (di cosa si tratta, come ci si può proteggere, vincere pregiudizi e paure ecc.)

La ricerca oncologica che AIRC svolge direttamente o tramite università, enti di ricerca

La somma delle percentuali non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine CENSIS, 2025

ITALIANI CHE VOGLIONO CHE RISULTATI E STATO DELLE RICERCHE SCIENTIFICHE SIANO COMUNICATI IN MODO SEMPLICE E TRASPARENTE, PER TITOLO DI STUDIO

Fonte: indagine CENSIS, 2025

% MEDIA

attraverso l’ingaggio di oltre 20.000 volontari. Senza trascurare il ruolo dell’house organ Fondamentale (4,5 milioni le copie distribuite nel 2024) e la rapidissima evoluzione dei mezzi digitali, oggi la porta di accesso a tutti i contenuti di AIRC per oltre 1 italiano su 4 (27,9%).

LA RICERCA SUL CANCRO TRA LE PRIORITÀ DEGLI ITALIANI

È un impegno così variegato – nei contenuti e nelle modalità di diffusione – ad aver reso Fondazione AIRC un “Paese”, per riprendere la metafora usata dal CENSIS. “Se 60 anni fa la ricerca sul cancro appariva come l’iniziativa di pochi visionari volenterosi, in questo momento occupa i vertici dell’agenda collettiva degli italiani” puntualizza Chiara Ryan, ricercatrice dell’area consumi, mercati e welfare e responsabile operativa del progetto di ricerca. “L’evoluzione del rapporto degli italiani con le malattie oncologiche ha beneficiato dello sviluppo della ricerca scientifica e del miglioramento delle cure, così come della maggiore attenzione verso la prevenzione e gli stili di vita salutari. AIRC ha contribuito a tutto questo, attraverso una molteplicità di iniziative e dimensioni che messe assieme hanno portato a una mobilitazione collettiva duratura attorno a un obiettivo condiviso: migliorare le cure per il cancro, coinvolgendo quote crescenti di cittadini, aziende e istituzioni.”

I dati generali citati scontano comunque alcune differenze nell’analisi interna al Paese. La consapevolezza della guarigione come esito delle cure è particolarmente spiccata nelle Regioni del Nordovest (68%) rispetto alla media nazionale (62%). Ma c’è comunque un terzo di italiani che ritiene un simile epilogo possibile “soltanto in rari casi” (28,6%), se non “impossibile” (8%).

“Esistono dei margini di miglioramento in questo senso” chiarisce De Rita. “Dietro statistiche di questo tipo si celano spesso una maggiore fiducia nei confronti del Servizio sanitario e della ricerca, ma anche un profilo socioeconomico differente da parte di chi vive in alcune aree del Nord Italia.” Per questo, in un Paese più che mai contraddistinto dalle

disuguaglianze anche in termini di salute, “AIRC deve continuare a essere per tutti e ovunque, per favorire equità e uguaglianza tra i cittadini di ogni età”.

LE SFIDE PER IL FUTURO

Le sfide aperte, pertanto, sono diverse. “Le basi sono ottime, ma questo non toglie che il lavoro da compiere nei prossimi anni sarà comunque importantissimo” aggiunge il segretario

generale del CENSIS. “Per rimanere al passo con l’evoluzione della società, Fondazione AIRC dovrà continuare a lavorare su 3 direttrici: rafforzare l’informazione scientifica, consolidare l’importanza del tempo per conquistare risultati importanti, e continuare a considerare la trasparenza un elemento cruciale del rapporto con la comunità di sostenitori.” In un’epoca contraddistinta dalla mistura tra vero, verosimile e falso, “c’è da lavorare per

“AIRC deve continuare a essere per tutti e ovunque, per favorire equità e uguaglianza tra i cittadini di ogni età”

%

La somma delle percentuali non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine CENSIS, 2025

far arrivare in tutte le case i corretti messaggi riguardanti la prevenzione e gli stili di vita più sani”. Considerando che c'è ancora ampio margine per migliorare l’adesione ad abitudini e comportamenti salutari, occorrerà impegnarsi anche per “tradurre questi messaggi in azioni concrete”. Protagoniste dovranno continuare a essere le scuole, uno degli avamposti attraverso cui AIRC porta avanti iniziative di divulgazione e raccolta fondi, con l’obiettivo comune di avvicinare i più giovani alle discipline STEM (acronimo inglese per scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Sono circa 18.000 quelle coinvolte nelle diverse iniziative. “I giovani sono il futuro: è da loro che bisogna partire” per dirla con il numero uno del CENSIS. Ma non solo. “È fondamentale far capire che serve uno sguardo proiettato nel tempo per riconoscere quali possano essere le linee di ricerca più promettenti e farlo capire agli italiani.”

Capitolo trasparenza: con 0,85 centesimi reinvestiti in ricerca per ogni euro ricevuto in donazione, “le performance testimoniano già una straordinaria efficienza” conclude De Rita. “Non bisogna mai stancarsi di restituire questi dati al Paese, di chiarire la destinazione dei fondi e i risultati raggiunti. È questo il carburante per avvicinare sempre più le persone a fare la propria parte contro il cancro.”

UN GRANDE CONCERTO A FAVORE DI AIRC

Il 5 ottobre all’Arena di Verona Umberto Tozzi ha portato in scena L’Ultima Notte Rosa The Final Tour, l’ultima tappa di un viaggio che lo ha portato in 4 continenti. Il cantautore italiano, autore di molti brani di grande successo che gli hanno permesso di vendere oltre 80 milioni di copie dei suoi album e di cantare in più di 2.000 concerti in tutto il mondo, si è esibito insieme a noti artisti come Laura Pausini, Marco Masini, Raf e i The Kolors, e ha deciso di devolvere parte dell’incasso a Fondazione AIRC. Per la Fondazione, la tappa di Verona del tour di Tozzi è stata anche l’occasione di riunire parte della propria community e festeggiare insieme i 60 anni dell’organizzazione.

UN FRANCOBOLLO PER I 60 ANNI DI AIRC

a cura della redazione

Èstato presentato il primo luglio, anniversario della data di costituzione dell’Associazione per la promozione delle ricerche sul cancro, oggi Fondazione AIRC, il francobollo dedicato ai 60 anni di AIRC. La cerimonia si è tenuta presso il Salone degli Arazzi del Ministero delle imprese e del Made in Italy, che ha emesso il francobollo, alla presenza del sottosegretario al Ministero con delega alla filatelia, Fausta Bergamotto.

L’evento ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali, del mondo della ricerca e della comunità di AIRC, riuniti per celebrare l’impegno pluridecennale della Fondazione nel finanziare la migliore ricerca indipendente sul cancro in Italia e per promuovere la cultura della salute e della prevenzione nelle scuole, nelle piazze, nelle aziende e attraverso i mezzi di comunicazione.

“L’emissione di questo francobollo è un riconoscimento importante perché vuole celebrare l’impegno di una comunità composta da migliaia di persone – ricercatori, volontari e so-

stenitori – che in sessant’anni hanno contribuito a trasformare la ricerca sul cancro da sogno pionieristico a solida realtà scientifica, competitiva a livello internazionale” ha dichiarato il presidente AIRC Andrea Sironi. Fausta Bergamotto ha invece ricordato che “AIRC ha contribuito fattivamente in questi decenni a risultati molto incoraggianti. Un merito sociale nei confronti del nostro Paese che, in virtù della mia delega anche in ambito filatelico, ho deciso di comune accordo con il ministro di riconoscere con un monumento indelebile, qual è l’emissione filatelica che a breve andremo a disvelare, e per la cui realizzazione e supporto ringrazio l’Istituto poligrafico e zecca dello Stato e Poste italiane”. Il francobollo è stato prodotto in 200.004 copie, ed è disponibile presso gli Uffici Postali con sportello filatelico, gli “Spazio Filatelia” di Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Roma 1, Torino, Trieste, Verona, e online al costo di 1,30 euro. Può essere utilizzato per affrancare la posta ordinaria in Italia.

Prevenzione

Virus oncogeni

IL RISCHIO DI CANCRO SI RIDUCE ANCHE PROTEGGENDOSI DALLE INFEZIONI

In questo articolo:

— CLASSIFICAZIONE IARC

— EPATITE B E C

— PAPILLOMAVIRUS

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha inserito il virus dell’epatite D e il poliomavirus a cellule di Merkel nella lista dei cancerogeni. Giudizio “sospeso” per il citomegalovirus (possibile cancerogeno), che in Italia risulta rilevabile in almeno 7 adulti su 10

a cura di Fabio Di Todaro

Tre virus sotto la lente dell’Organizzazione mondiale della sanità: 2 di questi sono stati inseriti nella lista dei “cancerogeni certi per l’essere umano”, uno in quella delle “possibili” cause di tumore. L’ha annunciato sulla rivista The Lancet Oncology un gruppo di esperti dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), il braccio dell’agenzia sanitaria delle Nazioni unite che si occupa della ricerca (non soltanto epidemiologica) in ambito oncologico. Il loro studio ha rivalutato il ruolo cancerogeno di 3 virus: il virus dell’epatite D (HDV), il Poliomavirus delle cellule di Merkel (MCPyV) e il Citomegalovirus umano (HCMV).

DUE VIRUS PROMOSSI A CARCINOGENI CERTI

In seguito all’analisi del gruppo di lavoro composto da 17 scienziati, l’HDV e il MCPyV sono stati inseriti nel gruppo 1, un elenco di cui fanno parte tutti i cancerogeni certi per l’essere umano. Per fare qualche esempio, appartengono allo stesso gruppo altri virus (come quelli delle epatiti B e C e il Papillomavirus), batteri (Helicobacter pylori), alcune sostanze (amianto, benzene, arsenico, fumo di tabacco, fumo passivo, alcol, formaldeide, diossine), radiazioni (ionizzanti, solari), inquinamento atmosferico. Tutti elementi di rischio noti al grande pubblico, anche per la loro correlazione con alcune delle forme di cancro più aggressive, dalle neoplasie polmonari al tumore del fegato, da quello dello stomaco al melanoma. Tornando alle ultime novità, per il virus dell’epatite D si è accumulata nel tempo una mole consistente di studi epidemiologici che mostra un chiaro legame con il carcinoma epatocellulare, la forma più comune di neoplasia che colpisce il fegato. L’infezione da HDV – che può insorgere solo in chi è già infetto dal virus dell’epatite B – è in grado di aggravare i danni al fegato già in corso, amplificando l’infiammazione

cronica e di conseguenza le lesioni cellulari che possono portare allo sviluppo di un tumore. Anche per il Poliomavirus, già da tempo sospettato di essere coinvolto nello sviluppo del carcinoma a cellule di Merkel (una rara ma aggressiva forma di tumore cutaneo), le nuove evidenze hanno confermato un collegamento causale. Più cauto invece il giudizio sul Citomegalovirus umano, molto diffuso nella popolazione mondiale (in Italia, secondo l’Istituto superiore di sanità, si stima una prevalenza del 70-80% tra gli adulti) e spesso contratto già durante l’infanzia. In questo caso, la IARC ha inserito l’agente infettivo nel gruppo 2B (possibile cancerogeno per gli esseri umani). Ciò perché alcuni studi recenti hanno suggerito un’associazione tra l’infezione da citomegalovirus e l’insorgenza

UN PODCAST FONDAMENTALE

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di leucemia linfoblastica acuta nei bambini. In sintesi, secondo i componenti del gruppo di lavoro il Citomegalovirus resta un osservato speciale, ma servono nuovi studi per chiarirne il ruolo nell’eziologia dei tumori.

UN TEMA CHE MERITA ATTENZIONE

Il legame tra virus e tumori non è un concetto nuovo, ma questo aggiornamento firmato dalla IARC riporta con forza l’attenzione su un tema spesso sottovalutato. Alcuni di questi agenti infettivi sono noti al grande pubblico grazie alle campagne di prevenzione, per esempio i già citati Papillomavirus umano (HPV), responsabile dei tumori di cervice uterina, pene e di altre forme di cancro dell’area ano-genitale e di quella oro-faringea, e i virus dell’epatite B (HBV) e C (HCV), che causano principalmente carcinoma epatocellulare. Altri sono meno conosciuti, ma non per questo di ridotta rilevanza clinica. Vanno aggiunti il virus di Epstein-Barr (EBV) che può causare carcinoma di rinofaringe, linfomi, tumore dello stomaco; il virus T-linfotropico umano 1 (HTLV1), legato a un aumento del rischio di leucemia a cellule T dell’adulto; il virus erpetico del sarcoma di Kaposi (KSHV), correlato al sarcoma di Ka-

Il virus dell’epatite D e il Poliomavirus delle cellule di Merkel sono stati inseriti nel gruppo 1, di cui fanno parte i carcinogeni certi per l’essere umano

posi; e il virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV), che aumenta il rischio di sviluppare diverse forme di tumori (principalmente causate da altri virus oncogeni).

Vincenzo Ciminale, ricercatore AIRC e ordinario di patologia generale all’Università di Padova, spiega a Fondamentale in quale modo alcune infezioni virali possono aumentare il rischio di ammalarsi di cancro: “Alcuni agenti agiscono come cancerogeni diretti, mentre altri determinano un aumento del rischio oncologico in modo indiretto” chiarisce l’esperto. “Tra i primi rientrano HPV, EBV, HBV, KSHV e HTLV-1, la cui azione consiste nel produrre proteine virali oncogene, capaci di interferire direttamente con i meccanismi di controllo del ciclo cellulare e favorire la trasformazione neoplastica delle cellule

rimanere silenti per anni all’interno dell’organismo.” In diversi casi, quindi, anche in assenza di una malattia evidente – come spesso accade nei soggetti infettati da EBV –, l’infezione non viene eliminata, ma il virus permane in uno stato di latenza, potenzialmente riattivabile.

IL VALORE DELLA PREVENZIONE

Ragion per cui, quando possibile, la chiave di volta per limitare l’impatto di infezioni virali oncogeniche sta nell’opportunità di ridurre i rischi. Per alcuni di questi virus sono disponibili vaccini: è il caso di HBV e HPV. Inoltre, nel caso dell’HPV, è possibile e raccomandato per le donne con più di 25 anni sottoporsi a Pap test e HPV-test per individuare eventuali infezioni a livello del collo dell’utero. Per l’infezione da HCV esiste invece una

Il vaccino contro l’HPV in Italia è raccomandato e offerto a ragazze e ragazzi di 12 anni, e in alcune Regioni anche in età più avanzata

infettate. I virus ad azione oncogenica indiretta, invece, non trasformano direttamente le cellule infettate, ma alterano la risposta immunitaria o il microambiente tumorale facilitando lo sviluppo o la crescita della neoplasia. Un esempio paradigmatico è l’HIV, che, inducendo uno stato di profonda immunodeficienza, espone l’individuo a una maggiore probabilità di ammalarsi di diverse forme di cancro. Per quanto riguarda l’HCV, il suo meccanismo oncogenico è legato all’induzione di una condizione di infiammazione cronica e stress ossidativo a livello del microambiente epatico. Non tutte le persone che sono esposte a uno di questi virus svilupperanno una neoplasia. Il rischio varia in base al tipo di virus, ma anche in funzione di numerosi cofattori ambientali e individuali. Un aspetto comune a molti di questi virus è la loro capacità di stabilire infezioni persistenti, che possono

terapia farmacologica, grazie all’avvento di antivirali specifici. Nessuna opportunità è al momento disponibile per l’EBV, a cui si stima sia esposta la maggior parte degli adulti. È importante sottolineare che, secondo uno studio condotto sempre da ricercatori della IARC, pubblicato nel 2020 sulla rivista The Lancet Global Health, le diagnosi oncologiche legate a una pregressa infezione virale sono generalmente più frequenti nei Paesi in via di sviluppo, per esempio del’Asia orientale e dell’Africa sub-sahariana. I numeri più bassi si registrano invece in Europa settentrionale e nell’Asia occidentale. Cina e Mongolia risultano i Paesi con i più alti tassi di cancro correlati all'infezione da HBV, Giappone, Mongolia ed Egitto per l’HCV. La prevalenza di tumori HPV-correlati è maggiore in alcuni Stati dell’Asia orientale, dell’Africa subsahariana e in diversi Paesi del Sud America.

PROTEGGERE LE FASCE PIÙ DEBOLI DELLA POPOLAZIONE

Capitolo Italia: il vaccino contro l’HBV rientra tra le vaccinazioni obbligatorie per i neonati offerte dal Servizio sanitario nazionale. Quello contro l’HPV, invece, è raccomandato e offerto a ragazze e ragazzi al compimento dei 12 anni d’età. Purtroppo, l’adesione non è ancora sufficiente, visto che, secondo i dati del Ministero della salute, la copertura per le 2 dosi tra i nati nel 2012 si attesta rispettivamente al 64% per le donne e al 44% per gli uomini. Percentuali ben lontane dal traguardo del 90% raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Quanto ai luoghi, particolarmente vulnerabili sono le carceri. Un articolo a firma italiana pubblicato lo scorso anno sulla rivista The Lancet Regional Health Europe ha evidenziato che la protezione dei detenuti dalle infezioni da HBV e HPV non è omogenea. Nel primo caso, vi è un’offerta attiva, mentre mancano dati specifici sulla vaccinazione contro il Papillomavirus. Chiosa Lara Tavoschi, professoressa associata di igiene e medicina preventiva all’Università di Pisa: “Affrontando le specifiche esigenze sanitarie delle persone che vivono in carcere, questi programmi possono contribuire in modo significativo alla prevenzione del cancro e al miglioramento complessivo della salute pubblica in Europa”.

Alcune Regioni offrono il vaccino contro l’HPV anche a chi ha più di 12 anni di età.

Puoi scoprire le regole valide nella tua Regione inquadrando il QR code.

VACCINO HPV

IFOM

Linfomi a cellule B

LE RISPOSTE E LE OPPORTUNITÀ DIETRO UN SEMPLICE RECETTORE

In questo articolo:

— RECETTORE DELLE CELLULE B

— RICERCA DI BASE

— BERSAGLI MOLECOLARI

Studiare la biologia di una molecola ha aiutato a chiarire i dubbi sui meccanismi di resistenza di un tipo di linfoma particolarmente aggressivo e a prospettare nuove possibilità di cura

a cura di Camilla Fiz

Il recettore delle cellule B (BCR) partecipa allo sviluppo di alcuni tumori del sangue, e per questo è diventato bersaglio di diversi farmaci di precisione da una decina di anni. Tuttavia, anche se lo sviluppo di queste terapie è stato rapido, la biologia di BCR non è ancora stata compresa del tutto. All’IFOM, a Milano, Stefano Casola e il suo gruppo di ricerca si dedicano proprio a questo, con l’obiettivo di migliorare la cura dei pazienti con tumori del sangue. Nel loro ultimo studio, pubblicato sulla rivista Blood Cancer Discovery, si sono focalizzati su un tipo di linfomi a cellule B aggressivi, detti ad alto grado, per cui sono ancora disponibili poche alternative di cura oltre alla chemioterapia. Il lavoro è il frutto di una stretta collaborazione con numerosi centri ospeda-

lieri in Italia e all’estero, in Giappone, Singapore e Stati Uniti. È inoltre l’ultimo risultato di un percorso di ricerca iniziato circa 25 anni fa. Nei primi anni 2000, Casola era post-dottorando presso l’Università di Harvard, a Boston, quando ha iniziato a interessarsi al recettore a cellule B, per diversi motivi. Prima di tutto, in condizioni normali la molecola contribuisce a regolare il funzionamento delle difese immunitarie. Media infatti il riconoscimento e l’eliminazione di agenti che vengono percepiti estranei dall’organismo e spesso pericolosi, come virus, batteri o cellule cancerose. In secondo luogo, il recettore continua a essere espresso sulla superficie delle cellule tumorali, nonostante perda il suo ruolo fisiologico. Da tempo si sapeva che la molecola partecipa allo sviluppo di diversi tipi di linfomi che coinvolgono i linfociti B, ma non se ne conoscevano a fondo i meccanismi d’azione.

Da quando è tornato in Italia nel 2006, questa è diventata una delle principali linee di ricerca di Casola presso i laboratori dell’IFOM. In particolare, il suo gruppo ha iniziato a studiare a livello molecolare la funzione del BCR, concentrandosi sui linfomi più aggressivi. “Dopo una decina di anni di indagini, nel 2017 siamo arrivati al primo grande risultato” racconta il ricercatore. In quel periodo il gruppo ha svolto numerosi esperimenti che si basavano sullo “spegnere” il recettore in modelli animali di linfoma

la è essenziale per la sopravvivenza del tumore.” All’inizio i ricercatori hanno pensato che il risultato fosse legato a limiti del modello sperimentale, ma in seguito hanno cambiato idea dopo avere studiato in profondità le relazioni tra cellule. Hanno infatti capito che il recettore non è necessario per la sopravvivenza delle cellule di linfoma, ma che dà loro un vantaggio competitivo. Se nel tumore coesistono cellule di linfoma con e senza il recettore, queste ultime tendono a vincere la competizione e a sopravvivere di più.

Negli anni successivi, il gruppo si è focalizzato sui linfomi a cellule B ad alto grado, un tipo di neoplasia molto aggressivo e ancora poco studiato. In esperimenti in modelli di laboratorio hanno scoperto che oltre la metà di tali tumori non esprimono più il recettore e sono resistenti all’anticorpo polatuzumab vedotin, un farmaco approvato di recente per la cura dei linfomi più aggressivi. Casola spiega che questi risultati sono collegati tra loro: “Il polatuzumab vedotin sfrutta la capacità di riconoscere linfociti B muniti del recettore per veicolare una tossina al loro interno. Se i linfomi spengono il recettore, diventano resistenti all’azione antitumorale del farmaco”. Per la cura di questo tipo di tumori potrebbe dunque essere efficace individuare un nuovo bersaglio molecolare per le cellule che non esprimono il recettore.

“Nell’ambito di questo progetto, abbiamo riscontrato una prima vul-

Il gruppo di Casola si occupa dello studio del recettore delle cellule B (BCR), che partecipa allo sviluppo di alcuni tumori del sangue

di Burkitt. “Abbiamo scoperto che le cellule tumorali continuano a proliferare anche senza il recettore delle cellule B, se crescono in isolamento” continua Casola. “Eravamo stupiti da questi dati, perché la letteratura di riferimento indicava che la moleco-

nerabilità di questi linfomi che potrebbe portare allo sviluppo di un farmaco da integrare negli attuali regimi di chemioterapia” racconta Casola. Ora i dati dovranno essere confermati in ulteriori esperimenti con modelli e animali di laborato-

Rilevare la presenza di BCR potrebbe aiutare a personalizzare le cure

rio e infine su pazienti, per cui sarà necessario diverso tempo prima che questa soluzione possa essere introdotta in clinica. Il gruppo di Casola ha però suggerito anche un modo pratico per migliorare la terapia dei linfomi più aggressivi. Rilevare la presenza del recettore delle cellule B prima di iniziare il percorso di cura, infatti, potrebbe aiutare a individuare i pazienti che traggono maggiori vantaggi dal polatuzumab vedotin e indirizzare gli altri verso soluzioni diverse, ottimizzando i tempi e i costi della terapia.

COS’È IFOM

IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare di Fondazione AIRC, è un centro di ricerca di eccellenza internazionale dedicato allo studio della formazione e dello sviluppo dei tumori a livello molecolare, nell’ottica di un rapido trasferimento dei risultati scientifici dal laboratorio alla cura del paziente. Fondato nel 1998 a Milano da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, che da allora ne sostiene lo sviluppo, IFOM oggi può contare su 269 ricercatori di 25 diverse nazionalità, e si pone l’obiettivo di conoscere sempre meglio il cancro per poterlo rendere sempre più curabile.

Testimonianze

Lasciti testamentari

VUOI DISPORRE UN LASCITO TESTAMENTARIO IN FAVORE DI AIRC? CONTATTACI!

Puoi scegliere, come Silvia, di fare testamento a favore di Fondazione AIRC e intitolarlo alla tua memoria o alla memoria di una persona cara.

Per ogni domanda specifica puoi contattare Anna Sarri dell’Ufficio Lasciti e Grandi Donazioni.

02 779 73 19 anna.sarri@airc.it

“AIUTO LA RICERCA CON TUTTO IL MIO CUORE”

a cura della redazione

Silvia sostiene da anni AIRC con piccole donazioni, e ora ha scelto di includerla nel suo testamento

“Dopo una vita in volo, in questa casa ho trovato la mia stabilità. Qui custodisco i ricordi più cari della mia vita adulta.”

Silvia è nata a Milano nel 1933, nel cuore di Porta Venezia. La sua infanzia è stata segnata dalla guerra, ma anche dall’affetto di una famiglia solida. Da ragazza sognava di fare il medico, ma la vita la portò a perfezionare la conoscenza delle lingue straniere e a diventare assistente di volo. Per oltre 20 anni ha sorvolato continenti e incontrato culture diverse. “Mi ricordo tutto del mio lavoro perché è stata un’esperienza faticosa, ma bella. Ho incontrato tante persone e visto posti meravigliosi. Il posto più lontano dove sono stata è l’isola di Bali, in Indonesia.”

Eppure, uno degli incontri che ha segnato di più il suo cammino non è avvenuto in volo, ma per caso, entrando in un ospedale. “Un giorno sono andata a trovare una persona cara, ho sbagliato reparto e sono finita in oncologia pediatrica. Sono rimasta colpita tremendamente da quei bambini senza capelli, segnati dalla malattia. È una cosa che mi fa piangere anche adesso a pensarci.”

Da quel giorno, Silvia ha iniziato a sostenere AIRC con piccole donazioni

regolari. Un gesto semplice, ma pieno di significato, che col tempo si è trasformato in una scelta ancora più grande: includere AIRC nel suo testamento e lasciare la sua casa alla ricerca sul cancro. “Al testamento ho pensato più tardi e mi è venuto d’istinto. È stata una scelta naturale e quasi in continuità rispetto a quanto stavo già facendo. Non ho marito né figli, per cui ho pensato di destinare parte del mio patrimonio ad aiutare chi sta peggio di me. Lo faccio con il cuore.”

La sua casa è molto più di un luogo fisico per lei: è il simbolo della sua vita adulta dopo anni di viaggi in giro per il mondo. “Questa non è la casa dove sono nata, ma è dove mi sono trasferita per dare una mano a mio padre e a mio fratello, una volta che è venuta a mancare mia madre. Possiamo dire che questa casa rappresenta la mia vita matura ed è dove ho trovato la mia stabilità. L’oggetto più caro è sicuramente la libreria. Io sono stata una grande lettrice. Tutto è cominciato quando, da piccolina, mio padre mi leggeva i libri per bambini, e da lì ho continuato.”

Proprio per questo scegliere di donare la casa ad AIRC ha per lei un valore profondo: significa trasformare un patrimonio di ricordi in una possibilità concreta di cura.

Oggi Silvia sente di aver affidato un pezzo della sua vita al futuro della ricerca. “Ammiro molto i ricercatori e so di fare del bene sostenendoli, perché sono stati compiuti molti passi avanti nel campo dei tumori. Il mio messaggio è semplice: aiutate la ricerca. Ognuno può contribuire in base alle proprie possibilità. Io l’ho fatto col cuore, pensando anche ai bambini che ho visto in quel reparto.”

Tumori pediatrici

Sarcomi dei tessuti molli

INSIEME CONTRO I SARCOMI PEDIATRICI

UN PODCAST FONDAMENTALE

In questo articolo:

— TUMORI RARI

— TERAPIE PERSONALIZZATE

— IMMUNOTERAPIA

Come per altre malattie rare, anche nel caso dei tumori dei tessuti molli di bambini e ragazzi è fondamentale la collaborazione tra i diversi centri di ricerca e trattamento per migliorare le cure

IQuesto articolo è disponibile in versione podcast. Scopri dove ascoltarlo inquadrando il QR code.

a cura di Roberta Villa

sarcomi dei tessuti molli o delle ossa sono tumori molto rari, che nel loro insieme rappresentano circa il 6% delle neoplasie che colpiscono bambini e adolescenti tra gli 0 e i 19 anni. Non sappiamo che cosa provochi le mutazioni responsabili della formazione dei sarcomi in età pediatrica, ma talvolta questi tumori si associano a malattie genetiche, come la neurofibromatosi o altre sindromi rare. Bisogna ricordare, inoltre, che i sarcomi dei tessuti molli comprendono circa 50 patologie diverse, che possono avere origine dai muscoli, dal grasso, dai nervi, dai tendini, dai legamenti, dalla cartilagine e dai vasi sanguigni. Nel gruppo si include poi il sarcoma di Ewing, che come gli altri può talvolta riguardare anche i tessuti molli, sebbene colpisca più spesso le ossa.

Come sanno bene i portatori di malattie genetiche rare o rarissime, questa unicità porta con sé una serie di difficoltà fin dal momento della diagnosi, cui si rischia di arrivare in ritardo per la scarsa conoscenza della patologia al di fuori dei centri specializzati. Ancora più arduo è arrivare a delle cure: con pochi bambini che presentano la stessa malattia è infatti difficile raccogliere un numero di casi omogenei sufficiente a studiarla, e anche per le aziende farmaceutiche non è economicamente sostenibile un investimento che potrebbe eventualmente portare a un trattamento riservato a pochissimi individui.

“Se la rarità è da un lato il tallone di Achille di queste malattie, dall’altro è però stato anche ciò che ha spinto da decenni gli oncologi pediatri a cercare collaborazioni a livello nazionale e internazionale” racconta Gianni Bisogno, ricercatore AIRC, docente

di pediatria all’Università di Padova e coordinatore del Programma per i tumori solidi del Dipartimento di salute della donna e del bambino della stessa città. “Mettendo in comune l’esperienza di tanti, siamo infatti riusciti a raccogliere i dati relativi a migliaia di bambini e ragazzi, che oggi ci hanno permesso di aumentare nel corso degli anni le nostre conoscenze per ciascuna di queste malattie, pre-

dirne meglio la prognosi sulla base di diversi indicatori e fare quindi le scelte terapeutiche migliori per il singolo paziente."

Ma soprattutto, è stata creata una rete di centri italiani ed europei che oggi collaborano per individuare la migliore terapia per pazienti in situazioni complesse. Ogni settimana, infatti, gli oncologi pediatri dell’ospedale padovano si riuniscono con altri specia-

“Facendo rete, siamo riusciti a raccogliere i dati relativi a migliaia di bambini e ragazzi, che ci hanno permesso di aumentare le conoscenze per ciascuna di queste malattie”
/ Tumori pediatrici / Sarcomi dei tessuti molli

listi per discutere con un taglio multidisciplinare i casi più complessi. A questi incontri si possono collegare anche gli oncologi pediatri di altre città, che possono sottoporre i loro casi e ricevere consulenze mirate. In tal modo si possono garantire gli stessi standard a tutti, anche ai bambini che vivono lontano da un grande centro di riferimento, evitando a loro e alle loro famiglie viaggi che non siano strettamente necessari. “Purtroppo per la maggior parte dei sarcomi dei tessuti molli in età pediatrica i farmaci che abbiamo a disposizione sono gli stessi di 20-30 anni fa. Nonostante questo, i tassi di sopravvivenza sono progressivamente aumentati e attualmente per il 60-70% di questi bambini e ragazzi si può parlare di una vera e propria guarigione” aggiunge Bisogno. “L’apparente paradosso deriva dalla migliore conoscenza della malattia e delle cure che

abbiamo sviluppato e dal confronto continuo tra specialisti e tra centri anche molto lontani tra loro. In questo modo abbiamo imparato ad adattare meglio la cura al singolo caso, per esempio modulando l’intensità del trattamento sulla base di fattori clinici e biologici, come l’analisi molecolare del tumore.” Per esempio, il sarcoma di Ewing e il rabdomiosarcoma alveolare sono caratterizzati da due anomalie genetiche, rispettivamente EWS-FLI e PAX-FOXO, che permettono di avere una diagnosi precisa e di personalizzare i trattamenti. Con l’aumento dei tassi di sopravvivenza nel tempo, come accaduto con altri tumori, i ricercatori hanno cominciato a preoccuparsi non solo di salvare i piccoli pazienti, ma anche di garantire loro una buona qualità di vita dopo la guarigione, riducendo il più possibile gli effetti collaterali dei farmaci e della radioterapia e della chirurgia, che nel trattamento di queste malattie sono spesso indispensabili. “Riducendo la massa del tumore con chemio e radioterapia prima di portare il ragazzo in sala operatoria si riesce molto spesso a limitare l’invasività dell’intervento” prosegue Bisogno. Quando è coinvolto un arto, in una percentuale di casi comunque minoritaria, l’amputazione può essere inevitabile. L’avanzamento tecnologico permette oggi però di applicare protesi che consentono al paziente di tornare alle sue attività quotidiane, talvolta comprese quelle sportive.

Al fianco della terapia c’è la ricerca, che non si arrende davanti agli ostacoli posti dalla rarità di queste malattie e dal fatto che colpiscono soprattutto i bambini. “C’è bisogno di nuove terapie e di nuovi studi che verifichino la loro efficacia. Purtroppo, la legislazione nata con l’intento di proteggere i più piccoli spesso finisce per diventare un boomerang” commenta Bisogno, che cita per esempio i limiti posti all’uso in età pediatrica di farmaci approvati per gli adulti. “Da un lato, come si diceva, è difficile raggiungere i numeri e ottenere i finanziamenti necessari a portare avanti sperimentazioni dedicate ai più piccoli; dall’altro, senza studi specifici, non possiamo somministrare loro i medicinali autorizzati per gli

adulti. Questi vincoli hanno ragione di esistere, ma bisognerebbe riflettere su come si possano rendere meno penalizzanti per i pazienti pediatrici, soprattutto quando si tratta di malattie così gravi.”

Passi avanti, comunque, ne sono stati fatti. Nel fibrosarcoma infantile congenito, per esempio, che prima era trattato solo con la chemioterapia, oggi sono stati riconosciuti bersagli molecolari su cui si possono usare farmaci biologici specifici. In particolare, questi medicinali agiscono inibendo in maniera specifica l’attività del gene NRTK, driver della crescita tumorale, e sono autorizzati anche per i bambini, cui possono essere somministrati nei maggiori centri di riferimento. Ma il lavoro continua, e stanno emergendo ulteriori specifiche mutazioni, caratteristiche di altri sarcomi pediatrici, su cui potrebbero essere sviluppati in futuro nuovi farmaci.

Per quanto riguarda l’immunoterapia, per il momento non abbiamo a disposizione per questo gruppo di malattie pediatriche medicinali simili a quelli che hanno rivoluzionato l’andamento di alcuni tumori degli adulti. Presto si spera però di poter estendere anche ai sarcomi dei tessuti molli dell’infanzia la sperimentazione con le cellule CAR-T, che già sta cominciando a dare risultati positivi su altre neoplasie solide.

“Grazie al supporto di AIRC stiamo studiando la risposta immunitaria che alcuni pazienti sviluppano nei confronti del sarcoma” aggiunge Bisogno. “Nel sangue di alcuni bambini e ragazzi abbiamo infatti trovato anticorpi specifici diretti contro il tumore. Ora vogliamo capire se queste molecole riescono a frenare la crescita delle cellule tumorali. In questo caso potremmo provare a usarli per combattere la malattia, per esempio aumentandone la concentrazione, riproducendoli come anticorpi monoclonali o somministrandoli ai malati che invece non ne producono. La strada è senz’altro ancora lunga, ma speriamo sia quella giusta” conclude il ricercatore.

Testimonianze

Sarcoma dei tessuti molli

“LA RICERCA È IMPORTANTE!”

a cura della redazione

Giulio ha avuto un rabdomiosarcoma quando era ancora adolescente, ma oggi ha superato la malattia e studia per diventare medico

Schivo e riservato, oggi Giulio è uno specializzando in urologia a Bologna, ma la sua vita ha avuto una svolta nel 2013, quando era ancora un adolescente e si accorse di non riuscire ad urinare

bene. All’inizio preferì non dirlo a nessuno, era piccolo, non sapeva quale fosse il problema e provò a ignorarlo. Ma la situazione peggiorò, per cui ne parlò con i genitori, che decisero di portarlo in ospedale.

“C’era una massa nella vescica, ma non si capiva cosa fosse. Io stesso ho ricordi confusi di quel periodo. Diciamo che ho iniziato a comprendere che c’era qualcosa che non andava e che dovevo seguire ciò che mi dicevano i medici quando mio papà ha deciso di portarmi a Padova dal professor Bisogno.” Gianni Bisogno è professore di pediatria e ricercatore AIRC presso l’Università degli studi di Padova e l’IRP – Istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza. In seguito agli accertamenti, la diagnosi dei medici per Giulio fu di rabdomiosarcoma, un sarcoma dei tessuti molli che si sviluppa a livello di muscoli, grasso o tessuto connettivo. È il più frequente sarcoma dei tessuti molli nei bambini e negli adolescenti e si può presentare agli arti, al collo, all’apparato uro-genitale (vescica, prostata, apparato riproduttore femminile), al torace o all’addome. La distribuzione del tumore per età presenta due picchi di incidenza, il primo compreso fra i 2 e i 6 anni di età e il secondo fra i 10 e i 18 anni.

Giulio in particolare aveva un rabdomiosarcoma botrioide di origine prostatica, e dovette quindi passare un anno a Padova tra chemioterapia, radio e intervento chirurgico.

“Durante la chemio, ho fatto tanta fatica, stavo male, avevo fastidio, ma per il resto, forse vista la giovane età, l’ho vissuta come un qualcosa che andava semplicemente fatto; la presa di coscienza di ciò che avevo avuto è arrivata decisamente dopo.”

Giulio ha scelto di studiare medicina e oggi, come anticipato all’inizio dell’articolo, si sta specializzando in urologia.

“Non so se ciò che mi sia accaduto mi abbia condizionato o meno, ma so che posso capire i pazienti, ho agito d’istinto e l’istinto mi sta portando a fare il medico. La ricerca è importante e mi piacerebbe un giorno poter partecipare a un progetto che possa apportare un contributo concreto ai progressi della scienza.”

Idee solidali

Bomboniere a cura di Arianna Monticelli

UNA SCELTA DI SPERANZA PER UN GIORNO SPECIALE

Matteo e Serena hanno scelto le bomboniere AIRC per il loro matrimonio in ricordo dei genitori mancati per tumore.

Si sono guardati con la stessa intensità del primo sguardo incrociato durante il concerto di Vasco Rossi al Modena Park, dove si sono conosciuti il primo luglio 2017. Così, all’unisono, è arrivata anche la decisione di scegliere gli inviti e le partecipazioni AIRC per il loro matrimonio. Matteo definisce “magico” il suo incontro con Serena. Un’intesa immediata, poi lo scambio speranzoso dei numeri di telefono per iniziare a sentirsi a distanza, lui a Milano e lei a Lecce. Solo dopo un anno, però, si sono rivisti. Quel legame, fortissimo sin da subito, si è confermato incontro dopo incontro.

Nel 2019 Serena si è trasferita a Milano ed è iniziata la convivenza. La quotidianità insieme è stata un traguardo ma anche un punto di partenza per progettare il futuro. Nel 2023 è arrivata Benedetta. “La sua nascita ha letteralmente stravolto le nostre vite: è stata il sigillo alla nostra storia” racconta Matteo. Una figlia amatissima, che ha spinto la coppia a deci-

dere di suggellare il proprio legame con le nozze. La piccola Benedetta ha portato le fedi di mamma e papà il 4 luglio 2025, a Castrignano de’ Greci, in provincia di Lecce. “Un’emozione straordinaria vedere arrivare nostra figlia con gli anelli” ricorda Matteo, commuovendosi ancora.

“Viviamo in simbiosi e proprio per questo abbiamo deciso di rendere il matrimonio ancora più significativo: con le partecipazioni AIRC siamo consapevoli di avere dato alla ricerca solo una piccola goccia nel mare, ma è un gesto che tutti possono compiere facilmente e tanti gesti insieme possono fare molto.”

La scelta di sostenere AIRC è sembrata la più naturale di tutte. Serena, appena diciottenne, perse il papà per un tumore; Matteo la sua mamma, pochi anni fa. “Le venne diagnosticato un tumore al pancreas. Fu un fulmine a ciel sereno. Sono stati 6 anni di malattia, di visite e cure, alti e bassi. Ero io ad accompagnarla sempre, e in quei momenti ho capito quanto fossero impor-

FESTEGGIA I TUOI MOMENTI IMPORTANTI CON LE IDEE SOLIDALI AIRC

Anche tu, come Matteo e Serena, puoi dare un valore ancora più grande ai tuoi giorni da ricordare.

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tanti la ricerca e una Fondazione come AIRC: i 6 anni di vita di mamma dalla diagnosi sono stati un regalo della ricerca. Mio nonno mi diceva sempre che sino a quando l’acqua non ti tocca, non ti bagna. Solo quando vivi certe situazioni capisci.”

Per Serena e Matteo scegliere AIRC è stato anche un modo per ricordare i genitori e sentirli ancora con loro, in un giorno così importante. “La vita è fatta di momenti difficili” conclude Matteo, “ma anche di attimi in cui festeggiare. Come abbiamo fatto noi, con il nostro amore, le nostre scelte e il desiderio di rendere il nostro giorno più speciale con AIRC. I nostri invitati lo hanno apprezzato.”

PERCHÉ UOMINI E DONNE NON SI AMMALANO NELLO STESSO MODO

ANTONELLA VIOLA

è scienziata e divulgatrice. È professoressa ordinaria di patologia generale presso

l’Università degli studi di Padova e studia il funzionamento del sistema immunitario. È stata direttrice scientifica dell’Istituto di ricerca pediatrica di Padova, membro del Comitato tecnico-scientifico di AIRC e revisore per la Commissione europea e per molte agenzie nazionali e internazionali.

In aggiunta, Viola si occupa attivamente di divulgazione scientifica nell’ambito della salute. È autrice di numerosi libri di successo, editorialista, ospite e autrice di trasmissioni televisive e radiofoniche e manifestazioni culturali.

Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha reso evidente un fatto che per molto tempo è stato trascurato: uomini e donne non si ammalano – e non guariscono – nello stesso modo. Questa consapevolezza ha dato vita alla medicina genere-specifica (o medicina di genere), che non si limita a considerare le differenze anatomiche o riproduttive, ma studia l’impatto del sesso biologico e del genere sociale sulla salute e sulla malattia. Le differenze di sesso e genere riguardano anche l’oncologia, con conseguenze rilevanti sulla prevenzione, sulla prognosi e sulle terapie. Non parliamo solo dei tumori che interessano gli organi riproduttivi, come il carcinoma della prostata o quello dell’ovaio, ma di un’ampia gamma di neoplasie che colpiscono entrambi i sessi in modo diverso.

a cura di Antonella Viola

I dati epidemiologici mostrano che gli uomini hanno un rischio più alto di sviluppare tumori e una maggiore mortalità oncologica rispetto alle donne. Tumori del polmone, fegato, colon-retto, vescica e stomaco sono più frequenti nella popolazione maschile. Le donne, invece, presentano una maggiore incidenza di tumore della tiroide.

Le ragioni intrecciano biologia e società. Sul piano biologico, i cromosomi sessuali (di solito XX nelle femmine e XY nei maschi), gli ormoni sessuali (estrogeni e testosterone), il metabolismo e il sistema immunitario modulano il rischio oncologico. Gli ormoni sessuali diversi, per esempio, incidono profondamente sul sistema immunitario, rendendo i maschi più proni all'infiammazione, ma anche meno protetti di fronte a microbi e cancro. Sul piano sociale, in generale gli uomini fumano e bevono di più, mentre le donne partecipano con maggiore regolarità agli screening oncologici, beneficiando così di diagnosi più precoci. Le pazienti, però, devono spesso affrontare ostacoli aggiuntivi: minore supporto economico, carico di cura familiare superiore e difficoltà di accesso ai servizi sanitari.

Queste differenze hanno ricadute concrete anche sui trattamenti. L’immunoterapia dei tumori, per esempio, non funziona allo stesso modo nei due sessi. In media, gli uomini rispondono meglio ai farmaci più usati in questo campo, come gli anticorpi anti-PD1 o anti-PDL1, mentre le donne ottengono benefici soprattutto quando l’immunoterapia è combinata con la chemioterapia. Al tempo stesso, le donne sono più esposte agli effetti collaterali delle terapie.

UNA NUOVA PROSPETTIVA PER L’ONCOLOGIA

La medicina genere-specifica ci dice che non esiste un paziente “neutro” e che le terapie oncologiche non possono essere pensate come uguali per tutti, ma devono essere calibrate, tenendo conto delle differenze di sesso e genere. Un esempio emblematico è il linfoma diffuso a grandi cellule B e la terapia con rituximab. Lo studio della fisiopatologia di genere ha permesso di comprendere che la prognosi peggiore osservata negli uomini anziani rispetto alle donne della stessa età dipende almeno in parte da una diversa farmacocinetica: gli uomini eliminano più velocemente il farmaco, ricevendone di conseguenza una dose meno efficace. Quando la dose è stata aumentata nei pazienti maschi, la risposta alla terapia e la sopravvivenza sono migliorate in modo significativo. Questo esempio mostra come adeguare i trattamenti al sesso del paziente possa cambiare davvero l’esito delle cure.

Per troppo tempo gli studi clinici hanno arruolato poche donne costruendo protocolli su un modello maschile standard. Nei casi migliori, venivano

Integrare sesso e genere nella ricerca significa sviluppare terapie più efficaci e più sicure

arruolati soggetti di entrambi i sessi, senza però poi distinguere i risultati in fase di analisi. Oggi la ricerca ci dice che la strada deve essere diversa e che l’oncologia moderna deve integrare sempre il sesso biologico come variabile negli studi, personalizzare le terapie in base a differenze di efficacia e tossicità e affrontare anche le disuguaglianze sociali e culturali che condizionano la salute. Studiare queste differenze non è un esercizio accademico: significa rendere le cure più efficaci, più sicure e più giuste.

L’oncologia di precisione non deve dunque guardare solo al tumore e alle sue caratteristiche molecolari, ma anche al paziente. In questa prospettiva, sesso e genere diventano fattori chiave: integrarli nella ricerca oncologica significa sviluppare terapie più efficaci e più sicure, e accelerare il progresso verso cure migliori, per tutti. /

I TRAGUARDI DEI NOSTRI

RICERCATORI

In questo articolo:

— GENETICA

— DIAGNOSI PRECOCE

— TUMORE DELLA PROSTATA

L’INEDITO CODICE

a cura di

A BARRE AL CENTRO DEI CROMOSOMI

È stato individuato un codice all’interno dei centromeri che potrebbe essere usato per diagnosticare e monitorare i tumori in futuro

Nel nostro genoma esiste qualcosa di simile a un codice a barre che potrebbe aiutare a comprendere il rischio di sviluppare tumori, come altre malattie, e la loro evoluzione nel tempo. Si trova nei centromeri, particolari strutture che contengono il materiale genetico e sono coinvolte nella sua duplicazione durante la divisione cellulare, un processo da cui dipende la vita di ogni organismo. “Capire come il DNA dei centromeri muta nelle malattie può essere una chiave di lettura inedita per comprendere meglio il funzionamento di alcune patologie” commenta Simona Giunta, che ha condotto lo studio insieme a Luca Corda all’Università degli studi di Roma La Sapienza, con il sostegno di Fondazione AIRC. I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Science

Durante la divisione cellulare una cellula madre dà origine a due cellule figlie. Prima della divisione, il materiale genetico, organizzato nei cromosomi, viene duplicato e ripartito in maniera precisa. I cromosomi sono composti ciascuno da 2 braccia riunite nel centromero – osservati al microscopio

UN PODCAST FONDAMENTALE

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ricordano la lettera “X”. I centromeri sono fondamentali per regolare il processo di replicazione cellulare, ma possono smettere di funzionare quando si sviluppa un tumore. Tuttavia, a causa dell’estrema complessità di queste strutture, la comunità scientifica non è ancora riuscita a comprendere bene le loro caratteristiche, sia in condizioni normali sia in condizioni patologiche. “I centromeri sono formati da milioni di basi di DNA che si ripetono” spiega Giunta, titolare di uno Start-Up Grant AIRC, un finanziamento che consente a giovani ricercatori che si trovano all’estero di dar vita a un proprio laboratorio in Italia. “Come le strade in una grande città, queste ripetizioni sono allo stesso tempo molto simili e variabili tra loro.” Nello studio è stato proposto un modo alternativo ed efficace per studiare queste strutture. “L’idea è nata leggendo un articolo sui cromosomi delle formiche. In quel momento, mi sono chiesta se esistesse qualcosa di universale per identificare e confrontare i cromosomi non solo tra le persone, ma anche tra specie diverse” racconta Giunta. “Ho poi trovato una risposta nella sintenia, ovvero la

Camilla Fiz e Jolanda Serena Pisano

posizione e l’ordine dei geni lungo un cromosoma.” Al posto di considerare le singole sequenze di DNA, i ricercatori hanno così iniziato a ragionare sulle distanze nel genoma. Come riferimento per esplorare il resto dei centromeri hanno usato il sito di legame di CENP-B, una particolare sequenza di materiale genetico.

Gli scienziati hanno calcolato la posizione, l’orientamento e l’organizzazione di questa sequenza nei centromeri con sistemi computazionali. Gradualmente si è formata una vera e propria mappa che ha preso il nome di “centeny map”, dall’unione tra le parole inglesi che stanno per “centromero” e “sintenia”. In diversi campioni di genoma di esseri umani, con questo strumento è stato possibile riconoscere gli elementi in comune dei cromosomi e quelli specifici, e quindi distinguerli in modo univoco. “Per la prima volta siamo riusciti a leggere le distanze dei centromeri e a riconoscere che ciascuno di loro possiede uno schema proprio,

come una sorta di codice a barre specifico per ogni cromosoma” spiega la ricercatrice.

In futuro, se questi risultati saranno integrati e confermati in un campione abbastanza ampio di pazienti oncologici, si potrebbe arrivare a scansionare il codice per ottenere informazioni sulle caratteristiche molecolari di una malattia o la progressione di un tumore.

Giunta e i suoi colleghi hanno sviluppato questo sistema affinché possa essere utilizzato anche da altri gruppi di ricerca e ora lo stanno implementando. “Abbiamo ancora molto da lavorare per migliorare il sistema fino a fornire un referto di analisi” conclude la ricercatrice. “Ci stiamo muovendo in diverse direzioni. Per esempio, stiamo analizzando i centromeri di centinaia di pazienti con nuovi sistemi di intelligenza artificiale e stiamo studiando l’organizzazione dei centromeri negli esseri umani e altre specie, anche in chiave evoluzionistica.”

VUOI SOSTENERE IL PROGRAMMA START-UP PER PORTARE IN ITALIA I GIOVANI RICERCATORI DALL’ESTERO?

Il programma Start-Up è un finanziamento prestigioso destinato ai talenti impegnati nei migliori laboratori di ricerca all’estero e che desiderano avviare la propria attività di ricerca in Italia. È assegnato, ogni anno, a un massimo di 5 ricercatori più meritevoli. Questo è possibile anche grazie ai Grandi Donatori che scelgono di sostenere con generosità il futuro della ricerca oncologica italiana.

Se anche tu vuoi contribuire a dare continuità al lavoro dei giovani scienziati, puoi destinare una donazione a partire da 5.000 euro al programma Start-Up.

Il tuo contributo aiuterà a portare in Italia brillanti scienziati come Simona Giunta, dando uno slancio importante alla ricerca oncologica nel nostro Paese.

Potrai inoltre dedicare la tua donazione al ricordo di una persona cara e conoscere i ricercatori so-

stenuti, partecipando agli incontri esclusivi – virtuali e in presenza – riservati ai Grandi Donatori.

Per maggiori informazioni, puoi contattare Eleonora Bahadour dell’Ufficio Grandi Donazioni e Lasciti: Tel: 02 7797318

E-mail: eleonora.bahadour@airc.it

IL SISTEMA IMMUNITARIO CHE “ANNUSA” I TUMORI

I macrofagi, cellule del sistema immunitario, utilizzano recettori simili a quelli presenti nella mucosa nasale per riconoscere molecole sulle cellule tumorali. La scoperta è di un gruppo di ricerca dell’Humanitas Research Hospital di Milano, guidato da Diletta Di Mitri e Giulia Marelli e sostenuto da Fondazione AIRC, e potrebbe portare a sviluppare nuovi farmaci antitumorali contro il cancro della prostata e altri tipi di neoplasie. Infatti, a volte è proprio “annusando”

le molecole presenti sulle cellule tumorali che i macrofagi iniziano a sostenere la crescita del cancro anziché combatterlo. Di conseguenza, interrompere questa comunicazione potrebbe rivelarsi una strategia terapeutica, anche se occorreranno ulteriori studi per confermare questa possibilità. Intanto, il gruppo di ricercatori sta cercando molecole già utilizzate per altri scopi che possano ostacolare il dialogo tra tumori e macrofagi.

Alimentazione

Dieta sostenibile

SANA E SOSTENIBILE: L’ALIMENTAZIONE PER NOI E PER IL NOSTRO PIANETA

a cura di Riccardo Di Deo

Mangiare sano oggi non è più soltanto una questione di salute individuale, ma un atto che incide sul futuro del pianeta. Per nutrire quasi 10 miliardi di persone nel 2050, il sistema agroalimentare attuale dovrà essere ripensato radicalmente.

Èstato ormai provato che il modo in cui produciamo, distribuiamo e consumiamo cibo è tra le principali cause della crisi climatica e della perdita di biodiversità.

Nel 2019 la Commissione EAT-Lancet, composta da esperti internazionali di spicco in nutrizione, clima, economia, salute, scienze sociali e agricoltura, ha pubblicato sulla rivista

The Lancet un rapporto che mirava a definire una dieta sana entro limiti ambientali accettabili. Questo modello di alimentazione avrebbe dovuto da un lato consentire di rispettare determinati limiti planetari, cioè quei limiti oltre i quali il funzionamento

del sistema Terra diventa instabile. Tra i fattori da valutare c’erano gli effetti sul clima, l’uso del suolo, la biodiversità, le alterazioni dei cicli biogeochimici di azoto e fosforo e il consumo di acqua dolce. Allo stesso tempo, la dieta proposta doveva essere in grado di favorire la prevenzione delle principali malattie croniche, come patologie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di tumore.

Il risultato è stato la definizione della dieta della salute planetaria, che propone un’alimentazione prevalentemente vegetale a base di cereali integrali, frutta, verdura, legumi, frutta a guscio e oli vegetali insaturi, consente quantità moderate di pesce,

latticini, carne bianca e uova mentre limita carne rossa, zuccheri aggiunti, sale, grassi saturi e alimenti ultra-processati.

I modelli elaborati stimavano che l’adozione universale di questa dieta avrebbe potuto evitare fino a 11 milioni di morti premature ogni anno e ridurre notevolmente gli impatti ambientali del sistema alimentare.

Il rapporto ebbe grande risonanza perché trattava salute, sostenibilità e alimentazione come tematiche integrate, offrendo numeri, modelli e scenari per promuovere il cambiamento.

A ottobre 2025, la Commissione ha pubblicato un aggiornamento del rapporto EAT-Lancet dal titolo “The EAT-Lancet Commission on Healthy, Sustainable, and Just Food Systems”. Il rapporto conferma che i sistemi alimentari sono tra i principali responsabili del superamento di numerosi limiti planetari, con un impatto su clima, biodiversità, uso del suolo, ciclo dell’azoto e del fosforo e consumo idrico. Anche se si realizzasse una completa transizione energetica abbandonando i combustibili fossili, i sistemi alimentari attuali continuerebbero a impedire il rispetto

BUCATINI

dell’accordo di Parigi, che mira a limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 °C, poiché la produzione di cibo genera circa il 30% delle emissioni globali di gas serra. Si evidenzia nel rapporto che oggi quasi 3,7 miliardi di persone non hanno accesso regolare a una dieta sana, meno dell’1% della popolazione mondiale vive in Paesi che soddisfano i bisogni alimentari entro i limiti planetari, e quasi un terzo (32%) dei lavoratori dei sistemi alimentari guadagna al di sotto di un salario dignitoso. Inoltre, circa il 30% della popolazione mondiale è responsabile di oltre il 70% degli impatti ambientali legati al cibo.

Il modello proposto di dieta planetaria rimane simile al precedente, con alimenti vegetali al centro e quantità moderate di prodotti animali, ma con maggiore flessibilità per adattarsi ai contesti culturali, socioeconomici e alle esigenze nutrizionali individuali. Se tale modello fosse adottato globalmente si potrebbero evitare fino a 15 milioni di morti premature ogni anno, superando le stime del 2019. Si ridurrebbero inoltre le emissioni di carbonio del 15-20%, lo sfruttamento

del suolo del 7% e si migliorerebbe l’impatto complessivo dei sistemi alimentari sul pianeta.

La proposta della dieta planetaria aggiornata non è prescrittiva, ma rappresenta un quadro di riferimento scientifico da adattare ai contesti locali e culturali, con attenzione ai vincoli ambientali e alle disuguaglianze. È un invito rivolto a istituzioni, agricoltori, imprese e cittadini a considerare che ciò che mettiamo nel piatto ha un impatto non solo per la nostra salute, ma sul futuro del pianeta. Ogni cambiamento, anche piccolo, conta. Evitare lo spreco alimentare è parte integrante della sostenibilità. È importante quindi fare la spesa con consapevolezza, conservare bene gli alimenti e recuperare gli avanzi. Mangiare un pasto a base di carne rossa in meno alla settimana e spostare parte del consumo verso alternative vegetali sono passi concreti che, se condivisi da molti, produrrebbero un effetto importante verso un modello alimentare sostenibile.

IN CREMA DI CAVOLFIORE, PORRI E CURCUMA

Ingredienti 2 persone:

• 160 g di bucatini

• 300 g di cavolfiore

• 1 porro

• 1 cucchiaino di curcuma in polvere

• 2 cucchiai di olio extravergine di oliva (EVO)

• Sale e pepe q.b.

• Acqua o brodo vegetale q.b.

• (Facoltativo) scorza di limone e granella di noci per guarnire

Preparazione

Tagliate il cavolfiore a cimette e il porro a rondelle sottili.

In una casseruola scaldate un cucchiaio di olio EVO e fate appassire il porro per 5 minuti. Aggiungete il cavolfiore, la curcuma e un mestolo di acqua o brodo; coprite e cuocete per 10-15 minuti finché le verdure non saranno tenere.

Frullate fino a ottenere una crema liscia, regolando di sale e pepe.

Cuocete i bucatini al dente, scolateli e amalgamateli con la crema di cavolfiore e il restante olio EVO. Servite con scorza di limone e noci tritate, se desiderato.

EUROSPIN

rinnova il suo impegno a favore della ricerca oncologica. Dal 23 ottobre al 2 novembre, per ogni confezione di mele Golden del Consorzio VIP Val Venosta vendute al pubblico, disponibili in tutti i supermercati Eurospin, 0,09€ saranno destinati a Fondazione AIRC per sostenere la lotta contro il cancro. Indipendentemente dai volumi di vendita, Eurospin garantirà ad AIRC una donazione minima di 30.000 €.

SATISPAY

L’app gratuita per pagare nei negozi, scambiare denaro con gli amici, acquistare servizi e fare donazioni in modo smart, quest’anno è al fianco di Fondazione AIRC per la campagna Giorni della Ricerca. Per tutto il mese di novembre sarà possibile donare attraverso l’app Satispay nella sezione Donazioni del menu Servizi.

TREEDOM

La prima B Corporation italiana che permette di piantare alberi in oltre 15 Paesi nel mondo, contribuendo a migliorare l’ambiente e a sostenere le comunità locali, si unisce ad AIRC per un’iniziativa che unisce impegno ambientale e ricerca oncologica. Fino al 30 novembre 2025, su Treedom.net sarà possibile acquistare gli Alberi della Ricerca e sostenere la ricerca scientifica in campo oncologico. Il 15% del ricavato di ogni Albero sarà devoluto a Fondazione AIRC. Con l’Albero della Memoria sarà possibile dedicare un albero in ricordo di una persona cara, aggiungendo un significato ancora più profondo a questo gesto solidale che fa bene alle persone e al pianeta.

BANCO BPM, PARTNER ISTITUZIONALE, MOBILITA LA SUA

RETE PER AIRC

Oltre alla distribuzione e alla promozione dei Cioccolatini della Ricerca, nel mese di novembre, nelle filiali su tutto il territorio, il partner istituzionale Banco BPM ha mobilitato tutta la sua rete mettendo a disposizione dei clienti una serie di strumenti bancari digitali – come l’homebanking e la WebApp - dedicati alla raccolta fondi per portare nuove donazioni ai ricercatori AIRC.

Raccolta fondi

Nastro Rosa

UN’ITALIA IN ROSA PER AFFRONTARE IL TUMORE AL SENO

a cura della redazione

Il nastro rosa è riconosciuto a livello globale come emblema della lotta contro il tumore al seno, rappresentando l’impegno nella prevenzione e nella ricerca. Tuttavia, quello promosso da AIRC ha una particolarità: è volutamente incompleto, per evidenziare che la strada verso una cura definitiva per tutte le donne è ancora lunga. Nonostante i significativi progressi compiuti, il traguardo non è stato ancora conquistato. Per questo motivo, AIRC rinnova ogni ottobre la sua campagna Nastro Rosa, con l’obiettivo di raccogliere fondi e garantire continuità alla ricerca su questa neoplasia, la più frequente tra le donne. La campagna ha preso il via il primo ottobre, con l’illuminazione in rosa di oltre 300 di edifici pubblici e monumenti in tutta Italia, grazie alla collaborazione con ANCI (Associazione nazionale comuni italiani). Questo gesto simbolico ha voluto sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione e del sostegno alla ricerca oncologica. Inoltre,

/ Raccolta fondi / Nastro Rosa

per manifestare vicinanza alle pazienti e supportare il lavoro dei ricercatori, sono state distribuite circa 280.000 spille con il nastro rosa AIRC in circa 4.000 farmacie, parafarmacie e punti di distribuzione, in cambio di una donazione minima di 2 euro.

Il successo della campagna è stato reso possibile anche grazie al contributo dei partner: aziende italiane e internazionali che, con dedizione e spirito solidale, partecipano alla raccolta fondi per sostenere la ricerca scientifica d’eccellenza in Italia. Queste realtà non solo supportano i ricercatori, ma aiutano anche AIRC a diffondere i messaggi di prevenzione. Anche La7 ha confermato il proprio ruolo di media partner, coinvolgendo giornaliste e conduttrici e i loro colleghi che, dal 20 al 26 ottobre, hanno indossato il nastro rosa e invitato il pubblico a contribuire con una donazione.

Un ruolo sempre più importante nella campagna Nastro Rosa lo giocano gli eventi. Camminate, maratone,

giornate in palestra, sono sempre di più le iniziative organizzate sul territorio per il progetto Muoviti per AIRC, che vedono la partecipazione di adulti e bambini di tutte le età e uniscono la sensibilizzazione sulla prevenzione, attraverso abitudini di vita salutari come l’esercizio fisico, alla raccolta fondi a sostegno del lavoro dei ricercatori.

Quest’anno anche saloni di bellezza, centri estetici e parrucchieri si uniscono alla campagna con il progetto La bellezza che conta, per coinvolgere le clienti nella raccolta fondi per la ricerca e sostenere con un gesto di vicinanza le donne colpite dal cancro al seno.

Grazie alla collaborazione tra ricercatori, pazienti, aziende, donatori e testimonial, la campagna Nastro Rosa di AIRC continua a promuovere la ricerca di terapie sempre più efficaci, con l’obiettivo di offrire speranza e cure migliori a tutte le donne colpite da questa malattia. Per saperne di più: nastrorosa.it

I tuoi momenti di gioia fanno la differenza.

Idee Solidali AIRC

Celebra le tue occasioni speciali con un semplice gesto che ha un grande valore. Scegliendo le bomboniere e le partecipazioni AIRC , dai il tuo sostegno alla ricerca .

Per scoprire tutte le Idee Solidali AIRC, inquadra il QR-Code, vai su shop.airc.it o scrivi a ideesolidali@airc.it

Matteo e Serena per il loro matrimonio hanno scelto le bomboniere AIRC.

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