Fondamentale giugno 2011

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GIPA/LO/CONV/010/2011

PROGETTO 5 PER MILLE

Numero 3 - 1 giugno 2011 - Anno XXXIX - AIRC Editore - ISSN 2035-4479

Due grandi gruppi affinano la lotta contro le staminali tumorali PSICOLOGIA

Tanta professionalità nei clown di corsia che strappano sorrisi ai bambini ricoverati

Al via il laboratorio congiunto

UN PONTE TRA IFOM E SINGAPORE



EDITORIALE

Piero Sierra

TANTI MODI PER AIUTARE LA RICERCA. • con conto corrente postale n. 307272; • con carta di credito, telefonando al numero verde 800 350 350, in funzione tutti i giorni 24 ore su 24 o collegandosi al sito www.airc.it; • con un piccolo lascito nel suo testamento; per informazioni, www.fondazionefirc.it oppure tel. 02 794 707; • in banca: Intesa Sanpaolo IBAN IT14 H030 6909 4001 0000 0103 528; Banca Monte dei Paschi di Siena IBAN IT 87 E 01030 01656 000001030151; Unicredit PB SPA IBAN IT96 P020 0809 4230 0000 4349 176; • con un ordine di addebito automatico in banca o su carta di credito (informazioni al numero verde 800 350 350)

L’Istituto italiano della donazione certifica con un marchio di eccellenza le organizzazioni non profit che forniscono elementi di garanzia sull’assoluta trasparenza ed efficacia nella gestione dei fondi raccolti.

UN SERVIZIO PER I SOCI Per segnalare corrispondenza doppia, aggiornare i vostri dati o conoscere la vostra storia contributiva, potete contattarci, 7 giorni su 7, chiamando il nostro numero verde 800 350 350

Presidente AIRC

Non c’è ricerca senza una solida base

L’

anno 2010 si è chiuso con un risultato di raccolta fondi storico, come potrete vedere dal rendiconto a pagina 22. È un dato sorprendente se si pensa che nel 1966, a un anno dalla sua fondazione, AIRC contava appena 568 soci. Oggi, dopo 45 anni, i soci sono quasi 1.700.000. Una crescita eccezionale e costante, che ha permesso alla ricerca oncologica italiana di progredire assicurandole continuità e stabilità. La buona ricerca è frutto di un processo di selezione severo e meritocratico di cui AIRC è garante. L’Associazione è al di sopra di qualsivoglia influenza da parte degli istituti e dei ricercatori beneficiari: questa indipendenza permette di distribuire i fondi esclusivamente sulla base dei meriti scientifici. I soci AIRC sono quindi protagonisti dei tanti traguardi che l’oncologia italiana ha tagliato in questi decenni, risultati che ricadono indistintamente sull’intera popolazione. Il loro sostegno è stato ed è irrinunciabile per migliaia di ricercatori. Negli ultimi anni, grazie ai contributi eccezionali provenienti dal 5 per mille, AIRC ha potuto imprimere un’accelerazione alla ricerca, avviando dieci Programmi di oncologia clinica molecolare, studiati per garantire risultati concreti per i pazienti entro cinque anni . È un progetto poderoso per il numero di istituzioni coinvolte, 48, e di ricercatori e clinici arruolati, 921. Questo si somma alla storica area di intervento di AIRC: gli Investigator Grant, progetti della durata di un triennio che affrontano in maggioranza aspetti fondamentali della conoscenza della malattia. Infatti, la ricerca applicata non può esistere senza una continua ricerca di base, fonte di ogni innovazione. L’assicurazione che la ricerca sul cancro non si fermerà è data quindi dai soci di AIRC che garantiscono solidità al sistema e sicurezza ai finanziamenti. In parallelo strumenti fiscali, per esempio il 5 per mille e le agevolazioni per le erogazioni liberali a favore di associazioni che promuovono attività di ricerca scientifica, possono accelerare i progressi che renderanno il cancro una malattia sempre più curabile.

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CONTENUTI

FONDAMENTALE giugno 2011

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In questo numero: DI RICERCATORE 05 VITA Un pezzo d’Italia nell’isola di Singapore 08 PANCREAS Se oggi ti capiamo domani ti curiamo 5 PER MILLE 11 PROGRAMMA Contro le api regine dei tre big killer 14 PSICONCOLOGIA Lo stress causa il cancro? Un mito da sfatare

17 SPONSOR AIRC e Intesa Sanpaolo tagliano un traguardo NOTIZIE FLASH Dal mondo

18 SU… 20 ILTCPUNTO spirale: le linee guida degli esperti 2010 22 BILANCIO I risultati in cifre 24 PSICOLOGIA Clown, musica e animali per alleviare la sofferenza

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Una giovane scienziata asiatica a caccia dei segreti di p53

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Lo stress non è causa del cancro Pancreas: Quando i casi nuove di tumore si accumulano prospettive perci vuole l’epidemiologo un tumore difficile

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Due grandi progetti, legati al 5 per mille, per battere le staminali tumorali

FONDI 27 RACCOLTA Azalea simbolo di collaborazione 28 LASCITI Tra cinema e vita, Remo Girone resta al fianco di FIRC

30 MICROSCOPIO Nuove proposte per avvicinare la cura al malato

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Una conferenza di consenso sulla TC spirale

Novità sul sito WWW.AIRC.IT

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• Tumori pediatrici www.airc.it/cura • Scheda: prostata www.airc.it/guida-tumori


VITA DI RICERCATORE Italia-Asia via web

Un pezzo d’Italia nell’isola di Singapore IFOM ha attivato nella città-stato asiatica un laboratorio dedicato allo studio di p53, la proteina chiave per la comparsa di molti tumori. A dirigerlo una giovanissima ricercatrice, allieva dello scopritore di p53

a cura di FABIO TURONE è un filo doppio che lega Singapore all’Europa, e la giovane ricercatrice Chit Fang Cheok a p53, la proteina chiave nella genesi di molti tumori. È un filo invisibile, lungo molte migliaia di chilometri, che ha cominciato a dipanarsi nel 1979: in quell’anno, mentre lei nasceva a Singapore, in Inghilterra il ricercatore britannico David Lane scopriva proprio il ruolo della proteina p53, su cui sono stati condotti tantissimi studi importanti nella lotta contro il cancro negli ultimi 32 anni. Oggi questa giovane e determinata ricercatrice singaporiana si trova a dirigere in prima persona il laboratorio di ricerca che IFOM, l’Istituto FIRC di oncologia molecolare, ha aperto proprio a Singapore per approfondire gli studi su p53. La città-stato, posta di fronte all’estremo limite della penisola malese, è infatti uno dei Paesi al mondo che più hanno saputo creare le

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condizioni per realizzare ricerche scientifiche di avanguardia. Ora, grazie alla rete Internet, un po’ di quel clima arriverà anche a Milano: il flusso di comunicazione tra IFOM e il nuovo laboratorio da lei diretto sarà continuo. “Chit Fang si è specializzata nello studio dei meccanismi di danno e di riparazione del DNA che risultano determinanti per il successo o il fallimento delle cure chemioterapiche. Questa giovane scienziata rappresenta un ottimo esempio dei talenti di livello internazionale che Singapore sta sviluppando con l’obiettivo di introdurre scoperte scientifiche a beneficio della società” spiega David Lane che, oltre a dirigere l’Unità di ricerca oncologica della prestigiosa charity britannica Cancer Research UK, oggi è a capo, proprio a Singapore, dell’Unità di ricerca biomedica dell’agenzia governativa A*STAR, partner di IFOM. “Sono certo che otterà risultati ancora più rilevanti nel ruolo di responsabile dell’IFOM-p53 Joint Research Lab”.

Studia i meccanismi con cui il DNA ripara i propri danni

La creatività è giovane Come group leader Chit Fang Cheok è giovane, soprattutto per gli standard italiani, ma è proprio il filo che la lega a David Lane, con cui collabora da anni, a rammentare che l’età conta solo fino a un certo punto, perché i progressi scientifici hanno bisogno di passione per la ricerca, competenza e impegno costante. Dopodiché la scoperta che cambia la prospettiva può arrivare anche a 27 anni, come è accaduto appunto a Lane, che per que-

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VITA DI RICERCATORE Nell’immagine, lo schema della scoperta di Chit Fang Cheok e David Lane. In marrone sono rappresentate le cellule tumorali. Dopo la somministrazione di un farmaco in grado di attivare p53, la chemioterapia agisce prevalentemente sulle cellule tumorali, perché distrugge solo gli elementi che sono in fase di replicazione. Così facendo la chemioterapia risulta più mirata e le cellule sane vengono risparmiate.

Farmaco che attiva p53

Secondo farmaco che colpisce le cellule in fase di replicazione

sto è stato insignito dalla regina d’Inghilterra del titolo di baronetto. E proprio in Inghilterra ha studiato Chit Fang Cheok: a Londra sbarcò diciottenne, grazie a una borsa di studio, dopo aver lasciato a Singapore il fidanzato Herman, conosciuto all’età di 13 anni, che qualche anno più tardi sarebbe diventato suo marito, dopo aver anche lui studiato all’estero (negli Stati Uniti): “All’Imperial College di Londra ho studiato tre anni biochimica, vivendo prima nel-

MENO EFFETTI COLLATERALI

a proteina p53 svolge un ruolo importante nel frenare all’origine la perdita di controllo delle cellule che porta allo sviluppo dei tumori. Su questa proteina sono stati condotti oltre 20.000 studi per comprenderne meglio i meccanismi che la governano e per cercare di sfruttarli per prevenire e curare più efficacemente il cancro. Proprio una ricerca condotta da Chit Fang Cheok e David Lane ha di recente

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l’ostello del college agli Evelyn Gardens e poi a Kensington. Ho seguito anche corsi di fotografia e di salsa, e nel tempo libero frequentavo con altri studenti conferenze varie. Spesso si mangiava nei ristoranti cinesi, per respirare aria di casa” racconta la minuta ricercatrice. Al termine di quei tre anni, durante i quali tornava spesso a Singapore, si ritrova di nuovo in Inghilterra, per la specializzazione: “Tra il 2001 e il 2005 ho vissuto al Wolfson College di Oxford, un

aggiunto un tassello importante, scoprendo come sia possibile usare un farmaco che “mette in moto” p53 (vedi immagine qui sopra) per far sì che la chemioterapia – che agisce sulle cellule in rapida replicazione – abbia effetto solo sul tumore. Accanto a questo filone di ricerca che punta a ridurre gli effetti collaterali delle terapie, iI nuovo laboratorio cercherà di riparare le cellule in cui il gene p53 non funziona correttamente.

In questo articolo: p53 Singapore IFOM posto molto bello con stanze sul lago e con un clima molto informale, poiché ospitava anche famiglie di giovani ricercatori con i figli piccoli” rievoca. Le ricerche condotte durante il giorno erano concentrate sulla sindrome di Bloom, una grave malattia genetica ereditaria, molto rara, che predispone alla comparsa di un gran numero di tumori. L’interesse del suo gruppo era concentrato sul ruolo della proteina BLM, che è normalmente coinvolta nella riparazione del DNA ma che nei malati di sindrome di Bloom si presenta mutata: “Durante il mio dottorato di ricerca ho scoperto e caratterizzato una nuova attività di questa proteina, importante per la riparazione del DNA, e ho studiato le relazioni tra la BLM e altre proteine” ricorda. “Ho trascorso anni intensi in quel laboratorio finanziato da Cancer Research UK, all’Istituto di medicina molecolare. Lì ho imparato molta scienza, nuove tecniche e anche a lavorare con altri ricercatori. Alla sera, dopo una giornata intensa passata in gran parte in laboratorio, ci si incontrava nella cucina comune per mangiare insieme, dove io spesso preparavo i dumpling cinesi, quelli che voi chiamate ravioli al vapore. Poi c’era la scelta tra molte attività sociali, tra cui, nel mio caso, ballare la salsa e il tango”.

“Il p53 Joint Research Lab costituirà una piattaforma strategica di collaborazione scientifica tra IFOM e A*STAR” spiega Lim Chuan Poh, direttore dell’agenzia governativa per la ricerca di Singapore. “Siamo particolarmente entusiasti delle capacità e dell’esperienza di IFOM nell’ambito dell’oncologia molecolare e confidiamo di estendere e approfondire la nostra interazione scientifica per velocizzare l’acquisizione di nuove scoperte e la loro applicazione con l’obiettivo di apportare benefici ai milioni di pazienti”.


Il ritorno a casa Con il conseguimento del dottorato, si presenta la possibilità di proseguire la ricerca ad altissimo livello, a Singapore: “Ho conosciuto David Lane nel 2005, quando sono tornata a Singapore presentando la mia candidatura per entrare nel suo laboratorio” spiega. “Mi sono trovata davanti a uno scienziato dalla mente molto aperta, e molto ricettivo nei confronti delle nuove idee e delle nuove opinioni. Non vedevo l’ora di lavorare con lui e sono stata molto felice quando ha accettato la mia candidatura”. Ma non sempre la grande scoperta è necessariamente frutto dell’idea illuminante che si insegue: il lavoro dei ricercatori è Nella foto, fatto di tanti piccoli Chit Fang Cheok dialoga passi portati avanti con costanza e determinaziovia web con il suo collega ne, giorno dopo giorno. di IFOM Milano “Nel corso degli anni, il nostro interesse comune per p53 e il suoi meccanismi di funzionamento ci ha offerto tante opportunità per lavorare insieme, e mi è sempre piaciuto molto confrontarmi con lui. Spesso ha mostrato di apprezzare molto le mie idee e il mio lavoro, e mi ha dato una libertà intellettuale che mi ha permesso di crescere come scienziata indipendente. Ancora oggi è un collega con cui è bello discutere di lavoro”. Tra i risultati recenti di questa interazione ci sono quelli, di sicuro molto promettenti, di una ricerca pubblicata insieme nel 2010, che ha messo in luce una caratteristica della proteina p53 che potrà essere sfruttata per ridurre i pesanti effetti collaterali della chemioterapia (vedi box). Oggi la vita di Chit Fang Cheok è scandita dal lavoro nel campus Biopolis, al centro dell’isola su cui sorge Singapore: “Esco di casa verso le 7 e accompagno mio marito dall’altra parte della città, il che non è semplice perché Singapore è famosa per il suo traffico caotico! Poi torno indietro

per essere attorno alle 8 al campus in centro, dove posso parcheggiare facilmente. All’ora di pranzo di solito si scende nella grande hall al piano terra, aperta al pubblico, dove ci sono numerosi ristoranti con self-service i cui cibi rispecchiano le molte culture che convivono a Singapore”. La popolazione della piccola cittàstato, infatti, è composta per tre quarti circa da cittadini di origine cinese, cui si aggiungono un 13 per cento di malesi e un 10 per cento scarso di indiani: secondo una speciale classifica internazionale, è la città più globalizzata del mondo, oltre a offrire la miglior qualità di vita di tutta l’Asia. “Alla sera capita spesso di andare a mangiare con mio marito a casa dei miei genitori, sulla via del ritorno verso casa nostra, ma nel weekend amo cucinare” spiega la giovane singaporiana. Nelle ultime settimane Chit Fang Cheok ha fatto in modo di spostare l’attività di ricerca nei nuovi locali preparati da IFOM senza interrompere gli esperimenti: “Il mio nuovo laboratorio è

Il primo farmaco attiva p53, il secondo elimina la cellula

molto bello e ben attrezzato, specie per una group leader giovane” spiega con un sorriso che comunica la sua profonda soddisfazione. “L’attività è partita con due giovani tecnici di laboratorio appena laureati, ai quali presto si aggiungeranno ricercatori già formati e studenti, che saranno selezionati in tutto il mondo anche attraverso la SEMM, la Scuola europea di medicina molecolare di Milano. Mi piacerebbe che alcuni fossero italiani, perché so che sono dei gran lavoratori”.

FOM è l’istituto di ricerca in oncologia molecolare di FIRC, la Fondazione italiana per la ricerca sul cancro. Ciò significa che, contrariamente, agli altri istituti di ricerca, che vengono finanziati sulla base di bandi e per singoli progetti, IFOM viene supportato quasi interamente da fondi FIRC e conduce ricerche di base e cliniche in collaborazione con altri centri. IFOM ha la sua sede principale a Milano, in un centro all’avanguardia sia per le strutture sia per l’organizzazione del lavoro, ma ha scelto di decentrare alcuni suoi laboratori in altre città d’Italia e del mondo (come nel caso di Singapore), per sfruttare le sinergie della ricerca.

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PANCREAS Nuove strategie contro il cancro

Se oggi ti capiamo domani ti curiamo Il cancro del pancreas è ancora difficile da trattare: oggi però finalmente sappiamo perché e possiamo agire con maggiore efficacia per arginarne gli effetti a cura di DANIELA OVADIA a ricerca è, ancora una volta, l’unica arma per sconfiggere il più agguerrito dei nemici. Un nuovo approccio concettuale alla malattia potrebbe finalmente aprire prospettive innovative per la cura di uno dei tumori ancora più temuti, quello del pancreas. “Per molti anni non abbiamo troIAMPAOLO vato il banORTORA dolo della DOCENTE DI matassa e ONCOLOGIA ancora oggi utilizziamo MEDICA A prevalenteERONA mente farmaci di vecchia concezione” spiega Giampaolo Tortora,

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professore di oncologia medica all’Università di Verona e direttore dell’Oncologia medica clinicizzata del Policlinico G.B. Rossi. In effetti questo tumore, per fortuna raro dato che rappresenta non più del 2,5 per cento delle forme oncologiche dell’adulto, non ha una buona prognosi, come spiega Tortora. “Nell’80 per cento dei casi lo identifichiamo purtroppo quando è già in fase avanzata e ha già dato metastasi. Trovarlo presto può fare davvero la differenza, come del resto anche per gli altri tumori. Ecco perché i ricercatori puntano a identificare sintomi o marcatori biologici che possano fungere da campanello d’allarme. “Non è affatto facile” continua Tortora. “È una malattia subdola, perché le cellule di carcinoma del pancreas sono altamente diffusibili. Inoltre i

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sintomi sono labili e la diagnostica strumentale è complessa, per la posizione e la consistenza dell’organo. Quando il cancro colpisce la testa del pancreas, il paziente può svegliarsi tutto giallo per via dell’ittero, dovuto al fatto che le cellule tumorali hanno invaso il coledoco, il canale che trasporta la bile che a sua volta si riversa nel circolo sanguigno. Viceversa, quando colpisce la coda del pancreas spesso si manifesta con un dolore alla colonna vertebrale. Il malato pensa prima a un’ernia o a una contrattura, fa diversi esami radiografici finché non viene fuori la vera ragione. Così si perde tempo prezioso, ma è anche vero che è difficile immaginare che un banale dolore possa

essere provocato da una malattia tutto sommato rara”. POCHI ELEMENTI DI RISCHIO Anche i fattori di rischio certi sono pochi: esiste una piccolissima quota di natura ereditaria (dal 3 al 9 per cento del totale) e altre forme sono conseguenza di una pancreatite cronica, un’infiammazione dell’organo che di solito è già nota al paziente. In questi casi è possibile suggerire controlli ecografici periodici ed esami del sangue. “Si è scoperto, però, che non c’è una relazione con gli altri tipi di pancreatite, per esempio quella acuta, che è la più comune” spiega l’esperto. Anche chi è diabetico da molti anni è a rischio, mentre un diabete che

Un tumore raro e complesso da studiare


In questo articolo: pancreas farmaci biologici microambiente

compare all’improvviso in una persona sana più che un fattore di rischio costituisce un campanello d’allarme per il manifestarsi della malattia stessa. “Come si vede, si tratta di fattori di rischio troppo generici per essere davvero utili, anche perché nella stragrande maggioranza dei casi chi si ammala non rientra in nessuna di queste categorie” spiega Tortora. “Esiste anche un marcatore nel sangue, il Ca 19-9, che però non viene eseguito di routine ma serve piuttosto per valutare l’evoluzione della malattia”. DOTATO DI CORAZZA Oltre che sulla diagnosi precoce, bisogna contare sulle cure, ma anche su questo fronte ci sono caratteristiche che rendono complicato il compito di medici e ricercatori. “Intorno a questo

tipo di tumore si forma, fin dalle fasi precoci, una sorta di cotenna, uno spesso strato di tessuto connettivo che agisce come una corazza, impedendo ai farmaci di arrivare al bersaglio”. In effetti, contrariamente a quanto accade in tutti gli altri tipi di tumore, nel caso del pancreas non c’è angiogenesi, cioè non si formano nuovi vasi per nutrire la massa di cellule maligne: anzi, i vasi sono rari e il tumore piccolo, ma circondato dal suo strato di connettivo protettivo. “Ora che sappiamo ciò, grazie a studi e ricerche molto recenti, comprendiamo anche perché certi farmaci antiangiogenetici che hanno avuto risultati ottimi in altre forme oncologiche, in questo caso sono stati inefficaci” spiega Tortora. “Inoltre, poiché conosciamo i geni che favoriscono l’angiogenesi e li usiamo come bersagli di farmaci intelligenti quando vogliamo sopprimere la formazione dei nuovi vasi, c’è chi sta studiando come agire sugli stessi geni in senso opposto: per formare nuovi vasi che portino sangue al tumore e, attraverso il sangue, anche i farmaci chemioterapici”. I farmaci biologici, o farmaci intelligenti, quelli che agiscono su un preciso bersaglio molecolare, hanno dato risultati limitati nella battaglia contro il cancro del pancreas. “Finora è stato effettivamente così” continua Tortora. “I bersagli validi per altri organi non lo sono in questo caso. Ma qualche tempo fa, sulla rivista Science, è stato pubblicato uno studio che ha identifi-

UN DIALOGO SERRATO TRA IL TUMORE E IL MICROAMBIENTE

SE IL SISTEMA IMMUNITARIO TRADISCE un gruppo di cellule del sistema immunitario a dare il via libera al tumore del pancreas: invece di eliminarle, spalanca le porte alla malattia. Come spiegano i ricercatori guidati da Maria Pia Protti del gruppo di Immunologia dei tumori dell’Istituto San Raffaele di Milano, per riuscire a convincere le nostre difese naturali a “tradire” l’organismo, le cellule tumorali dialogano a ritmo serrato con il microambiente che le circonda. Un discorso a livello molecolare che viene descritto in dettaglio sul Journal of Experimental Medicine in una ricerca finanziata anche da AIRC. In genere i linfociti T producono speciali proteine “d’attacco”, chiamate citochine, capaci di combattere il tumore. I linfociti T “deviati”, invece, cominciano a produrre citochine che ne favoriscono la crescita. I ricercatori milanesi sono riusciti a identificare le molecole coinvolte in questo complesso meccanismo pro-cancro: per alcune di queste molecole sono già disponibili anticorpi capaci di bloccarne l’attività.

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cato 12 gruppi di proteine di segnale che sono tipiche del tumore pancreatico. Ora stiamo cercando anche qui a Verona – dove ha sede un gruppo di ricerca per l’analisi gene-

tica di questi tumori, che fa capo al grande progetto internazionale Cancer Research Project per la mappatura totale dei geni del cancro – di capire quali di questi possono

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PANCREAS BERE MOLTO CONTRIBUISCE A CREARE I PRESUPPOSTI DELLA MALATTIA

UN NEMICO CHIAMATO ALCOL he l’alcol non sia amico del pancreas è cosa nota: i forti bevitori sono soggetti a rischio per le pancreatiti. Ora un ampio studio epidemiologico pubblicato su Archives of Internal Medicine e condotto dall’American Cancer Society dimostra che chi beve ha anche un rischio di ammalarsi di cancro del pancreas che cresce del 36 per cento (un incremento importante sebbene si tratti di un tumore raro in numeri assoluti). A rischio sono coloro che bevono almeno tre dosi di superalcolici al giorno, mentre birra e vino non sembrano essere in relazione con la malattia. I dati sono stati ottenuti da questionari somministrati a oltre 400.000 persone non fumatrici. Secondo gli autori dell’analisi, non è chiaro se sia il tipo di alcol o la quantità a determinare l’effetto nefasto: quel che è certo è che ai mali dell’alcolismo va aggiunto anche questo.

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diventare i bersagli di nuove terapie. Spesso le case farmaceutiche hanno già in archivio sostanze utili, capaci di interagire con nuovi bersagli. L’obiettivo di questi studi è di dare loro il suggerimento giusto perché il paziente possa contare, entro un tempo relativamente breve, su una nuova opzione terapeutica”. NOVITÀ CONCRETE Già ora sono entrate nei protocolli nuove combinazioni, frutto delle scoperte più recenti: se la cura più tipica rimane un cocktail di gemcitabina e capecitabina, due chemioterapici classici, un gruppo francese ha introdotto una nuova combinazione nota con la sigla folfirinox. Il tumore sembra rispondere al folfirinox circa tre volte più che con i farmaci classici, ma non è ancora la soluzione. “C’è una nuova molecola sul mercato, l’abraxane, che combina un farmaco della famiglia dei tassoli con l’albumina. È importante perché sfrutta un meccanismo d’azione diverso da quello degli strumenti finora a disposizione e si sa che nei tumori è utile combinare sostanze che colpiscono il tumore in punti deboli diversi” spiega l’esperto. Nel caso specifico, l’abraxane riesce a frantumare la co-

razza protettiva e quindi apre la strada alle altre sostanze. “Infine ci sono le ricerche sul microambiente, cioè sull’interazione tra le cellule tumorali e l’ambiente circostante” aggiunge Tortora. “È il momento cardine dello sviluppo della malattia, cioè quel processo che porta le cellule del pancreas a trasformarsi nella corazza connettiva. In futuro speriamo di poter interferire con questo processo e, di conseguenza, aumentare l’efficacia delle terapie”. E conclude: “C’è stato un momento in cui noi che ci occupiamo di questo tipo di tumore vedevamo i progressi nella cura di tutte le altre forme oncologiche, mentre per i nostri pazienti non cambiava nulla. Oggi siamo invece ottimisti, perché capire la malattia è il primo passo verso la messa a punto di terapie efficaci”.

Nuovi farmaci facilitano l’azione di quelli più vecchi


PROGRAMMA 5 PER MILLE Staminali tumorali

In questo articolo: 5 per mille staminali tumorali cancro del seno cancro del colon-retto cancro del polmone

Contro le api regine dei tre big killer I progetti di ricerca coordinati da Pier Paolo Di Fiore e Ruggero De Maria hanno in comune il bersaglio: le staminali tumorali, che fungono da riserva per il tumore e non vengono eliminate dalle terapie classiche

a cura di DANIELA OVADIA iù di 12 milioni l’anno. Tanti sono i casi di cancro diagnosticati nel mondo, un numero destinato a crescere sia perché migliorano le capacità diagnostiche, sia perché invecchia la popolazione e, si sa, i tumori colpiscono maggiormente chi è avanti con gli anni. Il risultato? L’Organizzazione mondiale della sanità stima che a breve il cancro diventerà la p r i m a causa di morte nei Paesi occidentali, superando le malattie cardiovascolari. “Sono cifre che hanno chiesto un ripensamento delle strategie anche da parte degli scienziati” afferma Pier Paolo Di Fiore, di-

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rettore del programma di ricerca Determinanti genetici della trasformazione neoplastica e della progressione tumorale presso il Campus IFOM-IEO di Milano. “In passato, la ricerca sul cancro era nettamente divisa in due categorie: quella di base e quella clinica. E anche se la prima ci ha consentito di scoprire in modo sempre più approfondito la complessità dei meccanismi biologici che governano la replicazione delle cellule e quindi la comparsa dei tumori, mentre la seconda si concentrava esclusivamente sulla valutazione dell’efficacia delle cure, è giunto il momento di far incontrare i due mondi in modo più sistematico, per

Le staminali tumorali hanno cambiato la ricerca sul cancro

migliorare la prognosi dei pazienti”. Proprio per rispondere a questo bisogno urgente di portare al letto del paziente i risultati del laboratorio, AIRC ha scelto di finanziare, con oltre 120 milioni di euro provenienti dal 5 per mille, dieci progetti speciali di oncologia molecolare clinica. In cinque anni, ognuno dei dieci gruppi selezionati dovrà raggiungere risultati concreti e, soprattutto, utili per i malati. I finanziamenti sono infatti consistenti e permettono a ciascun capocordata di coordinare diverse decine di ricercatori e di collaborare con altri istituti. ALL’ORIGINE DEL MALE Due di questi progetti hanno come obiettivo le cellule staminali tumorali: quello guidato da Pier Paolo Di Fiore e quello diretto da Ruggero De Maria, diret-

tore del Dipartimento di ematologia e oncologia dell’Istituto superiore di sanità. “La scoperta dell’esistenza delle cosiddette cellule staminali tumorali ha cambiato la biologia dei tumori” spiega De Maria. “Grazie a questa intuizione abbiamo capito che nelle masse tumorali ci sono cellule normali che diventano maligne, ma possono essere eliminate da farmaci e terapie, e cellule staminali, che fungono da riserva per il tumore e che sono resistenti alle cure più comuni. È per questo che, anche quando in apparenza il tumore è stato curato, è possibile che si riformi o dia luogo a metastasi”. Eliminare le sta-

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PROGRAMMA 5 PER MILLE

minali tumorali è quindi un passo necessario per arrivare a guarire definitivamente i pazienti. Il gruppo di De Maria è riuscito a isolare, in anni recenti, le cellule staminali nei due tipi di tumore che fanno più vittime: quello del colon-retto e quello del polmone. “Il nostro progetto con AIRC parte da lì. Giacché abbiamo un sistema efficace per isolare le staminali in queste due tipologie di tumore, siamo in grado di estrarle dai campioni di tessuto ottenuti dai pazienti che afferiscono ai tre centri coinvolti nel progetto: le oncologie di Perugia, degli Ospedali Riuniti di Ancona e dell’IFO di Roma” spiega De Maria. Avere sotto mano questo materiale consente di far crescere “in provetta” un cam-

pione del tessuto malato per testare in laboratorio l’efficacia delle terapie, prima ancora che queste siano somministrate al paziente. Un primo risultato è già stato raggiunto: esiste una mutazione (in gergo tecnico una traslocazione di due geni che codificano per due diverse proteine) che è presente nel 5 per cento circa dei tumori al polmone. De Maria ha scoperto che coloro che ne sono portatori rispondono bene a una particolare terapia con un nuovo farmaco biologico. “Ormai abbiamo capito (e lo hanno capito anche le case farmaceutiche) che è inutile dare un farmaco biologico a chi non ha le caratteristiche adatte a renderlo efficace. Gli studi di oncologia molecolare

Allo studio le mutazioni nel polmone e nel colon-retto

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servono quindi anche a guidare l’attività del clinico, offrendogli informazioni che non potrebbe avere in assenza di un laboratorio attrezzato alle spalle” afferma De Maria. Il gruppo dell’Istituto superiore di sanità però ha progetti ancora più ambiziosi. “Non basta caratterizzare le staminali tumorali e identificare i marcatori biologici che le rendono così diverse dalle altre cellule. Noi vogliamo studiare tutte le mutazioni genetiche che differenziano le staminali dalle altre cellule tumorali per produrre nuovi farmaci intelligenti, in particolare anticorpi creati in laboratorio, in grado di andarle a cercare all’interno della massa tumorale per eliminarle”. Secondo De Maria, il suo gruppo ha già fatto un bel pezzo di strada: “Spero di poter sperimentare alcuni anticorpi entro i primi tre anni

del finanziamento” afferma. Ci sono anche altri vantaggi “collaterali” in questi grandi progetti finanziati per un numero elevato di anni: la messa a punto di nuove strategie e tecnologie che possono venire utili anche ad altri ricercatori. “Stiamo diventando esperti nel coltivare le staminali tumorali in laboratorio” spiega De Maria. “E abbiamo già verificato che i test di risposta ai farmaci effettuati su colture di cellule staminali sono molto più predittivi di quanto succederà effettivamente al paziente rispetto ai test effettuati su colture di cellule tumorali comuni. Questo significa che abbiamo un modello sperimentale molto realistico su cui testare i nuovi farmaci”. I campioni ottenuti da tutti i malati che accetteranno di entrare nella sperimentazione saranno analizzati dal punto di vista dell’espressione dei geni e, anche quando questo non sarà possibile, il tessuto resterà in archivio e potrà essere testato in un secondo momento per verificare quali sono le caratteristiche molecolari che hanno reso quel tumore, in quel particolare paziente, sensibile o resistente a una determinata terapia. L’AGO NEL PAGLIAIO “Ogni cancro nasconde un’ape regina, che comanda le altre cellule e rende il tumore più aggressivo. Riuscire a uccidere questa regina potrebbe rivoluzionare la cura del cancro" afferma Pier Paolo Di Fiore, che guiderà un team di 83 medici, biologi e ricercatori impegnati nell’identificazione di possibili bersagli terapeutici per “disattivare” le cellule staminali tumorali nel


I DUE PROGETTI IN BREVE cancro della mammella. Il progetto di Di Fiore è la naturale evoluzione di quanto ha scoperto in anni passati nel corso della sua attività presso IFOM. “Grazie alla raccolta di campioni di tessuti tumorali siamo riusciti a identificare le cellule che danno origine al cancro del seno. Questo risultato è il frutto della stretta collaborazione che il mio gruppo ha sempre conservato con i clinici e i chirurghi” spiega. Tutti i campioni sono stati sottoposti a screening genetico attraverso tecniche come il DNA microarray, che consentono di verificare l’espressione, cioè il funzionamento, di migliaia di geni in contemporanea. “Ora che sappiamo distinguere le staminali del seno dalle altre cellule, abbiamo in mano un vero e proprio ritratto molecolare delle responsabili della malattia e quindi possiamo mettere a punto farmaci in grado di interferire con il loro funzionamento”. I vari tipi di tumori della mammella presentano però caratteristiche estremamente diverse, che ne influenzano l’aggressività, il decorso clinico, e infine la prognosi. Il gruppo di Di Fiore ha scoperto che il diverso comportamento è riconducibile al differente contenuto in cellule staminali tumorali. In particolare, i Nella foto in casi più aggresalto, Ruggero sivi sono quelli De Maria; in cui il tessuto in basso Pier tumorale è più Paolo Di Fiore ricco di stami-

nali, anche se si tratta sempre di piccolissime quantità. “Il nostro primo passo è stata l’invenzione di un metodo per isolare quantità sufficienti di cellule staminali, il che non è semplice perché sono poche: come cercare un ago in un pagliaio” spiega Di Fiore. “Ora possiamo procedere alla caratterizzazione molecolare completa per trovare i loro marcatori specifici. Lo scopo è quello di poter dire fin da subito alle pazienti di che tipo è il loro tumore: quanto è aggressivo e a quali farmaci è sensibile”. Questo è infatti l’obiettivo del progetto finanziato da AIRC che, come quello di De Maria su altri tipi di tumore, consentirà anche di conoscere molto meglio i meccanismi che rendono la malattia pericolosa. Dal laboratorio l’informazione arriverà direttamente al letto della paziente e guiderà la scelta dei medici, che dovranno essere in grado di interagire con i biologi molecolari. “L’interdisciplinarietà è la caratteristica forte di tutti questi progetti” conclude Di Fiore. “Il clinico dovrà conoscere un po’ di oncologia molecolare, e il ricercatore un po’ di clinica. Ma saranno presenti anche altre figure professionali, come gli informatici e gli ingegneri, sempre più necessarie per gestire l’enorme mole di dati complessi che ci troviamo a maneggiare, e i farmacologi, per la messa a punto di nuove terapie”.

Una stretta collaborazione tra clinici e ricercatori

STAMINALI TUMORALI DEL COLON-RETTO E DEL POLMONE

STAMINALI DEL TUMORE MAMMARIO

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125 ricercatori 10 unità • Univ. Politecnica delle Marche • Ist. Regina Elena - ROMA • Az. Osp. di Perugia • Univ. La Sapienza - ROMA • Univ. Tor Vergata - ROMA • Univ. di Palermo • Ist. sup. di sanità - ROMA

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frutterà l’esperienza di un gruppo di 125 ricercatori, coordinato da Ruggero De Maria, sulle cellule staminali dei tumori del polmone e del colon per riprodurre in laboratorio i tumori dei pazienti: è questo il punto qualificante del progetto guidato dall’Istituto superiore di sanità. I risultati permetteranno di valutare le potenzialità terapeutiche dei nuovi farmaci e, con l’impiego di innovative piattaforme tecnologiche che consentono il rapido screening del profilo genetico di ogni singolo campione di tessuto, di identificare in anticipo i pazienti che beneficeranno di ciascuna terapia. In sostanza, una via preferenziale per la personalizzazione delle cure.

segreti della biologia delle cellule staminali tumorali, le uniche in grado di sostenere la crescita della neoplasia, ci fanno capire meglio come nasce il tumore, ma anche le sue debolezze. In questo programma di ricerca Pier Paolo Di Fiore coordina una squadra di 83 ricercatori esperti in cellule staminali, clinici specializzati in senologia, patologi, farmacologi ed esperti nello sviluppo di farmaci nuovi, per sfruttare le cellule staminali tumorali come tallone d’Achille del carcinoma mammario. Le cellule staminali sono le più resistenti alla terapia, oltre a essere rare e quindi molto difficili da isolare per poterle studiare. Pier Paolo Di Fiore, con il suo gruppo presso il Campus IFOMIEO, ha ideato un metodo che permette di isolare le cellule staminali del tumore della mammella. Ora sono in grado di iniziare un programma di studi e ricerche che utilizzi queste conoscenze nella diagnosi e terapia del cancro del seno.

83 ricercatori 11 unità • Ist. europeo di oncologia MILANO

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PSICONCOLOGIA Ormoni e neurotrasmettitori

Lo stress causa il cancro? Un mito da sfatare Nessuno studio ha mai dimostrato una relazione diretta di causa-effetto tra stress e tumori. È vero però che un buon equilibrio psichico può favorire la guarigione e la reazione dell’organismo alle cure a cura di DANIELA OVADIA ono così stressato che ho paura di ammalarmi”. Il luogo comune per cui ansia, nervosismo e affaticamento, per non parlare di divorzi o lutti, possono essere causa diretta della comparsa di malattie gravi come il cancro è molto diffuso. E in effetti lo stress è un fattore negativo per la salute da molti punti di vista, non ultimo quello vascolare: cuore e vasi possono essere messi a dura prova da una vita difficile o da un momento di intensa sofferenza, ma per i tumori la relazione non è mai stata dimostrata in modo univoco, come spiega Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano: “Finora gli studi clinici non hanno mai provato una relazione diretta, cioè di causa-effetto, tra stress e tumore. Ciò significa che nessuno è riuscito a dimostrare che un evento stressante è all’origine di quelle complesse trasformazioni, a livello cellulare, che portano alla comparsa della malattia. Ciò non toglie che l’esperienza clinica conferma che esiste un legame tra psiche e cancro, soprattutto una volta che la malattia si è instaurata. Se forniamo assistenza psicologica al paziente e ci prendiamo cura anche delle sue paure e della sua qualità di vita ne

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Non stressarti per lo aumentiamo le probabilità di guarigione”.

Un fenomeno in tre fasi Lo stress non è un fenomeno immateriale, ma si manifesta attraverso la produzione di sostanze come neurotrasmettitori, ormoni e mediatori del sistema immunitario e dell’infiammazione. Ed è ben diverso da un momentaneo affaticamento fisico-psichico. Per parlare di stress, infatti, bisogna che l’individuo sia esposto ai cosiddetti fattori stressanti (in inglese stressor), identificati oltre 50 anni

Gli eventi luttuosi non sono legati alla comparsa della malattia


In questo articolo: stress prognosi psiconcologia

fa dal medico austriaco Hans Selye e in grado di produrre quella che lui stesso definì una “sindrome generale di adattamento”, cioè una difficoltà fisica e psichica a rispondere in maniera adeguata agli stimoli ambientali. Dal punto di vista fisico, lo stress si manifesta infatti in tre fasi distinte: nella prima, l’organismo reagisce alle situazioni critiche mettendo in atto strategie di compenso come l’aumento del battito cardiaco o della pressione del sangue. Segue una fase, detta di re-

stress! sistenza, in cui il corpo risponde alla fatica prolungata producendo proprio gli ormoni e i neurotrasmettitori tipici dello stress. Infine, se gli stressor esterni non cessano, interviene la fase più preoccupante, quella dell’esaurimento: l’individuo viene sopraffatto dalla situazione e il suo corpo perde il controllo dei meccanismi di compenso. Cosa accade però a livello psichico? Molto dipende dalla personalità dell’individuo, come spiega Florence Didier, re-

sponsabile del Dipartimento di psiconcologia dell’IEO: “Negli anni sono state studiate le risposte delle persone agli eventi stressanti e si è così scoperto che mentre alcuni sono capaci in breve tempo di riportare tutti i parametri entro livelli di normalità, ci sono altre persone che non riescono a tornare a una situazione di equilibrio, cioè si adattano male. In oncologia lo vediamo continuamente: ci sono persone che riescono a rispondere positivamente all’inevitabile stress che una diagnosi di tumore porta con sé, e altre che fanno più fatica. Ciò dipende dalla personalità precedente la malattia, dal contesto sociale e familiare o dalla presenza di eventuali patologie pregresse, come per esempio una depressione”.

Gli studi epidemiologici Anche il sistema immunitario può essere coinvolto nel ciclone metabolico indotto dallo stress, come hanno dimostrato diversi studi su modelli sperimentali e sull’uomo: le cellule del nostro sistema di difesa che dovrebbero eliminare le cellule cancerose non appena queste compaiono possono essere inibite dai mediatori dello stress, almeno in laboratorio. Ma cosa accade nella realtà? Se lo è chiesto una psicologa del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, negli Stati Uniti, che ha intervistato 1.000 donne con cancro del seno e 1.000 controlli sani con un lungo

LEGGENDE METROPOLITANE

L’International Union Against Cancer, una delle più importanti associazioni contro il cancro negli Stati Uniti, ha promosso, tre anni fa, un’indagine sui falsi miti che circondano questa malattia. Al primo posto tra le convinzioni errate degli intervistati c’è proprio lo stress: una forte pressione psicologica o un evento doloroso possono essere direttamente causa di un tumore per la maggioranza di chi ha risposto al questionario, benché la scienza dica il contrario. Viceversa, quasi la metà delle persone è convinta che non ci sia una relazione diretta tra l’assunzione di alcol e la comparsa di un cancro, mentre è dimostrato che, almeno per alcuni tipi di tumore, questa correlazione esiste.

L’inquinamento atmosferico, sul quale ancora gli esperti discutono, è invece considerato una causa sicura per il 78 per cento del campione. In sostanza, commentano gli analisti di Gallup International, l’istituto di statistica e sondaggi che ha condotto le interviste, non c’è relazione tra quanto la scienza afferma su un determinato fattore di rischio e come questo viene percepito dalle persone. Non si tratta solo di un problema di cattiva informazione: da queste convinzioni deriva un atteggiamento lassista nei confronti di situazioni realmente pericolose e un’ansia immotivata nei confronti di altre che sono relativamente (o a volte del tutto) innocue per la salute.


PSICONCOLOGIA

Influenza la prognosi

LA BIOCHIMICA DELLO STRESS

Quando un individuo è sottoposto per un periodo prolungato a un evento stressante, il suo organismo mette in atto alcune strategie di compenso. Una di queste prevede che l’ipotalamo, una ghiandola posta nel cervello, induca la produzione di due ormoni, la vasopressina e l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), ambedue

questionario, all’interno del quale erano elencati anche tutti i più comuni fattori di stress: negli ultimi cinque anni ha divorziato? Ha perso il lavoro? Ha cambiato status economico? Ha perso una persona cara? Nessuna delle intervistate era a conoscenza del vero obiettivo dell’indagine e, di fatto, analizzando le risposte, la psicologa si è accorta che non c’era alcuna differenza nell’intensità e frequenza di situazioni critiche nella vita delle donne che si erano ammalate rispetto a quelle sane. In pratica lo stress, anche se prolungato, non sembra essere un fattore determinante per la malattia. Altri studi importanti sono stati

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coinvolti nella regolazione del metabolismo dei liquidi nel corpo, di cui causano l’aumento. Inoltre la vasopressina restringe il calibro dei vasi alzando la pressione del sangue. Per questa ragione lo stress è direttamente correlato alla salute del sistema cardiocircolatorio. A sua volta l’ACTH stimola la produzione di cortisolo, un ormone che favorisce la trasformazione delle proteine in zuccheri all’interno dell’organismo, inibendo l’azione dell’insulina e favorendo l’insorgenza di malattie come il diabete dell’adulto. Attraverso il sistema nervoso autonomo l’organismo rilascia anche due neurotrasmettitori, l’adrenalina e la noradrenalina, che a loro volta alzano la pressione del sangue, provocano la dilatazione dei bronchi e l’aumento della glicemia. È quest’ultimo meccanismo che, secondo alcune ricerche, potrebbe fungere da fattore di rischio per il cancro, anche se non può esserne la causa diretta.

condotti in Danimarca, dove esiste un registro nazionale dei tumori e quindi è facile mettere in relazione a posteriori la malattia con quanto accade nella vita delle persone. Una ricerca su oltre 11.000 genitori i cui figli si sono ammalati di cancro (evento considerato altamente stressante) ha smentito una qualsiasi relazione tra un dolore così grande e la comparsa di cancro. Lo stesso risultato si è ottenuto andando a verificare il destino di oltre 22.000 genitori che avevano perso un figlio o di quasi 20.000 genitori di giovani schizofrenici.

Cosa si può dire, però, per chi si è già ammalato? Lo stress può contribuire a peggiorare la prognosi? Ha fatto molto discutere la pubblicazione sulla rivista Cancer, nel 2009, di una revisione canadese che ha considerato 26 studi, per un totale di circa 9.500 pazienti: dai risultati si evinceva che il tasso di mortalità era più elevato tra i malati di cancro depressi che tra quelli non depressi. Difficile però, ancora una volta, capire che cosa è causa e che cosa è effetto. “È possibile che la depressione non peggiori la prognosi in modo diretto, cioè influendo sui meccanismi di reazione dell’organismo, ma in modo indiretto. E in ogni caso depressione e stress sono, anche dal punto di vista fisiologico, due situazioni molto diverse tra loro” spiega Didier. In pratica non sarebbe questione di ormoni e cellule del sistema immunitario, ma piuttosto di comportamenti che il paziente depresso mette in atto (o più spesso non mette in atto) e che diminuiscono le sue probabilità di guarigione. Anche l’inappetenza, l’apatia e l’insonnia che accompagnano la depressione possono contribuire a debilitare il fisico proprio nel momento in cui ha bisogno di tutte le sue energie. “In conclusione è importante dire ai pazienti che non sono in alcun modo responsabili della loro malattia e che non è certo lo stress ad averla provocata” afferma Veronesi. “Però dobbiamo con altrettanta fermezza invitarli a rivolgersi a un medico specializzato o a uno psicologo quando sono già malati e in trattamento, specie se vivono con difficoltà e ansia le fasi della cura. Per questo è importante stabilire un controllo di routine del benessere psichico di tutti i pazienti oncologici, così come si verificano i loro esami del sangue, e fornire l’assistenza adatta a chi ne ha bisogno”.

La depressione rende il paziente poco collaborativo e apatico


SPONSOR Fondi per giovani talentuosi

AIRC e Intesa Sanpaolo tagliano un traguardo I due progetti di ricerca finanziati dalla banca sono giunti al quinto e ultimo anno con risultati eccellenti. E già si guarda al futuro

a cura della REDAZIONE ono passati cinque anni e la ricerca ha fatto un passo importante verso la cura del cancro. L’individuazione di due interleuchine con spiccate proprietà terapeutiche nelle leucemie pediatriche e nel mieloma multiplo, a opera di Irma Airoldi, e l’analisi sistematica delle mutazioni genetiche presenti nel DNA di individui malati di cancro al fine di facilitare la diagnosi precoce del cancro del colon-retto, frutto del progetto di Francesca Ciccarelli, sono i risultati dei due progetti di ricerca sostenuti da Intesa Sanpaolo. AIRC lavora per rendere sempre più competitiva l’oncologia italiana, attraverso importanti programmi di sostegno ai giovani ricercatori. Tra borse di studio e progetti di ricerca a loro dedicati, ne sono stati deliberati 82 nel solo 2010. Da cinque anni Intesa Sanpaolo è al fianco di AIRC nel sostegno di giovani sopra: scienziati garantendo i Irma Airoldi fondi necessari per lo sotto: sviluppo di due Start-up, Francesca vere unità di ricerca guiCiccarelli date dalle due affermate

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ricercatrici. Forti di un’esperienza formativa avvenuta anche all’estero, Airoldi e Ciccarelli hanno diretto il progetto quinquennale in autonomia all’interno di istituti di ricerca di grande prestigio, rispettivamente l’Istituto Giannina Gaslini di Genova e l’Istituto europeo di oncologia (IEO) di Milano. Nel suo laboratorio, Irma Airoldi in questi cinque anni si è occupata soprattutto di tumori del sangue. “Cerco di capire se alcune sostanze prodotte naturalmente dal nostro sistema immunitario, le interleuchine, possono bloccarne la proliferazione”. In effetti due delle sostanze studiate, l’IL-23 e l’IL27 si sono rivelate efficaci nella terapia. I risultati scientifici sono stati pubblicati su autorevoli riviste scientifiche come Blood e Leukemia. Nel laboratorio di Francesca Ciccarelli più che provette ci sono computer. La ricercatrice si è occupata di genetica tumorale, analizzando le mutazioni responsabili del cancro del colon-retto fin dalle fasi precoci. Lo studio ha ripercussioni determinanti sulla diagnosi tempestiva, specie nei casi di familiarità. In questi cinque anni la ricercatrice ha pub-

Dopo la Start-up si avviano a una carriera indipendente

blicato articoli scientifici sulle più prestigiose riviste di bioinformatica e oncologia molecolare. La scoperta delle mutazioni del cancro del colon-retto è uscita su PloS Biology.

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NOTIZIE FLASH

Dal mondo Il ritratto molecolare del mieloma Un gruppo di ricercatori statunitensi guidati da David S. Siegel ha scattato una fotografia molto particolare ai geni del mieloma multiplo, un tumore del sangue piuttosto aggressivo. In altre parole, è stata disegnata una vera e propria mappa molecolare – la più completa oggi disponibile – che ci aiuterà a capire più a fondo quali sono le cause della malattia e a trovare nuovi farmaci efficaci nel contrastarla. La scoperta ha richiesto il lavoro congiunto di 20 grandi centri di ricerca che hanno analizzato molto attentamente il materiale genetico delle cellule normali e di quelle tumorali. “Questo nuovo sguardo molecolare rappresenta un enorme passo in avanti verso la terapia personalizzata del mieloma multiplo e ci permetterà di sviluppare farmaci sempre più efficaci” conclude l’autore dalle pagine della prestigiosa rivista Nature.

Il colesterolo buono per il cancro Il colesterolo “buono”, quello che gli esperti indicano come HDL, aiuta a proteggere il colon dal tumore. È questa, in sintesi, la scoperta pubblicata sulla rivista Gut dai ricercatori olandesi del National Institute for Public Health and the Environment di Bilthoven, guidati da Bas Bueno de Mesquita. Dopo aver analizzato circa 2.500 persone (metà con tumore del colon-retto e metà sane) i ricercatori sono giunti alla conclusione che il rischio di sviluppare il tumore del colon diminuisce man mano che i livelli di colesterolo HDL crescono. Per ogni aumento di 16,6 mg/dL del colesterolo “buono”, il rischio relativo si riduce del 22 per cento. Questi benefici sono legati probabilmente alle proprietà antinfiammatorie delle HDL ma sono validi solo per il tumore del colon: quello del retto non viene influenzato.

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Quel bicchiere pericoloso per la salute “Una proporzione considerevole dei tumori più comuni e più letali è attribuibile a un consumo passato o corrente di alcol”. Si conclude così il più ampio studio mai effettuato in Europa per capire la correlazione tra alcol e cancro, pubblicato recentemente sulla rivista BMJ e parte del grande studio EPIC che ha coinvolto oltre 360.000 cittadini di otto paesi. Le stime dicono che l’alcol è stato responsabile del 44 per cento dei tumori del tratto gastroenterico superiore negli uomini (e del 25 per

Il tumore del polmone cambia nel tempo Il tumore non è sempre uguale: cambia le proprie caratteristiche nel tempo, anche in risposta al trattamento, e alcuni di questi cambiamenti lo rendono resistente alle terapie. Lecia Sequist e i suoi colleghi sono giunti a questa conclusione dopo aver analizzato dal punto di vista genetico 37 campioni di tumore del polmone non a piccole cellule. Come si legge sulla rivista Science Translational Medicine, i ricercatori statunitensi hanno identificato due cambiamenti genetici responsabili della resistenza ai farmaci e hanno confermato il ruolo di altri già precedentemente identificati. “L’ideale sarebbe controllare lo stato del DNA del tumore più volte nel corso della terapia per essere certi di utilizzare sempre il trattamento migliore per ogni singolo paziente in uno specifico momento” suggerisce quindi Sequist.


cento nelle donne), del 33 per cento dei cancri del fegato negli uomini (e del 18 nelle donne), del 17 per cento dei tumori del colon-retto negli uomini (4 per cento nelle donne) e infine del 5 per cento dei tumori mammari. L’effetto si manifesta quando le persone superano la

dose giornaliera raccomandata di alcol, pari a 28 grammi per gli uomini (massimo due drink) e 12 grammi per le donne. Secondo gli esperti di EPIC, però, potrebbe essere benefico ridurre il consumo di alcolici anche sotto il livello raccomandato.

La radioterapia è sicura

Antinfiammatori per difendere la vescica Alcuni farmaci antinfiammatori molto comuni normalmente utilizzati per curare il mal di testa sembrano efficaci anche nel difendere la vescica dal tumore. Sull’American Journal of Epidemiology si legge infatti che il rischio di andare incontro a questo tumore è più basso per le persone che ne fanno uso. Non è la prima volta che ai farmaci antinfiammatori vengono attribuite capacità protettive contro diversi tipi di tumore e lo studio condotto da Sara Daugherty e colleghi utilizzando i risultati di tre precedenti studi (più di 500.000 persone coinvolte) dimostra che ciò vale anche per il cancro della vescica. “Probabilmente, l’effetto protettivo sulla vescica – che non è emerso in studi che hanno valutato solo l’aspirina – è legato alla capacità degli antinfiammatori di ridurre il livello di infiammazione causato da virus e batteri, che può causare mutazioni al DNA favorevoli allo sviluppo del tumore” spiegano gli autori.

La radioterapia utilizzata per curare un tumore porta più benefici che danni e, in particolare, il rischio di sviluppare un secondo tumore a causa del trattamento è davvero basso. Lo dimostra Amy Berrington de Gonzales del National Cancer Institute statunitense in uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Lancet Oncology, e che ha coinvolto più di 600.000 persone trattate con radiazioni per un tumore (inclusi cancro di retto, laringe, polmone, mammella, cervice uterina, testicolo, prostata, cervello e altri ancora). Dopo 30 anni dall’inizio dello studio, meno di una persona su 10 (cioè il 9 per cento) ha sviluppato un secondo tumore diverso da quello iniziale e, di questi tumori, solo l’8 per cento potrebbe essere attribuibile alla radioterapia. E, come dicono gli autori, la percentuale diminuirà in futuro, perché negli ultimi anni sono state messe a punto tecniche che consentono di mirare con molta precisione l’organo colpito.

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IL PUNTO SU… Lo screening per il cancro del polmone

In questo articolo: TC spirale screening cancro del polmone

TC spirale: le linee guida degli esperti Riuniti a Pisa per una conferenza di consenso, i maggiori esperti mondiali hanno messo a confronto le loro opinioni sulla TC spirale come strumento di screening per il cancro del polmone. Il verdetto finale: molto promettente, ma si aspettano le conferme definitive dagli studi ancora in corso a cura della REDAZIONE uando, nel mese di ottobre scorso, i National Institutes of Health (NIH) statunitensi hanno pubblicato i risultati di un enorme studio sulla diagnosi precoce del tumore del polmone, il National Lung Screening Trial, molti hanno tirato un sospiro di sollievo. Per la prima volta dopo oltre 40 anni di ricerca per identificare un esame in grado di diagnosticare precocemente il microcitoma polmonare, primo tumore al mondo per numero di vittime, uno studio dimostrava che si può effettivamente ridurre la mortalità delle persone a rischio (in primo luogo i fumatori) del 20 per cento circa grazie alla TC spirale. Lo studio “made in USA” prevedeva un’osservazione di tre anni e l’esecuzione del test una volta l’anno ed è stato interrotto perché, secondo i ricercatori, i benefici sono talmente evidenti da rendere non etico il proseguimento della ricerca, che prevede un gruppo di controllo al quale il test non viene proposto. Prima di allora, infatti, tutti gli stru-

Q

Sotto la torre alla ricerca di un consenso

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menti usati, dalla radiografia del torace all’ecografia fino alla TC classica, avevano scoperto tumori in fasi iniziali, ma senza incidere significativamente sul destino di chi ne era affetto. Anche in Italia sono in corso diversi studi per valutare la validità di questo strumento: per questo nel mese di marzo scorso si sono riuniti a Pisa i maggiori esperti mondiali della questione, con l’obiettivo di scambiarsi informazioni e di fare il punto su ciò che deve considerarsi certo e su ciò che invece merita un ulteriore approfondimento.

mente dalla diversità di vedute tra un gruppo di ricerca e l’altro. Secondo Giulia Veronesi, che dirige lo studio Cosmos presso l’Istituto europeo di oncologia, stando ai dati in suo possesso (e in corso di pubblicazione) i benefici sarebbero addirittura superiori a quelli ipotizzati dagli esperti statunitensi, poiché il centro milanese otterrebbe una diminuzione della mortalità che sfiora il 70 per cento. “Abbiamo un protocollo estremamente preciso di valutazione dei malati e, soprattutto, abbiamo messo a punto sistemi efficaci per evitare di sottoporre a esami inutili o invasivi coloro che risultano falsamente positivi, cioè tutti coloro nei quali la TC spirale identifica una lesione polmonare che però non è di natura maligna”.

I più prudenti Proprio sulla cascata di esami inutili indotta dal

Cauto ottimismo Nel corso dell’incontro pisano ha preso la parola anche Christine Berg, la responsabile dello studio statunitense che ha acceso tante speranze: “Abbiamo altri dati interessanti in mano, che verranno pubblicati prossimamente. Nel frattempo continuiamo ad avere un atteggiamento cauto nei confronti dei pazienti, evitando di consigliare lo screening a tappeto a tutti i fumatori e invitando ognuno di loro a valutare il rapporto tra rischi e benefici con il proprio medico”. L’obiettivo dell’incontro pisano era di arrivare a una posizione comune tra gli esperti, indipendente-

gran numero di risultati falsamente positivi, evidenziati da altre esperienze, poggia la cautela di chi dice che è meglio aspettare i risultati di altri studi prima di proporre l’esame ai pazienti al di fuori dal contesto sperimentale. “Quando si pro-


pone uno screening su tutto il territorio nazionale bisogna essere consapevoli dei limiti tecnici e pratici di alcuni centri” ha specificato nel corso della conferenza Marco Zappa, direttore dell’Osservatorio nazionale screening. “Anche se la prima preoccupazione non è quella dei costi e delle difficoltà organizzative, ma quella legata ai rischi per la salute: gli esami inutili ma anche l’esposizione alle radiazioni necessarie per fare la TC”. Lo studio statunitense degli NIH ha reclutato quasi 55.000 soggetti tra i 55 e i 74 anni, tutti forti fumatori. Il gruppo di esperti europei che si sono incontrati nella cittadina toscana spera di poter mettere insieme i risultati ottenuti da tutte le ricerche randomizzate (cioè quelle che prevedono un gruppo di controllo) attualmente in corso in Europa e raggiun-

gere così quota 32.000 pazienti, ai quali si sommerebbero comunque anche le conoscenze che provengono dai due studi osservazionali in corso (cioè senza gruppo di controllo): quello dell’IEO, appunto, e uno studio analogo in atto a Roma. In discussione c’è anche la selezione dei pazienti.

A chi si rivolge l’esame Un altro punto importante che è stato ampiamente discusso tra gli esperti è il profilo ideale di chi deve sottoporsi all’esame: negli Stati Uniti si è scelto di limitare l’offerta agli ultra55enni forti fumatori (o ex forti fumatori), cioè con un consumo superiore a 30 pacchetti di sigarette al mese e che non avessero smesso da più di 15 anni. Sembra un profilo preciso, ma non lo è abbastanza. Secondo gli esperti è possibile restringere ulteriormente il campo dei soggetti interessati. E molti di loro hanno proposto strumenti utili: dai “calcolatori del rischio” messi a punto all’IEO, all’analisi dei gas respiratori utilizzati all’ISPO di Firenze fino ai marcatori biologici, tra cui i microRNA identificati da Gabriella Sozzi all’Istituto tumori di Milano . Quando gli studi su questi nuovi ausili termineranno,

si saprà con quale strumento sia meglio vagliare il possibile candidato a uno screening per il cancro polmonare.

L’opinione finale Come in tutte le riunioni scientifiche promosse per giungere a una posizione comune, anche in questo caso è stata espressa un’opinione di massima, sottoscritta da tutti i partecipanti, riportata dall’Osservatorio nazionale screening e che diventerà, a breve, un vero e proprio documento di consenso, cioè una sorta di linea guida di buona pratica a cui gli esperti potranno attenersi. Per i partecipanti al meeting di Pisa, l’interruzione del grande studio statunitense non giustifica analoghi provvedimenti per gli studi in corso in Europa. Ci sono infatti ancora molte cose da scoprire prima di poter proporre l’esame a tutti i forti fumatori. “Alla fine tutti gli esperti, anche quelli più convinti della bontà dello screening, hanno convenuto che non è opportuno favorire iniziative isolate di offerta di questo esame da parte di singole Regioni o istituzioni al di fuori dalle sperimentazioni in corso” conclude Zappa. “Dal punto di vista strettamente scientifico non sarebbero in grado di confermare o smentire la riduzione del 20 per cento circa della mortalità per tumore del polmone osservata nel lavoro condotto dal National Cancer Institute e non fornirebbero le risposte ai quesiti ancora aperti che solo il proseguimento degli studi ci potrà fornire”.

Non è opportuno incentivare il test al di fuori delle sperimentazioni

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STATO PATRIMONIALE (valori in euro)

BILANCIO 2010

ATTIVO

I

31/12/2009

778.646 156.300 (9.378) 146.922 925.568

888.221 156.300 (4.689) 151.611 1.039.832

6.819.201 43.738.758 87.175.186 137.733.145

4.486.712 29.265.329 9.025.633 42.777.674

D) RATEI E RISCONTI

1.720.416

1.500.372

TOTALE ATTIVO

140.379.129

45.317.878

PASSIVO

31/12/2010

31/12/2009

68.239.631

36.214.759

62.950.706 5.497.331 68.448.037

(19.693.188) 25.190.519 5.497.331

TOTALE PATRIMONIO NETTO

136.687.668

41.712.090

B) FONDI PER RISCHI E ONERI

-

23.241

826.150

833.400

2.032.600 173.964 225.373 433.374 2.865.311

1.876.568 242.423 201.178 428.978 2.749.147

-

-

140.379.129

45.317.878

145.066.644

102.186.000

60.453.943 26.200

60.323.904 47.054.230 210.436

B) II 1) 2) 2)

I risultati in cifre l 2010 è stato un anno eccezionale per AIRC: la comunità dei nostri soci, volontari e sostenitori, e l’incasso nello stesso esercizio dei proventi di due anni di 5 per mille hanno permesso una raccolta fondi di oltre 165 milioni di euro. Un risultato storico frutto della continuità con cui ogni anno rinnovate la quota associativa ad AIRC e della fiducia che 1.200.000 contribuenti italiani hanno dato all’operato della nostra Associazione tramite la loro firma sui moduli della dichiarazione dei redditi. 77 milioni di euro si sono tradotti in 544 progetti di ricerca e nel Programma di oncologia clinica molecolare, uno straordinario piano scientifico di ampio respiro e di immediata ricaduta pratica sui pazienti. Coordinato da dieci grandi leader della ricerca, comprende altrettante progettualità che coinvolgono 48 istituti di ricerca e cura su tutto il territorio nazionale, 921 tra ricercatori e medici al lavoro, e prevede un investimento globale per cinque anni di 120 milioni di euro. La destinazione di questi fondi, avvenuta a novembre durante la seduta del Consiglio direttivo, è la tappa finale di un lungo e severo processo di selezione che dura nove mesi, coinvolge 350 revisori stranieri, e premia gli studi più innovativi, che hanno

31/12/2010

IMMOBILIZZAZIONI Immobilizzazioni materiali Immobili civili acquisiti per successione e donazione Immobili strumentali Fondo ammortamento beni immobili strumentali

Totale immobilizzazioni C) II III IV

obiettivi di notevole impatto per i pazienti oncologici e una fattibilità garantita sia dai risultati preliminari dello studio proposto sia dal profilo scientifico del gruppo proponente. Questo complesso percorso di valutazione garantisce che i finanziamenti vadano solo alla migliore ricerca e implica che i fondi arrivati dopo la delibera del Consiglio direttivo possano essere erogati solo nell’esercizio successivo. Questo vale in particolare per l’imponente contributo derivante dal 5 per mille il cui incasso è irregolare per natura. Per poter destinare in modo efficace i fondi residui del 5 per mille pervenuti negli ultimi giorni, il 28 febbraio 2011 AIRC ha emesso un secondo bando speciale 5 per mille. Dopo la prima edizione, citata in precedenza, che fornirà nuovi strumenti di cura basati sulle scoperte dell’oncologia molecolare, ora si punta alla prevenzione, alla diagnosi precoce e alla prognosi. I due Programmi sono complementari e affrontano il problema cancro a tutto tondo, con progettazioni che vedono all’opera i migliori scienziati della ricerca oncologica del nostro Paese. Grazie al patrimonio dei soci, la base del nostro impegno economico, e all’eccezionale contributo del 5 per mille, la ricerca sul cancro è un treno sempre più veloce.

22 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2011

A) II 1) III 1) 2)

ATTIVO CIRCOLANTE Crediti diversi Titoli e fondi comuni d’investimento Disponibilità liquide Totale attivo circolante

PATRIMONIO NETTO Patrimonio vincolato Patrimonio vincolato per decisione degli organi istituzionali Patrimonio libero Risultato gestionale dell’esercizio in corso Risultato gestionale da esercizi precedenti Totale patrimonio libero da destinare agli scopi istituzionali

C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO D) 4) 5) 6) 7)

DEBITI ESIGIBILI ENTRO L’ESERCIZIO SUCCESSIVO Debiti verso fornitori Debiti tributari Debiti verso enti previdenziali Debiti diversi TOTALE DEBITI

E) RATEI E RISCONTI PASSIVI TOTALE PASSIVO F) CONTI D’ORDINE Progetti di ricerca approvati dagli organi scientifici, le cui assegnazioni sono ancora da deliberare dagli organi istituzionali Contributo del 5 per mille da incassare: anno 2009 (redditi 2008) anno 2008 (redditi 2007) anno 2007 (redditi 2006) Beni mobili disponibili in attesa di realizzo


RENDICONTO GESTIONALE A PROVENTI E ONERI AL 31 DICEMBRE 2010 (valori in euro)

PROVENTI

ONERI

NETTO

PROVENTI

2010

ONERI

NETTO

2009

1

ATTIVITÀ ISTITUZIONALE DI RACCOLTA FONDI

1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1,8 1.9 1.10

Quote associative e contributi liberali Arance della Salute® Azalea della Ricerca® Giornata Nazionale® Auguri di Natale Attività dei Comitati regionali Altre iniziative Beni mobili e immobili ricevuti per successione e donazione Contributi una tantum Comunicazione e sensibilizzazione

26.159.361 4.070.236 10.136.234 5.804.720 1.504.124 4.907.754 1.285.521 858.356 3.242.159

(5.428.947) (1.772.032) (4.713.902) (703.742) (483.429) (917.091) (353.319) (11.646) (1.928.124)

20.730.414 2.298.204 5.422.332 5.100.978 1.020.695 3.990.663 932.202 846.710 3.242.159 (1.928.124)

26.438.081 3.775.093 9.407.447 5.573.168 1.582.517 4.561.556 1.242.678 286.286 2.858.931

(5.446.466) (1.809.887) (4.591.946) (701.050) (472.738) (1.008.567) (295.852) (27.720) (1.599.133)

20.991.615 1.965.206 4.815.501 4.872.118 1.109.779 3.552.989 946.826 258.566 2.858.931 (1.599.133)

Totale parziale

57.968.465

(16.312.232)

41.656.233

55.725.757

(15.953.359)

39.772.398

107.378.132

-

107.378.132

4.694.924

-

4.694.924

165.346.597

(16.312.232)

149.034.365

60.420.681

(15.953.359)

44.467.322

1.11 Proventi da contributo 5 per mille TOTALE 2

ONERI DI SUPPORTO GENERALE

2.1 2.2 2.3 2.4 2.5

Oneri per il personale Oneri per la gestione soci Spese generali Acquisto di beni durevoli Oneri per la gestione dei Comitati regionali

(4.790.253) (155.112) (679.772) (352.986) (381.158)

(4.790.253) (155.112) (679.772) (352.986) (381.158)

(4.509.917) (191.642) (685.360) (280.708) (387.847)

(4.509.917) (191.642) (685.360) (280.708) (387.847)

TOTALE

(6.359.281)

(6.359.281)

(6.055.474)

(6.055.474)

3

PROVENTI FINANZIARI E PATRIMONIALI

26.733

-

26.733

1.033.446

-

1.033.446

4 4.1 4.2

PROVENTI E ONERI STRAORDINARI Variazioni di vincolo per rinunzie di borse di studio e ridestinazioni Altri proventi e oneri straordinari

54.337 37.488

(7.287)

54.337 30.201

251.417 918

(15.955)

251.417 (15.037)

5 6

TOTALE TOTALE MEZZI DISPONIBILI DELL'ESERCIZIO ATTIVITÀ ISTITUZIONALE DI SVILUPPO DELLA RICERCA ONCOLOGICA E INFORMAZIONE SCIENTIFICA

91.825 165.465.155

(7.287) (22.678.800)

84.538 142.786.355

252.335 61.706.462

(15.955) (22.024.788)

236.380 39.681.674

Assegnazioni deliberate dagli organi istituzionali per progetti di ricerca, borse di studio e interventi vari Informazione scientifica "Notiziario-Fondamentale" e sito internet

(77.026.201)

(77.026.201)

(57.333.264)

(57.333.264)

(2.216.540)

(2.216.540)

(1.446.964)

(1.446.964)

Altri oneri per attività istituzionali TOTALE

(592.908) (79.835.649)

(592.908) (79.835.649)

(594.634) (59.374.862)

(594.634) (59.374.862)

(102.514.449)

62.950.706

(81.399.650)

(19.693.188)

6.1 6.2 6.3

RISULTATO GESTIONALE DELL'ESERCIZIO

165.465.155

61.706.462

La versione integrale del bilancio è disponibile presso la sede legale di AIRC e sul sito www.airc.it


PSICOLOGIA Buonumore in corsia

In questo articolo: clown pediatria buonumore

Clown, musica e animali per alleviare la sofferenza Lo dice anche la scienza: i clown ospedalieri, i musicisti, le fiabe illustrate e le pareti colorate possono aiutare i bambini ad affrontare meglio il ricovero in ospedale e le terapie lunghe e dolorose

Prendersi cura dell’altro con un a cura di CRISTINA FERRARIO on possiamo promettere di guarire le persone, ma possiamo promettere di prenderci cura di loro”. Con questo slogan Patch Adams – il medico che, sulla base di precedenti esperienze, tra cui quella di Michael Christensen del Big Apple Circus di New York – porta avanti da 40 anni l’ambizioso progetto di inserire risate, amore, gioia e fantasia nelle terapie mediche. Adams è convinto che, per guarire veramente, non sia sufficiente eliminare la malattia dal corpo, ma si debba anche lavorare sulla mente, specie quando i pazienti sono bambini. Questo modo tanto particolare di fare medicina è oggi accettato anche dalla scienza ufficiale soprattutto grazie ai risultati di numerosi studi scientifici che ne dimostrano l’efficacia e spiegano anche le ragioni fisiologiche di questo successo.

N

Cosa dice la scienza “Esistono prove neurofisiologiche molto chiare dell’importanza del

24 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2011

buonumore e del benessere per la salute e la qualità della vita dei malati, specie per i più piccoli” spiega Andrea Messeri, responsabile del Reparto di terapia del dolore e cure palliative dell’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze, dove da più di 10 anni le cosiddette terapie di supporto portate avanti da clown, musicisti e anche animali sono parte integrante del programma istituzionale di cure. “Il nostro organismo riesce a produrre sostanze – le endorfine – che attenuano il dolore e l’ansia e potenziano la capacità di sopportare il dolore” continua Messeri. “Sono sostanze che agiscono come una sorta di ansiolitico o antidolorifico endogeno e che vengono prodotte quando ridiamo e quando siamo di buonumore”. Inoltre il sistema immunitario è stimolato po-

sitivamente dalle risate e dal benessere e di conseguenza tutto l’organismo reagisce meglio alla malattia e alle cure. Il gruppo di lavoro fiorentino coordinato da Andrea Messeri e Laura Vagnoli ha pubblicato numerosi studi su riviste internazionali che dimostrano come l’uso di terapie di supporto abbia un effetto positivo sia sul bambino sia sulla sua famiglia. “Si innesca una sorta di circolo virtuoso” aggiunge Messeri. “Il bambino è più sereno e i genitori, vedendo questo risultato, a loro volta si tranquillizzano”. Uno studio pubblicato nel 2010 ha mostrato, per esempio, che la presenza di un clown assieme a quella di un genitore riduce l’ansia nei bambini che devono sottoporsi a un intervento chirurgico, molto

L’ARTICOLO IN BREVE... ono formati in apposite scuole e imparano a interagire con malati fragili e sofferenti. Sono i clown in corsia, sempre più utilizzati nei reparti di oncologia pediatrica per alleviare le sofferenze dei piccoli ricoverati e far tornare il sorriso. E chi ha studiato l’efficacia di questi interventi sostiene che aiutano davvero a sentire meno l’ansia e il dolore, purché la “terapia” sia somministrata da personale competente e capace di comprendere quando è il caso di farsi da parte.

S


I clown dell’Associazione Theodora che allietano le giornata dei bambini all’Istituto tumori di Milano

UNA GIORNATA CON IL DOTTOR STRETTOSCOPIO

sorriso più della presenza del genitore e dell’uso di farmaci specifici. “Una delle chiavi di lettura di questi risultati è il coinvolgimento attivo dei bambini nelle attività dei clown” spiega Vagnoli, psicologa che collabora da molti anni con il gruppo di medici del reparto di terapia del dolore dell’Ospedale Meyer. “La sola presenza dei genitori talvolta non è sufficiente a contenere l’ansia dei bambini. I clown offrono al piccolo paziente e alla sua famiglia la possibilità di mettersi in gioco e di divertirsi anche in un contesto di dolore”.

Clown ospedalieri si diventa Non bastano un naso rosso e un po’ di trucco per diventare dei bravi clown in corsia. “Solo personale con una precisa formazione può affrontare questo importante impegno” spiega Messeri “e lo stesso vale per i musicisti o per gli animali in ospedale. Anche quando utilizziamo i

Abbiamo chiesto al dottor Strettoscopio, “ultimario” in pediatria, di raccontarci la sua giornata tipo. “Arrivo in ospedale al mattino, mi cambio e indosso il mio camice, parlo con la caposala o con gli infermieri che mi informano sulla situazione del reparto e dei piccoli pazienti e, finalmente, con i miei colleghi, posso iniziare il giro visite” spiega l’illustre ultimario. Così inizia la giornata del dottor Strettoscopio. A prima vista niente di strano rispetto agli altri medici, ma a guardare meglio qualche differenza c’è: il camice bianco è rallegrato da pupazzetti e inserti colorati e gli strumenti di lavoro vanno ben oltre il classico stetoscopio: polli di gomma, fazzoletti colorati, viso truccato e tanto altro ancora. Perché il dottor Strettoscopio – all’anagrafe Rodrigo Morganti – è un clown-dottore che assieme agli altri suoi colleghi della Fondazione Theodora (www.theodora.it) si dedica ai bambini ricoverati in ospedale e alle loro famiglie con professionalità e tanta passione. “Ho iniziato ad avvicinarmi al teatro di strada e alla clownerie quasi 20 anni fa e mi sono subito reso conto che questo era veramente un bel modo di lavorare, ma la mia esperienza è arrivata a una svolta quando ho incontrato la Fondazione Theodora, che da sempre lavora solo con

professionisti” dice Rodrigo. Con il mestiere del clown-dottore non è stato proprio amore a prima vista: “Avevo paura dell’ospedale” ricorda “e di andare incontro a qualcosa più grande di me, ma la Fondazione mi ha proposto un corso di formazione tecnica in Svizzera e un affiancamento a clown-dottori già esperti. Ho accettato e da lì è cambiato tutto”. Con la voce carica di commozione Rodrigo racconta l’emozione incredibilmente bella e forte di quando, in un ospedale di Ginevra, ha incontrato gli sguardi di due genitori che uscivano dalla stanza del loro bambino assieme a un suo collega. “Il bambino era in fase terminale, ma ho visto la serenità negli occhi di papà e mamma” dice. Oggi Rodrigo – che è stato il primo clown a far visita nel 1995 a un bambino ricoverato in Italia, all’Istituto dei tumori di Milano – continua con entusiasmo il suo percorso e insegna nei corsi di formazione che organizza la Fondazione Theodora: una formazione continua, sia medica sia artistica, indispensabile per prepararsi a una professione tanto bella quanto difficile. “In ospedale noi lavoriamo sulla parte sana del bambino” spiega Rodrigo, “quella che ha voglia di esprimersi con i sorrisi, il gioco, la fantasia, ma anche con il pianto e la paura. E dobbiamo sapere come reagire a questi sentimenti”.


PSICOLOGIA

IL GATTO CHE AVEVA PERSO LA CODA

C’era una volta un gatto. Un piccolo gatto tigrato che aveva perso la coda... Comincia così la storia di un gattino che deve affrontare un lungo viaggio pieno di incontri strani e particolari, di tentativi e di prove da superare che lo porterà fino in Capo al Mondo per recuperare la coda perduta. Per affrontare il viaggio, il protagonista sale a bordo di un’astronave, indossa un casco speciale da eroe e alla fine del percorso riesce a trovare “una coda da tigre e un cuore da leone”, ma soprattutto ritrova la speranza e il coraggio. Questo breve racconto è un vero e proprio strumento terapeutico che non parla di malattia, ma si propone come metafora di un’esperienza faticosa e necessaria che i bambini malati devono affrontare. Con un linguaggio comprensibile anche ai piccoli, il “viaggio” delle cure si traduce in qualcosa che non fa paura, perché le storie possono aiutare a escogitare sistemi personali di difesa e a trovare la forza necessaria per affrontare la vita. Il libro nasce da un’idea di Sarah Frasca e Gabriele Carabelli, tecnici di radioterapia che ogni giorno incontrano i bambini malati di tumore all’Istituto nazionale dei tumori di Milano, e lo si può trovare negli ospedali e nelle librerie di tutta Italia (casa editrice Chartusia).

cani, per esempio, li addestriamo a interagire con i bambini”. C’è una regola di base per il buon funzionamento delle terapie di supporto: clown o animali in reparto non devono interferire con l’attività dei medici veri e devono sempre rispettare il bambino, la sua famiglia e i loro desideri. “Prima di entrare in una camera ci informiamo sempre sulle condizioni e sui desideri del piccolo ospite e della sua famiglia” spiega Rodrigo Morganti, un esperto clown in corsia “e chiediamo sempre il permesso, accettando a volte (ma non sempre) anche un deciso no. Ma spesso il rifiuto è a sua volta una manifestazione di ansia e disagio: basta imporsi con delicatezza per veder tornare il sorriso. In altri casi, però, è meglio non insistere, ma farsi da parte. Per capire la differenza è necessaria una buona formazione, non si può improvvisare”. In tutti gli ospedali che, come il Meyer di Firenze, lavorano solo con veri e propri professionisti del buo-

La regola: non interferire col lavoro dei veri medici

LA STORIA DI HUNTER

Hunter Doherty Adams nasce negli Stati Uniti nel 1945 e, dopo la morte del padre, viene ricoverato in una clinica in seguito a diversi tentativi di suicidio. Si iscrive a medicina e ben presto si trasforma in “Patch” Adams, il padre dei clown-dottori che usano l’umorismo come medicina. Per “Patch” – diventato famoso grazie al film interpretato nel 1998 da Robin Williams – le 26 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2011

numore, l’équipe medica sa di essere al riparo da spiacevoli incidenti che si possono invece verificare se il personale di supporto non è adeguatamente preparato. “Per interagire con un bambino malato, magari anche in modo grave, non basta l’allegria” spiega ancora Laura Vagnoli. “Se lo si vuole distrarre dal dolore e dalla tristezza servono strumenti adatti e soprattutto la capacità di utilizzarli”. Per questo sono stati necessari anche studi per misurare quanto efficaci fossero i diversi interventi di supporto. “Prima di dare il via in modo stabile a una terapia di questo tipo – con clown, musica eccetera – l’abbiamo sottoposta a una sperimentazione iniziale per capire se era veramente valida ed efficace per le nostre necessità” chiarisce Vagnoli. Ora i cani vengono utilizzati persino in rianimazione, dove favoriscono la ripresa del contatto, mentre le bolle di sapone riempiono le stanze dei prelievi e la musica si diffonde in quelle del reparto.

relazioni umane e l’allegria sono indispensabili per superare il dolore e la malattia. Un’idea che si è trasformata in realtà 40 anni fa sotto forma del Gesundheit Institute (Gesundheit significa “salute” in tedesco), un centro dove le cure mediche sono gratuite, i pazienti sono amici e le terapie sono somministrate in modo giocoso e divertente.


RACCOLTA FONDI Tumori femminili e pediatrici

Azalea simbolo di collaborazione

Le dive della ricerca a cura della REDAZIONE nche quest’anno Diva Universal (Sky – canale 128) si è schierata al fianco di AIRC in occasione dell’Azalea della Ricerca. Il canale ha realizzato e programmato tre clip che raccontano la passione e l’impegno di tre ricercatrici per far emergere la loro eccezionale quotidianità. “Ho capito come la ricerca sul cancro sia importante quando a mio padre hanno diagnosticato un tumore, che è riuscito a sconfiggere grazie alle cure" dice Serena Duchi, che studia l’insorgenza dei tumori presso l’IFOM di Milano. "Mia figlia spesso mi chiede in cosa consiste il mio lavoro” racconta Simona Sivori, che studia le cellule che ci difendono dai tumori presso l’Università di Genova. “Ho cercato di spiegarglielo con parole semplici e quello che posso dire è che fare ricerca vuol dire salvare la vita alle persone". Dello studio dei tumori femminili si occupa invece Marilena Iorio all’Istituto nazionale tumori di Milano: “Dopo la laurea ho deciso di andare all’estero, e per ragioni personali sono rientrata dopo due anni. Tornata in Italia, estremamente giovane, non è stato facile trovare persone che credessero nel mio lavoro come ha fatto AIRC”. I video con le loro testimonianze sono visibili su www.lafestadellamamma.it e sul canale AIRC di Youtube.

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a cura della REDAZIONE ltre 10 milioni di euro in poche ore: l’Azalea della Ricerca ha raggiunto anche quest’anno un importante obiettivo attraverso la distribuzione di quasi 700.000 piantine in oltre 3500 piazze di tutt’Italia. A condividere lo spirito della

O

giornata c’erano tutte le forze di AIRC: volontari, ricercatori e sostenitori. Uno spaccato del Paese riunito in nome di una causa che appartiene alla collettività: rendere i tumori femminili sempre più curabili. AIRC desidera ringraziare coloro che hanno portato a casa la loro piantina e anche chi è arrivato nelle piazze a scorte esaurite.

Mediafriends per AIRC È un appuntamento importante che si ripete da nove anni sulle reti Mediaset grazie all’appoggio di Mediafriends e che vede i più amati conduttori impegnati con AIRC per rendere i tumori pediatrici rari sempre più curabili. Circa 500.000 euro è il totale delle donazioni ricevute al momento della stampa di questa rivista. Federica Panicucci è la convinta madrina di questa iniziativa e ha motivato con i suoi appelli la generosità del pubblico. Un grazie al direttore di Videonews Claudio Brachino, a tutto lo staff di Mattino 5 e Domenica 5. Grazie anche a Gerry Scotti, a Mino Taveri e Susanna Petrone, a Sandro Provvisionato, a Ficarra e Picone per il loro importante supporto a questa campagna.

GIUGNO 2011 | FONDAMENTALE | 27


LASCITI Un cattivo molto buono

Tra cinema e vita, Remo Girone resta al fianco di FIRC Ha avuto successo con ruoli complessi, da La piovra a Calisto Tanzi nel film sul crack Parmalat, ma la sua prova più difficile è stata la battaglia contro la malattia a cura di AGNESE GAZZERA l copione della Piovra non prevedeva che il supercattivo Tano Cariddi smettesse di sparare per curarsi dal cancro. Ma la vita degli attori non segue quella dei personaggi che interpretano, così Remo Girone non solo non ha la cattiveria del mafioso, ma più di 20 anni fa, mentre ne vestiva i panni, si è anche ammalato di cancro. Non aveva ancora 40 anni, è guarito, è tornato in teatro, in tv e al cinema, collezionando successi e collaborazioni importanti. Ha recitato, tra gli altri, per Luca Ronconi in teatro, Ettore Scola e Ridley Scott al cinema, nella Piovra e in Fantaghirò per la televisione. L’ultimo suo grande successo è il film N Il gioiellino di Andrea MolaioIMPEGNO li, sul crack Parmalat. IntanNATO DA to, non ha mai smesso di imESPERIENZE pegnarsi a favore della ricerPERSONALI ca sul cancro. È uno dei testimonial della campagna lasciti testamentari di FIRC (Fondazione italiana per la ricerca sul cancro), alla quale invita a destinare una parte della propria eredità. Da anni sostiene le attività di FIRC, non stancandosi mai di ripetere quanto sia importante la ricerca e quanto sia utile parlare della malattia. “Ho vissuto sulla mia pelle l’esperienza

I

U

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della malattia, sono stato curato e ho capito quanto sia importante sostenere le associazioni che fanno ricerca. AIRC e FIRC hanno molti meriti e sono felice di sostenerle”. Il suo è un impegno duraturo e profondo. Di recente, in un video che promuove la campagna lasciti, interpreta se stesso e si mette a nudo parlando del suo tumore. Dice: “La prova più difficile, non come attore ma come uomo”.

Perché ha scelto di offrire il suo volto a questa campagna? Ho avuto tanta fortuna nella vita, è giusto che ne restituisca un po’. Il tumore alla vescica, da cui sono stato colpito, ha sintomi spesso trascurati. Il medico che mi curò mi chiese di impegnarmi a informare, ho cercato di farlo e credo sia stato utile a tante persone.

Se ne parla e si fa abbastanza? Tutto nella società è pensato per ridimensionare e allontanare l’idea della malattia e della morte. Non è un caso che la gran parte dei fondi per la ricerca arrivi da donazioni private. Se alla società interessasse davvero il benessere dei suoi cittadini, gli investimenti pubblici sarebbero maggiori.

Non teme che parlare di testamento, e quindi di morte, possa spaventare?

No. Qualche anno fa parlare di tumore era un tabù, perché la recidiva sembrava inevitabile. Ora la situazione è cambiata. E più se ne parla, più è facile parlarne.

Qual è stato il suo ultimo lavoro? L’ultimo uscito è il film per la tv tedesca La potente serva di Dio, in cui vesto i panni di Pio XII. Racconta sia i fatti storici, sia la vita di questo papa controverso, dai problemi di salute alle crisi di coscienza, a suor Pascalina, che lo affiancò sempre e che dà il titolo al film.

Uno dei tanti ruoli complessi nella sua carriera. Mi ha fatto tremare, è stato difficile, ma anche una soddisfazione.

L’abbiamo vista trasformarsi in un altro personaggio reale, Calisto Tanzi, che nel film si chiama Amanzio Rastelli. La vicenda Parmalat è tornata di grande attualità: dobbiamo aspettarci un seguito? Non lo so davvero. Ma se ci sarà un Gioiellino 2 i protagonisti saranno liquidatori e investitori, non certo Tanzi…

Come avete cercato di raccontarlo? Non volevamo farne un diavolo, ma un uomo vero. Come ce ne sono molti in Italia, il cui livello di moralità si è abbassato. Credo che lui non si rendesse del tutto conto che sarebbe arrivato il tracollo finanziario, pensava che in qualche maniera si sarebbe salvato. Non è un duro, il vero duro è il gelido ragioniere interpretato da Toni Servillo.

Chi è il più cattivo, tra Tano Cariddi e Rastelli-Tanzi? Senza dubbio Cariddi. Aveva del genio, si muoveva con abilità nella finanza e in più era un assertore del male. Tanzi invece è un corruttore i cui riferimenti politici sono democristiani e quando deve concludere un affare sporco dice una preghierina.

Non ha temuto che Tano Cariddi


UN LASCITO PER LA RICERCA hi sono gli eredi e come vengono stabiliti? Quali sono le quote di riserva a favore dei figli e del coniuge? Come si redige un testamento?

C

Effettuare un lascito testamentario è molto semplice: – testamento olografo: basta scrivere su un foglio di proprio pugno cosa si vuole destinare (per esempio una somma di denaro) e a chi, datarlo e firmarlo. Il testamento potrà essere poi affidato a una persona di fiducia o a un notaio; – testamento pubblico: viene ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni e poi custodito dal notaio stesso.

Ho avuto fortuna nella vita, voglio restituirne un po’ diventasse un marchio e pregiudicasse la sua carriera? Mi è capitato che i registi avessero paura che fossi troppo identificato con quel personaggio e temessero anche di darmi ruoli per cui ero adatto. Però, e le faccio un esempio, in Germania ho avuto il ruolo di papa Pio XII grazie al successo della Piovra. Che continua ancora oggi, negli Usa lo hanno appena ritrasmesso con successo.

Sarà che il tema è sempre attuale? Purtroppo la mafia non passa. Serve al potere.

Quali sono i personaggi, tra quelli interpretati, che più l’hanno emozionata? A teatro, Raskolnikov di Delitto e castigo di Dostoevskij, Astrov dello Zio Vanja di Čechov. Quando si tratta di grandi personaggi e di grandi autori, come in questi casi, certi ruoli segnano. È come leggere un bel libro.

Tra quelli per lo schermo?

Tanzi e papa Pio XII, ma sono gli ultimi, è una risposta difficile. Anche il ruolo del mio esordio al cinema da protagonista nel Gabbiano, film di Marco Bellocchio del 1977, tratto da Čechov. Me lo ricordo bene. Per me questa è la vita, non solo lavoro.

Per chi vorrebbe recitare in futuro? Mi piacerebbe tornare a lavorare con Luca Ronconi e con Bellocchio.

Tanti ruoli drammatici e impegnativi, ma lei è stato anche Powhatan, il capo pellerossa del cartone animato Disney Pocahontas. Di solito non faccio doppiaggi, ma in quel caso ho accettato e mi sono divertito. Anche perché in modo del tutto imprevisto il ruolo è poi tornato più di una volta. Dopo un anno sono stato richiamato per la versione televisiva, poi di nuovo per il videogioco, in cui dovevo scandire le parole di una improbabile lingua pellerossa. Mica potevo dire di no, Powhatan non poteva certo cambiare voce.

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IL MICROSCOPIO

FONDAMENTALE

Maria Ines Colnaghi

Anno XXXIX - Numero 3 1 giugno 2011 -AIRC Editore

direttore scientifico AIRC

DIREZIONE E REDAZIONE: Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro - via Corridoni, 7 - 20122 Milano telefono 02 7797.1 www.airc.it Codice fiscale 80051890152 Conto corrente postale n. 307272 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa Roto 2000 Casarile (Milano) DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci CONSULENZA EDITORIALE Daniela Ovadia (Agenzia Zoe) COORDINAMENTO REDAZIONALE Patrizia Brovelli, Giulia Cauda REDAZIONE Martina Perotti, Cristina Ferrario (Agenzia Zoe) PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Umberto Galli RESPONSABILE EDITORIALE Emanuela Properzj TESTI Giulia Cauda, Cristina Ferrario, Anna Franzetti, Agnese Gazzera, Daniela Ovadia, Martina Perotti, Fabio Turone FOTOGRAFIE Contrasto, Corbis, Istockphoto, Bruno Oliviero, Armando Rotoletti

Fondamentale è stampato su carta Grapho Crystal certificata e proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

Nuove proposte per avvicinare la cura al malato

L’

11 aprile 201 si è chiuso il secondo Bando 5 per mille che invita i ricercatori a proporre strumenti innovativi per la prevenzione e la diagnosi precoce. Sono pervenute ad AIRC 30 proposte fra le quali verranno selezionate quelle scientificamente più valide ai cui proponenti verrà richiesto di inviare il programma dettagliato. Il peer review, ossia il processo di valutazione e selezione, è affidato da AIRC a un gruppo di scienziati di altissimo profilo scientifico, esclusivamente stranieri, analogamente a quanto si è fatto con il primo bando. Con i due Programmi speciali 2010 e 2011, finanziati coi proventi del 5 per mille, e con i progetti finanziati con la raccolta convenzionale, tramite AIRC, i cittadini sostengono l’attività di più di 4000 ricercatori che possono così entrare nella filiera della ricerca oncologica. Si parte dai laboratori di ricerca di base dove avvengono le scoperte, che poi passano nei laboratori di ricerca di trasferimento per essere vagliate ed elaborate e successiva-

mente nei laboratori preclinici, per approdare infine al letto del paziente. I ricercatori, in questo lungo percorso dove la ricerca corre veloce grazie ai grandi progressi della tecnologia, hanno come obiettivo finale lo sviluppo di strumenti sempre più innovativi ed efficaci per un continuo miglioramento della curabilità di tutti i tipi di cancro, dai più comuni ai più rari. Tutti i nostri ricercatori sentono l’impegno morale del mandato che la collettività ha affidato loro e sono consapevoli che il privilegio di poter fare un lavoro tremendamente impegnativo, ma anche esaltante, lo devono ai privati cittadini che credono in loro, che con loro esultano dei successi e soffrono delle inevitabili sconfitte. È un mondo impegnato a lottare contro il dolore, a partecipare alle dure prove che molti sconosciuti devono affrontare, un mondo che crede nella ricerca e nella solidarietà. L’impegno dei cittadini è il motore indispensabile perché si possa tutti insieme raggiungere la meta. Senza la vostra fiducia e il vostro sostegno nulla sarebbe fattibile.


Battesimo • Comunione • Cresima • Laurea • Matrimonio

I SUOI MOMENTI DI GIOIA DARANNO ANCORA

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