Fondamentale aprile 2014

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Numero 2 - aprile 2014 - Anno XLII - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped.

in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

PEDIATRIA

Anche i genitori possono diventare donatori di midollo per i propri figli SCIENZA

Come riconoscere le false cure e i venditori di fumo STILI DI VITA

L’attività fisica contro il cancro alla luce degli studi

Giorgio Stassi, la Palermo della ricerca

TERAPIE TARGET PER IL COLON


SOMMARIO

FONDAMENTALE aprile 2014

In questo numero: 04 07 10 12 15 16 18 21 22 24 27 28 30 31 32 33 38

VITA DI RICERCATORE Dal diabete al cancro cercando le staminali PREMI NOBEL L’ubiquitina è dovunque ma abita sul mare di Haifa STILI DI VITA Lo sport è lo scudo che protegge dai tumori COME CURARE Chirurgia, chemio e cibo giusto per i tumori delle vie digestive RICERCA IN VETRINA Un esame del sangue per il cancro al polmone DAL LABORATORIO AL PAZIENTE Anche il genitore può diventare un donatore di midollo PROFESSIONI PER LA RICERCA Spettrometri e computer per il chimico che lavora in oncologia VIVERE SANO Alimenti: il latte EPIDEMIOLOGIA L’Italia tra i primi della classe in fatto di cure oncologiche PAZIENTI INFORMATI Dietro le terapie miracolose spesso si nasconde la bufala RECENSIONE L’esperto di gemelli svela il segreto della diversità STORIA DELLA RICERCA Quattro figli e un cromosoma RICERCA IFOM Nanoparticelle d’oro per un test ultrasensibile LASCITI Dal canto sardo un aiuto alla ricerca RACCOLTA FONDI Un due trenta SPECIALE COMITATI Le iniziative dei nostri Comitati regionali IL MICROSCOPIO Un nuovo bando fuori dagli schemi

FONDAMENTALE Anno XLII - Numero 2 Aprile 2014 - AIRC Editore

DIREZIONE E REDAZIONE: Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro sede legale: via Corridoni, 7 - 20122 Milano sede operativa: Via San Vito, 7 - 20123 Milano tel. 02 7797.1 - www.airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa N.I.I.A.G. SpA Bergamo DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci

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Giorgio Stassi, dalla casa a Mondello al laboratorio dove studia le staminali del cancro

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Ci sono premi Nobel che hanno dato un grosso impulso alla ricerca sul cancro: uno di essi è Aaron Ciechanover, scopritore dell’ubiquitina

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La diagnosi del cancro polmonare si farà con un semplice prelievo

CONSULENZA EDITORIALE Daniela Ovadia (Agenzia Zoe) COORDINAMENTO EDITORIALE Giulia Cauda REDAZIONE Martina Perotti, Cristina Zorzoli, Cristina Ferrario (Agenzia Zoe) PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Umberto Galli TESTI Giulia Cauda, Agnese Codignola, Cristina Ferrario, Anna Franzetti, Daniela Ovadia, Fabio Turone, Cristina Zorzoli

Il chimico entra nel laboratorio di oncologia

FOTOGRAFIE Annachiara Lodi (copertina e servizio a p. 4), Corbis, Thinkstock, Istockphoto, Gardin & Mazzoli

Fondamentale è stampato su carta Grapho Crystal certificata e proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.


EDITORIALE

TANTI MODI PER AIUTARE LA RICERCA. • con conto corrente postale n. 307272; • con carta di credito, telefonando al numero verde 800 350 350, in funzione tutti i giorni 24 ore su 24 o collegandosi al sito www.airc.it; • con un piccolo lascito nel suo testamento; per informazioni, www.fondazionefirc.it oppure tel. 02 794 707; • in banca: Intesa Sanpaolo IBAN IT14 H030 6909 4001 0000 0103 528; Banca Monte dei Paschi di Siena IBAN IT 87 E 01030 01656 000001030151; Unicredit PB SPA IBAN IT96 P020 0809 4230 0000 4349 176; • con un ordine di addebito automatico in banca o su carta di credito (informazioni al numero verde 800 350 350)

Piero Sierra Presidente AIRC

La ricerca nel fiore degli anni

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el 1984 alcune piazze d’Italia vedevano fiorire per la prima volta l’Azalea della Ricerca. Da allora ogni anno, in occasione della festa della mamma, l’appuntamento si ripete con sempre maggior successo: da tredici piazze in 9 Regioni siamo arrivati alle attuali 3.600 in tutte le Regioni. In questi trent’anni AIRC, con l’impegno dei suoi volontari e la partecipazione di milioni di italiani, ha dato un contributo straordinario al progresso della cura nel campo dei tumori femminili: solo nel 2013 l’investimento in quest’area di ricerca ha superato i 9 milioni di euro per oltre 90 progetti attivi. Questi investimenti sono stati ripagati da significativi progressi per la salute delle donne. Nonostante l’aumento di incidenza di alcune forme di cancro – legato a errati stili di vita e all’allungamento dell’età media – oggi possiamo registrare un tasso di curabilità molto elevato: basti pensare che la sopravvivenza a cinque anni nelle donne colpite da tumore al seno arriva all’85 per cento e al 68 per cento per il tumore della cervice uterina (fonte AIRTUM). Tra le conquiste della scienza a favore delle donne ricordiamo la chirurgia sempre meno invasiva, terapie con minori effetti collaterali e una grande attenzione agli aspetti psicologici. Infine non bisogna dimenticare l’importanza della messa a punto di strumenti di prevenzione, come il vaccino contro il virus del papilloma umano (HPV), che in futuro incideranno in modo consistente sul numero di tumori della cervice. Per non fermare questo progresso e garantire alle donne di domani ancora più salute vi aspettiamo in piazza l’11 maggio!

Convocazione assemblea L’Istituto italiano della donazione certifica con un marchio di eccellenza le organizzazioni non profit che forniscono elementi di garanzia sull’assoluta trasparenza ed efficacia nella gestione dei fondi raccolti.

L’Assemblea ordinaria dei soci AIRC, a norma dell’articolo 8 dello Statuto sociale, è convocata presso la sede operativa AIRC, in via S. Vito 7 a Milano, per il giorno 28 maggio 2014 alle ore 13:30 in prima convocazione e alle ore 14:30 in seconda convocazione, con il seguente ordine del giorno: 1. Relazioni del Consiglio Direttivo, del Collegio dei Revisori e della Società di revisione. Bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2013. Deliberazioni inerenti e conseguenti. 2. Nomina, previa determinazione del loro numero, di membri del Consiglio Direttivo per gli esercizi 2014-2015-2016 a norma dell’art. 9 dello Statuto.

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VITA DI RICERCATORE LL Giorgio Stassi

In questo articolo: cancro del colon 5 per mille farmaci intelligenti

Dal diabete al cancro cercando le staminali Il medico palermitano è tornato a casa dopo aver lavorato all’estero e ora, grazie al progetto 5 per mille di AIRC, ha trovato una molecola chiave, presente nelle cellule staminali tumorali, sulla quale agire per bloccare le metastasi di cancro del colon

a cura di FABIO TURONE a vita di un ricercatore è in genere scandita da eventi in gran parte prevedibili: la laurea, il conseguimento di un titolo post laurea, magari all’estero, il primo articolo su una rivista importante, un incarico di docenza. Ad alcuni, però, toccano anche esperienze di tutt’altro genere, che lasciano un segno: come quando Giorgio Stassi capì che l’esplosione che aveva frantumato i vetri delle finestre dell’appartamento a Tel Aviv non era dovuta a un incidente, ma a un attentato terroristico suicida, con morti e feriti, il primo portato a termine con successo da Hamas nel cuore della città.

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Le cellule staminali tumorali L’esperienza vengono studiate mediorientale anche Nella capitale israeliana a Palermo Stassi era arrivato da appena due giorni, ed era ospite nell’appartamento prestatogli da una collega, proprio sopra il centralissimo grande magazzino Dizengoff, quando la mattina del 19 otto-

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bre 1994 una tremenda esplosione alla fermata dell’autobus provocò la morte di 22 persone e il ferimento di altre 50, tra cui bambini a spasso con la famiglia. “Io avrei dovuto essere a quella fermata” ricorda oggi il ricercatore, seduto nel suo studio all’Università di Palermo. “Subito dopo l’esplosione la mia amica mi telefonò dicendomi di restare in casa. Io sul momento avevo pensato di tornare subito in Italia ma, quando scesi poche ore dopo per rendermi conto di persona di che cosa era successo, come unica traccia dell’accaduto trovai un gran numero di lumini commemorativi. Mi colpì molto il fatto che avevano ripulito tutto e avevano anche già rimesso l’asfalto nuovo, per dare un chiaro segnale che la vita continuava”. Dunque rimase, per portare avanti una ricerca all’ospedale Kaplan dell’Università di Tel Aviv su una famiglia di palestinesi affetta da una forma ereditaria di diabete di tipo 1. Veniva infatti da una specializzazione in endocrinologia e malattie del ricambio, presa all’Università di Palermo, sotto la guida di Giandomenico Bompiani: “Sono sempre stato appassionato di

chimica, e per un po’ avevo pensato che la mia carriera sarebbe stata quella” ricorda. “Dopo la laurea in medicina scelsi l’endocrinologia perché il gruppo del professor Bompiani, cui sono ancora oggi legato da un rapporto di grande stima e affetto, era conosciuto per il buon livello delle ricerche che conduceva”. Al quarto anno di università cominciò l’internato dedicandosi alla ricerca sul trapianto di isole pancreatiche, i gruppi di cellule che producono l’insulina: “Dei pazienti mi sono occupato durante la scuola di specialità, ma poi negli anni successivi sono stato assorbito al 100 per cento dalla ricerca in laboratorio” spiega. Sono gli anni in cui conosce la moglie, Matilde Todaro, sposata nel 1993, con cui, dopo aver condiviso la scuola di specialità, oggi divide la passione per la ricerca, il laboratorio e lo studio al piano terra, arredato con due scrivanie e numerosi scaffali carichi di libri. Le pareti sono abbellite da stampe e riproduzioni di quadri antichi, tra cui spicca la Dama con l’ermellino di Leonardo da Vinci. Su un tavolo nell’angolo, sono poggiate due reticelle con le arance di AIRC: “Dobbiamo moltissimo ad AIRC: se non ci fosse non so davvero dove sarebbe oggi l’oncologia italiana” sottolinea con un misto di riconoscenza e di orgoglio.

L’oncologia arriva negli USA Nella vita professionale di Stassi l’oncologia sarebbe entrata qualche tempo dopo l’esperienza israeliana: “Dopo i due mesi trascorsi a Tel Aviv mi sono trasferito a Pittsburgh, negli Stati Uniti, dove, con il gruppo di Massimo Trucco, ho contribuito a studi non solo sul diabete, ma anche sui meccanismi alla base delle malattie autoimmuni, pubblicando su riviste importanti come Nature e Science. Proprio su Science, nel 1997, apparve uno studio condotto insieme al mio fraterno amico Ruggero De Maria, anche

L’oncologia è entrata tardi nella sua vita di ricercatore


lui conosciuto durante la specializzazione a Palermo”. Con De Maria, attuale direttore scientifico dell’Istituto nazionale tumori “Regina Elena” di Roma, Stassi oggi partecipa a uno dei grandi progetti finanziati con il 5 per mille AIRC. “Dopo aver studiato insieme a lui l’autoimmunità nella tiroide e nel pancreas, ho cominciato a occuparmi del tumore della tiroide, arrivando tra i primi a scoprire le cellule staminali tumorali proprio in quella ghiandola, e successivamente – insieme a De Maria – quelle del colon”. A Pittsburgh, dove Stassi si era trasferito da solo mentre la moglie completava la scuola di specialità, la vita è scandita dalla ricerca in laboratorio e da qualche viaggio a visitare le bellezze dell’America. “Tornare a Palermo non era per niente semplice: il volo prevedeva tre o quattro scali” ricorda. Per questo Matilde lo raggiunge subito dopo la specializzazione, nel 1997. Nello stesso anno bussa alla porta la cicogna: “Pensando all’imminente arrivo del primo figlio abbiamo discusso un po’ e alla fine abbiamo deciso di tornare in Italia”. La decisione non è presa a cuor leggero, perché, anche se Pittsburgh non presenta certo le attrattive della natìa Palermo, le prospettive scientifiche sono assai più allettanti di quelle che la coppia si aspetta di trovare in patria. È a quel punto che l’oggetto principale della ricerca diventa il cancro: l’approdo alla ricerca oncologica è suggellato, nel 1998, da un periodo trascorso a Roma, presso il Dipartimento di ematologia e oncologia dell’Istituto superiore di sanità, diretto da Cesare Peschle. Lì Stassi si occupa inizialmente di tumori ematologici, per poi concentrarsi sulle cellule staminali tumorali: “La definizione di staminali, per queste cellule tumorali, potrebbe generare un po’ di confusione, tanto è vero che in passato si è discusso a lungo sull’opportunità di cercare una definizione diversa” spiega il ricercatore palermitano. “Sono le cellule che danno l’avvio al tumore, e anche per questo sono le responsabili delle recidive, poiché quando, dopo un intervento, ne rimangono anche piccolissime quantità sono sufficienti per far ripartire la crescita tumorale”.

La casa sulla spiaggia Del periodo a Roma, quando abitava nei dintorni di piazza Vescovio e si

Giorgio Stassi con la moglie Matilde Todaro, ricercatrice nel suo stesso laboratorio muoveva con i mezzi pubblici, conserva un ricordo fantastico: “È una città splendida. È come se fosse casa mia”. Dopo poco più di un anno l’esperienza romana si chiude, e Stassi ha l’opportunità di tornare a vivere a Palermo, nella villetta di Mondello a due passi dalla spiaggia. Nel 2003, quando il primogenito Umberto ha sei anni, nasce Costanza. “Nei fine settimana mi rilasso occu-

pandomi del giardino, che ha sempre bisogno di tante cure, e di tutti i lavoretti di casa. Faccio molto bene l’idraulico e il falegname” racconta con un sorriso. “Non cucino quasi mai, però alla domenica faccio i pancakes e ogni tanto qualche dolce”. La spiaggia, troppo caotica nella stagione calda, è invece molto piacevole fuori stagione. “Senza ombrelloni e sedie sdraio è

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VITA DI RICERCATORE

splendida. A partire da ottobre ci vado con mio figlio, che ama il windsurf e fa regate e free style. Quando per lui c’è il vento buono ci facciamo un’oretta di macchina e andiamo tutti a Mozia, vicino alle saline di Marsala, dove c’è una laguna naturale con il fondale molto basso, e può divertirsi in tutta sicurezza”.

UNA CURA PER LA CHEMIORESISTENZA

el Laboratorio di fisiologia cellulare e molecolare del Dipartimento di discipline chirurgiche e oncologiche dell’Università degli studi di Palermo, noto anche come “Stassi Lab”, si studiano i meccanismi che regolano la sopravvivenza e la resistenza delle cellule tumorali alle terapie convenzionali, in particolare nel cancro del colon, del polmone e del seno. Il gruppo partecipa al Programma speciale di oncologia clinica molecolare 5 per mille di AIRC, contribuendo in primo luogo all’ampliamento della collezione di cellule staminali tumorali (CSC, dalla sigla inglese Cancer Stem Cells) di colon e polmone, catalogate e conservate nella biobanca dell’Istituto superiore di sanità a

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Sono più di venti i collaboratori che fanno parte del suo laboratorio

Dal bancone al malato La vita in università è scandita dall’appuntamento mattutino dell’“edicola”, alle 8.30: “Tutti i giorni uno dei ragazzi del laboratorio – 20 tra borsisti, tesisti, studenti di PhD e dottorati, in gran parte laureati in biotecnologie – espone a tutti una ricerca di cui ha letto su qualcuna

Roma. In particolare, si occupa della raccolta e del trattamento di campioni di tumore da cui vengono estratte e isolate le cellule staminali tumorali, e dell’invio alla biobanca delle linee cellulari derivate, corredate da un gran numero di informazioni di carattere clinico e genetico, che saranno utilissime per tutte le ricerche future su questi tumori. Un altro importante filone di ricerca riguarda un gruppo di fattori di crescita (chiamati bone morphogenetic proteins, in sigla BMP) coinvolti nello sviluppo dell’osso e della cartilagine e nel processo di trasformazione delle CSC in cellule tumorali: questi fattori di crescita sembrano avere anche un ruolo determinante nella resistenza alle terapie convenzionali e nella comparsa di recidive. Infine lo Stassi Lab si occupa di testare preliminarmente i farmaci a bersaglio molecolare individuati dagli altri gruppi di ricerca che partecipano al Programma 5 per mille AIRC, diretto da Ruggero De Maria.

delle riviste che segue regolarmente, così ne discutiamo insieme e ci teniamo tutti aggiornati”. L’incontro avviene in un ampio disimpegno tappezzato di alti armadi metallici, alla base delle scale che si scendono per raggiungere il laboratorio, al livello seminterrato: il visitatore viene accolto da una simpatica schiera multiforme e multicolore di sedie ciascuna con una sua spiccata personalità. L’informalità dei luoghi e degli arredi – che nei laboratori veri e propri lasciano spazio alle apparecchiature d’avanguardia – si sposa bene con la consuetudine di festeggiare ogni passaggio importante nella carriera scientifica di ciascuno (il primo articolo pubblicato, la laurea, il dottorato, la prima ricerca pubblicata come primo autore) portando un vassoio di dolci. Considerando la frequenza con cui questo accade – e la maestria e generosità dei pasticceri siciliani – la battuta che ricorre tra i ragazzi è che non è questo il laboratorio adatto a chi vuole mantenere la linea. Il festeggiamento più recente riguarda uno studio che è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell Stem Cell, su una molecola che appare cruciale nell’insorgenza delle metastasi del tumore del colon. “Negli studi preclinici l’impiego di un farmaco che agisce su questa molecola ha dimostrato di funzionare molto bene, tanto che noi ne abbiamo proposto l’utilizzo come terapia adiuvante nei tumori del colon”. Alla pubblicazione ha contribuito anche il figlio Umberto, che frequenta il liceo scientifico con l’idea di iscriversi a ingegneria meccanica: “Siccome disegna molto bene, gli ho chiesto di illustrare il meccanismo che abbiamo scoperto, usando la metafora dell’automobile di serie che, quando viene ritoccata in un ambiente particolare, si trasforma in un’auto da corsa, sfuggendo al controllo e dando origine alla metastasi. Ora speriamo che la fase successiva di sperimentazione clinica confermi questi risultati, molto incoraggianti, anche nei malati”. Il 7 febbraio scorso, in una riunione del programma 5 per mille AIRC, di cui il suo gruppo fa parte, è stato deciso che l’esperimento condotto a Palermo ha buone possibilità di funzionare anche sull’uomo e quindi a breve verranno trattati i primi pazienti.


PREMI NOBEL Aaron Ciechanover

L’ubiquitina è dovunque ma abita sul mare di Haifa

Chiamata così perché i ricercatori la trovavano in tutte le cellule degli organismi viventi, la proteina che ci protegge dalla degradazione è stata scoperta da un gruppo di biochimici che per questo ha vinto il premio Nobel per la chimica nel 2004 a cura di DANIELA OVADIA a vista dal sesto piano del Rappaport Family Institute for Biomedical Research è di quelle che tolgono il fiato: il mare e la baia di Haifa, il più grande porto di Israele e, sulla destra, i profili dei monti della Galilea, che segnano il confine col Libano. È qui che il premio Nobel Aaron Ciechanover ha il suo laboratorio, con annessa sala riunioni dove quotidiana-

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mente fa il punto dei progetti in corso insieme ai suoi giovani collaboratori, provenienti da sei diversi Paesi, tra i quali anche Giappone e Stati Uniti. Ciechanover ha vinto il massimo premio per la chimica nel 2004, insieme ai suoi docenti Avram Hershko e Irwin Rose, per la scoperta della degradazione ubiquitina-dipendente delle proteine: un’espressione complicata che nasconde in realtà uno dei meccanismi essen-

ziali per la sopravvivenza dell’organismo umano. Ce lo spiega davanti a una serie di diapositive che mostrano… salsicce avariate! “Il nostro corpo si degrada continuamente, perché siamo fatti di proteine esposte alla temperatura di 37 °C” dice. “Lasciate una bistecca fuori dal frigo e potete farvi un’idea di che cosa ci accadrebbe se il sistema dell’ubiquitina, che elimina e sostituisce le proteine ‘andate a male’, non funzionasse. Ma immaginate anche quanto è utile bloccarlo quando dobbiamo distruggere un tessuto tumorale, cosa che oggi si può fare grazie a farmaci messi a punto per interferire con una delle molte tappe del sistema” spiega guardando l’orizzonte, prima di raccontare, con

l’informalità che lo contraddistingue, che vincere un Nobel ha i suoi vantaggi, per esempio quello di avere un laboratorio con vista. STORIE DI TENACIA PERSONALE Ciechanover tiene molto al suo ruolo di testimonial del proprio Paese: figlio di immigrati cecoslovacchi, nato a Haifa pochi mesi prima della nascita dello Stato d’Israele, definisce se stesso la “pecora nera della famiglia” perché fin da piccolo amava la scienza e usava i volumi del Talmud, il commentario ebraico alla Bibbia, per far essiccare i fiori che raccoglieva sul monte Carmelo che sovrasta la baia di Haifa. Oggi è l’ambasciatore del Technion, l’università

Biologo e medico, ma Nobel per la chimica

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PREMI NOBEL Aanton Ciechanover

tecnologica tra le più prestigiose al mondo per qualità della ricerca scientifica, che sta per aprire due nuove sedi, una a Manhattan e l’altra nella provincia di Guangdong, in Cina. “Dopo la laurea in scienze, a Gerusalemme, ho fatto anche un master che mi ha consentito di diventare medico nel 1974” racconta. “E per un certo periodo, come ogni israeliano, ho dovuto servire nell’esercito. Eravamo in guerra e io sono stato medico sulle navi militari”. In Israele, anche per via della lunga durata della leva, non è raro vedere dottorandi e post doc non proprio giovanissimi al lavoro per conquistare un secondo titolo di dottore di ricerca in un ambito diverso dal primo. Ciechanover non fa eccezione e nel 1981, dieci anni dopo la prima laurea in scienze, consegue un dottorato di ricerca in biochimica proprio al Technion, prima di partire per quattro anni al MIT, il notissimo istituto di ricerca di Boston, negli Stati Uniti.

LARGO AI GIOVANI DOTTORANDI “C’è una cosa che mi preme sottolineare” dice mentre passeggiamo tra i banconi del suo laboratorio, dove è esposta, in una bacheca, la medaglia del Nobel e il certificato del premio, oltre a una grande infografica che spiega a cosa serve il sistema dell’ubiquitina. “La scoperta per la quale ho vinto il Nobel, l’ho fatta quando ero ancora un dottorando di ricerca. Poiché era frutto delle mie intuizioni, i professori con i quali collaboravo hanno insistito perché firmassi il lavoro come primo nome, un gesto che ha fatto sì che il Nobel mi fosse attribuito, 25 anni dopo. Sono stati onesti. I professori spesso non danno ai propri dottorandi il giusto merito per le scoperte: per questo dico sempre ai giovani di tenere traccia del loro contributo ai progetti sui quali lavorano, perché un giorno potrebbero aver bisogno di dimostrare che dietro un’intuizione geniale c’erano proprio loro”.

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UN GRANDE DIVULGATORE Ciechanover è tra i premi Nobel più disponibili a raccontare la scienza al grande pubblico ed è considerato un oratore brillante. “Quando vinci un Nobel, la cosa più difficile è decidere cosa fare del tuo lavoro di ricercatore. I più anziani si ritirano e si dedicano alle conferenze e alla raccolta fondi per il proprio istituto di ricerca. Io però ero troppo giovane, per cui il problema è stato quello di mantenere il mio laboratorio a un livello scientifico alto, degno dell’onore che mi è stato tributato” spiega. E per riuscirci ha puntato ovviamente molto sulla selezione dei migliori giovani, che mandano da tutto il mondo il proprio curriculum per lavorare, almeno per qualche mese, nel luminoso spazio affacciato sul mare. “Dato che ho molti

impegni, e sono spesso in viaggio, ho l’ufficio dentro il laboratorio” racconta. “La porta è sempre aperta e chiunque, quando sono qui, può entrare per discutere di un problema o di un risultato. E spesso mi metto di nuovo al bancone, perché mi piace la parte manuale del mio mestiere: preparare reagenti, usare le pipette…” Come molti israeliani, Ciechanover non ama i formalismi ma va dritto al sodo. Veste in modo casual, con jeans e camicie a quadri che sono l’uniforme di un Paese dove le temperature, specie in estate, possono raggiungere i 40 gradi. Il suo studio è piccolo e incredibilm e n t e pieno di oggetti. Vi troneggia una foto di lui insieme al premio Nobel italiano Rita Levi Montalcini (“una gran donna, alla quale sono stato molto legato”), una serie


In questo articolo: premio Nobel ubiquitina ricerca AIRC

di quadri con lo stesso soggetto (l’arca di Noè carica di animali) e una incredibile collezione di macchinine e trattori giocattolo. “Mi piacciono da morire, li compro in giro per il mondo. Il mio nipotino, quando viene qui, ruba i più belli!” dice ridendo. Nello stretto corridoio che conduce alla porta quasi non si può passare perché alle pareti, appese sui ganci, ci sono decine di stole, cappe e tocchi di mille diversi colori: sono i paramenti che ha indossato nelle diverse cerimonie durante le quali università di tutto il mondo gli hanno conferito lauree honoris causa. “Viaggio moltissimo per offrire la mia esperienza nella valutazione di progetti scientifici” racconta per spiegare l’elevato numero di riconoscimenti. E anche AIRC, da quest’anno, potrà far tesoro del suo contributo dato che è diventato uno dei revisori stranieri per i progetti che riguardano il suo settore. Per il Nobel israeliano, ci sono molte analogie culturali tra il suo Paese e l’Italia, specie nella scienza: “Abbiamo tutti e due una incredibile creatività, pur vivendo in ambienti difficili, per ragioni ovviamente molto diverse: qui c’è la guerra, da voi mancano i fondi. Ma le difficoltà aguzzano l’ingegno” conclude. “Per questo quando un ricco tycoon cinese è venuto qui per cercare di riprodurre in Cina il nostro modello di ricerca di successo, ho pensato che la ricetta per ottenere ciò non esiste. O per lo meno non è esportabile. È il frutto del tipico caos israeliano che nessun cinese saprà riprodurre”.

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l sistema dell’ubiquitina (o meglio, delle ubiquitine, come è più corretto dire) è così essenziale nella ricerca oncologica che sono davvero numerosi i laboratori che, in tutto il mondo, lo stanno studiando. Anche tra i ricercatori di AIRC non mancano i progetti su questo tema. NEI TUMORI DELLA PELLE Simone Sabbioneda lavora all’Istituto di genetica molecolare del CNR di Pavia ed è titolare, dal 2013, di uno Start-up grant. Il suo progetto studia la relazione tra il sistema dell’ubiquitina e la polimerasi eta , un enzima importante per riparare i danni al DNA causati dai raggi ultravioletti. “Studio come le cellule siano in grado di replicare il DNA in condizioni di stress, quando maggiore è il rischio che compaiano delle mutazioni che possono portare allo sviluppo di tumori” spiega. A protezione della replicazione si sono sviluppati diversi sistemi di riparazione dei danni al DNA. “Uno di questi, chiamato sintesi translesione, utilizza delle speciali polimerasi, gli enzimi in grado di replicare il DNA, che possono fare il loro lavoro anche in presenza di un DNA danneggiato ed è a sua volta regolato da una delle ubiquitine. La sua assenza è responsabile della malattia genetica XPV, che causa tumori della pelle”.

ANCHE IN AIRC I SEGUACI DEL PREMIO NOBEL Molti ricercatori finanziati grazie a grant AIRC sono al lavoro per scoprire i segreti del sistema scoperto da Aaron Ciechanover neuroblastoma, uno dei tumori cerebrali di difficile curabilità. “Alcuni possibili bersagli fanno parte del sistema dell’ubiquitina” spiega. Con i fondi del suo Investigator grant ha scoperto che nelle cellule di neuroblastoma esiste una proteina chiamata PRAJA2 che fa da vigile, regolando i messaggi da inviare in risposta ai numerosi stimoli esterni attraverso un processo chiamato ubiquitinazione. PRAJA2 è un componente chiave di tale meccanismo. I MESSAGGI TRA LE CELLULE Biologa molecolare, esperta nello studio dei segnali cellulari, Simona Polo dirige all’IFOM l’unità di ricerca Ubiquitina e trasmissione del segnale. “Ci occupiamo di capire come funziona l’endocitosi,

un sistema di trasmissione dei segnali tra le cellule, e come l’ubiquitina interviene nella sua regolazione” spiega. Altri ricercatori guardano nel groviglio delle diverse ubiquitine ciascuno con un preciso obiettivo: Ruggero Pardi, a capo dell’Unità di biologia leucocitaria dell’Ospedale San Raffaele, studia le cellule epatiche nella speranza di trovare nuovi bersagli per la cura del cancro del fegato. Lorenza Penengo, del Dipartimento di scienze del farmaco dell’Università del Piemonte orientale, analizza il ruolo dell’ubiquitina nel mantenere la stabilità del genoma e nel regolare l’espressione genica. Infine Sirio Dupon ha studiato presso l’Università di Padova, dal 2008 fino allo scorso anno, i sistemi di ubiquitinazione nel cancro del colon.

NEI GLIOBLASTOMI CEREBRALI Antonio Feliciello lavora al Dipartimento di medicina molecolare e biotecnologie mediche dell’Università Federico II di Napoli. Il suo compito è trovare nuovi target terapeutici per trattare il

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STILI DI VITA Attività fisica

Lo sport è lo scudo che protegge dai tumori Sono sempre più numerosi gli studi che dimostrano quanto sia importante l’attività fisica regolare e mediamente intensa per prevenire l’insorgenza di tumori. Oggi è possibile dire in quali casi è davvero efficace

GLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ FISICA SULLA SALUTE

Quelli che seguono sono tutti effetti dimostrati da studi scientifici. • Aiuta a controllare il peso corporeo • Mantiene in salute ossa, muscoli e articolazioni • Riduce il rischio di ipertensione e diabete

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• Migliora il benessere psicologico • Riduce il rischio di infarto • Riduce il rischio di morte prematura (per tutte le cause) (Fonte: National Cancer Institute, Bethesda, USA)


In questo articolo: sport movimento prevenzione a cura della REDAZIONE uando il medico dice al paziente “deve muoversi di più”, spesso la raccomandazione viene archiviata in un angolo della memoria e messa nel novero delle cose che contano poco, come se fosse il consiglio della nonna. E invece l’attività fisica, così come l’alimentazione corretta, va considerata alla stregua delle prescrizioni farmacologiche: qualcosa che è importante “assumere” regolarmente. A sostegno di ciò vi sono infatti moltissimi studi che dimostrano in che modo muoversi faccia bene alla salute in generale e aiuti a prevenire determinati tumori. Non è necessario passare il tempo in palestra a sudare per seguire i consigli del medico: qualsiasi movimento del corpo che produce un consumo energetico è, in senso stretto, un’attività fisica, la cui intensità può essere modulata sulle esigenze della persona. Secondo il Center for Diseases Control di Atlanta, uno dei centri di punta al mondo che si occupa di prevenzione, un adulto dovrebbe fare 30 minuti al giorno di attività fisica moderata per almeno cinque giorni a settimana (per esempio camminando a passo svelto) e 20 minuti di attività fisica intensa (come correre) per almeno tre giorni a settimana. Con l’età si può ridurre l’attività intensa e aumentare un po’ quella moderata. Sommare le ore non è efficace: non bastano tre ore di palestra concentrate in un giorno solo per offrire i benefici in termini di prevenzione.

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cancro del colon è uno dei più studiati: sono stati pubblicati oltre 50 studi sull’argomento, la maggior parte dei quali coinvolge la popolazione statunitense, ma non solo. Se ne deduce che all’aumentare dell’attività fisica (per intensità, durata o frequenza) si riduce il rischio di ammalarsi. Un soggetto attivo ha un rischio relativo ridotto del 30-40 per cento rispetto a un soggetto sedentario, e ciò indipendentemente da altri fattori di rischio come il peso corporeo. Ad attività più intensa corrisponde protezione maggiore sul colon, mentre non è ancora chiaro se c’è un effetto di riduzione del cancro del retto e della formazione di polipi adenomatosi, la più comune forma precancerosa del grande intestino. Dal punto di vista del meccanismo attraverso il quale l’attività fisica agisce come protezione, sono state fatte diverse ipotesi. Potrebbe influenzare il bilancio energetico dell’organismo, il metabolismo ormonale, i livelli di insulina nel sangue (che a loro volta hanno effetti sui fattori di crescita cellulari) e anche ridurre l’esposizione della mucosa del colon a sostanze potenzialmente cancerogene, facilitando il transito intestinale. Altri studi hanno dimostrato un’azione del movimento sui meccanismi dell’infiammazione e sulla regolazione del sistema immunitario.

Muoversi significa bruciare energia, agire sugli ormoni e sull’infiammazione

Il cancro del colon L’effetto dell’attività fisica sul

Il cancro del seno Sono oltre 70 gli studi che riguardano il cancro del seno e nella maggior parte dei casi indicano che le donne attive sono meno a rischio di quelle sedentarie, ma la riduzione del rischio varia moltissimo da studio a studio (tra il 20 e l’80 per cento) per cui al momento non è possibile dare una stima scientificamente attendibile. Lo sport e il movimento sono utili sempre, sia prima sia dopo la menopausa, ma è la pratica sportiva intensa durante l’adolescenza che sembra fornire la

massima protezione. Il sovrappeso annulla in parte i benefici, che sono massimi per le donne normopeso. Secondo gli esperti, la protezione deriva dal fatto che lo sport abbassa i livelli degli ormoni femminili e dei fattori di crescita legati all’insulina, che hanno un ruolo importante nello sviluppo del cancro del seno.

Il cancro dell’endometrio Il rivestimento interno dell’utero viene influenzato dall’attività fisica e, secondo una ventina di studi effettuati su questo argomento, è meno soggetto a trasformazioni tumorali se la donna ama lo sport (la riduzione del rischio relativo va dal 20 al 40 per cento in tutte le età). Anche in questo caso vi è l’azione diretta sul bilancio energetico (le donne sovrappeso sono più a rischio) e sui livelli ormonali (in particolare degli estrogeni).

Benefici anche per gli uomini Chi è a rischio di sviluppare un cancro del polmone vede ridursi del 20 per cento tale possibilità grazie alla regolare pratica sportiva (che sia uomo o donna). Servono però ulteriori studi per comprendere meglio se il beneficio aumenta con l’intensità, mentre è dimostrato che tutto lo sport del mondo non è in grado di contrastare efficacemente l’effetto nefasto del fumo di sigaretta. Sono scarse, invece, le prove degli effetti benefici sul cancro della prostata (analizzati in circa 40 studi). Alcuni studi dimostrerebbero, invece, che chi è attivo ed è già ammalato di cancro prostatico riduce la progressione della malattia, in particolare negli over 65. Questo risultato è in linea con quelli di altre ricerche sulla sopravvivenza media dei malati di cancro, che mostrano come i soggetti che si muovono di più siano anche quelli che, a parità di gravità della malattia, sopravvivono più a lungo.

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COME CURARE Stomaco ed esofago

Chirurgia, chemio e cibo giusto per i tumori delle vie digestive Se l’intervento resta la prima opzione terapeutica nei tumori dell’alto tratto gastroenterico, ci sono novità nel campo dei farmaci biologici e una particolare attenzione alla difficile gestione alimentare a cura di AGNESE CODIGNOLA gni anno in Italia circa 13.000 persone si ammalano di tumore dello stomaco e 2.000 di tumore dell’esofago. Il primo dato è in lieve calo da anni, poiché la sua incidenza (che diminuisce di circa il 3 per cento l’anno) è strettamente associata al

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controllo di alcuni fattori di rischio come l’infezione da Helicobacter pylori, sempre meno diffusa grazie all’impiego delle corrette terapie antibiotiche, all’utilizzo di nuovi metodi di conservazione e cottura degli alimenti e alla diminuzione del vizio del fumo. L’incidenza del tumore all’esofago, anch’esso associato al fumo di sigaretta e ad altri fattori non ancora

del tutto chiari, è invece stabile. In entrambi i casi, soprattutto per quanto riguarda l’esofago, la cura è lunga e

complessa. Tuttavia anche in questo campo la ricerca va avanti e i miglioramenti sono continui, anche se talvolta meno rapidi di quanto ci si augurerebbe. LA CHIRURGIA PER L’ESOFAGO L’asportazione del cancro dell’esofago resta una delle prime opzioni, ogni volta

VITA QUOTIDIANA

L’IMPORTANZA DELLA NUTRIZIONE tumori del tratto gastrointestinale sono forse quelli per i quali, più che per altri, l’alimentazione durante e dopo le cure gioca un ruolo fondamentale, poiché gli interventi chirurgici e le chemioterapie possono alterare anche profondamente la digestione e il metabolismo, e portare a uno stato di denutrizione che influenza l’esito delle cure stesse e, in generale, le possibilità di recuperare appieno e di combattere al meglio la malattia. Per assicurare a ogni malato la dieta più adatta bisogna avere un approccio globale alla sua condizione, come spiega Cecilia Gavazzi, medico nutrizionista dell’Istituto nazionale tumori di Milano:

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In questo articolo: cancro dello stomaco cancro dell’esofago alimentazione

che si può, cioè quando il tumore è limitato all’esofago e non sono presenti linfonodi metastatici. “Per le sue caratteristiche, l’esofago colpito da una neoplasia va asportato quasi totalmente” spiega Luca Tavecchio, chirurgo dell’Unità di chirurgia toracica dell’Istituto nazionale tumori di Milano. “Si sommano infatti la tendenza della neoplasia a svilupparsi verso l’alto e verso il basso lungo la parete rispetto alla sede di origine nella mucosa e la sua conformazione anatomica che rende difficile asportarne solo un pezzo e poi ricostruire. Per questo di solito si toglie quasi tutto l’esofago e lo si rimpiazza con una parte dello stomaco, che riesce a svolgere le sue funzioni abbastanza bene. In genere, tranne che nei casi di tumore in fase iniziale, si procede per via tradizionale (cioè attraverso il torace), perché gli interventi laparoscopici non sempre consentono di fare ciò che è richiesto in stadi più avanzati”. Si tratta quindi di un intervento importante, sempre accompagnato

da un’asportazione estesa dei linfonodi. Al fine di renderlo ancora più efficace, negli ultimi anni si è andata affermando sempre più l’idea di far sottoporre il malato a cicli di chemioterapia o di radioterapia prima dell’operazione, per ridurre le dimensioni della massa. Dopo l’intervento, il paziente deve abituarsi a mangiare in un modo diverso, ossia poco ma spesso, alimenti facilmente digeribili e leggeri, nell’ambito di una dieta che può richiedere un’integrazione personalizzata.

tà di vita dei pazienti, passati i primi giorni, spesso torna quasi come quella di prima, con qualche accorgimento, perché la parte di stomaco che resta (circa un quarto dell’originario) svolge comunque le sue funzioni. Quando invece dobbiamo asportare tutto lo stomaco, la situazione cambia radicalmente, perché l’esofago viene unito direttamente alla p r i m a parte dell’intestino e quindi il cibo deve arrivare lì frequentemente, in piccole quantità e in consistenza e qualità giuste per essere digerito. Ciò significa che il malato dovrà fare 4-5 piccoli pasti leggeri al giorno. Anche per questo tipo di intervento” prosegue Battiston “come per molti altri che riguardano l’apparato digerente, è stata proposta la via laparoscopica, che permette di evitare le grandi incisioni chirurgiche, con minori rischi e migliore qualità di vita nel periodo post operatorio, ma non ci sono ancora i numeri per affermare che questa soluzione possa andare bene per tutti; di certo è utilizzabile nei tumori gastrointesti-

In alcuni casi è possibile intervenire con la laparoscopia

MANTENERE LA QUALITÀ DI VITA Negli ultimi vent’anni l’approccio chirurgico ai tumori dello stomaco non ha subito variazioni importanti: in generale, a seconda della posizione della lesione tumorale e del suo stato di avanzamento, si procede all’asportazione parziale o totale dello stomaco. Spiega in merito Carlo Battiston, chirurgo dell’Unità operativa di chirurgia toracica dell’Istituto nazionale tumori di Milano: “Nel primo caso la quali-

“La prima cosa da fare è definire tutti i parametri metabolici del paziente (cioè di cosa ha bisogno il suo organismo e quali sono i suoi consumi), anche se è in sovrappeso. Solo sapendo qual è il punto di partenza, infatti, e lavorando in team con gli altri specialisti che si occupano dei diversi aspetti, è possibile capire se e come intervenire al meglio in base al programma terapeutico”. Un altro elemento fondamentale è la consapevolezza che non esistono rimedi miracolosi o pillole magiche: l’alimentazione corretta deve essere prima di tutto un’abitudine quotidiana. Ancora Gavazzi: “Nelle persone con recente diagnosi di tumore dello stomaco o dell’esofago, inizialmente si fa una valutazione dello stato nutrizionale, insieme a quello che viene chiamato nutrition counselling, cioè si analizzano i dati medici insieme alle abitudini alimentari, e successivamente si definisce un piano personalizzato di intervento”. Lo scopo è non far perdere al malato troppo peso,

nali stromali (GIST), che però sono neoplasie rare e molto particolari. Quando ci si trova in presenza di un adenocarcinoma a oggi l’indicazione è quella di procedere con l’intervento tradizionale”. È probabile, aggiunge il chirurgo, che l’intervento laparoscopico trovi in futuro indicazione in alcuni pazienti più vulnerabili

mantenendo le classi fondamentali di nutrienti in equilibrio. Se l’alimentazione per bocca non è sufficiente, è necessario integrarla con una nutrizione artificiale che può essere somministrata per via venosa o attraverso un sondino direttamente nell’intestino, soprattutto nei giorni successivi all’intervento. “Accanto a ciò” prosegue la nutrizionista “bisogna insegnare al malato a mangiare nel modo giusto, masticando a lungo, preferendo alimenti facilmente digeribili, leggeri e assunti spesso. Quando si può, inoltre, si deve concedere al malato qualche eccezione, purché sporadica: anche la gratificazione ha un ruolo importante”. In tutti i centri oncologici più grandi il nutrizionista fa parte stabilmente dell’équipe di specialisti che stabilisce il piano terapeutico, perché un malato malnutrito sopporta meno bene le terapie, compromettendo in misura più o meno significativa le proprie possibilità di guarire.


COME CURARE Stomaco ed esofago

Tecniche meno invasive permettono di mangiare come prima

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come gli anziani, soprattutto molecolare, per capire se ci quando il tumore è iniziale, siano o meno alcuni marcacioè interessa solo la mucosa tori che esprimono la sensibio la sottomucosa. “In Giap- lità a farmaci biologici già in pone” continua Battiston uso, come trastuzumab, o “dove la malattia è molto dif- sperimentali come quelli che fusa, si è fatta strada hanno come bersaglio un’altra metodica: il gene MET, collegato quella endoscopica, al fattore di crescita che consente di prodegli epatociti. A licedere, per le forme vello sperimentale, iniziali, con una poi, si stanno già stusonda simile a quella diando combinazioni impiegata per la gadi trastuzumab con stroscopia”. altri farmaci simili Anche per il tumocome il pertuzumab e re dello stomaco, infiil lapatinib, sulla scorne, si sta studiando Il cibo ta di quanto avviene l’affidabilità della tec- liquido o nella mammella”. nica del linfonodo endovena Un altro approccio sentinella, che per- è riservato che si sta esplorando, mette di identificare i ai casi sempre in via sperilinfonodi eventual- più gravi mentale, è quello che mente già coinvolti punta a rafforzare il dalla metastatizzazione, in- sistema immunitario, già tervenendo quindi in modo convalidato nel melanoma. più accurato ed evitando di Ancora De Braud: “L’obiettivo asportarli laddove non sia è neutralizzare alcune proteinecessario. ne come PD1 e PDL1, che bloccano la normale risposta LA CHEMIOTERAPIA immunitaria contro le celluLa chemioterapia è molto le tumorali; a tal fine si stanimportante nella cura di en- no studiando gli effetti di fartrambi i tumori, e in entram- maci in sperimentazione in bi viene ormai molto spesso altre neoplasie e in alcuni praticata anche prima dell’in- casi già in clinica come ipilitervento, per ridurre le di- mumab”. mensioni della massa. Spiega Anche per questi tumori, Filippo De Braud, responsabi- in definitiva, si sta arrivando le della Divisione di oncolo- a una caratterizzazione molegia medica dell’Istituto na- colare che rende possibile zionale tumori di Milano: l’impiego di farmaci mirati e “Tanto per il tumore dello con meno effetti collaterali. stomaco quanto per quello Negli anni si è capito che, dell’esofago i farmaci più nei carcinomi gastrici, ciò usati sono i derivati del plati- che può fare la differenza no e i tassani, in vari schemi. non è l’aggressività della cheSolo per quanto riguarda lo mioterapia tradizionale, ma stomaco, poi, iniziano a es- la precisione dell’attacco, serci novità interessanti”. come già avviene in molte L’oncologo si riferisce al fatto altre sedi. C’è da augurarsi che anche nello stomaco, che presto gli stessi risultati come nella mammella, pos- si ottengano anche nell’esofasono essere presenti i recetto- go, che ha molte caratteristiri di HER2, sensibili all’anti- che che ricordano lo stomaco corpo trastuzumab. (e quest’ultimo, del resto, as“Anche per i carcinomi ga- somiglia molto più all’esofastrici si procede all’analisi go che all’intestino).


RICERCA IN VETRINA Screening

In questo articolo: microRNA screening tumore al polmone

Un esame del sangue per il cancro al polmone Se la TC spirale identifica troppi falsi positivi, la ricerca dei microRNA nel sangue, messa a punto all’Istituto nazionale tumori di Milano e finanziata da AIRC, permette di affinare la diagnosi

a cura della REDAZIONE n prelievo del sangue per la ricerca dei microRNA rilasciati in fase precoce dal tumore è in grado di individuare il cancro del polmone fino a due anni prima della diagnosi ottenuta con TC spirale: lo dimostrano i risultati di uno studio condotto all’Istituto nazionale tumori (INT) di Milano, finanziato da AIRC e pubblicato sul Journal of Clinical Oncology. Il test, sviluppato dall’équipe dell’INT di Gabriella Sozzi, direttore dell’Unità di genomica tumorale, e di Ugo Pastorino, direttore dell’Unità operativa di chirurgia toracica, è in grado di ridurre in maniera significativa la percentuale di falsi positivi ottenuti con la TC spirale, l’indagine radiologica attualmente più accreditata per la diagnosi precoce del tumore al polmone nei forti fumatori. La TC spirale presenta però il problema di un numero elevato di falsi positivi che in realtà non sono tumori, ma formazioni benigne che non hanno bisogno di essere operate. Una volta individuate, però, spesso vengono asportate per precauzione, poiché la TC da sola non è capace di discriminare tra quelle che non daranno problemi e quelle che si trasformeranno in un vero cancro polmonare. Il test basato sull’analisi di microRNA circolanti individua il tumore al polmone fino a due anni prima della diagnosi ottenuta usando la TC spirale e con maggior precisione. Per dimo-

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strarlo, i ricercatori hanno esaminato campioni di sangue raccolti durante un ampio studio retrospettivo che ha coinvolto 939 forti fumatori (di cui 870 non presentavano la malattia e 69 avevano già un tumore al polmone), arruolati nello studio randomizzato Multicentric Italian Lung Detection (MILD). Andando a vedere cosa era accaduto di loro negli anni successivi, è stato possibile determinare l’utilità del test molecolare dei microRNA sia per la diagnosi sia per la prognosi.

Piccoli frammenti come segnali “Abbiamo messo a punto un test diagnostico molecolare a bassa invasività per il paziente che valuta i livelli di 24 microRNA circolanti nel sangue dei fumatori e che indica la presenza del cancro polmonare” spiega Sozzi. L’esame ha dimostrato una sensibilità dell’87 per cento nell’identificare il tumore al polmone: un buon risultato dato che nessun test è capace di identificare una malattia nel 100 per cento dei casi, ma che può migliorare quando si accoppiano due diversi esami. “La combinazione dei risultati del test dei microRNA e della TC spirale riduce dell’80 per cento i falsi positivi, cioè diminuisce il numero dei pazienti risultati positivi all’indagine radiologica ma non malati di cancro polmonare, diminuendo i conseguenti costi e i ri-

LA RICERCA IN BREVE Cosa si sapeva alcune forme di cancro polmonare possono essere individuate in fase precoce con la TC spirale questo esame identifica anche molte lesioni polmonari che non sono maligne e ingenera interventi non necessari alcune forme tumorali rilasciano nel sangue, fin dalle fasi precoci, frammenti di RNA detti microRNA Cosa aggiunge questa ricerca è possibile identificare un gruppo di microRNA nel sangue fin dalle fasi più precoci della malattia questo test, combinato con la TC spirale, riduce dell’80 per cento il numero dei falsi positivi e anticipa la diagnosi di due anni rispetto alla sola TC spirale Fonte: Sozzi G. et al. Clinical Utility of a Plasma-Based miRNA Signature Classifier Within Computed Tomography Lung Cancer Screening: A Correlative MILD Trial Study. JCO, e-print January 13th 2014.

schi associati a eventuali biopsie o interventi” spiega Pastorino. Primo nel suo genere, il test dei microRNA ha inoltre mostrato di essere indipendente dallo stadio del cancro polmonare e dall’intervallo di tempo intercorso tra l’analisi del sangue e la successiva TC spirale.


DAL LABORATORIO AL PAZIENTE Trapianto di midollo

Anche il genitore può diventare un donatore di midollo Grazie a una tecnica messa a punto in Italia e presentata nel mese di dicembre scorso a un importante convegno negli Stati Uniti, i genitori possono donare il proprio midollo osseo per il figlio che ha bisogno di un trapianto. Aumentano così le possibilità di guarigione

Basta togliere dal campione ciò che fa male al bambino

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a cura di AGNESE CODIGNOLA er i bambini e i ragazzi malati di leucemia, per i quali la chemioterapia non ha conseguito l’effetto sperato, negli ultimi due-tre anni si è rafforzata, anche grazie ai finanziamenti AIRC, una nuova speranza: il trapianto di midollo da genitori, reso possibile dagli studi condotti all’Ospedale Bambino Gesù di Roma dall’équipe di oncoematologia pediatrica diretta da Franco Locatelli. Risultati che sono stati giudicati così importanti dalla comunità scientifica internazionale, che l’American Society of Haematology ha invitato l’oncologo a esporli a colleghi e giornalisti all’ultimo congresso, svoltosi alla fine del 2013 a New Orleans.

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UNA STRADA LUNGA 40 ANNI Come si è arrivati a un traguardo a lungo ritenuto irraggiungibile? Risponde Locatelli: “Fino a quarant’anni fa si eseguiva soltanto il trapianto da fratello, e solo per un paziente su quattro c’era un midollo compatibile; questa probabilità è diventata ancora più bassa con il calo delle nascite. Per ovviare a questo grande limite si sono allora creati i registri internazionali dei donatori volontari di midollo (20 milioni circa i donatori di cui sono disponibili oggi i dati). Questo approccio permette di trovare un donatore per il 60 per cento circa dei malati ma purtroppo, in ogni caso, il tempo che passa tra l’apertura della ricerca di un donatore e il trapianto è di qualche mese, un tempo molto lungo per questi pazienti. Contemporaneamente si iniziò a raccogliere e utilizzare il sangue del cordone om-


STATISTICHE

In questo articolo: trapianto di midollo donatori leucemie

belicale (600.000 circa le unità disponibili), ma anche in quel caso con grossi limiti, legati al fatto che le cellule staminali utilizzabili nel cordone sono poche, molto spesso insufficienti, soprattutto nei pazienti di un certo peso corporeo”. Nessuna delle due soluzioni, in altre parole, sembrava risolvere il problema, come attesta il fatto che la percentuale di bambini che non trovava un midollo era ancora alta, attorno al 30-40 per cento. ELIMINARE CIÒ CHE NON SERVE Per questo si iniziò a studiare la possibilità di trapiantare il midollo di un parente geneticamente identico al 50 per cento, ossia di un genitore biologico. I primi tentativi, intorno all’anno 2000, tuttavia, partivano da un’idea che non si è rivelata vincente, come racconta Locatelli: “Si trapiantavano solo le cellule staminali caratterizzate da una proteina chiamata CD34, e questo causava un ritardo notevole nei tempi di recupero del sistema immunologico. L’effetto dei linfociti T natural killer, o NK, importantissimo in questi casi, si iniziava a vedere solo dopo otto-dieci settimane, cioè solo dopo che le staminali avevano avuto il tempo di trasformarsi in tutte le possibili cellule derivate”. Di qui l’idea di togliere dal midollo del genitore solo ciò che avrebbe potuto causare danni, inducendo la più temuta tra le conseguenze di un trapianto, la graft versus host disease, una sorta di aggressione da parte delle cellule trapiantate all’organismo del ricevente. Spiega l’oncologo: “I principali responsabili di que-

sta reazione sono i linfociti T che recano sulla loro superficie le catene del recettore antigenico alfa e beta: abbiamo pensato di togliere solo quelli, lasciando tutto il resto e cioè i linfociti NK, quelli T con le catene gamma e delta, le cellule progenitrici delle piastrine e di altri elementi del sangue fondamentali per la sopravvivenza, e i risultati sono stati molto positivi”. Dopo 18 mesi l’80 per cento dei pazienti non mostra segni di malattia, una percentuale del tutto simile, se non superiore, a quella che si ottiene quando si trapianta il midollo di un fratello o di un donatore compatibile. “Ciò accade perché le cellule NK presenti aiutano a combattere le eventuali cellule tumorali e i linfociti T gamma e delta proteggono il bambino dalle infezioni” spiega ancora Locatelli. “Con questo trapianto, il recupero delle cellule del sangue è velocissimo (si riformano cioè molto presto tanto le piastrine quanto i globuli bianchi), e lo stesso accade per gli elementi del sistema immunitario”. NON SOLO PAZIENTI ONCOLOGICI All’Ospedale Bambino Gesù questa ormai è la prassi, e il trapianto da genitore è stato esteso anche a quei bambini che ne hanno bisogno perché affetti da patologie diverse dal tumore, come alcune malattie genetiche: a oggi, sono già 22 i piccoli pazienti non oncologici trattati e 20 di essi sono guariti. In Italia l’ospedale romano è per il momento l’unico centro pediatrico dove viene eseguito questo tipo di trapianto, ma quello per adulti di Parma, diretto da Franco Aversa, ha iniziato un programma simile, e probabilmente presto vi saranno altri centri ad alta specializzazione in grado di proporlo.

I NUMERI IN ITALIA Italia ospita spesso pazienti provenienti da altri Paesi d’Europa, sia all’interno sia all’esterno della comunità europea, ma anche da più lontano (America Latina, Africa e Asia), che vengono fin qui per l’elevata qualità dei centri di trapianto di staminali ematopoietiche (cellule del midollo osseo). Il trapianto di midollo è infatti una procedura molto complessa e il Bambino Gesù è l’ospedale pediatrico italiano dove se ne effettuano di più. Nel 2012 ne sono stati eseguiti 138, su un totale di 591 trapianti pediatrici registrati in Italia, cioè il 23 per cento. Di questi, 109 sono di tipo allogenico e provengono da donatori reperiti all’interno della famiglia o nei registri internazionali dei donatori di cellule staminali. Si tratta del 28 per cento di tutti i trapianti allogenici effettuati in Italia nel corso dello stesso anno (390). La restante quota ha invece utilizzato cellule autologhe, cioè estratte dal paziente stesso e trattate prima della reinfusione.

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PROFESSIONI PER LA RICERCA Il chimico

In questo articolo: chimico ricerca oncologica spettrometria

Spettrometri e computer per il chimico che lavora in oncologia

materia. E quando si pensa alla chimica moderna non si deve certo pensare solo a laboratori pieni di alambicchi e provette. I laboratori ci sono, ma oggi i chimici hanno a disposizione tecnologie avanzate che coniugano le conoscenze della chimica con quelle della fisica, dell’informatica, della matematica e della biologia molecolare per ottenere risultati sorprendenti.

Studiando come gli atomi interagiscono tra di loro, come si dispongono nello spazio e quali sono le forze che li muovono, la chimica contribuisce in modo fondamentale alla ricerca contro il cancro

Conoscere a fondo la materia

COME SI DIVENTA… CHIMICO er chi vuole intraprendere la professione di chimico il percorso da seguire parte senza dubbio da un corso di laurea in chimica presente praticamente in tutte le principali università. È prevista una laurea di primo livello della durata di tre anni, ai quali possono fare seguito altri due anni di laurea magistrale. L’offerta formativa è molto vasta e le diverse università propongono specializzazioni differenti sia per le lauree triennali sia per quelle magistrali e non è quindi difficile riuscire a disegnare un percorso di studi che risponda appieno alle proprie esigenze. E per chi vuole continuare anche dopo la laurea magistrale esiste la possibilità di frequentare master o dottorati specifici che riguardano gli innumerevoli campi di applicazione della chimica: dall’ambiente, alla medicina, all’energia eccetera. Sul sito del Consiglio nazionale dei chimici, alla voce “università”, sono disponibili informazioni più dettagliate sui corsi di laurea in chimica presenti nelle diverse università italiane, divise per Regione.

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a cura di CRISTINA FERRARIO lettroni, legami, forze piccole ma allo stesso tempo incredibilmente potenti: di questo si occupa un chimico, che analizza la materia con un occhio particolare e molto attento, che non si ferma alla molecola ma riesce ad andare ancora più a fondo per comprendere come i singoli atomi e le loro interazioni possano regolare i

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processi biologici e aiutarci nella lotta contro il cancro. Nel sito dell’Ordine professionale dei chimici questa disciplina viene definita “scienza della materia nel senso più compiuto dell’espressione”: si parla cioè di una scienza capace di offrire la chiave di lettura per comprendere le regole che governano il mondo in base alla conoscenza delle complesse relazioni che legano struttura, proprietà e comportamenti della

“Tutti gli aspetti della vita sono regolati a livello molecolare e senza comprendere le molecole possiamo solo avere una visione incompleta della vita stessa” ha detto Francis Crick, premio Nobel e scopritore della struttura del DNA. “Credo che queste parole rappresentino il perfetto biglietto da visita per un chimico che si occupa di ricerca in campo oncologico e più in generale biologico” afferma Sebastiano Pasqualato, coordinatore dell’Unità di cristallografia dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. “Con il mio lavoro guardo a ciò che succede nella cellula da un punto di vista particolare, cerco di generare vere e proprie fotografie molecolari con uno zoom sempre più potente, che va oltre quello che si può ottenere con il classico microscopio” continua il ricercatore, arrivato a Milano dopo una laurea in chimica all’Università di Padova e un dottorato in Francia. In effetti, oggi è possibile studiare la struttura delle molecole e prevedere, in base alla loro forma e agli atomi che le compongono, come si comporteranno in un ambiente esterno, se e come si legheranno ad altre molecole, magari a quelle che costituiscono i farmaci. “Una delle caratteristiche peculiari dell’approccio chimico alla ricerca è la tendenza a muoversi in direzione bottom-up, in altre parole è un approccio che parte dal basso – dagli atomi e dalle leggi fondamentali della meccanica quantistica – per arrivare


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SISTEMI CHIMICI DA NOBEL

l premio Nobel per la chimica è stato assegnato nel 2013 a Martin Karplus, Michael Levitt e Arieh Warshel “per lo sviluppo di modelli multiscala per i sistemi chimici complessi”. Ed è proprio grazie agli studi compiuti negli anni settanta da questi tre ricercatori che oggi i chimici possono utilizzare sofisticate tecniche per ricreare al computer modelli delle reazioni chimiche e studiare molecole composte da centinaia o migliaia di atomi. La collaborazione tra i futuri premi Nobel comincia negli Stati Uniti, quando Warshel entra a far parte del

laboratorio di Karplus, all’Università di Harvard. E sono passati ormai più di 40 anni – era il 1972 – dalla pubblicazione del primo modello che utilizzava anche la fisica quantistica per prevedere il comportamento delle molecole. In seguito anche Levitt si aggiunge ai due ricercatori e nel 1976 vengono pubblicati i risultati dei loro ambiziosi studi sugli enzimi, le molecole che rendono possibili tutte le reazioni biologiche: il primo modello computerizzato che descriveva le reazioni enzimatiche e rinforzava le basi della moderna chimica computazionale.


PROFESSIONI PER LA RICERCA Il chimico

poi alle molecole e ai processi biologici più complessi” aggiunge Michele Pavone, ricercatore che si occupa di chimica fisica presso l’Università Federico II di Napoli e coordinatore del gruppo giovani della Società chimica italiana (SCI). Questa visione “atomica” della vita completa e arricchisce quella di tutti gli altri esperti che collaborano alla ricerca contro il cancro. “Una cosa è certa” riprende Pasqualato: “La strategia vincente è quella che prevede la collaborazione tra chimici, fisici, biologi e informatici “.

Dalla diagnosi ai farmaci

iente a che vedere con i fantasmi. Gli spettri ai quali si riferiscono i ricercatori sono in realtà una sorta di “impronta digitale della materia” che permette di studiare a fondo le caratteristiche del campione analizzato, magari un tessuto tumorale. La tecnica che analizza questi spettri si chiama spettrometria di massa: utilizzando lo spettrometro – ne esistono di diversi tipi – è possibile separare tutti gli atomi che compongono il campione analizzato in base al loro rapporto tra massa e carica. Il risultato è un insieme di picchi

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esistenti” spiega Sandro Cosconati, ricercatore alla Seconda Università di Napoli dove è tornato dopo un dottorato negli Stati Uniti per occuparsi di drug design, ovvero della progettazione di farmaci, proprio per l’oncologia. Partendo dalla diagnosi, si incontra la chimica a livello dello studio e della creazione di strumenti nuovi come mezzi di contrasto, molecole radioattive da utilizzare in esami come la PET o la scintigrafia ossea, molto diffusi in campo oncologico.

Alla base della radioterapia

Come può un chimico con il suo punto di vista “atomico” contribuire alla ricerca oncologica? “In realtà la chimica è presente in tutte le fasi della ricerca oncologica, dalla diagnostica alla creazione di nuovi farmaci in grado di superare i limiti di quelli già

UNO SPETTRO CHE NON FA PAURA

... l’articolo continua su: www.airc.it/chimico

“Quando si parla di molecole marcate con una sostanza radioattiva, cioè capaci di farci ‘vedere’ cosa accade nei tessuti a livello subcellulare, si sottintende un contributo chimico molto importante” spiega Cosconati. “Il chi-

che sono tipici di quel composto e che rappresentano, appunto, la sua impronta digitale. L’importanza di questa tecnica è confermata anche da un articolo pubblicato nel gennaio 2014 sulla rivista PNAS da un gruppo dell’Università della Florida diretto da Zoltan Takats, nel quale si descrive il processo che ha portato a distinguere i tessuti tumorali del colon-retto da quelli sani grazie all’analisi degli spettri. “Le immagini ottenute con la spettrometria di massa sono un approccio molto promettente per la ricerca oncologica” affermano gli autori, che sottolineano la portata rivoluzionaria della tecnica. “I diversi tipi di tessuto non vengono identificati in base alla loro struttura, come avviene nell’istologia classica, bensì grazie alla loro composizione chimica”.

mico studia infatti la struttura della molecola ed è in grado di indicare il punto migliore in cui aggiungere la sostanza radioattiva per ottenere strumenti sempre più efficaci e precisi”. La parte della chimica che studia i radioisotopi – cioè le forme radioattive degli atomi – è importante anche nelle terapie oncologiche, in particolare nella medicina nucleare che sfrutta proprio le radiazioni emesse dagli atomi per distruggere le cellule tumorali. “Anche in questo caso è fondamentale conoscere in dettaglio le caratteristiche chimiche e fisiche dei materiali che si utilizzano” prosegue il ricercatore. Che dire poi dello sviluppo di nuovi farmaci? “Da sempre questi processi si basano sulla chimica, che ancora oggi fornisce un contributo fondamentale, anche se con modalità completamente nuove” continua Cosconati. Oggi si parla infatti di rational drug design, la creazione “razionale” di nuovi farmaci che parte dal computer per arrivare al bancone del laboratorio riducendo al minimo gli sprechi di tempo e di risorse. “Tecniche come la cristallografia ai raggi X permettono di ricreare al computer la molecola che si vuole studiare” spiega Cosconati. “A questo punto è possibile, per esempio, confrontare questa molecola con quelle di farmaci già esistenti e selezionare quelle più promettenti da un punto di vista dell’interazione e dell’efficacia”. Grazie a queste tecniche di chimica computazionale (al computer) si scelgono quindi le molecole sulle quali lavorare per produrre farmaci sempre più efficaci. “E il processo non si limita alla scelta dei candidati più promettenti” continua Cosconati. “Il chimico è in grado anche di modificarne la struttura per ottenere un prodotto ad hoc, diretto esattamente contro il bersaglio prescelto”.


VIVERE SANO

Alimenti: il Latte a cura della REDAZIONE ome è possibile che un alimento essenziale come il latte possa far male alla salute? Eppure sui giornali e sul web si moltiplicano le pagine che, con taglio particolarmente allarmante, invitano a non consumare più quello che è stato, dalla notte dei tempi, uno degli alimenti più usati dall’uomo. In realtà esistono numerose ricerche sulla relazione tra consumo di latte e rischio oncologico, anche se la risposta certa, che sia di condanna o di assoluzione, non è ancora disponibile. Innanzitutto è importante ricordare quanto sia difficile dimostrare l’effetto negativo di un singolo alimento sullo sviluppo dei tumori: sono necessari studi epidemiologici su vasta scala, nessuno dei quali, al momento, ha dato un risultato univoco. Inoltre è possibile che un alimento aumenti il rischio nei confronti di un certo organo e lo diminuisca nei confronti di un altro. Qualche risposta in più si avrà probabilmente con la pubblicazione, nei prossimi anni, dei risultati del ramo dello studio EPIC che analizzerà proprio il consumo di latte e latticini e l’incidenza del cancro nei Paesi europei.

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Le ricerche passate Altre ricerche effettuate negli anni passati mostrano che un apporto elevato di calcio (contenuto nei prodotti caseari) ha un effetto protettivo nei confronti dei tumori del colon, ma altri studi dimostrano invece che potrebbe aumentare il rischio di cancro dell’ovaio e della prostata, cioè di tumori legati agli ormoni. Per quel che riguarda il cancro al polmone, i risultati sono contrastanti: la maggior parte delle prove contro il latte dipende da inferenze, cioè si basa sul fatto che il latte aumenta il rilascio nell’organismo di alcuni fattori di crescita che, in laboratorio, agiscono da “fertilizzante” per la crescita delle cellule tumorali. Gli studi epidemiologici, però, non hanno mai dimostrato che le donne che bevono molto latte sono più a rischio delle altre. I latticini possono influenzare il cancro alla prostata anche per via dell’effetto del calcio sul metabolismo della vitamina D, i cui recettori sono presenti sull’epitelio della prostata. Attraverso una complessa cascata ormonale, un eccesso di calcio provocherebbe un aumento del rischio di trasformazione delle cellule epiteliali. Nell’Harvard Physicians Study, uno dei

più grandi studi epidemiologici, chi consumava almeno due porzioni di latticini al giorno (tutti i giorni) aveva un rischio aumentato del 34 per cento. Nel caso del cancro ovarico il responsabile sembra essere un altro componente del latte, il galattosio, che agirebbe come fattore proinfiammatorio. Il rischio generale di sviluppare un tumore è stato messo in relazione soprattutto col consumo di formaggi, forse per via dell’apporto elevato di grassi, ma anche in questo caso mancano dati sicuri.

COME COMPORTARSI IN PRATICA? Eliminare latte e latticini dalla dieta non è necessario se se ne fa un consumo moderato. È però importante tenere d’occhio l’apporto di calcio che è presente anche in alimenti vegetali ricchi di questo minerale (per esempio semi di sesamo, di lino, cavoli, spinaci, arance, legumi e mandorle). Per quel che riguarda i bambini, il latte materno è da preferire fino allo svezzamento. Latte e formaggi fanno parte della dieta sana se consumati con moderazione (anche perché i formaggi sono grassi e calorici), ricordando che latte di mandorle o di riso o succhi di frutta, secondo il gradimento del bambino, possono sostituirli.


EPIDEMIOLOGIA Eurocare 5

L’Italia tra i primi della classe in fatto di cure oncologiche In Europa il cancro sta diventando una malattia sempre più curabile. Lo dimostrano i dati del più ampio studio europeo sulla sopravvivenza oncologica, che colloca il nostro Paese ai primi posti per gli ottimi risultati ottenuti a cura della REDAZIONE bbene sì, finalmente il Bel Paese sale sul podio. Un onore ancora più grande se si pensa che il podio in questione è quello della salute. Infatti, secondo i risultati dello studio europeo EUROCARE 5, presentati lo scorso dicembre al Parlamento europeo e pubblicati contemporaneamente sulla prestigiosa rivista Lancet Oncology, dopo la diagnosi e il tratta-

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I PUNTI DI FORZA DI EUROCARE 5

Oltre 21 milioni di casi di tumore provenienti da 116 Registri di 29 Paesi europei in un periodo di quasi 25 anni. Questi dati da soli basterebbero a fare di EUROCARE un progetto eccezionale, ma la sua vera particolarità è che si tratta di uno studio vivo e in continua crescita. Innanzitutto, EUROCARE 5 – l’ultima 22 | FONDAMENTALE | APRILE 2014

mento di un tumore in Italia si sopravvive di più rispetto alla media europea. “In effetti, fin dai primi anni dello studio, l’Italia ha mostrato ottimi risultati soprattutto in alcuni tipi di tumore, come quello al seno, e questi dati si sono rafforzati nel tempo” spiega Milena Sant, direttrice

edizione dello studio in ordine di tempo – può vantare un numero di Stati partecipanti superiore alle precedenti edizioni. “La novità più importante è l’aggiunta dei dati relativi a Paesi dell’Est come Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania e Slovacchia” spiega Milena Sant. Si notano anche miglioramenti nei Registri dei singoli Paesi che coprono percentuali sempre più alte di popolazione. “Anche in Italia sono stati compiuti dei passi avanti e oggi i Registri regionali coprono circa il 50 per cento della popolazione” conclude Sant.


In questo articolo: registri tumore sopravvivenza servizi sanitari

della Struttura complessa di epidemiologia analitica e impatto sanitario dell’Istituto nazionale tumori di Milano (INT).

Questione di curiosità EUROCARE (www.eurocare.it) è un progetto estremamente complesso, nato nel 1989 dalla “curiosità” scientifica e clinica dei medici dell’INT e cresciuto nel tempo grazie al contributo dell’Istituto superiore di sanità e alla partecipazione sempre più numerosa dei Paesi europei. Quando lo studio ha preso il via non esistevano, infatti, dati certi sulla sopravvivenza dopo un cancro, ma cominciavano a emergere segnali di una situazione non omogenea nei diversi Paesi del vecchio continente. “Lo studio nasce con lo scopo fondamentale di chiarire tali dubbi, confrontando i dati raccolti dai Registri tumori presenti praticamente in ogni Stato europeo sin dagli anni cinquanta” chiarisce Sant. Questi Registri raccolgono dati di tipo epidemiologico sui tumori (quanti tumori, di che tipo, in che stadio vengono diagnosticati, quanto si vive dopo questa diagnosi eccetera) sono relativi a tutta o a una parte della popolazione del Paese e hanno permesso ai ricercatori di scattare fotografie aggiornate della situazione europea in termini di sopravvivenza, mostrando le differenze tra le varie aree geografiche e cercando anche di ipotizzarne le ragioni. “I risultati dello studio spesso mettono in luce situazioni inattese” continua la ricercatrice, “potremmo dire che offrono importanti spunti sui quali lavorare, per ridurre sempre di più le differenze tra gli Stati”. Ne è un esempio il Regno Unito, dove per i tumori solidi la sopravvivenza è piuttosto bassa rispetto alle medie europee. Leggere questi dati ha creato grande allarme nel Paese anglosassone, dove ancora oggi si registra un ritardo nella diagnosi, anche se minore rispetto al passato, e ha spinto le autorità locali a stanziare fondi per la diagnosi precoce.

Diamo i numeri Come spiegano gli autori del lavoro, il primo dato che emerge è un aumento costante della sopravvivenza a cinque anni in tutti i Paesi analizzati, anche se le differenze non mancano. “Si notano differenze tra Paese e Paese, ma anche tra un tumore e l’altro e tra le diverse fasce di età” riassume Sant. Entrando un po’ più nel dettaglio, si nota che i tumori per i quali sono stati ottenuti i risultati migliori sono quello della prostata (dal 73,4 per cento all’81,7 per cento di sopravvivenza), del retto e il linfoma non Hodgkin. Per quanto riguarda invece il confronto tra gli Stati, la situazione è decisamente migliore nell’Europa del Nord, del Sud e centrale rispetto a quella dell’Est. L’Italia si colloca sempre ai primi posti in termini di sopravvivenza: quasi sempre le medie italiane sono superiori a quelle europee e, soprattutto per i tumori di seno, prostata e rene, il nostro Paese non ha rivali. Il discorso cambia leggermente se si guarda alle fasce di età: la sopravvivenza è in genere più bassa negli anziani che nei più giovani, ma restano le differenze nazionali. “Il capitolo anziani è piuttosto complesso” spiega Sant. “Si tratta di persone spesso fragili e con altre patologie oltre al tumore e sarebbero necessari protocolli specifici che tengano conto di tutte queste condizioni”.

condizione economica delle persone, del loro stile di vita, dello stato di salute generale e della loro possibilità di avere accesso ai trattamenti migliori” continua Sant. Infine, la presenza e l’efficacia dei programmi di screening giocano un ruolo di primo piano perché permettono di diagnosticare un tumore in fase iniziale, quando è molto più semplice curarlo con successo.

Italia ad alta risoluzione Conoscere i dati generali sulla sopravvivenza spesso non basta. Per spiegare le differenze tra le aree geografiche bisogna andare più a fondo ed è quello che fanno gli studi “ad alta risoluzione”. “Si tratta di progetti che coinvolgono campioni rappresentativi di pazienti per i quali vengono analizzate più informazioni rispetto a quelle generali previste dai protocolli EUROCARE” chiarisce Sant. In pratica si vanno ad analizzare anche fattori come i profili molecolari, le abitudini di vita, le recidive, le comorbilità (ovvero le malattie e i disturbi presenti oltre al tumore) e i cosiddetti pattern of care, ovvero i percorsi completi dei pazienti dalla diagnosi fino al periodo dopo la conclusione dei trattamenti. “Con queste analisi abbiamo studiato in dettaglio la situazione italiana e abbiamo ricavato dati che ci potranno aiutare a rinforzare i nostri punti deboli” spiega Sant. Dall’analisi sono emerse differenze non trascurabili tra nord e sud: nelle regioni più meridionali, per esempio, la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è più bassa anche perché i tumori vengono diagnosticati più tardi, data la minor presenza di istituti specializzati che seguano il paziente in tutto il suo percorso. Grazie agli studi ad alta risoluzione è stato inoltre dimostrato che essere colpiti da diverse malattie in contemporanea, come ad esempio il diabete, può peggiorare la prognosi del tumore.

La sopravvivenza aumenta in tutti i Paesi ma in Italia di più

Perché tante differenze? Studiare la sopravvivenza non è semplice, ma ancora più complesso è studiare le cause che determinano le differenze nella sopravvivenza tra i vari Paesi. Di certo si possono chiamare in causa le risorse che ogni singolo Stato investe nella sanità e in particolare nell’oncologia. In genere vale la regola che i Paesi che investono di più in sanità raggiungono risultati migliori in termini di sopravvivenza, ma questo non basta a spiegare le differenze. “È anche importante tenere conto della

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PAZIENTI INFORMATI False promesse

Dietro le terapie miracolose spesso si nasconde la bufala È intorno alla speranza di guarigione che prosperano bufale o terapie pseudoscientifiche quando non vere e proprie truffe. Una guida cerca di aiutare il cittadino comune a non cascare nella trappola

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CINQUE RISPOSTE DA CERCARE Ci sono molti giornalisti che raccontano in maniera corretta le notizie di scienza e medicina. Una tra le caratteristiche fondamentali di un buon lavoro giornalistico, se si parla di malattie e terapie, è la citazione della rivista scientifica su cui la ricerca è stata pubblicata.

Gli studi pubblicati sulle riviste scientifiche, infatti, hanno superato il vaglio della cosiddetta peerreview, ovvero la valutazione a opera di revisori indipendenti con una grande competenza nel campo. I revisori giudicano se il lavoro è valido, significativo e originale, valutano tutti i dettagli dello studio

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e verificano se i dati raccolti giustificano le conclusioni dei ricercatori. Poiché anche un piccolo errore può essere determinante, ogni medico scrupoloso che vuole essere sicuro di aver trovato per i propri pazienti un rimedio efficace e privo di rischi affida le proprie ricerche a questa verifica da parte di colleghi che conoscono la materia quanto lui, sapendo bene, come ricorda la guida, che “i sintomi di molte patologie


a cura di FABIO TURONE l più noto è stato il caso Di Bella: una vera sollevazione popolare obbligò lo Stato italiano ad attuare una sperimentazione di una sedicente terapia anticancro che veniva somministrata ai pazienti in assenza di qualsiasi dimostrazione di efficacia. E infatti la conclusione dello studio confermò quanto i medici già sospettavano: il cocktail di sostanze proposto dal protocollo Di Bella non aveva effetto sui tumori che prometteva di guarire. Più recentemente i giornali hanno dato ampio spazio alla cura di Stamina, che promette molto ma non ha nemmeno un protocollo pubblico che permetta di verificarne l’attendibilità. Le cure senza fondamento scientifico, ovvero le cosiddette bufale, sono purtroppo all’ordine del giorno e se qualcuna arriva alla notorietà mediatica, molte altre vivacchiano quasi indisturbate nelle pieghe della Rete, non senza fare danni quando qualche paziente ignaro si fa abbagliare da promesse che non si possono mantenere. “Circolano molte informazioni su come si possono prevenire o curare le malattie – in tv, su Internet, su un giornale o nel passaparola” spiega il professor Martin Wiseman, del World Cancer Research Fund. “Alcune di queste informazioni sono corrette, mentre molte sono informazioni distorte o semplicemente erronee. Come

facciamo a sapere quali sono corrette e quali no? Continuando a fare domande di solito è possibile distinguere la verità dalla finzione”. Quelle di Baillie e Wiseman sono due tra le tante voci che sono state ascoltate dagli autori di un’utile pubblicazione inglese, da poco tradotta in italiano dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA). È una guida che intende fornire a tutti i cittadini – che siano malati, o abbiano una persona cara malata – informazioni e strumenti per difendersi dalle bufale.

oscillano, come i dolori dell’artrite, che vanno e vengono. E a fasi di peggioramento seguiranno molto probabilmente periodi di normalità – che possono essere scambiati per un miglioramento. Col tempo si può anche migliorare o recuperare da molte patologie. Ciò potrebbe verificarsi in contemporanea con l’assunzione di un particolare cibo o trattamento”. La guida antibufala elenca quindi cinque aspetti fondamentali su cui occorre chiarirsi le idee:

1 I risultati sono frutto di una ricerca indipendente e sono stati verificati? 2 Lo studio è stato pubblicato su una rivista scientifica? 3 Cosa dicono gli altri esperti del settore? 4 È stata fatta una valida sperimentazione clinica secondo gli standard internazionali? 5 Il trattamento è autorizzato? Per quale indicazione terapeutica? Cinque punti essenziali per evitare grossi guai.

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Risposte complesse Come spiegarsi le storie di guarigione? Come distinguere ciò che fa bene davvero da un falso ben architettato, il probabile dall’incerto? Sono partiti da questi interrogativi gli autori della guida, realizzata dalla charity inglese Sense About Science. “Convivere con una condizione debilitante è difficile, specialmente quando non sono disponibili cure efficaci o i trattamenti disponibili non forniscono sollievo. Se poi il paziente avverte una mancanza di attenzioni o un eccesso di fretta da parte del medico, qualsiasi terapia alternativa può acquistare un certo fascino” spiega la curatrice Sarah Mehta. “Anche se non è facile capire in cosa credere, ci sono delle domande da porsi”. Le domande sono emerse dal confronto tra gruppi di malati e loro familiari,

In questo articolo: bufale pseudioscienza sperimentazioni

operatori sanitari, medici e infermieri, che insieme a numerose associazioni non profit hanno anche ragionato su come trovare di volta in volta le migliori risposte e prendere le migliori decisioni, per sé e per le persone care.

Testimonianza interessata Il trattamento è disponibile solo su Internet e non è prescrivibile da un medico? Se è così, è il caso di insospettirsi. “Abbiamo esaminato siti che presentano ricerche fasulle come fossero dati di trial clinici, con grafici e documenti costruiti ad arte per convincere la gente” spiega Liz Woolf, della charity inglese Cancer Research UK, che raccoglie fondi e indirizza la ricerca oncologica. “A uno sguardo più attento, ci si accorge che spesso si tratta di storie basate solo su racconti di presunti malati, e che in realtà siamo di fronte a una tattica di marketing travestita da prova scientifica.” Non di rado, infatti, le dichiarazioni di efficacia vengono accompagnate dal racconto di pazienti che si prestano a far da testimonial. Come distinguere il paziente che lo fa in buona fede, con l’intento di aiutare chi è nella sua stessa situazione? In alcuni casi sono personaggi di fantasia, ma non sempre è così: tuttavia è bene sapere che è capitato e continua a capitare che ai malati che accettano di pagare per queste terapie – spesso molto costose – vengono offerti sconti in cambio di una testimonianza positiva, o addirittura in base a quanti altri malati riescono a reclutare. L’uso di queste tecniche di marketing, ovviamente, rende del tutto inaffidabili i consigli che i malati sono spinti a dare anche in assenza di benefici reali, perché sperano che qualche beneficio arrivi in futuro, magari grazie proprio agli sconti ottenuti.

Anche i malati diventano testimonial di false cure

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PAZIENTI INFORMATI False promesse

IL DIFFICILE EQUILIBRIO DELLA SPERANZA

Spesso familiari e amici, nel tentativo di essere d’aiuto, incoraggiano a provare tutto ciò che sembra offrire sollievo o speranza, senza domandarsi prima se si tratta di una terapia che funziona ed è sufficientemente sicura. In questo modo, senza volerlo, finiscono per esercitare su chi è già provato dalla malattia una pressione eccessiva. La guida di Sense About Science ha raccolto le opinioni di chi si è trovato – da malato – in questa situazione: ecco i loro consigli: • Non farti costringere a provare qualcosa. Anche quando le persone intorno hanno buone intenzioni, dì loro che per te è importante avere delle prove. • Affronta i nuovi trattamenti con occhio critico, specialmente se stai per spendere dei soldi. • Sospetta dei siti web che ti abbagliano con informazioni pseudoscientifiche. • Diffida di ogni trattamento propagandato come cura miracolosa: se sembra troppo bello per essere vero... probabilmente è perché non è vero.

In sostanza, non si tratta più di testimonianze ma di spot pubblicitari. Inoltre c’è sempre il rischio che il testimonial sia in buona fede, ma la sua storia non dimostri l’efficacia della terapia, perché i miglioramenti possono essere legati ad altri fattori, che solo una sperimentazione clinica condotta con rigore può far emergere con chiarezza. Ovviamente Internet non rappresenta la sola fonte di informazioni distorte: anche i mass media cadono spesso nell’errore di dare spazio e credibilità a chi non la merita, partendo dall’assunto – sbagliato – che dà il ti-

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tolo alla guida: “Non ho nulla da perdere a provarci”. In realtà, nella battaglia contro le bufale e la pseudoscienza hanno da perdere tutti, tranne chi le promuove e ci lucra sopra (spesso in modi subdoli, non sempre evidenti nell’immediato). In altri casi la tendenza al sensazionalismo dei mass media va nella direzione opposta, esagerando gli effetti collaterali o i rischi associati ai farmaci prescritti dai medici. Quando un articolo fa un’affermazione del tipo: “Un farmaco per l’osteoporosi può raddoppiare il rischio di cancro”, prima di saltare alle conclusioni occorre cercare tutte le informazioni che sono necessarie non solo per verificare se è vero, ma anche per capire davvero il significato di un simile raddoppio di rischio. È chiaro a tutti che c’è una bella differenza se si tratta di un rischio minuscolo, che raddoppia continuando a restare minuscolo, o viceversa di un rischio già significativo che diventa preoccupante, ma quella differenza cruciale non emerge dal titolo, quando non si conosce il rischio di partenza. Gli esperti invitano poi a prendere con le molle anche giornali e siti web che a sostegno delle loro affermazioni citano altre cronache giornalistiche anziché studi pubblicati su riviste scientifiche, che si contraddistinguono per l’adozione del filtro rappresentato dalla peer review (vedi box a p. 24). Di solito significa che non sono in possesso di prove attendibili.

Sia che si opti per un rimedio alternativo sia che ci si affidi a procedure che hanno tutta l’aria di essere scientifiche, ma non sono ancora state testate, il rischio è quello di pagare un prezzo salato, per rincorrere false speranze. Alle volte si dimentica che anche i trattamenti alternativi, spesso presentati come naturali, sono potenzialmente nocivi e possono interferire con i farmaci: è il caso di molti estratti di erboristeria. Un altro rischio frequente è quello di interrompere le cure “ufficiali”, perché non del tutto soddisfacenti, andando incontro a un peggioramento, potenzialmente molto grave. Nella pubblicazione di Sense About Science vengono riportate diverse testimonianze nelle quali i pazienti riconoscono, a posteriori, i meccanismi che li hanno indotti ad abbandonare le terapie per seguire un trattamento non provato. Un caso comune, per esempio, è quello del medico che suggerisce “test alternativi” per identificare caratteristiche della malattia che nessuno aveva mai considerato prima e che prescrive una cura che all’inizio affianca quella ufficiale, ma che col tempo va a sostituirsi a questa. Malgrado il dolore o una bassa qualità di vita spesso passano mesi prima che il paziente accetti di riconoscere che la cura alternativa è inefficace. Quando è in gioco la salute, occorre sempre porsi domande critiche, affidarsi alle fonti di informazione più attendibili e cercare di prendere decisioni basate su elementi solidi, anche quando questo comporta la scelta di non provare un trattamento che comporta il rischio di essere delusi o averne un danno. Internet e altre fonti posso rivelarsi utili se ci si pone le domande giuste, se si è in grado di riconoscere i ciarlatani e se si sa distinguere la solidità di una prova di efficacia.

I rischi per i malati vengono spesso sottostimati

Davvero non c’è nulla da perdere? Oltre al costo finanziario, che in alcuni casi può non apparire significativo, occorre sempre considerare i molti altri costi cui si va incontro assumendo cure inefficaci, più difficili da individuare e soprattutto da quantificare.


RECENSIONE Epigenetica e genetica

In questo articolo: epigenetica Tim Spector libri

L’esperto di gemelli svela il segreto della diversità

epigenetica passa anche nei figli”. L’epigenetica può anche essere usata a fin di bene: la ricerca sta puntando sulla possibilità di indurre cambiamenti positivi, che diano benefici all’individuo e alle generazioni successive.

Dirige da oltre vent’anni il più grande registro di gemelli al mondo e oggi Tim Spector, epidemiologo e genetista, racconta nel suo libro quanto conta il nostro DNA e quanto l’ambiente in cui viviamo, anche per quanto riguarda le malattie

a cura della REDAZIONE im Spector è considerato uno dei più importanti esperti di gemelli al mondo. Ma quel che interessa a lui, nei fratelli identici, non è ciò che si vede a occhio nudo, bensì il loro genoma. Anzi, per la precisione, il loro epigenoma: tutti quei meccanismi biologici che regolano il funzionamento dei nostri geni e fanno sì che, anche con un patrimonio genetico identico quale è quello dei gemelli, nessun individuo sia del tutto uguale all’altro. Spector è professore di epidemiologia genetica al King’s College di Londra. Nel 1993 ha istituito il Registro dei gemelli del Regno Unito, il più grande al mondo, che tutt’oggi dirige. Ha al suo attivo oltre 500 pubblicazioni accademiche ed è apparso in numerosi documentari televisivi. Ha sviluppato quindi una solida competenza scientifica ma anche innegabili doti di comunicatore, che si ritrovano tutte nel suo libro intitolato Uguali ma diversi, pubblicato di recente dall’editore Bollati Boringhieri. “Se vogliamo sapere in che modo le nostre scelte di vita o l’ambiente in cui viviamo influenzano ciò che siamo dobbiamo per forza guardare ai gemelli identici. Sono gli unici che ci permettono di valutare con chiarezza le diffe-

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renze” spiega Spector. Tra gli eventi della vita che più dipendono dall’esterno vi sono le malattie, e il cancro in prima posizione: “Ci sono geni che predispongono allo sviluppo di un certo tumore, ma nella maggior parte dei casi è a livello epigenetico che bisogna cercare la causa” continua.

Lo scetticismo degli esperti Il libro di Spector racconta anche quanto scetticismo c’è stato, nella comunità scientifica, quando gli esperti hanno cominciato a ipotizzare che anche i cambiamenti epigenetici potessero essere ereditari e non solo quelli genetici. “Era come dire che le colpe dei padri ricadranno sui figli” spiega con una ben nota metafora l’esperto britannico. Un nonno che alza troppo il gomito, una mamma che non si nutre nel modo giusto non attentano solo alla propria salute ma contribuiscono ad accrescere il rischio di ammalarsi della propria progenitura, fino a quattro generazioni successive. “C’erano 150 anni di ortodossia biologica che dicevano che questo era impossibile” spiega Spector. “Invece in anni recenti si è compreso che qualche modifica

Il libro spiega tutti i meccanismi biologici per cui ciò accade, seppure con un linguaggio mai tecnico. Per la maggior parte delle pagine, il genetista racconta storie: di atleti, di uomini molto intelligenti, di persone obese o con gusti particolari per spiegarci come tutto ciò dipenda dalla delicata interazione tra il nostro patrimonio genetico e il mondo che ci circonda, ma soprattutto dalle nostre scelte individuali, dalla capacità di agire per tempo sui maggiori fattori di rischio: non solo per noi, ma anche per i nostri figli.

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STORIA DELLA RICERCA Janet Rowley

In questo articolo: storia della medicina cromosoma Philadelphia imatinib

Tra scienza e famiglia

Quattro figli e un cromosoma Janet Rowley ha rivoluzionato il mondo del cancro, dimostrando che si tratta di una malattia genetica a cura di CRISTINA FERRARIO o avuto la straordinaria fortuna di arrivare a una serie di scoperte sui cambiamenti genetici che si verificano nelle leucemie e nei linfomi umani”. Questa la risposta di Janet Rowley quando le è stato chiesto di descrivere il suo contributo alla ricerca, ciò che le ha permesso di “fare la differenza”. Un modo molto modesto di descrivere quello che è stato un vero e proprio terremoto concettuale nel mondo dell’oncologia: la scoperta di un’alterazione cromosomi-

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ca alla base di un certo tipo di leucemia (il cosiddetto cromosoma Philadelphia) e, di conseguenza, la dimostrazione che all’origine del cancro ci sono alterazioni che interessano il codice genetico. Ripercorrendo la vita della ricercatrice statunitense appare chiaro però che non si è trattato solo di fortuna: le sue scoperte sono il frutto di un’esistenza dedicata alla scienza. “Proprio la curiosità mi ha spinta a concentrarmi sui cromosomi, che da poco tempo potevamo guardare con maggior precisione grazie alle nuove scoperte tecnologiche” spiega Rowley.

IN UN MONDO DI UOMINI

Le sfide affrontate da Janet Rowley non furono solo scientifiche. Già come giovane studentessa si trovò infatti di fronte al muro – che allora sembrava quasi invalicabile – di una società al maschile. Nel 1944 il numero di donne ammesse alla facoltà di medicina di Chicago era limitato a tre su una classe di 65 persone e la 28 | FONDAMENTALE | APRILE 2014

stessa Rowley fu costretta ad aspettare nove mesi prima di potersi iscrivere ai corsi. “In realtà non si è trattato di un grande problema” ha commentato Rowley minimizzando l’episodio, “visto che comunque sono entrata alla facoltà quando avevo da poco compiuto 20 anni”. “Con la sua esperienza Janet

Janet Davison Rowley nacque a New York nel 1925, unica figlia di Hurford e Ethel Ballantyne Davison, che la sostennero negli anni della scuola, spronandola a seguire la sua passione per la scienza. Dopo aver frequentato una scuola superiore molto impegnativa, Janet – allora quindicenne – ottenne una borsa di studio per l’Università di Chicago dove nel 1944 e nel 1946 ottenne due titoli (chiamati bachelor negli Stati Uniti). Sempre all’Università di Chicago, dove rimase per il resto dalla sua lunga carriera, Janet ottenne anche la laurea in medicina nel 1948. “Mi sono resa conto che la medicina avrebbe unito il mio interesse per la scienza con il mio desiderio di aiutare gli altri” ha affermato la ricercatrice in una recente intervista. Ma la vita di Janet Rowley non fu solo studio e lavoro. Il giorno dopo la laurea in medicina sposò infatti Donald Adams Rowley, anche lui medico, padre dei suoi quattro figli maschi ai quali non fece mai mancare la sua figura di madre premurosa. Lo dimostra il fatto che nei primi anni della sua carriera Rowley lavorò solo part-time proprio per poter seguire al meglio i figli, e solo quando il più piccolo compì 12 anni tornò a dedicarsi a tempo pieno alla ricerca. Portare avanti in parallelo professione e famiglia non fu certo semplice: non di rado Janet Rowley lavorava a casa, “sul tavolo della cucina”. Nei primi anni sessanta, Janet seguì il marito in Inghilterra,

Rowley ha dimostrato alle donne che è possibile avere una vita professionale appagante senza rinunciare alla propria vita personale e alla propria famiglia” ha recentemente affermato Michelle Le Beau, entrata nel laboratorio di Rowley all’inizio degli anni ottanta e oggi a capo del Comprehensive Cancer Center e del Laboratorio di citogenetica del cancro dell’Università di Chicago.


dove rimase per un anno studiando la replicazione dei cromosomi, prima di tornare a Chicago dove ottenne un posto di ricercatrice nel Dipartimento di ematologia dell’Università e all’inizio degli anni settanta pubblicò i risultati delle sue più importanti ricerche. Janet Rowley dedicò tutta la vita alla ricerca, continuando ad andare in bicicletta in laboratorio fino a poco prima della sua morte, il 17 dicembre 2013.

Una scoperta rivoluzionaria Sono trascorsi 40 anni dalla scoperta dell’anomalia a livello dei cromosomi che si è poi dimostrato essere la causa della leucemia mieloide cronica (LMC). Tutto ebbe inizio con l’identificazione, nel 1960, del cosiddetto cromosoma Philadelphia (in onore della città dove fu per la prima volta osservato) da parte di Peter Nowell e David Hungerford: un piccolo cromosoma presente in molti pazienti con LMC. Al tempo della scoperta i ricercatori pensarono di essere di fronte a una delezione, cioè alla perdita di una parte del cromosoma originale, ma col tempo e con il lavoro di Rowley si capì che la realtà era ben diversa. E come ha affermato la stessa Rowley in un articolo pubblicato lo scorso anno su Science, per comprendere l’importanza della scoperta di questo cromosoma è necessario sapere quali fossero le conoscenze biomediche nel 1950. In quegli anni si pensava infatti che le anomalie a livello dei cromosomi fossero la conseguenza del cancro e non certo la causa. La situazione cambiò drasticamente negli anni settanta, quando vennero introdotte nuove tecniche di analisi che permettevano di distinguere un

cromosoma dall’altro per mezzo di specifiche “bande” trasversali. Grazie a questa tecnica Rowley scoprì che il cromosoma Philadelphia era il frutto di una traslocazione, ovvero dello scambio di materiale genetico tra due cromosomi distinti, il 9 e il 22. E osservando le cellule sane di pazienti con LMC, la ricercatrice si accorse che la traslocazione non era presente e quindi doveva essere qualcosa di fortemente legato al tumore e acquisito nella vita. La traslocazione era la causa del cancro, secondo Rowley, che si scontrò con gli scettici: il suo articolo fu persino rifiutato dalla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine. Il tempo e i progressi della scienza le diedero però ragione. Ora è noto anche che la traslocazione osservata da Rowley e colleghi porta alla formazione di un nuovo gene chiamato BCRAbl che con la sua attività stimola la crescita delle cellule tumorali.

Il primo farmaco intelligente Gli straordinari risultati raggiunti da Janet Rowley non sono rimasti chiusi nel suo laboratorio. “Per una fortunata coincidenza” afferma la ricercatrice in uno dei suoi ultimi articoli, “in quegli anni le case farmaceutiche stavano sviluppando farmaci capaci di bloccare le tirosin-chinasi, le stesse molecole che promuovevano la crescita delle cellule tumorali nella leucemia”. Oggi il frutto di queste ricerche ha un nome, imatinib (noto con il nome commerciale di Glivec), farmaco approvato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2001 proprio per la leucemia mieloide cronica e usato in tutto il mondo anche per altri tu-

Il Presidente Barack Obama consegna a Rowley la Medaglia della libertà, la più alta onoreficenza civile negli USA (2009)

mori, ad esempio quelli gastrointestinali stromali (GIST). “Grazie a imatinib e agli altri farmaci sviluppati a partire da questo capostipite, il futuro dei pazienti con leucemia mieloide cronica è radicalmente cambiato: da una aspettativa di vita non superiore ai cinque anni nell’era pre-imatinib, si è passati oggi a una aspettativa praticamente normale” chiarisce Rowley. E non bisogna dimenticare che l’Italia, in particolare con il lavoro del laboratorio di Carlo Gambacorti-Passerini all’INT di Milano, anche grazie a fondi AIRC, ha avuto un ruolo di primo piano nello studio di questa molecola rivoluzionaria. Dalla scoperta del cromosoma Philadelphia allo sviluppo del primo farmaco davvero efficace sono passati circa 50 anni. Oggi il passaggio dal laboratorio al farmaco è molto più rapido e si conclude in molti meno anni. “Aver contribuito a migliorare la vita di tanti pazienti è per me un’esperienza davvero appagante” ha affermato Rowley, che non ha mai smesso di ricordare il vero obiettivo delle ricerche mediche: trattare la malattia per portare beneficio al paziente. Janet Rowley negli anni settanta

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RICERCA IFOM Ricerche in vetrina nologie biomolecolari dell’Istituto italiano di tecnologia di Lecce abbiamo portato a termine uno studio in vitro per identificare specifiche mutazioni del DNA, tipiche della presenza di cellule tumorali, in un normale prelievo di sangue” spiega Gariboldi. “Abbiamo utilizzato nanoparticelle d’oro, per mettere a punto un test che identifica la presenza del DNA tumorale nel sangue e che quindi permette una diagnosi molto precoce”.

Nanoparticelle d’oro per un test ultrasensibile Un gruppo di ricerca congiunto IFOM-Istituto nazionale tumori ha messo a punto un kit diagnostico che legge la presenza di DNA tumorale nel sangue del malato. Il risultato, grazie alle nanoparticelle, si vede a occhio nudo a cura della REDAZIONE n test supersensibile che faciliti la diagnosi di tumore e che possa essere letto a occhio nudo, senza una strumentazione medica: è questo l’obiettivo della ricerca condotta da Manuela Gariboldi, ricercatrice di IFOM e del Dipartimento di oncologia sperimentale e medicina molecolare dell’Istituto nazionale tumori di Milano. Per arriva-

U

IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare che svolge attività scientifica d’avanguardia a beneficio dei pazienti oncologici è sostenuto da FIRC, Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, attraverso lasciti testamentari (vedi p. 31).

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re al risultato è necessario ricorrere alle cosiddette nanotecnologie, che impiegano sostanze (in genere metalli) di dimensioni piccolissime (cioè pari a 10 alla meno 9 metri). E alle promesse della nanomedicina è stato dedicato quest’anno, nell’ambito di uno specifico progetto europeo, il Nano World Cancer Day, un giorno per discutere dei traguardi già raggiunti, nell’ambito del quale sono stati presentati anche i risultati preliminari del lavoro del gruppo di Gariboldi. “Insieme a colleghi guidati da Pier Paolo Pompa del Centro di nanotec-

L’ORO ROSSO DICE LA VERITÀ Secondo gli esperti, questa tecnica potrebbe in breve tempo facilitare l’identificazione della malattia prima che compaiano i sintomi e potrebbe anche servire per seguire nel tempo l’effetto dei farmaci e la comparsa di eventuali ricadute. “Per ora lo stiamo testando su mutazioni tipiche del cancro del colon, in particolare a carico del gene KRAS, perché su questo tumore abbiamo già lavorato in precedenza, ma niente impedisce di applicare la stessa tecnica anche ad altri tumori” rivela Gariboldi. In futuro si potranno costruire dei kit in grado di verificare tutte le possibili mutazioni con un semplice colpo d’occhio. “Abbiamo legato le nanoparticelle d’oro a una sequenza di DNA complementare alla regione di KRAS che vogliamo analizzare e abbiamo posto questa molecola ibrida a contatto col DNA del paziente” spiega. “Se questo possiede la mutazione, il suo DNA si legherà al sensore da noi creato formando un complesso visibile a occhio nudo, perché le nanoparticelle d’oro coloreranno la soluzione di rosso. Se la mutazione non c’è, il legame non si formerà e non comparirà alcun colore. In sostanza, per leggere il risultato basta guardare il colore della provetta e quindi si potrà effettuare il test al letto del paziente”.

Su una piastra saranno disponibili molti test


LASCITI Chi ha scelto di sostenere FIRC

UN LASCITO PER LA RICERCA

Dal canto sardo un aiuto alla ricerca Il ricordo di Andrea Parodi, scomparso per un tumore, e la certezza che un piccolo gesto di solidarietà può generare grandi cose, ha spinto i Tazenda a disporre un lascito a FIRC a cura della REDAZIONE bberimus sas jannas nostras apriamo le nostre porte”: le parole dei Tazenda, nella loro amata lingua sarda, esprimono l’impeto e l’apertura d’orizzonte che il gruppo musicale racconta nelle proprie canzoni e rivolge a un’iniziativa solidale di grande importanza, come il sostegno alla Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, disponendo un piccolo lascito. Contribuire a FIRC è stata una scelta quasi naturale, spiega Gino Marielli, componente storico del gruppo, “perché il cancro è qualcosa che ci riguarda tutti e questa è un’iniziativa bella e profonda”. E il cancro ha toccato molto da vicino i Tazenda, colpendo Andrea Parodi, il primo cantante del gruppo scomparso nel 2006, vinto da un tumore. Nati come gruppo a Sassari nel 1988 i Tazenda, infatti, sono inizialmente Gigi Camedda, Gino Marielli e Andrea Parodi: il trio si distingue subito per essere uno dei primi gruppi di rock etnico in Italia. Unico nel suo genere, il loro sound è caratterizzato dall’uso di launeddas, tenores campionati, fisarmoniche diatoniche e chitarre elettriche. Dopo la partecipazione a Sanremo nel 1991, che li porta a essere conosciuti al grande pubblico, con

“A

Spunta la luna dal monte, versione italiana della loro Disamparados, presentata con Pierangelo Bertoli, e diversi album di successo, nel 1997 Andrea Parodi si stacca dai Tazenda, per intraprendere la carriera da solista. Torna a cantare nel gruppo nel 2006, poco prima della sua scomparsa: gli ultimi momenti insieme del gruppo storico vedono la registrazione di due nuovi brani, E sarà Natale e Armentos. La formazione attuale è composta da Nicola Nite, Gigi Camedda e Gino Marielli. Ma la memoria del compagno di strada è ancora molto viva, come emerge nelle parole che hanno scelto i Tazenda nella campagna per FIRC: “Possiamo lasciare più di un ricordo”. Perché un gesto, anche piccolo, può generare qualcosa di inaspettato e un gesto d’amore ha una potenza ancora più grande, che colma chi lo riceve, ma anche il cuore da cui parte, come emerge dalle parole di Gino Marielli “Noi, piccoli soldatini del pianeta Terra, diretti verso noi stessi e verso gli altri, possiamo incrociare sussulti di comprensione dell’amore Assoluto proprio nei minuscoli gesti di solidarietà, che sono solo un quark della nostra energia, ma sommati tutti insieme a quelli degli altri soldatini rappresentano oro puro per chi li riceve”.

cegliere di fare testamento in favore della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, lasciandole anche solo una parte dei propri beni, significa dare un sostegno concreto e significativo alla ricerca oncologica in Italia. Pur riconoscendo i diritti dei propri eredi si può sempre lasciare una parte del patrimonio a favore della ricerca sul cancro. Per questo FIRC offre gratuitamente la Guida al testamento, uno strumento utile per sapere come si effettua un lascito testamentario: chi sono gli eredi e come vengono stabiliti; quali sono le quote di riserva a favore dei figli e del coniuge e tante altre informazioni pratiche. Il testamento può essere: olografo: basta scrivere su un foglio cosa si vuole destinare (per esempio una somma di denaro) e a chi, datarlo e firmarlo. Il testamento potrà essere poi affidato a una persona di fiducia o a un notaio; pubblico: viene ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni e poi custodito dal notaio stesso.

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Con la Guida al testamento, aggiornata secondo le leggi vigenti, effettuare un lascito testamentario è diventato un gesto semplice, per tutti: richiedila gratuitamente contattando tel. 02 79 47 07 www.fondazionefirc.it

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RACCOLTA FONDI Arance e azalee

Un due trenta Un due trenta

L’Azalea della Ricerca vi aspetta domenica 11 maggio nelle vostre città per festeggiare la mamma e trent’anni di progressi per la cura dei tumori femminili a cura della REDAZIONE a prima raccolta fondi di piazza d’Italia compie trent’anni. L’Azalea della Ricerca, nata nel 1984, è stata infatti la prima iniziativa con cui nelle piazze italiane, in cambio di un fiore, si raccoglievano fondi per sostenere una grande sfida. E oggi, come una donna nel fiore dei suoi anni, l’Azalea della Ricerca di AIRC è forte e consapevole del suo compito: rendere i tumori femminili sempre più curabili. Ma anche consapevole della strada che

L

ha percorso: nei trent'anni di esistenza dell’Azalea della Ricerca la salute delle donne è cambiata radicalmente. Soprattutto per quanto riguarda i tumori, si registra infatti un tasso di guarigioni e curabilità molto più elevato. Solo nel 2013 AIRC ha investito oltre nove milioni di euro su innovativi progetti di ricerca sui tumori femminili. L’obiettivo di questa giornata è raccogliere la stessa cifra per garantire la continuità degli oltre 90 progetti in corso finanziati in quest’area. Come sempre questo appunta-

mento non vuol dire solo raccolta fondi, ma informazione. Quest’anno la pubblicazione distribuita nelle piazze contiene tanti consigli su prevenzione e diagnosi, con un focus sulle cure e su come sono cambiate negli ultimi trent’anni. Ricordate, dunque: ventimila volontari e seicentomila piantine di azalea vi accoglieranno in 3.600 piazze, dove, con un contributo minimo di 15 euro, potrete scegliere l’unico regalo che da trent’anni difende la salute delle donne. In questa occasione AIRC pensa anche ai bambini. Dal 28 aprile al 4 maggio, sulle reti Mediaset, i conduttori delle trasmissioni più seguite invitano il pubblico a sostenere le ricerche sui tumori pediatrici .

Il simbolo dell’alimentazione sana e protettiva ha superato tre milioni di euro. Tanta era l’energia nell’aria: quella dei nostri 20.000 volontari che, instancabili come sempre, hanno distribuito Le Arance della Salute nelle piazze di tutta Italia. Negli anni economicamente difficili che stiamo vivendo, è un risultato che testimonia quanto la missione di AIRC sia condivisa e prioritaria. I fondi raccolti contribuiranno a garantire la continuità dei progetti di ricerca attivi nelle più qualificate istituzioni di ricerca italiane. Anche gli studenti di 638 scuole si sono impegnati nella distribuzione del prezioso frutto.

Le Arance della Salute

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Molto altro ancora su www.airc.it/comitati

Abruzzo - Molise...

Basilicata...

Tel. 085 352 15 - com.abruzzo.molise@airc.it - www.airc.it/abruzzo

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Sagra e salute

Gara per la ricerca

Pietracatella (Campobasso) I volontari AIRC hanno organizzato, per il 4° anno consecutivo, la Sagra del vitello arrosto e un convegno dal titolo “Alimentazione e salute in età scolare” nella sala consiliare del Comune. La sera degustazione di vitello arrosto, zuppa tipica locale e vino. La sagra, che ha visto il coinvolgimento delle aziende agricole locali, dei cittadini e dell’amministrazione comunale, ha contribuito alla ricerca sul cancro di AIRC, grazie alla distribuzione dei prodotti tipici offerti dalle aziende.

Marconia (Matera) Tutti in gara per la ricerca, con la VI “Stramarconia Emanuele Angelone”, organizzata dall’Associazione Emanuele 11e72 - Cultura e Arte per la Ricerca sul cancro. La manifestazione si è svolta nel pomeriggio, premiando le diverse categorie, donne, uomini, junior, under 40, over 40, sei e 12 chilometri. Il ricavato dell’evento è stato devoluto ad AIRC.

In breve dall’Abruzzo-Molise Pietranico (Pescara) I figli di Roberta Silvestri hanno deciso di schierarsi a fianco della ricerca oncologica, ricordando la propria mamma con una camminata e distribuzione di dolci fatti in casa. Montorio al Vomano (Teramo) Per il 21° anno gli “Amici della piazza” hanno organizzato un’enorme spaghettata in piazza, divenuta ormai una tradizione, in favore di AIRC. Pescara Spettacolare roadshow e sfilata nel centro della città per l’evento “Tradizione e Futuro: 50 anni Porsche 911” al quale hanno partecipato più di 50 possessori di Porsche dal 1963 al 2013. Le quote di iscrizione al concorso, realizzato grazie al centro Porsche e a tutto lo staff, sono state interamente devolute ad AIRC.

Calabria... tel. 0984 41 36 97 - com.calabria@airc.it www.airc.it/calabria

Burraco per Eleonora Cosenza I giovani di AIRC hanno organizzato un torneo di burraco in ricordo della giovane volontaria Eleonora Blasi, presso il ristorante 87100. A conclusione dell’iniziativa a favore della ricerca sul cancro una gustosa apericena.

In breve dalla Basilicata Basilicata La Banca popolare del mezzogiorno si è schierata a fianco della ricerca oncologica. L’istituto ha infatti donato un contributo liberale al Comitato.

In breve dalla Calabria Filogaso (Vibo Valentia) Presso la chiesa parrocchiale di Sant’Agata per il 5° anno consecutivo è stato organizzato un concerto in memoria di Mimmo Teti, a favore di AIRC. Filadelfia (Vibo Valentia) L’associazione culturale “Filadelfia Nostra” ha organizzato un mercatino solidale a favore di AIRC. Laino Borgo (Cosenza) La delegazione AIRC locale ha promosso la decima edizione della manifestazione “In ricordo di un amico - Omaggio a Nuccio Malancone”, con il patrocinio dell’Associazione Musicale “V. Longo”, presso il santuario di Santa Maria delle Cappelle. Si sono esibiti “Enzo Polito & Friends”, per sostenere la ricerca sul cancro.

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Campania...

Friuli - Venezia Giulia...

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Tel. 040 365 663 - com.friuli.vg@airc.it - www.airc.it/fvg

Burraco all’Hotel Royal

Vanità in mostra

Napoli Grande successo per il 4° torneo di Burraco, presso l’Hotel Royal Continental, a favore della ricerca sul cancro. L’evento ha visto la partecipazione di oltre 200 persone con premi stupendi e un ricco aperitivo.

Trieste La “Vanità femminile” è stata protagonista dello stand di AIRC a Trieste Antiqua XXXI mostra mercato dell’antiquariato, presso il palazzo dei congressi della stazione marittima. Presso lo stand è stata allestita una mostra collaterale realizzata dalla consigliera Tina Campailla, con una serie di accessori e ornamenti dal 1800 ad oggi a completamento dell’eleganza e della raffinatezza, in tutti gli aspetti del vivere quotidiano, dalla nascita e per tutto l’arco della vita.

In breve dalla Campania Napoli Per il 6° anno si tiene il tradizionale cocktail di presentazione delle Uova di Pasqua di Gay Odin presso lo showroom Ascione. Ad AIRC sono destinati i contributi dalla distribuzione del regalo pasquale contenente un prezioso dono di Casa Ascione. Caserta Presso il Teatro “Don Bosco” dei padri Salesiani, grande successo per il concerto “Spassiunatamente”, organizzato dalla consigliera Maria Teresa Schettino Funari, con Peppe Servillo e i Solis String Quartet, che hanno eseguito alcuni classici della canzone napoletana, intervallati da brani di lettura. Napoli In occasione delle Arance della Salute si è svolta la quinta edizione della serata “The Best of Disco Fever for AIRC” presso il MOMAH Club, organizzata dal meraviglioso amico e volontario Filippo Arienzo con la collaborazione di Massimo Arienzo. In console Massimo Annunziata, a presentare Simonetta Ruffo.

Emilia-Romagna... Tel. 051 244 515 - com.emilia.romagna@airc.it - www.airc.it/emiliaromagna

In breve dal Friuli-Venezia Giulia

Viaggio nella lirica

Udine Presso il teatro Palamostre si è svolto il concerto del coro del CRO di Aviano a sostegno dell’attività del Comitato, dal titolo “L’arte per la scienza”, organizzato dal Soroptimist Club Udine.

Lazio... Tel. 06 446 336 5 - com.lazio@airc.it - www.airc.it/lazio

Universi paralleli Gragnano Trebbiense (Piacenza) È stato un successo il concerto dell’Ensemble Strumentale Scaligero organizzato dalla locale sezione AVIS nella chiesa di S. Michele, in favore di AIRC. Una bellissima iniziativa nata tanti anni fa con l’idea di unire musica e solidarietà. Intenso e suggestivo il programma, un breve viaggio nella lirica italiana, iniziato con l’omaggio a Verdi. Ringraziamo tutti i musicisti, il soprano e i volontari AVIS.

Roma Michela Marchese, giovanissima direttrice della scuola Laltradanza, ha dedicato un’intensa rappresentazione di danza contemporanea, alla memoria della mamma. Visto il successo dell’inaugurazione la compagnia ha deciso di dedicare ad AIRC tutte le tappe del tour dello spettacolo.

In breve dall’Emilia-Romagna Poggio Renatico (Ferrara) Nei campi del Tennis Club Poggese si è giocato il torneo di doppio “Memorial - Gli Amici del Tennis”, una bella domenica dedicata al tennis e alla ricerca. Grazie a tutti i partecipanti e agli organizzatori. Parma AIRC finanzia un progetto dell’ospedale locale, sostenendo con 360.000 euro uno studio triennale per l’identificazione di nuove strategie terapeutiche per una particolare forma di tumore polmonare. Nella foto Benedetta Borrini, consigliera di Parma, Andrea Ardizzoni e Piergiorgio Petronini.

In breve dal Lazio Velletri (Roma) Con il patrocinio del Comune e la collaborazione del Lions Club “Terra dei Volsci”, presso il Teatro Artemisio si è tenuto un evento di musica e cultura dedicato ad AIRC, dal titolo Music for life: a presentare la serata Marco Profeta, con Diana Vasconi e l’orchestra diretta dal maestro Scaglione e con i “Tremendicanti”. Sono intervenuti Giulio Tarro e Pier Luigi Pompili. Roma A Tor di Quinto serata di spettacolo, divertimento e sostegno alla ricerca, per grandi e piccini: il celebre Circo Orfei ha regalato uno spettacolo ad AIRC.


Liguria...

Lombardia...

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Moda & glamour per la ricerca e non solo…

Chiedo scusa al signor Gaber

Genova Una serata poliedrica di moda e solidarietà si è svolta nella splendida cornice del palazzo della Borsa. La magnifica sede della sala delle Grida, oltre alle mannequin, ha accolto le signore genovesi come esclusive indossatrici per l’Atelier Adaesse di Ada Spanio, Dell’Acqua Bartolone, Roberto Smith e Skarabell. Nel corso della serata, presentata da Massimo Giletti, anche un’esibizione di tango e un’interpretazione della Lupa di Verga da parte dell’attrice Angela Tuccia, oltre ad altre iniziative all’insegna della prevenzione. Camogli e Genova “Nuotathon, le tue bracciate per gli altri” era il titolo della due giorni di gare di nuoto libero, in piscina, dedicate alla ricerca oncologica. In palio un premio di una vacanza-nuoto nello stretto dei Dardanelli, in Turchia. Giugno – Portofino (Genova) Torna l’elegante appuntamento della Serata di gala a Portofino, con tanti ospiti e premi, a favore della ricerca sul cancro.

Milano Una serata magica, tutta anni sessanta, ha visto grande protagonista Enzo Iacchetti, accompagnato dalla Witz Orchestra, al Teatro Manzoni, per celebrare Giorgio Gaber. Uno spettacolo divertente con le canzoni più famose del cantautore milanese tutte stravolte, riscritte e rivisitate con simpatia, proprio per non imitarlo. Un ringraziamento particolare a Enzo Iacchetti, alla Fondazione Giorgio Gaber e a tutti i sostenitori che hanno permesso la realizzazione di questa serata.

In breve dalla Lombardia Varese Tanti piccoli cestisti hanno riempito il palazzetto della Cimberio Varese in occasione della III edizione del trofeo Esordienti AIRC. Una domenica all’insegna del basket che ha permesso di raccogliere fondi per la ricerca oncologica. Grazie a tutte le squadre partecipanti al torneo e alla Cimberio Varese che ha dedicato questa giornata al Comitato Lombardia dell’Associazione. 22 Maggio - Brescia Prestigioso concerto al Teatro Grande: il Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo dedicherà la serata al Comitato Lombardia. La Filarmonica, diretta dal maestro Pier Carlo Orizio e con solista al pianoforte Lilya Zilbenstein, si esibirà nel seguente programma: Felix Mendelssohn, Ouverture Le Ebridi (Le Grotte di Fingal), Pyotr Ilyich Tchaikovsky, Il lago dei cigni, Suite dal Balletto, Sergej Rachmaninov, Concerto n.2 in do minore per pianoforte e orchestra op.18. Per maggiori informazioni sullo spettacolo tel. 02.7797.203 o email com.lombardia@airc.it.

Marche...

Piemonte-Valle d’Aosta...

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Bimbi… tra le scatole! Tolentino (Macerata) Un tripudio di colori e fantasia ha abbellito le attività commerciali del centro: più di 100 bellissime scatoline, realizzate interamente dai bimbi del corso di pittura dell’Informagiovani del Comune, posizionate all’interno dei negozi, hanno consentito alla comunità di cimentarsi in una vera e propria sfida di solidarietà. Moltissimi i contributi volontari raccolti a favore della ricerca sul cancro.

In breve dalle Marche Ancona A grande richiesta si è svolta la terza edizione del Torneo di tennis doppio maschile e femminile pro AIRC dell’Associazione tennis Riviera del Conero: anche quest’anno i giovani maestri Giulia Cesari, Stefano Ricci e i loro tennisti sono scesi in campo per sostenere la ricerca e promuovere la pratica sportiva per un futuro senza cancro. Marche A favore del Comitato presso Os Club di Roma, la giovane Silvia Cristofari e il grandissimo cantante Guido Lembo hanno dedicato una serata di canzoni e musica agli innumerevoli amici giunti da tutta Italia per non dimenticare la giovane ascolana Maria Cristina. Settembre - Macerata A cinque anni dalla prematura scomparsa dell’amato giornalista maceratese Fabrizio Liuti, ritorna il Torneo di tennis in suo ricordo per non dimenticare un grande uomo e uno storico volontario AIRC. Il torneo quest’anno diventerà regionale: la finale si disputerà a Macerata, ma le gare avverranno in tutte le province.

Echi d’infinito Villanova D’Asti “Dedico questo evento a mia madre che mi ha lasciato un cuore più solo, ma con un’eredità unica: la sua grande speranza”: mosso da questo profondo impeto Andrea Mattana ha organizzato la manifestazione Echi d’infinito, a favore della ricerca sul cancro di AIRC. Una serie di incontri, spettacoli teatrali e musicali ha offerto occasioni di informazione e di divertimento.

In breve da Piemonte-Valle d’Aosta Torino Presso il Teatro Giulia di Barolo, la compagnia Rossovermiglio ha messo in scena la commedia Per favore ridateci noi stessi di Marigù Reverberi, con la regia di Luciano Caratto, in favore di AIRC. Vercelli Carlo Manzato ha organizzato l’iniziativa “Una vita tra le mani”. Tra apericena e appuntamenti sportivi ha coinvolto numerosi amici, sensibilizzandoli sull’importanza della ricerca.


Sardegna... Tel. 070 664172 - com.sardegna@airc.it www.airc.it/sardegna

Un viaggio tra musica e teatro Cagliari Si è svolto al Teatro Adriano lo spettacolo teatrale di Maria Luisa Businco e Cristian Asuni Un viaggio chiamato… amore. Gli autori e attori, con una raffinata espressione artistica, hanno offerto momenti di prosa con coreografie, momenti cantati e musica dal vivo a favore della ricerca.

In breve dalla Sardegna Alghero (Sassari) È tornata per la quarta edizione la Festa del mare, una regata a favore di AIRC. Cagliari Giochi, divertimento e leccornie per la sesta edizione del Nutella Party per AIRC, alla Corte in Giorgino. Una mattina di giochi, laboratori, magia, mostra di presepi, lotteria e, naturalmente, tanta Nutella. Budoni (Olbia Tempio) Presso l’Anfiteatro Parodi il Rotary di Siniscola ha organizzato una conferenza con Antonello Cabras dell’Istituto nazionale tumori, seguita da una esibizione di cori per sensibilizzare sulla prevenzione e raccogliere contributi per AIRC. Cagliari Presso la discoteca Charlie, si è tenuta una serata per ragazzi, all’insegna della musica e della solidarietà dove al divertimento si è unito l’invito a raccogliere fondi e a diventare volontari. Cagliari Il Comitato Sardegna è stato presente con uno stand alla Fiera di Natale e alla Fiera della sposa, dove ha distribuito gadget e lavori preparati dalle volontarie e ha presentato le bomboniere solidali.

Puglia...

Sicilia...

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Cioccolato… per tutti!

Concerto per la ricerca

Bari Grazie anche al sostegno ricevuto dalla Fondazione Cassa di risparmio di Puglia, il Comitato ha organizzato due importanti appuntamenti nell’ambito dei Giorni della Ricerca, presso la sala Murat. Antonio Moschetta, direttore scientifico dell’Istituto oncologico di Bari, ha parlato di prevenzione e alimentazione sul tema “Cioccolato: istruzioni per l’uso”; contemporaneamente gli allievidell’istituto alberghiero Perotti, coordinati dalla dirigente Rosangela Colucci e da De Rosa e Saulle hanno preparato un’imponente torta al cioccolato offerta ai presenti. Nicola Scardicchio, docente presso il Conservatorio musicale di Bari, ha condotto una conversazione sul tema “Giuseppe Verdi, duecento anni di musica”. A seguire De Rosa e i suoi allievi hanno preparato un aperitivo a tema.

Catania Erano gremite le sale di palazzo Biscari, per il concerto del maestro Francesco Libetta sponsorizzato da Fideuram. Il pubblico intervenuto ha sostenuto AIRC partecipando a un evento culturale di grande spessore e respiro internazionale. Nella foto il presidente AIRC Sicilia Vigneri, il consigliere AIRC Mistretta, e Francesco Pirolo di Fideuram.

In breve dalla Puglia Bari Nell’ambito di un progetto coordinato da Marina Addante dell’associazione Mirarte, il Comitato Puglia, insieme al Soroptimist International Club, ha organizzato un prestigioso evento musicale all’auditorium di santa Teresa dei Maschi che ha avuto come protagoniste Gordana Josifova (oboe), Elena Atanasovska (pianoforte) e Ioanna Trzeciak (pianoforte), che hanno eseguito musiche di Bach, Beethoven, Mozart e Morricone. Un’esecuzione elegante che ha riscosso grande successo, introdotta dal musicologo Livio Costarella.

In breve dalla Sicilia Mirabella Imbaccari (Catania) La delegazione AIRC locale ha collaborato alla realizzazione di un cd di canti liturgici - a sostegno della ricerca - diretti dai maestri Giuseppe Interlandi e Stefano Mattii con i rispettivi cori. La presentazione si è svolta nella chiesa Madre di Maria SS delle Grazie. Marina di Ragusa Un programma ricco di eventi per la manifestazione sportiva a favore di AIRC “Carlito Day First Edition”. L’evento rivolto ai giovani e al mondo dello sport, è stato occasione per ricordare, a un anno dalla sua scomparsa, Carlo Lo Bianco.

Giugno – Puglia Ritorna l’attesissimo appuntamento giunto alla 9° edizione, “Masserie aperte alla ricerca”. La consigliera AIRC Carla Martucci aspetta tutti in una nuova suggestiva location.

Rutigliano (Bari) Eccezionale successo per il “Gran concerto di Natale” organizzato da Isabella Rubino, responsabile AIRC di Rutigliano, con il suo gruppo di instancabili volontari, per festeggiare 25 anni di attività. Grazie alla generosa disponibilità dell’amministrazione provinciale di Bari e del suo vicepresidente, Nuccio Altieri, si è esibita l’Orchestra sinfonica della provincia di Bari con la straordinaria partecipazione dei cantanti Nick the Nightfly e Simona Bencini dei Dirotta su Cuba. Un ringraziamento particolare al parroco.

Agrigento Continua l’impegno di sensibilizzazione e prevenzione promosso dalla delegazione di Agrigento per le scuole di tutta la provincia. Il progetto, in collaborazione con il Miur, mette in luce le problematiche dei bambini in sovrappeso, con un alto rischio di diventare obesi da adulti. Inoltre, l’obesità è un fattore di rischio per l’insorgenza dei tumori, per questo sono importanti i corretti stili di vita, fin dall’infanzia.


Toscana...

Umbria...

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Tel. 075 583 813 2 - com.umbria@airc.it - www.airc.it/umbria

Un diario speciale… Livorno I dipendenti del Terminal Darsena Toscana, tramite un’autotassazione, raccolgono fondi per diversi scopi. Con Ascoltami, un diario scritto da Mirko de Vanni per raccontare l’amore per la moglie Serena, sono riusciti ad aiutare concretamente la ricerca.

La ricerca, con un po’ di fortuna Perugia Presso l’Hotel Brufani Palace si è tenuta l’estrazione della Lotteria provinciale Vincere con la ricerca. Ai più fortunati sono andati ricchissimi premi: il primo, un’auto Chevrolet Spark 1.0, poi ancora un televisore, gioielli, cene e tanto altro.

In breve dalla Toscana Livorno Al Nuovo teatro delle commedie si è tenuto lo spettacolo musicale Inedito . La PegasoStar organizzazione eventi ha portato sul palco giovani cantautori della città accompagnati anche da artisti provenienti da tutta Italia. Pomarance (Pisa) A favore della ricerca sul cancro è stato distribuito il libro di poesie di Enrico Partigiani Fragili incanti.

In breve dall’Umbria Umbria È tornata per la seconda edizione l’iniziativa a favore della ricerca oncologica “Aperidonna”: tra i locali che hanno partecipato il Bar di via Becchetti a S. Maria degli Angeli. Montecastrilli (Terni) Un pomeriggio di fitness per la ricerca: gli istruttori della palestra Energy hanno deciso di dedicare questo momento ad AIRC con lezioni di tone up, fit combat, zumba. Al termine a tutti i partecipanti è stato offerto un aperitivo. Maggio - Umbria Buon compleanno Comitato Umbria! Dal 1° maggio 1994 ad oggi il Comitato festeggia vent’anni di attività, per la ricerca sul cancro. Grazie a tutti i volontari, sostenitori, soci e a coloro che in questi anni hanno dato il proprio contributo.

Veneto...

Assisi (Perugia) Si è svolta nella sala Le Logge del palazzo comunale la Mostra mercato del ricamo: in esposizione, veri capolavori realizzati a mano dalla consigliera Lucia Smurra Di Tullio e dalle sue allieve della scuola di ricamo. Bellissime tovaglie, asciugamani, ma anche copritavolo di varie dimensioni e punti, fiori e bracciali a macramè, decorazioni natalizie e tanti altri manufatti che trasmettono il fascino di un mondo antico, in perfetta armonia d’insieme. A inaugurare la mostra, sono stati il sindaco di Assisi, Claudio Ricci, e la presidente del Comitato, Elisabetta Puccetti Margaritelli.

Tel. 041 528 917 7 - com.veneto@airc.it - www.airc.it/veneto

Musica sul Canal Grande Venezia Nella splendida cornice dello Starwood Hotel The Westin Europa & Regina, sul Canal Grande, si è svolto un evento a favore di AIRC. La serata musicale ha visto la partecipazione delle cantautrici Grazia Civello e Diana Tejera. Grazie ai partner: A. Bastianello, R. F. Caovilla, Capri Palace Hotel & spa, Conti Caffetteria Milano, Deutsche Bank Private W. M., V. Fiori, A. Hausbrandt e D. Gianaroli, L. e V. Marzotto, D. Pagnan, G. Polegato, F. Sabbadin, G. Spanio e R. Tosato.

In breve dal Veneto Venezia Torna per l’ottava edizione il torneo di burraco presso il Casinò Municipale di Venezia. Jesolo (Venezia) Si è svolta con successo una serata di gala e lotteria con ricchi premi. Ponte di Brenta (Padova) Anche quest’anno i Pastori del Brenta hanno proposto un tour di canti natalizi, tra le province di Padova e Venezia. Il ricavato sostiene la borsa di studio alla memoria di Francesco Scanferla, primo presidente del gruppo, e di Ermanno Pasquetto.

Ottobre - Venezia Torna la serata per AIRC di Gala ricca di ospiti d’eccezione al The Westin Europa & Regina. Ottobre - Venezia IX Torneo di Burraco a Palazzo Vendramin Calergi, sede del Casinò di Venezia.

Camponogara (Venezia) Grande successo per la 28° edizione di “Arriva la befana al circo”, a favore di AIRC: spettacoli circensi e una serata con 12 orchestre, alla presenza del sindaco di Campagna Lupia, Fabio Livieri.

APRILE 2014 | SPECIALE COMITATI | 37


IL MICROSCOPIO

Maria Ines Colnaghi direttore scientifico AIRC

Un nuovo bando fuori dagli schemi

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UN SERVIZIO PER I SOCI Per segnalare corrispondenza doppia, aggiornare i vostri dati o conoscere la vostra storia contributiva, potete contattarci, 7 giorni su 7, chiamando il nostro numero verde 800 350 350

e idee fuori dal comune, che escono dai consueti sentieri teorici, esistono e talvolta cambiano il destino della scienza. Galileo, Newton e tanti altri hanno avuto intuizioni che andavano contro tutte le certezze della loro epoca. Chi avesse un’idea “pazza”, ma potenzialmente portatrice di grandi novità, oggi farebbe fatica a dimostrarne la validità e rischierebbe di non ottenere mai i fondi per approfondirla, per come sono pensati i bandi per il finanziamento alla ricerca scientifica, che chiedono quasi sempre qualche piccola prova iniziale. Intendiamoci: è giusto, da parte di chi finanzia la ricerca, chiedere che vi siano dati preliminari a sostegno di una richiesta di fondi, perché questo garantisce entro margini ragionevoli di ottenere un risultato, ma è anche possibile che così facendo si perdano alcune intuizioni geniali, per cui le prove sono ancora tutte da trovare. La Fondazione Cariplo (Cassa di risparmio delle province lombarde) ha deciso di sostenere, insieme ad AIRC, chi pensa fuori dagli schemi nel campo della ricerca sul cancro, secondo un modello di finanziamento già tentato da altri enti finanziatori all’estero. È nato così il bando TRIDEO 2014 (TRansforming IDeas in ONcological Research), nel quale Cariplo mette a disposizione

un milione di euro e AIRC altrettanto, in un cofinanziamento riservato a chi pensa di avere una “pazza idea” che potrebbe nascondere la cura di domani. La collaborazione tra Cariplo e AIRC è importante anche perché la fondazione bancaria ha riconosciuto alla nostra associazione la capacità di valutare i progetti scientifici nel campo dell’oncologia e ha accettato di affidarle la selezione dei vincitori. Senza questa fiducia non avremmo potuto contribuire al programma TRIDEO, perché le norme di AIRC non consentono di affidare ad altri la valutazione dei progetti da parte di esperti competenti. Abbiamo infatti un sistema di selezione delle ricerche scientifiche che conta sulla expertise di più di 600 esperti internazionali: un modello di trasparenza e meritocrazia che Fondazione Cariplo riconosce. I fondi messi a disposizione dalla fondazione lombarda e da AIRC andranno, con il bando uscito nel 2014, ai ricercatori meritevoli che lavorano in Lombardia e nelle province di Novara e Verbano-CusioOssola (il territorio di azione della Fondazione), mentre con il bando del 2015 i fondi saranno disponibili per ricercatori attivi in tutto il resto del Paese. Aspettiamo quindi con curiosità i frutti di questa occasione per pensare fuori dagli schemi, nella speranza che ci aiuti ad avvicinarci sempre di più alla meta.


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