Fondamentale aprile 2017

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Numero 2 - aprile 2017 - Anno XLV - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

Numero 2 - aprile 2017

BIOSIMILARI I generici dei farmaci biologici arrivano sul mercato

QUALITÀ DI VITA I problemi economici influenzano la prognosi dei malati di cancro

LINFEDEMA

Dalla fisioterapia alla chirurgia per risolvere una complicanza comune

Enrico Tiacci, l’Umbria dell’oncologia

Un solo gene per battere la leucemia


SOMMARIO

FONDAMENTALE aprile 2017

In questo numero:

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DA RICERCATORE 04 VITA Una carriera costruita su un gene essenziale 07 RUBRICHE Progressi della ricerca AIRC CURARSI 08 DOVE L’ospedale migliore ha un voto sulla rete RICERCATORI 10 Rigore e generosità al servizio della ricerca QUALITÀ DELLA VITA 11 La tossicità finanziaria riduce la speranza di vita NOTIZIE FLASH 08 14 Dal mondo TERAPIE 16 Quando il liquido ristagna serve il bisturi RECENSIONI 19 La storia dell’immunoterapia è un successo in divenire FARE 20 NessunoCHIAREZZA studio solido contro l’uso del talco PREVENZIONE 22 Per il melanoma non screening ma occhi sempre aperti 24 ITERAPIE farmaci biosimilari entrano in oncologia 16 SPERIMENTAZIONE ANIMALE 26 Proroga di tre anni della moratoria sulla sperimentazione animale RICERCA 28 La ricerca di IFOM base vista dall’interno LASCITI 29 Girone, dopo la malattia la passione per la ricerca RACCOLTA FONDI 30 Barbara, così posso guardare con gioia al futuro Un fiore per battere i tumori femminili La chirurgia del linfe SPECIALE COMITATI dema, una possibilità 33 Le iniziative dei nostri Comitati regionali per i casi più gravi IL MICROSCOPIO 38 L’obesità preoccupa gli oncologi

Una mutazione singola che risponde a un farmaco preciso: la scoperta di Enrico Tiacci ha portato alla cura

Recensioni di ospedali da parte dei pazienti: c’è da fidarsi? Gli studi (con qualche limite) dicono di sì

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Anno XLV - Numero 2 Aprile 2017 - AIRC Editore DIREZIONE E REDAZIONE: Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro Via San Vito, 7 - 20123 Milano tel. 02 7797.1 - airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa N.I.I.A.G. SpA Bergamo DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Contucci

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CONSULENZA EDITORIALE Daniela Ovadia (Agenzia Zoe) COORDINAMENTO EDITORIALE Giulia Cauda, Francesca Mastruzzo, Cristina Zorzoli REDAZIONE Martina Perotti, Cristina Ferrario (Agenzia Zoe) PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Umberto Galli TESTI Agnese Codignola, Cristina Ferrario, Daniela Ovadia, Nicla Panciera, Fabio Turone, Cristina Zorzoli FOTOGRAFIE Giulio Lapone, Simone Comi, Getty Images, Istockphoto

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Fondamentale è stampato su carta Grapho libre certificata e proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

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EDITORIALE

Pier Giuseppe Torrani

TANTI MODI PER AIUTARE LA RICERCA. • con conto corrente postale n. 307272; • con carta di credito, telefonando al numero verde 800 350 350, in funzione tutti i giorni 24 ore su 24 o collegandosi al sito airc.it; • con un piccolo lascito nel suo testamento; per informazioni, www.fondazionefirc.it oppure tel. 02 794 707; • in banca: UBI - Banca Popolare di Bergamo S.p.A. IBAN: IT23 Q054 2801 602 00000000 9390 Banco Popolare IBAN: IT18 N050 3401 633 00000000 5226 Intesa Sanpaolo IBAN IT14 H030 6909 4001 00000103 528; Banca Monte dei Paschi di Siena IBAN IT87 E 01030 01656 00000 1030151; Unicredit PB S.p.A. IBAN IT96 P020 0809 4230 0000 4349176; • con un ordine di addebito automatico in banca o su carta di credito (informazioni al numero verde 800 350 350)

Presidente AIRC

L’importanza di sperare

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eri ho ricevuto una lettera. Un grido di dolore di una madre che mi invitava a non scriverle più, a non inviarle più Fondamentale e mi comunicava che non avrebbe più inviato la quota di associazione ad AIRC. Le era morto il figlio, ucciso dal cancro. Aveva sperato nella ricerca scientifica ed era stata tradita nella sua fiducia. Gentile signora, comprendiamo la sua reazione e partecipiamo con intensa condivisione al suo dolore. Questi sentimenti ci accompagnano sempre: sappiamo che non sempre l’aiuto della ricerca oncologica assicura la guarigione, ma moltissimi passi avanti sono stati fatti. iIl dramma che viviamo quotidianamente (1.000 casi nuovi di tumori diagnosticati al giorno nella sola Italia) ci è di sprone per continuare ad andare avanti: nei nostri sforzi di sostenere la ricerca sul cancro, perché oggi sono circa 4 milioni le persone che hanno sconfitto la loro malattia. Ma quella lettera mi dà l’occasione per riproporre con forza un tema sul quale AIRC si sta impegnando da tempo. Abbiamo continuamente bisogno di investire risorse nella formazione di nuovi scienziati e di nuovi medici e tecnici che devono assicurare le loro capacità intellettuali nell’impegno nella ricerca contro e nella cura per sconfiggere il cancro. Abbiamo parlato di investimenti massicci in quella che abbiamo chiamato “tecnologia intellettuale”. La rivoluzione tecnologica, che ha investito la scienza nel settore della ricerca molecolare, non è fatta solo di apparecchiature che aprono nuovi orizzonti nella conoscenza del nostro sistema vitale, ma richiede anche e soprattutto un riconoscimento strategico di quella “materia” che per fortuna non manca nel nostro Paese: l’intelligenza, le doti umane e la curiosità assillante di tanti giovani che si affacciano al mondo del lavoro scientifico. Abbiamo ascoltato con emozione le parole di quel giovane chiamato a intervenire in rappresentanza degli studenti nella cerimonia di apertura dell’anno accademico del Politecnico di Torino: abbiamo bisogno di uno sforzo nazionale deciso per trasformare le nostre università (ma direi anche la nostra scuola in tutti i suoi gradi) nelle moderne fabbriche dove si formano e si sviluppano le tecnologie intellettuali. Questa è la vera sfida prospettica che dobbiamo tutti assieme affrontare. Non esiste futuro in una società se non si accrescono i sogni, i saperi e la preparazione dei giovani che da sempre assicurano la sopravvivenza di ogni società. Diamo a loro tutti gli strumenti per essere competitivi nella guerra contro il cancro e nella competizione della vita.

Convocazione Assemblea ordinaria

L’Assemblea dei soci AIRC è convocata per il 27 Maggio 2017, ore 13.30 in prima convocazione e ore 14.30 in seconda convocazione, presso l’Aula Magna del Centro Congressi Federico II, in Via Partenope 36, Napoli, con il seguente ordine del giorno: 1. Relazioni del Consiglio Direttivo, del Collegio dei revisori e della Società di Revisione; Bilancio chiuso al 31 dicembre 2016; Deliberazioni inerenti e conseguenti. 2. Nomina n° 15 consiglieri nazionali per il quinquennio 2017-2021; proroga n° 7 consiglieri nazionali per il biennio 2017-2018. Per ragioni organizzative è gradito che ogni socio faccia pervenire la propria adesione all’Assemblea almeno 15 giorni prima della data di convocazione all’indirizzo soci.gestione@airc.it o via fax al numero 02784919. APRILE 2017 | FONDAMENTALE | 3


VITA DA RICERCATORE Enrico Tiacci

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Una carriera costruita su un gene essenziale Con la scoperta di una forma mutata del gene BRAF, all’origine della leucemia a cellule capellute, il ricercatore perugino ha aperto un nuovo filone di cura in ematologia, portando in soli cinque anni il risultato dal laboratorio al malato

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a cura di NICLA PANCIERA are il tempo alle idee di sedimentare è fondamentale per un ricercatore impegnato senza sosta ad analizzare cellule e molecole, discutere i dati con i propri collaboratori e visitare i propri pazienti. Per questo, nella bella stagione, Enrico Tiacci si concede una pausa e, appunti e dati in mano, si siede al bar accanto al CREO, il Centro di ricerca emato-oncologica guidato da Brunangelo Falini e inaugurato di recente nell’area dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Una struttura innovativa, dedicata alla medicina di precisione e al trapianto di midollo osseo, dove le scoperte di base vengono prontamente tradotte in clinica. Dai laboratori moderni e attrezzati, si gode una magnifica vista sulla città.

Geneticamente semplice

“Un’emozione senza fine”. Ricorda così Enrico Tiacci l’estate del 2010. Era da poco rientrato in Italia e le analisi restituivano, giorno dopo giorno, le conferme alla sua primissima intuizione: a causare la leucemia a cellule capellute (tricoleucemia), un raro tumore ematologico che prende il nome dalle

STESSO SCHEMA CONTRO IL LINFOMA

ul linfoma di Hodgkin, il più comune nei giovani adulti, si concentra un altro progetto di ricerca di Enrico Tiacci, sempre finanziato da AIRC attraverso il 5 per mille. Le lesioni genetiche di questa malattia sono conosciute solo in parte grazie a studi per lo più mirati a singoli geni. “Noi abbiamo condotto uno studio di tutti i 25.000 geni del genoma umano” spiega l’ematologo. Ma le cellule di questo linfoma sono rare e disperse in un mare di cellule

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normali, per cui è stato necessario un microscopio speciale al laser con cui catturare, una a una, 1.500 cellule tumorali da ciascuno dei 36 casi studiati, una metodica che Tiacci ha imparato a usare bene nel laboratorio di Ralf Kueppers durante il suo postdottorato. “Nell’85 per cento dei casi a essere mutato – anche se in punti diversi – è un insieme di reazioni a cascata legato al gene JAKSTAT, che stimola la proliferazione cellulare” racconta Tiacci, invitato

a presentare questi dati al recente congresso internazionale sul linfoma di Hodgkin proprio dal suo ex capo Kueppers, anch’egli al lavoro sulla biologia dell’Hodgkin. Come nella leucemia a cellule capellute, i ricercatori perugini stanno lavorando per spegnere i meccanismi di resistenza alla morte, attivi all’interno della cellula linfomatosa e, contemporaneamente, a risvegliare il riconoscimento del tumore da parte del sistema immunitario.


In questo articolo:

5 per mille leucemia a cellule capellute linfoma di Hodgkin

estroflessioni simili a capelli presenti sulla superficie delle cellule cancerose, era sufficiente la mutazione di un unico gene, BRAF, alterato in alcune forme di melanoma ma non ancora coinvolto in patologie ematologiche. “Il 100 per cento dei nostri pazienti con tricoleucemia mostrava una particolare mutazione di BRAF, la V600E, che porta all’attivazione di una nota via di segnale intracellulare in grado di spingere la cellula a dividersi” ci racconta. “Insomma, ci trovavamo di fronte a una malattia geneticamente molto semplice, causata dalla mutazione di un singolo gene in tutti, o quasi, i pazienti”. E così, quando la scoperta venne pubblicata sulla rivista New England Journal of Medicine, il brillante scienziato era già al lavoro per arrivare a un trattamento efficace, colpendo selettivamente la lesione genetica identificata. Era il 2011 e per arrivare ai pazienti ci sarebbero voluti altri quattro anni. Enrico Tiacci appartiene a quel ristretto gruppo di scienziati che ha ottenuto sia un investigator grant di AIRC sia un finanziamento del Consiglio europeo della ricerca (ERC), un prestigioso consolidator grant da due milioni di euro. Dopo un periodo all’estero, è rientrato a tempo pieno presso la Struttura complessa di ematologia dell’ospedale e il Dipartimento di medicina dell’Università di Perugia, dove è professore associato. “Conoscevo e amavo l’attività clinica di mio padre, medico, e per questo mi sono iscritto a medicina pensando di studiare neurologia come lui, ma al quinto anno sono stato stregato dallo spessore scientifico e dal carisma dei maestri della Scuola ematologica di Perugia che venivano a farci lezione, Massimo Martelli e Brunangelo Falini”.

Uno tra venticinquemila

La leucemia a cellule capellute (LCC) è una forma di leucemia cronica dovuta a una trasformazione neoplastica di linfociti B maturi, cioè delle cellule che producono anticorpi difen-

dendoci dalle malattie infettive, e che può causare nel paziente infezioni anche mortali. Con i suoi 1.500 nuovi casi l’anno in Europa, è parte del gruppo delle malattie rare sulle quali è spesso difficile convogliare finanziamenti. Quello di Tiacci e del suo gruppo è uno dei più importanti progetti a livello mondiale dedicati a questa neoplasia. “In quel primo studio, che si rivelò decisivo nel determinare la causa della malattia e che fu reso possibile dal Programma AIRC di oncologia clinica molecolare del 5 per mille, mi è venuta l’idea di applicare tecniche di sequenziamento di nuova generazione per analizzare in un solo colpo tutti i 25.000 geni del genoma umano nelle cellule tumorali di un paziente. Il confronto con le cellule sane dello stesso paziente ci ha mostrato le decine di mutazioni presenti nelle cellule maligne. Bisognava a quel punto distinguere quelle innocue, passeggere, da quelle che davano la malattia”. Era come cercare un ago in un pagliaio, ma Tiacci notò tra i geni mutati proprio BRAF, che ben conosceva dai suoi studi in Germania. E così, senza attendere la rifinitura dell’algoritmo bioinformatico, “siamo partiti immediatamente con un metodo tradizionale (il sequenziamento convenzionale di un singolo gene per volta), concentrandoci sul gene BRAF, e lo abbiamo trovato incredibilmente mutato in tutti i pazienti che man mano analizzavamo”. E proprio negli stessi giorni un nuovo farmaco, il vemurafenib, che inibisce specificamente il BRAF mutato, veniva sperimentato nei pazienti colpiti da melanoma. L’idea di provarlo nei pazienti con LCC è stata quindi immediata. Lo studio clinico, pubblicato nel 2015 sempre sul New England Journal of Medicine, ha mostrato una risposta clinica significativa in oltre il 90 per cento dei pazienti e una remissione completa in oltre un terzo di essi. “Intanto, grazie a un altro finanziamento AIRC, avevamo eseguito una serie di studi in vitro e dimostrato che, prelevando le cellule leucemiche da 26 pazienti ed esponendole al farmaco anti BRAF mutato, queste perdono le loro ca-

ratteristiche ‘capellosità’, diventando lisce, per poi morire”. Al contrario, inducendo la mutazione di BRAF in cellule sane, queste diventano capellute e sopravvivono più a lungo di quelle senza mutazione, resistendo alla morte programmata. Questi risultati finirono sulla copertina della rivista Blood e aprirono la strada alla sperimentazione clinica del vemurafenib nei pazienti.

Innovazioni a ritmo serrato

Il passo successivo, a ritmo stringente, è stato cercare di aumentare il numero di remissioni complete con l’impiego combinato dell’immunoterapia, abbinando cioè al vemurafenib un anticorpo monoclonale contro la molecola CD-20, il rituximab, che stimola il sistema immunitario a uccidere le cellule leucemiche. “Lo studio è in corso, ma stiamo già osservando un

Enrico Tiacci, effetto di potenziamenal centro, con to anche oltre le nostre il suo gruppo aspettative e, in alcuni di lavoro pazienti, addirittura non vi è più traccia di malattia”. Un passo avanti decisivo, visto che parliamo di persone che non rispondono alle chemioterapie convenzionali o che non sono più in grado di affrontarle. “Per questo studio clinico ci siamo dovuti comprare noi autonomamente i farmaci (grazie ai fondi ERC), dato che questa malattia non rientra nelle strategie commerciali dell’azienda farmaceutica che li produce”. La speranza è di APRILE 2017 | FONDAMENTALE | 5


VITA DA RICERCATORE Enrico Tiacci

regole burocratiche della pubblica amministrazione. La ricerca per sua natura è libera e il ricercatore, se vince un finanziamento, deve poter rapidamente reclutare nel suo team le persone che gli sembrano più adatte. Infatti verrà giudicato in base ai risultati che avrà ottenuto e pubblicato: se sono buoni, presenterà altri progetti e avrà altri finanziamenti, altrimenti no. È un meccanismo di autocontrollo molto semplice, ma l’Italia è l’unico Paese sviluppato dove non trova applicazione” dice con una certa verve. “Per di più dipendiamo interamente dai nostri grant: per fortuna ci sono AIRC e altre agenzie di finanziamento non statali”.

Enrico Tiacci con la sua famiglia

riuscire a far approvare questo trattamento dalle agenzie del farmaco di tutti i Paesi: “I pazienti non avrebbero più bisogno di venire arruolati in un trial clinico per essere curati. Questo schema terapeutico potrebbe addirittura diventare di prima linea, come alternativo alla chemioterapia”.

Insolita rapidità Ci sono voluti solo cinque anni per arrivare dalla scoperta della causa di una malattia a un farmaco che agisce proprio su di essa e, infine, alla cura. “Per un medico ricercatore questa è un’enorme, impagabile soddisfazione” racconta Tiacci. Un processo dalla rapidità inusuale in medicina ma che testimonia come le promesse della ricerca traslazionale possano tradursi in realtà. “Qui c’è un terreno fertile per sviluppare idee e verificarle a tutti i livelli, dalle molecole che rileviamo nei gel in laboratorio, alle cellule maligne che vediamo al microscopio, ai pazienti che vengono in ambulatorio: un connubio unico, in gran parte merito del professor Falini”. Tiacci è il contro-esempio della co1 2 3 4

Si rientra per amore siddetta “fuga dei cervelli”. Durante la specializzazione, aveva trascorso sei mesi nel laboratorio di Riccardo Dalla Favera, presso la Columbia University a New York, e altri sei mesi allo IEO con Pier Giuseppe Pelicci. Poi il postdottorato a Essen e il rientro in Italia, inizialmente grazie a una borsa molto competitiva della European Hematology Association, il primo di una lunga serie di importanti finanziamenti ricevuti da AIRC, Ministero della salute e poi dall’università, Consiglio europeo della ricerca, Leukemia and Lymphoma Society, Hairy Cell Leukemia Foundation, oltre a vari premi nazionali e internazionali. La ricerca non conosce orari e impegna la mente sette giorni su sette. “In Italia, siamo sempre più sopraffatti da complicate esigenze burocratiche e amministrative che non solo ci distolgono dalla ricerca ma la rendono oltremodo difficoltosa. Lavorare diventa complesso quando anche l’acquisto del materiale di laboratorio è un’impresa. Ci vorrebbero procedure più snelle, e invece le università vengono assurdamente costrette nella loro attività di ricerca a osservare le rigidissime e complicatissime

Quest’anno vogliamo affrontare in particolare quattro grandi sfide: 1-immunità e cancro, 2-prevenzione, 3-cancro e ambiente e 4-indentificazione dei bersagli per cure mirate. Questa ricerca risponde alle sfide 1 e 4. Per approfondire vai su www.airc.it/sfide 6 | FONDAMENTALE | APRILE 2017

Ma allora perché rientrare? È stata anche una scelta dettata dall’amore e dal desiderio di avere dei figli con la compagna Emanuela, anche lei ematologa ricercatrice, quindi ben consapevole che la ricerca non conosce orari e impegna sempre la mente. “A quattro anni dal matrimonio, celebrato nel 2006, ho scelto di tornare nella mia città e stare vicino a mia moglie. Poi sono nati due splendidi gemelli, Giovanni e Margherita, che sono molto uniti e hanno già interessi diversi” racconta. Ricerca e famiglia sono missioni coinvolgenti e impegnative: conciliarle è possibile, ammette, anche grazie al prezioso aiuto della tata e dei nonni. “Niente è più importante dei miei cari e i fine settimana li dedico anche a loro. In casa, poi, non parliamo quasi mai di lavoro. I gemelli amano viaggiare, non vedono l’ora di prendere l’aereo, e qualche volta mi accompagnano ai congressi a cui devo partecipare”. Quanto al loro futuro, “saranno liberi di scegliere, come lo sono stato io. Se vorranno intraprendere la strada della ricerca, dirò loro che è appassionante forse come nessun altro lavoro, ma ci vuole molta tenacia, soprattutto in Italia. E anche fortuna, che però non è del tutto cieca: cogliere l’occasione quando passa è possibile solo se la mente è preparata”.


della ricerca AIRC Alla ricerca del DNA nel liquor

Immunoterapia sempre più potente

La meningite neoplastica può essere diagnosticata più facilmente con un’analisi genetica che permette di identificare eventuali alterazioni del DNA nel liquido cefalorachidiano, o liquor, in cui è immerso il sistema nervoso centrale. “La meningite neoplastica è una particolare forma di invasione tumorale che si localizza nelle meningi e ha origine in genere da un altro tumore” spiega Caterina Marchiò, dell’Università di Torino, che ha pubblicato sulla rivista NeuroOncology i risultati di uno studio, finanziato anche da AIRC e condotto su due pazienti con sospetta meningite neoplastica, entrambi con tumore del polmone. “In questi casi la biopsia tradizionale è difficile da eseguire e la biopsia liquida, che ricerca il DNA tumorale nel sangue, non funziona” dice l’esperta. Con l’analisi genetica del liquor sono state identificate piccole quantità di DNA tumorale con le stesse caratteristiche genetiche del tumore originale. “Siamo all’inizio, ma si tratta senza dubbio di un passo importante verso una diagnosi più semplice e sicura e verso trattamenti più mirati” conclude Marchiò.

I linfociti T citotossici sono cellule del sistema immunitario molto attive contro il tumore, ma purtroppo non infallibili. Una ricerca condotta anche con il sostegno di AIRC ha fatto emergere dettagli importanti per capire come aiutare questi “killer buoni”. “Il tumore mette in atto strategie per difendersi dai linfociti T citotossici grazie anche al contributo di fattori presenti nel microambiente che lo circonda” spiega Vincenzo Bronte, dell’Università di Verona, coordinatore di una ricerca pubblicata su Cancer Cell, nella quale l’attenzione si è focalizzata soprattutto su due enzimi: l’arginasi e la sintetasi dell’ossido nitrico. Gli studi precedenti suggerivano che i due enzimi bloccassero l’azione dei linfociti T, ma la ricerca di Bronte e colleghi ha dimostrato che ciò è vero solo in alcuni casi. Lo studio ha inoltre fatto luce sui meccanismi alla base di questo dialogo cellulare e molecolare, aprendo diversi fronti sui quali lavorare per potenziare le difese dell’organismo nella lotta contro il tumore.

Lo scudo del tumore al fegato Si chiama laminina 332 e rappresenta lo scudo che il tumore al fegato (carcinoma epatocellulare) utilizza per proteggersi dall’attacco dei farmaci biologici, in particolare dal sorafenib. Lo hanno scoperto i ricercatori, coordinati da Gianluigi Giannelli, dell’IRCCS De Bellis di Castellana Grotte (Bari) grazie a uno studio condotto con il supporto di AIRC e pubblicato sulla rivista Hepatology. “Sorafenib è l’unica terapia biologica disponibile per questo tumore e funziona spingendo le cellule del cancro a ‘suicidarsi’, ma dopo qualche tempo il tumore può diventare resistente al farmaco” dice Giannelli, sottolineando l’importanza di comprendere i meccanismi alla base di tale resistenza. Gli studi proseguono ora per capire se la laminina 332 e altre molecole ad essa collegate possono avere un ruolo importante nello sviluppo di nuove terapie.

... altre ricerche su: airc.it/ricerche-airc APRILE 2017 | FONDAMENTALE | 7


DOVE CURARSI Recensioni online

In questo articolo:

recensioni di ospedali dove curarsi giudizio tra pari

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L’ospedale migliore ha un voto sulla rete Gli studi condotti su siti che consentono ai pazienti di dare giudizi sugli ospedali dove si sono fatti curare dimostrano che se c’è un controllo a monte (per esempio da parte del sistema sanitario) le indicazioni sono attendibili. Attenzione però alle iniziative commerciali e alle pubblicità nascoste

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a cura di FABIO TURONE cegliere il medico o l’ospedale cui rivolgersi per curarsi è da sempre un’impresa complicata. A chi chiedere un parere? Di chi ci si può fidare? E soprattutto: l’esperienza positiva o negativa vissuta da qualcun altro fornisce davvero utili indicazioni sulla qualità dell’assistenza che potremmo ricevere? L’ospedale e il centro di ricerca e cura all’avanguardia non sono giudicabili come un ristorante o come un albergo a tre, quattro o cinque stelle: tuttavia, nell’era dei social network sono sempre più numerosi i progetti, anche in Italia, che intendono applicare in ambito sanitario il meccanismo delle recensioni degli utenti. Il modello è rappresentato da siti di enorme successo come Tripadvisor, molto apprezzati proprio per la quantità e la varietà delle recensioni informali e spontanee dell’utente qualunque, ma curiosamente tali iniziative hanno basi scientifiche abbastanza solide.

Il paziente ha spesso ragione

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Diversi studi hanno infatti osservato una discreta correlazione tra il giudizio di gradimento espresso dai semplici cittadini che hanno avuto un contatto con la struttura sanitaria nella veste di paziente o di familiare e alcuni parametri clinici 5.6 molto signirecen 74 sioni ficativi come, per esempio, il tasso di mortalità e il numero di infezioni contratte in 1.001 ospedale. recensioni

8 | FONDAMENTALE | APRILEcontinua 2017 ... l’articolo su: airc.it/dovemicuro

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ASCOLTARE I GIUDIZI, CON GIUDIZIO

partito da oltre due anni, ma il progetto DoveSalute (www.dovesalute.gov.it) del Ministero della salute non ha ancora concluso la fase di avvio. A gennaio le strutture censite in tutta Italia erano 65, collegate a 44 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), vigilati direttamente dal Ministero. Di ogni ospedale – quelli associati alla parola-chiave “oncologia” finora sono appena 23 – il sito fornisce tutti i recapiti e una descrizione dei servizi, accompagnati dal giudizio

“La corrispondenza tra i voti ricevuti online e le altre misure è tutt’altro che perfetta” spiega Felix Greaves, della Scuola di sanità pubblica dell’Imperial College di Londra, che ha condotto uno studio approfondito sul pionieristico progetto NHS Choices, avviato alcuni anni fa dal servizio sanitario britannico proprio per raccogliere le recensioni dei pazienti. “È possibile che singoli ospedali abbiano dagli utenti valutazioni molto positive pur avendo elevati tassi di mortalità, o viceversa; tuttavia la tendenza generale mostra che, quando un ospedale ottiene buoni risultati sul piano clinico, anche i pazienti tendono a dare voti elevati e viceversa”. In particolare, i ricercatori hanno osservato questa corrispondenza anche per quanto riguarda i giudizi sulla pulizia della struttura e il numero di infezioni ospedaliere: “Gli argomenti a favore dell’uso delle valutazioni raccolte online dai pazienti includono il fatto che i medici possono essere inadeguati a giudicare l’esperienza vissuta dai loro pazienti, che il feedback modifica il comportamento del medico e che le persone usano comunque Internet per esprimere le proprie opinioni, per cui può avere senso raccogliere queste informazioni in un formato utile” spiega Greaves nello studio pubblicato sulla rivista Archives

degli utenti. Come per gli alberghi, è disponibile un voto da una a cinque stelle, frutto della media di dieci diversi giudizi su altrettanti aspetti: pulizia, rispetto della privacy, da consigliare a parenti e amici, qualità dei pasti, gestione delle visite dei parenti, disponibilità e gentilezza del personale medico, disponibilità e gentilezza del personale non medico, chiarezza delle informazioni mediche ricevute, chiarezza delle informazioni amministrative of Internal Medicine, che ha esaminato circa 10.000 recensioni di cittadini confrontandole con i dati su mortalità e infezioni raccolti dai tecnici. “Gli argomenti contro l’uso di questi dati comprendono il cosiddetto “bias di selezione” (per cui c’è il rischio che solo chi ha avuto un’esperienza in qualche misura eccezionale, in positivo o in negativo, si prenda la briga di lasciare un commento), la mancanza di dati significativi sulla qualità tecnica dell’assistenza sanitaria fornita e il rischio di guastare il rapporto tra medico e paziente”.

Il giudizio sulla pulizia si correla alle infezioni

Il progetto del Ministero della salute

Mettere online un sito di recensioni di ospedali non è insomma uno strumento perfetto né privo di rischi, ma può fornire elementi utili a tutti, professionisti e cittadini: è con questo obiettivo che il Ministero della salute italiano ha lanciato un paio di anni fa il sito DoveSalute (www.dovesalute.gov.it), che al momento consente di giudicare solo gli Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico (IRCCS), cioè ospedali che hanno una particolare organizzazione, fortemente orientata alla ricerca scientifica. Per limitare il rischio di recensioni lasciate a cuor leggero (o comple-

e organizzative e, infine, qualità dell’ospitalità e della struttura. La classifica – determinata per il momento da poche centinaia di valutazioni – vede ai primi tre posti l’Istituto pediatrico Gaslini di Genova, il Centro di riferimento oncologico di Aviano e l’Istituto nazionale tumori di Milano, tutti molto vicini alle cinque stelle piene. In coda, staccato, figura invece l’Istituto dermopatico dell’Immacolata di Roma, con una media di poco superiore alle due stelle.

tamente fraudolente come quelle che sempre più spesso generano accese polemiche proprio sui siti di hotel e ristoranti), il progetto richiede che ogni segnalazione sia firmata con nome, cognome e indirizzo di posta elettronica, e sia accompagnata dall’indicazione del mese e anno in cui il recensore si è recato presso l’ospedale che sta giudicando.

Occhio alle imprese commerciali

Altri progetti in apparenza simili non offrono altrettante garanzie di serietà, anche perché spesso vivono dei proventi delle inserzioni pubblicitarie, dei canoni di abbonamento fatti pagare a medici e strutture sanitarie o, addirittura, ricevono una percentuale su ciascuna prestazione sanitaria “venduta” attraverso il sito: per questo le indicazioni che forniscono meritano di essere prese con le pinze. Il rischio – che non si corre quando le informazioni sono vagliate dagli esperti del Ministero della salute, che operano nell’interesse del cittadino – è quello di ricevere informazioni non molto obiettive e neutrali, se non addirittura inserzioni pubblicitarie più o meno mascherate. APRILE 2017 | FONDAMENTALE | 9


RICERCATORI FONDI Gabriella Zupi

Rigore e generosità al servizio della ricerca Si è spenta il 30 gennaio scorso Gabriella Zupi, scienziata attenta e rigorosa con un approccio spesso pionieristico alla ricerca, ma anche persona estremamente generosa e capace di ascoltare, per molti anni membro del Comitato tecnico-scientifico di AIRC

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a cura della REDAZIONE abriella non era una persona dolce: l’impatto iniziale era quello di una donna severa ed estremamente rigorosa che pretendeva molto dagli altri e soprattutto da se stessa. Ma in realtà era una persona di una generosità infinita”. Sono le parole di Donatella Del Bufa-

lo, ricercatrice senior dell’Istituto Regina Elena di Roma, che con Gabriella Zupi ha trascorso praticamente tutta la propria carriera professionale. E sono parole dette tra le lacrime perché Gabriella Zupi, con la sua personalità piena di contraddizioni e a volte molto spigolosa, ha rappresentato, per chi l’ha conosciuta, un modello e un esempio da seguire non solo dal

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UNA VITA PER L’ONCOLOGIA

era pioniera della ricerca oncologica in Italia, Gabriella Zupi è stata protagonista dell’esplorazione di trattamenti integrati, di combinazioni terapeutiche e di resistenza ai farmaci. “È stata tra i fondatori dell’area di ricerca sperimentale dell’Istituto Regina Elena e ha avuto un ruolo di primo piano nell’utilizzo di modelli preclinici per lo studio degli effetti della chemioterapia e delle molecole antisenso per il trattamento di molti tumori” spiega la sua collaboratrice Donatella Del Bufalo.

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punto di vista professionale e scientifico, ma anche da quello umano. “Pur non lavorando direttamente nel suo laboratorio, ho un ricordo molto vivido e forte di Gabriella e dei suoi insegnamenti” afferma Anna Bagnato, anche lei ricercatrice presso l’Istituto romano, che ricordando la professoressa la indica come un punto di riferimento che si rivelava tale in tutti i campi, dalle occasioni scientifiche più importanti a quelle più prettamente familiari. “Per lei non c’erano compromessi o sfumature nella scienza e nei rapporti istituzionali” continua la ricercatrice, ricordando che quando si veniva chiamati nello studio di Gabriella c’era una sorta di orgoglio, ma anche “un po’ di tremarella”. Ma la storia di Gabriella Zupi nell’oncologia italiana non si ferma a Roma: la ricercatrice ha avuto un ruolo da protagonista anche in AIRC. “Me la ricordo come una persona aperta, espansiva e molto generosa che ha dedicato con grande entusiasmo il suo tempo ad AIRC, con un approccio sempre attento e rigoroso” commenta Maria Ines Colnaghi, direttore scientifico di AIRC fino al 2015.

Ha dato un grande contributo anche a diverse associazioni scientifiche: nel 1987 è stata tra i fondatori dell’Associazione italiana di colture cellulari, ha fatto parte del board della Società italiana di cancerologia e del Comitato tecnico-scientifico di AIRC. “Una delle caratteristiche principali di Gabriella come ricercatrice era la sua propensione a dare spazio ai giovani dando loro la possibilità e la spinta per seguire le proprie idee anche quando la strada sembrava troppo lunga o piena di ostacoli” aggiunge Anna Bagnato.


QUALITÀ DELLA VITA Cancro e soldi

In questo articolo:

tossicità finanziaria farmacoeconomia qualità della vita

La tossicità finanziaria riduce la speranza di vita Un fenomeno già noto e studiato negli Stati Uniti si manifesta, sotto altre forme, anche in Italia. La mancanza di risorse economiche colpisce in particolare i malati di cancro e contribuisce a peggiorarne la prognosi

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a cura di DANIELA OVADIA soldi non fanno la felicità, ma l’assenza di soldi può contribuire negativamente alla prognosi del cancro. L’impatto della povertà sulla sopravvivenza è un fenomeno ben noto e molto studiato nelle società che non possono contare (come invece accade in Italia) su un sistema sanitario pubblico che copre le cure oncologiche: si chiama tossicità finanziaria ed è stato persino misurato in termini di giorni e mesi di vita persi.

L’ultimo studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato sulla rivista Cancer nel mese di febbraio dimostra, per esempio, che una percentuale variabile tra il 3 il 10 per cento dei malati di cancro coperti da un’assicurazione privata negli USA decide di cambiare farmaco, rispetto a quello consigliato dal medico, per ragioni di costi. Negli Stati Uniti, infatti, anche i farmaci oncologici sono soggetti a ticket e talvolta, soprattutto nel caso di terapie innovative e farmaci mira-

Non accade solamente negli USA ma anche qui

ti, il costo a carico del paziente può arrivare anche a 100.000 dollari l’anno, segnalano gli esperti dell’American Cancer Society che hanno condotto l’analisi. Esistono quindi molti studi che hanno valutato almeno una componente delle difficoltà finanziarie legate alla malattia, ma sia i metodi sia le unità di misura variano molto da studio a studio, rendendo complesso generalizzarne i risultati. Secondo una revisione condotta dal National Cancer Institute (NCI) statunitense, la maggior parte delle ricerche riguarda una singola istituzione (ospedale o mutua), geograficamente circoscritta e con scarse informazioni sulla gravità della malattia nel singolo paziente al momento dell’indagine. Lo stesso NCI invita quindi gli oncologi a raccogliere in modo ordinato e sistematico le informazioni riguardo alla “salute finanziaria” dei propri pazienti, per chiarire l’impatto del fenomeno. APRILE 2017 | FONDAMENTALE | 11


QUALITÀ DELLA VITA Cancro e soldi

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CALO DI PRODUTTIVITÀ

a perdita di produttività sul lavoro o l’impossibilità di affrontare le proprie mansioni si riflettono sulla disponibilità economica dei malati, in particolare quando si tratta di liberi professionisti come medici, avvocati, ma anche proprietari di negozi e attività imprenditoriali indipendenti. Secondo dati provenienti dagli

USA, un malato di cancro perde in genere 22,3 giorni di lavoro in più rispetto a chi non è in cura per questa malattia. Sempre secondo studi riportati dal National Cancer Institute statunitense, un adulto sopravvissuto a un cancro in età adolescenziale o infantile guadagna in media circa 4.500 dollari in meno l’an-

Non solo farmaci I farmaci non costituiscono però l’unico peso economico legato al cancro e la tossicità finanziaria esiste anche in Paesi, come l’Italia, in cui le chemioterapie e gli interventi sono a carico dello Stato. Lo ha dimostrato uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Annals of Oncology da Francesco Perrone, direttore dell’Unità sperimentazioni cliniche dell’Istituto tumori di Napoli, insieme ai suoi collaboratori. “Abbiamo deciso di affrontare il tema della tossicità finanziaria anche in Italia per via dell’intenso dibattito presente nella letteratura scientifica statunitense sui problemi economici dei malati di cancro e sulle conseguenze che questi problemi hanno sui risultati delle terapie” spiega Perrone. “Come clinici avevamo la sensazione che, anche in situazioni più fortunate come quella italiana, i problemi ci fossero comunque”. Perrone e i suoi collaboratori hanno potuto contare su un ampio database di sperimentazioni cliniche effettuate negli ultimi 20 anni nell’istituto napoletano. “Abbiamo condotto lo studio mettendo insieme i dati di 16 sperimentazioni cliniche effettuate in Italia tra il 1999 e il 2015 e coordinate dall’Istituto tumori di Napoli” continua Perrone. “Nel complesso, hanno partecipato a

questi studi 3.670 pazienti con cancro del polmone, della mammella o dell’ovaio”. Tutte le ricerche considerate prevedevano anche l’uso di un questionario sulla qualità della vita (il cosiddetto questionario EORTC C30) che chiede ai pazienti, tra le altre cose, se nell’ultima settimana prima dell’indagine hanno avuto difficoltà economiche legate alla malattia o al trattamento, e di che entità, assegnando uno di quattro possibili gradi, da “per niente” a “moltissimo”. “Abbiamo scoperto che già all’inizio dello studio un quarto dei pazienti riportava difficoltà economiche di grado variabile e queste persone avevano un rischio del 35 per cento in più di veder peggiorare la propria qualità di vita rispetto a chi non aveva problemi finanziari. Inoltre, in un altro 22 per cento di pazienti i problemi economici aumentavano proprio durante il trattamento – un peggioramento compatibile con la definizione di tossicità finanziaria – e in queste persone il rischio di morte aumentava del 20 per cento rispetto a chi non riferiva problemi” spiega ancora il medico napoletano.

Contribuiscono alla povertà tutte le spese accessorie

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Una bilancia negativa I dati napoletani sono importanti perché sono i primi di questo tipo prodotti in un Paese europeo con un siste-

no rispetto a chi non è mai stato malato, dimostrando che il “peso finanziario” della malattia si protrae ben al di là del momento del completo recupero fisico. Infine un’indagine condotta dal Dipartimento di salute pubblica dell’Università di Harvard riferisce che il 25 per cento dei malati di cancro afferma che la malattia ha interferito con la capacità di far fronte a compiti fisici e il 14 per cento a compiti mentali. ma di assistenza sanitaria universale e, soprattutto, forniscono percentuali di peggioramento che ricordano quelle degli Stati Uniti. Non solo: la dimensione dell’effetto negativo della tossicità finanziaria sulla sopravvivenza è simile alla dimensione dell’effetto benefico di alcuni nuovi farmaci. Come dire che tutto il vantaggio derivante dalla disponibilità di sostanze più mirate e meno tossiche può essere “annullato” da una situazione economica instabile. “È ovviamente difficile pensare a una soluzione pratica, ma l’impatto di una ‘cura’ contro la tossicità finanziaria potrebbe essere analogo, in termini di sopravvivenza, a quello di un nuovo farmaco e senza eventuali effetti collaterali” afferma ancora Perrone. Tanta è la convinzione del ricercatore che si debba andare più a fondo nella comprensione di questo fenomeno, che il gruppo dell’Istituto tumori di Napoli vuole farsi promotore di uno studio più ampio che analizzi la tossicità finanziaria in vari Paesi europei. “I nostri risultati derivano da informazioni accurate ottenute da un gran numero di pazienti all’interno di sperimentazioni cliniche, quindi riteniamo siano sufficientemente solidi da porre all’attenzione della comunità scientifica europea l’opportunità di condurre ulteriori studi in questo campo. Naturalmente questi effetti vanno ulteriormente verificati nella popolazione generale dei malati e, soprattutto, è necessario capire in che misura si mani-


festano nei diversi modelli di servizio sanitario esistenti in Europa” spiega l’esperto.

Cresce la mortalità I dati ottenuti non sono del tutto inattesi per i ricercatori, che si aspettavano un peggioramento della qualità di vita nei pazienti con problemi economici. Ciò che li ha sorpresi è il dato relativo al rischio di morte: se è vero che gli studi americani segnalano che i pazienti poveri negli USA vedono il proprio rischio di morte crescere di uno spaventoso 80 per cento, dal momento che devono pagarsi le cure di tasca propria, il 20 per cento di morte eccedente presente in Italia è inquietante, dato che non dovrebbe essere legato alla disponibilità delle terapie più efficaci, garantite comunque dallo Stato. “La tossicità finanziaria va studiata con grande cautela per capire da che cosa è determinata” aggiunge Perrone. “Le relazioni di causa ed effetto potrebbero essere diverse da quelle che immaginiamo: per esempio, è possibile che i pazienti più gravi siano anche quelli che perdono maggiormente risorse economiche, perché non possono l av o r a re o per-

ché hanno bisogno di più assistenza e di un numero maggiore di prodotti farmaceutici non passati dal SSN, con un incremento delle spese impreviste. Dobbiamo continuare a fare ricerca su questi aspetti perché il guadagno, in termini di sopravvivenza, sembra essere sostanzioso, ma per mettere in atto azioni correttive dobbiamo sapere che cosa andare a correggere”. Il dibattito in sanità negli ultimi anni si è concentrato sul problema del costo dei farmaci. I dati napoletani sono un campanello d’allarme e spingono a riflettere sul fatto che fare buona sanità non significa solo mettere i farmaci a disposizione dei medici e dei pazienti. “Noi siamo oncologi ricercatori e abbiamo scelto di fare ricerca per migliorare il destino di chi si ammala di cancro” conclude Perrone. “Abbiamo la mente aperta ben oltre la prescrizione di farmaci e se possiamo identificare degli interventi di sistema in grado di produrre benefici analoghi a quelli ottenibili con alcuni farmaci, è nostro dovere segnalarlo ai decisori politici”.

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NON SOLO FARMACI

li studi condotti negli Stati Uniti hanno dimostrato che la cosiddetta “tossicità finanziaria” ha molte componenti, alcune delle quali valgono anche per Paesi come l’Italia in cui esiste un sistema sanitario che copre la quasi totalità dei costi delle cure. Tra le ragioni di aumentata povertà durante la malattia si segnalano:

• i mancati guadagni dovuti alla minore capacità lavorativa, specie per i liberi professionisti • l’assenza di altre persone in grado di produrre reddito nel nucleo familiare • la presenza di familiari a carico (figli, genitori anziani) • i costi dei farmaci e dei presidi medici non coperti dal SSN ma tuttavia necessari per il benessere della persona • i debiti contratti prima di ammalarsi (mutui, prestiti), il cui peso sul bilancio familiare aumenta con la malattia • la necessità di ricorrere a figure professionali per aiutare il caregiver (infermieri, badanti, autisti per gli accompagnamenti eccetera).

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NOTIZIE FLASH

Dal Mondo La chimica USA parla italiano Per la prima volta la Società americana di chimica (American Chemical Society – ACS) ha assegnato il premio ACS COMP OpenEye Outstanding Junior Faculty Award a un ricercatore che lavora in un’istituzione italiana. A ritirare il prestigioso riconoscimento, riservato ai giovani che si distinguono per risultati rilevanti nella loro carriera e in particolare nella chimica computazionale, sarà Marco De Vivo, ricercatore poco più che quarantenne, finanziato anche da AIRC, che da Bologna, dove ha studiato, ha fatto tappa a Trieste, Zurigo e negli USA prima di ritornare in Italia. Dal 2009 è ricercatore presso l’Istituto italiano di tecnologia (IIT) di Genova e dal 2014 dirige il gruppo Molecular Modeling & Drug Discovery dove si simulano al computer eventi che sarebbe impossibile studiare con le tecniche tradizionali. In particolare, l’ACS lo ha premiato per i risultati ottenuti nello studio di enzimi che regolano il DNA e l’RNA, aprendo la via allo sviluppo di nuove terapie personalizzate utili anche contro il cancro.

Dieta, batteri e tumore del colon

Mutazioni predittive nel polmone Come altri tipi di tumore, anche il tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) non è una malattia uniforme, ma presenta al suo interno sottogruppi che si differenziano dal punto di vista molecolare, ovvero per le mutazioni che contengono. Particolarmente importante è la presenza di mutazioni nel gene EGFR, bersaglio per farmaci mirati. Un gruppo di ricercatori italiani ha però dimostrato che lo stato di EGFR può predire anche la capacità del tumore di dare metastasi. “I tumori con EGFR mutato danno metastasi in organi diversi rispetto a quelli senza mutazione” spiega Alessandro Russo, dell’Università di Messina, primo autore della ricerca condotta su 137 pazienti con NSCLC pubblicata su Oncotarget. Avere identificato queste differenze potrà essere di aiuto per scegliere la terapia più adatta per ciascun paziente.

hanno un ruolo nel determinare il rischio di diversi tumori. Uno studio da poco pubblicato sulla rivista JAMA Oncology ha analizzato in particolare il legame tra una dieta ricca di fibre e il rischio di comparsa di un tumore del colon, ricco di un particolare batterio chiamato FuL’alimentazione può modificare la popolazione di sobacterium nucleatum, in grado di ridurre la risposta batteri che vivono nell’intestino (il cosiddetto microbio- del sistema immunitario. Dopo aver analizzato 137.000 ta intestinale) e questi persone e averle seguite per un periodo di tempo coma loro volta preso tra 26 e 32 anni, i ricercatori statunitensi guidati da Shuji Ogino del Dana-­Farber Cancer Institute di Boston sono arrivati alla conclusione che il legame tra alimentazione, F. nucleatum e tumore del colon esiste. “Un’alimentazione ricca di fibre, ovvero basata prevalentemente su cereali integrali, frutta e verdura, si associa a un minor rischio di sviluppo di questo batterio e del tumore del colon a esso associato” ha spiegato l’autore.

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Un freno alle metastasi nel triplo negativo Gli inibitori di CDK 4/6, farmaci già in uso nel trattamento di alcuni tipi di tumore al seno, potrebbero essere importanti per bloccare le metastasi del tumore al seno triplo-negativo. Lo spiega dalle pagine della rivista Nature Communication Matthew Goetz, a capo del Programma tumori femminili della Mayo Clinic di Rochester (USA) e coautore dello studio condotto su diversi animali. “Il tumore del seno triplo-negativo rappresenta il 10-20 per cento del totale e non risponde alle terapie mirate contro i recettori degli ormoni o di HER2, che invece sono molto efficaci nei

tumori che esprimono sulla loro superficie questi bersagli” spiega il ricercatore, precisando che i farmaci oggetto dello studio non sono in grado di bloccare la crescita dei tumori tripli-negativi. “Sembrano però efficaci nel bloccarne la diffusione, ovvero la formazione di metastasi, e lo fanno attraverso un meccanismo che siamo riusciti a identificare”.

Guardati i limoni Il tallone d’Achille del metabolismo

Scanzonata, ma garbata, la campagna di informazione sul tumore del seno che invita le donne a “guardarsi i limoni” ha avuto un enorme successo in Internet, raccogliendo in pochi giorni molti milioni di visualizzazioni, like e condivisioni. L’idea di usare l’agrume per rappresentare le caratteristiche di forma, colore e consistenza che devono suggerire alla donna di rivolgersi al medico è venuta a una giovane designer inglese, Corrine Beaumont, che, avendo avuto vari casi di tumore del seno in famiglia, era stata colpita dal fatto che non ci fossero immagini al tempo stesso accattivanti e chiare per mettere in guardia sui segni del tumore. Così è nata la campagna “Conosci i tuoi limoni” (con hashtag #knowyourlemons) ricca di immagini, tra cui quella di una dozzina di limoni variamente anomali esposti in un contenitore per uova. L’immagine è poi diventata “virale” sui social network quando una ragazza, Erin Smith Chieze, ha proposto di condividerla al posto del semplice cuoricino proposto dall’ennesimo “giochino”, riuscendo a dare il via a una campagna di informazione di successo.

Scoprire il punto debole del metabolismo del tumore e costringerlo a “svelare” le vie alternative utilizzate per sopravvivere anche quando quelle principali sono interrotte: è quanto sono riusciti a fare i ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis (Stati Uniti) sotto la guida di Brian Van Tine, coordinatore della ricerca pubblicata su Cell Reports. “Il 90 per cento delle cellule tumorali ha un difetto metabolico che le rende incapaci di sintetizzare l’arginina, uno dei mattoni essenziali per costruire le proteine” spiega Van Tine. Eliminando l’arginina nell’ambiente esterno si costringe il tumore a utilizzare vie alternative per sopravvivere, basate su molecole come la glutamina. E i ricercatori statunitensi hanno pensato di bloccare entrambe le vie di approvvigionamento, eliminando l’arginina dell’ambiente esterno e bloccando l’enzima che permette alle cellule di utilizzare la glutamina. “Si tratta di una strategia che può essere utile nei tumori che presentano il difetto metabolico legato alla sintesi di arginina, quali ad esempio i sarcomi, oggi ancora difficili da curare” concludono i ricercatori.

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TERAPIE La chirurgia del linfedema

Quando il liquido ristagna serve il bisturi Dopo anni pionieristici e interventi non adeguati, la chirurgia del linfedema viene oggi utilizzata con un discreto successo in alcuni casi selezionati. Le tecniche disponibili sono varie e sono in arrivo anche le nanotecnologie e nuovi farmaci a cura di AGNESE CODIGNOLA ottovalutato, poco conosciuto nella sua vera natura di malattia cronica e degenerativa, spesso mal curato o trascurato, il linfedema è una condizione che può compromettere gravemente la qualità di vita e che può dare origine a infiammazioni e indurimenti fibrosi molto difficili da trattare. È provocato dall’accumulo di un liquido chiaro e denso (chiamato linfa) a causa dell’interruzione dei vasi linfatici provocata da un intervento chirurgico o dalla radioterapia (talvolta anche da un trauma o da malformazioni di origine genetica). Colpisce non meno di 40.000 italiani ogni anno.

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Spiega Marzia Salgarello, direttrice dell’Unità operativa complessa di chirurgia ricostruttiva e plastica del Policlinico Gemelli di Roma, dove è attivo uno dei pochissimi centri chirurgici specializzati in Italia: “La linfa è un liquido ricco di proteine; normalmente, anche se vi è stato un intervento chirurgico, essa trova nuove vie naturali per defluire, aggirando gli eventuali blocchi; in alcuni casi tuttavia non ci riesce, e tende così ad accumularsi, formando depositi che crescono col tempo. Ma la linfa, se ristagna, oltre al fastidio fisico che a volte rende impossibile compiere certi movimenti, danneggia i tessuti, causa infiammazione e alla lunga stimola la formazione di tessuto adiposo e fibro-

Gli studi sono ancora limitati e così l’efficacia

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so, trasformando quello che è originariamente un deposito liquido in una massa dura e compatta, che non è più possibile trattare. La prima raccomandazione è quindi quella di non sottovalutare mai il linfedema, ma di rivolgersi subito a uno specialista, all’oncologo di fiducia, a un fisioterapista che conosca bene la condizione (meglio se direttamente collegato al centro dove si sta curando il tumore), in modo da iniziare al più presto la terapia riabilitativa, che in molti casi è sufficiente”. L’OPZIONE CHIRURGICA Secondo l’esperta, il linfedema si sviluppa in una donna operata di tumore al seno su cinque, e in una persona opera-

ta per un tumore all’apparato genitale o alla pelvi su tre, ma solo nel 5-10 per cento di chi ne soffre è necessario ricorrere alla chirurgia. Quasi sempre, bastano le specifiche manovre del fisioterapista per aiutare la linfa a trovare nuove strade. Quando ciò non accade, è necessario compiere un’attenta valutazione, e poi eventualmente decidere di farsi operare, se le condizioni lasciano sperare in un possibile miglioramento. Già, ma come si fa a far sì che la linfa scorra e non ristagni? Risponde Sylvain Mukenge, responsabile della Chirurgia del linfedema di un’altra delle pochissime unità specializzate italiane: quella dell’Ospedale San Raffaele di Milano, dove sono sta-


NON SOLO CHIRURGIA

In questo articolo:

linfedema cancro del seno microchirurgia dei vasi

ti operati più di 140 pazienti negli ultimi anni. “La prima chirurgia praticata in questo settore era molto grossolana: si asportava tutto il tessuto sottocutaneo, perché è lì che scorrono i vasi linfatici superficiali, e si cercava così di liberare il campo affinché la linfa potesse defluire. Non funzionava bene, e a volte creava più problemi di quanti non ne risolvesse. Poi si è iniziato a capire che i vasi linfatici superficiali potevano essere la soluzione, che su di essi bisognava in-

tervenire studiando approfonditamente cosa succedeva per poter immaginare interventi efficaci”. E in effetti, negli ultimi 15 anni, il fenomeno si è capito meglio e sono stati utilizzati altri approcci più specifici e meno invasivi, oltreché più efficaci. Dice ancora Mukenge: “Il principio fondamentale ce l’ha ispirato la natura. Di norma, infatti, tutta la linfa prima o poi finisce in grandi vasi che la scaricano in un vaso ancora più grosso chiamato dotto toracico, da dove poi va a confluire nel sangue venoso. L’idea vincente è stata quella di anticipare lo scarico della linfa nelle vene, creando vere e proprie giunzioni (dette anastomosi) tra i vasi linfatici e le vene della zona”. Semplificando, spiega ancora Mukenge, grazie a tecniche diagnostiche oggi molto sensibili come la linfo-scintigrafia, la risonanza magnetica e soprattutto la linfografia con un colorante chiamato indocianina verde, che rende fluorescenti i vasi linfatici, di solito trasparenti, molto piccoli, e quindi difficili da vedere, si individua il vaso linfatico che ha creato l’ostruzione, e si fa un vero e proprio bypass, collegando direttamente il vaso a monte del blocco con una

DA UN FARMACO LA SPERANZA

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a tempo la ricerca insegue soluzioni farmacologiche al linfedema, finora senza significativi passi in avanti. Ma la situazione potrebbe cambiare presto se i dati ottenuti dai ricercatori dell’Università della California del Sud e pubblicati sugli Annals of Surgery saranno confermati nell’uomo. Il farmaco che sta suscitando speranze, un derivato dell’acido retinoico chiamato alitretinoina, è già in commercio per alcune lesioni della pelle come quelle date dal sarcoma di Kaposi e dall’eczema. Uno studio su animali sperimentali trattati con alitretinoina ha dimostrato che gli animali che assumevano il farmaco hanno sviluppato linfedema in misura molto minore, hanno avuto in generale un drenaggio migliore e un aumento della densità dei vasi linfatici. Secondo gli autori, la molecola migliora il drenaggio e contribuisce a mantenere i vasi linfatici integri. Gli esperimenti continuano, soprattutto per capire qual è il momento migliore per somministrare la molecola che, con ogni probabilità, ha un’efficacia superiore se viene data già durante l’intervento chirurgico.

vena un pochino più grande, riuscendo così a far defluire la linfa che altrimenti andrebbe a riversarsi nei tessuti. TECNOLOGIE AVANZATE “Si tratta di interventi di microchirurgia lunghi e delicati, resi possibili

anche dai microscopi specifici per gli interventi e da strumentazioni tecnologicamente avanzate, ma, grazie a tutto questo, oggi siamo in grado di congiungere vasi che hanno diametri anche inferiori al millimetro (non a caso queste tecniche vengono chiamate anche supermicrochirurgiche) e di fare 2-3 giunzioni nello stesso intervento. Alla fine, almeno in parte, la linfa riesce a defluire, evitando che la situazione degeneri” prosegue Marzia Salgarello.

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TERAPIE La chirurgia del linfedema

IL FUTURO

E DOMANI I VASI SU MISURA

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entre i chirurghi migliorano sempre più gli interventi, nei laboratori, compreso quello del San Raffaele, si cercano soluzioni diverse, partendo dai biomateriali. L’idea è quella di costituire una vera e propria impalcatura di collagene, fibra naturalmente presente nel corpo, sulla quale far crescere, con opportune miscele, vasi linfatici nuovi, che sostituiscano quelli danneggiati o ostruiti. Gli studi proseguono e, nel frattempo, negli Stati Uniti, c’è già chi è molto avanti; all’Università di Stanford, in California, il gruppo di cardiochirurgia toracica di Ngan Huang insieme ai bioingegneri della stessa università ha pubblicato di recente su Biomaterials quanto ottenuto con fibre di collagene di dimensioni nano, usate come supporto per vasi linfatici. In sintesi le nanofibre sono state ricoperte di porzioni di vasi linfatici note per essere particolarmente attive nella crescita; il tutto è stato impiantato in otto animali sperimentali nei quali era stato indotto un linfedema. Dopo tre mesi, nella zona dell’impianto era possibile contare 27 nuovi vasi per millimetro quadrato, rispetto all’unico nuovo vaso visibile negli animali di controllo, non trattati con le nanofibre; anche i sintomi sono stati nettamente inferiori negli animali trattati. I test continuano per cercare di giungere il prima possibile all’approvazione della tecnica sugli esseri umani.

C’è poi un’altra possibilità chirurgica: congiungere tra loro vasi linfatici sani. Spiega ancora Mukenge: “In alcuni casi si procede a prelevare un tratto di vaso linfatico, per esempio in un arto o nel collo, e lo si trapianta nel punto in cui un altro si è ostruito, ripristinando così la circolazione linfatica”. L’intervento, in questo caso, è più lungo e lascia cicatrici più visibili, ma talvolta è l’unica soluzione.

specifica, unita a un’elevatissima manualità. Inoltre sono indispensabili gli strumenti adeguati, sia per una diagnosi accurata che permetta di programmare un intervento ad hoc sia per l’operazione vera e propria, assistita da macchine che ingrandiscono e permettono una visuale del campo operatorio altrimenti impossibile. Essenziale anche il follow-up, perché chi viene operato deve essere seguito nel tempo e assistito con un’adeguata riabilitazione. Ma curare il linfedema si può, e si deve, se si vuole preservare una buona qualità di vita. Secondo uno studio recente, il danno alla qualità di vita arrecato dal linfedema nelle donne che hanno subito l’asportazione di un tumore mammario e poi hanno avuto una ricostruzione della mammella può annullare persino i benefici della ricostruzione, perché le conseguenze sulla quotidianità possono essere anche molto pesanti. Per questo non bisogna mai trascurare un sintomo che non passa da solo, che può solo peggiorare fino a diventare non più trattabile e che, invece, con un giusto approccio, multidisciplinare e specialistico al tempo stesso, può essere contenuto o talvolta annullato.

Il trapianto di linfonodi è una possibile alternativa

OPZIONE LINFONODI Vi è infine un altro tipo di autotrapianto: quello dei linfonodi. “Si cercano dei linfonodi la cui asportazione non provochi, di per sé, un linfedema, quindi si reimpiantano nel tratto interessato dall’accumulo di linfa” spiega la chirurga romana. “Questa tecnica, delicata e difficile, presenta alcuni vantaggi, perché il linfonodo funziona come una pompa e, una volta innestato, favorisce attivamente la formazione di nuove vie dove la linfa possa defluire”. Come emerge dai racconti dei due esperti, non si tratta dunque di interventi alla portata di qualunque chirurgo: è necessaria una formazione


RECENSIONI Maio/Codignola

La storia dell’immunoterapia è un successo in divenire Un libro scritto da un medico ricercatore e da una giornalista scientifica racconta la storia della più innovativa tra le cure anticancro: quella su cui si punta per minare il tumore dall’interno

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a cura della REDAZIONE ome ogni buon libro di medicina che racconta un successo della ricerca, anche il libro di Michele Maio e Agnese Codignola sull’immunoterapia dei tumori inizia raccontando la storia di questo settore della ricerca oncologica, perché non esistono scoperte isolate. Ogni nuova intuizione, ogni nuova cura poggia solidamente sui successi (e gli insuccessi) della ricerca del passato. È anche questo un messaggio importante che il lettore di Maio (attualmente direttore del Centro di immunoterapia oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena e uno dei pionieri di questo filone di cure in Italia) e Codignola (ex ricercatrice e giornalista scientifica) porta a casa al termine di una storia che si snoda per oltre 200 pagine ma che, malgrado la tematica complessa, si legge come un racconto.

La quarta arma L’immunoterapia (cioè l’idea che sia possibile utilizzare il sistema immunitario del paziente stesso per eliminare il tumore, aggirando i complessi mec-

canismi di camuffamento che la malattia mette in atto per sfuggirgli) non si è imposta fin dall’inizio. Tutt’altro: in un’era in cui gli sforzi di gran parte della ricerca oncologica si concentravano sull’identificazione di nuovi bersagli molecolari e mutazioni genetiche, gli studiosi dell’immunoterapia erano considerati tutt’al più come utili comprimari, che avrebbero un giorno dato il loro contributo per potenziare farmaci che agissero direttamente sul tumore. “Oggi l’immunoterapia è la quarta arma contro Gli autori il cancro, dopo le tre più classiche: chirurgia, chemioterapia e radioterapia” spiega Michele Maio. “La svolta nell’immunoterapia dei tumori è arrivata con alcuni farmaci (in genere anticorpi) capaci di modulare il funzionamento del sistema immunitario bloccando proprio le molecole che il tumore rilascia per diminuirne l’efficienza. Questi farmaci non hanno bisogno di arrivare fino al tumore perché il loro bersaglio si trova sulle cellule del sistema immunitario”. Si chiamano ipilimumab e tremeli-

mumab i primi due farmaci entrati in commercio e capaci di agire con questi meccanismi. “Ipilimumab ha dimostrato, in alcuni studi, di riuscire a raddoppiare la sopravvivenza nel melanoma metastatico, portandola da 5 a 10 anni” spiega Codignola. “Oggi le stesse terapie sono allo studio in un gran numero di tumori solidi”. Il libro racconta di successi e insuccessi anche attraverso le storie di pazienti, alcuni dei quali ancora oggi in cura presso il centro di Maio. Per molti di loro l’immunoterapia ha significato la salvezza, per altri mesi o anni di vita in più. “Proseguiamo nella sperimentazione di nuove cure e nuove indicazioni nella convinzione che proprio l’immunoterapia possa essere il grimaldello che permetterà di sconfiggere la malattia” conclude Maio. Titolo: Il corpo anti cancro – Come con l’immunoterapia si può vincere la lotta contro i tumori Autori: Michele Maio e Agnese Codignola Editore: Piemme editore, 2017 228 pagine, 17,90 euro

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FARE CHIAREZZA Talco e cancro ovarico

In questo articolo: talco tumore ovarico prevenzione

Nessuno studio solido contro l’uso del talco

Gli studi più affidabili

Dopo una sentenza emessa da un tribunale statunitense contro un grande produttore di talco per un possibile caso di tumore ovarico, si è diffuso l’allarme tra le donne che hanno fatto uso di questo prodotto igienico. Ma le prove accusatorie sono labili

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a cura di FABIO TURONE el febbraio del 2016 la sentenza con cui un tribunale americano ha condannato una delle più note aziende di prodotti di igiene a pagare un risarcimento di ben 72 milioni di dollari alla famiglia di Jackie Fox, morta di tumore ovarico, ha fatto il giro di tutti i media mondiali. E ha sollevato non poche preoccupazioni. Secondo la giuria, l’azienda era responsabile di non aver adeguatamente informato i consumatori sul fatto che l’uso prolungato di prodotti per l’igiene a base di talco (in particolare se usati a livello inguinale o, come si faceva fino a

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qualche anno fa, per mantenere asciutti i diaframmi contraccettivi in lattice di gomma) comporterebbe un aumento del rischio di tumore dell’ovaio. Ma è vero? Innanzitutto è bene sgomberare il campo da un equivoco comune: negli Stati Uniti, come in Italia, una sentenza non è determinata soltanto dalla solidità delle prove scientifiche. Il giudice (e, nel caso degli Stati Uniti, anche la giuria popolare) possono basare il giudizio su valutazioni generali di natura non strettamente scientifica.

Manca il meccanismo biologico del danno

LE CONCLUSIONI DELLO IARC

lla luce dei dati disponibili, l’International Agency for Research on Cancer (IARC), che fa capo all’Organizzazione mondiale della sanità:

e della limitata quantità di dati provenienti dagli animali, lo IARC considera il talco non contaminato da asbesto come “non classificabile tra i carcinogeni umani”;

classifica il talco contaminato da asbesto (un minerale già noto per essere all’origine del mesotelioma pleurico) come “carcinogeno per gli esseri umani”;

sulla base delle scarse prove provenienti da studi su esseri umani che collegano il cancro ovarico all’uso di talco, lo IARC considera solo l’uso del talco a livello perineale (cioè genitale o intravaginale) come “possibile carcinogeno per l’uomo” (gruppo 2B).

sulla base della mancanza di dati provenienti da studi sull’uomo

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La verità scientifica, come spesso accade, presenta ancora alcune aree di incertezza. Quello che è certo è che se anche l’esposizione prolungata al talco comporta un aumento del rischio di tumore dell’ovaio, questo aumento è di certo molto modesto in valori assoluti. Il tumore ovarico è, per fortuna, relativamente poco frequente: rappresenta infatti meno del 3 per cento di tutti i casi di tumore. In generale, tra i numerosi studi che sono stati condotti negli ultimi anni sull’argomento, quelli con i campioni più grandi e con la metodologia più rigorosa non hanno rilevato alcuna associazione tra uso di talco e sviluppo di tumore ovarico. La maggioranza degli studi condotti finora è basata sulla memoria delle partecipanti, che sono state invitate a ricordare cosa hanno fatto nel passato: sono i cosiddetti studi “caso-controllo”, che provano a capire quali eventi o comportamenti del passato sono comuni tra chi si è ammalato (i “casi”) e quali non lo sono tra le donne sane (i “controlli”). Proprio perché si basano sulla ricostruzione a posteriori, i ricercatori sanno che non sempre questi studi forniscono risultati solidi. Più affidabili sono gli studi detti di coorte, che reclutano un ampio gruppo di donne sane e le seguono nel tempo raccogliendo numerosi dati (tra cui per esempio il consumo di prodotti per l’igiene intima con talco). L’unico studio di questo tipo che ha indagato la relazione tra talco e tumore dell’ovaio non ha osservato alcun legame. D’altra parte, nessuno scienziato ha finora identificato né ipotizzato un meccanismo biologico per cui il talco potrebbe causare lo sviluppo del tumore (almeno da quando, negli anni settanta, sono state eliminate tutte le contaminazioni da asbesto – lo stesso minerale contenuto nell’amianto – che fino ad allora erano comuni).


Metanalisi e revisioni Più in dettaglio, una metanalisi (cioè una serie di metodi matematicostatistici che integrano i risultati di diversi studi clinici e traggono conclusioni più solide di quelle ottenute da ogni singolo studio) applicata ai risultati di 16 studi che avevano coinvolto complessivamente 12.000 donne e pubblicata nel 2003 da Huncharek e collaboratori sulla rivista Europe PMC, segnalava un aumento del rischio di cancro ovarico associato all’uso del talco di circa un terzo. Una revisione del 2013 sugli studi americani (con 18.000 donne coinvolte) ha rilevato un aumento analogo associato all’uso del talco per l’igiene intima ma non all’uso su altre parti del corpo. Entrambi questi studi sono di tipo caso-controllo. Un altro ampio studio americano pubblicato nel 2000 – che coinvolgeva circa 80.000 donne – non ha rilevato alcuna correlazione, se non un debole legame con un tumore molto particolare, il tumore ovarico sieroso, che potrebbe anche essere frutto del caso o della contaminazione da asbesto, un problema non più presente al giorno d’oggi. Anche uno studio australiano del 2008 ha osservato un debole legame con questo specifico tipo di tumore. Nel 2007, la metanalisi di nove studi che hanno valutato donne che hanno usato i diaframmi contraccettivi conservati nel talco non ha osservato alcun legame: questo dato è considerato particolarmente rassicurante, perché un’esposizione così ravvicinata alla sede di sviluppo della malattia dovrebbe avere un effetto più significativo e visibile. Nel complesso, gli esperti sottolineano che anche un aumento di rischio di un terzo – il valore massimo osservato da alcuni studi – rimane di entità in assoluto modesta. Un altro elemento che gli esperti ritengono importante è la mancata relazione, negli studi caso-controllo che hanno osservato un aumento di rischio, tra l’entità dell’esposizione al talco e l’entità dell’aumento di rischio. In pratica, chi ha usato più spesso prodotti per l’igiene intima a base di talco, o chi usava a scopo contraccetti-

vo un diaframma ricoperto di talco, non ha mostrato un rischio maggiore di chi ha avuto un’esposizione minore o meno diretta. Anche questo viene interpretato come un dato a sostegno della relativa sicurezza del talco, perché quando una sostanza causa il cancro vi è una netta relazione tra entità dell’esposizione e aumento di rischio, per via di una sorta di effetto di accumulo dei danni.

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PREVENZIONE Diagnosi precoce

In questo articolo:

screening del melanoma mappa dei nei dermatoscopia

Per il melanoma non screening ma occhi sempre aperti Nessuno studio è riuscito a dimostrare che una visita periodica per il controllo dei nei riduca la mortalità per melanoma e, per questa ragione, non esistono programmi di screening ufficiali. La diagnosi precoce resta comunque essenziale e presuppone un’attenzione particolare da parte della singola persona a cura di AGNESE CODIGNOLA dermatologi, gli oncologi e le autorità sanitarie, la stessa Organizzazione mondiale della sanità lo ripetono ormai da anni: proteggetevi, evitate lettini e lampade, e controllatevi. Lo ripetono perché continuano a vedere numeri che preoccupano: l’incidenza del melanoma, sia pure con differenze anche notevoli nei vari Paesi, è in aumento. In Italia, secon-

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do gli ultimi dati dei Registri tumori, nel 2016 ci sono stati circa 13.800 nuovi casi, 7.200 dei quali tra gli uomini e 6.600 tra le donne, e la malattia rappresenta ormai il 3 per cento di tutti i tumori. Il rischio è elevato sia negli uomini (si ammala uno su 66) sia nelle donne (una su 84), ma ciò che desta allarme è l’aumento dell’incidenza, che al momento è cresciuta del 3,1 per cento l’anno tra gli uomini e del 2,6 per cento

l’anno tra le donne. Le cause del melanoma sono diverse: per le persone di una certa età, è il risultato di esposizioni non controllate, anzi, spesso raccomandate dai medici di qualche decennio fa, al fine di aumentare la vitamina D, o di esposizioni prolungate al sole per ragioni professionali; per i più giovani, le cause sono in parte sconosciute, ma anche legate all’amore per la tintarella in tutte le stagioni. Fino a non pochi anni fa non c’erano limitazioni né verifiche sulle macchine abbronzanti, e moltissime persone si sono esposte, magari per anni, ai raggi UV emessi da lampade e lettini solari, con esiti disastrosi. Oggi, non a caso, in alcuni Paesi vi sono vincoli (in Italia le lampade e i lettini sono vietati ai minorenni) e severi standard per gli strumenti, ma molto ancora resta da fare, perché i controlli sono scarsi.

Il consiglio è di fare una visita dopo i 50 anni

DIAGNOSI PRECOCE Uno strumento per evitare che la malattia si sviluppi e diventi difficile da trattare (perché avanzata) c’è, ed è sempre lo stesso: la diagnosi precoce. Nel caso del melanoma, le indicazioni delle società scientifiche e delle autorità sanitarie sono però eterogenee, perché non è mai stato dimostrato che un sistema di osservazione

Quest’anno vogliamo affrontare in particolare quattro grandi sfide: 1-immunità e cancro, 2-prevenzione, 3-cancro e ambiente e 4-indentificazione dei bersagli per cure mirate. Questa ricerca risponde alla sfida 2. Per approfondire vai su www.airc.it/sfide

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periodica dei nei (sia esso la visita a occhio nudo, la mappatura o l’uso del dermatoscopio, un apparecchio che illumina in modo particolare il neo permettendo di vedere le strutture appena sotto la superficie della pelle) possa davvero ridurre la mortalità, e quindi nessuno consiglia un metodo specifico e una cadenza precisa. La cosa migliore è attenersi ad alcuni consigli: nel caso dell’Italia, quelli presenti sul sito del Ministero della salute (www.lamiapelle.salute.gov), che invita ad andare dal medico di famiglia in caso si noti un neo sospetto. Basta ricordare la regola ABCDE: Asimmetria, Bordi, Colore, Dimensioni ed Evoluzione sono i parametri da tenere presenti qualora la lesione sulla pelle mostri un cambiamento. Se l’aspetto del neo muta, è bene farsi controllare. Per quanto riguarda i controlli periodici, il Ministero consiglia di effettuare l’autoesame o una visita specialistica agli uomini con più di 50 anni, a chiunque abbia una storia personale o familiare di melanoma, di altri tumori della pelle o di cheratosi attinica, a chi abbia un elevato numero di nei o un fototipo chiaro (occhi azzurri o verdi, capelli chiari o rossi).


EPIDEMIOLOGIA

L’ONDA LUNGA DEL SOLE SENZA PROTEZIONI

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isognerà attendere il 2050 per veder calare i decessi per melanoma, almeno per quanto riguarda Australia, Stati Uniti e Svezia. Fino ad allora, infatti, si pagheranno le conseguenze dell’esposizione indiscriminata al sole sostenuta da molti medici tra il 1900 e il 1960, e dell’aumento di incidenza della malattia dovuto all’invecchiamento della popolazione. Questa la data, poco rassicurante, annunciata dagli epidemiologi dell’International Prevention Research Institute di Lione, in Francia, allo European Cancer Congress svoltosi a fine gennaio ad Amsterdam. Secondo gli esperti francesi, infatti, anche pensando di disporre di terapie che riducano del 25 per cento la mortalità, e contando sul fatto che siano accessibili a tutti i malati, il trend dei decessi è ancora in crescita o stabile, e non in discesa, e solo nel 2050 si avranno numeri diversi. Va però anche ricordato che lo studio non tiene conto della recente introduzione dell’immunoterapia e dei protocolli combinati con gli altri approcci che, negli ultimi anni, stanno modificando drasticamente il trattamento del melanoma: gli effetti delle nuove cure sulla mortalità si vedranno probabilmente anche prima del 2050.

LO STATO DI PARTENZA Non si parla quindi di screening vero e proprio né di specifici controlli per tutti, ma gli specialisti non sono unanimemente concordi con questo approccio. Secondo alcuni, per esempio, può essere utile, dopo i 18 anni, fare una mappatura dei nei, che permetta di avere una sorta di fotografia della situazione di partenza con la quale confrontarsi nel corso degli anni. Spiega Mario Santinami, responsabile della Struttura melanoma e sarcoma dell’Istituto nazionale tumori di Milano: “La mappatura serve per verificare l’andamento dei propri nei nel tempo, dal momento che il primo segnale dell’insorgenza di un melanoma è il cambiamento di forma, dimensioni e colore di uno o più nei”. Per disegnare la mappa, il dermatologo si serve di un dermatoscopio. Una volta identificato un neo, il medico vi appoggia sopra il dermatoscopio e acquisisce al computer un’immagine che verrà numerata, identificata e archiviata con tutte le altre della stessa persona fino a costituire una vera e propria mappa digitale, che servirà per il confronto nella visita successiva. Qualora lo specialista veda qualcosa

che merita indagini più approfondite, può consigliare una biopsia, asportando tutto il neo sospetto. Se invece la visita non mette in evidenza alcun elemento degno di nota, i controlli vanno continuati secondo la modalità suggerita dal Ministero. Senza però mai indugiare quando un neo o una lesione poco chiara iniziano a dare segni di sé, come chiarisce ancora Santinami: “È molto importante riferire al proprio medico l’eventuale presenza di un neo che modifica le proprie caratteristiche o di un nuovo neo che insorge improvvisamente e si accresce con rapidità per poter fare una diagnosi precoce, così come di sintomi quali prurito molto persistente o sanguinamento. La diagnosi precoce è fondamentale: può migliorare radicalmente la prognosi, ossia le probabilità di guarigione”. In effetti i numeri parlano chiaro anche per quanto riguarda la sopravvivenza: il rischio di morire è pari a un caso ogni 305 per gli uomini e uno su 535 per le donne; a cinque anni dalla diagnosi, la sopravvivenza è superiore all’85 per cento, ma molto dipende dallo stadio alla diagnosi.


TERAPIE I generici del biologico

I farmaci biosimilari entrano in oncologia Saranno presto disponibili sul mercato le versioni “senza marca” di alcuni farmaci biologici molto utilizzati in oncologia. Ecco di cosa si tratta, quali sono i benefici e i possibili rischi per chi li utilizza

a cura di CRISTINA FERRARIO l cancro è una malattia costosa: costa molto innanzitutto in termini fisici e psicologici a chi ne soffre e in termini emotivi a chi dei malati si prende cura, ma costa molto anche dal punto di vista economico. Ciascun chemioterapico, e ancor di più i cosiddetti “farmaci mirati”, come per esempio gli anticorpi monoclonali, costa centinaia o migliaia di euro per dose. Il fattore prezzo può creare problemi di utilizzo in alcuni contesti sanitari. Come si legge dalle pagine della rivista Lancet Oncology, una soluzione possibile è l’arrivo sul mercato dei biosimilari che potrebbero essere considerati la versione generica (senza marca) del far-

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maco biologico. Costano meno rispetto all’originale e per questa ragione potrebbero consentire un notevole risparmio di risorse economiche da investire in altre aree della sanità. Ma se per i farmaci “classici”, creati sulla base di semplici sintesi chimiche, le differenze tra prodotto di marca e generico non influenzano l’efficacia della cura, con i biosimilari le cose potrebbero andare diversamente.

I metodi di produzione non sono identici

SIMILI MA NON UGUALI Il termine “biosimilare” fu introdotto per la prima volta nel 2006 nell’Unione Europea per indicare i farmaci nati come copie di terapie biologiche (i cosiddetti “prodotti di riferimento”) dopo la scadenza dei loro brevetti (in Italia validi 20 anni).

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I farmaci biologici presentano differenze importanti rispetto a quelli più tradizionali, definiti anche “sintetici”: innanzitutto sono molecole più grosse e complesse, ma soprattutto vengono prodotti sfruttando particolari cellule che diventano veri e propri laboratori viventi. Una molecola così generata, però, non potrà mai essere replicata in modo identico nelle diverse occasioni, complici le differenze nelle cellule che servono da “laboratorio di produzione” e nelle carat-

teristiche dei processi produttivi stessi. Anche il confezionamento e il trasporto influiscono sul prodotto. E così capita che persino tra due diversi lotti dello stesso farmaco biologico (inclusi quelli di marca) ci possano essere differenze, seppur non sostanziali, ai fini dell’efficacia terapeutica o della sicurezza per il paziente. Per poter essere utilizzato dai pazienti, però, un farmaco generico deve risultare uguale dal punto di vista chimico al farmaco di marca

IN FARMACIA

GLI APRIPISTA

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n commercio esistono già le versioni generiche di alcuni anticorpi monoclonali che, in certi casi, hanno avuto un impatto molto significativo sul mercato. Il primo a essere approvato dall’EMA, l’Agenzia europea per i medicinali, è stato CT-P13, versione biosimilare di infliximab, un farmaco che blocca la molecola TNFalfa e trova impiego in diverse patologie tra le quali l’artrite reumatoide, la psoriasi e il


In questo articolo: farmaci generici biosimilari spesa sanitaria

e deve essere equivalente in termini di farmacocinetica, ovvero deve essere assorbito, distribuito ed eliminato dal corpo nello stesso modo. Le aziende devono quindi dimostrare, anche con studi clinici appositi e con dati di laboratorio sulle caratteristiche chimico-fisiche della molecola, che il nuovo farmaco è sicuro ed efficace. “Esistono due tipi di biosimilari” spiega il farmacologo Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano. “Per quelli con una

struttura chimica ben definita, come l’insulina o l’ormone della crescita, possono bastare le stesse regole dei generici. Per quelli più complessi sono necessari studi clinici di confronto con i farmaci di marca, che richiedono molto tempo”. NUOVE SFIDE E OPPORTUNITÀ A partire dal 2006 sono stati immessi sul mercato europeo oltre 20 farmaci biosimilari, inclusi alcuni utilizzati come supporto in tera-

pie per il cancro, come l’immunostimolante filgrastim o l’antianemico epoetina alfa. Rispetto ai veri e propri farmaci antitumorali, come ad esempio gli anticorpi monoclonali, si tratta comunque di molecole piccole e piuttosto semplici, che sono copie di un prodotto di riferimento che a sua volta è la copia di una molecola presente nell’organismo. I brevetti hanno cominciato a scadere nel 2014 ed entro il 2018 i cinque biologici più venduti saranno liberi da diritti e quindi “copiabili” da chiunque voglia produrli e venderli a minor costo. Per gli anticorpi monoclonali le cose si complicano e dimostrare che il nuovo prodotto è efficace e sicuro come quello originale può diventare un’ardua impresa. Le ragioni sono molte e includono, per esempio, il fatto che spesso queste molecole sono utilizzate in combinazione con la chemioterapia, complicando ulteriormente il già complesso studio delle proprietà. Ma oltre all’efficacia, quando si pensa a un biosimilare di un anticorpo monoclonale è fondamentale fare i conti con la sicurezza e

in particolare con le reazioni locali, in prossimità del punto in cui viene inserito l’ago per la somministrazione, e con l’immunogenicità, ovvero la capacità del farmaco di generare reazioni immunitarie sotto forma di anticorpi che, in alcuni casi, possono neutralizzare l’effetto della terapia o addirittura rivelarsi dannosi per il paziente. “È utile sottolineare che, partendo dall’esperienza accumulata in passato e con l’aiuto di tecniche di analisi sempre più sofisticate, oggi la sicurezza dei biosimilari è molto elevata” spiega ancora Garattini. “Sono i test effettuati a tagliare la testa al toro: una volta superati i controlli, non c’è motivo per preferire un farmaco di marca al suo corrispettivo senza marca”. E in effetti in Europa sono già 400 milioni i pazienti trattati ogni giorno con tali prodotti in settori diversi dalla cura del cancro. Con il loro arrivo anche in oncologia, si aprono potenzialità di risparmio notevoli per i sistemi sanitari, già in crisi da anni e con l’acqua alla gola, col vantaggio di aumentare la disponibilità di terapie mirate per i pazienti.

I primi brevetti sono scaduti nel 2014

morbo di Crohn. L’autorizzazione è arrivata nel 2014 e in alcuni Paesi il risparmio economico ha raggiunto il 70 per cento rispetto al prodotto di riferimento, che è stato praticamente eliminato dal mercato. Nell’aprile 2016 l’EMA ha approvato un altro biosimilare di infliximab con il nome di SB2 e con le stesse indicazioni già definite per il farmaco di riferimento. Per quanto riguarda l’oncologia, sono attualmente in corso studi per la valutazione delle versioni biosimilari di trastuzumab e di rituximab usati rispettivamente in alcuni tumori mammari, linfomi e leucemie.


SPERIMENTAZIONE ANIMALE Moratoria

Proroga di tre anni della moratoria sulla sperimentazione animale Dopo le proteste del mondo scientifico per l’entrata in vigore di una norma che impedirebbe di svolgere esperimenti ritenuti essenziali per il progresso della scienza e per lo sviluppo di nuove cure, il parlamento ha concesso altri tre anni di moratoria, lasciando però i ricercatori nel limbo per quel che riguarda il futuro dei loro progetti

LE RESTRIZIONI INTRODOTTE DALL’ITALIA

Il decreto vieta di utilizzare animali per gli xenotrapianti d’organo (ovvero vieta di impiantare organi di una specie in un’altra specie), che spesso rappresentano l’unica possibilità per trovare cure per patologie molto gravi.

Il decreto vieta l’uso di animali nelle ricerche sulle sostanze d’abuso. Questo però è l’unico modo che i medici hanno per studiare gli effetti di nuove droghe sintetiche che periodicamente invadono il mercato e intossicano (o uccidono) specialmente i gio-

vani consumatori. Inoltre, la legge vieta anche le ricerche che in anni recenti hanno cominciato a dare risultati incoraggianti nella lotta alla sindrome di astinenza neonatale, che colpisce i bambini nati da madri tossicodipendenti. Il decreto proibisce l’utilizzo degli animali nella didattica e nella formazione universitaria, a eccezione di quella di medici e medici veterinari. A biologi, farmacisti, biotecnologi e altri ricercatori viene negata una adeguata formazione durante gli studi, spingendoli a lasciare l’Italia e a formarsi all’e-

stero per avere le stesse opportunità dei loro colleghi europei. Il decreto prevede il divieto di allevare in Italia cani, gatti e primati non umani destinati alla ricerca scientifica. Si possono però acquistare questi animali all’estero, con un considerevole aumento dei costi e l’impossibilità di condurre in Italia ricerche relative allo sviluppo prenatale e immediatamente postnatale su queste specie. C’è quindi il rischio che molte ricerche vengano spostate all’estero, con evidente danno per la scienza e l’economia italiane.


In questo articolo:

sperimentazione animale norme e leggi ricerca scientifica

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a cura della REDAZIONE l rischio di dover sospendere ricerche essenziali per il progresso nella cura di molte malattie è temporaneamente scongiurato. Il 23 febbraio scorso, infatti, è stato approvato in parlamento il cosiddetto “decreto Milleproroghe”, all’interno del quale il governo ha prolungato per altri 3 anni la moratoria su alcuni divieti introdotti dal decreto legislativo n. 26 del 4 marzo 2014. Il decreto avrebbe dovuto recepire la direttiva europea 2010/63 sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, ma ha introdotto divieti che inaspriscono quelli già molto rigorosi previsti dalla direttiva stessa (vedi box).

Una battaglia per la scienza

La sperimentazione animale è una pratica già molto regolata e limitata dalle norme in vigore e da una direttiva europea che l’Italia ha recepito introducendo ulteriori restrizioni, a differenza di tutti gli altri Paesi dell’Unione. Per rispondere alle legittime richieste di chi vuole che gli animali siano tutelati il più possibile, il parlamento europeo, dopo aver sentito tutti gli attori in gioco, aveva proposto e votato questa direttiva che ogni membro dell’Unione, Italia compresa, avrebbe dovuto recepire. Proprio la discussione sul recepimento della norma europea è stata, nel nostro Paese, all’origine di una battaglia che ha portato alla messa a punto di restrizioni ancora più drastiche. Lo scorretto recepimento della direttiva europea è inoltre oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea e obbligherà l’Italia a pagare una multa che crescerà di giorno in giorno, se il parlamento non interverrà.

possibile e nei limiti dell’applicabilità. Anche i metodi alternativi sono prodotti dagli scienziati e quelli validati sono già preferiti agli animali, perché hanno costi inferiori ed evitano ai ricercatori lo stress di lavorare con gli animali. A oggi né le colture in vitro, né i modelli sviluppati al computer consentono di studiare davvero i processi fisiologici che controllano la funzionalità di tessuti e organi, basati su interazioni complesse e sistemiche tra milioni di cellule diverse.

Orizzonte temporale La nuova proroga, se da un lato soddisfa in parte le esigenze immediate dei ricercatori, costituisce comunque una minaccia per lo sviluppo della scienza in Italia. Gli scienziati avevano infatti chiesto una moratoria di almeno 5 anni. Research4Life, piattaforma di cui anche AIRC fa parte e che rappresenta i principali attori della ricerca biomedica in Italia, ha espresso una moderata soddisfazione per il risultato ottenuto nel decreto Milleproproghe ma anche preoccupazione per il futuro della ricerca in Italia. “Le nostre richieste” ha dichiarato Giuliano Grignaschi a nome di Research4Life “sono state almeno in parte ascoltate e analizzate con maggiore obiettività rispetto al passato, a discapito di prese di posizione più emotive

e ideologiche, e questo ci fa ben sperare. Tuttavia siamo molto preoccupati perché il futuro della ricerca italiana rischia di essere compromesso, a svantaggio dei ricercatori italiani che potrebbero accedere ai finanziamenti con maggiore difficoltà rispetto ai colleghi europei, oltre che dei pazienti con bisogni di cura ancora insoddisfatti”. Le reazioni non sono mancate anche dal fronte di chi vuole l’abolizione totale della sperimentazione animale, con il lancio di una campagna per attribuire alla ricerca sulle metodologie alternative la metà del budget destinato alla ricerca scientifica in Italia: una proposta irrealistica, anche perché le ragioni per cui le metodologie alternative sono complementari e non ancora sostitutive sono legate più alla natura degli organismi complessi che alla mancanza di fondi per la ricerca. “Non va dimenticato” ha ribadito Grignaschi “che purtroppo la sperimentazione animale è ancora oggi una necessità fondamentale per lo sviluppo di nuove cure per tante importanti malattie. Questa proroga inoltre non è risolutiva rispetto alla procedura di infrazione europea per lo scorretto recepimento della direttiva in materia. Ora bisogna quindi lavorare per rendere coerente la normativa italiana con quella europea, con l’obiettivo di restituire competitività ai nostri ricercatori ed evitare una multa consistente”.

C’è un’alternativa? In questo momento non esistono metodi alternativi alla sperimentazione animale ma metodi “complementari”, ovvero metodi che non la sostituiscono ma ne limitano il ricorso laddove sia APRILE 2017 | FONDAMENTALE | 27


RICERCA IFOM Scienza e società

In questo articolo: ricercatori ricerca di base finanziamenti

La ricerca di base vista dall’interno In un sondaggio svolto tra Italia, Regno Unito e USA, gli scienziati che si occupano di ricerca di base parlano delle loro motivazioni, dell’impatto dei loro studi sulla salute pubblica e degli aspetti positivi e negativi delle politiche attuali sulla ricerca

LO SCIENZIATO “DI BASE” Ecco in sintesi le convinzioni dei ricercatori che si occupano di ricerca di base e che, in alcuni casi, vanno contro l’opinione comune su questi scienziati. LE MOTIVAZIONI La salute delle persone La curiosità personale e la soddisfazione di riuscire a risolvere problemi complicati LO SCOPO Per la ricerca biologica: ampliamento delle conoscenze, indipendentemente dall’applicabilità futura Per la ricerca biomedica: benefici per la salute dei cittadini (non necessariamente immediati) STRATEGIE PER AUMENTARE LA SODDISFAZIONE DEI RICERCATORI Più incontri tra ricercatori e cittadini Riconoscimento del ruolo della ricerca di base nel raggiungimento di risultati chiave per la salute (per esempio, la scoperta di un nuovo farmaco) Fonte: Sorrentino C et al. Increasing both the public health potential of basic research and the scientist satisfaction. An international survey of bio-scientists [version 2; referees: 2 approved]. F1000Research 2016, 5:56. doi: 10.12688/f1000research.7683.2.

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a cura della REDAZIONE osa spinge gli scienziati a occuparsi di ricerca di base, cioè quel tipo di ricerca che studia il funzionamento delle cellule e non punta direttamente allo sviluppo di una cura? E cosa ne pensano dell’impatto sulla salute pubblica del lavoro svolto al bancone di laboratorio? A queste e a molte altre domande hanno risposto i ricercatori IFOM di Milano che hanno portato a termine, assieme ai colleghi di Harvard e della Bryant University (Stati Uniti), un sondaggio tra chi ha fatto della ricerca di base il proprio lavoro quotidiano. “La ricerca di base genera conoscenze che hanno un valore indipendente dalle applicazioni future” spiega Giorgio Scita, che ha coordinato da Milano la ricerca. “Ma non dimentichiamo che questi studi possono portare a grandi benefici pratici come per esempio nuovi farmaci o nuovi metodi di diagnosi” gli fa eco Andrea Ballabeni, coordinatore della ricerca oltreoceano, alla Harvard T. H. Chan School of Public Health di Boston. Eppure sono ancora in tanti a credere che questo tipo di studi serva solo a soddisfare la curiosità e il desiderio di fama dei ricercatori. Da qui l’idea di un sondaggio per comprendere meglio le motivazioni degli scienziati e per creare strategie utili ad aumentare l’im-

patto della ricerca sulla salute pubblica. “Siamo partiti da un sondaggio precedente condotto sui ricercatori di Harvard e abbiamo ampliato il questionario includendo domande relative a strategie per migliorare la ricerca di base e il suo legame con la società” dicono gli autori, che hanno coinvolto nello studio circa 900 scienziati di 4 aree geografiche: Los Angeles-San Diego, Londra-Cambridge, Milano e New York City. E, a conti fatti, lo studio ha dimostrato che una delle motivazioni più forti per i ricercatori di base è la salute delle persone, mentre il prestigio o il riscontro economico sono meno importanti. La curiosità personale e la soddisfazione nel risolvere problemi complessi sono tra le motivazioni di questi ricercatori convinti che l’aspetto pratico e quello più puramente scientifico della ricerca possano convivere. “Nel sondaggio si è parlato anche di finanziamenti e di come migliorare le politiche attuali di organizzazione della ricerca e siamo convinti che questi risultati siano importanti per creare nuove strategie e portare vantaggi reali alla scienza e alla società intera” concludono gli autori.

IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare che svolge attività scientifica d’avanguardia a beneficio dei pazienti oncologici è sostenuto dalla Fondazione italiana per la ricerca sul cancro-AIRC, attraverso lasciti testamentari (vedi p. 29).


UN LASCITO PER LA RICERCA

LASCITI Chi ha scelto di sostenere FIRC-AIRC

Girone, dopo la malattia S la passione per la ricerca La difficile esperienza del cancro ha fatto scoprire all’attore Remo Girone l’importanza della ricerca e oggi è orgoglioso di contribuirvi in prima persona con un lascito per FIRC-AIRC

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a cura della REDAZIONE n più di trent’anni di carriera ho sempre affrontato ogni ruolo con determinazione e forza di volontà. Tuttavia, la prova più difficile non è stata come attore, ma come uomo”. È sul set della Piovra, dove veste i panni del malvagio Tano Cariddi, che Remo Girone scopre il male che lo tocca da vicino: il cancro lo costringe ad allontanarsi dal set per curarsi. Non aveva ancora 40 anni, è guarito, è tornato in teatro, in tv e al cinema, collezionando successi e collaborazioni importanti. Ha recitato per Luca Ronconi a teatro, per Ettore Scola e Ridley Scott al cinema, nella Piovra e in Fantaghirò alla tv, solo per citare alcune sue apparizioni. Tra i suoi successi si contano anche il film Il gioiellino di Andrea Molaioli sul crac Parmalat e Benvenuto Presidente! con Claudio Bisio.

L’esperienza della malattia risveglia nell’attore una nuova passione per la vita e per la ricerca: “Questa difficile esperienza mi ha fatto innamorare ancora di più della vita e mi ha fatto capire, in prima persona, quanto siano importanti i progressi della ricerca; ecco perché, nel mio testamento, ho disposto un lascito a favore della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro-AIRC. Sono orgoglioso di poter dare il mio personale contributo a chi ha fatto tanto per me”. L’invito a destinare una parte, anche piccola, del proprio testamento per sostenere la ricerca sul cancro, si unisce all’impegno a informare il grande pubblico: “Ho avuto tanta fortuna nella vita, è giusto che ne restituisca un po’. Il tumore alla vescica ha sintomi spesso trascurati. Il medico che mi curò mi chiese di impegnarmi a informare, ho cercato di farlo e credo sia stato utile a tante persone”.

cegliere di fare testamento in favore della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro-AIRC, lasciandole anche solo una parte dei propri beni, significa dare un sostegno concreto e significativo alla ricerca oncologica in Italia. Pur riconoscendo i diritti dei propri eredi, si può sempre lasciare una parte del patrimonio a favore della ricerca sul cancro. Per questo FIRC-AIRC offre gratuitamente la Guida al testamento, uno strumento utile per sapere come si effettua un lascito testamentario: chi sono gli eredi e come vengono stabiliti; quali sono le quote di riserva a favore dei figli e del coniuge e tante altre informazioni pratiche. Il testamento può essere: olografo: basta scrivere su un foglio cosa si vuole destinare (per esempio una somma di denaro) e a chi, datarlo e firmarlo. Il testamento potrà essere poi affidato a una persona di fiducia o a un notaio; pubblico: viene ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni e poi custodito dal notaio stesso. Con la Guida al testamento, aggiornata secondo le leggi vigenti, effettuare un lascito testamentario è diventato un gesto semplice, per tutti: richiedila gratuitamente contattando tel. 02 79 47 07 www.fondazionefirc.it

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RACCOLTA FONDI Le storie, gli eventi, i partner

Barbara, così posso guardare con gioia al futuro Aveva solo nove anni, quando le fu diagnosticato un tumore alle ossa; ora Barbara è guarita, grazie alla ricerca e alle cure sempre più avanzate. Questa e altre storie di bambini guariti dai tumori infantili sono al centro della Fabbrica del Sorriso 2017

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a cura della REDAZIONE ll’inizio, quello di Barbara sembrò un banale incidente mentre giocava a pallavolo: una pallonata molto forte e la gamba si gonfiò, tanto che dopo una decina di giorni era diventata il doppio dell’altra. Aveva solo 9 anni, i medici le diagnosticarono uno strappo muscolare, eppure la gamba continuava

Barbara, guarita da un tumore osseo diagnosticato quando aveva 9 anni

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a fare molto male e non accennava a guarire. Da qui i dubbi iniziarono ad assillare i genitori di Barbara, che la portarono in ospedale per ulteriori accertamenti; finché dalla radiografia emerse la lesione tumorale: un osteosarcoma. I medici indirizzarono subito Barbara al Rizzoli di Bologna, istituto all’avanguardia nell’ortopedia. Era il Natale del 1995. Ebbe così inizio un periodo lungo e difficile, segnato

dai cicli di chemioterapia: tuttavia il fisico della ragazza rispondeva bene al trattamento. Ad aprile del 1996 fu sottoposta a un intervento di circa 16 ore, vissuto da Barbara con il terrore che la gamba potesse essere amputata. Per fortuna andò tutto bene: le prime parole che suo padre le rivolse al risveglio dall’anestesia furono “la gamba è salva”. Un grande sospiro di sollievo per la giovane romana. I cicli di chemioterapia proseguirono ancora per qualche tempo, poi negli anni i controlli assidui risultarono sempre negativi. Le cure avevano avuto successo. Ora Barbara non può essere indifferente verso chi sta vivendo la sua stessa esperienza: per questo torna spesso al Rizzoli, racconta ai pazienti la propria storia, cercando di infondere loro la forza e il coraggio necessari per portare avanti la propria battaglia contro il cancro. E un rapporto molto intenso la lega ancora ai medici che l’hanno curata: “I medici sono la mia famiglia, sono quasi dei genitori, perché i genitori mi hanno dato la vita, ma loro me l’hanno ridata”. Anche se la sua vita è ancora segnata dalla riabilitazione e da frequenti controlli, grazie alla ricerca oggi Barbara può guardare con gioia al futuro accanto al marito Andrea e ai figli Leonardo e Tommaso. “Aiutare e sostenere AIRC non è solamente una questione di umanità ma è un’assicurazione per il futuro” afferma Barbara con determinazione. “Il tumore riguarda tutti quanti, dal vicino alla persona più lontana”. La storia di Barbara, come quella di tanti bambini e ragazzi che hanno lottato con un tumore infantile, è al centro della campagna che vede unite Mediafriends e AIRC per la Fabbrica del Sorriso 2017, con l’obiettivo di raccogliere fondi per finanziare la migliore ricerca oncologica dell’Associazione. Grazie a questa iniziativa è possibile sostenere progetti innovativi per garantire un futuro a un maggior numero di bambini e ragazzi, attraverso lo sviluppo di nuove terapie e farmaci sempre più efficaci e meno tossici.


I GIORNI DELLA RICERCA L’impegno dei partner

La ricerca fa squadra alla Milano Marathon

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umerosi sono i maratoneti che hanno scelto di identificarsi con il progetto #oggicorroperAIRC, nel Charity Program della Milano Marathon di domenica 2 aprile: gli appassionati e i runner professionisti corrono la staffetta 4x10 chilometri, indossando il pettorale AIRC e sostenendo la migliore ricerca oncologica. Le squadre, infatti, oltre ad af-

Un fiore per battere i tumori femminili

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a Festa della Mamma da oltre 30 anni ha un fiore speciale: è l’Azalea della Ricerca che torna a colorare tutta Italia, domenica 7 maggio. I volontari AIRC saranno presenti con i banchetti in 3.600 piazze, dove distribuiranno i fiori con un contributo minimo di 15 euro, per raccogliere risorse fondamentali per garantire continuità al lavoro dei ricercatori AIRC, impegnati a rendere il cancro sempre più curabile. L’Azalea, infatti, è il simbolo della battaglia contro i tumori femminili e quest’iniziativa è un’occasione importante per informarsi sui progressi della ricerca e per ricordare a tutte le donne l’importanza di aderire agli screening raccomandati e di adottare stili di vita sani, comportamenti che possono ridurre fino al 70 per cento l’insorgenza dei tumori. Insieme alle azalee i volontari consegneranno anche una guida speciale dedicata proprio a questi temi.

Per informazioni, da fine aprile visita il sito www.lafestadellamamma.it frontare la gara podistica, si sfidano in una raccolta fondi a favore dell’Associazione sul portale di crowdfunding di Rete del Dono. Tra le tante squadre che hanno aderito, molte sono composte da ricercatori.

Per informarsi e sostenere il progetto: www.retedeldono.it/it/oggicorroperAIRC

Margherita per AIRC

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al 3 marzo al 25 aprile torna la Margherita per AIRC, italiana al 100 per cento. L’iniziativa, nata nel 2014, vede 60 Centri giardinaggio associati ad AICG (Associazione italiana centri giardinaggio) impegnati a vendere migliaia di piantine di margherite al prezzo di 4,50 euro, di cui 1,50 euro devoluti ad AIRC. La somma raccolta nel 2016 ha sostenuto Olga Tanaskovic, giovane ricercatrice al lavoro in un laboratorio dell’Istituto europeo di oncologia, grazie a una borsa di studio – intitolata proprio ad AICG. Obiettivo per questa edizione è permettere alla ricercatrice di proseguire il proprio percorso formativo, attraverso il finanziamento della seconda annualità della borsa. Testimonial dell’iniziativa è Margherita Granbassi, campionessa mondiale di scherma e volto di AIRC.

Margherita per

dal 3 marzo al 25 aprile Margherita Granbassi Campionessa mondiale di scherma e testimonial della ricerca

Una pianta di margherita a € 4.50, di cui € 1.50 sarà destinato ad una borsa di studio dell’Associazione Italiana per la per la Ricerca sul Cancro APRILE 2017 | FONDAMENTALE | 31 Un’iniziativa di:


RACCOLTA FONDI Le storie, gli eventi, i partner

Un frutto da 2,4 milioni

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li italiani hanno fatto il pieno di vitamine e solidarietà sabato 28 gennaio, in occasione delle “Arance della Salute”. Un ringraziamento speciale va ai 15.000 volontari che in tutt’Italia hanno sfidato le condizioni climatiche e sono scesi in oltre 2.700 piazze per distribuire le “Arance della Salute”, simbolo dell’alimentazione sana e protettiva, grazie alle loro straordinarie proprietà. Con una donazione di 9 euro è stato possibile ricevere una reticella da 2,5 chili di arance rosse di Sicilia, che contengono gli antociani, pigmenti naturali dagli eccezionali poteri antiossidanti, e circa il 40 per cento in più di vitamina C rispetto agli altri agrumi. Le arance sono state accompagnate da una guida con

preziose informazioni, per la selezione dei cibi da portare in tavola e per una lettura consapevole delle etichette alimentari, e con gustose e sane ricette a tema arance, realizzate appositamente dallo chef Sergio Barzetti in collaborazione con La Cucina Italiana. Anche 600 scuole hanno aderito, venerdì 27 gennaio, a “Cancro io ti boccio”, distribuendo le reticelle di arance, scoprendo in prima persona la bellezza del volontariato e l’importanza degli stili di vita sani e della ricerca scientifica. Un grazie speciale alle migliaia di sostenitori scesi in piazza e nelle scuole, ai volontari per l’impegno straordinario, ai testimonial e ai media che hanno raccolto e amplificato il messaggio di AIRC. L’iniziativa si è conclusa con 243.000 reticelle di arance distribuite e 2,4 milioni di euro raccolti, che serviranno a garantire la continuità dei progetti di ricerca oncologica attivi nelle istituzioni italiane di ricerca più qualificate.

Una ricerca buona come il pane

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on una semplice donazione, ma il finanziamento di una borsa di studio triennale per la formazione di un giovane ricercatore in ambito oncologico. Così l’azienda Molini Bongiovanni, produttrice di una linea di farina macinata a pietra, ha scelto di aiutare la ricerca sul cancro, annunciandolo il 22 gennaio al SIGEP di Rimini, Fiera internazionale della pasticceria e della panificazione artigianale. Molini Bongiovanni ha ospitato nel proprio stand AIRC e Anna Villarini, biologa e specialista in Scienza dell’alimentazione e ricercatrice del Dipartimento di medicina preventiva all’Istituto tumori di Milano, che ha parlato della correlazione fra alimentazione e cancro.

Un pieno di arance solidali

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ennet, Carrefour in collaborazione con FDAI (Firmato dagli agricoltori italiani) e diverse insegne del Gruppo Selex – tra le quali A&O, Famila e Il Gigante – hanno scelto di fare squadra per sostenere AIRC con l’iniziativa “Arance rosse per la Ricerca”. Dal 16 al 19 febbraio, negli oltre 1.800 punti vendita sparsi su tutto il territorio nazionale, sono state vendute migliaia di reticelle di arance rosse italiane. Per ogni confezione venduta i marchi della grande distribuzione hanno garantito una donazione di 50 centesimi di euro a favore dell’Associazione. Le arance rosse italiane si caratterizzano sempre di più come simbolo della sana alimentazione e della prevenzione del cancro, proprio grazie ad AIRC.

Arance Rosse: buone per te, buone per la Ricerca. SCEGLI DI SCHIERARTI CON NOI AL FIANCO DELLA RICERCA SUL CANCRO!

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Acquista la nostra confezione di arance rosse e noi aiuteremo la ricerca oncologica donando 50 centesimi ad AIRC, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.


Abruzzo I volontari hanno ripetuto le gesta di eroismo che avevano testimoniato dopo il terremoto del 2009 e, anche questa volta, erano in piazza a distribuire “Le Arance della Salute” in condizioni disagiate e in alcuni casi estreme, dimostrando forza, cuore e tanta dedizione verso la nostra Associazione. Nella foto ci sono due volontarie di Teramo, la provincia più colpita, che tra neve e muri pericolanti, si sono ritagliate un posticino per distribuire le nostre arance. Simbolo di quanto i volontari hanno fatto in tutta la Regione.

Abruzzo-Molise...

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Buon compleanno, Comitato!

Abruzzo e Molise Fondato nel 1996, il comitato Abruzzo-Molise ha compiuto vent’anni. E in questi anni ha fatto crescere AIRC sul territorio: oggi sono circa 200 le piazze coinvolte nelle manifestazioni e circa 2.000 i volontari. Proprio a loro, a Pescara lo scorso novembre e a Campobasso a dicembre, sono state dedicate due conferenze con i ricercatori AIRC che, grazie a loro, possono lavorare in centri di ricerca eccellenti come l’Università D’Annunzio di Chieti, l’Università dell’Aquila e il centro Neuromed del Molise. Ai volontari abruzzesi e molisani AIRC ha intitolato una borsa di studio 2018: un modo per dire loro grazie.

In breve dall’Abruzzo-Molise

Montorio al Vomano (TE) Per il XXV anno, gli “amici della piazza” hanno organizzato la tradizionale enorme spaghettata in piazza per raccogliere fondi per la ricerca: ancora una volta… grazie Montorio! Pietracatella (CB) I volontari hanno organizzato, per l’ottavo anno consecutivo, la sagra del vitello arrosto, insieme al convegno “Alimentazione e salute in età scolare”. Sono stati raccolti fondi grazie alla distribuzione dei prodotti tipici offerti dalle aziende agricole di Pietracatella. Grazie alle aziende, ai volontari, ai cittadini e all’amministrazione comunale per il loro costante e prezioso appoggio. Monteroduni e Montaquila (IS) Durante le festività natalizie, i volontari AIRC hanno organizzato una tombola per raccogliere fondi. I premi erano generosamente offerti dai commercianti della zona.

Basilicata... Tel. 0835 303 751 com.basilicata@airc.it www.airc.it/basilicata

Profumo d’arancia

Potenza Anche quest’anno, in occasione della manifestazione nazionale “Le Arance della Salute”, i ragazzi dell’Istituto agrario G. Fortunato hanno distribuito le benefiche arance. A scuola hanno prodotto anche delle tisane alle arance.

In breve dalla Basilicata

Basilicata Torna la campagna delle Uova pasquali 2017, giunta alla XVIII edizione. Quest’anno sarà abbinata al progetto “AIRC nelle scuole”, con il coinvolgimento di alunni e docenti. Basilicata I dipendenti dell’Azienda Italtractor, come regalo di Natale 2016, hanno devoluto una bella cifra ad AIRC accaparrandosi 300 confezioni di Cioccolatini per la Ricerca. Basilicata Per i Giorni della Ricerca grazie alla collaborazione dei Ricercatori AIRC il Comitato ha organizzato diversi incontri a Matera, San Mauro Forte, Melfi, Potenza e Venosa

Calabria...

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Meglio un uovo oggi

Calabria Per il VI anno consecutivo ritorna nelle scuole e nelle università “L’uovo della ricerca”, con l’estrazione di un uovo di cioccolato da 3 Kg. I volontari AIRC distribuiscono i biglietti per accaparrarselo per tutta la Regione.

In breve dalla Calabria

Cosenza Al teatro Rendano è andato in scena lo spettacolo musicale Con la testa e con il cuore si va ovunque con Giusy Versace e Raimondo Todaro, a favore della ricerca. Crotone “Natale con noi” è stato il nome della riffa organizzata dalla Boutique Evelyn a favore del Comitato AIRC Calabria: tanti i biglietti venduti, segno della generosità dei crotonesi. Filadelfia (VV) L’Associazione Filadelfia Nostra, presieduta da Rosetta Chiaravalloti, anche quest’anno ha organizzato “La giornata della solidarietà”: un mercato di dolci e prelibatezze a sostegno della ricerca oncologica. Pizzoni (VV) Anche quest’anno è stata una vera notte dei desideri: la sera di Natale, Giuseppe Bono, instancabile volontario AIRC, ha organizzato la manifestazione “…accendi una lanterna, fai volare la speranza…” con il lancio collettivo di lanterne volanti. L’intero incasso della distribuzione delle lanterne è stato devoluto ad AIRC.

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Campania...

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Friuli-Venezia Giulia...

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Verso l’homo technologicus?

Dance for Life

Caivano (Napoli) Si è svolta con successo la terza edizione di Dance for Life, presso l’Auditorium Caivano Arte, promossa da ASD Artedanza Chorea e organizzata da Anna Scudellaro e dal maestro Fabio Gison: un esempio di come l’arte possa mettersi a disposizione del sociale. Presenti anche tanti insegnanti e coreografi campani. L’evento è stato condotto da Elisabetta Testa con intervento della consigliera Giuliana Gargiulo. Napoli Le “Uova della ricerca” saranno ospitate per il nono anno da Casa Ascione, che sosterrà come sempre AIRC con i suoi preziosi gioielli. Lo spazio farà anche da cornice alla presentazione delle Uova di Gay Odin, con i meravigliosi doni della gioielleria Ascione. Napoli Nello splendido showroom di Casa Ascione si è svolto un concerto per pianoforte dal titolo “Un piano per la ricerca”. Paola Volpe ha eseguito virtuosamente musiche di Mozart, Schumann e Chopin.

Emilia-Romagna...

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Presentazioni ufficiali

Bologna Presso la sede di Unindustria si è tenuto l’incontro che AIRC dedica a Istituzioni, università e stampa per presentare tre progetti di ricerca, scelti tra i 58 finanziati in Emilia. Presenti: Antonino Rotolo, Università di Bologna; Sergio Venturi, Regione Emilia Romagna; Maria Luisa Moro, Agenzia sanitaria sociale regionale; Andrea Ardizzoni, S. Orsola Malpighi; Marco Checchi, Pelliconi SpA e Esther Martelli, International School of Bologna. Parma Francesco Cerutti e Leonardo Ferracini hanno organizzato un insolito aperitivo per AIRC al caffè Shakespeare, l’Aperibaffo, invitando gli uomini a presentarsi “con i baffi”.

Modena Il 21 maggio, nell’esclusivo Ippodromo Ghirlandina, si terrà il Gran premio Renzo Orlandi. Corse al trotto e numerosi intrattenimenti per piccoli e grandi. 34 | FONDAMENTALE | APRILE 2016

Trieste Umano post-umano. Verso l’homo technologicus? Era il titolo della conferenza nel Salone di rappresentanza della Regione, all’interno dell’evento TriesteNext 2016. Sono intervenuti il presidente AIRC Pier Giuseppe Torrani, il presidente del Comitato Friuli-Venezia Giulia Guido Perelli-Rocco e i ricercatori Giannino Del Sal, Mattia Andreoletti e Maurizio D’Incalci.

In breve dal Friuli-Venezia Giulia

Trieste Alla XXXIV mostra mercato dell’Antiquariato, il Comitato AIRC esponeva strumenti medici della collezione del vecchio Ospedale Maggiore dal titolo “La ricerca e la cura nel tempo”. Trieste “Un burraco per la ricerca” è stato un pomeriggio allo Yacht Club Adriaco a sostegno di AIRC. Trieste In occasione della Barcolana, la storica regata velica europea, la barca delle campionesse olimpiche batteva “bandiera AIRC”. Aurisina (Trieste) Presso l’impianto sportivo Neve e Sole dello Sci Club 70, in occasione della manifestazione “Scia con le stelle” il Comitato ha presentato AIRC e raccolto fondi. Presenti le stelle olimpiche dello sci Daniela Merighetti e Lucia Mazzotti e le campionesse di vela Giulia Pignolo, Chiara Calligaris e Giovanna Micol.

Napoli È iniziata la stagione dei tornei di golf pro AIRC: al castello di Aviano (Pordenone), poi al golf club di Fagagna (Udine), seguito dall’appuntamento alla tenuta Primero a Grado (Gorizia), per finire a Padriciano (Trieste).

Lazio...

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Oltre l’Orizzonte

Roma Al Teatro Viganò, Michela Marchese e Laltradanza hanno portato in scena Oltre l’Orizzonte, una rassegna di danza, e il musical Moulin Rouge della compagnia LD Project. A testimoniare l’operato di AIRC c’era Valerio Battisti, il referente di Monterotondo, che ha illustrato agli ospiti la nostra missione.

In breve dal Lazio

Roma Il primo garage sale della città, il Borghetto Flaminio, per tre domeniche ha ospitato la volontaria AIRC Barbara Limanowski che ha allestito un banchetto vintage, il cui ricavato ha sostenuto la nostra causa. Roma È stato un caleidoscopio musicale la quarta edizione del concerto per AIRC organizzato da No Alibi onlus. In uno dei locali più conosciuti, il Crossroads live club, si sono alternati numerosi artisti: Cinque Cani per Strada; Alunni del Soul; The Hammer of the Gods e i Petscajumba. Ospiti d’onore: Giovanni Baglioni e Santi Scarcella.


Liguria...

Marche...

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Grande ballo popolare

Collezione segreta

Genova Grande successo per la serata di musica, balli e premi della lotteria condotta da Corrado Tedeschi lo scorso settembre nella magnifica cornice del Porto Antico. Tra i partecipanti, le veline Ludovica Frasca e Irene Cioni, e il giornalista sportivo Gianni Vasino. Molto apprezzate le esibizioni dell’orchestra popolare Luca Bergamini, del gruppo rock Black Tree e Trementine, del dj Claudio Martinelli e delle scuole di ballo genovesi. I proventi finanzieranno una borsa di studio in campo oncologico destinata a un giovane ricercatore che opererà nel territorio ligure.

In breve dalla Liguria

Genova Si è svolta presso il cocktail bar Beautiful Loser la seconda edizione di Solocosebelle, il mercatino solidale di capi e accessori usati di alta qualità. Folto il pubblico partecipante che tra un aperitivo e un acquisto ha aiutato la ricerca.

Osimo Al teatro La Nuova Fenice si è svolta la cerimonia di chiusura della mostra Lotto Artemisia Guercino: le stanze segrete di Vittorio Sgarbi: l’esposizione delle 120 opere della collezione Cavallini Sgarbi promossa da Regione, Comune, Fondazione Don Carlo e Istituto Campana permetterà di finanziare la ricerca.

In breve dalle Marche

Civitanova Marche Presso la prestigiosa azienda Ica SpA si è svolto il torneo di burraco Life in Color. Mille colori e divertimento hanno allietato oltre 200 partecipanti. Il torneo si è concluso con una cena e ricchi premi. Arcevia (Ancona) Consapevoli che l’amore non ha confini, in occasione del cinquantesimo anno di matrimonio, Benito e Dina Befera hanno invitato parenti e amici ad abbracciare la missione di AIRC, con un generoso contributo per AIRC. Urbisaglia (Macerata) Con la collaborazione dei maestri nazionali Attilio Mogianesi e Daniela Merelli, nella riserva naturale dell’Abbadia di Fiastra, si è svolta la manifestazione “Camminando insieme per la ricerca”: una camminata di nordic walking per sensibilizzare sull’importanza del movimento e per raccogliere fondi. Ascoli Piceno Durante le cene che precedevano la seconda Giostra della Quintana, in onore del patrono Sant’Emidio, nei sei sestieri cittadini sono stati allestiti spazi dedicati alla raccolta fondi per AIRC. Il Consiglio degli anziani, il Magnifico messere e tutti i Capi sestieri hanno creduto in questa iniziativa.

S. Margherita (Genova) Vi aspetta a maggio la serata di gala per la ricerca, nel bel paesaggio di Santa Margherita. Genova Tra gli appuntamenti futuri spettacoli teatrali e sfilate di moda: contattate il Comitato AIRC Liguria!

Lombardia...

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Ezio Bosso in concerto

Brescia Atmosfere magiche come solo lui sa fare: Ezio Bosso lo scorso novembre al Teatro Grande di Brescia con il concerto sold out The 12th Room, ha rapito l’intero teatro regalando intense emozioni. Un evento prestigioso che ha permesso di raccogliere fondi per la ricerca sui tumori pediatrici.

In breve dalla Lombardia

Desenzano del Garda (BS) Si è tenuta presso l’Hotel Acquaviva del Garda l’estrazione della lotteria “Metti in moto la ricerca”. Con la collaborazione di Terme e Grandi Alberghi Sirmione sono stati venduti tutti i 50.000 biglietti che finanzieranno una borsa di studio biennale. Milano 180 ospiti si sono fatti immortalare in uno scatto spiritoso di Stefano Guindani durante la cena di gala “La nuit au chocolat” e si sono aggiudicati ricchi premi. La serata ha permesso di raccogliere fondi per una borsa di studio triennale. Grazie a Lindt e Nonino e alla generosità del Four Seasons Hotel, partner fondamentali. Cologne (BS) Grande partecipazione al mercatino “Un sorriso per Matteo”: la famiglia ha deciso di ricordare il piccolo, scomparso prematuramente, realizzando prodotti in legno per raccogliere fondi per AIRC. Milano Il 18 maggio l’Orchestra sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, diretta dal Maestro John Axelrod, dedicherà la rappresentazione in forma di concerto del Gianni Schicchi di Giacomo Puccini al Comitato Lombardia AIRC, grazie a una collaborazione con l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Parte del ricavato sarà devoluto alla ricerca oncologica. Il concerto si terrà presso l’Auditorium di Milano Fondazione Cariplo. Biglietti in promozione speciale €37-42 scrivendo a francesca.cremonini@laverdi.org e specificando nell’oggetto: AIRC

Piemonte-Valle d’Aosta...

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A lume di lanterna San Mauro Torinese (Torino) La “Cena a lume di lanterna”, raccolta fondi organizzata lo scorso settembre dall’Associazione Disorganizzazioneventi, con il patrocinio del Comune e la collaborazione della Proloco, aveva una cornice bellissima. Sul Ponte Vittorio Emanuele III, simbolo della città, si è svolta infatti la cena illuminata da oltre 400 sacchetti portacandele e il ricavato è stato donato ad AIRC.

In breve dal Piemonte-Valle d’Aosta

Torino A dicembre, presso il Conservatorio Verdi, l’Associazione musica insieme ha organizzato il concerto di Natale “Note di speranza… Notte di Natale”. Si sono esibite l’orchestra e il coro Magister Harmoniae, diretti da Elena Gallafrio. Vercelli, Asigliano e Olcenengo Nel prossimo mese di maggio si svolgerà la 15esima edizione dell’evento “Una vita tra le mani”, organizzato da Carlo Manzato. Si tratta di una serie di appuntamenti sportivi e di intrattenimento che si svolgono per tutto il mese. Grazie alla sua sensibilità e all’attenzione nei confronti di AIRC, l’8 dicembre scorso Carlo Manzato ha ricevuto dal Comune di Vercelli, presso il Teatro civico, il premio Bontà 2016.

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Sicilia... Tel. 091 611 034 0 com.sicilia@airc.it www.airc.it/sicilia

Auguri, Comitato Sicilia! Palermo Al Teatro Massimo si è celebrato il trentennale del Comitato, sulle note della Norma di Vincenzo Bellini. Pubblico numeroso da tutta la Regione. Il presidente Riccardo Vigneri ringrazia Giuseppe Navetta e Banca Credem, Grazia Locascio e il Centro di Emodialisi emodialitico meridionale, lo studio Passariello, la ConfCommercio e il Cral Unicredit bds.

Puglia...

Tel. 080 521 870 2 - com.puglia@airc.it - www.airc.it/puglia

Note al chiar di luna

Bari Sotto la luna piena, al Circolo Canottieri Barion, Tony Esposito ha percorso la storia della canzone napoletana. Si ringraziano, per l’ospitalità, il presidente Luigi Lobuono, il Consiglio direttivo e i soci del Circolo.

In breve dalla Puglia

Taranto Jacopo Raffaele ha incantato il pubblico alla IV edizione de “La musica ama la ricerca”, organizzata da Gaetana Abruzzese a Palazzo di città. Grazie al sindaco Ippazio Stefano, alla Banca di Taranto e a Dario Polignano. Tricase (Lecce) A palazzo Gallone, in un’atmosfera commossa, si è svolta la cerimonia in onore di Giovanni Biasco. Tanti parenti e amici hanno aderito alla raccolta fondi a favore di AIRC. Barletta Due gli appuntamenti del circolo culturale La corte degli Svevi per AIRC: una serata dedicata a Franco Califano con la sua band storica e Alberto Laurenti e “L’aperitivo con la ricerca”, con il maestro Mazza e la sua orchestra. Ospite d’onore Romina Power. Barletta Giunto alla IX edizione il solidale “Pranzo dal menù veramente speciale”, organizzato dalla famiglia Nigro, dallo chef Vincenzo De Palo e da Il Brigantino. Cerignola (Foggia) Tutto esaurito al teatro Roma per vedere genitori, docenti e personale dell’Istituto comprensivo Carducci diventare attori nella commedia Filumena Marturano. Grazie a Giacomo Vitale. Molfetta Si è conclusa con successo l’attesa lotteria “Insieme con la ricerca”. Grazie a dirigenti e dipendenti della Network. Bitonto (Bari) Gli ingredienti del successo dell’appuntamento al ristorante Il Patriarca erano la fantasia dello chef Emanuele Natalizio e la qualità dei prodotti. Bari Era gremita l’Aula Magna De Benedictis del Policlinico, grazie all’associazione studentesca “Studenti per…” Tra i relatori: Antonio Felice Uricchio, Loreto Gesualdo, Antonio Moschetta, Michele Mirabella e Antonio Mazzocca.

Bari Il 4 maggio, presso il CUS, si terrà la Giornata dello sport, organizzata da “Studenti per...”: gare, musica e solidarietà.

In breve dalla Sicilia

Ragusa Ibla Al Teatro di Donnafugata grande successo per l’iniziativa “Un brindisi per la ricerca” organizzata dalla delegazione AIRC di Ragusa: oltre cento premi abbinati ai bicchieri di vino distribuiti. Grazie agli sponsor e ai tanti amici che hanno voluto offrire il proprio supporto. Enna C’era un pubblico numeroso al concerto per AIRC organizzato dalla delegazione di Enna al Teatro Garibaldi, dove si è esibita l’orchestra d’archi Panormus. Gela (Caltanissetta) Il 2 dicembre nell’ambito del progetto “Archestrato in carcere” proposto dall’associazione culturale “Gli amici di Antifemo ed Entimo” alcuni detenuti hanno partecipato al corso volto a valorizzare la gastronomia gelese di Archestrato e hanno contribuito all’organizzazione di un pranzo di gala per AIRC ospitato dalla Casa circondariale: presenti il presidente di AIRC Sicilia Vigneri e le più alte autorità locali. Siracusa Il 28 febbraio sono stati estratti presso il Grand Hotel Villa Politi i biglietti abbinati ai 22 premi messi in palio in occasione della lotteria locale pro AIRC “Vincere con la ricerca”.

Sardegna...

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Cena per la vita

Cagliari Il Comitato Sardegna, in collaborazione con le attività commerciali di via Sulis, ha organizzato anche quest’anno la cena sotto le stelle. È stata allestita lungo la via una lunga ed elegante tavolata, per trascorrere gustosi momenti in segno di solidarietà. Il menù è stato preparato dagli chef che lavorano lungo la via e gustato a lume di candela, mentre completava la magia la musica di un pianoforte.

In breve dalla Sardegna

Cagliari Presso il conservatorio le Pietre Sonore di Pinuccio Sciola e la banda Monastir hanno tenuto un concerto intitolato La memoria delle pietre. Arbus Presso l’Oratorio S. Giovanni Bosco si è tenuto l’incontro “Ricerca… per conoscere, ricordare, guardare oltre…” dove, attraverso le parole, la poesia e la musica è stata offerta un’occasione di ascolto, incontro e solidarietà. Cagliari È giunta alla nona edizione la grande festa “Un dolce mattino”, presso La Corte in Giorgino, con la mostra di presepi, giochi, laboratori e musica e la merenda con pane e nutella. Alghero Anche quest’anno ad agosto la Lega Navale e le delegate del Comitato hanno organizzato la regata “Vento de l’Alguer” in favore di AIRC. Una giornata di gare, mare, premiazioni e cena al porto per raccogliere fondi. Porto Cervo Al Pevero Golf Club si è disputato un torneo di golf, insieme a una lotteria a favore della ricerca. Siniscola Il Rotary Club ha organizzato una serata dedicata alla prevenzione e alla ricerca con conferenza scientifica, concerto e rinfresco. Sassari Grandi suoni nell’aria per il concerto gospel in favore della ricerca, organizzato dall’associazione culturale Music & Movie con il coro South Carolina Mass Gospel. Isola dell’Asinara Partiti con il traghetto da Stintino, un gruppo di esploratori è andato alla scoperta dell’incontaminata isola dell’Asinara. Accompagnati da guide con il fuoristrada, hanno visitato il carcere, l’ospedale delle tartarughe e le officine cosmetiche. Un paradiso sconosciuto a due passi da casa per sostenere la ricerca con “bellezza”.


Toscana...

Umbria...

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Capodanno di corsa

Note per AIRC

San Giovanni Valdarno (Arezzo) In occasione della gara “Capodanno di corsa” del 1° gennaio 2017, gli atleti dell’Atletica Sangiovannese 1967 hanno corso per AIRC, unendo la sana pratica sportiva a una giornata di solidarietà.

In breve dalla Toscana

Abbadia a Isola (Siena) Come ogni anno, l’associazione benefica ABBI ha dedicato due fine settimana di festeggiamenti che hanno visto una grande partecipazione di pubblico, raccogliendo generosissime donazioni a sostegno di AIRC. Firenze Lo scorso dicembre si è svolta la consueta Asta AIRC presso la Casa d’Aste Pandolfini… con grande soddisfazione per i generosi donatori e acquirenti!

Veneto...

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Cappuccetto arancio

Villaverla (Vicenza) In occasione dell’iniziativa a scuola “Cancro io ti boccio”, la II C della primaria di Villaverla ha scritto una storia su Cappuccetto Arancio che si salva dal lupo aiutandosi con le arance!

Perugia A chiusura de I Giorni della Ricerca di novembre 2016, nella splendida cornice della Sala dei Notari, con il patrocinio del Comune, il soprano Laura Musella e i tenori Davide Sotgiu e Marco Rencinai, accompagnati al pianoforte dal maestro Stefano Ragni, si sono alternati in un’appassionata carrellata di brani tratti dalle opere di Puccini, Donizetti e Verdi che si è conclusa con alcune delle più belle canzoni della classica tradizione napoletana. Il Comitato AIRC Umbria ringrazia tutti i collaboratori e i partner. Orvieto (Terni) E nel 2017 non può mancare lo spettacolo al Teatro Mancinelli! L’appuntamento, come ogni anno, è fissato a maggio con la compagnia Mastro Titta che porterà in scena Dirty Dancing di Emile Ardolino. Umbria Sabato 27 e domenica 28 maggio torna la tanto desiderata manifestazione Cantine Aperte: un grande evento enogastronomico con tanti calici di vino a favore di AIRC.

In breve dal Veneto

Treviso Michela Klinz, CEO di Momonì, ha creato un foulard di seta limited edition. Pezzi unici offerti esclusivamente nelle sue boutique in sostegno alla ricerca AIRC. Venezia Il celebre Harry’s Bar, sul bacino di San Marco, ha aperto le porte ad AIRC mostrando il suo côté solidale, un’esclusiva cena di Natale organizzata dai consiglieri AIRC per raccogliere fondi. Venezia Per ricordare Marie Angliviel, artista del vetro e della materia, la Fondazione Musei di Venezia, l’Alliance Francaise, la famiglia Brandolini, la famiglia Rosenberg, David Landau e Promovetro hanno lanciato il concorso internazionale “Un goto per Venezia”, giunto alla seconda edizione, devolvendo alla ricerca il ricavato dell’asta a Palazzo Mocenigo. Jesolo (Venezia) Con la tradizionale cena di Natale organizzata dei volontari guidati da Natalino Lucchetta e con l’edizione invernale de “Il Paese dei Balocchi”, Jesolo ha rinnovato il finanziamento di una borsa di studio AIRC intitolata alla città. Marcon (Venezia) Festa per AIRC al ristorante Ca’ Nostra promossa dai volontari di Marta Zilio nell’ambito della tradizionale Festa del vino d’autunno. Verona Lo chef scaligero Giancarlo Perbellini, per “Le Arance della Salute” ha proposto: “Finocchio e castraure glassate su patate affumicate e riduzione d’arancia”, durante uno show cooking nel suo pluristellato ristorante Casa Perbellini.

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IL MICROSCOPIO

Federico Caligaris Cappio Direttore scientifico AIRC

L’obesità preoccupa gli oncologi

ATTENTI ALLE TRUFFE AIRC non effettua la raccolta fondi “porta a porta”, con incaricati che vanno di casa in casa. Nel caso dovesse succedere, stanno tentando di truffarvi. Denunciate subito la truffa chiamando la polizia (113) o i carabinieri (112).

L’

Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce l’obesità un problema di salute pubblica mondiale, purtroppo in progressivo aumento, mentre è prevenibile con una corretta alimentazione e un’adeguata attività fisica. L’obesità preoccupa anche gli oncologi. I dati riportati dall’Associazione internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione nel 2016 suggeriscono che “l’eccessivo grasso corporeo aumenta il rischio di sviluppare tumori”. Il Journal of Clinical Oncology, la rivista scientifica che rappresenta la Società americana di oncologia clinica, ha dedicato il numero speciale di dicembre 2016 alla relazione fra obesità e cancro. L’allarme deriva dai risultati di studi epidemiologici che hanno messo in luce tale rapporto. Questi studi si sono concentrati soprattutto in Nord America e nelle isole del Pacifico, dove il problema dell’obesità è da tempo particolarmente significativo. I risultati indicano che l’obesità è associata allo sviluppo di determinati tipi di tumore, con maggiore frequenza di quanto atteso se la correlazione fosse invece casuale. Particolarmente convincente sembra essere il rapporto tra obesità e sviluppo di tumori dell’apparato gastrointestinale e della mammella. Tali studi evidenziano inoltre come la risposta dei pazienti obesi ai trattamenti sia meno favorevole rispetto a quella dei pazienti non obesi con lo stesso tipo di tumore. Queste osservazioni stanno spingendo i ricercatori a cercare di capire attraverso quali mec-

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canismi l’obesità può favorire lo sviluppo di tumori. Sta emergendo l’ipotesi che l’esagerato accumulo di grasso in determinati organi inneschi un processo infiammatorio localizzato negli organi stessi. L’infiammazione stimola la proliferazione cellulare che a sua volta comporta un aumentato rischio di mutazioni nei geni: questo processo potrebbe rappresentare perlomeno uno dei motivi che collegano l’obesità allo sviluppo di tumori. L’impatto clinico negativo che l’obesità ha nel paziente oncologico è un aspetto particolarmente critico. I farmaci impiegati nella terapia del cancro possono, in pazienti sovrappeso o obesi, essere più difficili da dosare. Inoltre, sia i farmaci sia la malattia tumorale stessa possono provocare negli obesi la comparsa o il peggioramento di problemi clinici importanti, quali ad esempio il diabete o malattie cardiovascolari, tipicamente collegate all’obesità. L’insieme di questi fattori gioca a sfavore del paziente sovrappeso o obeso perché riduce la possibilità di una terapia ottimale e rende più difficile trattare il tumore nel modo più adeguato. AIRC da sempre sostiene l’importanza di uno stile di vita sano, sia per prevenire molti tipi di tumori sia per combattere la malattia quando questa si sia manifestata. Proprio per questa convinzione AIRC lancia da anni la classica iniziativa “Le Arance della Salute”, simbolo di una corretta alimentazione, elemento fondamentale assieme all’attività fisica per combattere sovrappeso e obesità.


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DAI VOSTRI MOMENTI SPECIALI PRENDE FORMA NUOVA RICERCA. La vita è piena di occasioni che vale la pena di celebrare: dal matrimonio al battesimo, dalla cresima alla laurea. Scegliendo le idee solidali AIRC donerete un sostegno concreto a chi lavora ogni giorno per rendere il cancro sempre più curabile.

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