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PERCHÉ CERCATE TRA I MORTI COLUI CHE É VIVO?

Periodico della parrocchia San Bernardino Realino in Lecce

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4 Aprile 2010 In questo numero:

Pasqua Pasquetta I Beatles

Carissimi, in quest’anno liturgico l’evangelista Luca nella notte di Pasqua, ci ricorda la vera identità pasquale che caratterizza noi cristiani: non “cercare tra i morti colui che è vivo”, Cristo è Dio dei vivi. Gesù il Cristo è risorto e la sua manifestazione si fa sempre più “tangibile” perché essa si deduce dai segni visibili del Vangelo: la pietra rimossa, le bende, l’annuncio di due uomini in vesti sfolgoranti. L’evangelista Luca sviluppa, in questa pericope, una vera catechesi pasquale dove diventa interessante osservare il gioco delle relazioni tra fede e visione del Risorto. Le donne sono pervenute alla fede senza vedere Gesù il Risorto “si domandavano che senso avesse tutto questo”, esse sono testimoni oculari del fatto, anche se testimoni che non capiscono ancora, pur costatando l’assenza del corpo di Gesù che prevede il messaggio pasquale degli angeli: “non è qui è risorto”. Infatti l’iniziale perplessità “impaurite tenevano il volto chinato a terra” diventerà fede su rivelazione soprannaturale, dopo il messaggio dei “due uomini....in abiti sfolgoranti” che ricordano: “come vi parlò quando era ancora in Galilea: bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”. Le donne non ricevono un messaggio da trasmettere ai discepoli, ma sono invitate, per comprendere, a ricordarsi della parola del Gesù prepasquale. Anche Pietro, pur non credendo alla testimonianza delle donne, “corse al sepolcro” e alla vista del segno “vide soltanto i veli” e rimase perplesso. La fede nascerà successivamente dall’incontro personale con il Risorto. Per l’evangelista Luca la fede nella resurrezione di Gesù non poggia né sulla testimonianza delle donne, né sulla realtà della tomba vuota testimoniata da Pietro ma sul “ricordo”, cioè sullo sforzo per capire la fondatezza dell’insegnamento ricevuto. La risurrezione non è un Concetto che si deduce dalla vita passata di Gesù, ma una novità a partire dalla quale anche il passato di Gesù, e il fatto della tomba vuota, possono essere illuminanti. Anche per noi questa Pasqua deve diventare la novità dell’incontro personale con il Risorto attraverso il “ricordo”, nella ricerca dell’insegnamento ricevuto dalla Chiesa, madre e maestra, oggi tanto denigrata ed eclissata dalle logiche nichiliste del mondo. Occorre che ognuno di noi comprenda che la fede richiede lo sforzo di un cammino costante e coraggioso, di ricerca approfondita della Verità “non è qui è risorto”. Il mio augurio di Pasqua fraterno sia questo: “cercate Cristo in tutto ciò che vive e non nel putridume della morte e del peccato”. Don Michele


La voce, il volto, la casa, le strade Sono le quattro suggestive immagini del messaggio conclusivo della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che il nostro Arcivescovo Domenico ha scelto affinché ci accompagnassero, con la ricchezza del loro significato, nell’itinerario quaresimale della nostra Chiesa di Lecce. La Quaresima, nell’anno liturgico, ha una significativa valenza e continua ad esercitare, afferma il nostro Arcivescovo nel suo messaggio quaresimale, una sorta di “fascino mistico” nella vita dei credenti, che aiuta a sentire in modo nuovo il bisogno di una vita che si rinnova e di un cuore che si lascia riconciliare. La voce è quella della Parola di Dio, che è la sola parola che salva, che dà vita, che feconda e che offre speranza. Questa Parola di Dio trova il suo volto in Gesù di Nazareth, perché in Lui “la Parola si è fatta carne”. Il volto di Cristo svela e annunzia il mistero dell’amore di Dio che parla e manifesta all’uomo il suo progetto: la salvezza di tutti gli uomini. La casa della parola di Dio è la Chiesa che, nel corso dei secoli, di essa continua ad essere custode, annunciatrice e interprete. Questa parola però esce dalla sua casa, il tempio, e si avvia lungo le strade del mondo. Siamo chiamati a portare nelle piazze, nelle vie, l’amore che ci viene donato. La scelta della nostra Chiesa nei prossimi anni, afferma l’Arcivescovo, dovrà modellarsi sull’icona di Emmaus: guadagnare le strade degli uomini e camminare al loro fianco per rinfrancare e ridare fiducia, per ascoltare le loro fatiche e le loro sofferenze, aiutando a superarle con il conforto della Parola che ha il potere di scaldare il cuore. Gabriella Licheri

Verso la grande solennità della Pasqua: “L’ora dell’obbedienza” Gesù è venuto e viene ancora nella prossima Pasqua, per la sua ora, ora dell’obbedienza totale al Padre, pur con l’angoscia del cuore, con forti grida e lacrime; l’ora del chicco di grano che solo morendo germoglia in frutti d’amore e di vita. Gesù, obbediente fino alla morte, compie in noi oggi e domani il cammino della speranza. Egli è l’agnello vivente del nostro passaggio da schiavitù a libertà, da morte a vita, e come nell’ultima cena, così ogni domenica sulla mensa dell’Eucarestia, il suo passaggio diventa il nostro passaggio nel segno sacramentale del pane spezzato del vino versato, nostro cibo, bevanda di liberazione e di vita, sacrificio d’amore e di grazia. Sta a noi accogliere il dono della riconciliazione e della speranza, con la “conversione” della nostra vita, per uscire ogni giorno dalla nostra schiavitù e vivere nella libertà dell’amore da figli amati, per essere sempre veri e fecondi, attingendo incessantemente alla sorgente di vita che è l’unione con Gesù nella preghiera, nell’ascolto e nella obbedienza alla sua parola. Marinella Serafini

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“Voi cercate Gesù di Nazareth, quello che hanno crocifisso. Perché cercate tra i morti colui che e’ vivo? E’ risorto. Non è qui. Andate e dite...” (Lc. 24, 5-7) Da più di duemila anni questo annuncio percorre tutte le strade del mondo e tutte le epoche della storia e tocca il cuore di ogni uomo facendolo sussultare di gioia e facendolo esplodere in un canto di vittoria e di vita, anche oggi. La vita è più forte della morte, il bene è più forte del male, l’amore è più forte dell’egoismo e dell’odio, la mitezza è più potente della violenza! E’ una certezza, è una realtà perché Cristo è risorto. Non cerchiamo più Gesù trai morti, là dove c’è scoraggiamento, sfiducia, indifferenza, rancore, vendetta. Egli è risorto e se è trai morti è per risuscitare e dare vita, abbattere ogni paura, ogni barriera, ogni egoismo e far nascere l’amore che illumina e trasforma. Ogni anno Pasqua ritorna puntuale con l’impegno delle grandi solennità, con ricchezza di celebrazioni, di riti, di tradizioni popolari. Ma se Pasqua non è un’autentica “liberazione”, “risurrezione” piena, “rinascita” per una vita sempre nuova, se non è continua primavera di nuove gemme, se Pasqua non è, per ognuno di noi, un più profondo inserimento nel mistero del Cristo risorto, una più intensa maturazione della vita di Cristo in noi, un deporre l’uomo vecchio per rivestirci dell’Uomo Nuovo, un morire all’egoismo e ad ogni forma di idolatria per risorgere con Cristo... è, in realtà, nonostante ogni apparenza, un fatto molto modesto e poco significativo. Rita Serafino


Vi racconto una storia La vicenda si svolge nel paese di Muro Leccese in un periodo che risale ad un secolo fa. Fin da ragazzo Innocenzo aspirava a farsi prete e, con il permesso dei genitori, trascorreva volentieri gran parte del suo tempo nella casa del parroco don Domenico, appartenente ad una famiglia di sette figli: uno medico, due sorelle monache, lui sacerdote ed altri tre fratelli che lavoravano. Le due sorelle suore avevano il permesso di svolgere il loro apostolato a domicilio a sostegno della famiglia. Un giorno il sacerdote con il giovane stavano percorrendo la strada che, andando fuori paese, conduceva verso il Santuario del SS. Crocifisso. Giunti a metà percorso, quando la strada va in salita, si imbatterono di fronte ad uno sconosciuto, sudicio e straccione, che sostava ai bordi della strada. Il prete rimase molto colpito e fu mosso a pietà verso costui: senza esitare e senza dire nulla allo sconosciuto, ordinò al giovane Innocenzo di recarsi a casa dalla sorella per chiederle un paio di pantaloni, nel frattempo avrebbe approfittato del riparo dentro una cappella del vicino cimitero per andare a togliersi i pantaloni che indossava sotto la tonaca e donarli al povero. Innocenzo tornato al paese e giunto in casa di don Domenico, presentò candidamente la richiesta alla sorella monaca: ella sobbalzò con un'espressione tra la sorpresa e il disappunto verso il fratello ma, dopo le spiegazioni che il giovane fornì, concesse i pantaloni puliti da mandare al fratello: "ché, doveva rimanere senza pantaloni sotto la tonaca?", concluse. Al ritorno sul posto il giovanotto dovette raccontare, a sua volta, a don Domenico il comportamento, scontato, della sorella: le conclusioni del sacerdote furono un'esortazione a non dare retta alle parole della monaca. Qualche tempo dopo Innocenzo entrò in seminario che frequentò per qualche anno, finché un giorno ... si trovava con altri compagni di scuola a passeggio per le campagne nei dintorni di una masseria dalle parti di Sanarica. Era estate: qui videro dalla stradina due giovinette che attingevano ai frutti maturi di un albero di fichi; da questo momento Innocenzo cominciò a cambiare atteggiamento interiore, era la crisi: si ritirò, qualche tempo dopo, dal seminario, accettando di andare a lavorare in campagna; si fidanzò con Rosa-Lucia (forse una delle due ragazze verso la quale aveva provato un folgorante senso di attrazione). Lei, più giovane di quattordici anni rispetto a Innocenzo, accettò il fidanzamento e si sposarono che Lucia aveva ventisei anni, mentre lui ne aveva solo quaranta. Quando don Domenico Metto morì, ebbe sepoltura sottoterra come era solito per quei tempi. Tuttora mia madre racconta, con una freschezza di ricordi come fosse rugiada di primavera, che "sulla sua tomba si vide crescere spontaneamente un fiore come una rosa": questo fu interpretato dalla gente semplice di paese che lo aveva conosciuto e ben voluto in vita come un segno di santità. Innocenzo De Pascali e Rosa Lucia Maggiulli erano i miei nonni materni. Ho potuto conoscere e molto amare la nonna Lucia perché Innocenzo morì all'età di 66 anni, prima che mia madre fosse sposata. La nonna Lucia mi ha accompagnato con la sua saggia e discreta presenza fino a sette mesi dopo la mia laurea in Medicina, poi è spirata nelle mie mani e di ciò ne conservo venerato e gradito ricordo come fosse un dono divino. By SAPER

Gesù, la tua sofferenza dà un senso alla mia vita? L’uomo la sofferenza di Gesù la vede come una ricamatrice che, finito il suo capolavoro lo guarda dal rovescio, invece, una volta rivoltato, capisce quanto è stato grande il suo amore per l’opera. Quanto è pesante per noi la sofferenza, l’umiliazione di non capire chi ci chiede aiuto! Tu Gesù con la tua umiliazione sulla Croce, soccorri il buon ladro e gli prometti il Paradiso, l’uomo invece respinge il diverso, approfittandone e discriminandolo, come se lui centrasse con la sofferenza altrui e cerca di evitarlo. Tu Gesù il tuo ricamo di sofferenza l’hai visto dalla parte giusta. Signore concedici un cuore umile, per vedere il tuo capolavoro dalla parte giusta, perché un giorno possiamo risorgere con te. Geraldo Aprile

La sofferenza Il mio penare è una catena d’oro, piccola si, ma un gran tesoro, con la Croce. Ma è la Croce di Gesù, e quando l’abbraccio non la sento più. Non ho contato i giorni del dolore, so che Gesù l’ha scritta nel suo cuore. Vivo momento per momento allora il giorno passa, come fosse un’ora. Arriva la morte vigilia di festa, tutto passa ma il Paradiso resta. (Una delle tante preghiere della Signora Maria Maragliulo) Fuecu nesciu 12 pg 3


QUANDO GESÙ CHIAMA ... CHIAMA A RISORGERE Nel Vangelo di San Giovanni, al cap. 20, viene descritto come Maria di Magdala e i primi apostoli, che entrarono nel sepolcro, lo trovarono vuoto. L’esperienza di vedere come prima persona il Cristo Risorto, secondo il racconto di S. Giovanni è privilegio solo della Maddalena. Trascrivo fedelmente dalla traduzione biblica della CEI questo passo. Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi dove era stato posto il corpo di Gesù. E essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. Detto questo si voltò indietro e vide Gesù. “Donna, perché piangi, chi cerchi?”. Ella pensando che fosse il guardiano del giardino, gli disse: ”Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbonì!”, che significa “Maestro!”. Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre, ma va dai miei fratelli e dì loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Maria andò ada annunciare ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e ciò che le aveva detto. Questo brano del Vangelo di San Giovanni, secondo me, deve commuoverci un po’ tutti, in modo particolare e per diversi motivi. All’inizio c’è lo scoraggiamento disperato della Maddalena che, giunta lì per rendere omaggio, con gli usi consueti del tempo, al corpo che ella credeva morto del Signore, non lo trova, e non si interroga, né interroga queste presenze, non certo consuete, degli angeli poste vicino al letto funebre. Quando si rivolge all’esterno del sepolcro vede, ma no riconosce, lo stesso Signore, tanto che Egli le chiede dolcemente: “Donna, perché piangi?”. E anche ora che Lui è così vicino ed ella ha già sentito la sua voce, Maria di Magdala addirittura lo scambia per il guardiano del luogo e lo supplica di indicarle dove si trova quello che lei sta spasmodicamente cercando, la salma del Salvatore. Ed è allora che Lui la chiama “Maria!”. Ecco, adesso noi possiamo immaginare “come” Gesù abbia chiamato la Maddalena col suo nome; certo pronunciandolo le ha fatto capire, finalmente, chi veramente le stava di fronte, cioè il Solo, l’Unico che la conoscesse più profondamente, più intimamente, di quanto lei stessa potesse conoscersi. E’ proprio la voce di Dio che, quando chiama, riesce ad entrare, come una freccia di luce, fino ad illuminare i recessi più remoti dell’anima, le profondità più segrete di un cuore. Di questo richiamo, Maria di Magdala ha ora esperienza; e lòa qualità del suo pianto, cambia repentinamente. Se prima esso era di scoramento, di angoscia, ora trabocca di una gioia inaspettata, dirompente. Fuecu nesciu 12 pg 4

Per questo si getta ai piedi del Signore ad adorarlo. Ma Gesù si scosta e dichiara che prima deve salire al padre, lasciando capire così come il suo corpo glorioso viaggi libero tra terra e cielo e ribadendo, ancora una volta, la sua fedelissima appartenenza all’Altissimo. Ma, soggiunge pure, e questo è quello che ci deve far esultare ad ogni Pasqua: “Vado al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. In effetti , nella preghiera che aveva insegnato agli apostoli, vi era già l’invocazione al “Padre nostro”; come nell’Eucarestia dell’ultima cena c’era già l’offerta anticipata dalla sua volontà, del suo corpo e del suo sangue, donati per noi … Ma ira, nella sua resurrezione vediamo come tutto ciò si sia compiuto. Quella Croce così amara, così assurda nella sua brutalità, quella croce su cui Lui si era lasciato ammazzare rimanendo inerte, si è rivelata come l’unico prezioso chiavistello che apre a noi i forzieri finora inaccessibili del Cielo. Ed ha pure, Gesù, la tenerezza di chiamare “fratelli” i suoi primi discepoli, anche se, in effetti, è stato Lui che nel battesimo del Giordano ha voluto farsi fratello a tutta l’umanità. Non aveva certo Egli, nella sua assoluta purezza necessità di compiere alcuna penitenza per se stesso; quel che ha realmente fatto invece, sempre, è di offrire la sua preghiera, il suo sacrificio; con un corpo, un cuore, una vita in perfetta armonia d’amore con la volontà del Padre. Questo affinché noi, attraverso la sua intercessione, potessimo raggiungere quella pace, quell’amore, quella luce di verità che sono in Dio e che ora Dio può donarci, guardando a noi dietro lo schermo che sono le braccia aperte del suo Figlio in Croce. Perché, ci possiamo noi ancora chiedere, proprio alla Maddalena Gesù appare per la prima volta da risorto? Ma è certo per farle capire che nella sua precedente morte santa Egli ha veramente bruciato i suoi vecchi peccati, cosa che accade sempre per tutti quelli che crederanno in Lui. Ci vuol dire, questo splendido brano del Vangelo, che, se il Cristo ha vinto la morte, frutto del peccato, anche le nostre miserie, i nostri peccati sono schiacciati e annullati da un amore più grande. L’amore del Padre si è rivelato nel Figlio, ha liberato per noi le sorgenti dello Spirito; quell’acqua viva che fa germogliare nei cuori i fiori della carità, della speranza, i frutti della fede. Sappiamo, inoltre, che, prima della sua conversione, Maria di Magdala era stata una pubblica peccatrice (Marco 16,20), leggiamo che il Signore l’aveva liberata da ben sette demoni e, in termini biblici il numero sette indica pienezza; quindi la presenza di Gesù fuori dal sepolcro, davanti a questa donna, è la dichiarazione esplicita che con la sua morte e resurrezione Egli ha conquistato per il modo intero la possibilità di risorgere e dal peccato e dalla tristezza, dalla disperazione e dalle atroci prigioni di


incompletezza e di vuoto esistenziale che mordono il cuore di chi ancora non crede e non spera. Gesù risorto vuol condividere con noi tutto il Suo Cielo, un Cielo inabitato da nebbie o tempeste, un Cielo che ha il colore terso della luce purissima di una gioia perfetta, che offre un abbraccio completo per l’anima, il Cielo del suo Regno. Lo sguardo terribilmente dolce e amoroso di Dio sceglie la voce del Figlio per comunicare a tutti il suo straripante affetto, il suo inesauribile perdono, la sua autentica pace. Pace che non tramonta e non teme confronto con nessuna effimera lusinga mondana. Questo è il significato della Pasqua, che etimologicamente vuol dire “passaggio”; come fu per gli ebrei, i quali, per riottenere la libertà sotto l’oppressione egiziana dovettero mettersi in viaggio dietro le indicazioni di Mosè, verso la terra promessa. Anche noi guardando la Santa Croce di Cristo, assaporiamo già qui, ora, i bagliori di una indiscutibile vittoria. Perché nella su Resurrezione c’è la nostra possibilità di resurrezione, perché solo Lui saprà colmare la nostra sete di assoluto, se solo osiamo affacciarci alla finestra del suo cuore squarciato; aperto a noi e per noi, per dimostrarci realmente l’oceanica

vastità della misericordia divina. Credo che ognuno, se si ritira anche in un breve silenzio interiore, senta lo struggente bisogno della misericordia di Dio; per dipanare quei grovigli che, a volte, si assiepano attorno all’anima, per liberarsi dallo stallo paralizzante che subentra, inevitabilmente, quando si vive in contraddizione con la voce del Vangelo. Ma se si depone con umiltà il fardello delle proprie debolezze, se si sosta con la propria piccola croce ai piedi della Croce di Cristo, il soffio della primavera eterna verrà ad accarezzarci con promesse gioiose, nel suono delle campane di Pasqua. Lasciamo quindi che l’eco di questi rintocchi festosi vibri sempre in tutti i passi della nostra esistenza, perché ogni giorno sia Pasqua, ogni giorno sia avvolto dalla fiducia nell’amore di Dio, dal coraggio della speranza, e da quella pace a cui noi cristiani possiamo quotidianamente attingere, quando guardiamo verso la luce che emana la Resurrezione di Nostro Signore, ancora e sempre vivo in mezzo a noi, sulle strade del mondo e vero Re di tutta la storia. Piera Rasenti

IL CAMMINO QUARESIMALE DELLA NOSTRA COMUNITÀ’ E’ già da tre anni e mezzo che nella nostra parrocchia, su suggerimento del nostro Parroco, la programmazione dei tempi forti dell’anno liturgico, prevede iniziative che si svolgono presso le famiglie della nostra parrocchia e per le strade di tutto il territorio parrocchiale. Durante questa Quaresima siamo stati presenti in alcune famiglie, presso le quali Don Michele ha tenuto delle catechesi sul sacramento della Riconciliazione, e cioè il sacramento sul quale, la nostra Chiesa particolare, si sta soffermando in quest’anno liturgico, e la via crucis settimanale per le strade di tutto il territorio parrocchiale con il coinvolgimento di tante famiglie per la sosta delle stazioni. Anche i bambini e ragazzi della catechesi di iniziazione cristiana hanno fatto il loro cammino quaresimale, attraverso delle penitenziali e con alcuni segni che hanno ricevuto ogni domenica dopo la celebrazione della S. Messa. Anche il cammino quaresimale dei ragazzi è stato impostato sul sacramento della riconciliazione, attraverso le cinque cose che sono necessarie per fare una buona Confessione: esame di coscienza, dolore dei peccati, proposito di non commetterne più, accusa dei peccati e penitenza. Così per le cinque domeniche di Quaresima ci siamo soffermati su ciascuna di esse, prima nell’omelia da parte di Don Michele e poi con il messaggio evangelico della domenica di riferimento e con un impegno settimanale che noi catechiste abbiamo consegnato ai ragazzi dopo la celebrazione eucaristica. Non c’è dubbio che il tempo di Quaresima sia stato quello più propizio per avvicinarsi degnamente e riscoprire, piccoli e grandi, la bellezza di questo sacramento. Gabriella licheri Fuecu nesciu 12 pg 5


Il LUNEDI’ DELL’ANGELO ovvero la Pasquetta e il nostro vecchio “Rio” Nei tempi in cui ero bambina si usava , come per alcuni si usa ancora, organizzarsi con i parenti per “fare pasquetta”. Poiché eravamo diverse famiglie a riunirci, potevo godere della compagnia di cugini più grandi e più piccoli. E poi era l’occasione di provare cucine diverse; c’era la zia che portava uno stanato di pasta al forno, um’altra che aveva fatto una focaccia … insomma ogni nucleo familiare esponeva, racchiusa in allegre tovagliette di cotone la propria inventiva nella preparazione del cibo, in occasione di queste escursioni in campagna, ogni anno. Veramente, a mio parere, pur di stare in mezzo alla natura, nei bei giorni di primavera, anche se ci si accontentasse solo di un panino e un bicchier d’acqua, il loro sapore sarebbe, comunque, di festa e di allegria. Alcuni miei zii, poi, avevano una conoscenza appropriata e precisa dei luoghi più idonei a celebrare questa famosa pasquetta. Fattorie abbandonate, antichi frantoi, e , tre le mura diroccate di questi resti immersi nel verde smagliante della primavera, sentivi l’odore di umido delle muffe e dei muschi … scoprivi strani ragni arrampicati su eleganti ragnatele e le solite sfuggenti lucertole, abitanti consueti di questi posti.A me piaceva molto esplorare, trovando tra i fili d’erba il fiore più inatteso, beandomi del colore di fragili, sottili petali dischiusi, della forma di alcuni rami, del ricamo che costruisce, talora, l’ombra fitta delle foglie. E poi, rovesciando il capo verso l’alto, ci si poteva, finalmente, ubriacare d’azzurro, quell’azzurro intrepido che è di tutte le primavere, quando il cielo viene appena abitato da qualche nuvola candida che pare veleggi pigramente per farsi accarezzare dalla tenera luce del sole. La cosa più bella è, poi, che qui al sud la pasquetta si giocava al doppio. Il giorno dopo, si ripartiva per fare il “Rio”. Quindi quel ragazzino che, stanco, si addormentava la sera, dopo una giornata all’aperto, col pensiero già ne pregustava un’altra, per il giorno dopo. Questa tradizione pare sia stata ripresa dalle politiche locali, proponendo il “Rio” nel parco di Rauccio. Sono stata anche lì, ma trovo che in questi posti sia tutto troppo organizzato, mentre il bello delle pasquette che io ricordo con nostalgia, stava anche nell’improvvisazione, nei posti che se volevi potevi ammirare in tranquilla solitudine, nella semplicità un po’ selvaggia di sedersi su un sasso o perfino per terra, pazienza se dal piatto barcollava pericolosamente la tua pietanza, o se dovevi difenderlo dalle formiche. Il bello era avere tanti zii, zie e cugini insieme con la tua famiglia, che chiacchieravano, e poter liberamente, anche all’improvviso inventare un nuovo gioco tra ragazzi. Molti oggi prenotano il posto negli agriturismi per poter mangiare all’aperto e in compagnia. Manca ormai il senso dell’avventura. Comunque quel che mi scandalizza di più è sentire persone che preferiscono rimanere chiuse in casa a riposare, pur di affrontare il rischio del traffico e forse il fastidio di una giornata diversa, all’aperto, per la quale, evidentemente, non sentono alcuna attrattiva. Naturalmente, anche se ognuno ha i suoi gusti personali, io non sono d’accordo, perché considero un imperdibile occasione la gita della Pasquetta. Infatti, cosa c’è di più bello che lasciarsi baciare in fronte dal primo sole di Primavera, il giorno successivo alla Pasqua e, magari, anche il giorno dopo?! La natura canta in coro le meraviglie del suo Creatore e anche la nostra umanità, stanca a volte, e confusa, ha bisogno di riannodarsi a questa armonia di note, fatta di brezze, di profumi, di luce nuova. Abbiamo bisogno di sentire vicina la primavera per far rifiorire il senso del bello e del buono che è in noi. Quindi Buona Santa Pasqua, ma anche buona Pasquetta … Buon Rio… a tutti quanti. Piera Rasenti Fuecu nesciu 12 pg

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QUARANT’ANNI SENZA I BEATLES ...dimmi chi erano i Beatles... Il 10 aprile 1970 Paul Mc Cartney annunciò ufficialmente che i Beatles non esistevano più. Si concludeva così l’avventura dei quattro ragazzi di Liverpool, che a partire dal 1962 si erano affermati in tutto il mondo come il fenomeno più importante e clamoroso della musica leggera internazionale. John Lennon (1940-1980), Richard Starkey alias Ringo Starr (1940), Paul Mc Cartney (1942) e George Harrison (1943-2001) durante il decennio di attività comune hanno rappresentato una svolta di portata storica non solo nell’ambito musicale ma anche nel costume e nella cultura giovanile, lasciando un impronta indelebile ed inimitabile nell’immaginario collettivo e conseguendo un successo ed una notorietà planetaria ineguagliata ed ineguagliabile. Non a caso a distanza oramai di quattro decenni i Beatles sono ancora sempre presenti nel ricordo e nell’affetto degli appassionati di musica leggera di tutte le età e i loro brani continuano a costituire una sorta di colonna sonora nella vita quotidiana di molte persone in tutte le latitudini del globo. L’irripetibile successo dei Beatles è dovuto ad una molteplicità di fattori che combinatisi insieme consentirono ai quattro musicisti e cantanti inglesi di donare al pubblico una impressionante produzione artistica che spazia praticamente in tutti i campi dello spettacolo leggero, anche con penetranti implicazioni sul piano culturale, e sempre accompagnata da un eccezionale successo commerciale. Sul piano prettamente musicale, è indubbio che almeno tre dei Beatles (Lennon, Mc Cartney ed Harrison) siano stati dei veri e propri geni, dotati di un’eccezionale vena compositiva che ha generato brani sempre originali e suggestivi nell’articolazione delle melodie, sapientemente accompagnati da orchestrazioni tecnicamente curate e spesso impostate con l’innovativo utilizzo di strumenti della tradizione classica e di effetti tecnologici di avanguardia. Anche i testi da loro stessi composti rappresentano spesso delle vere e proprie opere poetiche, con acute riflessioni su problematiche dell’uomo contemporaneo, frequentemente accolte in seguito anche nei libri di testo scolastici per il loro intrinseco valore letterario. Da questa eccezionale commistione di vena musicale ed estro poetico sono nate canzoni come Yesterday, Help, All you need is love, Hey Jude, Let it be, Get back, A day in the life, I am the Walrus, Lady Madonna, Something, Come together, The long and winding road, Eleanor Rigby, Michelle, Yellow submarine, Obladì Obladà, che insieme a tante altre della loro sterminata produzione continuano tutt’oggi ad essere amate ed ascoltate da una vasta platea di affezionati ammiratori. Oltre che nella attività musicale in senso stretto, i Beatles hanno saputo affermarsi anche in altri ambiti, dimostrandosi completi uomini di spettacolo. Essi furono tra i primi ad utilizzare e lanciare il videoclip (esecuzione filmata di brani musicali) non solo come strumento promozionale delle canzoni, ma anche come forma autonoma di spettacolo e di manifestazione artistica. E soprattutto i Beatles furono anche attori e autori cinematografici, interpretando insieme diverse pellicole (A hard day’s night, Help, Magical Mistery Tour, Let it be, oltre al lungometraggio a cartoni animati Yellow submarine), nelle quali, oltre all’innovativa esecuzione teatralizzata di brani musicali, diedero prova di buone doti recitative comico-satiriche spesso volutamente demenziali e di indubbie capacità di intrattenimento. Inoltre, i Beatles si impegnarono anche nell’attività di produzione di altri artisti, soprattutto attraverso la loro casa discografica con l’etichetta Apple, che consentì a diversi cantanti di inserirsi nel mondo dello spettacolo e conseguire un successo altrimenti per loro impossibile. Al di là di taluni discutibili aspetti della loro vita personale, non di rado dovuti ad un eccessivo anelito alla novità che sconfinava nella trasgressione, è indubbio che le figure dei quattro Beatles continuino a rappresentare una fase straordinaria della storia dello spettacolo, che è sempre rimasta fortemente viva nel cuore di tante persone di tutte le età, come anche testimoniato dal successo delle loro carriere da solisti e dal cordoglio generale a suo tempo suscitato dalla tragica morte di John Lennon (assassinato da un fan squilibrato) e dalla scomparsa di George Harrison al termine di una lunga malattia. Giorgio Serafino

Il giorno 27 Marzo alle ore 20 nella nostra parrocchia viene presentato il recital “Anche tu risorgi con Cristo” realizzato dalla redazione di . Nell’invitare tutta la comunità a partecipare, la redazione augura

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Buona Pasqua!

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... FACCIAMOCI CONOSCERE

per una comunità sempre più vivace c o l l a b o r i a m o

Con tanta pazienza, fatica, difficoltà e tanta tenacia, abbiamo messo su un piccolissimo laboratorio con la speranza di far divertire tanti bambini ... Piccolissimo si ma con un grandissimo scopo! Lo scopo di insegnare ai nostri figli di sentire la casa di Dio, come la loro casa. Di non fuggire dalla parrocchia proprio in età critica, come avviene nella maggior parte delle volte, ma che si sentano proprio qui benvoluti, accolti e perché no anche coccolati, come a casa propria. Per arrivare a questo bisogna lavorare già in tenera età. L’ intenzione non è per forza di creare con le proprie mani e portare qualcosa a casa da far vedere a tutti i costi, ma semplicemente stare insieme, crescere insieme, giocare insieme, conoscersi fin da piccoli per essere grandi amici in futuro creando così una comunità parrocchiale sana. Certamente i risultati sia vranno nel tempo, man mano che vedremo il nostro gruppo ampliarsi sia in numero di bambini che di genitori. Ebbene si, l’invito è esteso anche ai loro genitori, vi possiamo assicurare che dedicarsi anche solo un’ora alla settimana a questo progetto è proprio divertente e gratificante! Quindi aiutateci a far ramificare e fruttificare questa iniziativa! Daniela, Claudia, Annamaria, Stefania e Maria Grazia.

Orario delle Sante Messe

Domenica giorni feriali

ore ore

8,30 - 10,30 - 18,30 18,30

dal 25 aprile la messa Vespertina viene spostata dalle ore 18,30 alle ore 19,30

Adorazione Eucaristica Ogni Giovedi ore 19,00

Disponibilità per le confessioni Numeri utili Parrocchia San Bernardino Realino Via degli Oropellai,10 73100 Lecce tel 0832/359014 cellulare 3389769293 Sito internet parrocchiale www.sanbernardinorealino.com

email donmichele@sanbernardinorealino.com Fuecu nesciu 12 pg 8

Impaginazione Giovanni Contino

Ogni Venerdi (escluso il 1° Venerdì di ogni mese) dalle ore 9,00 alle 12,00 dalle ore 16,30 alle 18,30

Si cercano persone per il coro e per altre attività parrocchiali

Prove di Canto

Ogni Martedi dalle ore 19,00 alle 20,00 (dopo la messa)


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