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BUON NATALE, AMICO MIO A TUTTE LE FAMIGLIE DELLA PARROCCHIA

Periodico della parrocchia San Bernardino Realino in Lecce

N° 3 25 dicembre 2007

In ultima pagina dati e programmi

Carissimi genitori, domenica 2 dicembre abbiamo dato inizio al tempo di Avvento che apre il cammino dell’Anno liturgico; guidati dal tema annuale della nota pastorale “Rigenerati per una speranza viva”(1Pt 1,3). Da un anno sono con voi, mi permetto con le parole del Vescovo don Tonino Bello di voler “bussare a tutte le porte, e suonare a tutti i campanelli, e parlare a tutti i citofoni, e dare una voce sotto ogni finestra illuminata, vorrei dire semplicemente così: Buon Natale, gente! Il Signore è sceso in questo mondo disperato. E all’anagrafe umana si è fatto dichiarare con un nome incredibile: Emmanuele! Che vuol dire: Dio-con-noi. Coraggio!” “Buon Natale, amico mio: non avere paura. La speranza è stata seminata in te”, Gesù che nasce, è il segno di una speranza che, nonostante tutto, si è già impiantata sul cuore della terra . Con questa mia lettera desidero aiutarvi a vivere bene in famiglia questo tempo di grazia. La degna celebrazione del Natale esige un cuore purificato, disposto ad un impegno più coerente e generoso facendo in modo che la nostra vita cambi e si trasformi nel seguire sempre più da vicino Cristo, luce del mondo. La nostra fede sa bene che Cristo è già venuto, ma sa anche che Egli continua a venire, attualizzando nel tempo, sino alla fine dei secoli, la sua salvezza.

Per questo attendere Gesù, prepararsi all’incontro con Lui non è finzione, recita, ma comportamento religioso vero e significativo. Noi possiamo incontrare Gesù, realmente,’ nella sua Parola, nelle celebrazioni sacramentali con al centro l’Eucarestia, nella comunità, nel prossimo. Ma perché questo incontro con il Signore operi effettivamente la nostra conversione, è necessaria la nostra collaborazione. Perciò recuperate innanzitutto l’entusiasmo e la gioia di ritrovarci tutti insieme a celebrare l’Eucarestia domenicale. Ci dice il Papa nella sua lettera sul “Giorno del Signore”: è il Padre che imbandisce una mensa e invita i suoi figli: i fedeli sono tenuti all’obbligo di parteciparvi. Disprezzare l’invito è grave colpa; declinarlo per seri motivi è causa di rammarico; prendervi parte stancamente significa privarsi dell’abbondanza dei suoi doni (Dies Domini, 26). Infine non possiamo non ricordare che il Natale è tempo anche di solidarietà dove siamo tutti chiamati a non distogliere lo sguardo dalle mille miserie che incontriamo. La carità ci spinge a togliere ciò che ostacola la comunione tra di noi e ci apre al povero che abbiamo accanto.”Buon Natale, amico mio: non avere paura. Sul vostro vecchio mondo che muore nasca la speranza”. Don Michele


Con speranza verso la salvezza II 30 novembre 2007, festa di Sant’Andrea Apostolo, è stata presentata in Vaticano la Lettera Enciclica di Benedetto XVI “Spe salvi’’, la seconda del suo pontificato dopo “Deus caritas est” del 25 dicembre 2005. L’Enciclica si apre con le parole che San Paolo dice ai Romani e anche a noi “Spe salvi facti sumus”: nella speranza siamo stati salvati (Rm 8,24); il tema è, quindi, la speranza cristiana, la seconda delle virtù teologali. Quella speranza che ci è stata donata e in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente che, anche se faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta così grande da giustificare la fatica del cammino. Ma di che genere è questa speranza, a partire dalla quale noi siamo redenti, cioè salvati? L’uomo ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze diverse nei diversi periodi della sua vita. A volte può sembrare che una di queste speranze lo soddisfi totalmente e che non ne abbia bisogno di altre. Nella gioventù può essere la speranza del grande amore, la speranza di una certa posizione nella professione, dell’uno o dell’altro successo determinante per il resto della vita. Quando però queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto. Si rende evidente che l’uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Noi abbiamo bisogno anche di quelle speranze che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino, ma senza la grande speranza esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo, non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati e ci ama tuttora. Il Suo regno non è un’aldilà immaginario, ma è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. «Solo il Suo amore», scrive il Papa, «ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che noi solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è veramente vita». E’ questo l’elemento distintivo dei cristiani, essi hanno un “futuro”, una vita eterna che li attende. Benedetto XVI ci indica alcuni “luoghi” di pratico apprendimento ed esercizio della speranza. Il primo ed essenziale di questi luoghi è la preghiera, attraverso la quale diventiamo capaci della grande speranza e diventiamo ministri della speranza per gli altri. Altri luoghi di apprendimento della speranza sono l’agire e il soffrire. Ogni agire serio e retto dell’uomo è speranza in atto, lo è innanzitutto quell’agire quotidiano per la prosecuzione della nostra vita che deve essere illuminato dalla luce di quella grande speranza che non può essere distrutta neppure da piccoli insuccessi o da grandi fallimenti. Come l’agire anche la sofferenza fa parte dell’esistenza umana, certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuirla, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare guarisce l’uomo. Anche il Giudizio è luogo di esercizio della speranza. Il Giudizio di Dio è speranza sia perché è giustizia, sia perché è grazia. Se fosse solo grazia renderebbe irrilevante tutto ciò che è terreno, se fosse pura giustizia, potrebbe essere per tutti noi solo motivo di paura. L’incarnazione di Dio in Cristo ha collegato l’uno all’altra, giudizio e grazia. L’incontro con Lui è l’atto decisivo del Giudizio, che ci trasforma e ci libera per farci diventare veramente noi stessi. In quest’incontro nel quale l’impuro e il malsano del nostro essere si rendono a noi evidenti sta la salvezza. E’ con fiducia, quindi, che dobbiamo guardare alla prospettiva finale, vivendo la nostra vita come uomini e donne di speranza. . Gabriella Licheri

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L’IMPORTANZA DELLA VITA COMUNITARIA NELL’EDUCAZIONE DEI NOSTRI FIGLI. La maturità, in senso umano e cristiano, è contrassegnata da una profonda armonia della personalità, dal saper far dono di sé nell’amore, della piena coscienza di precise responsabilità nella Chiesa e nella convivenza sociale. La testimonianza cristiana nella famiglia, nella professione, nel mondo sociale e politico, nella comunità ecclesiale, rappresenta l’impegno fondamentale di una fede che deve animare ogni momento della vita. Oggi, questa testimonianza deve essere quanto mai viva, perché i rapidi mutamenti socio - culturali costringono ad una continua revisione di mentalità. Il fanciullo raggiunge gradatamente la prima capacità di ragionamento; non di un ragionamento astratto, ma ancora legato a immagini ed esperienze concrete. Egli allarga la sfera dei suoi interessi sociali al di fuori della propria famiglia. Notevole è la sua curiosità e vivo desiderio di esplorare il mondo, sul quale si affaccia. L’egocentrismo logico e psicologico sono ancora presenti nel fanciullo e la sua incapacità di mettersi dal punto di vista degli altri può portarlo a stabilire delle prospettive parziali, anche in ordine ai suoi rapporti con Dio. Si tratta di atteggiamenti spontanei e naturali che occorre gradualmente educare, perché non compromettano la crescita spirituale. In questa età, il fanciullo assimila profondamente i valori, quando egli stesso fa ed esprime qualcosa. Ricco di viva immaginazione il bambino è bisognoso di caldo clima affettivo, vive in stretta dipendenza dall’ambiente; assimila più per affetto che per ragionamento. Si identifica con le persone che stima e ama e ne fa propri i valori, gli atteggiamenti, i gesti, il modo di considerare la vita. Vera preoccupazione per la comunità cristiana è quella di accompagnare i nostri figli nella crescita spirituale. L’esperienza intellettuale del fanciullo è ancora fortemente legata alla vita affettiva ed emotiva. Per apprendere, il fanciullo ha bisogno di vivere in un clima di calma e di serenità. Nella vita adolescenziale l’insicurezza e l’inquietudine, sentimenti tipici dell’età accompagnano il ragazzo, egli ha bisogno certezze, anche se è portato a rimettere tutto in discussione; ama dimostrare la sua capacità critica; scopre e realizza se stesso nell’azione e nella vita di relazione. Nel progredire verso l’età adulta, i giovani si fanno attenti ai problemi della libertà personale e Fuecu nesciu

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religiosa, al dialogo, all’apertura verso i valori universali. Essi sono sensibili alla dignità umana e ambiscono a partecipare alle responsabilità del mondo sociale. Stimano altamente i valori del corpo,dell’amicizia e dell’amore; capiscono il senso del servizio e apprezzano e perseguono la ricerca della giustizia e della pace del mondo. I valori religiosi possono trovare una loro collocazione frequente e dinamica, se opportunamente presentati e motivati. Altro tipico atteggiamento della giovinezza è l’ambivalenza di sentimenti e di opinioni su persone e cose. Il contrasto con i genitori si accompagna spesso al bisogno di averli vicini. A volte gli atteggiamenti negativi sono pura difesa, e nascondono possibilità interiori molto positive. Anche l’adesione a Cristo deve ampliarsi e approfondirsi in uno sviluppo organico, che soddisfi al bisogno di fede di ciascuno. Chiunque voglia fare all’uomo d’oggi un discorso efficace su Dio, deve muovere dei problemi umani e tenerli sempre presenti. Il Dio della Rivelazione infatti e il “ Dio con noi”, il Dio che chiama, che salva e che dà senso alla nostra vita. Nella vita comunitaria non ci si deve mai stancare di presentare in questa luce, ogni verità e atto. Il mistero cristiano è un mistero di “comunione”. Il Dio della Rivelazione è il Dio vivente che trascende infinitamente gli uomini e ogni altra realtà, è l’autore della nostra storia e continuamente interviene, mostrandosi come Dio che vuole l’alleanza, che ama come sposo e padre. La comunità cristiana deve presentare la famiglia nei suoi valori di unità e di stabilità, nei suoi impegni di amore e di fecondità, nella sua vocazione di comunità aperta al mondo e alla Chiesa. Tutti sono chiamati da Dio alla Salvezza nella verità e nella grazia. La fede in Cristo e il Battesimo, che sono l’inizio della vita cristiana, hanno una dinamica interiore. E’ compito della comunità educare alla vocazione cristiana dei sui figli, perchè ogni persona ha bisogno di nutrirsi adeguatamente della Parola di Dio. Nati nella fede della Chiesa i nostri figli hanno bisogno di conoscere la grandezza della loro vocazione, per giungere a una ratifica del Battesimo. Per accogliere con libertà e docilità la parola di Dio, l’uomo ha bisogno della grazia e dell’impulso soave e forte dello Spirito Santo che dà la gioia del credere. Ancora l’attenzione della comunità verso le persone non riguarda soltanto l’individuo, ma abbraccia tutti i suoi rapporti con la società. Ciascuno cresce e si forma in un contesto sociale, nelle comunità che contribuiscono al suo sviluppo. La comunità cristiana non è un fatto marginale nell’educazione dei nostri figli. Nessuno può sviluppare la sua personalità se non ha relazioni positive con la comunità di cui egli stesso fa parte ed in essa è chiamato a trasfondervi il suo stile di vita e a trasformarlo. La comunità cristiana deve seguire con impegno e attenzione lo sviluppo e la crescita dei nostri figli partecipando alle ansie, alle attese, alle gioie dei genitori; vivendo gli stessi problemi che attraversano e per i quali soffrono, cammina con loro lungo la strada che conduce a Cristo. La comunità cristiana deve essere per i nostri figli la madre e la nutrice dell’educazione e grazie a quella famiglia che “dall’esempio e dalla preghiera comune dei genitori, troveranno più facilmente la strada della formazione veramente umana della propria salvezza e di una vera santità” (G548). Nell’ educazione dei nostri figli, la famiglia deve trarre un modello permeato di fermenti cristiani sperimentando dal vivo il senso di Dio, di se stesso, del prossimo. Al magistero della vita, si unisce provvidamente il magistero della Parola che, in famiglia è quanto mai semplice e spontaneo.

Nasce il bisogno infatti nei momenti più opportuni e più vitali, per celebrare il mistero di una vita che si accende, per interpretare una difficoltà e insegnare a superarla, per aprire alla coerenza spirituale, per ringraziare Dio dei suoi doni, per creare raccoglimento di fronte al dolore e alla morte, per sostenere sempre la speranza. Insostituibile è la presenza attiva dei genitori nella preparazione dei figli ai sacramenti dell’Iniziazione Cristiana, nella partecipazione della famiglia alla vita liturgica della comunità parrocchiale, nelle ricorrenze e negli anniversari più cari. In questo modo, non solo i figli vengono adeguatamente introdotti nella vita ecclesiale, ma tutta la famiglia vi partecipa e cresce: i genitori stessi, annunciando ascoltano, insegnando imparano. Oggi più che mai, le nuove generazioni hanno bisogno di incontro, di confronto, perché vivo è il rischio che, anche in famiglia, ciascuno si senta solo. L’esperienza conduce perciò a dare maggiore importanza alla vita comunitaria nell’educazione dei nostri figli sia per l’alto valore spirituale della vita parrocchiale e sia perché questa esperienza forma le nuove generazioni a dare una più profonda intelligenza del movimento della storia e della missione della Chiesa, permettendo loro di vivere con libertà e generosità la propria vocazione a vantaggio di tutta la comunità. L’educazione della coscienza religiosa si inserisce in questo contesto, come dovere e diritto della persona che aspira alla piena libertà e come doveroso servizio che la società offre a tutti. La comunità promuove il senso dei valori, facoltà spirituali, sviluppando la loro capacità di giudizio, invitandoli all’espressione personale e di gruppo, al dialogo, al confronto con la vita. La comunità cristiana resterà sempre carica di grandi valori al fine di costruire l’unità interiore della persona perché questa costruisca nella sua coscienza una visione unitaria e ordinata dei misteri della fede, della storia, della vita. Nell’azione evangelica prima c’é la comunità cristiana (DB200). Mai una comunità ha concluso il proprio lavoro: una tensione profonda la tiene continuamente desta perchè tutto diviene servizio e ansia di carità. In questo lavoro c’è un fondamentale motivo ispiratore: “fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo” (DB160). Nell’educare i suoi figli la comunità cristiana deve fare posto a Dio e a Cristo rispettando l’azione dello Spirito, promuovendo il silenzio interiore, l’attesa, la capacità di soffrire, sa condurre alla preghiera, alla bellezza morale. E questa è un’arte che nasce da una profonda docilità allo Spirito e da un grande rispetto per la libertà personale. La comunità cristiana deve avere, inoltre, capacità di guidare all’assimilazione all’ interiorizzazione e l’espressione personale del mistero cristiano. Con trepidazione si deve entrare nel mondo interiore delle persone, sempre le occasioni vanno colte con tempestività perché l’invito che Dio rivolge a tutte le ore della giornata sia accolto, dopo può essere troppo tardi. L’ azione educativa della comunità cristiana rimane inconfondibile, viva, quasi creatrice, può essere modesta e umile ma se sorretta dalla carità, essa è sempre feconda. Nell’ azione evangelica prima c’e la comunità cristiana (DB200) “Per chi è figlio di Dio, non dovrebbe trascorrere giorno, senza che in qualche modo sia stato annunciato il suo amore per tutti gli uomini in Gesù Cristo. E’ una trama che va tessuta quotidianamente; è la fitta e misteriosa trama entro cui si incontrano Dio, che si rivela, e l’uomo che lo va cercando per varie strade (DB198). Enza Gigante

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Concilio Vaticano II: “BUSSOLA” per il cammino del nuovo millennio Con la 18° lettera pastorale: “Nel solco del Concilio. Un laicato piú adulto”, il nostro Arcivescovo ci invita a rileggere e a riscoprire il Concilio Vaticano II. Quando Papa Giovanni lo annunciò parla di una nuova primavera della Chiesa. «è una primavera», scrive l’Arcivescovo, «che non è ancora terminata, forse per alcuni non e ancora iniziata». Paolo VI definì il Concilio come il catechismo dei tempi moderni e dei tempi nuovi; realizzare il Concilio equivale a vivere il Vangelo nella pienezza di Cristo, ecco che l’Arcivescovo ci esorta a rileggere i documenti conciliari, perché con il passare del tempo la conoscenza del Vaticano Il si é affievolita. Nasce così l’urgenza di riscoprirlo, nella sua integrità, conoscerlo e farlo conoscere, non solo ai giovani d’oggi, ma alle comunità. «E’ urgente una rivisitazione del Concilio», scrive l’Arcivescovo nella sua lettera, «perché i documenti conciliari appartengono al presente e al futuro della Chiesa». Essi sono sedici e si dividono in quattro Costituzioni, nove decreti e tre Dichiarazioni. Sono tutti documenti importanti, ma per la lettura e 1’approfandiniento è auspicabile partire dalle quattro Costituzioni dogmatiche che costituiscono le quattro colonne del Concilio Vaticano II. Esse sono: 1) Sacrosanctum Concilium, sul rinnovamento della Sacra Liturgia; 2) Lumen Gentium, sulla Chiesa; 3) Dei Verbum, sulla Parola di Dio; 4) Gaudium et Spes, sul rapporto Chiesa-mondo. Il cuore del concilio è racchiuso nei primi due capitoli della Lumen Gentium che ha inteso illustrare ai fedeli il vero volto della Chiesa, come corpo mistico di Cristo. Egli è il capo del corpo e noi le sue membra vive. Il Concilio ci insegna che la Chiesa è “una comunità di fede, di parità, quale organismo visibile attraverso il quale diffonde per tutti la verità e la grazia” (LG8). Senza il Risorto e senza il dono dello Spirito si ridurrebbe a semplice istituzione umana, ad un’agenzia di servizi. Il Vaticano II è stato definito da Giovanni Paolo II la `’bussola” che guida tutti noi alla riscoperta del vero volto della Chiesa, in cui Cristo ha amato fino a dare la Sua vita sulla croce. Nella lettera pastorale l’Arcivescovo ha dedicato tre capitoli ai fedeli laici: il 2° ai fedeli laici nel mistero della chiesa, il 3° alla spiritualità dei laici, il 4° alla guida e alla formazione dei laici. In quest’ultima l’Arcivescovo scrive: «Ci vuole quella che si definisce unità di vita, ossia vivere la fede nella realtà del mondo, immergersi nel mondo da cristiani, imprimendo il senso della nostra cristianità nelle realtà terrestri». I laici sono chiamati ad essere sale e lievito, la formazione spirituale consiste nell’amare Cristo attraverso la preghiera, la meditazione e la pratica delle virtù proprie dello stato laicale. Ci auguriamo che la mostra sul Concilio, svoltasi a Lecce dal 3 Al 18 novembre presso l’antico Seminario in Piazza Duomo, sia stata per noi un momento di riflessione e abbia suscitato l’interesse all’approfondimento dei documenti conciliari. L’obiettivo da raggiungere e che viene affidato da parte del nostro Arcivescovo alle diverse comunità parrocchiali, religiose e associative è quello di procurarsi i documenti del Concilio Vaticano Il, meditarli e studiarli, verificarli nei Consigli pastorali e nelle diverse organizzazioni ecclesiali e laicali e, soprattutto, metterli a confronto con le problematiche d’oggi. Dobbiamo fare tutto ciò guardando alla Beata Vergine Maria, Regina degli Apostoli, come modello perfetto della spiritualità laicale ed apostolica. Concetta Baglivo

Nel periodo 2 Luglio 2007 - 25 Dicembre 2007 hanno ricevuto il battesimo:

hanno celebrato il sacramrento del matrimonio:

Negro Giulia Maria Pati Emanuele Cannito Asia Andrea Buttazzo Giulio D’Ambrosio Giacomo Perrone Matteo Vittorio Prinari Delia Maria Rizzo Edoardo Mazzeo Alessia Somma Danilo

Pascali Francesco e Urso Valeria

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son ritornati nella casa del Padre: Roma Giulia Raffaele Sorrentino Liaci Francesca Garuzzi Giuseppe


POETI TRA NOI CAMPANA, CAMPANA MUTA Nu giurnu, nu mutu luntanu rriasti, e nui, te na tradizione, te na tradizione antica, cu tanti amici mei te misemu allu puntu cchiù bautu te lu tempiu te Diu. Le strei mei etisti criscere, cu tante autre caruse te moi. Campana, campana muta quanta gente te paisi chiamasti, cu lu ientu te tramuntana te sentii megghiu, chiamai tutti e decii: “Eniti, eniti allu Signore ca bu ole bene!” Me dicenu ca lu compiutere ha prugreditu l’omu, a tie lu compiuter ha tagghiatu la lingua forse ca eri analfabeta e nu sapii sunare “La squilla te sera”. Campana, campana muta te le feste sulenni enia e te terà le ricchie e tie cu li tocchi a bandulu faci ccapire ca era festa, e chiamai tutti: carusi, siri e mamme, e alle ecchie tecii: “Eniti puru ui, e preati la Matonna cu criscenu santi li strei!” Campana muta, campana muta mia me chiami ingratu se te ticu cu seni ancora?

La redazione di fuecu nesciu augura un Buon Natale e un felice anno nuovo a tutti i lettori

Geraldo Aprile

SPETTANNU U MAMMINEDDU Stia cunzannu lu presepiu su na bbanca mmenzu casa lu paesaggiu cu nu mare, la montagna e la crutta ‘lla pianura e siccome a quiddhu locu ia nascire u mammineddhu aggiu cumenzatu penzu allu tiempu ca ‘nci minte cu matura lu curciulo de ddhe specie de animali ca ine scire cu li pupi ‘ntra la scena natalizia: sia lu musciu ca lu cane ole pe quanti occhi ave; la pecora e lu porcu dice: “pe quanti peti portu” sia la vacca ca la donna spetta comu la Madonna. Salvatore Perfetto

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UN NATALE PER CAMBIARE

Un Natale per cambiare

10, 9, 8, 7, 6, ... 2,1 è Natale! Chiunque aspetti questo giorno per tutto l’anno, con impazienza inizia a contare sul calendario i giorni che dividono dal grande “evento” e dalle tanto sospirate vacanze natalizie fin dai primi di Dicembre. Insomma, mette in pratica un conto alla rovescia simile a quello che si fa a Capodanno, usando per unità di misura i giorni, piuttosto che i secondi. Certo, non si può dire che sia del tutto sbagliato: chi non si entusiasma sentendo nell’aria quell’atmosfera magica di festa che mette tutti di buon umore? Basta pensare che si dice sia più bella l’attesa della festa in sé! Se si guarda il Natale da un punto di vista religioso non è esatto considerare vera tale affermazione (la nascita di Gesù Cristo è assai più importante dell’attesa); se invece pensiamo al Natale come ad una festa pagana, ma che in sé racchiude molteplici significati quali l’amore, la gioia, la generosità, è più che giusto affermare che non solo l’attesa, ma tutto il periodo che ruota attorno al Natale sia assolutamente uno dei più belli dell’anno. Per questa volta è bene mettere da parte l’aspetto più strettamente sacro della festa e dedicare maggiore attenzione a quello che potrebbe essere un Natale per tutti, compresi coloro che non professano la religione Cristiana. Riflettiamoci: se il Natale cerca di diffondere sentimenti universali, allora è un bene che li comprendano e li mettano in pratica proprio tutti, non vi pare?

Farebbero davvero la differenza esperienze come dimenticare solo per un momento tutti quegli aspetti sì importanti ma non abbastanza da essere fondamentali, quali luci, giocattoli, regali e per una volta vivere il Natale, non vivere per il Natale! Ciò che questa festa cerca di mettere in risalto non è di certo il consumismo (anche se secondo le statistiche, quest’anno gli Italiani spenderanno in regali una percentuale molto più bassa rispetto agli anni passati), ma il saper vivere con dei valori che lentamente si stanno perdendo. Non parlo soltanto delle tradizioni o delle usanze, che sono comunque aspetti materiali, ma anche e soprattutto dei sentimenti che ho citato prima. L’obiettivo che ognuno si dovrebbe prefiggere è “fare, in questo periodo, ciò che non fa normalmente durante l’anno, per poi arrivare a farlo passo dopo passo ogni giorno della sua vita”. Di cosa si tratta? Semplice (o difficile, a seconda del modo di vivere e di essere di ciascuno), si riassume in una parola di poche lettere: a-m-a-r-e . Eh, sì! Perché “amare” comprende proprio tutto: essere leali, sinceri, rispettosi, generosi, fratelli e potrei continuare all’infinito... Insomma, la morale di tutto ciò non è annoiare con le solite vecchie parole delle solite vecchie persone che cercano di insegnare qualcosa che neanche conoscono o sanno fare, ma è semplicemente proporre una tregua almeno e solo per Natale, Natale che dà a tutti, nessuno escluso, la possibilità di cambiare. Agnese Centonze

Grazie San Francesco 25 dicembre. Secondo la tradizione è questo il giorno in cui, 2007 anni fa, nacque Gesù Molti secoli dopo, nel 1223, per ricordare questa nascita, San Francesco d’Assisi ideò a Greccio, in Umbria, il primo presepio con personaggi reali. Da allora, quella del presepio, è divenuta un’usanza diffusa in moltissime famiglie che, nel periodo precedente al Natale, riproducono la sacra rappresentazione con i personaggi caratteristici. E, a proposito dell’invenzione di San Francesco, quest’anno, nella nostra parrocchia, con i ragazzi del catechismo, si è preparato un recital proprio sul Natale di San Francesco. Come non ricordare, poi, che nella comunità, da cinque anni a questa parte, prepariamo il presepe vivente. Ogni anno, il luogo in cui si allestisce, è l’antica e suggestiva “masseria Cervolo”. I personaggi che vi partecipano sono diversi e ognuno contribuisce attivamente alla buona riuscita dell’evento. Tra questi spiccano Carmelina e Betty che si occupano della preparazione delle “pittule”; con, alla distribuzione le signore Anna e Gabriella; “le pastaie”, di cui io faccio parte, insieme a Stefania e alla “giovanissima” Angiulina; le nostre laboriose ragazze Alessia, Sara e Agnese che si adoperano in varie attività e bravissime a fare la pasta fatta in casa; i giovani e vivacissimi pastori, Matteo, Ismaele, Riccardo, Cristopher, Maria e le due mascotte Chiara e Francesco; “li furnari” e infine, ma non per importanza, c’è la Grotta con i tradizionali personaggi di “Maria e Giuseppe con il Bambinello”. Dietro questa bella iniziativa, c’è un lavoro faticoso e molto impegnativo, ma gratificante, perché il presepe è visitato sempre da più persone che di anno in anno sono attratte da particolari nuovi rispetto alle precedenti edizioni. A capo di questa organizzazione c’è un piccolo gruppo di persone che opera anche in altre manifestazioni per il quartiere: il gruppo “Arte e Cultura”. Nonostante tutto, resta comunque una bellissima esperienza che arricchisce non solo chi vi partecipa attivamente offrendo il proprio contributo, ma anche tutti coloro che visitano il presepe e che percepiscono, nell’atmosfera la familiarità e la semplicità di chi lavora. Annalaura Ginepra

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GIORGIO LA PIRA, L’ULTIMO PROFETA Il 5 novembre 1977 concludeva la sua vita terrena Giorgio La Pira, uno dei più prestigiosi esponenti del mondo cattolico contemporaneo. A distanza di trent’anni è ancora incolmabile il vuoto lasciato da questo instancabile, lucido e generoso difensore della pace e della giustizia, che può a buon diritto essere definito l’ultimo profeta laico della cristianità. Giorgio La Pira, nato a Pozzallo (Ragusa) nel 1904, seppe incarnare in sé e vivere con estrema coerenza la sua fede cristiana, radicandola nelle varie esperienze di vita e nei diversi ambienti sociali che lo videro sempre appassionato testimone del Vangelo. L’eccezionalità della sua figura di intellettuale, docente universitario, uomo di cultura, politico e pubblico amministratore ha donato all’Italia e al mondo intero irripetibili momenti e stagioni di crescita umana, civile e religiosa, anche con la realizzazione di alcune straordinarie iniziative di pace e di dialogo tra i popoli rimaste assolutamente uniche nella storia contemporanea. Giorgio La Pira, docente di diritto romano all’Università di Firenze, temprò inizialmente la sua indole di rivoluzionario per amore nella decisa e coraggiosa opposizione al regime fascista, che non mancò di perseguitarlo, ed ebbe in seguito modo di sviluppare ed attuare le sue idee di progresso sociale ispirate al magistero pastorale della Chiesa impegnandosi politicamente nel partito della Democrazia Cristiana, nell’ambito del quale prese attivamente parte ai lavori dell!Assemblea Costituente. Successivamente, fu sottosegretario al Ministero del Lavoro nel drammatico periodo della ricostruzione post-bellica, sostenendo le ragioni dei lavoratori e promuovendo l’adozione di misure a sostegno delle classi più deboli. All’interno dell’allora partito cattolico lavorò in stretta collaborazione con Giuseppe Dossetti e con altri

esponenti orientati a promuovere una politica socialmente aperta e finalizzata alla promozione della pace ed al superamento delle contrapposizioni tra i blocchi internazionali. Tale impostazione ideologica ispirò La Pira anche nel periodo in cui ricoprì la carica di Sindaco di Firenze (1951-1965), una eccezionale stagione che vide la città medicea protagonista di un intenso ed equilibrato sviluppo urbanistico ed economico nonché sede di autorevoli iniziative internazionali finalizzate alla comprensione e al dialogo tra le nazioni e i popoli. Il prestigio internazionale acquisito con la sua costante attenzione ai problemi della giustizia e della pace consentirono a La Pira di impegnarsi in prima persona anche in scottanti questioni che travagliavano l’intera umanità (è rimasto famoso lo sfortunato tentativo, giunto ad un soffio dal successo, di individuaree una soluzione pacifica per la guerra del Vietnam nel 1965). Anche come uomo di fede Giorgio La Pira ha lasciato un segno indelebile, elaborando riflessioni e sviluppando tematiche innovative (spesso in dialogo con autorevoli interlocutori, quali ad esempio i Pontefici Giovanni XXIII e Paolo VI), che contribuirono a creare il clima in cui maturarono le scelte pastorali sancite nel Concilio Vaticano II e completano mirabilmente il profilo umana ed intellettuale di questo grande profeta di speranza, che ha saputo parlare con efficacia evangelica sia agli umili (da ricordare il suo libro “Le attese della povera gente”) sia ai potenti, dimostrando l’assurdità del rifiuto della pace e la profonda bellezza dell’amore vicendevole tra gli esseri viventi. Giorgio

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ITINERARIO FORMATIVO PER I GENITORI DEI RAGAZZI E GIOVANI DEL CATECHISMO ANNO 2007-2008 16 Novembre (ven) ore 19:00

L’importanza dellavita comunitaria nell’educazione dei nostri figli. (dott.ssa Enza Gigante, sociologa)

14 Dicembre (ven) ore 19:00

Le relazioni educative: CHI CAMBIA? (dott. Cesare Martella, psicologo)

18 Gennaio (ven) ore 19:00

La comunicazione efficace: (dott. Cesare Martella, psicologo)

15 Febbraio (veri) ore 19:00

I no che aiutano a crescere. (dott. Cesare Martella, psicologo)

Domenica 23 Dicembre ore 19,30 Recital dei bambini del catechismo

14 Marzo (ven) ore 19:00

(dott.ssa Enza Gigante, sociologa) 18 Aprile (veri) ore 19:00 16 Maggio (ven) ore 19:00

Si ringrazia la ditta

Franco Contino per la cortese collaborazione

Numeri utili

Parrocchia San Bernardino Realino Via degli Oropellai,10 73100 Lecce tel 0832/359014 cellulare 3389769293 Sito internet parrocchiale www.sanbernardinorealino.com email donmichele@sanbernardinorealino.com 3 pg 8

I diritti dei bambini e i bisogni degli adulti. (dott. Cesare Martella, psicologo)

Il NATALE di San Francesco

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L’amore umano.

Impaginazione e stampa Giovanni Contino

L’importanza della preghiera nell’educazione dei figli e nella famiglia. (Don Michele)

Orario delle messe Domenica

ore 8,30 - 10,30 - 18,00

giorni feriali

ore 18,00

Continua nella nostra parrocchia la raccolta dei tappi di plastica del progetto ‘KENDA’ per la realizzazione in Africa di alcuni pozzi d’acqua.


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