27° CONGRESSO PROVINCIALE DELLE ACLI DI AVELLINO
“IL CORAGGIO DI OSARE: PER LA PACE, LA COESIONE, LA GIUSTIZIA SOCIALE”
RELAZIONE del presidente provinciale ALFREDO CUCCINIELLO
“Battetevi sempre Per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale. La libertà senza la giustizia sociale Non è che una conquista fragile, che si risolve per molti nella libertà di morire di fame” (Sandro Pertini)
Buongiorno a tutt3 e grazie per la vostra preziosa presenza. Grazie a tutt3 gli ospiti, ai Presidenti di Circolo e ai delegati di questo nostro 27° Congresso Provinciale.
Consentitemi un ringraziamento particolare ad amic3 della Presidenza e del Consiglio uscenti, ai componenti degli organi dei Servizi e delle Associazioni specifiche e professionali, ai dipendenti del sistema, che in questo quadriennio mi hanno supportato e sopportato negli sforzi e nelle difficoltà, nelle deficienze e inadeguatezze e mi hanno aiutato a raggiungere qualche risultato di cui andare fieri.
Quando, nell’ottobre del 2020, alcuni amicimi chiesero di candidarmi aPresidente provinciale, dopo qualche iniziale titubanza, accettai, soprattutto per saldare un debito che sentivo di avere nei confronti delle Acli di Avellino, dalle quali sono partito, oltre 45 anni fa, per compiere un percorso per me assai gratificante, che mi ha portato ad assumere ruoli importantialivellonazionale; un percorsochemi ha fatto crescere e conoscere personaggi illustri, capitalieuropee, quasi tutte le cittàitaliane, centinaia di piccoliPaesie migliaia di persone che quotidianamente spendono il loro tempo al servizio delle comunità.
Le Aclimihanno anche dato la possibilitàdi andarenegli slum di Korogocho eKiberaaNairobi, trale baracche di cartone e le fogne a cielo aperto, laddove le persone passano gran parte della giornata a cercare nelle discariche qualcosa, anche da mangiare, da riciclare; sono andato in Terra Santa e in Palestina, e sono stato anche nella Striscia di Gaza, in missione di pace. Sono stato in Kossovo, al mercato di Sarajevo e nelle altre areedelconflittodeiBalcani.Insomma,hoconosciutonelprofondoivolti,glieffetti,ladisperazione,gliorrori della povertà e della guerra. Grazie a queste esperienze che segnano, io oggi sono quello che sono: grazie alle Acli, e quindi soprattutto grazie alle Acli di Avellino che seppero conquistare il mio interesse e sollecitare una voglia di esserci che tuttora persiste.
Ci sono due canzoni che in qualche modo segnano la mia meravigliosa avventura nelle Acli: la prima è “A te” di Jovanotti che potrebbe descrivere la mia dedizione e la mia gratitudine verso l’Associazione; la seconda è di un cantautore che continuo ad amare a oltre 20 anni dalla sua scomparsa, Giorgio Gaber, ed è “L’appartenenza” che ricorda che far parte di una qualsiasi organizzazione e aggregazione non è solo “un civilestareinsiemeounnormalevolerbene”.Mipiacerebbecheognunodivoipotessesentirleancheproprie.
Con questoCongresso, le Acli festeggiano iloro primi80 anni: Ottanta e non sentirli comeun peso; una storia importante –oserei dire fondamentale- nella ricostruzione e nell’evoluzione di un Paese uscito devastato dalla seconda guerra mondiale. Pur con tutti i nostri limiti, ancora oggi siamo importanti perché siamo cittadin3 espressione di quella società civile che è la spina dorsale di questo Paese e affrontiamo ogni giorno lasfidadicrearevaloreevalorinellefabbriche,nelleaziendeagricole,nelterziario,nellascuola,nelleimprese sociali, nel volontariato e nel terzo settore, nella vita associativa, nella comunità ecclesiale.
Se consideriamo la storia come una linea che si snoda tra memoria del passato, percezione del presente e immaginazione del futuro, è proprio questo sforzo di legare sempre “ieri, oggi e domani” che deve costituire la bussola che ci orienta nel comprendere i segni costitutivi del nostro tempo.
Le novità di oggi ci consegnano un tempo dove la democrazia è in fase regressiva; aumenta la sfiducia nelle istituzioni e diminuiscono la partecipazione al voto e la cittadinanza attiva; scarseggia il dialogo tra le parti politiche in vistadel bene comune; non c’èlegittimazione dell’altro e soprattutto del diverso danoi.Orizzonti corti per programmare il futuro.
Il nostro compito è provare ad anticipare e a leggere i cambiamenti sociali e non possiamo farlo se non “dichiarandoci e scegliendo di essere di parte”, mettendo nel conto anche possibili errori e le difficoltà di andare incontro al nuovo mentre siamo anche noi costretti ad innovarci. E’ lo stare di fronte alla complessità senza pretendere di semplificarla. Saper guardare alla vita delle persone, saperla com-prendere è una delle nostre responsabilità. Il cosiddetto mondo nuovo continua ad essere lì: ogni passaggio epocale, più o meno percepito, ce lo ricorda. Abbiamo vissuto il fallimento di alcuni passaggi d’epoca annunciati come salvifici, e invece si sono rivelati tutt’altro – vedi la globalizzazione-, e abbiamo oggi gli stessi timori che altri passaggi d’epoca, come ad esempio l’affermarsi dell’intelligenza artificiale, possano presentare lo stesso conto caro e salato. Come sarà il mondo del futuro? E sarà davvero nuovo? Le cose cambiano e la direzione che sembrano prendere, la prospettiva non è per niente rosea. La restaurazione è sempre più alle porte e la sorte della maggior parte degli esseri umani è oggi nelle mani di pochi. Stare dalla parte dei tanti, degli ultimi e dei penultimi, in uno spirito di massima solidarietà, è ancora la strada giusta per le ACLI; ed è una strada sempre nuova.
C’è un orizzonte denso di nuvole nere. Anchese viviamoin un sistema democratico che è natoed ancoraoggi si propone di annullare le disuguaglianze, il welfare state, che per anni ha rappresentato la garanzia dei diritti a tutela della persona, è oggi seriamente minacciato e compromesso. E’ aumentata la disuguaglianza dei redditi; seppur negata da rassicuranti e bugiarde dichiarazioni, è aumentata la povertà assoluta e relativa e sono aumentate le famiglie in difficoltà; il principio paradigmatico della cittadinanza e mezzo di emancipazionesocialeetutela delladignitàpersonale,ovvero illavoro,nongarantiscepiùun’esistenza libera e dignitosa per tutti: le donne, i giovani, i residenti del nostro Sud sono i più colpiti da questa emergenza di povertà e vulnerabilità. In particolare le donne sono sottoposte a varie forme di disuguaglianza economica, riflesso di un retaggio culturale che è anche alle origini delle forme di violenza che quotidianamente registriamo. La correlazione tra condizioni di povertà familiare e mancato raggiungimento di adeguati livelli di apprendimento è chiara. Il tema salute e la crisi del sistema sanitario nazionale ed in particolare delle disuguaglianze territoriali sono una priorità assoluta. Il forte squilibrio nelle prestazioni tra nord e sud del Paese rischia di diventare un ulteriore elemento di disuguaglianza che crescerà ulteriormente se non riusciremo a mettere un freno definitivo alla legge sull’autonomia differenziata. Su questo tema, anche in questa Provincia, le Acli sono state in prima linea per promuovere iniziative in grado di svelarne tutti i risvolti e leinsidie, le conseguenzeletali perilSuddelPaese,ilnostroMezzogiorno,learee più povere,quelleinterne e lontane dai grandi centri.
Il conflitto tra Russia e Ucraina e quello che ormai devasta tutto il Medio Oriente, deflagrati in guerre sanguinose e terribilmente lunghe hanno riportato nelle nostre case lo spettro della violenza del secolo scorso e messo drammaticamente in mostra quanto il pensiero di cui disponiamo sia inadeguato ad interpretare il legame sociale tra quelle che, stupidamente, ancora distinguiamo e separiamo nettamente tra questioni di politica interna e di politica estera. Nel frattempo, i sistemi istituzionali faticano ad interpretare i tempi che cambiano, mentre le nuove richieste delle popolazioni sono sempre più frammentate e rispecchianti le disuguaglianze. E le iniquità si manifestano anche nelle scelte e nel bilancio dello Stato, dove di fronte ai tagli e alla stagnazione degli investimenti per la sanità e l’istruzione si registrano nuove spese per la difesa e per le armi.
La paura provocata dalle crisi umanitarie e dagli eventi climatici estremi e dalle calamità si manifesta in una domanda di maggiore sicurezza che viene costantemente esorcizzata attraverso nemici e colpevoli che vediamo sempre come altro da noi. Tuttavia, il tema del rapporto tra libertà, responsabilità e democrazia non può prescindere da un’esistenza dignitosa ed un accesso libero della persona alla vita pubblica, E’ su questo versante che si pone anche la questione migratoria: sia quella di chi arriva in Italia in cerca di condizioni di vita decenti e dignitose, sia quella dei giovani che non trovano le condizioni ideali per rimanere nel nostro Paese ed anche e soprattutto in questa Provincia, dove registriamo circa 30.000 esodi nell’ultimo decennio: è come se perdessimo un Paese all’anno, il Paese delle migliori intelligenze, delle migliori energie. Stiamo cancellando il futuro. Sul fronte delle migrazioni verso l’Italia, perdurano fallimentari logiche di respingimento e di allontanamento; ci siamo anche inventati nuovi campi di concentramento in Paesi terzi; stiamo affrontando un fenomeno epocale che non può più essere considerato un’emergenza momentanea e transitoria, somministrando aspirine invece che misure strutturali. E invece, è forse il momento di fare una riflessione seria sulleopportunità più che sui rischi: i migranti possono essere una risorsa e per molti versi già oggi lo sono, con le loro attività, i lavori che fanno e le tasse che pagano, con il contributo che danno in termini di cura, coi loro figli che ci aiutano a tenere aperte le nostre scuole. Il dialogo, l’inclusione e l’integrazione delle persone con le loro culture nei nostri princìpi costituzionali è per noi la via per prendere consapevolezza del fenomeno in tutte le sue dimensioni, assumendoci pienamente le nostre responsabilità del presenteeanche quelledel passato. In un climadiscontro tralibertàe paura,èildialogol’unicasoluzione nella complessità della gestione delle differenze e dei conflitti.
Nasce da qui anche la nostra convinta contrarietà al recente DDL Sicurezza che introduce oltre venti nuovi reati e inasprimenti delle pene, che vuole mettere il bavaglio al dissenso, alla democratica espressione di opinioni differenti, alla libertà di manifestare contro un’ingiustizia; questo DDL equivale al divieto di sciopero ed è perfino uninsulto allanon-violenza.SembrachequestoPaese sia tornatoaglianni dipiombo e che serva uno stato di polizia, magari un nuovo Codice Rocco. La sicurezza non è solo una questione di ordine pubblico e resta senza risposte il bisogno di sicurezza rispetto ad una economia che risente dei venti di guerra e resta inevasa la richiesta di sicurezza rispetto al dissesto idrogeologico e alle calamità che sempre più frequentemente devastano i nostri Paesi, mettono in ginocchio le nostre comunità e presentano un conto salatissimo in termini di vite umane. Resta inevasa la legittima aspirazione alla sicurezza di chi si reca al mattino al lavoro e non sa se ritorna a casa la sera.
Itrattidominantidel presente –lascienza, la tecnologiae lacontinuainnovazione-hanno consentito in questi anni successi materiali importanti, ma hanno anche innescato derive ecologiche omicide e scatenato apprensioni sociali legate ad un utilizzo improprio e predatorio della stessa conoscenza scientifica e tecnologica. Le nuove tecnologie possono rendere le imprese più innovative e sostenibili e la transizione verde e digitale è considerata uno snodo importante per rilanciare l’occupazione e l’economia, garantendo sviluppo, crescita e competitività.
Tuttavia, questa sfida deve coinvolgere tutti e mantenere al centro la persona umana. Anche stavolta, ci è di insegnamento Papa Francesco che, nella Laudato SI, ci avverte dei pericoli scrivendo che “l’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza, perché l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza”. Si tratta di fare in modo che i benefici prevalgano sulle insidie, consapevoli che la mancata conoscenza di questi sistemi, abbinata alla concentrazione di potere nelle mani di chi li governa e controlla, rappresenta una miscela esplosiva che può mettere in discussione il nostro status di cittadini e perfino la democrazia. Anche su questo tema, affrontato dalle Acli nell’ultimo Incontro annuale di Studi, sarà utile sviluppare momenti educativi e formativi, di alfabetizzazione, affinché i cittadini sappiano rapportarsi con questi strumenti e rimangano artefici del proprio destino, indirizzando questi mutamenti in senso realmente democratico.
LA SFIDA PRINCIPALE: IL CORAGGIO DELLA PACE
La dimensione della pace è la priorità che offriamo alla discussione e condivisione di questa fase congressuale. I conflitti di cui l’umanità si sta rendendo protagonista ci mostrano la fatica dell’essere fratelli, abitanti di una casa comune. Sono sotto i nostri occhi le conseguenze di rimandi colpevoli, di occasioni perdute, di scelte ambigue o non scelte. Perciò ci è richiesto il coraggio della pace. Perché è la fraternità stessa ad essere in discussione, ovvero la possibilità di convivere senza dover competere o addirittura eliminarel’altro per poter vivere.La fraternità non è un sentimentoo un semplice atteggiamento nei riguardi del prossimo. Ben prima di noi, qualcuno elevò la fraternità a categoria della politica, abbinandola indissolubilmente alla libertà e all’uguaglianza. Se la fraternità viene messa in discussione, lo è anche la persona umana.
E’ dunque per noi inaccettabile che la guerra sia l’unica soluzione dei conflitti. Ripudiare la guerra, così come ci impegna a fare la nostra Costituzione, significa anche arrestarne la progressione, prima che accada l’irreparabile.NascedaquiilnostroconvintoNOall’inviodellearmi,ovunquelechiedano.Assumendoqueste posizioni ci siamo attirati tante critiche; siamo stati chiamati “filoputiniani” e “antisemiti”, liquidati come “anime belle, sognatori, idealisti coi piedi per aria”. Ci vuole coraggio anche a scendere in piazza, a non rispondere alle provocazioni, a manifestare un pensiero, contro i balbettii di chi di volta in volta tira in ballo la Nato, l’Occidente, l’Europa, i distinguo ad oltranza tra chi attacca e chi si deve difendere, le discussioni sterili sulla gittata dei missili e chi pensa, ma non lo dice, che comunque in Italia abbiamo un’industria bellica da sostenere ed implementare. L’ora dell’indignazione non può scattare solo nel momento in cui sparano sui nostri soldati, caschi blu al servizio delle Nazioni Unite in missione di interposizione.
In questo tempo di conflitti, di divisioni, di sentimenti nazionalisti, di odio e contrapposizioni, osare la pace è il servizio culturale e politico più alto ed urgente che le Acli possono mettere in campo. E’ un servizio alla possibilità di futuro e alla speranza che ci contraddistingue come cristiani e ci obbliga a non voltare mai la testa dall’altra parte, ad abbattere i muri, a costruire ponti. Non possiamo rassegnarci ad un aumento incontrollato delle armi, né tantomeno alla guerra come via per la pace. Inquestomomentostorico nel qualeiventidiguerra sonosemprepiù impetuosieledemocrazievanno involvendosi, ribadiamo con forza che lapaceè la forza dell’Europa el’Europa deveessere la forza dellapace. Dovremmo a questo punto anche aprire un capitolo sul ruolo che il nostro Paese deve giocare in quella UE che ha contribuito fortemente a creare, ma per esigenze di tempo e di spazio mi limiterò a dire che in Europa ci si sta se si è disposti a lavorare “per”, piuttosto che mettendone in discussione i capisaldi.
La terza guerra mondiale “a pezzetti” di cui parla Papa Francesco si impone e manifesta anche nelle drammatiche conseguenze socio-economiche. C’è una combinazione bellica che non solo miete migliaia di vittime, anche tra i civili, ma alimenta le fiamme climatiche nelle quali da tempo è avvolto l’intero pianeta, senza che la politica globale riesca ad accettare ed assumere le proprie responsabilità. Siamo di fronte ad un mondo ineguale e diviso; il caos climatico sta alimentando il fuoco dell’ingiustizia; il riscaldamento globale distrugge i bilanci, facendo lievitare i prezzi dei prodotti alimentari, sconvolgendo i mercati energetici, aumentando il costo della vita, creando miseria. Facciamo ogni giorno i conti con disastri e calamità che non possiamo più banalmente aggettivare come “naturali” e conseguenze di una natura “matrigna”, ma sono frutto di scelte scellerate, di mancati controlli sui cambiamenti climatici. Le conseguenze di un mondo che si va sgretolando ricadono soprattutto sulle fasce più deboli e vulnerabili della popolazione mondiale, con una strettissima relazione tra il problema ambientale e quello sociale.
Accogliere il dono della pace, nella nostra vita, è decidere di attivarci per cambiare gli stili di vita, per modificare il nostro sguardo sul mondo, sulla realtà e sugli altri, nella logica già richiamata della fraternità. Con la consapevolezza che la pace si costruisce attraverso un alfabeto umano della vita, comprensibile a partire dalla cura delle relazioni che ci sono più prossime.
LA PACE IN CASA NOSTRA; COESIONE E GIUSTIZIA SOCIALE
Tutto ciò significa che il primo luogo dove costruire la Pace è casa nostra: il nostro Paese, la nostra comunità, la nostra abitazione, la nostra famiglia: se non si vive qui la dimensione della fraternità, della giustizia, della solidarietà, dell’uguaglianza, della legalità…non siamo legittimati ad invocare la pace nel mondo, e saremo sempre più testimoni e vittime di violenza.
Nasce dalla necessità di ribadire questi concetti l’ampliamento del titolo del Congresso che come Acli irpine ci siamo permessi di fare rispetto al tema del Congresso nazionale, aggiungendo all’ osare la Pace, il coraggio di agire per la coesione e la giustizia sociale. Senza coesione e giustizia sociale la Pace non c’è, perché la Pace non è la semplice assenza di guerra.
L’esplosione delle disuguaglianze non è solo un problema sociale ma rappresenta la nuova questione morale e democratica, perché la concentrazione di danaro e di potere condiziona sempre di più le agende della politica e occupa e assoggetta la società, riducendo gli spazi di libertà e rendendola più permeabile al malaffare, alla corruzione e alle mafie. Quando le protezioni e le raccomandazioni valgono più della conoscenza, del merito, della fatica, c’è un ulteriore motivo perché i giovani più capaci vanno altrove.
Quotidianamente facciamo i conti con un fisco iniquo e troppo orientato al condono; un welfare sempre più incertoeapagamento; unaSanitàtagliatae ridottaaprivilegioper chipuò permettersela: èuncircolovizioso dove l’impoverimento del lavoro determina esubiscea sua volta l’impoverimento dell’economia, delwelfare e il conseguente declino demografico.
E’dentroquestoscenariochesidipanailruolodelleAcli,ancheinterminidiservizieprogetticoncreti:ovvero l’aiuto agli ultimi, ai piccoli, ai più poveri ed il sostegno alle tante emergenze, al riscatto dalle situazioni di disuguaglianza, miseria ed oppressione; si inserisce qui anche la pressante richiesta per un reddito minimo per tutte le persone e le famiglie in condizione di povertà assoluta, senza che questo scada nella beneficenza o nell’aiuto estremo. Da 80 anni la nostra scelta di campo è quella dell’emancipazione e della rivendicazione della libertà e della giustizia sociale; tuttavia, il solo parlare di disuguaglianze non basta più e pertanto la nostra azione, quella delle Acli, dei nostri Servizi, delle associazioni specifiche e professionali deve caratterizzarsi sempre più come sostegno reale e creazione di opportunità per chi vive discriminato e nel disagio: i giovani, gli anziani, le donne, i migranti, ma non solo; insomma, un impegno a favore di chi soffre.
IL CONTESTO IN CUI OPERIAMO
Chi vive ed opera in questa Provincia conosce dell’Irpinia fragilità e potenzialità, i problemi e le risorse, l’incomparabile bellezza e i rischi derivati dalla sua connotazione geomorfologica. Siamo a quasi 44 anni da quel tragico 23 novembre 1980 che provocò lutti e devastazione, distrusse edifici e tessuto sociale e si è rivelato nel tempo una sorta di data “spartiacque”, per la ricostruzione materiale e per ipotesi di sviluppo che non sempre abbiamo condiviso. Il terremoto del 1980 incise prepotentemente anche sui legami sociali, sul profilo relazionale, sui livelli di civiltà e di umanità nei rapporti interpersonali; oserei dire che abbiamo avuto un progressivo imbarbarimento antropologico che ha condizionato i gesti, i corpi, gli atteggiamenti più comuni ed elementari delle persone, alterando le relazioni sociali, condizionando pesantemente le istanze di giustizia sociale e le aspirazioni di rinascita delle comunità.
La società irpina ha conosciuto negli anni una improvvisa, rapida e convulsa spinta di accelerazione storica, non corrispondente ad un effettivo progresso civile; nei nostri bellissimi borghi convivono piaghe antiche e nuove problematiche: la disoccupazione, la precarietà economica, le dipendenze, l’emigrazione di persone che non sono più contadini ed analfabeti ma giovani istruiti e con grandi competenze. In questa Provincia l’effetto doloroso di tentativi di sviluppo calati dall’alto, spesso gestito secondo logiche clientelari, volte a privilegiare insediamenti di imprese estranee alle nostre realtà, senza un reale interesse a valorizzare le risorse, le potenzialità, le vocazioni e le caratteristiche dei territori, si è tradotto in una crisi dei rapporti, in uno svilimento delle relazioni sociali, sempre più improntate all’egoismo, al successo, al profitto, alla merce; si sono affacciate nuove forme di sperequazione, interazioni umane avvelenate, aggravando le disuguaglianze già esistenti e generando nuove ingiustizie e contraddizioni, nuove sacche di emarginazione e povertà.
I dati degli istituti specializzati ci consegnano la foto dettagliata di una Provincia in crisi, sotto tutti i punti di vista: gli abitanti sono solo 397.000, con la città capoluogo ridotta a poco più di 52.000 residenti; abbiamo solo tre Comuni con una popolazione superiore a 12.000 abitanti e 7 Comuni su 10 che non raggiungono i 3.000, per una densità abitativa complessiva di 141 abitanti per Km2, contro i 409 della Campania e i 195 dell’Italia intera. Riferendoci all’ultimo decennio abbiamo già detto di un saldo negativo di circa 3.000 unità all’anno; il dato del 2023 ci dice che sono nati 2.577 bambini a fronte di 4.775 persone decedute; abbiamo un alto indice di vecchiaia e una età media della popolazione alta.
Nella graduatoria nazionale delle Province in base al reddito pro-capite, quella di Avellino è al 91° posto; per quanto riguarda il mercato del lavoro, abbiamo circa 140.000 occupati, con un tasso di occupazione pari al 40% e un tasso di disoccupazione, ovvero il rapporto tra chi cerca un lavoro ed il totale delle forze di lavoro, pari al 14,5%. Sono dati in controtendenza rispetto a quelli che mensilmente ci vengono propinati sulla crescita dell’occupazione, che contano anche contratti stagionali, precariato, partite Iva che durano quanto la vita delle farfalle. Fatichiamo a trovare chi ci spiega i risultati di questa strana equazione per cui “non c’è crescita economica, aumentano le povertà e tuttavia cresce l’occupazione”; è un po' come se d’estate mancasse l’acqua per fare la doccia (e qui spesso accade) e ti arrivasse la bolletta con addebito dell’eccedenza: qualche vecchio saggio direbbe che la bolletta è quella di un altro, oppure c’è qualche conduttura che perde.
Le eccellenze produttive che pure esprimiamo nei comparti dell’agroalimentare e del settore vitivinicolo non riescono ad occupare tutte le persone che non trovano spazio nell’industria manifatturiera, nel polo conciario, nell’automotive, nel campo dell’energia e dell’informatica.
Le famiglie se ne vanno perché mancano il lavoro e i servizi; chiudono le scuole perché diminuiscono gli studenti; chiudono gli ospedali e i presidi territoriali di legalità; ma chiudono anche i bar, e chiudono i negozi e gli esercizi commerciali di prossimità. A riprova di una flessione dell’economia, chiudono anche gli sportelli bancarichefinoapocotempofatrovavamoadogniangolodistrada.Aumentanoicartelli“fittasi”e“vendesi” per case e per locali. Scarseggiano i luoghi di aggregazione o per produrre cultura ed arte nonostante i tanti talenti giovani che si affacciano sulla scena. Questa, per molti versi, è ancora la “terra dell’osso” descritta da Manlio Rossi Doria e Guido Dorso.
E viviamo in una Provincia praticamente senza Università; siamo in una città che ha una stazione ferroviaria senza treni: in partenza, in transito e in arrivo, se non quelli legati ad un lodevole ma insufficiente progetto di sviluppo turistico. E ci sono altri parametri sulla qualità della vita che ci pongono indietro nelle graduatorie nazionali.
E’ una fotografia impietosa, molto diversa dalla cartolina ritoccata con photoshop, molto edulcorata, che è stata consegnata nel documento dei Sindaci irpini al Ministro Piantedosi, in occasione del G7 a Mirabella Eclano.
Consapevoli dei nostri limiti non ci iscriviamo alla pletora di coloro che hanno soluzioni per tutto; non siamo tra coloro che alimentano la retorica di una certa convegnistica, legata al lavoro, allo sviluppo sostenibile, al transito di esperti che ci parlano di promozione del territorio senza conoscerlo. Vogliamo invece fare parte diunacomunitàchesiriconoscenellaconsapevolezzachelanostraIrpiniarappresentauncontestosingolare, non accumunabile ad altri territori. Il futuro delle nostre terre lo si costruisce con chi ci vive, con chi ha scelto di restareeconcolorochenon hannoavutoalternative alrimanere;esololapartecipazione,ilprotagonismo, la cittadinanza attiva di chi si sente irpino può costruire il nostro futuro, a partire da iniziative concrete e sperimentazioni che possono suggerire percorsi nuovi e generare nuove economie.
E’ allora fondamentale l’attivazione di reali sinergie tra Enti locali, mondo dell’imprenditoria, associazioni datoriali e di categorie, corpi intermedi per un cambiamento reale e per una ripresa, non solo e non tanto resiliente. Credo che dentro questa operazione vada riassegnato un compito di indirizzo e propulsione anche alla Provincia, relegata come le altre a ruolo minore dalla Legge Del Rio e non legittimata dal voto popolare.
Con la giusta consapevolezza della poca forza e delle tante nostre debolezze, andavano nella direzione di un cambiamento“possibile”leiniziativechecomeAclioconleassociazionispecificheeprofessionalidelsistema abbiamosviluppatonelcampodellaruralità,dei“cammini”perilturismolentoesostenibile, per lariscoperta dei nostri borghi, per la valorizzazione delle specie animali e dei prodotti tipici.
LE ACLI IRPINE NEL QUADRIENNIO 2020/24
Il già ricordato Giorgio Gaber nel 1974 cantava “c’è solo la strada per conoscere chi siamo; la strada è l’unica salvezza; il giudizio universale non passa per le case, le case in cui ci nascondiamo”. Ed io credo che la novità più significativa e rilevante del mandato che si chiude oggi è proprio l’aver riportato le ACLI in strada, in “uscita” dalle sedi di Via De Renzi, riscoprendo l’antica vocazione ad essere Movimento educativo e sociale della società civile; la tensione e la passione umana, civile e spirituale che ci contraddistingue e ci fa stare dalla parte degli ultimi edegli oppressi,checi fa provare a dettare dei cambiamenti, ci haspinti a moltiplicare le mobilitazioni, le iniziative, i momenti formativi e di riflessione, le proposte politiche, progetti mirati.
Innanzitutto sul tema della Pace: insieme a tante altre organizzazioni ed associazioni del territorio riunite nella Rete Irpina Pace e Disarmo, per gridare il no a tutti i conflitti armati, a partire dall’invasione russa in Ucraina e poi dal criminoso, terribile atto di Hamas del 7 ottobre e della altrettanto criminale reazione israeliana, contro le armi nucleari, contro le politiche di riarmo, per il rispetto e le modifiche della legge sul commercio delle armi, per la ripresa del dialogo e il primato della via diplomatica.
Epoil’impegnogiàricordatoperbloccarel’autonomiadifferenziata,primacheilDecretoCalderolidiventasse Legge, con due importanti e riusciti convegni, e poi, successivamente, partecipando a tanti confronti promossi da partiti e sindacato, soprattutto la CGIL, e mobilitandoci per la raccolta delle firme per il referendum.
E ancora la difesa della nostra Costituzione, da protagonisti nel cartello provinciale “La via maestra” e l’indignazione per le stragi del mare, le mobilitazioni per rivendicare nuove norme sull’immigrazione, per cambiare e rendere dignitoso un sistema di accoglienza, integrazione ed inclusione dei migranti.
Sul tema della partecipazione, siamo ancora impegnati a raccogliere le firme per due proposte di legge di iniziativa popolare, una sulla democrazia e trasparenza nei partiti ed una sulle assemblee di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.
Voglio poi ricordare l’adesione alle due Campagne nazionali “Pace, lavoro e dignità” e “Pace, lavoro ed equità” che ci hanno consentito di rinsaldare la nostra convinta partecipazione a celebrazioni importanti: il 1° maggio, il 25 aprile, il 2 giugno, il centenario del rapimento e uccisione di Giacomo Matteotti. Ma, al di là delle celebrazioni, mi pare opportuno ricordare l’impegno costante per un “lavoro dignitoso”, contro il precariato, e le proposte contro l’impoverimento, contro l’iniqua distribuzione delle risorse, contro le disparità. Siamo convinti che occorra un piano straordinario, un’alleanza per combattere il lavoro povero e la scarsa sicurezza e protezione per i lavoratori che, quando subiscono un incidente, non sono vittime di una tragica fatalità ma gli agnelli sacrificali sull’altare di un contenimento dei costi e dell’aumento della produttività. Quella degli incidenti sul lavoro è una piaga dilagante, sottaciuta, troppo spesso mascherata.
C’è poi l’impegno sui temi di un welfare universalistico, da non garantire soltanto a chi può pagarselo e le posizioni assunte perildiritto allasalute, perlariformadell’autosufficienza, per l’assegno unico,per ilreddito di inclusioneo per la reintroduzione del redditodicittadinanza che va corretto emesso alriparo dagli sciacalli e dai furbetti e destinato a tutti coloro che ne hanno realmente bisogno, per un reddito minimo contro la povertà assoluta dei singoli e delle famiglie.
Possiamo affermare che abbiamo trascorso il quadriennio protèsi al rilancio dell’azione sociale sul territorio, promuovendo azioni, mobilitazioni, indagini, progetti, anche su temi complessi e scomodi quali quelli delle discriminazioni, per esempio quelle derivate dall’orientamento sessuale, dedicando nostre preziose energie all’offerta di servizi di prevenzione e contrasto alle discriminazioni delle comunità LGBT, rappresentando un punto di riferimento, uno spazio di ascolto e di accoglienza per la prevenzione del benessere psico-fisico e la presa in carico di situazioni di vulnerabilità, fragilità e isolamento sociale.
La dedizione, le competenze, le professionalità e la capacità di fare rete e squadra con altri soggetti del Terzo settore ci hanno anche fatto sviluppare il Progetto TE.M.I., attraverso uno sportello per il contrasto e la prevenzione alle forme di violenza, discriminazione ed intolleranza, riservato agli uomini maltrattanti: uno sportello che con l’entrata in vigore del Codice Rosso ha visto triplicare in un anno le richieste di consulenza, valutazione e trattamento.
Su questa scia, abbiamo stipulato delle apposite convenzioni con i Servizi Pubblici e le istituzioni, tra cui l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE); nel 2023 abbiamo anche siglato con la Questura il Protocollo Zeus; un protocollo che amplia l’efficacia dell’ammonimento del Questore, un provvedimento previsto dalla Legge per condotte riconducibili agli atti persecutori, allo stalking e alla violenza domestica.
Abbiamo inoltre svolto attività formative e divulgative nei quartieri e nelle scuole dell’obbligo, offerto supporto ai migranti, lavorato a progetti di inclusione con la Prefettura e i Centri SAI (Sistema Accoglienza Integrazione), realizzato azionidestinateai detenutinelle carceridi Bellizziirpino eLauro con attivitàsportive e di implementazione delle biblioteche; ed ancora, ci siamo affiancati ai GAL territoriali e coinvolti nel Primo Bio-distretto della Provincia, nel territorio arianese, che pochi giorni fa ha ottenuto il riconoscimento del Ministero dell’Agricoltura e i primi finanziamenti.
Per ricordare un’espressione di un caro amico aclista che non c’è più, abbiamo provato a sostanziare la differenza profonda che c’è tra la Rete e la ragnatela che è pur sempre una rete, ma di cui la prima vittima è proprio il ragno che la costruisce; ci siamo sforzati di essere parte viva di compagini già operanti, ma anche animatori di reti nuove; abbiamo maturato una comunanza strategica con diverse esperienze dell’associazionismo, rafforzando alleanze significative, per esempio dentro il ripristino del presidio irpino di Libera, l’associazione di associazioni contro le mafie e l’illegalità, e per il rilancio del Forum irpino del Terzo Settore del quale chi vi parla ha anche assunto il ruolo di portavoce: un Terzo Settore che auspichiamo assumasemprepiù soggettivitàpolitica, inautonomia,libero dairicatti del “bere oaffogare”, fuori dalle zone d’ombra, capace di operare, cooperare e co-progettare, anche con le istituzioni, nel segno dell’amministrazione condivisa.
Non siamo stati autoreferenziali e le presenze a questo Congresso stanno a testimoniarlo.
LA VITA ASSOCIATIVA E DEMOCRATICA
Il quadriennio, e di conseguenza il nostro mandato, si era aperto con la consapevolezza di una crisi della dimensione associativa, resa ancor più acuta dal periodo della pandemia che per mesi ha imposto il blocco assoluto delle attività; tutti ricordiamo le preoccupazioni, le precauzioni e quell’invito ad evitare i possibili contagi che fu chiamato “distanziamento sociale”: per noi quasi un ossimoro, mentre ci prodigavamo, soprattutto con i Servizi a prestare un aiuto ed un soccorso. Sulla dimensione associativa incideva pesantemente anche l’impatto con la Riforma del Terzo Settore che probabilmente ha messo ordine in un mondo che spesso ha viaggiato borderline, ma sicuramente ha comportato difficoltà ulteriori a chi opera in forma volontaria, spesso senza sede, senza supporti informatici ormai indispensabili, dedicando il proprio tempo libero. Oggi facciamo più fatica a trovare persone che accettano di assumersi responsabilità associative. E di questo ne risente anche la partecipazione, la cittadinanza attiva, che risulta meno praticata non solo nei termini, già richiamati,della partecipazione al voto. Al giorno d’oggiè motivo di preoccupazione, titubanze e rifiuto persino l’assunzione della presidenza di una bocciofila.
Soprattutto agli inizi del mandato, abbiamo dovuto fare i conti anche con gravi e dolorose perdite di dirigenti che si sono spesi tantissimo per queste Acli e che non smetteremo mai di ringraziare per il loro impegno; in diversitra di noi abbiamo dovuto fare i conti con vicende familiarie problemi disalute che hanno certamente rallentato il percorso. Ma siamo qui, fortificati dalle difficoltà, a rendicontare e rilanciare, ad aprirci a nuove energie, a raccogliere nuovi impulsi.
Nella descritta situazione di emergenza, il nostro approccio ha previsto interventi su più piani, per consentire un processo virtuoso, di pieno rilancio; oggi, superando non già la linea di arrivo ma solo quella di un traguardo volante, possiamo affermare con moderata soddisfazione che i nostri Circoli hanno aumentato la loro capacità di essere sentinelle sul territorio, animatori di comunità, agenti di azione politica, sociale, culturale, ricreativa. Sono innumerevoli le iniziative organizzate dalle nostre strutture di base: diverse e differenti attività ed espressioni che abbiamo per quanto possibile supportato e che abbiamo tentato di ricondurre ad unità nel quadro di una precisa identità associativa. In tal senso, sono stati molto utili anche i progetti realizzati con il supporto della sede nazionale.
Ma nel contempo sono cresciuti anche i nostri numeri: oggi contiamo il 40% degli associati in più e 8 nuove strutture di base che in questo momento partecipano al loro primo Congresso provinciale. Su questo versante,mipremesottolinearel’impegnoedilpreziosorisultatodicolorochesisonooccupatidellosviluppo associativo e dell’Ufficio per i Circoli che ha accompagnato e supportato le strutture di base nel complicato processo di adeguamento obbligato dalla Riforma del Terzo Settore, con l’introduzione del RUNTS, le modifiche agli statuti, la tenuta dei registri e la pubblicazione dei rendiconti e bilanci di esercizio.
Tra i risultati positivi, io annovero anche un ritrovato equilibrio nei conti e la capacità di essere puntuali nelle scadenze, con un certosino e rigoroso lavoro di monitoraggio, valutazione e distribuzione delle spese; un lavoro stressante, che talvolta ha reso anche “antipatico” chi lo ha dovuto esercitare, ma che ha dato ottimi risultati. Stiamo poco alla volta anche rendendo più funzionali e confortevoli le nostre sedi.
Un salto di qualità lo abbiamo compiuto anche in termini di comunicazione e visibilità; abbiamo registrato oltre 500 passaggi sui media locali e riattivato i social.
Un limite che tuttora abbiamo è invece relativo alla capacità di rilanciare il nostro movimento giovanile. Pur intercettando tanti giovani attraverso l’esperienza del servizio civile e i tirocini svolti presso di noi da alcuni studenti universitari, non riusciamo a trasformare queste presenze in adesione convinta, in militanza, in partecipazione attiva, in prospettiva di ricambio della classe dirigente. Dobbiamo capire perché non riusciamo ad essere attrattivi per le giovani generazioni, soprattutto in città e attivare processi di nuovo protagonismo. Perché i giovani sono fondamentali; sono una risorsa in termini di freschezza, di innovatività, di interazione con strumenti e linguaggi nuovi.
In questa Provincia non abbiamo quasi mai avuto eccessive difficoltà a presentare e far percepire le nostre Associazioni specifiche e professionali come una modalità di fare le Acli in maniera coerente; esse rappresentano un patrimonio inestimabile che, nel pieno rispetto dei singoli statuti e regolamenti, va ancor di più messo a sistema: più sinergie, più interazioni, più iniziative comuni.
Molto sinteticamente, senza entrare dentro le singole specifiche mission, oggi contiamo sull’Associazione di promozione sportiva delle ACLI, l’U.S. Acli, che aggrega 15.000 persone ed oltre 200 società, gruppi e associazioni di base facendo sì che Avellino sia una delle Province d’Italia più forti; abbiamo un CTA che, per il turismo sociale e sostenibile, si va rivitalizzando soprattutto in chiave di “incoming”, ossia su proposte in grado di veicolare viaggiatori e turisti nel nostro territorio, con una capacità di suggerire agli Enti Locali, principalmente ai Comuni, progetti ed iniziative legate al ritorno alle origini, al cosiddetto “turismo delle radici” per coloro che lasciarono l’Italia, per i loro figli e nipoti. Abbiamo una Federazione, la FAP, che raggruppa gli anziani e i pensionati, tutela i diritti della terza e quarta età e propone una vita sempre attiva: la FAP è uno “strumento” che va potenziato, dedicandoci risorse nuove, soprattutto persone che possano promuovere nuove attività ed opportunità, perché gli anziani sono ancora una risorsa, anche in termini di welfare “familiare” oltre che di esperienza e di sapienza.
Pur avendo tra i nostri iscritti e simpatizzanti, e nelle relazioni feconde che si sviluppano, tante persone che si occupano di teatro, di musica, di cinema, di pittura, di fotografia…non abbiamo invece mai sviluppato ACLI ARTE E SPETTACOLO perché riteniamo che le attività culturali siano un terreno di azione delle ACLI e non abbiano il bisogno ineludibile di ritrovarsi coordinate da un’associazione specifica, se non per aspetti di tipo sindacale.
Tra i nostri punti di forza consideriamo anche Acli Terra che oggi conta su circa 1.000 associati, in gran parte piccoli agricoltori, ai quali assicuriamo assistenza attraverso due sportelli CAA (Centro Assistenza Agricoltori) e quattro operatori dedicati. Attraverso la cooperazione aggreghiamo prodotti agricoli da destinare alla vendita diretta ed on-line con un punto vendita a marchio Finezza nel centro di Avellino. Ed inoltre, sempre attraverso lo strumento cooperativo stiamo fornendo manodopera, professionalizzata e regolarmente assunta che rappresenta anche una risposta al problema dell’occasionalità e della sicurezza.
La stessa coerenza nel fare le Acli che chiediamo alle nostre Associazioni specifiche e professionali la pretendiamo però anche dai loro gruppi dirigenti nazionali; non posso evitare di ricordare al rappresentante delle Acli nazionali che Avellino ha qualche problema nel rapportarsi, ad esempio, coi vertici di un CTA che bypassa senza ritegno le richieste di una Provincia che non riconosce la nomina nella Fondazione Sistema Irpinia di un dirigente che non è iscritto a queste Acli; abbiamo difficoltà con la Presidenza nazionale dell’Unione Sportiva che continua a mantenere il commissariamento in una Regione che conta oltre 40.000 iscritti, 15.000 dei quali tesserati in Irpinia ed è presente in tutte le Province; restiamo perplessi quando, sempre per esempio, ci troviamo senza risposte ai dubbi sollevati sulla gestione autoreferenziale, autoritaria ed autocraticanella associazione professionale agricola, che sioccupaanche dipesca, dilion fishetartarughe marine senza averne discusso in congresso, che non sottopone ed approva i bilanci, che sembra aver elevato a sede nazionale Orbetello e a sede internazionale un locale del Principato di Monaco. Per non parlare delle posizioni politiche troppo spesso appiattitesuquelle diuna grande associazione di agricoltoriche neiterritori non si palesa come amica. Talvolta c’è un problema di rappresentanza, una modalità di esercizio delle responsabilità, di concepire la democrazia associativa che contrasta con ciò che chiediamo agli altri; e pertanto, per noi, il protrarsi di tali situazioni non è oltremodo tollerabile.
LA TENUTA DEL SISTEMA E LO SVILUPPO DEI SERVIZI
La competenza e la disponibilità degli operatori dei nostri Servizi, e della rete dei promotori sociali volontari, ci permette di incontrare e servire migliaia di persone e di manifestare in concreto, attraverso l’azione delle imprese sociali, una cultura della cura e del sostegno che è essa stessa azione politica. I nostri Servizi storici, il Patronato che sta per compiere 80 anni, e il CAF che ne ha appena compiuti 30, godono in questa Provincia di una reputazione altissima, che li pone tra quelli più richiesti e che lavorano il maggior numero di pratiche; essi, oltre che rendere un servizio, producono un importante valore sociale ed economico per gli utenti. Ci stiamo anche attrezzando per offrire servizi nuovi, sia al Patronato che al Caf.
Recentemente, grazie ad un impegno serio dell’Enaip nazionale, il nostro Servizio ed Impresa sociale di Formazione Professionale, e all’intuizione e disponibilità del Comune, abbiamo inaugurato il Centro di Sorbo Serpico che a breve ci consentirà, dopo anni di incolpevole assenza, di progettare ed erogare servizi di orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro. Queste attività sono strumenti essenziali per favorire l’integrazione e l’inclusione sociale, lo sviluppo professionale e civile delle persone, ed in particolare dei giovani, attraverso il lavoro, la crescita delle economie territoriali e delle organizzazioni del lavoro. Il Centro di Sorbo Serpico avrà pertanto il compito di proseguire e rinnovare una storia e una tradizione assai significative,esaràprobabilmenteancheunaopportunitàdi rivitalizzazione diunPaeseche sivaspopolando. Il quadro di fragilità ambientale e sociale, le condizioni di emergenza che viviamo, fanno sì che le soluzioni non possono essere solo immaginate: esse vanno attuate, ed anche in fretta: e le attività di formazione, l’acquisizione dicompetenze, l’attivazione el’inserimento socio-lavorativo,laspintaall’autoimprenditorialità possono rappresentare una porzione di risposta efficace.
A cavallo tra un servizio e un’associazione specifica abbiamo inoltre attivato uno sportello a favore dei consumatori; una sorta di “difensore civico” a tutela dai disservizi, danni, raggiri, truffe. Un’attività che ci ha fatto intercettare altre persone bisognose di un supporto e che da domani va rafforzata, organizzata e ricompresa in una logica di sistema affinché lo sportello diventi strategico, più sostenibile, più produttivo ed efficace.
A me piace pensare il sistema delle Acli come un’orchestra, dove ogni strumento concorre con la stessa rilevanza alla composizione della melodia leggendo uno spartito unico; tradotto in “aclese”, associazioni specificheeprofessionali,serviziedimpreseimpegnatealavorareassieme,nell’aiutoreciproco,conunsenso di responsabilità comune e condiviso verso le Acli e i loro obiettivi.
Con la franchezza che mi contraddistingue, devo dire che nonostante la buona volontà e le dichiarazioni d’intenti non ci siamo ancora: siamo più vicini all’inizio di un processo che al suo compimento, e dobbiamo capire il perché. La ricerca di uno stile, di un modus operandi differente deve essere l’obiettivo su cui dobbiamo concentrarci tutti in maniera seria e rigorosa; i dirigenti sia provinciali che dei circoli, i dipendenti dei servizi, i promotori sociali, i volontari, i soci e finanche i semplici utenti vanno coinvolti in un lavoro formativo e di coinvolgimento verso più puntuali sinergie progettuali ed operative, perché senza l’ascolto, la condivisione e la co-progettazione il tema della partecipazione diverrà un problema anche nostro, ed ogni nostra iniziativa sarà di corto respiro, ogni iniziativa asfittica, facendoci sempre meno adeguati (e dunque, inadeguati) al “grande compito” di cui parlava Achille Grandi e che ci ha recentemente riassegnato anche Papa Francesco il 1° giugno in Sala Nervi. Ma questo è un problema che non possiamo risolverlo tutto da soli: una mano deve darcela anche il nazionale, selezionando e scegliendo con questa disponibilità e propensione, con qualitàemeritoanche iprofili“manageriali” dellenostreimpreseeservizi;perché altrimentiilmessaggio sarà sempre flebile e non si attueranno mai quei meccanismi in grado di favorire una osmosi autentica, sostenibile.
Non èsoloe non sempre una “postura”, unatteggiamento, unapproccio,unavolontà;è ancheunaquestione di investimenti, di risorse economiche e di una necessaria, diversa regolazione del flusso di danaro dal nazionale al territorio; non stiamo col cappello in mano e non chiediamo assistenzialismo: tuttavia poniamo in maniera seria e ragionata il problema dei ristorni, perché soprattutto per i Servizi e la loro capacità di produrre anche economie, occorre tener conto di una fisiologica differenza tra aree ricche e aree povere del Paese; occorre attivare meccanismi di perequazione che consentano lo sviluppo più che la sopravvivenza e la sostenibilità; bisogna saper riconoscere, per esempio, che una dichiarazione dei redditi al Caf di Avellino o una pratica in agricoltura non puoi farla pagare quanto la paga un utente della Service o del CAA di Bergamo. Il costo della carta e dell’energia elettrica è uguale, la retribuzione degli addetti è la stessa; l’efficienza del servizio è alla pari, la percentuale di ristorno è uguale per tutti ma i ricavi sono profondamente diversi. Rischiamo pertanto di penalizzare l’implementazione e lo sviluppo dei Servizi, soprattutto Caf e Patronato, che avrebbero bisogno di nuovi recapiti e di incentivi per i promotori sociali. Una valutazione da cui far derivareuna premialità dovrebbe tenerconto anchedelcosiddetto indice di penetrazione,ovvero ilrapporto tra le persone intercettate, le pratiche lavorate e gli abitanti del territorio, la platea degli utenti possibili. Parafrasando Don Milani, e chiedendogli scusa per la materia su cui lo citiamo, pensiamo che “Fare parti uguali tra disuguali è profonda ingiustizia”.
Con il nazionale va riaffrontato anche il tema della raccolta del 5 x 1000 che, anno dopo anno, vede sempre più territori attrezzarsi per la raccolta in proprio, senza convogliare le donazioni sul conto nazionale perché insoddisfatti della redistribuzione.
LE ACLI (IRPINE) PER LE ACLI
Pur avendo finora parlato anche di risorse economiche, non siamo tuttavia questuanti che chiedono soldi. Noi cerchiamo rispostee soluzioni adeguateafarci svolgere ilnostro ruolo nella società, quello che sappiamo di dover svolgere, in maniera più compiuta.
Nella Conferenza nazionale sulla coesione territoriale, tenutasi a Napoli il 22 e 23 marzo di quest’anno, su iniziativa del nostro Presidente di Congresso, Antonio Russo, abbiamo detto con chiarezza e con franchezza ciò chechiediamo ai verticinazionali; inestremasintesi, rivendichiamol’assegnazionedi un ruolo importante alle Acli del Mezzogiorno, complessivamente e singolarmente intese, riconoscendone le peculiarità, le difficoltà, le potenzialità, le differenze. Le Acli di Avellino non avanzano richieste sui ruoli e sulle persone; noi chiediamo, anche in casa nostra, processi di cambiamento e su questo mettiamo a disposizione la nostra classe dirigente per eventuali presenze negli organi nazionali di ogni “pezzo” del sistema.
Mettiamo inoltre a disposizione anche Sindaci, Assessori, consiglieri comunali che si sono iscritti alle Acli, senza nulla chiedere in cambio e senza metterne in discussione la vocazione e la scelta del pluralismo delle opzioni. Sono presenze utili anche a riaffrontare sul piano generale, e non in termini di riproposizione di vecchi schemi, il tema dei cattolici in politica.
Oggi,ringraziandolonuovamenteperlapresenza,èdoverososalutareilpreziosolavorodiottoannicompiuto dal nostro Presidente Regionale Filiberto Parente che è in scadenza di mandato, al quale auguriamo tutto il bene possibile nel suo percorso futuro all’interno delle Acli. Filiberto ha fatto tanto in condizioni ancor più difficili rispetto a quelle vissute dai livelli provinciali dell’associazione. Come Acli di Avellino, pur essendo la Provincia più piccola e dunque con minori responsabilità, abbiamo assicurato a Filiberto e ai nostri organismi regionali una presenza assidua, costante, numerosa e soprattutto leale, anche quando sottolineavamo qualche criticità. Lo stesso impegno lo assicuriamo anche al suo successore, raccomandando al futuro Presidente regionale di circondarsi di dirigenti capaci e motivati, funzionali a rendere le Acli della Campania un soggetto sempre più autorevole nell’azione politica, progettuale e di rappresentanza. Anche qui, caro Presidente del Congresso, occorre però una rimodulazione, anche rivisitando lo statuto, del circuito che va dai provinciali al nazionale, dando al Consiglio regionale un ruolo proprio, e funzioni di pertinenza anche esclusive: non più sponda, non più imbuto, ma centro di elaborazione e filtro, un fattore generativo.
CONCLUSIONI
Conlelineeegliindirizzidipoliticaassociativa,eidatidiconsistenzaorganizzativacheviabbiamopresentato, oggirimettiamo ilmandato, sottoponendoci–io, laPresidenzae ilConsiglio uscenti-algiudizio del congresso, offrendo la nostra disponibilità a continuare, se lo riterrete utile, il percorso per i prossimi quattro anni, insieme a dirigenti dei Circoli e volontari che ci sembrano orientati e pronti per far compiere alle Acli di Avellino un ulteriore salto di qualità.
Concludendo, voglio far riferimento ad una corrente di pensiero che mi ha “preso” molto, di cui fanno parte filosofi ed economisti che abbiamo avuto spesso come ospiti ai nostri incontri nazionali. E’la corrente di pensiero che fa riferimento proprio alla generatività e alla felicità, strettamente connesse tra di loro. La generatività è quella capacità di creare opportunità positive nella vita delle altre persone. Non è una questione sentimentale, anzi, è sempre più evidente che la generatività individuale è il tassello forte per poter parlare di generatività pubblica, ovvero di bene comune. Allora, per rideclinare in una sola parola il “grande compito” di cui parlava il nostro fondatore, le Acli per continuare ad essere qualcosa di importante hanno il compito di essere generative. Il Professor Leonardo Becchetti, economista vicino alle Acli, sostiene che più siamo generativi e più siamo felici: quando facciamo qualcosa per gli altri, il senso della nostra vita si fa più ricco, aumenta la soddisfazione. E ho trovato sostegno a questa tesi negli scritti del grande Gianni Rodari, che in una delle sue favole dice: “Vorrei sapere in che cosa consiste la felicità e se si può essere felici tutta la vita. Per essere sicuro di non sbagliare a rispondere, sono andato a cercare in un grosso vocabolario la parola “felicità” e ho trovato che significa “essere pienamente contenti, per sempre e per un lungo tempo”. Ma come si fa ad essere pienamente contenti, con tutte le cose brutte che ci sono al mondo, e con tutti gli errori che facciamo anche noi, ogni giorno dell’anno? Ho chiuso il vocabolario e l’ho rimesso in libreria, con molto rispetto perché è un vecchio libro e costa caro, ma ben deciso a non dargli retta. La felicità deve essere per forza qualche altra cosa, che non ci costringa ad essere sempre allegri e soddisfatti, e un po' stupidi, come una gallina che si è riempita il gozzo. Forse la felicità sta nel fare le cose che possono arricchire gli uomini, nell’essere in armonia con coloro che vogliono e fanno le cose giuste e necessarie. E allora la felicità non è semplice e facile come una canzonetta: è una lotta. Non la si impara dai libri, ma dalla vita, e non tutti vi riescono: quelli che non si stancano mai di cercare e di lottare e di fare vi riescono, e credo che possano essere felici per tutta la vita”.
Allora, abbracciandovi, l’augurio migliore che posso fare a tutt3 voi, alle donne e agli uomini delle Acli di Avellino, in Italia e nel mondo è: ricercate la felicità, siate veramente felici. Evviva le ACLI.