Qui Bergamo n.ro 231

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ANNO 24 - N. DUECENTOTRENTUNO - APRILE 2016 - EURO 3

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VISIONI POSSIBILI PROGETTO PER LA RIQUALIFICAZIONE DEL CENTRO DI BERGAMO SALONE DEL MOBILE E FUORISALONE 106 ANNI DI GILLO DORFLES BERGHEM BUG IL RADUNO DEI MAGGIOLINI BENTORNATA MILLEMIGLIA LA NUOVA STAGIONE DEL TORNEO ACCADEMIA DEL TENNIS


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edit

Tempi duri per i troppo buoni. Diceva così la pubblicità di certi biscotti e adesso si può dire dei tanti italiani che sgobbano per cercare di risalire la china e che devono assistere ogni giorno a casi di ladrocinio, di ruberie, di incredibili intrecci tra interessi che non hanno mai come fine il progresso o il benessere della gente, ma solo e unicamente quello privatissimo di accumulare denaro, per poi nasconderlo nei paradisi fiscali e dormire con la preoccupazione di essere pizzicati e dover magari, guarda un po’, pagare le tasse come tutti. Che figuraccia, il famoso cantante di sinistra che prima nega e poi patteggia, quindi i soldi in Svizzera li aveva... Chi evade le tasse sui redditi che produce, non solo è un peso per il resto della collettività, ma la impoverisce, la costringe a tirare due volte la cinghia. Toglie ossigeno all’economia e induce la concorrenza sleale. Se tutti quelli che hanno evaso le tasse, avessero invece pagato, il nostro Paese avrebbe potuto evitare, almeno in parte, i tanti tagli alla spesa pubblica. Mi chiedo: il campione di Formula Uno o il grande calciatore, dopo aver intascato e imboscato quattrini per dieci generazioni dopo di loro... che se ne fanno? Comunque una volta, avere i soldi alle Isole Vergini, aveva un’allure diversa, un altro fascino... Insomma, passi per Luca Cordero, ma la Barbara D’Urso... Noi qui, come dei cretini, a sentirci dire che saranno abolite le auto blu, che la pensione potremo premnderla a 80 anni, che il prelievo fiscale sarà sempre più salato... I cinesi si comprano tutto tranne noi (sig!), ci sono sempre più neri a tener su i pali della città, i giovani vogliono fuggire e quelli che hanno passato gli anta sono un esercito che si ingrosserà nei prossimi anni per effetto dello tsunami demografico degli anni Sessanta. Per fortuna qualcuno vuole dare una svolta a questo declino. Qualcuno pensa ad una città diversa da come l’abbiamo sempre vista, con i suoi palazzi pubblici che si aprono e diventano nuovi spazi di vitalità urbana. La città che finalmente si riappropria del suo ruolo di capo-luogo, centro di interessi culturali e commerciali, di incontro e di svago, per vedere nel nostro prossimo futuro un’alternativa possibile e realizzabile all’avanzare del degrado e allo spopolamento progressivo. Le rose sono per chi vuole rimanere buono nonostante i tempi duri: vi vogliamo bene! vitoemiliofilì




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I GRAFFI DI BRUNO

Bruno Bozzetto

qui BERGAMO autorizz. Tribunale di Bergamo n°3 del 22.01.92 qui BRESCIA autorizz. Tribunale di Brescia n°18 del 22/04/2004 EDITA PERIODICI SRL Via Bono 10 Bergamo tel 035.270989 fax. 035.238634 Direttore responsabile : Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it Responsabile redazione: Tommaso Revera redazione@qui.bg.it Responsabile pubblicità: Roberto Maestroniroberto.maestroni@editaperiodici.it Redazione eventi: Valentina Colleoni redazione.chicera@qui.bg.it Hanno collaborato: Bruno Bozzetto, Maurizio Maggioni, Giorgio Paglia, Valerio Bailo Modesti, Fotografie di: Federico Buscarino - Sergio Nessi - Paolo Stroppa - Stampa: Euroteam Nuvolera Brescia


BERGAMO

in copertina Simone Agazzi di RS moto e la nuova Honda Africa Twin

6 TUTTI PAZZI PER CHRISTO 8 VISONI POSSIBILI PER IL CENTRO DI BERGAMO 18 FUOCHI DI PAGLIA: DI PADRE IN FIGLIO 20 GILLO DORFLES FESTEGGIA 106 ANNI 22 LA MODA IN CENTRO 24 ADEESO C’È: LA NUOVA MASERATI LEVANTE 28 POLITICANDO: E ALURA? 30 BERGAUTO E SPORTPIÙ SEMPRE PIÙ ELETTRICI 32 HOTEL STATION 33 ARCHITETTURA È DONNA: PREMIO ITALCEMENTI 40 ALAN FOGLIENI NUOVO CHEF DI 8C 42 ANDREA UBIALI: IL RE DEI BLOGGER 45 PIÙ O MENO: UNA FILOSOFIA DA INDOSSARE 51 INTERNI FUORISALONE 58 FUORI SALONE: DESIGN CONNECTION 65 DESIGN: IL PUNTO DI VISTA DIADRE 69 ANNI AZZURRI 70 ISTITUTO PALAZZOLO DALLA PARTE DELLE PERSONE 74 STARE BENE: LA DIMENSIONE DEL RIPOSO 83 BENTORNATA MILLE MIGLIA 88 PARTY IN ARLEY 89 I BULLI DELLA BERGHEM BUG 95 CONTADINI CON IL PORSCHE 96 ALZANO VIVA 97 UNA PASTA COL SORRISO 99 ACCADEMIA DELLO SPORT MATCH POINT NEL SEGNO DELLA SOLIDARIETÀ 101 THE WINNER IS MICHELA MOIOLI 104 I CENTO ANNI DI TRENTO LONGARETTI 106 A BERGAMO IL BUSINESS CENTER REGUS 108 UN SUPPORTO A CHI SOPPORTA 110 VAVA67: DÒ ‘NDARET

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QUICOSÌ


TUTTI PAZZI PER

CHRISTO UNA MOSTRA PER CONOSCERLO CHRISTO AND JEANNE-CLAUDE WATER PROJECTS MUSEO DI SANTA GIULIA, BRESCIA FINO AL 18 SETTEMBRE 2016 Mentre nel mondo cresce l’interesse per l’opera del grande artista che realizzerà un ponte per collegare Montisola alla sponda del Lago d’Iseo, Brescia gli dedica una mostra aperta a Santa Giulia fino all’8 settembre. Allestita nello spazio di 2.000 metri quadrati del Museo, l’esposizione curata da Celant in collaborazione con l’artista e il suo studio, presenta per la prima volta i progetti di Christo e Jeanne-Claude legati all’elemento acqua, nei quali gli artisti hanno lavorato in stretta relazione con paesaggi rurali e urbani caratterizzati dalla presenza di mare o lago, oceano o fiume. Attraverso oltre 150 tra studi, disegni e collage originali, ai quali si aggiungono i modelli in scala, le fotografie dei progetti realizzati, i video e i film relativi, Christo and Jeanne-Claude.Water Projects presenta una cronologia dei progetti monumentali dai primi anni Sessanta e sviluppa, in grandi sale museali, i sette Water Projects, da Wrapped Coast, One Million Square Feet, Little Bay, Sydney, Australia, 1968-1969, a The Floating Piers, Project for Lake Iseo, Italy, 2014-16, Lago d’Iseo, Italia. L’intento è di mostrare e di contestualizzare storicamente, in relazione al loro percorso storico, dal 1961 ad oggi, le diverse fasi progettuali e realizzative degli interventi legati all’acqua: dalla loro prima ideazione testimoniata dai bozzetti, al loro sviluppo nei disegni, nei collage e nei modelli, fino alla realizzazione concreta, documentata tramite fotografie e video. Una sezione informativa e interattiva, che aprirà a giugno, sarà dedicata alla costruzione in progress dell’intervento ambientale. Qui saranno proiettati e esposti materiali, in forma fisica e virtuale, prodotti dall’artista, sul processo di realizzazione, mentre sarà possibile vedere in live streaming foto e video postate in diretta dalle persone che visiteranno l’opera sul Lago d’Iseo. La mostra è stata pensata in concomitanza con la realizzazione dell’intervento The Floating Piers, che sarà attuato e aperto sul Lago di Iseo dal 18 giugno al 3 luglio 2016 e che segna il ritorno di Christo e Jeanne-Claude in Italia dopo 40 anni. L’opera consentirà al pubblico di camminare sulle acque e sulle sponde del Lago per una lunghezza di 3 kilometri. É realizzata con 70.000 metri quadrati di scintillante tessuto arancione, che si appoggia su una sequenza modulare di pontili galleggianti larghi 16 metri e costruiti con 200.000 cubi di polietilene ad alta densità. Il percorso comprenderà il transito da Sulzano a Monte Isola e si svolgerà tra terra e acqua per includere l’Isola di San Paolo.


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POSSIBILI O

VISIONI? C’era una volta una collaboratrice di questo giornale che teneva una rubrica dal titolo: “CHE BELLO SE FOSSE...” nella quale, con l’aiuto di volonterosi e giovani architetti, provava ad immaginare come avrebbe potuto trasformarsi, questo o quel luogo della città, se diversamente utilizzato da come non lo fosse allora. Non era certo un’idea del tutto nuova e la maggiore ispirazione derivava dalla conoscenza di altre città come Berlino o Londra che da tempo hanno fatto del riuso di spazi una volta preclusi, una vera filosofia urbanistica. Sono trascorsi alcuni anni e anche a Bergamo a qualcuno è venuto in mente di provare ad immaginare un gigantesco“CHE BELLO SE FOSSE...” dedicato all’intero centro cittadino partendo da alcuni presupposti innegabili. Lo scopo finale, certamente condivisibile è cercare di invertire il processo che vede il centro di Bergamo sempre meno popolato di persone e sempre più abbandonato dalle attività produttive. Primo presupposto: gli immobili pubblici appartengono alla collettività che ne ha pagato la costruzione e ne paga la manutenzione. Secondo: il periodo di attenzione alle spese che stiamo attraversando porta a pensare ad una razionalizzazione di questi edifici ed alle funzioni che vi si svolgono liberando spazi preziosi da dedicare ad attività in grado di rianimare il centro. Ma non è tutto e non è solo questo. Spazi verdi, orti urbani, anche sotterranei o sopra i tetti e mercati alimentari a chilometro zero. Non a caso gli stessi estensori hanno scelto per il loro progetto un titolo contraddittorio. Possibile riuscire a convincere lo Stato proprietario degli immobili a concederli in uso “sociale”, quando con l’aria che tira lo stesso sembra sempre più propenso a vendere e fare cassa? Questa è sì una visione... Andiamo per gradi. Il progetto, meravigliosamente illustrato in questi rendering dello Studio Ginoulhiac, che ringraziamo per avercene concesso la pubblicazione, nasce da una serie

Sopra il Piazzale degli Alpini pensato come un orto urbano con vendita diretta di fiori, ortaggi. Nella pagina a fianco il Piazzale visto dall’alto

FA DISCUTERE IL PROGETTO CHE PROPONE UNA RIQUALIFICAZIONE URBANISTICA DEL CENTRO DI BERGAMO NATO DA UN’IDEA DI ITALIA NOSTRA E LEGA AMBIENTE CHE HA TROVATO L’APPOGGIO E LA COLLABORAZIONE DI ASSOCIAZIONI E CITTADINI


Qui a fianco la trasformazione della galleria dell’Urban Center che viene ripensata come un mercatino al chiuso a chilometri zero.


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di confronti fra cittadini i quali condividendo esperienze e competenze personali hanno tracciato l’ipotesi di Visioni Possibili, affidato alla cura dell’arch. Peretti presidente a Bergamo di Italia Nostra e condiviso da Legambiente. Ed è proprio l’arch. Mariola Peretti che in una intervista al giornale dell’Architetto ha spiegato: “Visoni possibili” nasce da un processo allargato di partecipazione per ragionare sulla Bergamo contemporanea, a partire dal tema della rivitalizzazione del centro città: è una sperimentazione per fornire un contributo collettivo, dal basso, in vista di una città condivisa e sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. I soggetti coinvolti sono Italia Nostra e Legambiente, insieme al Coordinamento dei comitati nati nel corso degli ultimi anni in 12 quartieri intorno a singoli progetti di trasformazione territoriale. Si tratta di un percorso di cittadinanza attiva, di progettualità volontaria e auto-organizzata, per verificare un modello avanzato di partecipazione su temi di scala vasta che interessano l’insieme dei cittadini, in un rapporto d’interlocuzione costruttiva con le istituzioni.


Il palazzo che attualmente ospita buona parte degli uffici comunali, assessorati compresi, potrebbe ritrovare la luce su via Tiraboschi che, a causa di quel vuoto, risulta essere una via centrale ma monca

POSSIBILI O

VISIONI? Piazza della Repubblica mantiene la sua funzione di giardino ma molto più elegante e con i giochi per i bambini. Alberi, pergolati, aiuole... Beh questo si può gia fare... Speriamo che abbiano pensato anche ad un posticino per i cani... e i loro padroni Anche in questo caso la visione è possibile. Aprire quel giardino adesso sbarrato costerebbe poco e sarebbe un’oasi di pace vicino la Chiesa


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Abbiamo individuato due questioni fondamentali. Innanzitutto il centro è attualmente “inabitabile” per molti cittadini a causa dei costi troppo alti degli spazi, sia per quanto riguarda la residenza che per il commercio e le attività lavorative: possiamo girarci intorno ma è evidente che categorie di soggetti fondamentali per la vitalità dei luoghi si sono spostate altrove. In secondo luogo, è palese un netto sfasamento tra l’hardware e il software del centro piacentiniano: la città fisica è bella e compiuta, ricca di stratificazioni e spazi interessanti. Il tema è quello di lavorare sulle funzioni, sui valori e sul senso dei luoghi: fondamentale è un approccio spazio-temporale che consenta una ridefinizione vitale degli usi e dei flussi nell’arco dell’intera giornata.

Il Palazzo degli Uffici Statali, che presto sarà completamente dismesso, ha due fantastici cortili al suo interno che potrebbero, insieme al piano terra essere adibiti a mostre, concerti e attività di ristorazione

Insieme al palazzo degli Uffici Statali, poco distante il cortile della Biblioteca Caversazzi, oggi parcheggio, costituirebbe un nuovo polo di interesse per la città. Attualmente la sera contribuiscono a far sentire vuoto il centro di Bergamo


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POSSIBILI O

VISIONI? Per l’ex Hotel diurno un futuro Smart: culture idroponiche di ortaggi da rivendere in loco

Nel centro sono presenti molti edifici pubblici che svolgono funzioni istituzionali e amministrative: il processo di riorganizzazione legato alle riforme nazionali della spending review e dell’agenda digitale c’impone di ripensare all’assetto generale di questi edifici che infatti, ora, sono male e sottoutilizzati, con flussi discontinui e intermittenti, chiusi e introversi per molte ore nell’arco della giornata. Funzionano come pile scariche. Questo ingente patrimonio è una carta preziosa da giocare nell’interesse pubblico, a partire dal fatto che già appartiene alla collettività che lo ha pagato con la propria fiscalità. La riorganizzazione dei servizi erogati libererà spazio prezioso da reimmettere in un circuito sociale e collettivo.

ADESSO

In particolare, “Visioni Possibili” focalizza l’attenzione sul recupero pubblico dei piani terra che attualmente vivono un processo di svuotamento e sottoutilizzo patologico: l’invito, sostenuto dalle diverse suggestioni elaborate, è di riconsiderare i piani terra degli immobili pubblici come luoghi privilegiati per l’insediamento di attività sociali, creative e intergenerazionali, capaci di generare nuovi flussi vitali e di riverberare effetti positivi anche sugli spazi aperti limitrofi, sulle strade, sulle piazze e sui cortili che rappresentano un tema particolarmente interessante per la rivitalizzazione della città. Sosteniamo inoltre la necessità di ripensare agli spazi verdi immaginandoli come “salorti”, luoghi entro i quali attivare nuove forme di agricoltura urbana, di socialità e di educazione ambientale, simili a quelle che abbiamo studiato in molte realtà europee e in continuità con la vocazione agroambientale del territorio bergamasco nel suo complesso. La categoria del “verde urbano”, che ancora riempie di astrazione fallimentare i piani urbanistici, non funziona più, va completamente ripensata.

Questo è un esempio per dimostrare quanta energia si potrebbe ricavare dalla posa di pannelli sui tetti degli edifici pubblici.

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POSSIBILI O

VISIONI? ADESSO

Pensiamo che la trasformazione urbana debba essere l’esito di processi articolati e che sia necessario riavvicinare i problemi e le soluzioni ai cittadini, ristabilendo un clima di fiducia e di rispetto reciproco tra chi governa e chi è governato: la costruzione fisica della città non può prescindere dalla costruzione della polis. Pensiamo che sia necessario e urgente riprogettare la città pubblica. È nostra intenzione proseguire i ragionamenti iniziati proponendoli via via all’intera città e raccogliendo nuove istanze e proposte.“Visioni possibili” è un percorso di consapevolezza e di confronto. Stiamo cercando di far conoscere il nostro lavoro in varie direzioni, anche in contesti allargati e internazionali, partecipando ad esempio alla mostra organizzata in occasione del 53° Congresso mondiale dell’IFLA a Torino, nella sessione “Layered Landscapes”.

COSA RESTERÀ? Anche se dovesse trattarsi solo di una provocazione, l’idea piace e dà un po’ la scossa ad una situazione stagnante dove nessuno sembre riuscire a trovare il bandolo per riportare la gente in centro e invertire un declino che, complice anche la chiusura di tante attività, sta portando Bergamo verso uno spopolamento ed un impoverimento progressivo. Riportare la gente in centro ma non solo per divertirsi la sera o in occasione di una sagra o della fiera del Libro è la scommessa da vincere e la sfida delle idee è sempre virtuosa.

Fra tutte le visioni di questo progetto, la più affascinante è senza dubbio la proposta di apertura di un passaggio tra via Camozzi e Via Tasso attraverso il giardino Museo del Palazzo della Provincia. Una grande copertura vetrata e una nuova importante fontana.


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18 FUOCHI DI PAGLIA

DI PADRE IN FIGLIO

Giorgio Paglia www.fuochidipaglia.it

La natura ha pensato alla sua evoluzione non appena si è formata la Terra circa 5 miliardi di anni fa. Per andare avanti e per progredire tutte le specie viventi devono prolificare e lasciare i propri geni alle generazioni successive, in un miglioramento continuo. L’uomo non fa eccezione. Così diventare genitori è un’operazione naturale, ma complicata. Perché la società si è evoluta a tal punto da modificare sostanzialmente i rapporti all’interno della stessa famiglia. Una volta i figli erano nuove braccia per produrre, e se ne facevano tanti, oggi sono bocche da sfamare fino a tarda età, e perciò se ne fanno pochi. Anche l’educazione è cambiata. I nostri bisnonni davano del voi ai loro genitori e il metodo “pestalozzi” era abbondantemente utilizzato per raddrizzare le schiene dei giovani testardi. Il nerbo di bue aveva la stessa funzione con i ragazzi del frustino con i cavalli. A scuola si andava col grembiule e i calzoni corti (quanto pizzicava quella lana!), le classi erano maschili o femminili. Gli insegnanti tiravano le orecchie ai più somari e usavano il righello per arrossare le mani ai più indisciplinati. Erano altri tempi. Quelli in cui le donne cristiane andavano in chiesa col velo scuro e sedevano tutte insieme in un lato della chiesa. Diventava logico che coi genitori non si avesse un rapporto di confidenza, ma piuttosto di rispetto. Fino al punto che in certe famiglie i bambini non mangiavano a tavola con gli adulti per non disturbarli. Ai ragazzi veniva insegnato come fare economia e i vestiti usati e le scarpe risuolate passavano, senza proteste esternate, dal fratello maggiore a quello minore. Persino i maglioni, quando si consumavano sulle maniche, venivano riutilizzati adornati da belle toppe colorate. Il sesso era tabù, la religione oppio quotidiano, il sacrificio virtù imposta. Il divorzio non esisteva e i litigi famigliari erano finalizzati ad una convivenza comunque forzata. Oggi tutto è cambiato. Si va di fretta, si corre per lavorare e per vivere. Di tempo ce ne è poco, anche per educare. Un terzo dei matrimoni dura in media non più di 13 anni e le famiglie sono spesso allargate, etero o omo che siano. I ragazzi crescono velocemente, formano le loro tribù impenetrabili e imparano dai social-media. I vestiti durano una stagione, i cellulari si cambiano ad ogni nuovo modello, le amicizie sono spesso virtuali e il rapporto coi genitori è scandito dal tempo e dalla convenienza. A volte l’incontro con i figli è persino scandito da qualche sentenza di un tribunale. È l’evoluzione naturale, che va a braccetto con lo spirito di sopravvivenza della nostra specie. I figli rispecchiano null’altro che quello che siamo noi genitori. Li abbiamo messi al mondo noi e dovremmo sentire sempre una responsabilità fortissima, non solo economica. Però insegnare ad affrontare la vita è l’impresa più ardua che una persona possa tramandare. Forse è più facile trasmettere una cospicua eredità patrimoniale e lasciar fare a chi ci seguirà. Ma questo vale solo per chi ha avuto fortuna e se lo può permettere. In fin dei conti, coi valori dell’educazione non si mangia, mentre coi soldi si può comprare quasi tutto, anche il futuro. Questo è il triste pensiero moderno che stiamo lasciando alle nuove generazioni. Comunque i figli di oggi sono straordinari, perché hanno dovuto superare tanti problemi, addirittura più complicati di una ricostruzione post bellica. Punti di riferimento ne hanno pochi e comunque instabili. Vivono in un perenne cambiamento che dà scarse certezze. Però sanno adattarsi, sono capaci di inseguire ugualmente i loro sogni. Prendono una valigia e vanno lontani a studiare o a lavorare, in un mondo che ha pochi confini, per loro che sono interconnessi. Crescono tra affetti suddivisi, tra notizie istantanee, tra gioie artificiali e dolori ancestrali, tra guerre settoriali e in mezzo ad una competizione che isola gli scarsi. Ma in un mondo che fa paura, sanno sorridere lo stesso e sono sempre più belli. A volte hanno dei grossi problemi. Sbandano, magari si attaccano ad un super alcoolico e a una droga assassina. È solo questione di tempo e di educazione, perchè se siamo stati capaci di essere buoni genitori, ce li ritroviamo vicino. Un bravo figlio sa che ci sono sempre un padre e una madre pronti ad aiutarlo. In una scuola di Bergamo ho visto un disegno su cui una bambina di 12 anni aveva scritto: “Nel mondo, nell’universo, troverò sempre un modo, se mi dovessi perdere, di arrivare al mio papà”. Così ha voluto la natura e così è fatto l’uomo.



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QUICOSÌ

FESTEGGIA IN QUESTI GIORNI 106 ANNI

GILLO PER SEMPRE


Gillo Dorfles festeggia 106 anni con un nuovo libro e l’ultima illy Art Collection che porta così con orgoglio la firma di una delle figure più eclettiche del panorama artistico e culturale internazionale degli ultimi decenni. Artista, critico d’arte, intellettuale, sociologo delle arti ed estetologo, Dorfles per primo ha contribuito in modo decisivo a definire a livello internazionale il concetto del kitsch, attraverso il suo lavoro “Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto”, e si è imposto come una delle personalità più influenti nel mondo dell’arte contemporanea. La nuova illy Art Collection deriva da alcuni disegni decorativi per tessuti, realizzati dal Maestro su carta tra il 1937 e il 1940 con la tecnica della tempera grassa all’uovo, un’antichissima pratica dei grandi maestri del ‘400. Dorfles ha scelto di riprenderli, giocando con la ripetizione di alcuni elementi grafici e con la reinterpretazione di segni archetipi.


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VISTI IN CENTRO 1-2-3. Sono allegre, colorate e divertenti. Non vi resta che scegliere la vostra best versione per la primavera/estate 2016. Tennis Shinnypiping flowers.

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4-5. Uno spazio ricercato ed elegante in cui la moda si fonde con il design, i profumi, i fiori ed i colori per dare vita ad un concept unico nel suo genere. Impossibile non farci un tour “assaporando” anche i profumi della famosa “Potafiori” Rosalba Piccinini, cantafiorista bergamasca. TOO GOOD, Via Paglia, Bergamo.

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6-7. Allegri e colorati. Perfetti anche per la stagione più calda dell’anno. Plaid design Key Bertman. In città... 8. Lo stile è urban metropolitano, perfetto per vestire chi ama lo street style non convenzionale. Come il gilet in jeans smanicato, tutto stile e vernice. Da Vicolo 4, Via Borfuro 4/E, Bergamo. 9. Come in un sogno tutto americano. Per la casa più ricercata impossibile non scegliere la casetta in vetro lampe little neighbour firmata Marcantonio Raimondi Malerba. 10. Tradizione artigianale e glamour contemporaneo per le realizzazioni made in Italy capaci di stupire ed emozionare al primo sguardo. Perle ed argento in un intreccio unico, per gioielli pieni di gusto e significato. Halibut Gioielli, Via Pignolo, 31/A Bergamo.

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11-12-13. Per il massimo del relax. Cuscini colorati in Coussins El Camino. In città... 14. L’eleganza è il filo conduttore che unisce ogni capo della collezione di questa boutique che sulla ricerca di brand capaci di emozionare al primo sguardo ha creato la sua moda. Tutta glamour e femminilità. Le Fate Boutique Via Broseta 27/29 Bergamo. 15. Calzature e non solo. La moda di Marika parte dall’accessorio per creare poi l’outfit perfetto, ricercando sempre la particolarità in ogni proposta, senza mai dimenticare quel fattore eleganza che rende ogni donna unica. Marika Calzature ed accessori Via Spaventa, 23/a Bergamo. 16. Linee essenziali ed un’eleganza che traspare fin dal primo sguardo. Per una moda di altri tempi in chiave contemporanea. Questa la moda di High by Claire Campbell. Da Anna Re Via Paglia, 3 Bergamo. 17. Comode, sportive e colorate. A prova di runner. Running Bensimon.

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18. Originalità unita ad un gusto romantico. Con le loro creazioni Deborah e Giorgia non smettono mai di stupire, stagione dopo stagione, vestendo oggi non solo le mamme ma anche le loro bimbe. LaGioLA Deb Via Tasso, 107 Bergamo.

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19. Vestiti e scarpe dal mondo. In questa ricercata boutique è possibile trovare chicche di stile da ogni dove. Per chi ama essere originali ed uniche ma con classe. Artificio, Via T. Tasso, 39 Bergamo.

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20. Che siano con tacco o senza tacco, colorate o tinta neutra, sportive o eleganti nello store di Isabella sarà possibile trovare sempre la scarpa perfetta per ogni occasione. Eleganza Donna, via Borturo 4/b Bergamo.

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21. Un sogno a colori, uno spazio nel quale la magia di organze e tulle per gli abiti si unisce a bijoux ricercati per dare vita ad outfit originali e propri di un carattere unico, rock e romantico nel contempo. Rock’n Rose Via Sant’Orsola 6/D Bergamo. 22. Colore, colore e ancora colore per la nuova linea di borse che sta impazzendo in città. Per un’estate ancora più grintosa e dinamica. Ju’store, via S. Alessandro, 4/b Bergamo.

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23. ”La verità l’ho sempre raccontata con gli occhi”. Così uno dei negozi più particolari e ricercati della città. Dove la moda è prima di tutto un gioco da amare... per stare bene e vivere happy. Flamingo P.za Pontida 18/b Bergamo.

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QUICOSÌ


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PRESENTATA AL PUBBLICO LA NUOVA MASERATI LEVANTE IL SUV CHE IN MOLTI ASPETTAVANO


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CHI C’ERA ph. Sergio Nessi testo Valentina Colleoni

IL VENTO NUOVO

FIRMATO MASERATI COME IL NOME DI UN VENTO CALDO DEL MEDITERRANEO, LA NUOVA LEVANTE DI MASERATI VUOLE ESSERE UN’EMOZIONE SENZA LUOGO, SPAZIO, TEMPO Quando soffia il Levante, i più esperti lo sanno, si preannuncia un cambiamento o meglio ancora una novità. Lo sanno bene a casa Maserati che proprio con il nome Levante hanno voluto battezzare il loro primo Suv realizzato per sconvolgere tutte le regole del mercato. Una sfida senza dubbio impegnativa ma, a quanto pare, vinta con successo grazie ai riscontri più che positivi ottenuti nei giorni successivi alla presentazione avvenuta lo scorso 30 e 31 marzo. Due giorni tanto attesi da tutti gli amanti del brand Maserati, che non si sono certo lasciati sfuggire l’occasione di toccare con mano il portento Levante. Allo showroom Scuderia Blu di Bergamo l’onore di tenere a battesimo il neonato Suv, per il quale è stato organizzato un evento di presentazione al quale hanno preso parte tantissimi amici e clienti. Qui, dopo una trepidante attesa, la luce soffusa e un video emozionale proiettato su uno schermo Led è stata svelata la vettura. “Da due anni siamo concessionari Maserati per le province di Bergamo, Como, Sondrio, Varese e Lecco e con il Levante ci aspettiamo di crescere ulteriormente e di raggiungere risultati importanti per la nostra azienda e per il brand Maserati” parole queste di Bruno Parolini, titolare di Scuderia Blu, che con grande entusiasmo, ha accolto i suoi ospiti, felici dopo tanta attesa di scoprire il nuovo Suv. Una vettura speciale con caratteristiche tecniche eccezionali grazie ai propulsori V6 di 3 litri che rappresentano l’ultima evoluzione dei motori Maserati, presentata nella versione Twin Turbo a benzina da 430 CV (prodotta negli stabilimenti Ferrari a Maranello) e il Turbodiesel disponibile in Italia nella versione da 250 CV. Un vero e proprio portento facile da percepire già dal primo sguardo, grazie alla linea filante da coupé, unita ad una spaziosità degli interni, realizzati con cura dei dettagli, tali da rendere il lusso a dimensione di Suv. Proprio così è apparso agli ospiti il Levante S da 430 Cv in color grigio maratea con interni rossi, presentata la sera dell’evento. Impossibile non considerare anche l’alto livello di tecnologia, come il display touch screen brevettato per consentire una nuova interfaccia uomo-macchina. E così anche questa volta il brand Maserati ritorna, protagonista del mercato mondiale, con emozioni a quattro ruote senza fine.


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politicando Maurizio Maggioni

E ALURA? L’uomo è stanco di essere uomo, potrebbe sembrare un controsenso, ma non lo é. Lo possiamo affermare perché stiamo vediamo cosa succede nel mondo dove nessuno è più capace di affermare le proprie idee, siano esse politiche o religiose, se queste non sono omologate e politicamente corrette. Stiamo parlando dell’uomo che ha fatto grande il mondo, che è andato sulla luna, che ha inventato la globalizzazione e che cerca in ogni modo di agguantare il mito di Faust. Gli altri uomini, quelli che hanno fame e sete, quelli che credono in un Dio grande, unico e giusto, invece sono pronti a morire per le loro idee. Questo crea una disparità tale tra le due culture, che un tempo queste divergenze sarebbero state risolte con una guerra, ma oggi non c’è il coraggio per farne una se non con i droni o dall’alto, senza però osare più di tanto. Non si ha più il coraggio di uscire dalla trincea e correre verso il nemico. Ma quale nemico? Il nemico di oggi è l’amico di ieri, gli stessi alleati UE sono coloro che hanno voluto questa guerra per meri interessi di bottega. La Germania chiude in Turchia i suoi centri culturali, ma prima la voleva nella EU a tutti i costi. La Russia era il nemico, così la Siria di Assad; ora almeno siamo in grado di capire chi stava con chi e per cosa: petrolio, affari sporchi, traffici di droga, armi ed esseri umani di una Turchia sunnita triplogiociochista. Obama sbugiarda la Francia e l’Inghilterra, le ridicolizza sulla guerra alla Libia di Gheddafi del 2011, e adesso va a Cuba, grazie al viatico del Papa, e stringe la mano a Castro, (non a Fidel perché il vecchio leader non ci sta ad inchinarsi allo storico nemico) ed entra nella storia con le sue orecchie a sventola davanti all’effige del Che Guevara a L’Avana. Noi però sappiamo che la sua amministrazione è stata un grande fallimento e che i suoi 8 anni di presidenza hanno provocato danni diretti e collaterali. È andato in Africa e l’ha incendiata... È stato come far giocare un bambino con i fiammiferi e la benzina e adesso ne paghiamo tutti le conseguenze. Madrid, Londra, Parigi, Bruxelles... queste le città che per ora hanno sofferto, ma altre seguiranno lo stesso destino se non saremo in grado di difenderci. Quali sono gli accordi di politica internazionale? Dove sono le forze di intervento rapido? Grazie ai popoli balcanici stiamo fermando un’invasione programmata a tavolino, creiamo e preserviamo i confini, diamo lavoro e soldi alla Grecia e abbiamo portato allo scoperto i nervi tesi della Turchia e del suo radicalismo. Abbiamo chiesto scusa a tutti e per tutto perché è giusto riconoscere i propri errori, anche quelli dei nostri padri e di un passato in cui non eravamo ancora nati, ma poi è necessario superare e passare a fatti concreti e reali. Chi chiede scusa e a sua volta non è perdonato ha perso due volte. Papa Bergoglio, il Papa peccatore come Lui si definisce, dovrebbe saperlo: ormai le scuse sono state fatte, ora aspettiamo il perdono e le scuse degli altri; se non arriveranno allora si dovrà pensare che nessuno ha desiderio di vivere pacificamente. Però, molto probabilmente, è più importante che il “Bocia Nerazzurro” non sia perseguitato dalla giustizia e allora via a manifestazioni di supporto allo sciamannato più popolare di Bergamo. Oppure perseguitare i nostri ragazzi a scuola, che tra registri elettronici, sms rilevatori dei loro ritardi, telecamere in ripresa diretta e telefonini udibili e rintracciabili, non potranno mai crescere impiccando un giorno di scuola, gestendo il proprio tempo come meglio credono, con il rischio di essere beccati e così di seguito e….. Non crescono mai perché è politicamente corretto che tanti si impiccino solo dei fatti loro (poveri ragazzi), che non sappiano cosa voglia dire lottare e conquistare le proprie libertà. Questa Europa conformista, qualunquista, ribassista, euro dipendente, ci ammorba e ci uccide. Non è l’Europa pensata da Adenauer, Spinelli, De Gasperi, ma è l’Europa dei Prodi dei Belgi (Dio me ne scampi), degli Hollande e della Merkel, la quale forse non si ricorda bene chi sia stato “il Pantalone Pagatore” della sua povera DDR, dalla quale lei stessa proviene. Là nella sua ex Germania est, i vecchi cittadini (ma non troppo vecchi) sono in pensione anticipata, godono di sussidi a gogo, le banche fallite sono state risanate con i soldi dello Stato, (indebitamente) e i Turchi sfruttati per sostituire il suo 50% di popolo fannullone, retaggio del comunismo del post-industriale. Avanti Italia svegliati un attimo, con al Governo chiunque tu voglia, ma datti da fare e fai sentire la tua voce, la nostra voce. Avrei detto facciamolo per i nostri figli, invece no: chi se ne frega dei giovani se loro stessi non hanno il coraggio di avere idee e difendere i propri interessi. Se loro vogliono così, che così sia, ma almeno noi non arrendiamoci, diciamo e diamo a Cesare quel che è di Cesare. Non abbassiamo la guardia e cerchiamo di essere d’esempio per tutti, magari patendo un po’... Senza soffrire non si può saper amare!!



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CHI C’ERA ph. Sergio Nessi testo Valentina Colleoni

LARIO BERGAUTO E SPORTPIÙ

SEMPRE PIÙ AMICI DELL’AMBIENTE E DEL BENESSERE

IL CLUB RESTORT SPORTPIÙ DI CURNO PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA “GREEN VISION” CHE DA OGGI SEMPRE PIÙ INTERESSERÀ IL NOSTRO DOMANI. PER UNA BERGAMO SEMPRE PIÙ PULITA, SEMPRE PIÙ ECO Fare del benessere umano il proprio obiettivo: questo il fattore comune che unisce oggi due punti di riferimento dell’imprenditoria bergamasca come Lario Bergauto e SportPiù. Ecosostenibilità il perno di tutto, che si identifica per il primo nella categoria di vetture eDrive mentre per il secondo nell’importanza dimostrata verso il rispetto della salute intesa sia come allenamento fisico che come sostegno nella lotta contro l’inquinamento atmosferico. Proprio da ciò è sorta la collaborazione che ha portato alla creazione di una stazione di ricarica elettrica per auto ibride ed elettriche, posizionata proprio all’esterno di uno dei centri più rinomati tra le palestre SportPiù: il Club Resort di Curno. Qui lo scorso 13 aprile è stata ufficialmente presentata questa “fonte di energia” alternativa che permetterà da oggi ai clienti Sport Più di ricaricare la propria autovettura mentre saranno impegnati nella loro seduta di allenamento. Presenti all’evento i clienti del Club e lo staff delle rispettive aziende che nei loro rappresentanti hanno trovato entusiasmo e soddisfazione per questa novità. Come ha infatti affermato Alberto Gamba, proprietario dello SportPiù Resort di Curno: “Con Lario Bergauto ed Enegan abbiamo pensato di installare una colonnina di ricarica per vetture elettriche, per aggiungere un piccolo tassello al nostro impegno, per rendere Bergamo una città ancora più green”. Soddisfatto anche Gualtiero Dapri, responsabile marketing del Gruppo Lario Bergauto: “Abbiamo voluto presentare qui l’intero parco di vetture BMW ibride e elettriche per comunicare ai clienti di SportPiù la disponibilità di test drive personalizzati. Chiunque fosse interessato, potrà farne richiesta direttamente alla reception del Club Resort: noi li ricontatteremo per confermare data e vettura”. Un nuovo lunsighiero traguardo, dunque, quello raggiunto dal gruppo Lario Bergauto, guidato oggi dalla famiglia Mariani: il riconoscimento come agenti per il brand BMWi ovvero la gamma di motori ibridi ed elettrici. Ecco perché durante l’evento i presenti hanno potuto provare la sensazione di “guidare green” grazie al test drive che ha coinvolto i modelli di vetture ibride BMW 330E, BMW X5 xDrive40e, BMW 225xe Active Tourer e BMW i8. Una prova a tutta velocità nel segno dell’ecosostenibilità firmata BMW.


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IL CORRIERE

HOTEL STATION

ECCO COME SI PRESENTA LA CAMERATA DELL’HOTEL AL COPERTO DI CUI USUFRUISCONO OGNI SERA TANTI DISPERATI CHE PER SCELTA O PER DISGRAZIA SI TROVANO A DORMIRE IN QUESTE CONDIZIONI

QUESTO NON È UN QUADRO DI ROTELLA, ARTISTA DIVENUTO CELEBRE CON I SUOI DECOLLAGES. SI TRATTA DEL RISULTATO DELLA SOVRAPPOSIZIONE DI MANIFESTI PUBBLICITARI LADDOVE OGGI NON LI VUOLE PIÙ NESSUNO PER FARCI LA PUBBLICITÀ

Al mattino presto li vedete che si stiracchiano sotto quelle coperte, si svegliano alle prime luci dell’alba quando le corriere cominciano a scaricare il loro carico umano di pendolari che vengono a lavorare in città. È un attimo e subito scompaiono inghiottiti dalla città… Chi a fare il parcheggiatore, chi il vù cumprà, chi lo spacciatore o chissà cos’altro. Le coperte restano lì, qualcuno le piega e le rimette sul marciapiede. Tornano quando fa buio. Come zombie li vedi avvicinarsi a questo giaciglio, c’è chi si fa una birra, qualcuno tira fuori un mazzo di carte, qualcun’altro porta da mangiare qualcosa. Si fanno due chiacchiere, si cerca di qualche angolo per i bisogni fisiologici, poi ci si accomoda alla meglio sul quel marciapiede freddo, sotto le coperte della Caritas. La città sta oltre quella stazione, oltre i destini di questi disperati che vivono di espedienti e che la notte dormono qui. La città è seduta nei ristoranti, scivola nelle strade con le sue belle automobili, sgambetta sui tacchi a spillo per le vie dello shopping, discute in convegni e tavole rotonde di come si possa aiutare il prossimo a riscattarsi dalla povertà, a sfuggire al degrado, organizza raccolte di fondi per un ospedale da costruire in Africa. Nel frattempo l’hotel station è sempre sold-out e dopo una cert’ora farsi un giro da queste parti, sotto le pensiline della stazione degli autobus, può essere un’esperienza indimenticabile. C’è tutto il colorito crogiolo di gente per vari motivi si è ridotta a vivere sulla strada. Ci trovi il tossico incallito, il migrante clandestino in fuga, quello uscito di galera che non sa dove tornare, gli zingari che di giorno vanno in giro a suonare la fisarmonica e la tromba, quello mezzo scentrato che non vuole ricoverare più nessun ospedale psichatrico, quello che ha scelto di vivere da barbone, quello sbronzo dalla mattina alla sera, quella che si prostituisce per comprarsi la roba. Un universo mondo ai margini di una delle comunità più ricche e responsabili del Paese, solo un piccolo esempio di ciò che accade in città di maggiori dimensioni. Mi chiedo solo se, con tutti i capannoni abbandonati che ci sono in giro per la città, non si riesca ad organizzare un rifugio migliore per questa gente, dove almeno possano avere a disposizione dei servizi igienici e una branda al posto del cemento del viale degli arrivi della stazione della autolinee, che rimane sempre la nostra frontiera peggiore, il quartiere più problematico, ricettacolo di ogni disgrazia che il buon Dio manda in terra. Qualche volta al gruppo si avvicinano trans e professioniste del sesso che bazzicano nelle vicinanze e il quadretto è completo. Un’altra notte spegne le luci della città e l’Hotel Station brulica di nuovi arrivati. Nessuno comunque farà l’appello, clienti nuovi e vecchi sono trattati allo stesso modo e un pezzo di marciapiede con una coperta non lo si nega a nessuno. La stanza è grande il posto è riparato e non ti bagni quando piove e poi alle pareti ci sono dei


ARCHITETTURA È

DONNA

È Jennifer Siegal la vincitrice della quarta edizione dell’arcVision Prize - Women and Architecture, premio internazionale di architettura al femminile istituito da Italcementi. Il premio è stato assegnato all’unanimità dalla giuria, che l’ha definita “una pioniera coraggiosa nella ricerca e sviluppo di sistemi costruttivi prefabLA STATUNITENSE JENNIFER SIEGAL VINCE LA bricati, a prezzi contenuti per utenti e aree di intervento disagiati, in grado di QUARTA EDIZIONE DELL’ARCVISION PRIZE ideare e costruire soluzioni efficaci e pratiche e un nuovo linguaggio per una WOMEN AND ARCHITECTURE tipologia abitativa mobile e a basso costo”. MENZIONI D’ONORE PER: L’assegnazione del premio è avvenuta presso il Teatro dell’Arte della Triennale PAT HANSON (CANADA) di Milano, in occasione del ritorno della XXI Esposizione Internazionale della ELISA VALERO RAMOS (SPAGNA) Triennale, per sottolineare il legame tra arcVision, la rivista del Gruppo ItalceCAZÚ ZEGERS (CILE) menti e il mondo internazionale dell’architettura. La progettista americana, nata nel1965, è stata scelta dopo due giorni di lavori e confronto dalla giuria composta anche quest’anno da professioniste di eccellenza sia in ambito architettonico che socio-economico. Giunto alla quarta edizione, arcVision Prize conferma la propria unicità nel panorama globale. Un importante risultato per Italcementi, ma soprattutto il segno di un progetto positivo e sostenibile, che riafferma la centralità della persona, il valore del talento, le possibilità dell’innovazione, intesa come punto di equilibrio tra sviluppo tecnologico e rispetto per il territorio. “L’esperienza di Expo Milano 2015 – ha affermato Carlo Pesenti, Consigliere Delegato di Italcementi – ha confermato le nostre radicate convinzioni: la centralità delle donne nella società attuale, la loro capacità di costruire un futuro più armonico, la sensibilità di coniugare innovazione tecnologica con passione e fantasia, sentimento e dedizione. Valori fondamentali, che quando vengono declinati al “femminile” sono in grado di trasformare il volto del presente, aprendo orizzonti inediti a una vita contemporanea non sempre facile. Per questo siamo felici e onorati di aver presentato anche quest’anno l’arcVision Prize – Women and Architecture, che continua a selezionare progetti internazionali guidati dall’aspirazione alla bellezza, dalla ricerca della funzionalità, dalla speranza di partecipare alla costruzione di nuove città e comunità più felici. È la strada che Italcementi ha scelto per riaffermare la propria visione della “questione femminile“, che soprattutto in architettura continua a stupire producendo capolavori di tecnologia e sostenibilità, matrimoni di materiali e forme, sintesi di Chi era Gae Aulenti? Un architetto, senza alcun dubbio; ma anche eleganza ed efficienza”. una designer, una scenografa, una progettista, una curiosa, una fumatrice, una donna, una lettrice instancabile, una nonna, una viaggiatrice – ha raccontato l’architetto Nina Artioli, nipote di Gae Aulenti –. Di lei sappiamo che è stato l’architetto che ha trasformato la Gare d’Orsay in uno tra i più famosi musei d’arte del mondo, che ha disegnato la lampada Pipistrello e ha progettato Piazzale Cadorna a Milano. Ma questo è solo un effetto, il risultato finale, di quello che era Gae Aulenti. Ha sviluppato il suo percorso professionale attraverso il design, l’architettura, gli allestimenti e la scenografia, costruendo la sua carriera in un costante dialogo tra le arti. Ed è proprio questo aspetto PREMIO SPECIALE A GAE AULENTI che l’Archivio Gae Aulenti vuole evidenziare ricevendo il premio Pre- Nel corso della serata, arcVision Prize ha voluto ricordare e sottolineare la mio Speciale arcVision 2016, con l’augurio che gli architetti di oggi e figura di Gae Aulenti, protagonista tra l’altro della mostra W. Women in Italian di domani possano prendere ad esempio la continua curiosità e la Design, curata da Silvana Annicchiarico e visitabile presso il Triennale Design naturale esigenza a creare connessioni che hanno reso Gae Aulenti Museum. Il Premio Speciale assegnatole va inteso come riconoscimento del suo una delle personalità di maggiori rilievo della cultura architettonica ruolo di architetto e intellettuale, così importante nella storia italiana e in quella italiana del ventesimo secolo. della lotta delle donne per affermarsi nell’uguaglianza e nel riconoscimento ITALCEMENTI PREMIA L’ARCHITETTURA AL FEMMINILE E RICORDA CON UN PREMIO SPECIALE LA FIGURA STRAORDINARIA DI GAE AULENTI

delle loro qualità di progettiste.


34 La vincitrice

JENNIFER SIEGAL

“Innovare e pensare in maniera anticonformistica fa parte del mio DNA. La mia opera e la mia attività di ricerca ne sonou na dimostrazione. Attraverso di esse io metto in discussione tutto, in particolar modo l’architettura statica, pesante e poco flessibile che in qualche modo ancora ci aspettiamo, pur in un mondo che è divenuto tutt’altro. Nel 1998 ho denominato il mio studio Office of Mobile Design, alludendo alla mia ossessione per la transitorietà. Esso si dedica al progetto di strutture portabili,

ARCHITETTURA È

DONNA


smontabili, ricollocabili altrove, da case a scuole a negozi. Ma esplora anche l’universo della prefabbricazione, sfruttando i processi industriali per creare un’architettura più efficiente e agile. I veicoli su ruota sono una parte importante dell’approccio progettuale dell’OMD, incline a esplorare le modalità in cui ogni ambiente urbano potrebbe essere reso più fruibile e dinamico nel momento in cui si prestasse a essere agganciato, rimorchiato, spinto o guidato da un posto all’altro. Per me mobilità non significa cancellare tutto ciò che esiste, quanto piuttosto incrementare l’infrastruttura in una maniera più sensibile dal punto di vista ambientale – una maniera più intelligente di abitare il paesaggio – che si poggi a terra con leggerezza. Il mio studio si è guadagnato una buona reputazione non solo per l’attività di ricerca sul campo, ma anche per aver ripensato approcci radicali già esistenti. La mia architettura non è una mera “allusione a un passato fantastico”, come quello visionario delineato da Archigram, Metabolists e Ant Farm. L’utilizzo del vernacolo industriale esistente per creare il nuovo è un elemento chiave del lavoro di OMD.”

UNA CASA OVUNQUE VUOI Progetto di struttura modulare prefabbricata in acciaio come prototipo da esposizione per le opere di OMD e residenza autosufficiente. La OMD Prefab ShowHouse presenta le idee di prefabbricazione, flessibilità, portabilità e spaziosità compatta. Localizzata originariamente nel cuore del trendy Abbot Kinney Boulevard, a Venice, l’edificio funge da spazio espositivo per le più recenti opere di OMD e contemporaneamente da prototipo di casa per clienti curiosi. Verde e moderna, la Showhouse testimonia l’impegno di OMD nel far convergere un design responsabile con nuove tecnologie e dettagli su misura. Il nucleo funzionale centrale, costituito da bagno e cucina, divide e separa la zona notte dalla zona giorno in una compatto connubio di forma e funzione. L’edificio dal telaio modulare in acciaio misura 3,5 x 18 metri (67 mq) e presenta un’alta copertura inclinata con un lucernaio apribile per l’attivazione della circolazione passiva. L’edificio prefabbricato utilizza tecnologie verdi come uno scaldacqua istantaneo, circuiti di riscaldamento radiante all’interno dei pannelli del soffitto e fogli di policarbonato traslucido, controbilanciati da alti standard di comfort, che includono un sound system integrato iPort, la cucina Boffi e i sanitari Duravit. La Showhouse offre la possibilità di verificare in prima persona la funzionalità di questi elementi, al pari di una selezione di materiali da impiegare, come i pannelli Kirei, rivestimenti verticali di bamboo color ambra, e pavimentazioni di palma di cocco. Sia che si trovi per breve tempo in un lotto urbano, o temporaneamente localizzata in un paesaggio aperto o assegnata a una posizione più stabile, la ShowHouse è capace di ospitare un ampio ventaglio di necessità e funzioni. Trasferita nel 2010 nell’high desert del parco nazionale di Joshua Tree, la struttura ha ritrovato casa in un’area selvaggia di circa 32 ettari lontana dai servizi essenziali.


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ARCHITETTURA È

DONNA Menzione d’onore

PAT HANSON

“Architettura è realizzazione materiale di una idea. Che la forma costruita sia un’infrastruttura o che offra rifugio a un nucleo di comunità, il progetto deve ambire a innalzarsi, seppur in maniera elementare, oltre il mondano e oltre il mero adempimento funzionale. Ogni progetto comincia da un’idea, o meglio da un’immagine concettuale che deve la sua forma a meditazioni e progetti precedenti, ed è tuttavia legato a doppio filo al mondo materiale o al contesto ambiente del nuovo progetto. Il raggiungimento di un’idea architettonica duratura e rigorosa implica dedizione continua in tutte le fasi del processo costruttivo. L’architettura deve essere vissuta guardando al di là delle consuetudini consolidate, poichè essa è in grado di coinvolgere e trasformare gli usi e i bisogni quotidiani. Dal punto di vista della mia attività professionale, all’interno delle città e del paesaggio canadese, la sfida più formidabile riguarda quella cultura del progetto che si è arresa di fronte al primato del costruire per una funzione. L’architettura deve spingersi oltre questi limiti, alla ricerca di quel momento, nell’elaborazione progettuale, in cui l’idea – ispirata dalla sua consistenza fisica o dal luogo – si rivela in maniera nitida e guida l’attenzione oltre l’abitudine o la rassegnazione.”


Menzione d’onore

ELISA VALERIO RAMOS

“Mi interessano gli spazi dell’abitare, il paesaggio, l’architettura per l’infanzia, la sostenibilità, la precisione e l’economicità degli elementi espressivi. Sono più attratta dalla solidità che dalla genialità, dalla coerenza piuttosto che dall’espressione artistica. Mi interessa l’architettura radicata nella terra e nel suo tempo. Sebbene non sia più alla moda parlare di servizio, io credo che il lavoro dell’architetto rappresenti la quintessenza del servizio, inteso come azione volta a rendere migliore la vita delle persone: una missione nobile che aspira a rendere il mondo più bello e più umano, e la società più giusta. L’architettura non è un luogo di nostalgia; è un lavoro per ribelli. Negli ultimi dieci anni mi sono impegnata in due campi di ricerca. Il primo si concentra su sistemi di costruzione low-cost per edifici che arrivino quasi ad azzerare il consumo di energia. La tecnologia necessaria a costruire case ad alta efficienza è già disponibile, ma troppo costosa per la maggioranza delle persone. In questo senso, stiamo sviluppando un nuovo sistema costruttivo chiamato Elesdopa (acronimo spagnolo che sta per sistema strutturale a doppia membrana), la cui notevole efficienza tecnica ed economica è già stata comprovata. Il secondo riguarda i fattori che alimentano le motivazioni nei giovani. Ricercare il meglio attraverso l’architettura per l’infanzia significa migliorare il loro futuro, ossia il futuro del mondo”.


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ARCHITETTURA È

DONNA

Lo studio suggerisce un approccio all’architettura cilena che si estrinseca nella ricerca di soluzioni strettamente legate al territorio, al paesaggio e alle tradizioni costruttive locali. Si tratta di un processo vivo e continuo di riflessione poetica sul modo in cui abitiamo il territorio, che ha come obiettivo la ricerca di nuove forme espressive. L’idea di considerare la progettazione come l’espressione di un rapporto tra poesia e architettura è stata ispirata dal poema Amereida, nel quale si afferma che l’aver trovato l’America, e non l’India, fu per Cristoforo Colombo un dono inestimabile, pertanto noi, abitanti dell’America, dovremmo costruire un nuovo linguaggio basato su forme derivanti dal nostro patrimonio “latino”, accettare noi stessi come il fermento di una nuova cultura e dialogare con i paradigmi “Prima di essere un paese, il Cile è il paesaggio” (N. Parra, poeta cileno). Per questo motivo lo sviluppo del Cile dovrebbe fondarsi sul turismo sostenibile, favorito dagli “abitanti indigeni originari”.

Il lavoro di Cazú procede dalla premessa che: “Il territorio sta all’America come i monumenti stanno all’Europa”. Per questo motivo la sua architettura non è coercitiva, non vuole imporsi sulla natura ma solo arricchirla con amore e devozione.

Menzione d’onore

CAZÚ ZEGERS



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BELLO, BUONO E SEMPLICE intervista di Tommaso Revera - foto di Federico Buscarino

ALAN FOGLIENI, GIOVANE PROMESSA DELLA CUCINA ITALIANA, SBARCA AL RISTORANTE L’8C E PROMETTE UN ‘MARE’ DI NOVITÀ


Dinamico, determinato e con già una discreta esperienza alle spalle. Stiamo parlando di Alan Foglieni, giovane cuoco, come ama definirsi, che ha deciso d’intraprendere una nuova avventura professionale. Lo abbiamo incontrato a seguito del suo battesimo ufficiale presso il ristorante L’8C di Treviolo per conoscerlo più da vicino. “Sono tre settimane che sono qui e martedì 12 aprile c’è stato il mio primo servizio” - ci ha raccontato un emozionato Alan. Reduce da una positiva esperienza lavorativa, mostra già di avere le idee chiarissime… “Prima del mio approdo qui, mi sono fatto un po’ conoscere a Bergamo e provincia grazie alla collaborazione con il Carroponte Eno Bistrò dove sono rimasto dall’apertura, avvenuta nel settembre 2014, fino a dicembre 2015. È stata un’ottima opportunità grazie alla quale abbiamo conseguito anche un discreto successo di critica. Riproporrò anche qui alcuni dei miei piatti più apprezzati: ricette collaudate che non solo hanno un discreto seguito ma che, soprattutto, piacciono”. Come ha avuto inizio la tua carriera professionale in cucina? “Sono arrivato sino a qui grazie a 15 anni di studi ed esperienze formative sul campo. Ho iniziato in alcuni locali di medio livello all’età di 19 anni per poi giungere in realtà molto conosciute a livello di ristorazione italiana ed estera”. La vera e propria svolta quando c’è stata? ”Sicuramente in seguito all’iscrizione ad Alma, la scuola di Gualtiero Marchesi a Parma. Lì ho avuto modo di affinare la mia formazione di base, apprendere la filosofia del grande maestro ed essere introdotto nell’alta cucina. Un’esperienza che mi ha aperto un mondo”. Una svolta che ha segnato un passaggio importante. Non è così? “Esattamente. E’ stata la svolta più grande per propendere per questo lavoro a cui inizialmente mi sono approcciato per caso. Tanto è vero che mi sono diplomato in Elettronica e Telecomunicazione nonostante nell’ultimo anno di scuola avessi già iniziato a lavorare in cucina. Inizialmente, però, avevo preso questa cosa per gioco: una passione che avevo deciso assecondare. In seguito ad Alma, però, ho deciso di farla diventare la mia professione”. Un anno di studi a Parma, sei mesi teorici e sei mesi sul campo. Dove hai avuto il piacere di collaborare? “Lo stage l’ho diviso in due posti: al Dolada di Belluno, alla corte dello chef Riccardo De Prà, e al ristorante Il canto della Certosa di Maggiano, dallo Chef Paolo Lopriore quando ancora lavorava lì prima di passare ai Tre Cristi di Milano. Realtà di una certa caratura. Molto significative, sempre in chiave formativa, sono state anche le esperienze all’estero, più precisamente ad Amsterdam presso l’hotel L’Europe, una cucina francese con una brigata di ben 30 cuochi, e in Medio Oriente per Roberto Cavalli Caffè nelle location di Beirut in Libano e di Kuwait City. Ma anche in Italia, più precisamente a Milano, per il Clandestino dello Chef Moreno Cedroni”. Il valore aggiunto che porterai alla cucina del ristorante L’8C? ”Il pesce. Una delle grandi novità di questo locale che introdurrà questo straordinario ingrediente”. La tua filosofia in cucina? “Bello, buono e semplice. Non amo strafare o mettere mille cose nel

piatto. Mi piace lavorare con i cromatismi. Adoro i piatti della tradizione: ritengo, infatti, possa coesistere con l’innovazione se ben gestita. Non farò cose strane, non sono un fautore della cucina creativa estrema: punto molto al ritorno ai piatti della tradizione eseguiti a regola d’arte con le materie prime giuste. La mia coscia d’anatra cotta a bassa temperatura laccata al miele ne è un esempio: un piatto semplice in grado però di appagare i palati più esigenti”. Pesce ma non solo perché tra le novità del ristorante L’8C vi è anche l’inaugurazione della terrazza estiva. Sbaglio? “Proprio così. È già parzialmente allestita: stiamo aspettando solo che il tempo si assesti un po’. Puntiamo molto anche sugli aperitivi accompagnati da una selezione di finger food e pesce di assoluta qualità”. Altre novità? “Porterò la mia cucina, alcuni dei mia piatti cult, come per esempio l’hamburger, il microburger di bollito e molteplici finger food. Il tutto nel rispetto dei piatti forti del ristorante: il carrello dei bolliti e la cotoletta milanese a orecchia ad elefante. Ripartiremo da queste due colonne portanti del ristorante L’8C mentre per il resto ripartiremo da zero”. Cosa ti ha spinto a cambiare? “Da diversi mesi al Carroponte avevo concluso il mio percorso. Nell’ultimo periodo ho gestito alcune consulenze e ho vagliato diverse proposte. Fino a quando mi ha chiamato il Sig. Bernardo Brena che mi ha sottoposto un’offerta a cui non potevo dire di no. Questo è un locale bellissimo, un luogo in cui si sta bene con una cantina a vista unica ed una terrazza davvero splendida. Tra le varie proposte, mi sono detto che il ristorante L’8C era il posto giusto”. Ogni quanto tempo varierete la carta? “Il menù vuole essere molto dinamico potendo gestire al nostro interno la stampa della carta. Non voglio sia una cosa schematica: non sarà una cosa stagionale o mensile ma dinamica e legata ai prodotti che troveremo di volta in volta al mercato. Punto a proporre i piatti fissi (per intenderci, quelli storici miei e del locale) mentre il resto varierà di volta in volta”. Quanti siete in brigata? “Ci stiamo ancora assestando in questa fase. La formazione base contemplerà, oltre a me, tre capi partita, un paio di stagisti ed una risorsa addetta al lavaggio”. Accanto ai menù tradizionali ci saranno delle serate/degustazione? “Proprio così ma non solo con una proposta cibo come fatto sino ad ora, ma anche con abbinato un vino selezionato ad ogni piatto proposto. La prima, intitolata ‘L’asparago in franciacorta’, è stata organizzata lo scorso 21 aprile e ha visto il coinvolgimento dell’Azienda Agricola Faccoli”. Uno chef a cui ti ispiri? “I miei maestri sono Gualtiero Marchesi e Moreno Cedroni. Con quest’ultimo, poi, ho avuto la fortuna di lavorare due anni fianco a fianco ed essere il suo Sous Chef mi ha davvero inorgoglito. Lo stimo davvero per la sua creatività, la sua inventiva e il suo rapporto giocoso con il cibo. Mi ha insegnato a prendere per gioco la cucina, facendomi tornare all’infanzia e facendo in modo da coinvolgere e divertire il cliente”.

Dopo la positiva esperienza maturata al Carroponte Eno Bistrò, Alan Foglieni è pronto per una nuova, stimolante, avventura professionale


Intervista di Valentina Colleoni - Foto Paolo Stroppa

42 CHI AMA LA MODA AVRÀ SENTITO PARLARE DI “DOLLAR EYE OF FASHION” IL BLOG INTERCONNESSO CON IL MONDO DELLA MODA E DEL BEAUTY CHE IN QUESTI ULTIMI ANNI HA SCALATO A VISTA D’OCCHIO LE CLASSIFICHE DEI SOCIALIST PIÙ SEGUITI. EBBENE FORSE POCHI SAPRANNO CHE DIETRO TUTTO QUESTO VI È UN RAGAZZO DELLA NOSTRA PROVINCIA CHE OGGI PIÙ CHE MAI È CONSIDERATO UNA DELLE PROMESSE DEL FASHION SYSTEM INTERNAZIONALE: ANDREA UBBIALI

Quando è iniziata la tua passione per la moda? “Non c’è stato un vero e proprio inizio. È un mio tratto distintivo, mi ha sempre accompagnato, è cresciuto con me, come la cosa più naturale del mondo... Anche quando ho iniziato a lavorare in qualità di curatore delle sfilate per una prestigiosa agenzia di Milano. È stata l’esperienza che ha messo in luce tutta la mia attrazione per il mondo della moda che, come dico sempre, è meritocratico: se ti impegni e hai talento, vieni premiato. Lavoro dopo lavoro, esperienza dopo esperienza sono diventato make-up artist, fashion blogger e, di recente, stilista di una nuova mia linea di accessori”. Tutto questo supportato da una buona formazione immagino... “Certamente. Anche se vi sono propensioni intrinseche in ognuno di noi - io, fin da bambino, giocavo a vendere vestiti ai miei genitori e forse avevo già tracciata la mia strada - una buona formazione serve a darti competenze, ad entrare più in confidenza con la materia, alimentando la passione verso ciò che ami. E così, essere oggi ad un passo dalla laurea in Fashion media e new communication, presso la prestigiosa Marangoni Milano Fashion School, è per me una grande soddisfazione. Così come i tanti e impegnativi corsi per essere riconosciuto oggi come make-up artist di Dior”. Tutte queste attività ti hanno portato anche all’estero? “Vivo tra Milano e Londra, dove ho sostenuto una serie di esami per la scuola e dove forse andrò a vivere ad esami finiti. Viaggio spesso perché essere blogger è anche questo: spostarsi, vedere sempre cose diverse, scoprire nuove tendenze, sperimentare stili innovativi. Ecco perché oltre al mio seguitissimo blog “Dollar Eye of Fashion” ho appena inaugurato anche “Il blogger con la Valigia”. Un vero e proprio “uragano di stile”... “Quando ami il tuo lavoro, questo diventa un tutt’uno con la tua vita e questo genera un’energia che viene percepita da chi entra nelle tua “sfera”. Con la moda tutto questo è elevato al quadrato perché la creatività, la cura dell’immagine e dello stile tendono ad attirate sguardi ed interessi. Con questa visione ho creato il mio style, che non vuole essere solo un modo per esprimere cos’è in e cos’è out, bensì conoscere i perché delle scelte degli stilisti per una certa collezione. Vuol dire non mostrare solo se stessi ma anche prodotti o capi regalati dagli stilisti, grati per quanto ricevuto”. Una grande lezione quest’ultima... “Credo che la riconoscenza e l’umiltà siano i fondamentali per arrivare lontano, in ogni settore. Ovviamente nel mio si aggiunge anche lo stile e soprattutto l’essere se stessi. Per essere insostituibiuli bisogna essere diversi”. Moda e stile: concetti coincidenti? “La moda è cio che seguono le persone che non hanno bisogno di avere una certa appartenenza sociale. Lo stile invece è ciò che una persona ha in sé, nella sua personalità e che si esprime attraverso un modo di vestire. Certo, l‘abito non fa il monaco, ma se lo scegliamo, vuol dire che ci sentiamo bene in quei panni”. Come scegli i tuoi outfit? “Dipende da come mi alzo la mattina: alcune volte sobrio altre un po’ meno... dipende dalle circostanze. Ad esempio, durante la Settimana della Moda preferisco un look più originale, ma senza mai cadere nel trash o nel gusto circense”. Come definiresti il tuo stile? “Originale!”. Il tuo stile e la tua verve ti sono valsi più di un premio... “Bandi indetti dalla Camera della Moda, risultati fondamentali come cassa di risonanza per la mia figura di blogger oltre che di professionista. Oltre a ciò, la prima fila a tutte le sfilate, l’auto privata per raggiungere ogni location dello show e la possibilità di avere al mio fianco tre collaboratrici che seguono eventi, blog e controllo spam dei miei canali di comunicazione”.


Sei molto legato anche ad alcuni prestigiosi brand? “Sì. In particolare Vivienne Westwood e Moschino, con i quali lavoro anche su alcuni progetti futuri. Essere blogger però vuol dire connessioni aperte con tante case di moda e di bellezza e questa è una cosa fantastica. In Italia la nostra professione è meno conosciuta rispetto agli Stati Uniti o ad altre parti del mondo ma pian piano si sta facendo apprezzare anche da noi”. Cosa ami del tuo lavoro? “La possibilità di trasmettere alle persone la passione per la moda, che è il settore più bello al mondo. So che per molti è un sogno e forse anche per questo si aprono blog e si scrivo milioni di post: per far conoscere il mondo della moda, avvicinandolo alla gente, per trasmettere le emozioni di una sfilata o di un capo particolare”. Da poco hai anche lanciato la tua prima borsa logata So Chic. Come ti senti nei panni di stilista? “Tutto è nato per caso. Sono stato contattato da un’azienda con sedi in Germania e Inghilterra e mi hanno chiesto se ero interessato a produrre una linea mia. Così è nata SO chic, la prima borsa, creata per rendere originali le mise informali e disinvolte come nel momento dello shopping o della spesa. Il materiale è tutto di qualità, ovvero tripla maglia in cotone canvas, stampa del logo in ecopelle e imbottiture dei manicotti in ovatta. Come per gli altri articoli, che spero di produrre a breve, anche questa borsa sarà in edizione limitata, per renderla unica nel suo genere”. Dov’è possibile acquistarla? “Sulla mia piattaforma di e-commerce inaugurata da qualche settimane. Dopo la borsa, ho altre idee ma per ora è tutto top secret”. Nonostante tutti questi successi hai ancora un sogno? “Lavorare per Victoria Secret, un sogno per tutti quanti, modelli e blogger inclusi”. Quindi non ci resta che mettere un like su”Dollar eye of fashion”... “Ovviamente, per quanti già mi seguono e per quanti vorranno farlo le novità non mancherenno. Restate connessi... Parola di fashion blogger!”.

TREMATE:

IL RE DEI BLOGGER È “QUI” E SI FIRMA SO CHIC #dollareyeoffashion #ilbloggerconlavaligia


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c’è modo e moda

NON CADIAMO NELLE PROVOCAZIONI

Se le passerelle della moda uomo ci hanno presentato degli abiti a dir poco stravaganti nelle fantasie, con giacche cortissime e pantaloni dalla vita ascellare e lunghezze, pardon “cortezze” (se l’Accademia della Crusca mi passa il termine) esagerate, vorrei che non pensiate che la normalità sia questa. È chiaro che ognuno, secondo la propria cultura, i propri personalissimi gusti, la professione che svolge e l’età che ha, si abbiglierà nella maniera che riterrà più consona per se stesso ma, per carità... non cadiamo nel ridicolo. Se domani incontrassi il mio commercialista o il mio avvocato con addosso dei pantaloni stretti stretti, corti sopra la caviglia e con la giacca che lascia vedere il sedere, non solo mi meraviglierei, ma penserei che ha di certo qualche problema in cui non vorrei essere coinvolto. Altresì, non posso credere che tutti si sentano al sicuro da ogni critica dentro la stessa divisa grigia, ma penso che, tra i due estremi, ci sia un abbondante spazio di manovra. Quindi per mostrare agli altri il proprio buon gusto nel vestire, la capacità di scelta e non ultimo il proprio status sociale, il ventaglio di proposte è decisamente largo e chiunque può trovare ciò che lo rappresenta. Dando uno sguardo ai costi, ad esempio di un completo da uomo, mi viene da ridere quando sento quelli che sostengono di aver fatto un affare acquistandolo ad un prezzo ridicolo. È necessario rendersi conto che, al di sotto di una certa cifra, quell’abito sarà stato certamente prodotto chissà dove in capo al mondo e poi, per le solite leggine, etichettato come italiano o in alternativa potrebbe essere un fondo di magazzino. A quelli che, viceversa, si vantano di aver acquistato un abito ad una cifra spropositatamente alta perché pensano che il meglio debba costare di più, dico che probabilmente il brand produttore avrà ricaricato con abbondanza la pubblicità, gli stipendi da favola dei dirigenti e le altissime commissioni agli stilisti. Anche in questi casi la verità è nel mezzo, e penso che si possa avere un abito ottimo realizzato in Italia con un tessuto fantastico ad un costo non superiore ai mille euro.

Maurizio Valzania

SIAMO IN ITALY, VIVIAMO NEL PAESE DELLA MODA, RESPIRIAMO FASHION OVUNQUE, PECCATO CHE, PER QUANTO SIA DATO DI VEDERE IN GIRO NESSUNO SE NE ACCORGA.


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UNA FILOSOFIA DA INDOSSARE...

Tocchi di rosso, tracce di giallo, sfumature di verde e turchese, tonalità che si unisco agli immancabili blu, nero, ghiaccio e cioccolato per dare vita ad uno stile che entra in perfetta antitesi con uno spazio industriale suggestivo come quello dell’ex Cementificio Italcementi di Alzano Lombardo. In questo sito di archeologia industriale è stato ambientato il servizio fotografico per la stagione primavera estate 2016 di PiùoMeno, una realtà artigianale la cui filosofia di base consiste nel creare capi versatili, che si adattino alle donne, valorizzando le caratteristiche di ognuna. Forme e tagli vengono esaltati nella particolarità di ogni collezione. Petali e fiori, vedo e non vedo, forme geometriche e patch, a cui si uniscono madras e quadretti, con qualche inserto pois e fiammato, sono le dominanti di questa stagione. Models: Chiara Fioravanti e Lucrezia Bloise Ph: Marco Ravelli Acconciature: Lisa Clerici Accesori: Luisa Vavassori e Nora


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UNA FILOSOFIA DA INDOSSARE...


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UNA FILOSOFIA DA INDOSSARE...


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UNA FILOSOFIA DA INDOSSARE...

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Un gioco di abbinamenti e contrasti, perfetto per valorizzare ancora di più la scelta di cotoni, lini, morbido Bamboo, taffetas e shangtung. L’esaltazione delle forme da così origine ad una donna metropolitana e moderna che non segue gli schemi ma preferisce crearne di nuovi, consapevole della propria femminilità e dell’esigenza di coniugarla con il suo lato pratico, versatile ed originale. Proprio come la moda di Più o Meno Via Don Luigi Palazzolo 16c a Bergamo www.piuomeno.net


Un tour tra i tanti store della catena Interni-Mobili e Design, per capire le novità, le anteprime e le tendenze del design che verrà. Sotto il segno di una realtà dell’arredare, oggi più che mai punto di riferimento... a Milano, in Italia e nel mondo. Rendere ogni ambiente un microcosmo da modellare secondo i gusti e le esigenze di chi lo abita. Con questo spirito da oltre 80 anni Interni ha dato vita ad una storia che nel suo svolgersi ha tracciato le linee di un proprio “mondo dell’abitare”, declinato in mille sfaccettature, sempre in linea con le novità del mercato, ma attento a rendere ogni realizzazione accogliente e... speciale. Ecco perché dopo così tanti anni Interni continua ancora a stupire ed emozionare. Lo stesso è stato per il FuoriSalone 2016 appena volto al termine, durante il quale nei tanti negozi che compongono la realtà odierna di Interni si è ammirato il meglio del design, la selezione dei pezzi e dei materiali, la creatività delle soluzioni, la massima attenzione nei confronti dei marchi e della clientela. Partendo infatti del primo appuntamento fissato nello store Kartell Laufen di via Pontaccio si è potuto ammirare il meglio del design innovativo grazie alla scatola segreta ispirata alle atmosfere dell’estremo Oriente che, già solo dalla vetrina, affascinavano i passanti. Di Ludovica e Roberto Palomba questo progetto ha voluto unire materiali per l’architettura, l’interno e il design per una differente interpretazione del mondo bagno. L’allestimento creato da un accostamento inusuale di materiali apparentemente in contrasto tra loro, ha generato così una casa dalle forme archetipiche per le quali le pareti esterne in pietra grezza dialogavano con la raffinata tappezzeria delle pareti interne: sullo sfondo una seta rossa dipinta a mano con motivi floreali in oro, sui lati un tessuto dall’effetto cangiante, quasi metallico, sui toni dell’arancio e del rame. Un incontro di materiali che unendo oriente ed occidente, tradizioni lontane e vicine, ha creato l’inedito accostamento di plastica e vernice. Non meno affascinante l’allestimento e l’istallazione posta dello store Novamobili di via Melchiorre Gioia, con i quali si è cercato di dare vita ai concetti chiave di questo brand ovvero modularità, flessibilità e trasversatilità, chiara espressione di una tradizione artigianale che continua oggi in un’azienda tecnologicamente avanzata e aperta alle sfide del futuro. Proprio da qui hanno tratto spunto i designer Philippe Nigro, Zanellato/Bortolotto e Zaven, chiamati a interpretare il concetto di wall system, capace di plasmarsi sulle diverse abitudini progettuali. Ispirationals: questo il nome delle tre istallazioni, frutto di diverse sensibilità e ragionamenti personali che gli ospiti di Interni hanno potuto ammirare per tutto il Fuorisalone e presentate ufficialmente durante l’evento del 13 aprile scorso. Evento molto partecipato anche quello avvenuto la sera stessa presso il n. 7 dell’elegante Via della Spiga, dove l’allestimento di un appartamento è diventato lo spazio sperimentale all’insegna del Made in Italy e dell’artigianalità firmata dall’architetto Massimo Castagna. Qui l’intreccio di geometrie, complementi arredo di design d’avanguardia e giochi di luce hanno trovato massimo compimento in uno spazio dai toni del grigio, oro e ottone, che non ha mancato di stupire ed affascinare tutti i presenti al cocktail di apertura. La cucina in primo piano (ovviamente) per l’evento Rossana che con Kitchen garden revolution ha ospitato ai fornelli il famoso chef Heinz Beck per uno show cooking memorabile presso lo store di Via Turati, 6. Qui dopo l’introduzione di Francesca Barberini (autrice e conduttrice Tv, foodwriter) lo chef si è poi messo all’opera preparando succulenti pietanze ben apprezzate dai commensali che nel mentre hanno potuto ammirare le cucine di ultima generazione studiate dal noto brand. Un brand quello di Rossana fiore all’occhiello della famiglia interni che cerca sempre di migliorare la vita di privati ed aziende, traducendo la necessità e i desideri della clientela in progetti e prodotti di altissimo profilo, per offrire al pubblico la prima scelta delle migliori aziende del settore. Una qualità riscontrata anche durante l’evento Inside Out organizzato da Berloni presso lo store di Via Arbeticci, 8 dove oltre ad ammirare le stupende cucine è stato possibile ogni sera degustare un cocktail a tema, seguendo un itinerario interno al negozio, degli appertize e della buona musica. Tutto questo scandito alle ore 20 dal Pasta Time ovvero una degustazione di varietà di pasta servite in veranda all’insegna dell’ospitalità italiana. Un modo come un altro per distinguersi sempre, consapevoli di quel “italian do it better” che tanto durante questo Fuorisalone 2016 è ancora una volta balzato all’occhio. Come il gruppo Interni sa (e merita) da sempre.

INTERNI

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HENGE / via della Spiga 7

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BERLONI / via Alberico Albricci 8


INTERNI / via Durini 17

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ROSSANA / via Turati 6


NOVAMOBILI / via Melchiorre Gioia 6/8

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INTERNI

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KARTELL / via Pontaccio


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FUORI SALONE DESIGN... CONNECTION! 2016


Sempre più connessi e interconnessi... al mondo e al domani che verrà. Il FuoriSalone 2016 ce ne ha dato prova, con il suo pullulare di designer, giornalisti, architetti e addetti del settore sempre più rapidi e attenti nell’immortalare anticipazioni di un design che parla già del futuro. Ovviamente trepuntozero! “Un bravo insegnante è colui che riesce ad immaginare le persone per quello che ancora non sono, un bravo designer con il suo lavoro riesce a vedere il mondo come sarà”. Con questa frase vogliamo iniziare il nostro tour per il FuoriSalone 2016 perché in essa sono riassunti i mille perché del grande successo che come ogni anno questa manifestazione raccoglie. Infatti anche per questo suo 55 esimo anno i risultati più che positivi hanno come sempre soddisfatto tutti quanti, addetti ai lavori, ospiti, esperti del settore e designer. Milano si è infatti trasformata per ben 6 giorni in una vera e propria “esposizione” a cielo aperto, grazie a 1148 eventi e agli 11 itinerari studiati per scoprire tutte le novità in fatto di architettura e design. Una città alla mercé del “domani che verrà” quindi, divisa in tre zone di massimo interesse Brera District Design, Tortona Design Week e Ventura Lambrate, a loro volta ripartite in ulteriori centri di interesse quali Selected by Architonic, Superdesign Show, Porta Venezia In Design, Zona Santambrogio, 5 vie Art+design, Elita Design Week Festival, Interni Open Borders e Sarpi Bridge. Ad ogni angolo, portone e cortiletto un totem colorato a seconda della zona per indicare l’ubicazione di una mostra particolare, di un’esposizione, di un work shop, di istallazioni e altro ancora. Ma per quanti non sono mai stati al FuoriSalone rispondiamo subito alla domanda chiave: cos’è? La risposta è semplice e va collegata alla vera e propria manifestazione ufficiale che si tiene a Milano in zona Rho Fiera ovvero Il Salone Internazionale del Mobile, l’evento fieristico più atteso da tutti coloro che gravitano nell’ambito del design e dell’architettura perché in esso tutte le aziende più note a livello mondiale trovano sede con i loro stand, per presentare le nuovo collezioni che detteranno le tendenze. Fu a partire dagli anni ‘80 che parallelamente a questo appuntamento nacque spontaneamente il Fuorisalone, non considerato un evento fieristico, senza un’organizzazione centrale e non gestito da nessun organo istituzionale, ma proprio di un grande potenziale: la possibilità di dare slancio non solo ai brand affermati ma anche e soprattutto ai designer emergenti, non solo nel loro mondo di riferimento ma anche in settori collegati come automotive, tecnologia, telecomunicazioni, arte, moda e food. E così anche per questo 2016 la Milano da bere si è riempita di gente da ogni dove che, dal 12 al 17 aprile, hanno invaso le sue strade alla ricerca della novità, della chicca e del particolare che stupisce, da immortalare con una foto, da instagrammare e condividere sui social in tempo zero. Perché si sa, oggi più sei veloce meglio è... in tutto! Lo stesso mood questo percepito anche girando tra i diversi district, un po’ vuoi per la rapidità con la quale fotografi, blogger, clienti ed amanti del settore si muovevano alla ricerca della tante novità e un po’ perché Milano, la “New York” italiana, non lascia spazio a chi perde tempo soprattutto quando il calendario di appuntamenti è fisso ed intenso!!! E ce ne siamo ben accorti anche nel nostro tour quando partendo dal distretto di Ventura Lambrate, abbiamo ammirato tutto il design emergente, proveniente da tutta Europa e qui approdato dopo una serrata selezione. Ecco così che le cabine delle teleferiche diventano saune da esterni, le sedute prendono forme di ogni genere e il materiale più impensabile viene convertito in un oggetto di design di ultima generazione. Più ricercato ma senza dubbio affascinante il Tortona District che tra Via Savona e Via Tortona ospita ogni anno brand ed eventi unici nel loro genere (come Citizen, Moooi, i conigli di Qeeboo), con il clou in spazi suggestivi come il SuperStudio, il Base o il Sarpi Bridge. Da qui alle 5 Vie Art il passo poi è stato breve, con una concentrazione di istallazioni di alto livello grazie alla presenza di brand d’eccellenza che, nei loro store posti nelle vicinanze del Duomo, hanno presentato il meglio delle nuove collezioni. Da questa elegante zona siamo poi passati alla frizzante Brera Design District che con il suo pullulare di artisti ha ospitato mostre ed eventi di designer alternativi e rinomati, con un focus particolare intorno al mondo della moda che, in Corso Come 10, come sempre trova il suo epicentro. Un’interconnessione moda e arte indissolubile ed intrinseca in questo nostro essere italiani che, come sempre, piace ed affascina coloro che arrivano da ogni dove e che in quella sei giorni milanese cercano il massimo dell’ispirazione... per anticipare i tempi, sognare e volare con la fantasia. Come solo chi ama il design sa fare!



FUORI SALONE DESIGN... CONNECTION!

2016


FUORI SALONE DESIGN... CONNECTION!



Salva il futuro dell’Italia che ami.

Foto Giorgio Majno, 2005 © FAI - Fondo Ambiente Italiano

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DESIGN: IL PUNTO DI VISTA

CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE DEL DESIGN CHE CONTA ANCHE PER QUESTA DESIGN WEEK DRIADE NON HA DISILLUSO LE ASPETTATIVE. PER UN SALONE E UN FUORISALONE DA 10 E LODE Anche per l’edizione 2016 della Design Week il mondo di Driade ha aperto le sue porte per ospitare un evento in grande stile, in un coinvolgimento di forme e colori unici, con proposte design d’eccezione firmate dai più grandi designer. E così lunedi 11 aprile Driade ha invitato i clienti a scoprire il suo mondo e la sua particolare filosofia sull’arte dell’abitare attraverso le novità della nuova collezione, organizzando un cocktail party presso il suo showroom di Milano. Tema centrale e ridondante dell’evento, così come della collezione presentata al Salone Internazionale del Mobile 2016, il DriadeLivingRoom, proposto come sempre da David Chipperfield e reinterpretato da nomi d’eccezione come Philippe Starck, Konstantin Grcic, Naoto Fukasawa, Lievore Altherr Molina, Fredrikson Stallard e Ludovica+Roberto Palomba. Tutti presenti per interpretare questo concetto immaginando un ambiente dove loro stessi avrebbero vissuto dando forma al mondo dell’abitare Driade con espressioni formali naturalmente diverse, accomunate da una visione corale. Proprio da qui i risultati mostrati: Philippe Starck ha presentato il divano componibile Wow, la poltrona Cinemascope e le sedute Lou Eat e Lou Think che vanno a formare, insieme all’esistente Lou Read, una linea completa dal nome Lou Read Family. Konstantin Grcic ha creato Mingx un’ampia collezione di sedute, tavoli e sgabelli, per l’indoor e l’outdoor, proposta in diverse varianti e in quattro finiture di colore. A questi si aggiungono La Francesa, elegante poltroncina imbottita di Lievore Altherr Molina, i tavoli Easel e App, uno indoor e l’altro outdoor, di Ludovica+Roberto Palomba e il set Ten e Ci, poltroncina e tavolo bassso, di Naoto Fukasawa. Per esterni gli arredi camouflage, poltrone e tavolini, in alluminio di Fredrikson Stallard. Tutte realizzazioni che hanno lasciato gli ospiti ad occhi aperti, ancora una volta innamorati dell’eccellenza firmata Driade. E in tutto questo la rinomata realtà bergamasca dell’abitare Zenucchi Arredamenti non poteva certo mancare, per un coinvolgimento a tutto tondo nel mondo dell’eccellenza del design.


DESIGN: IL PUNTO DI VISTA DRIADE



È un servizio dell’Associazione Genitori ATENA per accogliere, ascoltare e consigliare genitori, figli e persone con problematiche derivate da: abuso di sostanze alcoliche e di stupefacenti gioco d’azzardo e comportamenti a rischio Il servizio è attivo il lunedì dalle ore 13.00 alle 17.00 presso l’archivio parrocchiale di via S.Alessandro 35 Bergamo Per informazioni e appuntamenti cell.347.9607132 dalle ore 9.00 alle 12.30 nei giorni feriali www.associazionegenitoriatena.it

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anni azzurri

A cura del Direttore Johnny Vinella

IL BENESSERE PSICOLOGICO DELL’ANZIANO:

SEMPRE IN PRIMO PIANO Alla Residenza Anni Azzurri “San Sisto” di Bergamo ciascun ospite è “speciale”, perché porta con sé una storia di vita e un bagaglio di esperienze e sensibilità da valorizzare. L’équipe della struttura, infatti, abbina le competenze in campo sanitario e assistenziale - per garantire la migliore assistenza - alla sensibilità e al calore umano, affinché la quotidianità all’interno della residenza diventi un’occasione di miglioramento della qualità di vita degli ospiti. In questo contesto di attenzione e accoglienza si inserisce anche la figura della psicologa, che è parte integrante dell’équipe della Residenza Anni Azzurri San Sisto, e interviene sia nel sostegno dell’ospite, sia in quello dei familiari. Il supporto psicologico rappresenta un’opportunità per far fronte a momenti di fragilità e di cambiamento per l’anziano, ad esempio il trasferimento dall’ambiente domestico alla struttura, o il modificarsi delle proprie condizioni di salute e autonomia: in tutti questi casi può rendersi necessario un supporto ulteriore che accompagni e sostenga l’ospite. “All’interno della nostra Residenza c’è la possibilità di intraprendere dei percorsi psicologici personalizzati con sedute individuali per affrontare e dare risposte ai bisogni dell’ospite – sottolinea il direttore della Residenza Anni Azzurri San Sisto, dottor Johnny Vinella – Si tratta di diversi percorsi, che si declinano a seconda della necessità dell’anziano, volti al benessere psicologico della persona”. La valutazione del medico e più in generale di tutta l’équipe permette di approfondire ogni singola situazione, consentendo di individuare i vissuti

e i momenti di fragilità che necessitano di un percorso più mirato di sostegno, come l’affiancamento della psicologa. Tutti i percorsi vengono sempre modulati in base alle esigenze della singola persona. “Nell’anziano l’attenzione al benessere psicologico e le opportunità offerte dalle terapie non farmacologiche risultano fondamentali proprio per realizzare un progetto di cura che vada al di là dell’aspetto prettamente sanitario – spiega il direttore Vinella - con l’obiettivo di fornire all’ospite un benessere a 360 gradi, che si riverbera in tutti gli aspetti della vita quotidiana”. Del benessere psicologico di ciascun ospite ci si prende cura giorno per giorno, facendo della struttura un luogo stimolante, caldo e protetto, dove stabilire buone relazioni ed essere curati e rispettati: un contesto costruttivo che aiuta a combattere la solitudine e a vivere con pienezza ogni giornata, grazie anche alla proposta di attività educative e di animazione che favoriscono la socializzazione e stimolano le abilità degli ospiti. La psicologa è presente nella Residenza San Sisto anche come moderatrice dei gruppi di mutuo aiuto organizzati per i familiari. I gruppi rappresentano un momento di incontro, scambio e condivisione per i familiari degli ospiti, chiamati a misurarsi con la fragilità, la non autosufficienza del proprio caro e altre problematiche legate all’invecchiamento. Attraverso il confronto e l’ascolto all’interno del gruppo anche per i familiari è possibile sentirsi meno soli e superare le difficoltà trasformandole in un’occasione di crescita.

In collaborazione con Via Colognola ai colli, 8 - Bergamo Tel. 035 08641 - Fax 035 19909256 residenzasansisto@anniazzurri.it johnny.vinella@anniazzurri.it


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GARANTIRE UN’ESPERIENZA DI CURA ALL’INSEGNA DELL’ACCOGLIENZA E DEL RISPETTO DELL’INDIVIDUO ALLE PERSONE CON PATOLOGIE ACUTE E CRONICHE DANDO PRIORITÀ AI SOGGETTI PIÙ BISOGNOSI: QUESTA LA MISSION DELLA CASA DI CURA BEATO PALAZZOLO

DALLA PARTE DELLE PERSONE


La Casa di Cura Beato Palazzolo, accreditata col Servizio Sanitario Nazionale, si presenta così strutturata: due dipartimenti strutturali, il Dipartimento chirurgico e quello riabilitativo, e due dipartimenti funzionali, il Dipartimento funzionale di Angiologia e quello dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Le tredici unità operative spaziano in diversi ambiti della medicina: dall’Oculistica all’Urologia, dall’Ortopedia alla Chirurgia Generale, dalla Medicina all’Hospice, dalla Riabilitazione Specialistica alla Riabilitazione Generale Geriatrica, dal Centro dei Disturbi del Comportamento Alimentare al Servizio di Diagnostica per immagini, dal Poliambulatorio al Laboratorio Analisi, sino alle Attività di cure Subacute. Garantire un’esperienza di cura all’insegna dell’accoglienza nel rispetto dell’individuo, a persone con patologie acute e croniche, dando priorità ai soggetti più bisognosi: questa la mission della casa di cura Palazzolo. “La Casa di Cura Beato Palazzolo è una realtà storica di Bergamo - ci ha raccontato il Direttore Generale, Dr. Edoardo Manzoni. È emanazione della Congregazione delle Suore delle Poverelle che qui, in via San Bernardino 56, il 22 maggio del 1869 fondò l’Istituto delle Suore delle Poverelle. Per comprendere la mission della casa di cura Palazzolo è sempre opportuno rifarsi al suo fondatore il quale in un motto esprimeva il suo impegno verso la società e la chiesa: “Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri perché dove altri non giunge cerco di fare qualcosa io così come posso”. Un’eredità importante quella che avete raccolto: non è così? “Sicuramente. L’eredità lasciata dal Beato Palazzolo, di cui quest’anno ricorrono i 130 anni dalla morte, è stata quella di occuparsi dei bisogni più emergenti della società, quello, per intenderci, di cui gli altri non si occupano”. Stiamo parlando di un istituto clinico orientato, sin dalle sue origini, verso servizi non presenti sul territorio, soprattutto nella realtà bergamasca e lombarda. Oggi dispone di 148 letti, numerosi servizi ambulatoriali ed alcune attività in attivazione, anche di tipo domiciliare. “La nostra attività - ha proseguito il Dr. Manzoni - si esplica attorno a due grandi assi: da un lato circa la metà dei posti letto sono dedicati all’attività clinica ‘tradizionale’ con alcune eccellenze note in città come l’Unità Operativa di Oculistica - che qui è nata e che è stata la ‘madre’ di quasi tutte le altre divisioni oculistiche nata a Bergamo e provincia (basti ricordare che nel 1977 il secondo intervento in Italia di cataratta venne eseguito qui). Recentemente è nata l’Unità Operativa di Odontoiatria per far fronte a richieste crescenti quali il contenimento dei costi, sia pur nel rispetto della qualità delle cure prestate, e la sicurezza che solo un contesto ospedaliero può garantire. Dall’altro, invece, la Casa ha uno spiccato orientamento verso alcuni, rilevanti, bisogni emergenti per cui vi sono numerosi posti letto destinati ad indirizzo riabilitativo, un hospice attrezzato e un centro di eccellenza per la cura dei disturbi del comportamento alimentare”. Un’attenzione dettata anche dal modo di vivere nella società contemporanea: il classico esempio del bisogno emergente, lo esemplifica l’Istat secondo cui circa il 15% delle donne, in Italia e quindi anche a Bergamo, soffra tra i 15 e i 25 anni di un disturbo del comportamento alimentare (e non parliamo soltanto di anoressia e bulimia). “Proprio per questo - ha proseguito il Direttore Generale della Casa di Cura Beato Palazzolo - siamo diventati uno dei pochi centri in Italia che ha a disposizione dei posti letto e che, in 12 anni di attività, ha preso in carico oltre 5.000 persone. Si tratta di un progetto in espansione per la nostra casa di cura tant’è che stiamo predisponendo nuovi spazi e valutando l’ideazione di un’APP appositamente studiata come supporto “virtuale” ai nostri pazienti”.


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DALLA PARTE DELLE PERSONE Da un lato, quindi, l’attività clinica tradizionale e dall’altro una spiccata attenzione verso i bisogni emergenti come per esempio la cronicità e la fragilità. “Ci chiediamo spesso di cosa ha bisogno la gente allestendo dei servizi in grado di rispondere alle esigenze dei pazienti nonostante non comportino sempre dei risultati finanziari soddisfacenti. Tra questi, l’ultima novità in ordine di tempo, è l’ambulatorio appositamente predisposto per la cura degli acufeni ormai prossimo all’apertura. Come ci ha spiegato il Dott. Alberto Imberti, Direttore Sanitario della Casa di Cura Palazzolo, “si tratta di un disturbo che colpisce chiunque, non particolarmente grave dal punto di vista clinico ma che influenza la qualità della vita. Un disturbo a cui non è stata data l’attenzione che merita e per questo cercheremo di dare risposta ai nostri pazienti oltre che da un punto di vista strettamente medico, con un protocollo messo a punto recentemente e con la sperimentazione dei macchinari a disposizione, anche con un supporto di tipo psicologico”. Specificamente all’attività clinica, l’istituto di via San Bernardino può inoltre annoverare diverse collaborazioni illustri… “Vantiamo consulenze con medici di grande caratura - ha proseguito il Dott. Imberti - come per esempio con il Dott. Luigi Grazioli, Direttore della Radiologia presso gli Spedali Civili di Brescia, e il Prof. Pietro Giovanni Garbagna, noto radiologo, e siamo fortemente orientati verso lo sviluppo tecnologico”. A questo proposito, da sottolineare la propensione verso lo sviluppo della tecnologia, in particolare della telemedicina. “Sfruttiamo le prerogative della telemedicina per abbattere i confini di una struttura piccola come la nostra - ci ha spiegato il Dr. Manzoni. Lo abbiamo fatto perché altrimenti non sarebbe stato possibile raggiungere un’eccellenza scientifica come quella conseguita. È abitudine, dunque, inviare al Prof. Garbagna - considerato un’eccellenza assoluta nella lettura delle risonanze magnetiche articolari ortopediche - i referti degli esami eseguiti ai nostri pazienti per far sì che, dalla sua residenza nel Pavese, possa leggerli con attenzione ed esprimere la sua autorevole opinione. Questo è un esempio concreto di telemedicina e, proprio in quest’ottica, qualche anno fa, abbiamo completamente riqualificato la nostra Unità Operativa di Radiologia. Informare le persone utilizzando tutti gli strumenti informatici a disposizione al fine di di qualificare il servizio: questa la nostra mission. E un sogno: arrivare ad una APP, come per esempio quelle studiate per prenotare i voli, appositamente ideata per gestire il nostro Centro Unico Prenotazioni”. Una realtà divenuta presto riferimento in ambito sanitario che ha saputo negli anni crescere ed evolversi: oltre alla sede di via San Bernardino, l’Istituto Palazzolo è presente in città con altre strutture del socio-sanitario e con altri sedici istituti clinici distribuiti in otto regioni. Non trascurabile anche la presenza all’estero in ben sette paesi tra Africa e Sud America. “La sanità - ha concluso il Dr. Edoardo Manzoni, Direttore Generale - non è solo una questione di prestazione e sicurezza ma anche di presa in carico. Noi riteniamo che l’assistenza e l’accoglienza delle persone, soprattutto in condizioni di fragilità maggiori, valga tanto quanto la cura clinica. Questo è un aspetto che le persone percepiscono entrando nella nostra Casa di Cura ed è un elemento che non solo ci caratterizza ma sul quale intendiamo ulteriormente lavorare. Anche a livello di struttura e della dislocazione degli spazi, cerchiamo di porci sempre nell’ottica dei percorsi che devono fare le persone allo scopo di rendere più agevole la fruizione in uno dei luoghi storicamente più difficili per muoversi”.


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stare bene

IL SANO DORMIRE

in collaborazione con Negozio del Materasso

LA DIMENSIONE DEL RIPOSO “La notte è l’altra metà della vita, ed è la parte migliore” (GOETHE)

Dormire bene è la dimensione fondamentale e naturale della vita. Un’arte che va coltivata per consentire al corpo e alla mente di rigenerarsi ed affrontare ogni nuova giornata con la giusta energia. Il riposo più salutare e rigenerante, quindi, va personalizzato e plasmato sulle specifiche esigenze che rendono unica ogni persona. Ecco perchè l’obiettivo è quello di offrire un’esperienza di riposo completa, ridefinendo i valori di ergonomicità grazie a tecnologie integrate e lavorazioni interne realizzate con materiali esclusivi, con densità e portanze diverse, per consentire ad ognuno di trovare il suo materasso ideale per trasformare la qualità del riposo in benessere quotidiano.

BENESSERE TOTALE

Lasciarsi il mondo alle spalle. Rilassarsi e prendersi cura di sè: le nostre linee di materassi trasformano il letto in un ambiente dedicato al benessere e alla salute in grado di regalare un’esperienza di equilibrio psicofisico, armonia interiore e comfort davvero straordinari. È provato che un buon riposo dà sollievo allo stress, migliora la circolazione, l’ossigenazione di tessuti e organi, rende il sistema immunitario più forte e dona un aspetto più sano, aiutando a recuperare l’energia spesa durante la giornata. Selezioniamo quello che risponde alle esigenze di chi ricerca un riposo davvero esclusivo, al di sopra di ogni aspettativa e si distingue per le differenti strutture ergonomiche impiegate, abbinate a imbottiture con spessori e materiali di altissimo pregio, naturali e traspiranti, per offrire una piacevole sensazione di accoglienza, comodità e sostegno notte dopo notte. Per creare un ambiente personalizzato e accogliente, mirato alle diverse esigenze, il Negozio del Materasso propone, nel proprio showroom, una vasta gamma di soluzioni integrate - letti, materassi, guanciali, reti ed accessori - realizzate con lo scopo di soddisfare qualsiasi abitudine.

Henri de Toulouse-Lautrec

LE BASI DEL COMFORT

Dormire bene, assumendo una corretta posizione è essenziale per garantire il benessere dell’organismo. Per questo non è necessaria solo la scelta personalizzata di un buon materasso, ma di fondamentale importanza risulta il supporto letto ad esso associato. Materasso e base a doghe devono interagire per offrire un sistema rigido ed elastico allo stesso tempo, che garantisca la giusta postura del corpo e della colonna vertebrale. Il Negozio del Materasso presenta un’ampia gamma di basi letto ergonomiche per costruire un abbinamento su misura con il materasso, in funzione delle specifiche caratteristiche di ogni persona, distribuendo efficacemente la pressione del peso corporeo e ammortizzando i movimenti nel rispetto del comfort. Nella storia di ognuno di noi c’è un letto: spazio da abitare ed elemento simbolico che scandisce i ritmi vitali del giorno e della notte. Il luogo del riposo e del benessere, ma anche un ambiente intimo e personale che accoglie i nostri legami d’affetto, la libertà dei sogni e della creatività. Nell’antichità era il “letto genialis”, la forza generatrice della vita e il cuore dell’abitazione. Anche oggi, come allora, è in questo spazio che chi abita la casa vive le proprie emozioni, rinnova le energie, da vita alla propria personalità, cambiando il futuro di ogni giorno. Oggi il concetto di riposo si ottiene realizzando una gamma di materassi e sistemi per il letto altamente personalizzati, basati su elementi e contenuti tecnico scientifici e culturali, di design ed emozionali, per garantire la possibilità ad ogni persona di creare uno spazio-sonno, un ambiente per il relax in grado di soddisfare le esigenze di comfort individuale, di salute ed equilibrio. Nei nostri materassi è racchiusa una grande opportunità: coglierla significa realizzare uno spazio dove rifugiarsi e rilassarsi, un microcosmo dove vivere e prendersi cura di se e del proprio riposo.


Un riposo di qualità cambia la tua giornata.

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AFRICA TWIN OGGETTO DEI DESIDERI SIMONE AGAZZI CONCESSIONARIO UFFICIALE HONDA IN COPERTINA PER PRESENTARE LA NUOVA AFRICA TWIN


A TU PER TU CON SIMONE AGAZZI DI RS MOTO IN OCCASIONE DEL DEBUTTO DELLA NUOVA HONDA AFRICA TWIN MODEL 2016 PER SCOPRIRE COME CERTE MOTO ENTRINO IN COMPETIZIONE CON MOGLI E FIDANZATE... “È l’oggetto di desiderio di molti. È amore a prima vista. Se la cavalchi ti regala sensazioni ed emozioni uniche. Per questi motivi non devi far altro che “possederla”... Stiamo parlando di AFRICA TWIN, ancora più bella! Ancora più Grintosa! Ancora più Seducente! Poi ti permette anche di passare (previo doccia...) da Off Road a Off..ice Road! Semplicemente Fantastica!”. Perchè spesso la moto viene vista in contrapposizione alle donne “Quando viene una coppia in concessionaria è stupendo, ma a volte c’è il rovescio della medaglia, perché la fidanzata o la consorte entrano solo per rintuzzare il sogno proibito del proprio uomo e l’esito della vendita quasi sempre passa dal consenso o dal divieto delle stesse”. Le donne vedono la moto come una “rivale”? “Può essere perché per l’uomo la moto è come un’anima gemella, vive in simbiosi con la stessa e l’abilità del marito/fidanzato sta nel far avvicinare la propria compagna con cautela, con cura certosina, con passaggi graduali, con la stessa passione e pazienza con la quale l’ha conquistata. Deve dare sicurezza: andare in moto, oltre alla cautela necessaria, deve essere un piacere per entrambi per scoprire luoghi diversi, nuovi e meravigliosi”. Eppure ci sono sempre più donne alla guida di moto o scooter... “Sono dati incoraggianti che fanno ben sperare su un’evoluzione dell’atteggiamento delle donne nei confronti delle motociclette”. Parliamo del “prodotto Honda”? “Honda è un prodotto sempre di grande qualità e di affidabilità; non ti dà problemi strada facendo. È un brand affermato in tutto il mondo, per tale ragione l’azienda è attenta a qualsiasi situazione, qualora ci fossero anomalie certificate sul prodotto, effettua tempestivamente campagne di richiamo. Inoltre, Honda, è un azienda attenta alle persone che la rappresentano sul territorio, ti segue, ti è vicina, ti fa crescere non solo come imprenditore ma come uomo”. Perché un cliente sceglie Honda RS Moto? “In primis per la qualità del prodotto Honda, a prescindere dal modello. Poi per l’assistenza tecnica qualificata - diamo garanzia di 4 anni sul nuovo e di 2 anni sull’usato sempre Honda. Il cliente che ci porta la moto da tagliandare o da revisionare, la ritira sempre pulita con lavaggio. Offriamo anche un servizio di deposito invernale per coloro che non hanno spazio, tenendo la batteria sempre in carica. Qualcuno ci sceglie perché organizziamo, tramite RS Moto Ride, viaggi in Italia e all’estero con moto proprie o a noleggio. Abbiamo un team ufficiale Honda con clienti/piloti che fanno gare off Road e che partecipa al Campionato Italiano di Moto Rally. Abbiamo già detto tante cose... Il resto lo facciamo scoprire al cliente conoscendoci!”.

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ITALIA METAFISICA GEORGE TATGE

Con le sue immagini di grande formato, in rigoroso bianco e nero, George Tatge propone allo spettatore un moderno Grand Tour della sua Italia. Architetture, geometrie, paesaggi, pietre: ogni particolare riporta all’italianità della terra, all’intervento dell’uomo che la modifica, la vive, la rende riconoscibile e, a volte, la abbandona. Gli scorci che Tatge sceglie donano allo sguardo una nuova prospettiva, che spesso confonde, ma sempre mantenendo il concetto di italianità che vuole trasmettere: dalle forme rinascimentali a quelledelle architetture più contemporanee l’Italia si fa conoscere e riconoscere, differente da ogni altro luogo al mondo, unica con le sue peculiarità, le sue stranezze e i suoi contrasti, tra natura e artificio, tra antico e moderno. George Tatge è nato a Istanbul da madre italiana e padre americano, e ha vissuto tra l’Europa, gli Stati Uniti e il Medio Oriente. La sua ricerca fotografica ha origine negli anni Settanta: la sua prima mostra fu ospitata alla Galleria il Diaframma di Milano nel 1973, e da allora le sue immagini hanno viaggiato in tutto il globo, trovando posto in collezioni private e in musei prestigiosi come il Met di New York, l’Houston Museum of Fine Arts e la parigina Maison Européenne de la Photographie. Le sue fotografie nascono dall’utilizzo di un banco ottico Deardorff 13x18.

ANNA PERONI

CRAYON DE VOYAGE C’è un filo comune nelle immagini di Anna Peroni, quel “crayon de voyage” che unisce in una sorta di installazione visiva gli appunti di viaggio che l’autrice ha fotograficamente realizzato. Gli scatti non vivono di un’entità singola ma raccontano un mondo, un modo di interpretare la fotografia senza definirne i contorni, in bilico tra il reportage ed il paesaggio, il ricordo personale e la documentazione di un luogo. Così come gli scatti non vivono di singola autonomia, allo stesso modo gli orizzonti si dilatano e si completano, compenetrandosi attraverso il segno grafico. Ne esce una visione totale e globale del lavoro, che denota una progettualità e una scelta di campo ben studiata e definita prima ancora di intraprendere il lavoro stesso. Le fotografie sono state realizzate nell’arco di tre anni, in diverse parti del mondo, con il comun denominatore della presenza centrale che rompe il paesaggio lineare. Una presenza centrale che è automobile, bicicletta, cartello o (talvolta) figura umana, frutto più di una ricerca compositiva che di una indagine sociale o di significato.

Entrambe le mostre sono visitabili fino al 19 maggio

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BENTORNATA

MILLE MIGLIA Nonostante sulla più bella corsa del mondo si addensano nuvoloni di polemiche e mucchi di carta bollata, il suo fascino, che va ben oltre la politica, attira ancora moltissimi appassionati che non rinunciano a questo appuntamento con la storia dell’auto e anche con un certo modo di intendere la vita. Qualcuno ritiene che non sia valorizzata come meriterebbe ma, quando in passato una diversa gestione ha tentato di sprovincializzarla lanciandola a livello internazionale, è stata criticata di volerne snaturare l’essenza in qualche modo elitaria e allontanarla da Brescia che ne ha a buon diritto il copywrite. Comunque, il fascino della corsa rende sempre molto bene e, che in passato ci siano stati interessi poco trasperenti è più che un sospetto, e anche per questo l’Aci bresciano, organizzatore della manifestazione, si dibatte da tempo in poco eleganti lotte intestine tra fazioni opposte. Nonostante questo non renda facile la sua già complicata messa a punto, la Mille Miglia torna come ogni anno a far battere il cuore degli appassionati di tutto il Foto di Pierpaolo Romano mondo che amano l’automobile.


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BENTORNATA

MILLE MIGLIA

QUI SOPRA IL PERCORSO DELLA MILLE MIGLIA 2016 FRAZIONATA IN QUATTRO TAPPE. A ROMA PERCORSO MODIFICATO PER IL GIUBILEO E PER I PROBLEMI LEGATI ALLA SICUREZZA DELLA CAPITALE


PRIMO TROFEO ROBERTO GABURRI Quest’anno, per la prima volta, prenderà il via la gara di regolarità intitolata alla memoria del compianto Roberto Gaburri, primo Presidente della MilleMiglia. La competizione avrà luogo martedì 17 maggio 2016, alle ore 20. Il tracciato si articola attraverso alcuni dei tratti più affascinanti e caratteristici del centro storico bresciano, tra cui il Castello, Piazza della Loggia, Corso Zanardelli e Via Musei (con passaggio davanti al Tempio Capitolino). Partecipando a tale manifestazione il concorrente avrà la possibilità di vivere appieno l’esperienza della Mille Miglia ed apprezzare al contempo la Città di Brescia, storico punto di partenza e di arrivo delle vetture. L’iscrizione al Primo Trofeo Roberto Gaburri è aperta e gratuita per tutti i concorrenti della Mille Miglia 2016 i quali dovranno utilizzare la stessa vettura iscritta alla Mille Miglia 2016 e con lo stesso equipaggio, ma la partecipazione è riservata ai primi 100 equipaggi che presenteranno la domanda.

«Mille Miglia; qualcosa di non definito, di fuori dal naturale, che ricorda le vecchie fiabe che da ragazzi ascoltavamo avidamente, storie di fate, di maghi dagli stivali, di orizzonti sconfinati. Mille Miglia : suggestiva frase che indica oggi il progresso dei mezzi e l’audacia degli uomini. Corsa pazza, estenuante, senza soste, per campagne e città, sui monti e in riva al mare, di giorno e di notte. Nastri stradali che si snodano sotto le rombanti macchine, occhi che non si chiudono nel sonno, volti che non tremano, piloti dai nervi d’acciaio. »

(Giuseppe Tonelli, da: 100 macchine si lanciano da Brescia per le “Mille Miglia”, La Stampa, 27 marzo 1927)

PILLOLE DI LEGGENDA 1930 - La lotta per il primato fu un aspro duello tra Achille Varzi e Tazio Nuvolari, quest’ultimo avvantaggiato dal fatto di essere partito dieci minuti dopo il pilota di Galliate che, sembra, non fosse stato bene informato negli ultimi tratti della rimonta del rivale. Si racconta che Nuvolari con la sua AlfaRomeo abbia sorpassato Varzi a Desenzano, poco prima del traguardo, dopo averlo seguito a fari spenti per coglierlo di sorpresa. 1936 - La difficile situazione internazionale, creata dalla guerra etiopica e dalle sanzioni comminate all’Italia, impedì la partecipazione dei piloti stranieri. In pieno accordo con il regime di “autarchia” furono create speciali classifiche riservate alle vetture alimentate a combustibili succedanei di natura gassosa, liquida o solida. Non era un’innovazione assoluta: già nel 1933 il generale della Milizia Forestale Augusto Agostini aveva preso parte alla Mille Miglia con un’Alfa Romeo 1750 GS alimentata con il “gassogeno” inventato da Marco Ferraguti, professore di agraria all’università di Perugia. Agostini, in coppia con Sergio Ferraguti, figlio dell’inventore, riuscì a concludere la manifestazione fuori tempo massimo, mantenendo, tuttavia, la non disprezzabile media di 51 km/h. La radio, che allora seguiva quasi in diretta l’andamento della gara, riferì dei tre tentativi occorsi all’equipaggio per superare la salita del Piccione, tra Perugia e Gubbio.


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BENTORNATA

MILLE MIGLIA


1947 - Il problema maggiore era posto dal razionamento ancora in atto della benzina e dei pneumatici. Grazie ad accordi particolari, i concorrenti ebbero la possibilità di acquistare all’atto dell’iscrizione un treno di gomme nuove Pirelli a prezzo super scontato e tagliandi per benzina sufficiente da consumarsi, questi ultimi, presso i distributori disposti lungo il percorso. Ciò gonfiò a dismisura l’elenco degli iscritti, ben 245, mentre i partenti furono solo 155, alimentando fortemente il mercato nero degli introvabili pneumatici. 1948 - L’inclusione di Nuvolari nella squadra modenese ha del romanzesco, come tutte le storie, più o meno vere, tramandate sul “mantovano volante”. Il pilota si trovava in convalescenza in un convento sul Lago di Garda, nel tentativo di curare non tanto i suoi problemi ai polmoni, quanto di superare lo shock dovuto alla prematura morte di entrambi i figli. A lui aveva pensato l’Alfa Romeo, che ancora stentava a riprendere la produzione di serie, per affidargli una delle due berlinette sperimentali che l’Alfa Corse aveva realizzato. Enzo Ferrari, prontamente informato delle intenzioni della rivale milanese, si precipitò a Brescia, precedendo gli incaricati del Portello, e riuscì a convincere Nuvolari a partecipare alla gara con la quarta vettura preparata del “Cavallino”. Era una vettura aperta e con parafanghi motociclistici, non certo la più confortevole per il percorso che l’attendeva. Dopo le schermaglie iniziali, Nuvolari passò in testa nel tratto Forlì- Roma, controllo che raggiunse mantenendo una media di 125 km/h, nonostante un incidente gli avesse fatto perdere il parafango anteriore sinistro e danneggiato il cofano motore, che, non rimanendo più chiuso, fu eliminato al controllo capitolino. Un altro incidente, nei pressi di Livorno, gli danneggiò la balestra posteriore sinistra, scardinando anche il seggiolino del secondo pilota. Nonostante tutti questi guai, a Bologna Nuvolari mantenne un vantaggio di 29 minuti su Biondetti, ma a Reggio Emilia un perno della sospensione cedette definitivamente, costringendolo al ritiro. La leggenda racconta che già a Modena Enzo Ferrari lo avesse supplicato di fermarsi, vista la pericolosità della vettura, e che un prete, in abito talare, fosse stato persuaso a porsi in mezzo alla strada per fermare la disperata corsa del mantovano. 1950 - Per la sua diciassettesima edizione la gara, scaramanticamente, mutò denominazione, assumendo quella di “La Mille

Miglia del 1950 per la Coppa Franco Mazzotti”. Purtroppo questo “escamotage” non fu sufficiente a scongiurare i moltissimi incidenti, i guai e le “polemiche, inevitabili viste le dimensioni raggiunte dalla gara che annoverò ben 375 vetture alla partenza. Oltre a Giannino Marzotto a questa edizione della gara bresciana parteciparono anche i suoi tre fratelli, tutti al volante di vetture Ferrari, ma solo Vittorio riuscì a tagliare il traguardo in nona posizione assoluta. Memorabile rimane l’arrivo del conte Marzotto che scese dalla vettura dopo 13 ore di guida indossando un doppiopetto di grisaglia “naturalmente Marzotto” con cravatta intonata con il colore della vettura. A Giannino Marzotto resta il record di più giovane vincitore della Mille Miglia. 1952 - La fortuna baciò la Ferrari che aveva dovuto rinunziare prima della gara a Villoresi, Ascari e Farina. Si racconta che la vettura di Villoresi sia stata affidata all’ultimo momento e mal volentieri a Giovanni Bracco, forte stradista, al pari di Biondetti, ma come quest’ultimo dalla vita abbastanza sregolata e pessimo pagatore, per cui non gli era stata garantita alcuna assistenza, che nella sua condizione di pilota privato avrebbe dovuto pagare in contanti alla Casa di Maranello. Solo l’ottima posizione in classifica generale a Bologna, primo con due minuti di vantaggio sulla Mercedes di Kling, permise a Bracco di godere di un tardivo cambio di pneumatici da parte dei meccanici della Ferrari e di vincere la XIX Mille Miglia. 1955 - Un merito speciale deve essere accordato a Stirling Moss e a Denis Jenkinson che prepararono un dettagliatissimo “radar”, scritto su una striscia di carta lunga oltre 5 metri che si svolgeva da un rullo per avvolgersi su un altro, entrambi disposti parallelamente in una scatola. “Jenks” man mano che l’auto procedeva nel percorso, avvolgeva la striscia leggendo le note corrispondenti e comunicandole a Moss con segni convenzionali della mano. È forse poco noto che questo metodo fu preferito all’interfono tra pilota e co-pilota che la Mercedes aveva realizzato; le comunicazioni infatti spesso non venivano comprese dal pilota troppo concentrato nella guida. Il risultato di questa metodica preparazione fu eccezionale: Moss vinse la gara alla media record di 157,650 km/h, segnando anche i nuovi record sui tratti Brescia-Pescara (189,981 km/h) e Brescia- Roma (173,050 km/h), oltre che sulla Cremona-Brescia (198,464 km/h) del gran Premio Nuvolari.


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PARTY IN

HARLEY “LÀ FUORI, DA QUALCHE PARTE C’È UN VIAGGIO PER TE. NESSUNO PUÒ DIRTI QUAL È. DEVI TROVARE LA TUA STRADA E PERCORRERLA A MODO TUO” Un sogno, un mito, un gruppo di appartenenza. Questo il mondo Harley Davidson, fatto di motori, strade ed emozioni a fior di pelle. Anche quest’anno il famoso brand americano torna protagonista, non solo per i suoi scintillanti 39 modelli che, come sempre, compongono la gamma Harley Davidson, ma per due grandi novità: il lancio di alcuni nuovi modelli e l’ideazione di un servizio noleggio fino a ieri inimmaginabile. Presentazione ufficiale quella avvenuta il fine settimana del 18, 19 e 20 marzo presso la concessionaria Harley Davidson di San Paolo d’Argon con un open day che ha entusiasmato sia gli Harleysti, sia tutti coloro che avrebbero sempre voluto provare l’emozione di una due ruote mozzafiato. Una novità quella del noleggio che trova nella store di San Paolo d’Argon il punto autorizzato più grande d’Italia dove da oggi sarà possibile scegliere tra quattro categorie di Harley: Sportster (883 Iron, Superlow 1200T e Forty Eight), Dyna (Switchback, Low rider, Softair (Fat Boy Special, Fat Bou Slim e Heritage Softail classic) e Touring (Road King Classic, Street Glide Special e Road Glide Special, Ultra lemeted e ultra lemeted low). Per accedere a questo servizio bastano tre semplici requisiti ovvero avere compiuto 21 anni, una patente di moto in corso di validità, una carta di credito... e il vostro sogno Harley sarà realizzato, per guidare verso l’orizzonte su strade infinite o per consumare l’asfalto nella giungla urbana. Non meno successo ha riscosso la presentazione dei cinque nuovi modelli Iron 883, Form Eight, Low Rider S, Softail Slim S e Fat Boy S (gli ultimi tre modelli caratterizzati da un motore potenziato mot.110) che da oggi saranno disponibili per rendere ancora più vasta e completa la scelta di un sogno a due ruote. Emozioni allo stato puro, questo è quello che ben conoscono gli appassionati del genere che presso lo store di San Paolo d’Argon si sono ritrovati non solo per conoscere le novità ma anche per osservare in real time il lavoro di un writer mentre aerografava alcuni serbatoi e la realizzazione da parte di una professionista di patch personalizzate. Non da meno la presentazione delle linea di t-shirt Aarts dedicata al mondo degli Harleysti e le nuove collezioni uomo, donna, bambino firmate Harley Davidson, da oggi acquistabili sullo shop on-line Harley Davidson San Paolo d’Argon. Partner dell’evento Custom&Custom con i loro serbatoi personalizzati e innovativi e il brand Jeep, dal quale nasceranno entusiasmanti novità. Ma questa è un’altra storia. Sempre adrenalinica firmata Harley Davidson.


I BULLI DELLA

BERGHEM BUG GRANDE SUCCESSO PER L’EDIZIONE 2016 DI “BÈRGHEM BUG”, RADUNO DI MAGGIOLINI VOLKSWAGEN. TRE TAPPE, TRA BERGAMO E CLUSONE.

Un grande successo di pubblico per il tradizionale autoraduno orobico dei Maggiolini che ha coinvolto più di 250 esemplari, costruiti dalla fine degli anni 1950 ad oggi e provenienti da tutta Italia. La tre giorni, che si svolge ogni due anni, era molto attesa dagli appassionati e dai simpatizzanti dell’automobile diventata icona della Volkswagen. Giunta quest’anno alla sua decima edizione, dopo un prologo presso l’officina Rota, da sempre specializzata nella riparazione e nel restauro del Maggiolino, ha fatto tappa – sulla via per Clusone – a Bergamo da Bonaldi dove è stato possibile ammirare alcune vetture storiche provenienti dalla Collezione di Lorenzo Bonaldi.Tra queste, un Maggiolino 1200 del 1963, un Maggiolino “Foria” del 1959, una Pescaccia del 1977 e una Karmann Ghia del 1965.


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I BULLI DELLA

BERGHEM BUG

Fu un certo Ben Pon, allora importatore olandese della Volkswagen, che nella primavera del 1947 durante una visita agli stabilimenti di Wolfsburg, notò un particolare carrello realizzato sulla base di un Maggiolino, per trasportare alcune componenti pesanti da un reparto all’altro della fabbrica che gli fece balenare l’idea di sottoporre a Nordhoff, allora numero uno dell’azienda, la progettazione di un piccolo veicolo commerciale. Tratteggiò con la matita su un foglio un primo disegno e da quello schizzo, avvalendosi del telaio e del motore del Maggiolino vide la luce il progetto Typ 2, che portò, nel novembre del 1949, nel Transporter T2 Split le cui consegne iniziarono nel marzo del 1950.


Motorizzato con lo stesso 4 cilindri boxer raffreddato ad aria di 1131 cm³ e capace di ben 25 HP, seguì tutte le evoluzioni tecniche del Maggiolino (comprese le variazioni di cilindrata a 1192, 1285 e 1493 cm³). Il successo fu subito enorme, grazie alle doti di robustezza, semplicità e versatilità del Transporter T1 (che gli utenti iniziarono a chiamare affettuosamente “bulli”). Il veicolo divenne tuttavia un mito generazionale, quando le versioni Samba Bus (ovvero pulmino bicolore) e Westfalia (camper), lanciate all’inizio degli anni sessanta, divennero, sul finire del decennio, i mezzi di trasporto ideali di Hippie e figli dei fiori, tanto in Europa quanto nella West Coast Californiana. Il T2 Split venne prodotto, fino al 1967, in quasi 1.800.000 esemplari.


I BULLI DELLA

BERGHEM BUG



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QUICOSÌ CONTADINI SÌ MA CON IL TRATTORE

PORSCHE foto Sergio Nessi


Marchio famoso per le automobili sportive, Porsche è strettamente legato anche al mondo delle macchine agricole. Ferdinand Porsche - boemo di lingua tedesca nato nel 1875 in un paesino tra le montagne a nord di Praga e figlio di un meccanico e fabbro ferraio – è stato uno dei più grandi progettisti nella storia motoristica non soltanto per le automobili ma anche per i trattori. Nel 1914 Ferdinand Porsche, divenuto direttore tecnico della Austro Daimler di Wiener Neustad, progetta il “Kraftprotze” o “cavallo Daimler” un veicolo leggero (1700 kg), dotato di un motore a quattro cilindri raffreddato ad aria di 14,5 Cv, di due ruote motrici anteriori, e adatto a sostituire i cavalli nei traini e a funzionare come trattore agricolo. Lo scoppio della guerra trasforma il veicolo agricolo in un mezzo per trascinare l’artiglieria, ma l’esperienza di Porsche nei trattori avrà una nuova stagione fortunata nel primo dopoguerra. Dopo aver progettato la famosa “auto del popolo”, quella che poi fu chiamata “Volkswagen”, Ferdinand Porsche ricevette da Adolf Hitler l’incarico di realizzare un trattore leggero ma robusto e capace di prestazioni di alto livello, un mezzo da produrre su vasta scala per mantenerne basso il prezzo e renderlo disponibile a un’ampia platea di utenti. Una specie di Volkswagen dei campi, quindi, il cui progetto non a caso viene chiamato “Volkstraktor”


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CHI C’ERA ph. Sergio Nessi

ALZANO VIVA Si chiama Alzano Viva ma potremmo anche invertire le parole e pronunciare un “Viva Alzano”... e il risultato poco cambierebbe. Da oggi la cittadina bergamasca rinasce con una nuova Associazione che promette di andare molto, molto lontano... partendo da una biciclettata in compagnia! Il raggiungimento di una meta comune attraverso l’impegno di ogni singolo: questo il manifesto sul quale è stata fondata ad Alzano Lombardo l’Associazione “Alzano Viva”, nata dal volere comune di oltre 100 persone tra soci, sostenitori e simpatizzanti. Tre i fili conduttori intorno ai quali si è creato il perché di questa associazione: i luoghi del territorio, le persone che lo vivono e gli eventi che li caratterizzano, atti a dare slancio e vita ad uno dei Paesi più belli della provincia di Bergamo, strategico per la sua vicinanza alla città ma nel contempo circondato dal verde della vallata. Proprio grazie a questo paesaggio e risorse naturali, fitto il calendario di iniziative già stilato dall’Associazione, che si svilupperanno nei prossimi mesi per coinvolgere tutta la cittadinanza, includendo anche momenti di pubblico confronto, per trovare risposte sempre più efficaci ai problemi della città. Tutto questo per rispondere alle difficoltà di questo periodo storico in modo concreto e creativo, per andare oltre, raggiungendo risultati concreti per un futuro migliore. “L’Associazione Alzano Viva è nata spontaneamente dalla volontà di più persone che si sono trovate nel condividere la certezza che Alzano Lombardo è una città che ha molto da dare e pertanto sono disposte a mettersi in gioco per migliorarla sempre più” Queste le parole del neo presidente eletto Gabriele Orlando, migrato da Torino nel 2012 ma oggi innamorato di questa cittadina al punto di affermare come “Alzano, con Zerowatt, Pigna e Italcementi posso avere la stessa aspirazione di amministrazioni più grandi, come Ivrea e Torino mie città di nascita- anche in forza del complesso di zone verdi, beni artistici, architettonici ed altre risorse che la caratterizzano”. Tutte parole queste espresse dal neo presidente, che hanno trovato conferma in Cristina Bergamini, vicepresidentessa, così come nel direttivo formato da Patrizia Tartari, Roberto Epis, Melania Thiella e Angelo Colombo. Primo esempio concreto dell’operatività di Alzano Lombardo è stata la biciclettata organizzata lo scorso 19 marzo alla quale tantissimi cittadini hanno preso parte, impugnando la propria bicicletta per percorrere con allegria le vie e gli spazi più suggestivi della cittadina. Un vero e proprio successo che traccia la strada per il raggiungimento di tanti traguardi che toccheranno anche concretamente alcune delle strutture più suggestive di Alzano, come il Factory Market, appuntamento ormai vivo per tutti i creativi presso lo Spazio Fase, o eventi in calendario tra il Montecchio, il Cirillo, Villa Paglia, l’ALT di Alzano, l’area Italcementi. Per ognuno di questi luoghi perfetto il Re-Invent Your City, in cui i cittadini sono chiamati a ripensare in modo innovativo ai luoghi simbolo della città in quanto incubatore per la crescita futura. Un obiettivo concreto per un presente e un futuro in cui ALZANO sarà finalmente VIVA!!!

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CHI C’ERA ph. Sergio Nessi testo Tommaso Revera

UNA PASTA COL SORRISO SI È CHIUSA CON SUCCESSO L’INIZIATIVA BENEFICA PROMOSSA DALL’ASSOCIAZIONE AMICI DELLA PEDIATRIA ONLUS, IN COLLABORAZIONE CON GLI ALPINI DI PETOSINO, SVOLTASI LO SCORSO 10 APRILE IN PROVINCIA DI BERGAMO “Degusta, sorridi, dona”. Questa il ‘claim’ utilizzato per promuovere la degustazione di scarpinocc proposta nei giorni scorsi a Petosino, in Piazzale Aldo Moro. Una degustazione il cui ricavato è stato interamente devoluto all’Associazione Amici della Pediatria Onlus che da anni opera presso l’ASST Papa Giovanni XXIII per migliorare l’assistenza ai bambini malati e il supporto alle loro famiglie. Da gesti d’amore e solidarietà concreti come questi, del resto, ci si può prendere cura del bambino nella globalità del suo essere. Affinchè l’esperienza del ricovero non sia una parentesi da dimenticare, l’Associazione offre ad ogni piccolo ammalato l’opportunità di essere sereno, sorridere, giocare, avvertire attorno a sè e alla sua famiglia calore, affetto, comprensione e partecipazione. Questa iniziativa è stata resa possibile grazie al contributo di Sergio Cornolti, titolare di Cor Market - punto di riferimento territoriale in materia di pasta fresca e casoncelli, ma non solo - che ha voluto offrire il proprio contributo donando oltre 40 chilogrammi di scarpinocc - e dal Gruppo Alpini di Petosino, sempre in prima linea quando bisogna fare del bene.

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MATCH POINT NEL SEGNO DELLA SOLIDARIETÀ RITORNA IL TORNEO DI TENNIS CON UN’EDIZIONE 2016 RICCA COME SEMPRE DI ADRENALINA E SPIRITO COMPETITIVO. MA PER UN GRANDE SCOPO: LA SOLIDARIETÀ

Giovanni Licini

Al via la 40esima edizione del torneo di tennis organizzato dall’Accademia dello Sport e della Solidarietà di Bergamo. Data ufficiale dell’inizio della manifestazione il prossimo 20 maggio quando da ogni dove sul territorio bergamasco giungeranno personaggi dello spettacolo, imprenditori, sportivi e personalità politiche per una sfida all’ultimo match. In campo tornerà così la solidarietà, che in tutti questi anni ha preso vita grazie all’impegno di volontari, sponsor e amanti dello sport che in questo modo hanno trovato la giusta sorgente per aiutare i più deboli e bisognosi della nostra Provincia. In prima linea da sempre in tutto questo il responsabile dell’Accademia dello Sport, Giovanni Licini, che parlando di questo lungo percorso fa un salto nel tempo affermando come “Quando ero bambino mi dilettavo a leggere “Topolino” e tra i personaggi più importanti di questo fumetto si raccontavano le avventure di Paperon de’ Paperoni, partito con un cent trovato in strada riuscendo poi ad accumulare un immenso tesoro. Noi, invece, 12 anni fa siamo partiti con un’idea e, anziché trovare un tesoro, lo abbiamo donato; non abbiamo nemmeno dovuto combattere contro la Banda Bassotti, al contrario, abbiamo trovato tanti amici che ci hanno aiutato a raggiungere questa somma di un milione di euro, due miliardi delle vecchie lire, una cifra enorme che pareva impensabile. Oggi siamo una realtà che molti prendono come esempio, infatti in tanti ci hanno seguito su questa strada delle donazioni e pertanto per noi è solo un onore essere stati tra i primi a percorrere il binomio “sport e solidarietà”. Un percorso che lo scorso anno ha condotto al raggiungimento del milione di euro di donazioni che hanno consentito un aiuto concreto verso tante associazioni. Per questa edizione il torneo di tennis rinnova tutto il suo impegno per superare altre soglie, andando così ad aiutare attivamente quattro realtà scelte per il prossimo anno: l’Associazione Moja Moja, l’AIPD l’Associazione Oncologica Bergamasca e il CSI, per consentire di affiancare in diverse realtà sportive ragazzi disabili a normodotati. Tutto questo fino al 10 giugno, giornata che concluderà la manifestazione con una serata di Gala in cui verranno effettuate tutte le premiazioni nonchè le donazioni alle diverse associazioni coinvolte. Per tutto lo svolgimento del torneo sarà inoltre possibile degustare ogni sera, presso il Villaggio Ospitalità, prelibati piatti preparati dall’eccellenza di ViCook by Vittorio accompagnato dal Moscato di Scanzo offerto dai produttori, partner dell’evento. Grazie a tutto questo la manifestazione diventa anche un momento importante per assaporare sapori tipici della nostra terra come polenta taragna, salame e molto altro ancora. Durante la manifestazione vi saranno anche momenti speciali, come la premiazione delle Coppe d’Oro di Sci che verranno consegnate a grandi di questo sport quali: Peter Fil, Federico Pellegrino, Michela Moioli e Ivan e Simone Origone. Altre premiazioni saranno inoltre quelle effettuate durante la serata di Gala ad Angelo Piazzoli, premio arte e cultura Maurizio Tespili ricerca scientifica e Max Blardone premio alla carriera. Grande attesa quindi anche per questa edizione che senza dubbio porterà ad ottimi risultati volti a confermare ancora una volta l’importanza dello sport e la sua capacità di ricavare bene da una semplice sfida “sotto rete”. Una finalità la cui importanza è stata di recente riconosciuta anche da Malagò attraverso la consegna di un premio al responsabile Licini. Ma questo è solo uno dei tanti traguardi raggiunti da questa associazione che guarda già verso un domani sempre più splendente.

QUELLI DEL GOLF

NON PIÙ VIP Un torneo che non si chiamerà più VIP ma sarà dedicato a coloro che pensano agli altri. Circa quarant’anni fa, in una piccola mansarda alla periferia di Bergamo, un gruppo di amici che aveva in comune la grande passione per il tennis, discuteva sul come organizzare un torneo che fosse da richiamo per la nostra Associazione e per il territorio. “Ricordo benissimo quella serata trascorsa con Alfio Rigamonti, Auro Chiarini, ma anche con Bruno Gamba, Luigi Filigatti e Bruno Cavagna che oggi, purtroppo, non sono più con noi: nasceva il Torneo dei VIP, Very Important Person, uno slogan che ai quei tempi riempiva “la bocca” - ci ha raccontato Giovanni Licini in merito al cambio della denominazione assegnata al torneo di tennis. “Quarant’anni sono passati da quei giorni e intorno a noi, inevitabilmente, tutto è cambiato e anche la terminologia VIP, forse, oggi non ha più ragione di esistere in un mondo globalizzato dove tutti siamo e dobbiamo considerarci uguali. Il vero VIP, a mio modesto parere non è più il personaggio blasonato; il vero VIP è quella persona che ha un animo diverso da tanti altri, che pensa meno a se stesso e forse un po’ più agli altri. Noi di questi personaggi ne abbiamo tanti e non li vogliamo più chiamare Vip, bensì amici della solidarietà a favore del prossimo”.


TORNEO DI GOLF ACCADEMIA DELLO SPORT SOLIDARIETÀ “FROM PUTTING GREEN” GRAZIE ALLA 6 EDIZIONE DEL TORNEO GOLF FIRMATO ACCADEMIA DELLO SPORT E DELLA SOLIDARIETÀ La solidarietà in ogni sua forma da sei anni trova terreno fertile anche in un altro sport: il golf. Da sempre considerato come una delle discipline più di nicchia, oggi ha oltrepassato questo limite, estendendosi a tutti coloro che amano sfidare i propri limiti, con impegno e concentrazione. Gli stessi principi che in questi anni hanno animato l’Accademia dello Sport per la Solidarietà, permettendo di superare lo scorso anno il milione di Euro raccolti per aiutare i più bisognosi. Ecco perché in quasti sei anni l’impegno dei golfisti nell’organizzare tornei di solidarietà è andato crescendo, fino al raggiungimento in questa sesta edizione di ben 300 partecipanti impegnati nelle diverse gare, per un calendario fitto di appuntamenti. Prima tappa quella dello scorso 20 marzo presso il Golf Club Rossera, al quale hanno fatto poi seguito la competizione del 3 aprile presso il Golf Club Villa Paradiso, quella del 10 aprile al Golf Club Franciacorta e del 17 aprile presso il Golf Club Bergamo L’Albenza. Louisiana il modulo scelto per ogni gara, nella quale nessun handicap viene conteggiato ma bensì svago e serenità sono le basi per delle giornate all’insegna dell’amicizia e della solidarietà. Fondamentali anche per la realizzazione di questa manifestazione gli sponsor, fermamente convinti dell’importanza di aiutare i più deboli della nostra comunità. Giornata ufficiale per la chiusura della manifestazione il 24 settembre prossimo presso il Golf Club La Rossera, dove golfisti, sponsor e organizzatori si daranno appuntamento per celebrare ancora una volta il compimento del grande impegno che anima da oltre 40 anni l’Accademia dello Sport di Bergamo e tutti coloro che in essa hanno trovato aiuto e supporto. “Il vedere e toccare con mano che risultati del nostro lavoro, dei nostri aiuti, di tanti sforzi, vanno a buon fine e si concretizzano è stata la nostra mossa vincente. E proprio su questa strada vogliamo continuare...” Con queste parole il presidente Giovanni Licini ha tracciato così il percorso di questi intensi anni di solidarietà golfistica, ponendo le basi per un futuro di ulteriori risultati vincenti.


THE WINNER IS... MICHELA MOIOLI

TUTTI GLI SPORTIVI DI BERGAMO SONO GIUSTAMENTE ORGOGLIOSI DELLA NEO CAMPIONESSA DEL MONDO E NON PERDONO OCCASIONE PER DIMOSTRARGLIELO. LA SUA IMPRESA È NELLA STORIA DI UNO SPORT POCO CONOSCIUTO ANCHE SE SPETTCOLARE. MA IL FUTURO È ROSEO E LO SNOWBOARDCROSS CONQUISTA SEMPRE PIÙ NUOVI GIOVANI ATLETI IN TUTTO IL MONDO.

SEI UN MITO


THE WINNER IS...

MICHELA MOIOLI Lo snowboard acrobatico, uno sport tutto tavola ed adrenalina, dal 20 marzo scorso si è tinto di azzurro, grazie alla neo campionessa bergamasca Michela Moioli. Erano in tanti, tantissimi gli ospiti presenti alla Mario’s Backery di Pedrengo, lo scorso 16 aprile, tutti lì insieme per festeggiare il nuovo fuoriclasse dello snowboard acrobatico... o per meglio dire la nuova fuoriclasse. Stiamo parlando di Michela Moioli di Alzano Lombardo che nonostante la sua giovane età (non ancora ventenne) è riuscita nella grande impresa di accaparrarsi la Coppa del Mondo in Spagna, portando l’Italia sul podio della vittoria. Un risultato più che meritato per la giovane bergamasca, viso dolce e pulito, ma con una volontà di ferro, che già due stagioni fa avrebbe avuto le carte in regola per accaparrarsi lo scettro, se non fosse stato per un brutto infortunio al ginocchio quando la vetta era già all’orizzonte. Ma da allora al marzo scorso la nostra atleta bergamasca non si è più fermata, continuando con costanza e determinazione nella preparazione dell’ultimo mondiale che l’ha consacrata tra le pagine della storia sportiva. Un grande e meritato risultato che non ha mancato di essere sottolineato durante la serata, quando circondata dai sui più cari amici, dalla famiglia alle tantissime personalità e ospiti (tra i quali Audi Bonaldi, UBI Banca Popolare di Bergamo e Crossfit Bergamo), ha alzato la sfera di cristallo al cielo, proprio come il giorno in cui si è accaparrata, per sempre, la coppa di cristallo. Scrosciante l’applauso e tanti i sorrisi anche per il taglio della torta, personalizzata in quanto riproduzione perfetta della sua tavola da snow, la stessa sulla quale con tanto di pirouette e salti mozzafiato ha tinto di azzurro la vittoria. “Dedico questa Coppa a me, per tutte le fatiche che ho fatto per conquistarla… e poi a tutti coloro che mi hanno aiutato per arrivarci.” Parole stupende quelle di Michela che nonostante la vittoria pensa già ai prossimi impegni intenzionata a migliorare ancora sia fisicamente che psicologicamente, per mantenere il suo primato e fare sempre meglio con allenamento e disciplina. Adrenalina allo stato puro Michela, proprio come il suo amato snowboard acrobatico che, più di altri sport, fa volare alto, quasi a toccare il cielo... come lei ben sa!



CHI C’ERA

MEMENTO HOMO TRENTO LONGARETTI, CENT’ANNI

Teamitalia Videoproduzioni, in collaborazione con Associazione Trento Longaretti, con il sostegno della Fondazione Credito Bergamasco, ha presentato il documentario dedicato alla vita dell’artsta bergamasco Trento Longaretti: un documento dal significativo valore culturale e artistico, nato dall’incontro con volti e luoghi che hanno caratterizzato la sua esistenza.Il filmato è stato proiettato lo scorso 29 marzo presso il Cinema Conca Verde di Bergamo, alla presenza del Maestro e di coloro che l’hanno accompagnato in questa produzione. Il 27 settembre 2016 ricorre il centenario della nascita del M° Trento Longaretti. Artista trevigliese diplomato all’Accademia di Brera, Longaretti ha contribuito alla Storia dell’Arte italiana avvicinandosi al movimento Corrente con Morlotti, Guttuso, Sassu e Vedova. Decisiva la sua impronta nel panorama bergamasco durante gli anni di Direzione dell’Accademia di Belle Arti (1953- 1978). Ritratto artistico e umano del Maestro e della sua poetica, il film diretto da Teresa Sala, laureata in Scienze dei Beni Culturali e diplomata presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano in filmmaking) mette al centro la pratica artistica di Longaretti fatta di costante lavoro. In questa cornice in cui vediamo il Maestro, all’età di 99 anni, lavorare tutti i giorni tutto il giorno modificando continuamente l’opera, si vanno ad incastonare gli episodi più significativi della sua vita e le sue riflessioni sull’arte e la pratica artistica. Il film segue un andamento cronologico, partendo dall’infanzia per arrivare agli ultimi anni. Una produzione artistica vista attraverso gli occhi e le parole di coloro che l’hanno incontrato e conosciuto, che ne sono stati allievi durante gli anni di Direzione presso l’Accademia Carrara di Belle Arti, ma anche critici, maestri contemporanei d’arte e collezionisti, tra cui Vittorio Sgarbi, Carlo Pirovano, Giovanni Valagussa, Ugo Riva, Attilio Steffanoni e Maria Grazia Bordogna.


Significativo il sostegno della Fondazione Credito Bergamasco. “Nello storico Palazzo Creberg di Porta Nuova, Trento Longaretti è di casa – ha affermato Angelo Piazzoli, Segretario Generale della Fondazione. I lavori realizzati dall’artista negli anni sessanta per la sede del Credito Bergamasco testimoniano tutt’oggi la lungimiranza di chi, all’epoca, volle pensare che il talento andava ricercato e coltivato in loco, commissionando a giovani (e già affermati) artisti bergamaschi opere permanenti che costituiscono un importante patrimonio artistico per la Banca e per la stessa città. Accanto al sostegno della Fondazione Credito Bergamasco, significativo l’appoggio di alcune importanti realtà bergamasche: Generali Italia - Agenzie di Bergamo, Engel&Voelkers Bergamo e ABenergie. Con il loro impegno e le loro risorse hanno creduto in questo progetto, facendone dono al territorio e alla collettività. Il DVD del filmato è distribuito in abbinamento editoriale con L’Eco di Bergamo.

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CHI C’ERA ph. Sergio Nessi testo Valentina Colleoni

APERTO IN CITTÀ PRIMO BUSINESS

CENTER REGUS Un nuovo concetto di Business in chiave 3.0.

Gli equilibri del mondo sono cambiati e con essi stili di vita ed abitudini quotidiane. Un rinnovamento globale che non ha certo mancato di coinvolgere anche il mondo del lavoro. Flessibilità e libertà: sono queste le due parole chiave intorno alle quali oggi di snoda il complicato ma versatile mondo del lavoro, nel quale intraprendenza ed innovazione sono alla base di ogni progetto, nuovo o vecchio che sia. In tutto questo cambiamento la tendenza sempre crescente è quella di condividere oggi spazi comuni, scrivanie accessibili via touch e business lounge. Per rispondere a tutte queste esigenze è approdato a Bergamo il primo Business Center Regus inaugurato ufficialmente lo scorso 7 aprile con un partecipatissimo evento. Nell’elegante Palazzo Rezzara di Viale Papa Giovanni XXIII a Bergamo, Regus ha trovato il suo spazio ideale per dare vita a quella che da molti è stata definita la nuova attività di intercettazione di attitudini 3.0, per valorizzarle ed amplificarle all’ennesima potenza, dando così vita a scenari di business sempre più innovativi e di successo. Per rendere ancora più unico l’evento inaugurale, perfetto il connubio creato con la Galleria Elleni che per l’occasione ha esposto alcune opere della collezione Icone, che mai come altre si pone come interpretazione perfetta della cultura pop(olare) contemporanea che da cinquant’anni mescola l’alto con il basso senza soluzioni di continuità apparenti. Una strategia artistica seducente, che riporta nell’immaginario collettivo contemporaneo personaggi come Marylin Monroe, Gandhi, Michael Jackson, Pier Paolo Pasolini, Umberto Eco e Shrek che nel loro insieme consentono di rendere la cultura odierna mai come ora accessibile, ironica e leggera. In tutto questo non poteva certo mancare l’aspetto del gusto, inteso come eccellenza gastronomica, al quale hanno provveduto, con grande soddisfazione dei commensali, i ragazzi dell’Istituto alberghiero iSchool che si sono cimentati in un interessante e gustoso catering didattico. Anche questo esempio di formazione innovativa ha permesso di riflettere circa i cambiamenti che hanno investito la nostra società e che nell’entusiasmo nel dinamismo e nella creatività trova le basi il mondo del lavoro di oggi e di domani. Proprio come Regus insegna.


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UN SUPPORTO PER CHI SOPPORTA

LA PROPOSTA DEL CLUB SOROPTIMIST DI BERGAMO PER UN NUOVO SERVIZIO MOLTO UTILE E SEMPRE PIÙ NECESSARIO

EMILIA STROLOGOC Prendiamo spunto da una lettera per parlare del sostegno he serve per chi in famiglia si fa carico dell’assistenza del genitore anziano. LETTERA DI CARLA: UNA FIGLIA. “Cara Dottoressa, arrivata alla soglia dei 55 anni mi trovo in una situazione complicata. Mia madre a seguito di un infortunio, non si è più ripresa. Sono entrata in un giro di badanti e di cure e la mia vita è di botto cambiata. Le chiedo aiuto perché mi sento profondamente sbagliata. Vorrei proteggere mia madre urlare e al tempo stesso abbracciarla e fuggire il più lontano possibile da lei. Mi chiedo dove sono finiti i miei progetti e la mia vita e non mi sento in diritto di farmi questa domanda.” UN PROBLEMA GENERAZIONALE Anna è la testimone di un fenomeno generazionale che coinvolge sempre più donne, e meno comunemente, uomini, alle prese con genitori anziani o malati. Anna, 52 anni, professionista, vive con una madre ultraottantenne e vorrebbe ri-avere una vita e questa espressione manifesta il conflitto interiore che travaglia chiunque sia impegnato ad accudire chi, a suo tempo, si è fatto carico delle sue esigenze e l’ha aiutato a diventare adulto. L’appello di Anna comunica il vissuto di una relazione tramata di affetto, ma anche di angoscia, frustrazione, smarrimento e rimanda la comprensibile, umana protesta di una donna ancora giovane, la cui vita è asservita e dominata da un genitore il quale rifiuta ogni assistenza o presenza accanto a sé che non sia quella della figlia. Questa donna è la madre con la quale, poco a poco, i ruoli si sono invertiti. Quella donna, (sino a non molto tempo prima) forte, energica, volitiva, padrona di sé e dei propri atti, che rivendicava la propria indipendenza, si è trasformata oggi in una persona querula, capricciosa, dipendente, irragionevole, ostinata, insopportabilmente, ripetitiva, smemorata, agitata, irascibile che esige di essere continuamente intrattenuta e che richiede insistentemente la presenza “scontata” della figlia accanto a sé per ripercorrere con lei all’infinito i ricordi. Con una repentina inversione di ruoli: di quella donna da “supportare” e “sopportare”, Anna è diventata la madre accudente e protettiva. Questo scambio di parti suscita in Anna sentimenti ambivalenti: da un lato “si infuria” allorchè - “eterna perdente”- deve discutere per ogni cosa e dall’altro si rallegra e consola per la vivacità delle reazioni interpretate come indice di permanente vitalità. Una donna che sa scatenare rabbia e impotenza, ma capace di straziare quando con voce esile supplica: “aiutami”, “aiutami a restare ancora un po’ con te “allontana i pensieri tristi, stai con me”, “parlami”, “fammi parlare”; oppure tenta di mantenere un pur minimo controllo quando invita: “vai pure, “non preoccuparti per me”, “lasciami stare”, “lasciami morire” o in grado di suscitare una tempesta di emozioni che colpiscono anche fisicamente quando con un sorriso dolente domanda: “ma mi vuoi ancora bene”?, “mi vuoi bene lo stesso?” e prega: “tienimi la mano”, “ho paura”. È la parola “aiuto” che strazia ed esplode dirompente nel cervello e nel cuore di chi assiste impotente; ed è in quel momento che si diventa madre della propria madre o del proprio padre, si invertono i ruoli fra figli e genitori. E come ogni genitore si è sommersi dal timore di “commettere errori”, di “non capire”, “di non essere all’altezza del bisogno”, con la consapevolezza di non “poter che navigare a vista”. PER AIUTARE ANNA. È in questo momento che si dovrebbe poter contare su qualcuno che supporti i figli diventati genitori a instaurare con i genitori diventati figli una relazione armonica, misurata, sostenibile, a recuperare il controllo delle emozioni per non esserne travolti e sommersi. Qualcuno in grado di aiutare il figlio-genitore ad affrontare e rielaborare sensi di colpa, rabbia, impotenza, residui di antichi rancori mai del tutto sopiti, depositi di conflitti mai risolti, che riemergono in un momento critico. Qualcuno che aiuti a pensare che quanto sta accadendo è una manifestazione “naturale”, che fa parte del “gioco della vita” e che l’unico vero aiuto è “esserci”. Qualcuno che aiuti a comprendere come il decadimento della persona che amiamo non sia una sconfitta, l’effetto di inadeguatezze e incapacità personali di cui rimproverarsi, bensì che il peggioramento delle funzioni, la degenerazione della mente e del corpo sono un’evoluzione irreversibile alla quale non possiamo opporci. Qualcuno che sappia e insegni “cosa dire”, e “cosa fare “e sappia comunicare alla mente e al cuore che devono darsi pace, senza aspirazioni di onnipotenza. In sostanza un servizio di counseling, un corso di sopravvivenza dedicato non agli anziani, ma ai congiunti che li accudiscono, alle famiglie, finalizzato ad aiutare in particolare i figli a recidere definitivamente il cordone ombelicale, a non considerare una colpa il desiderio di fuga, di allontanamento di distacco, il bisogno di “turarsi le orecchie per non sentire”, chiudere gli occhi per non assistere alla trasformazione dei genitori in “creature impoverite, immiserite e spaventate; quelle persone che, piccoli, ammiravamo e consideravamo forti, potenti e invulnerabili. Qualcuno capace di comprendere, sostenere e aiutare a vincere la paura del “tempo che scorre lentissimamente veloce”, di accettare e condividere il conflitto che ci travaglia fra l’angoscia di perdere momenti preziosi di lucidità e tuttavia consapevoli che quello che dedichiamo ad un longevissimo genitore è anche il tempo della nostra unica vita, della famiglia che a nostra volta abbiamo formato e che nemmeno quello torna più. Qualcuno che rassicuri che non è peccato di ingratitudine ed egoismo sentirsi sequestrati, ostaggi di una persona che amiamo, ma che è umano accettare lo scoramento di dover provvedere – soli – o con un


aiuto estraneo- alla complessità di un’assistenza che (sia essa richiesta prepotentemente o fievolmente) produce un effetto comunque devastante. Qualcuno che possa salvaguardare dal rischio di diventare “badanti” o badanti degli stessi badanti, sui quali esercitare un assiduo controllo per mitigare i sensi di colpa. Qualcuno che insegni a valutare e resistere alle pressanti, irragionevoli, spesso inutili, quando non dannose richieste, che non rispondono ad un bisogno reale, ma obbediscono ad una richiesta indiretta, non esplicita di rassicurazione e accettazione, ad un bisogno di garantirsi presenza, tutela e attenzione, alla ricerca di una conferma di essere ancora un valore degno di cura e di amore perché si pensa che, se i figli maturano, i vecchi non possono tornare indietro. E così prima ti spazientisci poi li compensi con un dolcetto o una carezza tentando di superare la perdita di autocontrollo (mentre crescono i sensi di colpa). Qualcuno che aiuti a capire che spesso le motivazioni che inducono ad una reciproca insofferenza ed esasperazione tradiscono, in realtà, negli uni l’angoscia di vedersi costretti a rinunciare all’assistenza diretta per “abbandonarli” in una struttura residenziale o a mani mercenarie e negli altri la paura di sentirsi un ”peso” da allontanare e rifiutare. Qualcuno che, nell’eventualità, prevenga e prepari all’ipotesi del ricovero per non farsi sorprendere e sommergere dalle emozioni nel momento in cui diventi indispensabile ricorrere ad una struttura assistenziale. Qualcuno che aiuti a risolvere il dilemma di decidere a chi e quanto tempo, dedicare e riservare forze, energie, pazienza e risorse; a non sentirci riprovevoli od egoisti quando sopraggiunge il dubbio: “ma a me della mia vita che cosa rimane?” “quale soddisfazione ne traggo?” “che ne è dei miei progetti?” Qualcuno che aiuti a non trascurare troppo se stessi, che suggerisca che non è utile a nessuno arrivare vuotati, esausti, in preda ad un tumulto di sentimenti al momento del ricovero e dell’allontanamento. Qalcuno che, “poi”, sappia supportare l’assenza e colmare il vuoto del “dopo”. Qualcuno in sostanza che all’interno di un servizio già esistente (consultorio familiare, ADI) sia formato a dare un senso agli accadimenti, a “stare vicino” per aiutare a superare l’umana ambivalenza ed offrire un sostegno alla famiglia (badanti inclusi).

La poesia che, come sempre, sa andare al cuore dei problemi, fa dire a Berthold Brecht: “Quei vecchi che non sono abbastanza forti per chiedere amore Che parlano ormai a bassa voce Non si sentono più amati e questo li fa diventare tirannici Che sono impazienti perché sanno che moriranno presto. Quei vecchi sono i nostri vecchi.” CONSIDERAZIONI A LETTERE DI FIGLI CHE CURANO GENITORI ANZIANI: UNA RELAZIONE DIFFICILE. Sempre più frequentemente ricorrono allo psicologo figli (soprattutto figlie) in difficoltà e debito di assistenza a genitori anziani che perdono autonomia; coinvolti in una relazione inedita di durata imprevedibile, ma tendenzialmente lunga e incerta nella sua declinazione assistenziale. Sempre più donne arrivate alla soglia dei 50/60 anni manifestano sentimenti depressivi legati al dolore, a sensi di colpa, a sensazione di impotenza per situazioni che da provvisoria emergenza si trasformano in stati cronici, causa di stress fisiopsichico. Donne sfinite dal lavoro, dalla cura della casa e della propria famiglia: donne di oltre 60 anni che non hanno più uno spazio proprio, un attimo di pace, incalzate da anziani spesso tirannici, che devono assumere continuamente decisioni, prigioniere di sentimenti di frustrazione, insofferenza, confusione, dolore, rabbia, malessere dove su tutti domina il senso di colpa e di inadeguatezza, impotenza e ambivalenza: emozioni umanamente comprensibili soprattutto quando si riscuote poco aiuto dagli altri familiari: chi lavora, chi è lontano chi ha altri impegni. Se tutto ricade su una sola persona è dura. Un tempo l’approssimarsi della perdita del genitore avveniva mediamente entro un’età (70 anni), oltre la quale si parlava di eccezione. Oggi (pur ineluttabile) è indefinitamente procrastinata nel tempo e suscita emozioni contrastanti e paradossali nei figli, che si trovano in qualche modo (anzichè a elaborare il distacco e ad avviare un processo di separazione) a coinvolgersi vieppiù in una relazioni di presenza e cura continue tanto più intense quanto più diminuisce l’autonomia. L’assistenza al genitore solleva sentimenti contrastanti nel figlio, oltre il dolore in sé, rende tangibile l’approssimarsi del proprio invecchiamento e dell’inevitabile avanzamento verso la prima linea; è causa di una confusione di ruoli: figli che, mentre essi stessi invecchiano, faticano a uscire dalla condizione filiale o addirittura si trovano ad assumere ruoli genitoriali nei confronti dei propri genitori. È altrettanto vero che tale condizione, pur molto difficile, può consentire momenti di contatto e commozione profondi, mai esperiti in precedenza, consente di riscoprire in prossimità della fine una tenerezza inattesa, una possibilità di reciproco perdono, prima impensabili. Aspetti preziosi che possono costituire le nuove potenzialità di una relazione di cura destinata a durare a lungo. Una relazione che lascia più tempo per ritrovarsi prima di concludersi. Ma, questi aspetti, possono realizzarsi solo se il carico dell’assistenza all’anziano che perde autonomia viene condiviso in modo esteso e sostanziale dalla comunità sociale in tutti i suoi aspetti medico, servizio assistenziale e psicologico. La gestione solitaria di una situazione così difficile, può invece mettere in discussione, equilibri affettivi delicati e mettere a rischio la serenità e l’equilibrio di chi si assume il compito di assistenza (donne nel 99% dei casi).


QUICOSÌ

Daniele Vavassori in arte Vava77 nel video che accompagna la sua personalissima versione di Ginza di J. Balvin viene ripreso mentre legge qui Bergamo con in copertina Stefano Caglioni. Queste le parole della sua parodia DO ‘NDARÉT (parodia ‘Ginza’) Alà fà sito, scüsa Do ‘ndarét? Ta ma sömèet ‘na lösa Do ‘ndarét? Ta cómpre mia la rösa Do ‘ndarét? Ta böte in de sésa Do ‘ndarét? So ‘n giro co’ la Ritmo Fó mia del coltürismo Tanto mé ‘ndó mia a Formentera a fà ‘l nudismo Mèi ól modelismo de töt ól fighetismo I càta sö de töt pò i turna in fase catechismo La tò zermana la me stà söi bàle Ól tò fradèl a l’böte zó di scale I tò cagAde gh’è rie mia a scoltàle Piötòst che dàtel me se tèe zó i bàle Alà fà sito, scüsa Do ‘ndarét? Ta ma sömèet ‘na lösa Do ‘ndarét? Ta cómpre mia la rösa Do ‘ndarét? Ta böte in de sésa Do ‘ndarét? La mé ‘mpressiù l’è che te sé mia gna bamba Sóta ‘l tàol te m’é troàt la tèrsa gamba La mé ‘mpressiù l’è che te sé mia gna bamba Sóta ‘l tàol te m’é troàt la tèrsa gamba Ól mercoldé a pelà zó la barbisa Al venerdé s’sira a balà co’ l’amisa Sóta ‘l tàol te m’é troàt la tèrsa gamba Quando la càmbia la parla de diéta La capéss mia che ‘l probléma l’è ‘l có Àrdela ché in che stato! Alà fà sito, scüsa Do ‘ndarét? Ta ma sömèet ‘na lösa Do ‘ndarét? Ta cómpre mia la rösa Do ‘ndarét? Ta böte in de sésa Do ‘ndarét?



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