Focus Storia Wars Speciale

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VOL. II 1899-1939 RIVOLUZIONI E TRINCEE

LE PIÙ GRANDI BATTAGLIE DELLA STORIA


1899-1939 II RIVOLUZIONI E TRINCEE LE PIÙ GRANDI BATTAGLIE DELLA STORIA L

a Guerra boera, la Rivoluzione messicana, il primo conflitto mondiale, la presa del Palazzo d’Inverno... Il tramonto del XIX secolo e l’alba del XX hanno cambiato non soltanto la storia bellica, con nuove armi ed eserciti figli della Rivoluzione industriale, ma anche la storia sociale e politica del mondo. Lungo gli argini insanguinati della Somme e sui campi di Ypres crollarono, assieme con le strategie dei generali, anche gli imperi che essi rappresentavano. Il prossimo volume della serie sarà dedicato al periodo che va dalla Seconda guerra mondiale a oggi.

COPERTINA: I ARCANGEL - IV C. GIANNOPOULOS

1899-1902 SUDAFRICA

6

1903 EL MUNGAR

10

1910 GUERRA IN MESSICO

14

1911-1912 LIBIA

20

1914-1918 LE ARMI

24

1915 AISOVIZZA

28

1915 GORLICE

32

1915 AFRICA ORIENTALE

36

1914-1918 LE UNIFORMI

40

1915 YPRES

46

1915 ATLANTICO

50

1915 GALLIPOLI

54

1915 1A BATTAGLIA ISONZO

58

62

1915-1918 IL FANTE ITALIANO

1916 ADAMELLO

66

1916 SOMME

70

1917-1918 GUERRIGLIA ARABA

74

1917 RIGA

78

82

1917 CAMBRAI

1917 CAPORETTO

86

1915-1918 BATTAGLIE ITALIANE

90

1917 RIVOLUZIONE RUSSA

1914-1918 LA GUERRA A COLORI 106

100

1937 GUADALAJARA

114

1939 KHALKHIN GOL

118 3


GLI SPECIALI DI FOCUS STORIA WARS N. 11

NON VENDIBILE SEPARATAMENTE DAL NUMERO DI FOCUS STORIA IN EDICOLA * PREZZO RIVISTA ESCLUSA

1899-1939 RIVOLUZIONI E TRINCEE

II


1914 1918

ARMI SEMPRE PIÙ LETALI

IN VIA DI ESTINZIONE ELMI LUCCICANTI

Copricapi così appariscenti, come questo elmo da dragone della cavalleria italiana, sono via via sostituiti dai più pratici elmetti.

INTERFOTO

Nella Prima guerra mondiale il modo di combattere cambia e si affacciano in battaglia nuovi strumenti di morte

SCIABOLA

Retaggio del passato, armi da taglio come questa, una sciabola da ufficiale di artiglieria sassone, spariranno presto dai campi di battaglia.

CORAZZE OBSOLETE

La cavalleria francese aveva ancora corazze risalenti all’800, tanto vistose quanto inutili in una guerra moderna.

SPIEDI INGOMBRANTI

Lancia mod. 900 della cavalleria italiana. Ancora in servizio fino alla fine della guerra, rimarrà poi solo per le parate.

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L

a Grande guerra non fu solo il primo conflitto globale tra i popoli di buona parte del mondo, ma dal punto di vista tecnologico rappresentò, in molteplici forme, una transizione tra l’antico e il moderno: tra le guerre dei secoli passati combattute da limitati eserciti in uniformi colorate e una nuova guerra di massa che vedeva sul campo uomini dotati di armi sempre più distruttive. La scienza in campo. Fu pure la prima guerra scientifica e industriale del mondo, in cui non contarono solo la preparazione e il coraggio dei singoli soldati o il numero delle armi, ma anche la qualità delle armi stesse. I progressi scientifici legati alla rivoluzione industriale si unirono infatti per la prima volta alla produzione legata agli armamenti, andando a creare una sorta di Dna della futura macchina bellica così come oggi noi la conosciamo. Una spirale che da quel momento in poi avrebbe legato in modo indissolubile lo sviluppo scientifico e tecnologico civile a quello bellico con cause ed effetti reciproci: attraverso il connubio tra le trincee e i laboratori di ricerca, da allora ognuno dei due settori avrebbe consentito all’altro di prosperare. Tutto ciò avvenne nei campi più disparati: da quello meccanico a quello aeronautico, dalla chimica all’elettricità, alla medicina. Il grande conflitto fu quindi anche combattuto impegnando grandi risorse per lo studio di nuovi materiali o di “surrogati” di quei materiali non facilmente approvvigionabili proprio a causa della guerra. Per la prima volta si combatté prima nei laboratori di ricerca e poi al fronte. Era nata l’industria della difesa. d Stefano Rossi


AFFIDABILE

BAR (Browning Automatic Rifle) M1918 in calibro .30-06 (7,62 × 63 mm). Robusto e affidabile, fu adottato dagli Usa e rimase in servizio fino agli Anni ’60.

A RIPETIZIONE

Fucile mitragliatore francese CSRG mod. 1915 “Chauchat”; la cadenza di tiro era di 240 colpi al minuto.

COMPATTA

PROTEZIONE

Un elmetto tedesco mod. 1916, mimetico. Da quell’anno tutti i contendenti dotarono di protezioni similari le loro truppe.

La Maschinenpistole 18.I tedesca fu adottata nel 1918. Sparava a raffica colpi da 9 mm per pistola, fino a 200 metri.

RAGANELLA MORTALE

INTERFOTO (3)

Mitragliatrice Vickers Mk1 britannica. In calibro .303 British (7.7 mm) era raffreddata ad acqua e aveva una gittata utile fino a 2 km.

ELMETTI E DIVISE

Cambiarono anche le uniformi dei soldati: le divise colorate ed eleganti della Belle époque, più adatte alle parate che alla guerra moderna, sparirono, sostituite da un abbigliamento che si mimetizzava meglio col terreno circostante. Le antiche uniformi vennero mandate in pensione insieme con le corazze di cavalleria o i vecchi elmi e kepì. Questi fecero posto a nuovi copricapi, sicuramente più brutti, ma decisamente più protettivi: gli elmetti.

MITRAGLIATRICI

Le mitragliatrici, nate a fine ’800, ebbero un impulso enorme durante la Grande guerra. Di pari passo vennero studiate e sviluppate altre armi portatili con tiro a raffica destinate a rivoluzionare nel tempo i campi di battaglia, come i fucili mitragliatori e le pistole mitragliatrici. Queste ultime, compatte, sparavano proiettili da pistola. La prima fu sviluppata in Italia (inizialmente studiata per l’uso sugli aerei): la Revelli-Villar Perosa mod. 1915.

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UNIFORMI DELLA

Fra il 1914 e il 1918 tutto il mondo indossò la divisa. parte al conflitto, inquadrati in eserciti

BERSAGLIERE CICLISTA (1915)

CARABINIERE LIBICO (1918)

ITALIA

FANTE (1917)

ZUAVO ALGERINO (1914)

FUCILIERE MAROCCHINO (1918)

FUCILIERE DI MONTAGNA (1918)

GUARDIA IN COSTUME NAZIONALE (1916)

FANTE (1916)

GRECIA

MONTENEGRO

ROMANIA

FUCILIERE DEL MADAGASCAR (1917)

TUAREG DEL SAHARA (1917)

FRANCIA 40

FUCILIERE SENEGALESE (1914)


GRANDE GUERRA

Ecco come andarono al fronte i popoli che presero nazionali o in reparti regionali

MARINE (1917)

FANTE (1914)

FANTE (1914)

FANTE DELLA GUARDIA (1917)

USA

SERBIA

GIAPPONE

BRASILE

CAVALLEGGERO “SPAHI” NORDAFRICANO (1917)

FUCILIERE ANNAMITA INDOCINESE (1914)

CARABINIERE MITRAGLIERE (1914)

INTESA (FRANCIA, REGNO UNITO, RUSSIA) E I SUOI ALLEATI

ÀSCARO DEL MOZAMBICO (1915)

FANTE (1917)

PORTOGALLO

ÀSCARO CONGOLESE (1915)

BANTU DELL’AFRICA CENTRALE (1914)

BELGIO 41


1915 INGHILTERRA BATTAGLIA DELL’ATLANTICO

U-BOOT IL FRONTE MARINO

Con l’affondamento del transatlantico Lusitania compare un nuovo protagonista, il sommergibile, che nel secondo anno del conflitto sostiene la sua prima battaglia negli abissi

L’EQUIPAGGIO

GETTY IMAGES

Un U-Boot della Kaiserliche Marine, la Marina imperiale tedesca, in emersione. A destra, l’interno della sala macchine di un sommergibile durante la Grande guerra.


a una realtà molto più complessa, e non solo per la rapida evoluzione del naviglio d’altura. In gioco infatti entravano due sistemi d’arma che li costringevano a guardare in alto e sotto la superficie del mare. Il pericolo dal cielo era una novità assoluta, visto che il primo aereo aveva volato nel 1903 e solo attorno al 1910 aveva iniziato a interagire con le unità navali, arrivando a compiere alcune azioni di attacco con bombe e siluri durante il primo anno di guerra, ma senza ottenere risultati decisivi. La seconda minaccia, quella subacquea, non era invece una novità assoluta: sin dal XVII secolo si era tentato di impiegare mezzi capaci di navigare sott’acqua per colpire di sorpresa. E dopo l’esperimento dell’American Turtle nel 1776, sempre nel Nuovo Mondo era infine stato registrato (17 febbraio 1864) il primo affondamento di una nave da guerra da parte di un sommergibile, l’Hunley, costruito dai Confederati durante la guerra di Secessione. Tuttavia il drammatico destino del precursore, affondato con la sua vittima a causa dell’onda d’urto dell’esplosione, per molto tempo scoraggiò ulteriori tentativi, anche se dopo il 1870 la rapida evoluzione tecnologica mise a disposizione dei progettisti un’arma più affidabile della suicida torpedine ad asta impiegata dall’Hunley: il siluro autopropulso, realizzato nel 1866 dall’ingegnere anglo-austriaco Robert Whitehead. Un ulteriore passo avanti fu fatto introducendo nei sommergibili, sino ad

MONDADORI PORTFOLIO/AKG-IMAGES

A

ll’inizio della guerra, dovendo sfidare l’enorme potenziale marittimo anglo-francese, la Germania si era affidata alle incursioni di un pugno di veloci e bene armati incrociatori, distaccati oltremare in tempo di pace, e alle crociere di alcuni mercantili armati come navi corsare. Entro la fine del 1914, tuttavia, buona parte di queste unità era andata perduta: la Royal Navy non aveva esitato a lanciare operazioni complesse e costose per eliminare dai mari la bandiera tedesca, come quando per mesi aveva assediato l’incrociatore Königsberg, che dopo aver affondato una nave da guerra inglese si era rifugiato in Africa, nel delta del Rufiji, smantellandolo infine a cannonate nel luglio 1915. Le unità di superficie corsare tedesche, seppur relativamente poche nel contesto del conflitto, ottennero notevoli successi, con circa 130 mercantili e alcune navi da guerra affondate, obbligando le forze navali alleate a disperdersi sui mari del mondo per dar loro la caccia. Un’altra arma impiegata con successo dai tedeschi furono le mine, posate in oltre 250.000 esemplari, che affondarono 588 mercantili e decine di navi da guerra alleate. Minacce dal cielo e dai fondali. La Grande guerra rappresentò, per la strategia navale, il passaggio da uno scenario bellico monodimensionale, che obbligava gli ammiragli a preoccuparsi delle minacce provenienti dalla superficie del mare,

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IL FANTE Berretto mod. 1909

Berretto mod. 1915 “scodellino”

Fregio del berretto (n° del reggimento)

Pacchetto di medicazione individuale

Grado da sergente maggiore (fino al dicembre 1915)

Grado da caporal maggiore

DISEGNI DI GIORGIO ALBERTINI CON LA CONSULENZA STORICA DI STEFANO ROSSI. GLI OGGETTI NON SONO IN SCALA.

Grado da caporale

Grado da sergente (dicembre 1915marzo 1917)

Grado da sergente (fino al dicembre 1915)

Grado da sergente maggiore (dicembre 1915-marzo 1917)

Grado da sergente (da marzo 1917)

Grado da sergente maggiore (da marzo 1917)

1915 CAPORALE DEL 41° REGGIMENTO FANTERIA BRIGATA MODENA


ITALIANO

1915-1918

Piastrino riconoscimento mod. 1916

Piastrino riconoscimento mod. 1892

Giacca da truppa per armi a piedi, mod. 1909

Pantaloni per fanteria mod. 1909

Pantalone per truppe da montagna (distribuiti poi anche alla fanteria nel corso del conflitto)

Camicia in cotone di flanella leggera

Farsetto a maglia di lana Mantellina di panno Panciotto-gilet Fregio per telino antiriflesso

Elmetto metallico mod. Adrian 1915 (visto di lato, internamente e frontalmente)

Elmetto metallico mod. 1916

Elmetto con telino antiriflesso

63


1917 FRANCIA BATTAGLIA DI CAMBRAI

ARRIVANO I CORAZZATI La lotta si sposta su un nuovo terreno, le colonie, dove la guerriglia entra nella strategia delle grandi potenze

L

a seconda metà del 1917 trovava le armate degli Alleati ancora impantanate nel fango delle trincee occidentali, ma gli occhi dei comandi ora erano rivolti a quanto accadeva a est, sui campi di battaglia che contrapponevano i tedeschi ai russi. Nel febbraio dello stesso anno, infatti, in Russia erano iniziati i disordini che di lì a poco avrebbero portato alla caduta del governo di Kerenskij e dello Zar Nicola II e alla Rivoluzione d’ottobre. Un’ultima offensiva russa era stata lanciata a luglio, ma si era arenata. Le truppe erano stanche, demotivate e le defezioni continue. La rivolta era in atto: il 7 novembre (25 ottobre per il calendario russo) i bolscevichi erano saliti al potere e adesso un armistizio con la Germania, che in settembre aveva conquistato Riga, era nell’aria. Questo avrebbe reso presto disponibili grandi unità da inviare in rinforzo ai reparti tedeschi già massicciamente trincerati lungo la Linea Hindenburg, il vasto sistema di fortificazioni e trincee nella Francia del nord-ovest costruito dai tedeschi fra il 1916 e il 1917. Era quindi basilare e oltremodo urgente fare una mossa prima che queste truppe potessero arrivare in linea. Nonostante gli inglesi fossero reduci dalla Terza battaglia di Ypres (31 luglio-6 novembre 1917), che aveva portato loro solo un avanzamento di pochi chilometri al costo di 250.000 perdite (di cui 70.000 caduti), il comandante in capo generale Haig si decise a lanciare un’ennesima offensiva. Il piano. Il generale al comando della Terza armata, che era stata incaricata di questa nuova offensiva, sir Julian Byng, preparò un piano articolato in 4 fasi: superamento della Linea Hindenburg nel settore a sud-ovest della cittadina di Cambrai, un punto sensibile per i rifornimenti tedeschi alla linea fortificata, conquista della città, isolamento delle truppe nemiche e infine avanzata spedita verso Valenciennes. Era un piano molto ambizioso, forse troppo, e per portarlo a termine mise in campo tutte le riserve fino all’ultimo reparto a disposizione, ma soprattutto decise di tentare nuove tattiche: incaricò il colonnello John Fuller, capo di Stato maggiore del neonato Tank corps, di elaborare un piano (poi denominato Operazione GY) in cui i carri armati sarebbero stati massicciamente impiegati per riparare e appoggiare le fanterie nell’attacco. I carri armati erano un’arma nuova, sperimentata da poco grazie anche a Winston Churchill, nel 1915 Primo lord dell’Ammi82

ragliato, che aveva fermamente creduto nell’idea ed era riuscito a far costruire il prototipo, chiamato “Big Willie”. Dopo entusiastiche sperimentazioni, i mezzi erano stati messi in produzione e i primi carri erano stati inviati in Francia in gran segreto nell’estate del 1916, imballati e registrati come “cisterne” per l’acqua (“tanks”, appunto). Enormi mostri d’acciaio sferraglianti, armati con cannoni e mitragliatrici, arrivando in linea sbalordirono per primi gli stessi fantaccini inglesi, che ancora non li conoscevano. Ciò faceva ben sperare riguardo a quanto avrebbero suscitato nel nemico. Scatenano il panico. I primi carri armati britannici, i Mark I, apparvero in combattimento nella zona di Flers il 15 settembre 1916, durante la battaglia della Somme, più per prova che altro. Pur senza dare risultati pratici a livello tattico, crearono il panico nel nemico: un solo mezzo dell’allora Heavy Section Machine Gun Corps (precursore del Tank corps, nato nel luglio del 1917) catturò 300 nemici, atterriti dal suo apparire. In realtà i carri erano ancora non perfezionati, si guastavano spesso o s’impantanavano nel fango, ma il loro affacciarsi sui campi di battaglia fu ben sfruttato ai fini della propaganda e la loro presenza servì al morale delle truppe: erano l’arma nuova, protettiva e distruttiva al contempo, in uno scenario di trincee, fango e desolazione. In Gran Bretagna furono organizzati tour di carri armati nelle varie città, per vendere Buoni dei prestiti di guerra e raccogliere fondi. Anche i tedeschi poi si abituarono ai carri, che vennero ancora impiegati, pur sempre in numero limitato e in appoggio alla fanteria, ad Arras nella primavera seguente. A Cambrai era assolutamente basilare sorprendere il nemico, per cui l’occultamento dei mezzi fu accurato: si arrivò a usare aerei in volo per coprire il rumore dello sferragliare dei carri che si spostavano sulle posizioni di partenza. Inoltre, per non allertare i tedeschi riguardo ai piani inglesi, non sarebbe stato fatto il consueto massiccio fuoco di sbarramento preliminare; i cannoni sarebbero stati impiegati solo ad attacco in corso, col tiro duecento metri davanti a carri e fanterie in avanzata. Il piano scattò alle 6:10 del 20 novembre, con una fitta nebbia a coprire i primi movimenti. Mentre partiva il fuoco dell’artiglieria, i carri – dovendo superare tre linee di trincee – si mossero in sezioni di tre mezzi (ciascuno carico di una enorme fascina di


AKG/MONDADORI PORTFOLIO

IN AZIONE

Un tank inglese Mark IV in azione nella Prima guerra mondiale.


LA PRIMA GUERRA A COLORI

Tra il 1914 e il 1918 un’unità dell’esercito francese documentò il conflitto che stava dilaniando l’Europa usando una tecnica fotografica assolutamente nuova per l’epoca: il colore

SBUFFI Il 3° reggimento degli zuavi francesi, col famoso pantalone. Il nome deriva da “zwawa”, termine arabo per le tribù berbere d’Algeria.

ECPAD

IN TRINCEA Un soldato francese di vedetta in una trincea dell’Alsazia. La Grande guerra costò 8 milioni e mezzo di morti.


RMN/ALINARI

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