Focus Storia n.146 - Dicembre 2018

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n°146

MENSILE – Austria, Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna � 8 - MC, Côte d’Azur € 8,10 - Germania � 11,50 - Svizzera CHF 10,80 - Svizzera Canton Ticino CHF 10,40 - USA $ 11,50

dicembre

GLI SLAVI

L’epopea di una civiltà che ha cambiato l’Europa

QUARANTA SECOLI DI VITTORIE DEI “PICCOLI” CONTRO I “GRANDI”

LA FORZA DEL PIÙ DEBOLE DALL’ANTICO EGITTO FINO AL VIETNAM, LE IMPRESE SORPRENDENTI DI CHI NON SI È MAI ARRESO

17 NOVEMBRE 2018 - MENSILE � 4,90 IN ITALIA

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EREDITÀ

COSÌ SI TUTELAVANO I BENI DI FAMIGLIA: SULLA PELLE DEI FIGLI

CASANOVA 007

COME IL LEGGENDARIO AVVENTURIERO SI TRASFORMÒ IN SPIA

RINASCIMENTO

LA BREVE VITA DI IMPERIA, LA CORTIGIANA PIÙ FAMOSA DI ROMA


Dicembre 2018

focusstoria.it

Storia

C

he cos’hanno in comune gli scozzesi di William Wallace/Braveheart con Gandhi, i vietcong con gli Hyksos, gli afghani con gli algerini, Enrico Mattei con Tazio Nuvolari? La capacità di resistere. E di vincere, contro ogni aspettativa. Perché tutti questi “eroi”, popoli o singoli che siano, hanno avuto la meglio su nemici fortissimi, organizzati, imbattibili. Proprio come appariva imbattibile Golia, il gigante dei Filistei sconfitto dalla fionda di un ragazzino ebreo. Ai tanti Davide che nei secoli hanno cambiato le carte in tavola nello scacchiere della Storia è dedicato il dossier di questo numero. Un modo per celebrare la superiorità del coraggio e dell’intelligenza sullo strapotere militare o economico o sulla semplice forza bruta. La Storia la scrive chi vince? Allora vediamo che pagine gloriose hanno scritto questi vincitori, partiti sfavoriti ma arrivati fieramente al traguardo. Emanuela Cruciano caporedattore

GETTY IMAGES

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COVER: MONDADORI PORTFOLIO/ELECTA/ANTONIO GUERRA

4 FLASHBACK

6 LA PAGINA DEI LETTORI

8 NOVITÀ & SCOPERTE

11 TECNOVINTAGE 12 MICROSTORIA 75 COLD CASE 76 DOMANDE & RISPOSTE 110 FOTO FATTO 112 AGENDA

In copertina: Davide contro Golia.

IN PIÙ... SETTECENTO 14 007 da Trieste

con furore

Casanova, agente segreto nella Trieste asburgica.

NOVECENTO 18 Dietro la foto

I retroscena di alcune delle foto più famose del XX secolo.

RINASCIMENTO 24 L’honesta

Imperia

Storia della cortigiana più celebre della Roma del Cinquecento.

Marine americano in Vietnam nel 1967.

IL “PICCOLO” CONTRO IL “GRANDE” 32 54 Davide vs Golia

La vicenda bliblica di Davide contro Golia nasconde una verità storica.

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I re pastori d’Egitto

RUBRICHE

CI TROVI ANCHE SU:

Gli Hyksos controllarono il Basso Egitto per un secolo, mettendo all’angolo i potenti faraoni.

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Pochi contro molti

Nei secoli molte sono state le battaglie impari, dall’esito non scontato.

44 Separate in casa

Come Braveheart (William Wallace) riuscì a liberare la Scozia dalla invadente Inghilterra.

48 La tomba degli imperi L’Afghanistan: un territorio impervio difficile da conquistare.

Colonia ribelle

La Guerra d’indipendenza algerina durò 8 anni e alla fine i francesi dovettero andarsene.

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Momenti di gloria

La rivincita degli sfavoriti: la vittoria contro ogni previsione nello sport.

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La legge della giungla Perché in Vietnam la terribile macchina da guerra degli Usa subì una sonora sconfitta?

70 Corsa al petrolio

Come Mattei, il ragioniere marchigiano, portò l’Eni a rivaleggiare con le “sette sorelle”.

SOCIETÀ 78 Alle donne

le briciole

Patrimoni e titoli sono sempre stati trasmessi per linea maschile.

OLOCAUSTO 84 Urla nel silenzio

L’eccidio nazista di Babij Jar è stato uno dei primi e più feroci.

ANTICHITÀ 90 Erode il

sanguinario

Dal 37 a.C. Erode il Grande regnò sulla Giudea per 33 anni.

MISTERO 96 Caccia al tesoro

Nell’Isla del Coco (Costa Rica) è nascosto un “bottino” segreto.

GRANDI TEMI 100 Chi sono gli slavi

Tremila anni fa, i primi insediamenti slavi, tra Polonia e Ucraina.

STORIE D’ITALIA 106 Boss of Tokyo

Nicola Zappetti, l’uomo che importò la pizza in Giappone. 3

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SETTECENTO Casanova, tra le sue mille maschere, indossò anche quella di agente segreto nella Trieste asburgica, ma non si rivelò proprio un uomo d’azione. Anzi...

GIANNI DAGLI ORTI/REX/SHUTTERSTO

OO7DA TRIESTE

CON FURORE La fiera delle vanità

A destra, un presunto ritratto di Giacomo Casanova (1725-1798) all’età di 35 anni, attribuito a Francesco Narici (1719-1783). A sinistra, veduta dall’alto del porto e della città di Trieste, ai primi dell’Ottocento.

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a Repubblica di Venezia, già dal ’300, vantava una capillare agenzia di intelligence per guardarsi dai nemici esterni, ma soprattutto da quelli interni. Il più affascinante protagonista di questa rete di spionaggio fu il cavaliere di Seingalt, al secolo Giacomo Casanova, un personaggio che non aveva niente da invidiare (se non i gadget) ai moderni 007, ma riuscì a fallire persino nella semplice missione di sorvegliare un tranquillo gruppo di frati. Alto, aitante (anche se bruttino), spericolato, con uno stuolo di belle donne sempre al suo fianco, il nostro

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libertino per antonomasia sicuramente non è entrato nel mito per la sua abilità come spia, ma piuttosto per le sue doti di seduttore. Eppure ebbe una carriera, anche se non memorabile, di informatore per la Serenissima.

PATRIOTTISMO FORZATO. Il 31 ottobre 1772, il console veneziano – Marco Monti – annunciò l’arrivo a Trieste di Casanova, uno dei personaggi più chiacchierati dei salotti settecenteschi. Ma cosa ci faceva lì? Non poteva tornare nella sua Venezia, perché il 1° novembre 1756 era riuscito a fuggire dai Piombi, il carcere nel sottotetto di Palazzo Ducale.

L’evasione (avvenuta un anno e mezzo dopo l’arresto) attraverso i tetti (secondo il suo racconto, in realtà probabilmente corrompendo una guardia) fece molto scalpore e gli regalò una certa fama, ma lo costrinse a lasciare in tutta fretta l’Italia. Proprio nella speranza di far rientro in patria, l’ex galeotto riparò nella vicina Trieste, dove accettò di arruolarsi tra gli 007 della Serenissima. Il galante avventuriero non era nuovo a questo ruolo. Nel 1763 si era già messo al soldo dei francesi, così nel 1772, nella speranza che venisse revocato il bando emesso nei suoi confronti, vestì nuovamente i panni di agente


Uno scapestrato giramondo

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REALY EASY ATAR

er essere un “veneziano” doc Giacomo Casanova non trascorse molto tempo nella sua città natale. Nacque in Calle della Commedia (ora Calle Malipiero) nel 1725 ma, ancora ragazzino, si ritrovò a Roma, segretario del cardinale Troiano Acquaviva d’Aragona. Nel 1750 andò in Francia, a Lione, dove entrò nella massoneria. E dopo aver visitato Dresda, Praga e Vienna tornò a Venezia. Sempre in fuga. Nel 1756 fuggì dai Piombi e iniziò a girovagare per l’Europa dove diventò una specie di eroe raccontando la vicenda della sua evasione. Poi, nel 1774, fece rientro nella Serenissima e vi rimase per otto anni. Nel 1782 fu costretto nuovamente a fuggire in seguito a uno scandalo suscitato da un libello in cui calunniava un patrizio. Girò l’Europa per tre anni senza un soldo in tasca, finché nel 1785 il conte Joseph-Charles Emmanuel di Waldstein lo nominò bibliotecario del suo castello a Dux, in Boemia (oggi Duchcov, in Repubblica ceca). Lì rimase fino al 1798, anno della sua morte.


RINASCIMENTO Storia della cortigiana più celebre della Roma del ’500, amante e musa di artisti, nobili, cardinali. Donna bellissima, ma anche colta e raffinata.

L’honesta

PHOTO JOSSE/LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

IMPERIA


Desiderate

Una prostituta corteggiata da due uomini di età differente, in un dipinto francese del XVI secolo. A lato, Il Trionfo di Galatea, di Raffaello (1512): il grandissimo artista si ispirò al viso di Imperia per dipingere Galatea.

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HERITAGE IMAGES/GETTY IMAGES

l rumore dei carri e delle carrozze e il vociare sempre più intenso che salivano dalla strada la costrinsero ad aprire gli occhi. Quella città diventava ogni giorno più chiassosa e invivibile, persino in quel quartiere. Si era trasferita lì da un annetto, ma ormai neppure la bellezza del suo lussuoso appartamento in via Giulia, non lontano da Campo de’ Fiori, la confortava più. “Non era colpa di Roma. Non soltanto, almeno”, pensava Lucrezia Cognati. Era la sua vita che le era diventata intollerabile: la vita della cortigiana più amata della Roma rinascimentale, amante e musa di numerosi artisti e letterati del XVI secolo. La cortigiana che tutti conoscevano col nome d’arte di Imperia.

FIGLIA D’ARTE. Scivolò giù dal letto e cominciò la toeletta quotidiana, tipica di tutte le sue colleghe: con un tovagliolo di lino si strofinò i denti, poi si sciacquò la bocca e, quando entrarono le serve per farle il bagno, il turbamento del risveglio si sciolse nell’aroma fiorito dell’acqua. Indugiò a lungo nella vasca, poi si tirò su e le donne si affrettarono ad asciugarla, a limarle le unghie e a profumarla. Imperia si osservò allo specchio. Aveva compiuto trentuno anni il 3 agosto 1512, “nove giorni fa”, calcolò. Presto nessuno l’avrebbe più desiderata, nessuno avrebbe cercato i suoi favori di giorno e il suo corpo di notte. Persino il suo Agostino si era trovato un’amante più giovane. Sarebbe tornata presto a essere una Lucrezia qualunque, sarebbe finita a fare l’affittacamere in una bettola o, peggio, la lavandaia. Oppure a chiedere l’elemosina sui gradini di una chiesa. Quante se ne vedevano di sfortunate così, in giro! Non fosse stato per lei, probabilmente anche sua madre, Diana Cognati, avrebbe fatto quella fine. Cortigiana a sua volta, la donna aveva visto, in quel fagottino rosa che la levatrice le aveva posto tra le braccia il 3 agosto 1481, la garanzia di una buona pensione: scelse infatti di avviare la figlia al suo stesso mestiere.

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PRIMO PIANO

POCHI contro

MOLTI A cura di Aldo Bacci

La Storia è piena di battaglie impari, pochi guerrieri contro potenti eserciti regolari. Ma l’esito non è stato sempre scontato... 38

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uò capitare che Davide non abbia la fionda per sconfiggere Golia e che nemmeno la voglia. E che nonostante ciò vinca lo stesso. È il caso, ben noto, del mahatma Gandhi, che riuscì a portare l’India, allora colonia britannica, all’indipendenza senza sparare un colpo. Il movimento indipendentista aveva molte anime, compresa una più violenta che durante la Seconda guerra mondiale voleva allearsi con Hitler e con il Giappone. Ma i risultati ottenuti in questo modo furono irrilevanti. Ben altra influenza ebbe invece il

movimento non violento di Gandhi e del suo partito del Congresso indiano. Fin dal 1920 propugnò una tenace resistenza civile, con il boicottaggio delle merci e delle istituzioni inglesi. Lotta simbolica. Dopo un periodo in prigione, nel 1930 Gandhi organizzò la “Marcia del sale”, con la quale camminò da Ahmedabad a Dandi (320 km), nello Stato del Gujarat, per raccogliere il sale su cui i britannici pretendevano una tassa, malsopportata dagli indiani. La marcia durò 24 giorni, dal 12 marzo al 5 aprile, e Gandhi, accompagnato da centinaia di migliaia di persone,

costrinse gli inglesi a trattare. Un pugno di uomini aveva vinto la prima battaglia contro una potenza imperialista. Per essere ancora più convincente, il mahatma usò il digiuno come strumento di lotta. Durante la Seconda guerra mondiale, inoltre, le istanze del movimento non violento divennero più esplicite e gli inglesi risposero con arresti di massa. Ma con la fine del conflitto, i grandi costi economici sostenuti e con la vittoria laburista, Londra nel 1947 acconsentì finalmente a concedere l’indipendenza all’India.

IPA/ALAMY

INDIA 1930. UN PUGNO DI UOMINI CONTRO UNA SUPERPOTENZA

Avanti marsch!

Il mahatma Gandhi guida la cosiddetta “Marcia del sale” in India. Il gruppo di uomini percorse, in segno di protesta contro la tassa inglese sul sale, 320 km in 24 giorni (12 marzo-5 aprile 1930). 39

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PRIMO PIANO

Può il coraggio di un giovane patriota fuorilegge ribaltare le sorti di un antico regno soggiogato da una “superpotenza”? William Wallace, meglio conosciuto come Braveheart, ci riuscì, liberando la Scozia dalla invadente Inghilterra.

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IN CASA


Robert Bruce

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ell’anno del Signore 1314, patrioti scozzesi, affamati e soverchiati nel numero, sfidarono il campo di Bannockburn. Si batterono come poeti guerrieri. Si batterono come scozzesi. E si guadagnarono la libertà”. Con queste parole, accompagnate dal suono delle cornamuse, si conclude Braveheart, cult movie dedicato alle imprese dell’eroe scozzese William Wallace e alla lotta del suo popolo per liberarsi dal giogo inglese. Il “campo” di cui si parla è quello della battaglia decisiva tra le due parti, dove gli scozzesi ottennero un trionfo epocale. Fu la ciliegina su una torta che aveva iniziato a preparare molti anni prima lo stesso Wallace, il cui cuore impavido si era risvegliato di fronte all’arroganza del re d’Inghilterra Edoardo Plantageneto, alias Edoardo I.

E nacque la Scozia

Robert I Bruce (12741329), nel tondo sulla destra in un ritratto del XVIII secolo, uccise il cavaliere inglese Henry de Bohun (nel dipinto) durante la battaglia di Bannockburn (23-24 giugno 1314). L’esito di questa battaglia sancì la nascita del Regno di Scozia, sogno a cui dedicò la vita l’eroico William Wallace (sopra).

INGERENZA INGLESE. Tutto iniziò nel 1286, quando il re scozzese Alessandro III morì lasciando come erede una nipotina di tre anni, Margherita. Nell’attesa che la piccola crescesse, con la reggenza affidata a un gruppo di nobili detti “guardiani”, ne fu programmato il matrimonio con il figlio di Edoardo I, ma nel 1290 la giovane si ammalò e morì. La nobiltà scozzese iniziò allora una disputa su chi dovesse salire sul trono, finché il Plantageneto, sfruttando le rivalità interne, si fece nominare Signore Supremo di Scozia (1291) per vestire i panni di mediatore. La sua scelta ricadde su John Balliol (pronipote di un re scozzese del XII secolo), che Edoardo designò sperando di fargli ricoprire solo un ruolo da “figurante”. Incoronato nel 1292 nella cittadina di Scone, Balliol però non era disposto 

BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO

ALINARI

RMN/ALINARI

William Wallace


PRIMO PIANO Nati per uccidere

THE LIFE PICTURE COLLECTION/GETTY IMAGES

A sinistra, un prigioniero vietnamita con occhi e bocca tappati dal nastro adesivo. A destra, un villaggio vietnamita bruciato nel 1965. I soldati americani le provarono tutte: attacchi dal cielo e dal mare, bombe al napalm, defolianti per distruggere la vegetazione. Ma non bastò.

Come mai in Vietnam l’impressionante macchina da guerra degli Stati Uniti subì una sonora sconfitta?

LA LEGGE DELLA

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GIUNGLA


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giorni effettivi di conflitto

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onald Reagan, neoeletto governatore della California, non aveva dubbi sull’esito della guerra del Vietnam: “Possiamo spianare l’intero Paese, metterci delle strisce per i parcheggi ed essere a casa entro Natale”, disse nel 1966. Quasi dieci anni dopo i comunisti vietnamiti conquistavano Saigon, mettendo fine alla guerra e lasciando sotto shock gli americani con più di 55mila caduti su un campo di battaglia da incubo: la giungla indocinese. Eppure era la stessa fine che avevano fatto i francesi nel 1954, dopo un decennio di guerriglia, costretti alla resa dopo la battaglia di Dien Bien Phu.

ERRORI A “STELLE E STRISCE”. Gli Stati Uniti avevano deciso di prendere il posto della Francia e sostenere il Vietnam del Sud dagli assalti dei comunisti del Nord, guidati da Ho Chi Minh, l’eroe della guerra di liberazione contro i francesi. Ma fin da subito gli americani sottovalutarono i nordvietnamiti, come ci conferma lo storico Francesco Montessoro: «Per il Vietnam del Nord la conquista del Sud era un’esigenza assoluta soprattutto per ragioni economiche. L’alternativa era la morte del Paese, che mancava di risorse. Poi vi era, per la leadership nordvietnamita, la spinta a portare a termine la guerra anticolonialista che

li impegnava da decenni. Insomma, per il Vietnam del Nord la guerra era ineludibile». Per questa ragione pochi anni dopo l’indipendenza del 1954 si intensificarono le azioni dei guerriglieri comunisti, i famosi vietcong appoggiati dai nordvietnamiti, contro il governo e l’esercito regolare del Sud. Divenne leggendario il frequentatissimo “sentiero di Ho Chi Minh”, una rete di strade che andava dal Vietnam del Nord al Vietnam del Sud, attraverso Laos e Cambogia, su cui transitavano rifornimenti e armi per i ribelli. Gli americani cominciarono a preoccuparsi di fronte alla prospettiva di una Indocina tutta “rossa”, e così,  65

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SOCIETÀ Maschi e femmine

©FINEARTIMAGES/LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

Nel quadro Ritratto di un uomo e dei suoi tre figli (Bartholomäus Bruyn, 1493-1555), un ricco borghese cinge in modo protettivo i suoi tre bambini: il suo patrimonio è al sicuro. A destra, La monaca di Monza, il celebre personaggio dei Promessi Sposi ispirato alla storia vera di Marianna de Leyva, forzata dal padre a prendere i voti.


Patrimoni e titoli si sono sempre trasmessi per linea maschile. E a beneficio di un solo figlio. Un’ingiustizia dettata dalla necessità di non disperdere i beni di famiglia.

MONDADORI PORTFOLIO/DE AGOSTINI/A. DAGLI ORTI

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astano poche pagine di Jane Austen, la scrittrice inglese di inizio Ottocento, per comprendere come andavano le cose nelle famiglie dell’epoca: padri che decidevano il destino dei figli, vedove che non potevano disporre dei beni del marito, patrimoni che passavano solo a eredi maschi, ragazze costrette a sposarsi per sfuggire a un futuro di miseria ed emarginazione sociale. Andava così nell’Inghilterra di inizio Ottocento, ma il panorama non cambiava nel resto d’Europa. E non cambiava da secoli, come ci conferma la storica Daniela Lombardi, autrice del saggio Storia del matrimonio (Il Mulino): «Fin dall’età romana, il marito era il capofamiglia assoluto. Comandava a bacchetta su tutti i membri della famiglia, compresi servi, domestici e anche lavoranti. E aveva il controllo totale sulle risorse economiche della famiglia». Padre, marito e padrone, l’uomo di casa del Medioevo e dell’Età moderna aveva tra i suoi privilegi quello di tenere i cordoni della borsa, anche perché in quei secoli la famiglia era prima di tutto espressione della propria posizione sociale. Il patrimonio familiare doveva quindi essere difeso da ogni possibile divisione e smembramento anche a costo di lasciare la moglie sul lastrico alla morte del marito e di costringere le figlie a matrimoni di convenienza.

I FIGLI NON SONO TUTTI UGUALI. «L’eredità nei secoli passati riguardava solo i figli maschi», conferma Daniela Lombardi. «Per legge figlie e moglie non ereditavano nulla. Il patrimonio passava totalmente ai ragazzi e, se erano minorenni, ai membri maschi della famiglia del padre, che svolgevano la funzione di tutori. Le vedove potevano ricevere l’eredità solo se previsto dal testamento del marito e 

ALLE DONNE LE BRICIOLE

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