Un solo destino

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Un solo destino. Prima generazione

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quegli ultimi mesi di lunga malattia di Ierèa. Eppure era completamente all’oscuro su quanto faceva Anika nel bosco. Se forse non avesse perso il padre da bambina…..Agortos aveva lasciato le sue donne troppo presto. Ed ora anche Ierèa l’aveva abbandonate. Airen avrebbe continuato a servire Siderin a castello, ma Anika cosa avrebbe fatto? Non poteva restare ad abitare sola in quella casa lontana da tutto il resto, sarebbe stata una preda troppo indifesa. Doveva convincerla a tornare al villaggio, a vivere tra la gente, a frequentare le altre persone e a lasciarsi alle spalle quella vita solitaria. Ma non sarebbe stato facile, lo sapeva. Le abitudini, le sue strane abitudini, sarebbero state difficili da superare. - Povera Anika!- si lamentò. Poi provò a figurarsi nella mente la figura di Agortos, ma non vi riuscì. E non arrivò a ricordare neppure il giorno della sua scomparsa, la causa che l’aveva strappato alla vita e alle sue figlie. Era sempre stato un individuo bizzarro, poco avvezzo alla discussione, sempre isolato nei suoi ragionamenti; questo invece lo rammentava bene. Era solito partire per settimane intere, verso luoghi della terra che Feude ignorava totalmente. Non gli era mai piaciuto, ed incolpava del carattere chiuso e schivo di Anika la sua cattiva educazione. - Povera Anika!- ripeté di nuovo. Sospirò portandosi una mano sul petto e fece per rientrare in casa, quando avvertì il rumore inconfondibile di zoccoli di cavalli al galoppo venire proprio in quella direzione. Lanciò un’occhiata al sentiero che aveva imboccato Anika: la ragazza non era già più visibile. I cavalli al contrario comparvero all’orizzonte spronati a folle velocità dai tre cavalieri che li montavano, e che parevano avere un nemico infernale alle spalle da seminare. Rallentarono solo quando notarono Feude ritta sulla soglia di casa. Allora due dei tre cavalieri si arrestarono di colpo, e solo uno di loro continuò la sua folle corsa. Quando fu a pochi passi dall’anziana donna, arrestò il cavallo e scese con un balzo tra uno sfarfallare di vesti e mantello. Sulla camicia portava ritratta l'Aquila Bianca in volo, stemma della casata di Siderin; i pantaloni neri terminavano all'interno di un paio di stivali scuri, la cui cinghia di cuoio luccicava lustrata a nuovo. Non era un bell'uomo, ma gli abiti cerimoniosi che indossava lo facevano apparire attraente. Feude restò come impietrita a fissarlo con occhi sgranati; aveva iniziato a tremare senza motivo. L’uomo le si avvicinò con passi pesanti; i suoi stivali


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