Vertigine

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29 sa con la quale Martini aveva discusso quella mattina; indossava una lunga vestaglia di lana, e i capelli neri arruffati testimoniavano il suo brusco risveglio. «Allora, che state facendo?» domandò di nuovo, questa volta con tono ben più accigliato. «Me lo dite subito o preferite parlarne con i carabinieri qui fuori?» Fu Martini, inaspettatamente, a rompere ogni indugio. «Stavamo scappando.» rispose con voce affranta. «Capisco» sospirò la ragazza. «Se tornerete subito ai vostri letti farò finta di non avervi visto.» I due fuggiaschi si guardarono negli occhi per diversi, lunghissimi istanti. C’era ancora una minima possibilità di scamparla, di rinunciare a quell’assurda fuga e tornare senza macchia ai propri letti. Ma essi non furono così furbi. Arrivati fin lì, decisero che ormai non si poteva rinunciare per nulla al mondo. «Per favore, non fate scemenze» sembrò implorarli l’infermiera, dato il loro lungo silenzio. «Se scappate, lo sapete che vi faranno?» Vergani si fece avanti, riprendendo in mano la situazione. «Non si preoccupi, signorina» le disse con fare rassicurante. «La seguiremo fino ai nostri letti. Ma prima sarebbe così gentile da dare un’occhiata al mio compagno?» lanciò un fugace sguardo d’intesa a Martini, che però non riuscì a intuire le intenzioni dell’uomo. «Deve essersi fatto male a una spalla mentre cercava di sfondare la porta. Spero non si sia rotto qualche osso.» La giovane si volse senza indugi verso il tenente, il quale non smetteva di fissare preoccupato Vergani. «Certo, ma poi filate subito senza farvi vedere, altrimenti…» la frase rimase sospesa nell’aria, perché l’infermiera cadde improvvisamente priva di sensi fra le braccia di Martini. Davanti a lui c’era Vergani, con una scarpa fra le mani e un’espressione truce celata a stento dalle bende. «Ma sei impazzito?» sbraitò Martini. «Volevi ammazzarla?» L’uomo indossò la propria scarpa, sollevando le spalle in un gesto di noncuranza. «Cosa preferivi, tornartene tranquillamente a letto?» ribatté sprezzante. «E comunque non ti devi preoccupare, non le ho fatto nulla». Con un’ultima e decisa spallata riuscì finalmente a sfondare la porta, che si aprì sull’angusto ripostiglio. «Forza, mettiamola qui dentro.»


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