A tavola
New Kitchens
U
na storia della cucina dovrebbe coincidere con quella del cucinare. Ma questa coincidenza è solo apparente: il dominio spaziale della cucina e quello biologico, antropologico e sociale del cucinare si dispongono infatti, a ben vedere, lungo due assi paralleli e nettamente distinti. La separazione è in effetti quella classica del “fine” e del “mezzo”: mentre una storia del cucinare può fare a meno di quella della cucina, dal momento che una buona ricetta prescinde dalla forma degli utensili necessari per realizzarla, una storia della cucina intesa come ambiente non potrebbe prescindere da quella dei modi del cucinare, sui quali essa deve in fin dei conti plasmarsi. L’osservazione, per quanto ovvia e generica, serve a introdurre la questione delle cucine contemporanee, alle quali il design ha attribuito una crescente autonomia formale rispetto all’uso cui sono destinate, tanto da sollevare qualche interrogativo. È vero: la cuci-
A destra, Claudio Silvestrin, Minotti Cucine Terra, porfido e cedro. Sotto, a sinistra, Claudio Silvestrin, Minotti Cucine Terra, labradorite blue/green; a destra, Minotti Cucine Gandhara in laminato lucido poliestere bianco RAL 9016, top inox con lavelli, gocciolatoio e piano cottura saldati Scholtes esclusiva Minotti Cucine.
na è sempre stata qualcosa di più che uno spazio attrezzato per cucinare, come certi archetipi letterari ancora ci insegnano. Essa rinvia di necessità al fuoco originario, magari nobilitato dall’antico camino, che è rimasto punto di aggregazione sociale, anche – e forse soprattutto – nell’organizzazione funzionale dell’appartamento moderno, che non a caso ha attribuito a questo ambiente un ruolo di rappresentanza. Ma a giudicare dai progetti che hanno affollato gli stand degli ultimi Saloni del Mobile si direbbe che, per dimensioni, proporzioni, funzionalità e immagine il suo peso nella gerarchia spaziale della casa sia cresciuto a dismisura, al punto da trasformare l’umile focolare domestico in una sala del trono. Chiedersi che cosa mai si debba cucinare in ambienti tanto grandiosi e sofisticati appare legittimo. Già da tempo si è affacciata l’idea della cucina intesa come laboratorio, luogo della tecnologia e della produzione, trasudante efficienza e funzionalità d’impronta
aziendale, che però contrasta con la nostalgie del genuino e del casereccio dominante nell’arte culinaria contemporanea (e del resto puntualmente evocata negli allestimenti fieristici). Se a ciò si aggiungono le dimensioni straripanti (cavernose profondità dei contenitori, monumentalità del bancone centrale, che trasferisce altrove il vecchio desco familiare, algida incombenza metallica dei pensili e dei piani di lavoro), non sarà difficile concludere che ci troviamo di fronte a una nuova identità, peraltro ancora tutta da scoprire. La medaglia ha però, fortunatamente, l’altra faccia che le spetta. Dietro questa tendenza formale al grandioso affiora in effetti un intenso lavorio di ricerca tecnologica, di soluzioni funzionali, di scandagli gettati su più avanzate possibilità progettuali, che fanno dell’odierno mondo della cucina un momento di sperimentazione di cui non resta che aspettare le ricadute. Perfino i prototipi più
audaci rimangono ancorati a questo impegno di scavare nelle potenzialità dell’artefatto funzionale per costringerlo ad assolvere compiti per il momento ancora confusi. Del resto, una spia dell’effervescenza attuale è data dall’ampio ventaglio di soluzioni tecniche, formali ed economiche offerte dalle aziende: tanto le cucine a buon mercato, quanto quelle più tradizionali, fino ad arrivare a quelle più sofisticate, puntano su un alto livello progettuale, su un design accorto e flessibile, sull’impiego sempre aggiornatissimo di tecniche e materiali. Cosa se ne può concludere? Che siamo, in primo luogo, in un momento di riassetto delle strategie progettuali, ancora impegnate a scoprire e a definire nuovi orizzonti; e che, in secondo luogo, tocca ancora al design raccogliere la sfida del nuovo. La speranza, naturalmente, è che esso nei sia all’altezza. Maurizio Vitta Claudio Silvestrin, Cucine Terra in porfido viola, Minotti Cucine. Claudio Silvestrin, Cucine Terra made of violet porphyry, Minotti Cucine.
Right, Claudio Silvestrin, Minotti Cucine Terra, porphyry and cedar wood. Below, left, Claudio Silvestrin, Minotti Cucine Terra, blue/green labradorite; right, Minotti Cucine Gandhara made of white RAL 9016 shiny white polyester lamina, stainless steel top with sinks, drip, and exclusive Minotti Cucine welded Scholtes work top.
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