Arca 151

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EUROPA EUROPE

Concorso Agenzia Spaziale Italiana Jacques Ferrier Foster & Partners Manuelle Gautrand Glenn Howells Architects-Dewhurst Macfarlane & Partners Richard Meier & Partners-Dante O. Benini & Partners Architects Murphy/Jahn Pediconi-Pediconi-Magagnini Paola Rossi Philippe Samyn Lars Spuybroek/Nox Volker Staab Steiner Architects-Lighting Architects Group

In Italia Lire 17.000/8,80 Euro

Iva assolta dall’editore

René van Zuuk

2000 settembre september

151

Periodico mensile - Spedizione in abbonamento postale 45% pubblicità ART.2 Comma 20/B Legge 662/96 - Milano

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La rivista internazionale di architettura, design e comunicazione visiva

The international magazine of architecture design and visual communication

Settembre/September 2000 Europa Europe

Sommario/Summary l’Arca è pubblicata da is published by l’Arca Edizioni spa Via Valcava, 6 20155 Milano tel.(02)325246 facsimile (02)325481 l’Arca è in Internet: http://www.arcadata.it e-mail: arca@tin.it Direzione commerciale Business Manager Titi Casati Segreteria commerciale Business Secretariat Paola Festi Comunicazione/Communication Alda Mercante Casati International Promotion Daniela Adaglio Coordinamento edizioni Book coordinator Franca Rottola Pubblicità Advertising Lombardia, Liguria, Toscana Lazio, Campania, Calabria, Puglia, Basilicata l’Arca Edizioni spa tel.(02)325246 facsimile (02)325481 Marcello Altamura tel. 02/6701893 Piemonte Studiokappa srl tel.(011)597180-5817300 Emilia Romagna, Marche Angelo Sozzi tel. (051)232633-(0336)558900 facsimile (051)274294 Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige Michele Tosato Studio Mitos tel. (0422) 892368 - (0348) 8732626 facsimile (0422) 892055 Distribuzione esclusiva per l’Italia Messaggerie Periodici spa (Aderente ADN) Via G.Carcano, 32 - 20141Milano tel.(02)895921 facsimile(02)89500688 Distribuzione in libreria Joo Distribuzione Via F.Argelati,35-20143 Milano tel.(02)8375671 facsimile(02)58112324 Distributor for abroad Agenzia Italiana Esportazione A.I.E. Via Manzoni, 12-20089 Rozzano (MI) tel.(02)57512575 facsimile(02)57512606 Undici fascicoli l’anno Il fascicolo in Italia Lire 17.000/8,80 Euro in Italia (IVA assolta dall’editore) Arretrati il doppio Registrata presso il Tribunale di Milano con il n.479 del 8/9/1986 E’ vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della rivista senza l’autorizzazione dell’editore. Total or partial reproduction of the magazine without previous authorization by the editor is prohibited.

Direttore responsabile/Editor Cesare M.Casati Vicedirettori/Deputy Editors Mario Antonio Arnaboldi, Maurizio Vitta Comitato scientifico Scientific Committee Piero Castiglioni, Angelo Cortesi, Gillo Dorfles, Giorgetto Giugiaro, Gianpiero Jacobelli, Riccardo Mariani, Bob Noorda, Paolo Riani, Joseph Rykwert, Piero Sartogo, Pierluigi Spadolini, Tommaso Trini Consulenti/Consultants Carmelo Strano Redazione/Editorial Staff Elena Cardani, Carlo Paganelli, Elena Tomei English editing and translations Martyn Anderson, Aaron Maines, James Pallas, Sofia J. Teodori Corrispondenze da New York Correspondent in New York Pierantonio Giacoppo Corrispondenze da Parigi Correspondent in Paris Gabriella Gusso Corrispondenze da Osaka Correspondent in Osaka Toshyuki Kita Coordinamento a Roma Coordinator in Rome Carmelo Zimatore Fotografi/Photographs Colin Ball, Gianluca Bianchi Beatrice Pediconi, E. Cattaneo, Georges Fessy, Dennis Gilbert, Lorenzo Porcile, Ikki Mituhashi Kiyoharu Ueno, Christian Richters, Philippe Ruault, Margherita Spiluttini, Hisao Suzuki, Gerard van Hees, Nigel Young Amministrazione Administration Maria Grazia Pellegrina Marisa Cornali Ufficio abbonamenti Subscriptions Laura Ronchi Alessia Catalano Stampa/Printed by Poligrafiche Bolis, Bergamo Fotolito/Colour Separation Litofilms Italia, Bergamo

Computer graphics Romilda Fassina

I disegni in formato elettronico sono stati convertiti ed elaborati con AutoCAD® R14/AUTODESK®

Copertina/Cover Il progetto di/The project by Marco Bonetto per il/for Koizumi Birdhouse Project 2000 (foto: Ikki Mituhashi - Kiyoharu Ueno)

Cesare M.Casati

Solo per noi Just For Us

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Mario Antonio Arnaboldi

Questioni di tutti Designing Big

2

Maurizio Vitta

Le case degli uccelli Koizumi Birdhouse Project

4

Alessandro Gubitosi

Flessibilità e natura Office Complex, Kingswood

16

Foster and Partners

Michele Bazan Giordano

La pietra di paragone Cittadella Bridge, Alessandria

22

Richard Meier and Partners con Dante O. Benini & Partners

Remo Dorigati

La stazione di posta Service Station, Houten

26

Samyn et Associés

Jacopo della Fontana

Solido e trasparente New Museum, Nurnberg

30

Volker Staab

Stefano Pavarini

Idee, forme, spazi Vision Machine 2000, Nantes

36

Lars Spuybroek/Nox

Mario Pisani

Sala stampa For the Jubilee

40

Camillo Pediconi, Giancarlo Pediconi, Riccardo Magagnini

Carlo Paganelli

Gestuale e lirico Underground Parking in Rome

46

Paola Rossi

Filippo Beltrami Gadola

Euroristrutturazione Charlemagne Building, Brussels

48

Murphy/Jahn Partners

Carlo Paganelli

Immagini a confronto Drama Centre in Béthune

54

Manuelle Gautrand

Elena Cardani

Una pelle tecnologica Isomer Laboratories, Nantes

58

Jacques Ferrier

Carmelo Strano

Ritmo e trasparenza The Courtyard Centre for the Arts, Hereford

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Glenn Howells Architects, Dewhurst Mcfarlane and Partners

Mario Antonio Arnaboldi

Dall’età del ferro al futuro Zollverein Kokerei, Essen

66

Steiner Architects, Lighting Architects Group

Decio Guardigli

Inventare a basso costo Block - 16, Almere

70

René Van Zuuk

Mario Pisani

Fuksas nello spazio Italian Space Agency, Rome

74

Mauro Spagnolo

Architettura ed energia Energy and Architecture

80

Carmelo Strano

Di ecu in ecu European Art

84

Mi faccia il piacere For Godness’ Sake

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l’Arca 2

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l’Arca Press

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l’Arca News

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Agenda

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Dal 1986 l’Arca ha pubblicato questi argomenti:

Nel prossimo numero In the next issue Ottobre 2000 October Materiali Materials

01 Il territorio dello spettacolo - 02 Lo spazio del museo - 03 Il progetto del lavoro - 04 Il progetto verticale - 05 La modernità - 06 La città - 07 Trasporti e comunicazioni - 08 Riflessioni - 09 Design 10 Sopra e sotto - 11 Lo spazio dello sport - 12 Il pubblico - 13 La comunità - 14 Lo spazio domestico - 15 Il progetto intelligente 16 Strutture e materiali- 17 Scuola e società - 18 L’effimero - 19 Superfici e strutture - 20 Il territorio disegnato - 21 Il vecchio e il nuovo - 22 Domestic Landscape - 23 Il progetto ospitale - 24 Il luogo dello studio - 25 Luce e colore - 26 L’edificio integrato - 27 Architettura in URSS - 28 L’architettura è ambiente - 29 Reti e servizi - 30 I grandi spazi- 31 La costruzione dell’architettura -32 Il rinnovamento della città - 33 Il superamento della gravità - 34 Tecnologie 35 L’aspetto della materia - 36 Interiors - 37 Sistemi - 38 Sport - 39 Progetto e computer - 40 Ambienti urbani - 41 Il territorio delle reti - 42 Tecnologia e costruzione - 43 Il progetto della luce - 44 Qualità - 45 Texture e architettura - 46 Architettura come immagine - 47 L’architettura costruita - 48 Luoghi per la cultura - 49 Lo spazio collettivo - 50 I luoghi dell’abitare - 51 Strutture urbane - 52 L’architettura progettata - 53 La contemporaneità - 54 Architettura e tecnologia - 55 Il progetto e il lavoro - 56 Architettura in mostra - 57 I segni nella città - 58 Il grande numero - 59 Riti, miti e altre cose - 60 Architetture francesi - 61 Architetture in Italia - 62 Architetture negli USA - 63 I nodi nella città - 64 L’architettura ornata - 65 La scena della cultura - 66 La città ideale 67 Architetture in Giappone - 68 Il mito e il culto - 69 La trasparenza - 70 Visto da dentro - 71 Porte urbane - 72 Le torri - 73 Tensostrutture - 74 I servizi per la città - 75 La competizione 76 Competizione e ricerca - 77 Visioni urbane - 78 Riflessioni - 79 Oltre il muro - 80 Il progetto del terziario - 81 Lo spazio aperto - 82 America, America! - 83 Mens ludicra - 84 Formazione e ricerca - 85 La casa dell’uomo 86 Tecnoarchitettura - 87 La Committenza - 88 Natura e artificio 89 L’apparenza della materia - 90 Modernità e tradizione - 91 I luoghi delle arti - 92 America, America ! - 93 America Latina - 94 Architetture in concorso 95 Architetture in concorso - 96 Natura urbana - 97 Cultura e società - 98 Produzione e servizi - 99 La residenza - 100 La bellezza - 101 La nuova città 102 Cromatismi - 103 America, America! - 104 La Francia - 105 Italia - 106 Giappone - 107 La trasparenza - 108 Le infrastrutture - 109 Le torri - 110 L’Europa - 111 Small - 112 Il legno - 113 Il metallo - 114 Interni - 115 Nord America - 116 Ristrutturazione - 117 La luce - 118 L’immagine del futuro - 119 La Francia - 120 Tecnologie e sistemi - 121 La comunità - 122 Lo Sport - 123 I sensi e la materia - 124 Le infrastrutture - 125 L’emozione - 126 Il legno - 127 Immagine USA - 128 Creatività - 129 Superfici - 130 Orizzontale/Verticale - 131 Abitabilità - 132 Il segno è colore - 133 Acqua - 134 Apparenza - 135 Luce - 136 La materia 137 La trasparenza - 138 Materia e Natura - 139 Strutture - 140 Linguaggi - 141 Interni - 142 Musei - 143 Il sociale - 144 Italia 1999 - 145 Movimento 146 Immagine - 147 Luce e Trasparenza - 148 America-Europe - 149 Sostenibilità - 150 Per il mondo


Solo per noi /Just For Us Cesare Maria Casati

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inalmente anche l’architettura contemporanea, sempre bistrattata e ignorata, ha avuto a Venezia il suo momento celebrativo istituzionale al massimo livello, con grande risonanza sulla stampa e alla televisione, e un successo mondano all’inaugurazione pari a quello delle più note edizioni delle Biennali d’Arte. Un’edizione questa, diretta da Massimiliano Fuksas con la collaborazione della moglie Doriana Mandrelli, ben articolata negli spazi e con una partecipazione internazionale veramente completa, sia per il numero dei Paesi presenti che per la scelta degli architetti invitati a rispondere al tema. Il tema, “Meno estetica, più etica” per il progetto delle città, era senza dubbio interessante e adeguato alle aspettative che il mondo attende dagli architetti e dagli urbanisti per poter rigenerare o modificare le proprie città grandi e piccole. Città tutte indubbiamente ammorbate, anche se in continenti diversi, dagli stessi mali, che la nostra civiltà, nonostante gli incredibili progressi scientifici e tecnologici ottenuti, non ha saputo affrontare con idee e proposte sostenibili dal progresso e dall’inurbamento diffuso. Il fallimento dell’urbanistica moderna è ormai palese e l’appello di Fuksas mi è sembrato attuale e importante, anche se sono consapevole che il disegno della città non può esprimersi in percentuali di etica o di estetica. Un tema, quindi, scottante e provocatorio, che avrebbe dovuto eccitare le cellule grigie dei progettisti invitati e mettere alla prova le capacità di una professione che da tempo, nonostante la realizzazione di innumerevoli, splendide e geniali opere singole edificate, non ha saputo ancora proporre nulla di valido a dimensione urbana. A Venezia c’erano quasi tutti, noti e meno noti; tuttavia, l’impressione che ne ho tratto è stata che purtroppo, ancora una volta, “l’architettese”, ossia il tipico gergo internazionale degli architetti, nonostante la splendida cornice preparata da Fuksas e l’occasione di poter una volta tanto parlare direttamente con il pubblico e non solo con i colleghi o con i committenti, non fosse stato messo da parte. La mostra, sia per l’allestimento generale che per i magici ambienti dell’Arsenale, è indubbiamente stimolante proprio per quanto riguarda i valori estetici ma carente (di etica?) di proposte relative al tema, che fossero basate su progetti, magari anche utopici, e non su concetti filosofici rappresentati per lo più con installazioni ambientali tipiche della Biennale d’Arte. E’ un destino che perseguita gli architetti, non solo italiani, quello di credersi autorizzati a competere con gli artisti e di appropriarsi di linguaggi espressivi altrui. Alcuni progettisti, anche appartenenti al club delle star, un po’ più con i piedi per terra, hanno considerato lo spazio loro assegnato come uno stand fieristico autocelebrandosi con i modelli o le immagini delle proprie opere professionali. Altri ancora, timidamente, hanno affrontato il tema, ma solo con brani di situazioni e con soluzioni banali o totalmente ermetiche. In certi momenti sembrava di essere tornati alle vecchie Triennali di Milano quando si affrontava il tema del “grande numero” o del “tempo libero”. Stesse iconografie delle situazioni quotidiane delle metropoli e stessa mancanza di proposte. In conclusione, una mostra che deve essere vista dagli architetti, ma ininfluente sul piano dell’informazione per il pubblico e il suo consenso. Forse troppo autocelebrativa di personaggi e poco autoreferente verso una disciplina che continua, nonostante tutto, a marcare il livello della nostra civiltà. Ancora oggi, com’è avvenuto sempre nel passato.

C

ontemporary architecture, so often ill-treated and ignored, finally had its moment of institutional glory at the very highest level in Venice. Press and television coverage, and as much limelight as even the most famous editions of the Biennials of Art ever. This edition, run by Massimiliano Fuksas together with his wife Doriana Mandrelli, was carefully organised on a spatial dimension and boasted the widest possible range of international participation, both in terms of the countries taking part and the choice of architects invited to measure up to the main theme. The theme “Less Aesthetics, More Ethics” for urban planning was certainly interesting and in line with our expectations from architects and town-planners involved in rejuvenating or altering both small and big cities. Cities most certainly all inflicted by the same basic evils right across the globe. Evils which our society, despite the incredible scientific-technological progress it has attained, has not been able to tackle with ideas and projects capable of sustaining progress and widescale urbanisation. The failure of modern town-planning is there for all to see, and I think Fuksas’ appeal is important and up with the times, even though I am well aware that urban design cannot be expressed in ethical or aesthetic percentages. A very cutting-edge and provocative theme that ought to have tickled the grey cells of the architects invited along, testing out the skills of a profession which, despite producing some brilliant individual works of wonderful built architecture, still has not come up with anything valid on an urban scale. Almost everybody was there in Venice, the famous and not-so-famous; nevertheless the impression I got was unfortunately that, despite the magnificent setting created by Fuksas and this rare chance to talk directly to the public and not just to our colleagues, “architectese”, that typical international architects’ jargon, was still the main narrative idiom. The exhibition’s general layout and the magical setting of the Arsenal premises are certainly stimulating as regards the rather (ethically?) inadequate aesthetic values of the ideas on display, based on what were perhaps utopian projects but certainly not philosophical concepts mainly embodied in installations typical of the Biennial of Arts. Architects (not just Italian) seem destined to believe they are entitled to compete with artists and borrow other people’s means of expression. Some architects, even those boasting superstar status but with their feet a little more firmly on the ground, have treated the space they were allocated as if it were a trade fair stand commemorating themselves with models or images of their own professional repertoire. Others have timidly tackled the theme with just fragments of situations and either bland or totally hermetic designs. At times it felt as if we were back at the old Milan Triennials tackling such issues as “big numbers” or “free time”. The same iconographic representations of everyday situations in big cities and the same lack of new ideas. In conclusion, an exhibition that architects need to visit, but quite ineffective in terms of public information and approval. Perhaps too personality-oriented and not self-referential enough for a profession which, despite everything, is still a yardstick for the society in which we live. Things are just the same as they always used to be in the past.

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Questioni di tutti Designing Big di/by Mario Antonio Arnaboldi

hi rifiuta il rinnovamento dell’arte e ama riciclare il passato non sa costruire il futuro. Ecco ciò che appare osservando rapidamente C cosa sta succedendo, a proposito d’architettura, in Europa, nel resto del mondo, ma in particolare in Italia. Difficile fare una comparazione diretta e difficile è anche saper determinare, in un’analisi veloce, quali siano i moventi che generano le differenze. Le ragioni politiche sono quelle che condizionano lo sviluppo di un Paese e, fuori da ogni dubbio, in particolare il “progetto d’architettura”. L’economia, il mercato e, quindi, la differenza fra danaro pubblico e danaro privato sono le condizioni dello scenario, su cui si muovono nuovi committenti del progetto. Scenario che varia a seconda del peso di creatività imprenditoriale che lo alimenta. Per fare subito un paragone degli effetti che si sono verificati in Italia, a differenza di ciò che è avvenuto all’estero, è il fatto, per esempio, che nel nostro Paese è scomparsa la committenza privata. Per questo basta che un Ente Pubblico lanci un concorso sul mercato che, subito, scatta una corsa alla partecipazione sia di piccoli che di grandi studi. Quasi ci fosse una sete del “fare architettura”, ma al tempo stesso appare subito come manchi l’abitudine a costruire le piccole cose che sono quelle che permettono di fare bene le grandi. Questo appare dai mediocri risultati ottenuti dal progetto italiano, nei confronti di una diversa qualità del progetto redatto da professionisti stranieri che, da qualche tempo, si misurano in ogni direzione anche in Italia. Si deve aggiungere che vi è un assopimento dell’aggiornamento tecnologico da parte delle industrie italiane che ancora stanno a guardare il passaggio dell’edificazione artigianale rispetto a quella industrializzata, già in atto all’estero. Vi sono poi delle condizioni psicologiche che condizionano ancora oggi molti operatori. La differenza sta nel coraggio di rinunciare all’interesse immediato, di capire di più quell’architettura che non ricicla i modelli stantii del passato, per fare qualcosa che ci proietti nel futuro. Occorre che il progetto architettonico ci rappresenti, non come siamo oggi, ma come vorremmo essere in futuro. Ecco perché i bandi dei concorsi parlano spesso un linguaggio internazionale che appare asettico e lascia trasparire la rappresentazione di una tecnologia inesistente. I Paesi che hanno in passato “creato” la bellezza, attraverso le loro architetture, come la Francia, l’Inghilterra o gli Stati Uniti, hanno sposato questa seconda scelta. Nelle loro architetture sono riusciti a oggettivare tutta la loro energia, la loro creatività, le loro angosce, le loro speranze, le loro aspirazioni. Ecco allora cosa significa saper fare l’architettura, vuol dire unire i sentimenti di tutti e non semplicemente esprimere i propri limiti di permissivismo. Le differenze fra le architetture europee e quelle del resto del mondo sono legate anche alla forte divisione che c’è fra gli scienziati e gli umanisti, divisi sulla prefigurazione del futuro. Coloro che hanno dedicato la loro vita alle scienze della natura che, oggi più che mai, si presenta come modello di riferimento per il progetto architettonico, hanno una visione certamente più ottimistica rispetto alla maggior parte degli studiosi delle così dette scienze umane, con un atteggiamento assai più costruttivo. Quasi nessun scienziato adotta un tono trionfalistico, ma tutti mostrano una ferma fiducia e un certo grado di positiva aspirazione riguardo al futuro. Gli studiosi di scienze sociali vedono generalmente nero e ce l’hanno sempre con qualcuno: con i profittatori e i prepotenti, ma anche semplicemente con gli stupidi, come stupidi sono stati in Italia gli ultimi vent’anni di gestione politica basata sul non fare nulla tranne che “gestire”. Lo studioso di scienze sociali se la prende, a buon diritto, soprattutto con gli inconsapevoli, gli ipocriti e i non autentici. Un politico che non conosce la scienza dell’architettura non può essere un politico autentico. Tutto ciò viene alla luce in una comparazione fra le architetture dei vari Paesi. Non vi è spiegazione, né semplice, né meno semplice di questi fenomeni che condizionano le differenze, ma possono essere letti in un paio di schemi esplicativi che implicano, rispettivamente, il concetto di “frontiera” e la “pervasività” del sospetto. L’uomo d’architettura ha una frontiera davanti a sé, un compito da svolgere e da fare svolgere, un’espansione del suo spazio reale e mentale, in atto o in potenza. Questo promuove le differenze e una mutevole canalizzazione dell’energia “psichica” dell’architettura che la fa funzionare, in sostanza, come oggetto d’investimento economico. Anche gli studiosi d’architettura che pensano di star percorrendo una strada d’esplorazione e di scoperta di nuovi segni architettonici condividono, in parte, questo stato d’attesa positiva e di differenze costruttive. Gli indici che segnano le differenze fra le varie architetture dei vari Paesi sono allora intesi come confronti critici facenti parte di una costruzione attiva dell’evolversi del progetto architettonico. Però occorre essere

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attenti perché se è vero che il dubbio dà sapore alla vita, il sospetto la avvelena. Guai a chi non ha fiducia. Allora ben venga il dubbio di una differenza fra le varie architetture, ma non il sospetto, perché chi si industria a scorgere la menzogna e il dolo, in ogni espressione architettonica, non è più difeso contro l’imbroglio individuale. E’ sembrato necessario cominciare chiarendo il progetto culturale architettonico in atto nei vari Paesi che deve prevedere un senso di rigore sul divenire del progetto nei confronti del pensiero architettonico influenzato dalla politica e di quello influenzato dalla morale. E’ il tentativo di formulare, nel modo più organico possibile, un discorso chiarificatore per chi si pone nell’area del giudizio di un chiaro discorso sull’architettura “sociale”. Seguendo queste logiche emergono i temi della New Economy, dell’emergente New Society, della bioetica, della “political theory” piuttosto che della matematica, temi che costituiscono, da questo punto di vista, buoni esempi sul tipo d’interesse teorico che possono influenzare le differenze fra i moderni linguaggi architettonici dei Paesi europei e quelli dei Paesi d’oltre Oceano. Attraverso queste osservazioni nasce l’architettura sociale contemporanea. Le differenze stanno nel peso d’acquisizione di questi concetti che possono essere trasformati in “valori” destinati a formare le differenze. Pur restando fedeli a metodi e oggetti architettonici, si intende oggi mutare le capacità dell’architettura e avere un diverso intendimento della “socialità”. Non molto tempo fa tutto ciò che era sociale era del popolo operaio povero; finalmente, oggi, si parla di “sociale” intendendo semplicemente il rispetto dell’uomo che vive insieme ai suoi simili, nel rispetto della natura. Ecco emergere allora ciò che ci si attende dal futuro dell’architettura: una macroingegneria con la quale potremo cambiare la faccia del pianeta. Per meglio intenderci, un “progettare alla grande”. Città galleggianti alimentate dal mare, piramidi alte due chilometri e dighe di iceberg in Antartide. Progetti ancora più diversi tra loro, ma con una cosa in comune: le dimensioni. Città formate da torri con funzioni pubbliche e impianti per le comunicazioni a più livelli, con ascensori orizzontali che si intagliano fra le nuvole, con una parte sotto terra, una sopra terra, sul suolo, o in mezzo al mare. “Grande” non è solo bello, ma diventa necessario per assicurare una nuova vita e un nuovo comportamento. Ecco quali saranno in un prossimo avvenire le differenze: edifici più faraonici delle piramidi, più costosi del progetto Apollo, più ambiziosi delle Petronas Towers, ecco quale dovrà essere la qualità dei progetti che, se diventeranno realtà, potrebbero essere ricordati come le meraviglie del mondo del terzo millennio. Diventa allora desiderabile anche che architetti che hanno operato a livelli alti in tutto il mondo sappiano distinguere fra l’architettura privata e l’architettura di tutti, occorrono nuovi esercizi che permettano di condensare, nei progetti del futuro, non la ripetitività personale, ma l’intuito di come si formerà la nuova società. E’ la ricerca doverosa della “verità” che non deve essere confusa con le proprie credenze personali ricalcando, ad esempio, le orme del Palladio per decifrare il mestiere del progettista. La verità, che è nei contenuti del progetto architettonico e nel mestiere del costruire, deve stare nelle differenze, non è solo un’opinione. Secondo la cultura del nostro tempo è impossibile che l’esperienza dell’architettura e il mondo dell’uomo siano illuminati e guidati da una conoscenza inconvertibile e definitiva, cioè nella “verità”. Ma oggi questa tesi è espressa per lo più in modo banale. Vive di rendita, dopo che pensatori come Friedrich Nietzsche, Giovanni Gentile e, innanzitutto, Giacomo Leopardi hanno sostenuto il peso immane della lotta contro la tradizione occidentale, dove la verità è appunto intesa come conoscenza incontrovertibile e definitiva del mondo. Ecco, allora, la complessità per ottenere una chiara lettura delle differenze fra l’architettura composta nel vecchio continente e quella d’oltre Oceano, Quanti e quali sono ancora i motivi delle differenze? Quali le ragioni di un’architettura che si esprime per consonanti o per vocali e non riesce ancora a trovare un linguaggio capace di fondare la frase intera dello “stile”? Di uno stile completo e nuovo capace di raccontare la nostra contemporaneità. Capace di essere l’espressione dei nostri sentimenti magari uguali per gli uomini di tutto il mondo il sentimento del nostro modo di aver accolto lo sviluppo delle nuove tecnologie e soprattutto lo sviluppo delle nuove matematiche che solo il nostro piccolo calcolatore è in grado di decodificare insegnandoci un nuovo linguaggio. E’ vero, oggi non usiamo più i “soldi” ma solo un piccolo pezzo di plastica che ha sostituito la moneta, ma nel frattempo non sappiamo più compiere operazioni semplici come estrarre una radice quadrata. Ciò che è certo è che le architetture del mondo odierno hanno ancora delle grandi diversità fra loro, difficili da decodificare se si pensa che, comunque, l’uomo è da sempre lo stesso.


efusing to update art in favour of recycling the past is no way to build the future. This is the first thing to come to mind as we take a R quick look at what is happening in architecture in Europe, the rest of the world, and Italy in particular. It is hard to make direct comparisons and difficult to decide in such a brief analysis what really makes the difference. We all know that it is political decision-making that determines how a nation develops and, without the slightest shadow of a doubt, it also has a great influence on “architectural design”. Economics, the market, and hence the difference between public and private capital provide the setting in which new architectural clients makes their moves. This setting varies according to the extent of the entrepreneurial creativity of its protagonists. To make a quick comparison between the effects this has had in Italy and abroad, there can be no doubt that private clients have practically disappeared in our country. This explains why both big and small firms rush to take part in any competition organised by Public Institutions. It is almost as if there was a thirst to “do architecture”, but this only serves to bring out a certain ineptness at constructing those little things that make it possible to do more important things more effectively. This shows in the mediocre results of Italian architecture compared to what foreign designers have achieved all over the place, even in Italy. In addition to all this, Italian industry has been slow to update its technology, and is still making the transition from the cottage building industry to the kind of industrialised construction already under way in other countries. Moreover, there are also certain psychological barriers to be broken down. Others have shown much more boldness in ignoring short-term interests and been quicker to appreciate a style of architecture that does not just recycle models from the past, but also strives to do something to project us into the future. This was the way things used to be in the past, but nowadays market pressures seem to be holding back innovation and quality. Architectural design ought to embody the way we would like to be in the future, not the way we are now. This is why competition tenders often refer to an international idiom that seems to be rather dry, revealing a type of technology that does not actually exist yet. Nations which have “created” beauty in the past through their works of architecture, like France, Great Britain or the United States, have adopted this second approach. Their architecture has succeeded in giving concrete form to their energy, artistry, anxieties, hopes, and aspirations. Architectural expertise means expressing everybody’s feelings and not just our own inherent pessimism. The difference between European architecture and architecture in the rest of the world is connected with the radically different visions of the future held by scientists and humanists. Those who have dedicated their lives to the natural sciences, which, now more than ever before, set the guidelines for architectural design, certainly hold more optimistic views than most scholars in the so-called human sciences, showing a much more constructive approach. Scientists certainly are not waving their banners in celebration, but they are all extremely confident and relatively optimistic about what the future holds. Experts in the social sciences generally look on the dark side and almost always have it in for someone: profit-makers and the arrogantly powerful, but also with those stupid people who have based their political power over the last twenty years around not doing anything except “control things”. Scholars of the social sciences rightly criticise the ignorant, hypocrites, and dishonest. A politician who knows nothing about the science of architecture cannot be a real politician. All this comes to light when we compare the architecture from different countries. There is no obvious or even not-so-obvious explanation for the phenomena determining the differences, but some useful guidelines can be read into the concept of “frontier” and an “allpervasive” sense of conspiracy and suspicion. Architects have a frontier lying before them, a task to carry out and to get carried out, an expanding of their real and mental space, in act or force. This brings out the differences and a constantly changing channelling of architecture’s “psychic” energy. Even scholars of architecture, who think they are exploring and discovering new architectural signs, at least partly share this feeling of positive expectations and constructive differences. The guidelines marking the differences between the various works of architecture from different nations are taken as critical comparisons belonging to an active involvement in the development of architectural design. But we need to be careful because

while it is true that doubt is the spice of life, suspicion poisons it. Confidence is the touch word. A healthy dose of doubts over the differences between different schools of architectural thought is fine, but all those usual suspicions are not, because those people who find nothing but lies and deceit in all architecture will never recognise a real con when they see one. There most obvious thing to be done was to create a clear picture of the architectural design scene in different countries so as to focus accurately on the future of design in relation to a philosophy of architectural influenced by either politics or ethics. This is an attempt to provide a careful outline for all those interested in clearly analysing “social” architecture. Following this line of thought, the main themes of the New Economy, the emerging New Society, bio-ethics, political theory, and even mathematics all gradually come to light, issues which, in this respect, are fine examples of the kind of theoretical interest creating distinctions between modern architectural idioms in European and transatlantic nations. These points provide the groundings of contemporary social architecture. The differences lie in the extent to which these concepts can be turned into “values” capable of marking differences. While remaining faithful to certain architectural objects and methods, there is now a real desire to change architecture’s capacities and give a new meaning to “social relations”. Not so long ago, everything social belonged to poor workers; now, at last, the word “social” is simply used to refer to respect for how our fellow human beings co-exist with nature. So here is what we expect from architecture in the future: macro-engineering capable of changing the face of our planet. What we mean is “designing big”. Floating cities feeding off the sea, two-kilometre-tall pyramids and iceberg dams in the Antarctic. Designs all quite different from each other, but with one thing in common: their size. Cities made of towers serving public purposes and multi-storey communications systems with horizontal lifts cutting through the clouds, part underground, part overground, part on the ground or part out at sea. “Big” is not just beautiful, it is the only way of guaranteeing new life and new behavioural patterns. This is what will make the difference in the future: buildings more massive than the pyramids, more expensive than the Apollo project, more ambitious than Petronas Towers, these are the qualities projects must have if, assuming they are actually built, they are to be remembered as the wonders of the word in the third millennium. This means that architects who have designed quality projects worldwide must know how to distinguish between private architecture and architecture which belongs to everyone; we need new firms capable of condensing an idea of the society of the future in their projects, not just the same old individual designs. This is that indispensable search for the “truth” that must not be confused with personal beliefs, retracing the steps of, for instance, Palladio to carefully decipher the architect’s true role. The truth, which actually lies in the content of architectural design and the building trade, must be found in differences, it cannot be just an opinion. Modern-day culture holds that architecture and human society cannot be enlightened or guided by indisputable, definite knowledge or in other words “truth”. But nowadays this theory is generally expressed in rather bland terms. As previously mentioned, it is a sort of leit-motif, a common place, all the more appreciated the more common it is, particularly if “well-known” voices talk about it. It lives off the past, after thinkers like Friedrich Nietzsche, Giovanni Gentile and, above all, Giacomo Leopardi have talked about the immanent importance of the battle against Western tradition, where the truth is treated as indisputable, definite knowledge about the world. It is complexity, then, that will give us a clear idea of the differences between architecture in Europe and North America. So what are the differences and why do they exist? What is the point of architecture expressed in terms of consonants and vowels, which still cannot find an idiom capable of constructing the full sentences required to be “stylish”? A complete new style representing the age in which we live. Capable of expressing the feelings perhaps shared by people all over the world, that feeling of having grasped the latest developments in new technology and, above all, new mathematics which only our little computers can decode to teach us a new language. It is true that we no longer use “money” but just a small piece of plastic that has replaced currency, but in the meantime we have also forgotten how to perform simple operations like working out a square root. There can be no doubt that the world’s works of architecture are still very different from each other, hard to decode bearing in mind that people never change.

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Le case degli uccelli Koizumi Birdhouse Project l design si nutre spesso di idee, intuizioni o - si potrebbe addirittura Iazzardare - premonizioni formali, non

pagina a fianco, il progetto di/Opposite page, the project by Andrea Vallicelli (Italia/Italy).

Sotto, il progetto di/below the project by Sparkman & Stephens (USA).

realtà dal sapore quasi platonico. L’iniziativa di Koizumi, che da anni chiede a varie categorie di progettisti di disegnare “bird houses” (case per uccelli) - vaghi accenni ancestrali, puri segni di un’improbabile abitabilità librata in paesaggi indefiniti -, sottrae questo raro momento alla gelosa intimità della riflessione ideativa per proiettarlo in proposte che non escono dai confini dell’immagine fantastica, ma che anzi proprio della più elementa-

re fantasia fanno la loro ragione d’essere. Quest’anno i progettisti interessati sono i car designer e gli yacht designer - come dire, i disegnatori di “cose” tra i più coinvolti nella tecnologia avanzata contemporanea e nell’apparato di nuovissimi materiali che le sta alle spalle. I risultati, tuttavia, conservano il carattere intrinsecamente fantastico - o addirittura affabulante - già emerso nelle precedenti edizioni dell’iniziativa. Anche

quando, come nel caso di Zagato o Alfa Romeo, l’inclinazione nei confronti del prodotto ha preso in qualche modo il sopravvento sull’assoluta libertà formale, il messaggio implicito nel tema è stato colto con la levità e la delicatezza che esigeva. La moltiplicazione dei significati che si irradiano dall’elementare immagini della “bird house” - il volo, la leggerezza, gli orizzonti senza limiti, l’invenzione che si impenna e punta a un bersaglio tanto imprecisato quanto decisivo - sono gli

elementi che caratterizzano le proposte dei vari progettisti, i cui modelli progettuali, appena evocati, fanno da sfondo a modelli formali affidati al puro capriccio della fantasia. Significative a tale proposito, sono le proposte di Sparkman & Stephens e di Martin Francis, del tutto liberate da ogni peso funzionale e affidate unicamente alla gestualità o - per contro - a una sorta di “irresponsabilità” tecnica che ne definiscono solo la sublime gratuità dei contenuti, ma anche, in

qualche modo, la cifra stilistica degli autori. Accade, cioè, anche nelle elaborazioni più squisitamente poetiche, che il bagaglio culturale e la filosofia progettuale del progettista traspaiano nella libertà della creazione, forse in virtù di quel “demone dell’analogia” che fece riflettere poeti come Mallarmé e T.S.Eliot. Così, questi “progetti” risultano a un tempo privi di ogni legame con un retroterra professionale sempre teso ad ancorare ogni soluzione alla prevedibilità della

logica strutturale e delle possibilità tecniche, e carichi di una energia estetica che li rilancia nella sfera della pura artisticità. La dimostrazione sta nel fatto che si tratta in genere di proposte difficili o impossibili da descrivere. La parola scorre intorno a esse lambendone i contorni, ma incapace di penetrarne il nucleo ideativo. Anche nel caso in cui la personalità del progettista traspare dall’immagine in virtù di allusioni discrete o velati accenni, come accade

nelle proposte di Bertone e di Vallicelli, ogni discorso è destinato ad agire per linee esterne, in una dimensione metaforica che moltiplica ulteriormente la ricchezza dei significati possibili. Siamo dunque, come si vede, al “grado zero” del design, ovvero sul piano di una pregnanza progettuale la cui felice improduttività esprime il massimo della fecondità creativa, scaturigine e madre di ogni possibile progettazione futura. Maurizio Vitta

The project being worked on by Koizumi, who for years now has been commissioning different categories of architects to design “bird houses” vague allusions to our ancestral past, pure signs of an unlikely way of living in indeterminate landscapes breaks free from the jealous intimacy of creative thought to propose ideas which, rather than leaving the realms of imagination, make it their very reason for being.

This year’s protagonists are car and yacht designers - or in other words designers of those “things” most closely related to cutting-edge technology and the latest range of materials it employs. In any case, the results are just as intrinsically imaginative - or even fabulous - as in previous editions of the project. Even when, as in the case of Zagato or Alfa Romeo, the product has tended to take precedence over absolute sty-

listic freedom, the message being sent out has been grasped with the right delicacy and lightness. The multiplying of meanings radiating out from the basic “bird house” images flight, lightness, boundless horizons, invention taking flight and aiming at a vague but decisive target - are the main features of the designers’ projects, whose design guidelines, just mentioned, provide the backdrop for stylistic models leaving plenty of

room for the imagination. In this respect, Sparkman & Stephens’ and Martin Francis’ ideas are particularly interesting, completely free from all functional constraints and confiding entirely in style or - putting it another way - in a sort of technical “irresponsibility” characterising both the sublime gratuity of their contents and, in a certain way, the stylistic hallmark of their designers. Even the most exqui-

sitely poetic creations reveal their creator’s cultural background and philosophy of design in the artistic freedom they embody, perhaps due to that “demon called analogy” that was so intriguing to poets like Mallarmé and T.S. Eliot. This means that these “projects” seem to be free from all bonds with a professional approach working along the lines of structural logic and technical capabilities and, at the same time, charged

with aesthetic energy launching them back into the realms of pure artistry. This is shown by the fact that they are usually tricky designs, often impossible to describe. Words can only skirt around their edges without ever penetrating into the heart of these ideas. Even in those cases where the designer’s personality is revealed by unobtrusive allusions or disguised references, as in the case of the

designs proposed by Bertone and Vallicelli, all commentary is bound to work along purely metaphorical lines, merely adding to the range of potential meanings. As we can see, this puts us at the “degree zero” of design, or in other words at a level of stylistic pregnancy whose pleasant lack of productivity is the apex of artistic fertility, the mother of all possible future design.

Ikki Mituhashi-Kiyoharu Ueno

legate a un particolare prodotto e nemmeno a una precisa funzione, ma libere, aperte, disposte a render conto di sé esclusivamente a se stesse. Questo è forse l’aspetto più intimamente creativo della progettazione degli oggetti: è il momento in cui la forma assume una dimensione di assolutezza nella quale le “idee” delle cose sembrano galleggiare in una sorta di sur-

■ Nella

esign often feeds off ideas, intuiD tions or - we might even dare to say - stylistic premonitions in no way connected to any particular product or even precise function, but are free, open, and answerable to themselves alone. This is perhaps the most intimately creative aspect of object design: it is the moment when form takes on an absoluteness as “ideas” of things seem to float in a sort of almost Platonic surrealism.

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progetto di/the project by Stile Bertone (Italia/Italy). ■ Il

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progetto di/the project by I.D.E.A. (Italia/Italy).

■ Il

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progetto di/the project by Dahatu (Giappone/Japan). ■ Il

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progetto di/the project by Alberto Gambel (Italia/Italy). ■ Il

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■ Sotto,

il progetto di/below, the project by Target Design (Germania/Germany).

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In basso, il progetto di/bottom, the project by Martin Francis (Francia/France).

■ Sotto, il progetto di/the project by Zagato (Italia/Italy).

In basso, il progetto di/the project by Alfa Romeo (Italia/Italy).

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Flessibilità e natura Office Complex, Kingswood l complesso per uffici di Kingswood sorge all’interno della IGreen Belt, la cintura verde che separa la grande Londra dal resto del territorio Britannico. Questo centenario dispositivo di contenimento è caratterizzato da vaste aree forestali e parchi. Costruire all’interno di questa corona circolare territoriale significa confrontarsi con una magnifica natura arborea, preservata dall’uomo come limite alla propria, incessante attività antropizzante sul territorio. Foster and Partners, vincitori del concorso a inviti per il complesso terziario, hanno sviluppato il progetto lavorando su tre aspetti complementari: sensibilità ambientale, economia di gestione, flessibilità di configurazione interna. Composto da tre edifici indipendenti, il complesso terziario trova unità nel gravitare intorno a una sistemazione esterna centrale, dal disegno a spirale, scavata nel terreno. Questo elemento è fruibile da coloro che lavorano nel complesso, che possono utilizzarlo per un momento di relax, e costituisce il dispositivo sociale del progetto. All’intorno, i tre edifici sono planimetricamente lievemente diversi l’uno dall’altro, ma caratterizzati da fronti identici intorno alla spirale centrale. I fabbricati sorgono nel sito di un he Kingswood office block lies T inside the Green Belt separating London from the rest of Great Britain. This century-old boundary consists of vast areas of forests and parks. Building inside this circular crown means coming up against a magnificent mass of trees safeguarded by man as a limit to his own incessant anthropising of the land. Foster and Partners, winners of an invitational competition for a services facility, have developed this project along three complementary lines: environmental awareness, ease of management, and flexibility of the interior layout. Constructed out of three self-contained buildings, the services facility is unified by the way it gravitates around a central outside spiral layout dug in the ground. This serves the people working in the complex, who can use it for relaxing in, and represents the social side of the project. The three building’s have slightly different internal layouts, but all share the same fronts facing onto the central spiral. The buildings stand on the site of an old industrial works and only occupy the previously built-on area.

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Progetto: Foster and Partners

impianto industriale preesistente, e occupano esclusivamente l’area precedentemente costruita. La configurazione planovolumetrica è il risultato della grande attenzione posta nell’analizzare l’impatto degli edifici nel contesto forestale. La loro altezza, limitata a tre piani fuori terra, è inferiore a quella dell’alberatura prevalente, per cui l’intero complesso appare letteralmente immerso nella foresta. Nondimeno, dall’interno degli spazi di lavoro, la vista esterna è costantemente dominata da piante ad alto fusto, suggerendo la totale integrazione degli uffici con l’ambiente naturale. La nuova sistemazione ha incluso la piantumazione di numerose nuove piante mature, allo scopo di ricostituire una continuità vegetale fra la nuova costruzione e il perimetro forestale. Il rapporto privilegiato del complesso con la natura è accentuato anche dalle facciate vetrate, che riflettono da ogni lato il verde circostante amplificandolo, e mitigando l’impatto dell’acciaio e delle parti opache dei tre elementi principali. L’attitudine ecologica del sistema edilizio ha informato anche le strategie di base per i sistemi di ventilazione e raffrescamento. L’obiettivo di massima economicità

gestionale ha portato i progettisti a sviluppare un sistema estremamente flessibile per le necessità microclimatiche dei tre edifici. Essi sono infatti stati studiati per poter essere equipaggiati con impianti diversi ai vari piani, e per ciascuna delle singole ali, in conseguenza delle specifiche richieste gestionali dei locatori degli uffici. La scelta può variare dalla pura ventilazione naturale alla climatizzazione, attraverso numerosi stadi intermedi. Lo spessore trasversale di 15 metri è stato individuato come ottimale per la ventilazione naturale trasversale, alla quale contribuiscono altri mezzi passivi, come gli elaborati brise soleil. Composti da una serie di tre lamelle metalliche rivestite in alluminio e collegate da mensole diagonali, questi elementi conferiscono alle facciate vetrate, semplici e lineari, una qualità chiaroscurale. Le aree di facciata non trasparenti sono rivestite in pannelli metallici a lamelle, posizionati a una certa distanza dagli elementi in calcestruzzo della struttura, allo scopo di permettere la ventilazione di questa massa inerte, incrementando efficacemente la capacità termica passiva dell’edificio. Anche dal punto di vista commerciale, il progetto per King-

swood offre una flessibilità abitativa non comune. I singoli locatori possono scegliere di occupare uno dei tre edifici, una sola delle ali, o un solo piano o parte di esso. Questa vantaggiosa flessibilità è il risultato di una accurata definizione di geometria, dimensioni e disposizione dei collegamenti verticali e dei servizi di piano. Ciascuna delle ali, infatti, è dotata di un blocco verticale contenente scale e servizi, pur essendo collegata all’atrio centrale di raccordo che costituisce la cerniera di ogni gruppo. In questo modo, non soltanto è possibile realizzare un grande numero di configurazioni di arredo, ma anche tutte le necessità tecniche come la necessità di spazio di piano per impianti, le vie di fuga antincendio, i servizi sanitari - sono equilibratamente distribuiti negli edifici. Il progetto per questo complesso per uffici a Kingswood sembra indicare l’assenza di contrasto tra un atteggiamento ecologicamente sensibile e la ricerca di spazi terziari commercialmente efficienti. Al contrario, il risultato suggerisce una stretta complementarità fra i temi comuni ai due filoni di ricerca, traducibili, nelle mani di architetti di talento, in un vero valore aggiunto architettonico. Alessandro Gubitosi

The site plan and structural layout are the result of great attention to analysing the buildings’ impact on the forest lands. Their height, confined to three floors above ground level, is lower than the tree tops, so the entire complex seems to be buried in the forests. Similarly, the view outside from inside the work spaces is filtered through tall-stemmed plants creating the impression that the offices are fully integrated in the natural environment. The new landscaping involved the planting of lots of new mature plants to in some way knit together the new building and surrounding forest. The facility’s privileged relations with nature is further accentuated by the glass facades, reflecting the surrounding landscape on all sides and amplifying it, playing down the impact of the steel and opaque parts of the three main elements. The building system’s eco-attitude also informed the basic strategies for the air-conditioning and cooling systems. The aim to economise as much as possible on management costs encouraged the architects to develop an extremely flexible system serving the three buildings’ microclimatic needs.

They have been designed to be furbished with different systems on the various floors and for each of the separate wings, in accordance with the specific management requests of the office tenants. The choice can vary from pure natural ventilation to air-conditioning, via numerous different intermediate stages. A width of 15 metres was found to be ideal for natural cross ventilation, backed up by other passive means, like the fancy sunscreens. Constructed out of a set of three metal blades clad with aluminium and connected by diagonal shelves, these elements add a chiaroscuro quality to the simple, linear glass facades placed at a certain distance from the structure’s concrete elements, in order to allow this inert mass to be ventilated and increase the building’s passive heat capacity. The Kingswood project also offers extraordinary possibilities on a business level. The tenants can choose to occupy one of the three buildings, just one of the wings, or merely one floor or part of a floor. This highly useful flexibility is the result of carefully defined geometric forms, dimensions, and the layout of the vertical links and utilities.

Each of the wings is actually equipped with a vertical shaft holding the stairs and utilities, despite being connected to the central connecting lobby hinging together each of these units. In this way, it just is not possible to create a great number of furnishing arrangements, it also allows all the technical needs - such as the spatial requirements for each floor’s systems, the fire escapes, and the toilet facilities - to be evenly distributed through the buildings. This project for a office complex in Kingswood seems to indicate a lack of contrast between an attitude of eco-awareness and the quest for commercially efficient service spaces. On the contrary, the result suggests tight bonds between the leitmotifs shared by the two lines of research, which a talented architect can transform into authentic architectural added value.

■ Planimetria

generale e pianta di un piano tipo dell’edificio “A” del complesso per uffici di circa 12.000 metri quadrati realizzato da Foster and Partners a Kingswood, Ascot.

■ Site

plan and plan of a standard floor in the “A” building of the 12,000 square metres of office block designed by Foster and Partners in Kingswood, Ascot.

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trasversale tipo attraverso l’ala destinata a uffici. In basso e nella pagina a fianco, viste generali dell’edificio inserito in un ambiente boschivo che non solo è stato preservato dal progetto, ma reintegrato con nuove specie arboree.

■ Standard

cross section through the wing of offices. Bottom and opposite page, general views of the building located in woodlands which have been both preserved and landscaped with new species of trees.

Dennis Gilbert

Nigel Young

■ Sezione

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Nigel Young

Credits Project: Foster and Partners Norman Foster, Ken Shuttleworth, Iwan Jones, Luis Matania, David Kong, Ken Hogg, James Edwards, James McGrath, Michel Foex, Laura Stadler, Kelly Smith, Malte Just Engineering: Peter Brett Associates Service Consultant: Oscar Faber Quantity Surveyor: McBains Cooper Landscape Consultant: Derek Lovejoy Partnership Planning Consultant: Barton Willmore Partnership Consultants: Alan Nash Associates (cladding), Terry Craifer (fire), Rollinson Glanville (roofing) Main Contractors: Bovis Construction, Hope & Clay (external works), O’Rourke Civil Engineering (concrete frame), Harty Hldings (curtain walling), Kingfisher (end-core cladding), Goodmarriott & Hursthouse (M&E installation), Porn & Dunwoody (lifts), CMF (architecural metalwork), Erco Lighting (atrium lighting), Creedlight Engineering (office lighting), Willerby’s (soft landscaing), Bull Signs (signage) Client: Slough Estates

■ Left,

axonometric blowup of the central lobby. Above and right, details of the glass facade sheltered behind aluminium shutters controlling the flow of natural ventilation and sunlight inside the building. Opposite page, nighttime view of the facade.

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Dennis Gilbert

destra, esploso assonometrico dell’atrio centrale. Sopra e a destra, particolari della facciata vetrata protetta da frangisole di alluminio che consente il controllo della ventilazione naturale e dell’irraggiamento solare all’interno. Nella pagina a fianco, vista notturna della facciata.

Dennis Gilbert

■A

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La pietra di paragone Cittadella Bridge, Alessandria

Progetto: Richard Meier & Partners con Dante O.Benini & Partners Architects

■ Modello

del nuovo ponte Cittadella sul fiume Tanaro ad Alessandria. Il progetto consiste in un’unica campata di 176,4 metri ed è composto da tre elementi principali: l’arco, la piattaforma pedonale e una piattaforma separata per il traffico veicolare.

■ Model

of the new Citadella Bridge across River Tanaro in Alessandria. The single 176.4-metre span is constructed out of three main elements: an arch, pedestrian platform, and separate platform for road traffic.

volte, soprattutto in Italia, da un ometimes, particularly in Italy, infausto evento può nascere qualan unfortunate event can lead to A S cosa di rivoluzionario: è un andazzo something really revolutionary: it che fa parte del nostro innato costume di ricercare il meglio solo se schiacciati dall’emergenza, dalle conseguenze di una catastrofe, di perseguire una politica opposta a quella della prevenzione, della grande ideazione finalizzata alla qualità dell’ambiente urbano e conseguentemente delle condizioni di sicurezza dei cittadini, alla vita. Come se con un atto estremo, potente, liberatorio e innovativo, si placassero atavici sensi di colpa. E’ il caso del nuovo ponte Cittadella commissionato a Richard Meier dalla municipalità di Alessandria, una struttura necessaria ad arginare le piene del fiume Tanaro, funzione che il vecchio ponte storico non è più in grado di assumersi. I tragici eventi alluvionali del 6 novembre 1994 sono la prova concreta di una carenza di strutture adeguate. Del resto, il Comune di Alessandria, ha voluto “un nuovo ponte che possa costituire una pietra miliare dell’architettura contemporanea e perciò sono stati interpellati alcuni dei più grandi architetti del mondo”. Si tratta di una struttura a un’unica campata di 176,4 metri, composta da tre elementi-base: un arco, una piattaforma pedonale e una piattaforma separata a uso dei veicoli. “Elementi”, commentano i progettisti che, oltre a Meier sono i milanesi Dante O. Benini & Partners Architects e la newyorkese Arup, “curvi attorno a un’ellisse centrale legata e connessa attraverso travi e cavi che ne determinano la forma strutturale”. Non si può certo negare il grande impatto urbanistico dell’insieme con l’intento neppure troppo nascosto di richiamare la presenza del fiume per “restituirlo” alla città che potrà finalmente viverlo come elemento postivo e integrato nel paesaggio dopo averlo recepito come devastante. Anche per questo, particolare significato ha la piattaforma pedonale laddove le persone possono stare “sul” fiume, convivere serenamente con esso, riportarlo alle antiche fastigia di “dio buono” propiziatore di bene e prosperità. Il progetto di Meier, non scevro da citazioni contemporanee (pensiamo a Calatrava) è certamente di grande suggestione. Una sorta di torre “allegata” - lo si nota particolarmente osservando la sezione verso ovest - potrebbe anche voler essere una memoria del tessuto medioevale cittadino, quasi un punto di avvistamento, un luogo di osservazione che è previsto accessibile sino in cima dal pubblico. Interessanti le due piattaforme semicircolari che, a livello fiume, sono collocate sotto le spalle del ponte, lungo la riva. Entrambe sono pedonabili d’estate, quando il livello dell’acqua lo consente, e “affogate” durante le piene. Michele Bazan Giordano

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seems to be written into the nation’s DNA, so it usually takes an emergency or some sort of catastrophe to bring out the best. Needless to say, this is the very opposite of prevention or careful planning to safeguard the urban environment and hence the safety of its citizens. It is almost as if it takes a desperate act of liberating power and innovation to get rid of those guilty feelings. This is the case with the new Cittadella Bridge the Alessandria City Council has commissioned Richard Meier to build. The bridge is designed to stop the River Tanaro from flooding its banks, a purpose the old bridge is no longer capable of serving. The tragic events of the floods on 6th November 1994 were eloquent proof of the old construction’s shortcomings. After all, the Alessandria City Council was looking for “a new bridge capable of becoming a milestone in contemporary architecture, which is why it was decided to resort to some of the world’s leading architects”. This is a single-span structure measuring 176.4 metres, constructed out of three basic elements: an arch, a pedestrian platform, and another separate platform used by vehicles. The designers, which in addition to Meier are the Milan-based architectural firm Dante O. Benini & Partners and the Arup firm from New York, described these “elements” as being “curved around a central ellipse linked and connected by girders and cables determining its structural design”. There is certainly no denying the complex’s great urban impact in a fairly obvious attempt to evoke the river’s presence so as to “restore it” to the city, which will finally be able to enjoy it as an integral part of its landscape despite its devastating influence in the past. This means the pedestrian platform is particularly important for the way it lets people go out “on” the river and calmly co-exist together, restoring it to its former status as a “benevolent god” bringing wealth and prosperity. Meier’s design, certainly not lacking in allusions to the present (to Santiago Calatrava for instance), is undoubtedly highly evocative. A sort of “annexed” tower - this is most obvious in the section over on the west side - it might also be designed to evoke the city’s Medieval fabric, almost like a look out or observation point allowing public access right up to the top. There are also two semicircular platforms which, at river level, are situated behind the bridge along its banks. Both are open to pedestrians in the summer, water level permitting, and “drowned” during the floods.

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■ Sezione

parziale e pianta del ponte. La piattaforma veicolare contiene tre corsie con larghezza totale di 10,5 metri mentre quella pedonale e ciclabile, in asse con il centro cittadino ha una larghezza variabile tra 13 e 7 metri ed è realizzata in legno.

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■ Partial

section and plan of the bridge. The road platform has three lanes measuring a total width of 10.5 metres, while the pedastrian/cycle path along the same axis as the city varies in width between 13 and 7 metres and is made of wood.

■ Rendering

prospettici del ponte. La struttura in acciaio si collega a terra con rampe e scalinate che nella piattaforma pedonale danno accesso a due piattaforme semicircolari lungo la riva del fiume.

■ Perspective

renderings of the bridge. The steel structure is connected to the ground by ramps and steps, which, in the case of the pedestrian platform, lead to two semi-circular platforms along the river bank.

Credits Project: Richard Meier & Partners Associate Architect and Work Direction: Dante O.Benini & Partners Architects Principal in charge: Richard Meier Structure Engineering: Ove Arup New York Graphic Design: Italo Lupi Client: Comune di Alessandria

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■ Particolari

degli schermi curvi anti-vento in acciaio zincato che caratterizzano la nuova Stazione di Servizio Fina a Houten.

■ Details

of the galvanised steel curved windbreak screens on the new Fina Service Station in Houten.

prima del tutto sconosciuta per questo tipo di funzioni, ma anche un’immagine dall’esterno che allude più decisamente ad un luogo di sosta raccolto e protetto. Un filtro che protegge dal vento e dai rumori ma anche un’immagine nuova, sul territorio, di unità e compattezza. La sua forma avvolgente nasce naturalmente dal movimento dell’automobile e dal desiderio di orientare con chiarezza le modalità di entrata e di uscita in modo da non interferire nella linearità dei flussi, ma essa è anche determinata dalla volontà di controllo della turbolenza del vento cosicché il doppio ordine di paraventi può scorrere o alzarsi sino a trovare la giusta posizione e forma. Un volume puro , definito sul lato delle pompe di servizio da una superficie continua in vetro, contiene i servizi necessari alla sosta. La copertura inclinata, nella notte, diventa la vera facciata illuminata che riflette a distanza la sua presenza accentuata dalla lame di luce che tagliano la copertura.. Una linea continua di neon blu (il colore icona della Fina) percorre il bordo dei paraventi disegnando morbide curve che si avviluppano segnalando, anche alla grande distanza, la presenza di uno spazio interiore in cui fermarsi. Remo Dorigati

e can all remember that picW ture of a horse-drawn stagecoach galloping across Monument

Christian Richters

La stazione di posta Service Station in Houten

Progetto: Samyn et Associés

utti ricordano l’immagine della T piccola diligenza trainata da coppie di cavalli schiumanti mentre attraversa la Monument Valley inseguita da orde di indiani scatenati. Il ritmo sostenuto, l’accelerazione degli eventi, l’accavallarsi delle immagini e i primi piani dei raggi delle ruote che tagliano lo spazio come in un’immagine futurista, fanno di “Ombre rosse” uno dei film più autentici della cultura americana dello spazio del movimento. Alla concitazione dell’inseguimento, magistralmente segnata dalla continua variazione della profondità di campo, segue la pausa. La diligenza si ferma alla stazione di posta. Il ritmo si fa lento, i cavalli si riposano e gli uomini, finalmente, incominciano a conoscersi e a parlare di se stessi. Alle immense estense di sabbia e di roccia, subentra la quiete di un interno domestico che aiuta l’uomo a riprendere le forze e a riflettere sul proprio destino e sulle umane debolezze. Il mito del viaggio si interseca inesorabilmente con il luogo del riposo, lo spazio aperto con lo spazio chiuso e la grande linea che segna il movimento nello spazio, riscopre il punto fisso che l’ha generata. Il passaggio dalla stazione di posta alla “pompa di benzina” è, in qualche modo, una naturale evolu-

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zione all’interno di una tipologia in cui permane una costante essenziale: essere luogo di interruzione del movimento, di sospensione di un’azione per poterla riprendere con rinnovato vigore. In fondo, i cavalli in carne e ossa diventano cavalli-vapore, il fieno viene sostituito dalla benzina e per il resto tutto avviene allo stesso modo cosicché la rinnovata energia del mezzo è anche occasione, per l’uomo, di incontro, di riposo e di ricostituzione delle proprie energie fisiche e psicologiche. E’ una delle tipiche architetture che non hanno di per sé un luogo ma possono vivere in molteplici contesti, urbani e non, che modificano impercettibilmente il loro carattere ma non la loro struttura profonda poiché il loro scopo principale è quello della riconoscibilità. Negli anni Trenta, soprattutto negli Stati Uniti, il tema delle stazioni di servizio era divenuto occasione per celebrare le immagini della nuova architettura moderna: grandi pensiline sfidavano la resistenza al vento e tutta l’iconografia legata all’immagine della compagnia petrolifera si proiettava in alto per cercare di marcare la propria presenza quanto più lontano era possibile. E questo non poteva sfuggire né alla ricerca della rottura scalare delle

immagini della pop-art né alla provocatoria e raffinata lettura di Venturi sullo spazio del movimento. Quando la TotalFina, dopo alcuni anni di ricerche su nuove modalità di rappresentare la stazione di servizio, in relazione a un tipo che ormai aveva consumato tutte le sue potenzialità e tendeva a ripetersi in modo monotono e ossessivo, decide di rivolgersi a Philippe Samyn per un nuovo progetto, egli è consapevole della difficoltà di disegnare un manufatto che allo stesso tempo fosse specifica icona della compagnia petrolifera ma anche rappresentasse una più sensibile volontà di integrazione sia con il paesaggio urbano che con quello agricolo. La nuova stazione è definita da una grande vela inclinata sostenuta da in ritmo di colonne costituite da quattro tubolari in ferro che si aprono, in alto, come una mano che solleva un peso leggero. L’inclinazione della copertura invita a entrare, mentre i tagli di luce collocati fra gli elementi strutturali delle travi contribuiscono ad alleggerire la sua massa. Ma ciò che rende peculiare il progetto è l’avvolgimento della stazione con una sorta di paravento metallico in lamiera striata e galvanizzata che non solo produce un’interiorità,

Valley being chased by hoards of Red Indiana. The sheer pace and acceleration of events, the sequence of images, and the close-ups of the spokes of the wagon wheels cutting across space like a Futurist picture, making “Stagecoach” one of the most authentic films in American culture depicting space in motion. The excitement of the chase, brilliantly brought out by constant variations in the depth of field and focus, is followed by a break. The stage coach stops at a mail station. The pace slows down, the horses rest and, at last, the people begin to talk and get to know each other. The huge open spaces of rocks and sand give way to a peaceful homely environment helping people to recuperate and think about their own fate and human weaknesses. The myth of travel is inevitably woven into a place of rest, open spaces into closed spaces, as that huge line marking the movement of space rediscovers the fixed point lying at its origin. In a sense, the transition from the mail station to the “petrol pump” is a natural development of

a stylistic type featuring one indispensable constant: the fact of being a place where motion is interrupted and an action is suspended only to be taken up again with greater force. In actual fact, real horses in flesh and blood turn into horse-power, hay is replaced by petrol, while all the rest remains the same, so that this regenerating of energy also provides the chance for people to meet, rest, and recuperate physical-psychological strength. This is one of those typical works of architecture that does not have its own special home but can be incorporated in all kinds of different contexts, both in and out of the urban environment, imperceptibly altering their nature but not their deep structure because their main purpose is to act as characterizing landmarks. In the nineteen-thirties, particularly in the United States, petrol stations were taken as a chance to celebrate the images of a new form of modern architecture: large cantilever roofs defying the wind and all the iconographic symbols connected with oil companies projected up on high to try and make their presence felt as far afield as possible.

Of course, all this could not escape the notice of the out-of-scale images of Pop Art or Robert Venturi’s elegantly provocative reading of space in motion. When, after a number of years research into new ways of representing petrol stations now that the old style had exhausted its potential and was just being monotonously repeated in a rather obsessive manner, TotalFina decided to commission Philippe Samyn to create a new design, it knew just how difficult it would be to design a construction acting simultaneously as an icon for an oil company and a sign of the desire to knit the cityscape into the farm lands. The new station is designed around a large sloping canvas held up by a row of columns constructed out of four iron tubes opening up a the top like a hand lifting a light weight. The slope of the roof draws people in, while the light shining between the structural elements of the beams helps lighten its mass. But what really makes the project is the way the station is wrapped in a sort of striated galvanised sheet metal windbreak, not only creating a sense of inner space quite alien to this kind of facility, but

also projecting an outside image decidedly evoking the idea of a comfortable, sheltered place of rest. A filter providing shelter against the wind and noise, but also a new image of compact unity on the landscape. Its enveloping form naturally emerges from the motion of a car and the desire to clearly indicate the entrance and exit, so as not to interfere with the smoothness of traffic flows. But it also derives from an attempt to control the wind, which explains why the double row of windbreaks can slide over or lift up into the right shape and position. A pure volume, marked by a curtain glass surface over by the pumps, holds the rest rooms etc. The sloping roof turns into an authentic illuminated facade at nighttime, so that the blades of light cutting through the roof can be seen from a distance. An unbroken line of blue neon lights (Fina’s own colour) runs around the edge of the windbreaks describing soft curves winding round to mark the presence, even from afar, of an interior space where people can stop to relax and for a break.

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■ Gli

schermi protettivi metallici curvi hanno la funzione di segnare il percorso per la circolazione all’interno della Stazione di Servizio.

■ The

curved metal protective screens are designed to mark the way through the Service Station.

■A

sinistra, rendering dell’accesso alla Stazione di Servizio e, sotto, prospettiva a volo d’uccello. In basso, vista notturna degli schermi metallici in cui è incorporato un sistema di luci al neon blu che segnalano e rafforzano la presenza dell’impianto anche di notte.

■ Left,

rendering of the entrance to the Service Station and, below, bird’seye-view. Bottom, nighttime view of the metal screens incorporating a system of blue neon lights marking and underlining the system even at night.

Credits Project: Samyn and Partners Architecture: Ph. Samyn, N. Neuckermans, J. Ceyssen, M. di Bartolomeo, J.F. Culot, R.Houben, T. Louwette Engineering Concepts: Ph. Samyn Contractors: Ingenieursbureau P. de Lange (structural engineer), Phlips Lighting (Lighting consultant), Har Hollands lichtarchitect (Lighting consultant subcontractor), Fina Nederland (Tendering coordination and Execution coordination), Tauw Milieu (Infrastructure and utilities tendering), Arcitectenburo Verdonk (execution coordination subcontractor), Mourik Groot-Ammers, Gebr. Löwik (Contractors), Dutch Canopy (structure and exterior finishing), Oskomera (Steel work subcontractor), Romijnders Service (HVAC), Bectro (Electricity), Fotolight (Publicity), Belluno (Refrigerator room), FA. Koster (Backery), Holland Engineering (Counter), Kadak (Ceilings), Shopex (Interior),

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Dujardin (Safes), Bever Innovaties (Digital price signs), Breek en Webr (Security system), Reditune (Sound system), Karcher (High pressure cleaning system), Quint Nooren (Fluidtight floor finishes), L.P.Gas (LPG installation), T.A.B. De Blesse (Fuel tanks), Tokheim (Fuel tanks equipment), TPS Installatie (Fuel tank installation), Weyers Waalwijk (Flexwell conduits), Crawford Deur (Section doors), Christ Car Wash (Car Wash equipment) Renderings and models: Samyn and Partners Client: Fina Nederland

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Solido e trasparente New Museum, Nurnberg

ulteriore interpretazione. Quale migliore dichiarazione di intenti nei confronti di un pubblico sempre più numeroso e assetato di eclatanti novità nel settore del turismo museale di un grande taglio per svelare in presa diretta il contenuto dell’involucro? Piattaforma comune di questi anni sembra essere diventata la dichiarazione di intenti “dal di fuori”. Avuto o costruito l’edificio occorre esibire, più o meno smaccatamente, la “costruzione nella costruzione” utilizzando lo scarto deciso nel registro architettonico come strumento immediato per far parlare di sé e richiamare l’attenzione del pubblico. Un segnale forte per incuriosire e mostrare un assaggio dello spazio interno, possibilmente animato dai visitatori. Oltre alla funzione comunicativa, c’è anche il nuovo modo di concepire le istituzioni artistiche e culturali, passate da austere e gelose custodi di pezzi rari, a promotrici di scambi e orgogliose amplificatrici del proprio patrimonio. In questo senso diventa sempre più difficile mantenere l’annoso equilibrio tra contenitore e contenuto, crinale dell’eterno dibattito tra museologia e architettura. La scelta operata da Volker Staab per il nuovo museo di Nurnberg, va in una direzione di meditata moderazione rispetto a queste problematiche, privilegiando la ricerca di un linguaggio che si potrebbe definire di moderna classicità: pochi colpi, ben assestati al fine di fissare l’essenzialità e chiarezza delle parti componenti. La grande facciata trasparente non intende mostrare i muscoli della propria tecnologia, ma coinvolgere lo spazio esterno della piazza circostante, facendo sentire il museo parte effettiva della città e viceversa. Proprio questo taglio deciso, leggermente incurvato, assume così la funzione di cucire il progetto verso l’intorno; la lunga e sottile pelle di vetro si stacca volutamente dai volumi interni, assumendo il ruolo di soglia di transizione o di scena virtuale: chi tra uno spazio “esterno” della piazza e uno “interno” del museo è il palco e chi spettatore? La scelta di non terminare la partitura in corrispondenza dello spigolo dell’edificio opposto, anch’esso parte del progetto nel delimitare i confini della piazza, ma di prolungarne la “fuga”, suggerisce uno spazio dilatato verso le strette viuzze pedonali limitrofe. Un altro aspetto interessante della composizione viene risolto da

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Margherita Spiluttini

l tema del nuovo museo sorto all’interno del tessuto urbano Iconsolidato si arricchisce di una

Progetto: Volker Staab

■ Prospettive

della lunga facciata curva vetrata che caratterizza il nuovo Museo di Norimberga destinato a contenere collezioni e mostre d’arte.

■ Perspective

views of the long curved glass facade characterising the new Nurimberg Museum designed for holding art exhibitions and collections.

questa linea immaginaria e pur reale costituita dalla facciata vetrata, ovvero il grado di libertà con cui si dispongono in pianta le parti costitutive del museo. Si tratta di tre gruppi di spazi, ciascuno connotato da una specifica funzione, collocati in modo adiacente, ma non collimante uno con l’altro. Gli uffici per l’amministrazione e per l’Istituto di Arti Moderne sono organizzati come parti di volumi rispettosi dell’andamento tradizionale del nucleo storico e dell’andamento della stretta strada che costeggia uno dei lati corto dell’ipotetico trapezio del lotto. Lo spazio per le mostre temporanee, l’atrio di ingresso e la sala conferenze fanno oggetto a sé, identificandosi con un doppio cubo collocato al centro dell’insieme. I grandi ambienti regolari dedicati alle sale per le collezioni permanenti si traversano di 45° sulla facciata aperta sulla piazza, lasciando ampie intercapedini tecniche tra una fila di spazi e l’altra. Questa disposizione paratattica, di cui Alvar Aalto fu indiscusso maestro, guidata dalla indipendenza della facciata principale rispetto a ciascuna delle categoria di spazi in questione, definisce di fatto la percezione di due ulteriori spazi che altrimenti non esisterebbero: cioè i due vuoti di cerniera tra gli uffici e il cubo di ingresso e tra questo e le sale delle collezioni. Proprio quest’ultimo è imperniato su una grande e nitida scala elicoidale di disimpegno ai piani, che può far ricordare quella contenuta nel cilindro di vetro posto in testa al Palazzo dell’Arte di Muzio a Milano. Seppur con i dovuti distinguo temporali, anche in questa realizzazione di Volker Staab a Nurnberg, si apprezza la ricerca verso un linguaggio rappresentativo fatto di chiarezza funzionale, di spartiti ampi e distesi, di scelta di forme e materiali finalizzati alle capacità costruttive ed espressive. Ne sono testimonianza il cornicione che corona la facciata in vetro, il rigore del prospetto sul lato opposto alla Luitpoldstrasse e il fronte in pietra del piccolo volume a L, nel quale è collocato il Design Forum, costruito sull’altro lato già sfrangiato della piazza. Il suo rivestimento in pietra e il passo ritmico e simmetrico delle aperture culminano con un’incisione, il cui testo e idioma sono secondari rispetto al “topos” dell’epigrafe. Al piano terra vi si insedia un Museum-Café che contribuirà a rendere più animata la fruizione della piazza anche dopo le ore di apertura del museo. Jacopo della Fontana

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■ Dal

basso in alto: la facciata principale; piante del piano terra (a sinistra) e del piano interrato); piante del primo piano (a sinistra) e del mezzanino; planimetria generale e sezione.

his is a fresh reading of the idea of stitching a new museum into T an old urban fabric. What better way of meeting the increasingly pressing demands of the general public hungry for new tourist-museum facilities than a huge slash directly revealing the shell’s contents? The general approach over recent years can be best summed up by the statement of intents “from outside”. Having obtained or built a building, the “construction of the construction” then has to be more or less blatantly shown off, drawing on a sudden architectural shift to make its presence felt and attract the public’s attention. A powerful sign designed to intrigue people and provide a foretaste of the interior space hopefully buzzing with visitors. In addition to these communicational factors, there is also a new way of treating artistic-cultural facilities, transformed from austere and jealous guardians of rare pieces into promoters of interaction and proud amplifiers of the museum’s assets. This makes it much harder to keep the delicate balance between the container and what it contains, the very crux of age-old debate between museography and architecture. Volker Staab’s approach to the new Nurnberg Museum works along the lines of mediated moderation in dealing with the problems at hand, focusing on experimentation with an idiom which might best be described as modern classicism: just a few well-aimed punches to clearly set its component parts in place. The large transparent facade has no intention of flexing its technological muscles, preferring to suck in the outside space of the nearby square to make the museum look as if it really is part of the city and vice-versa. This slightly curving slash is designed to stitch the project inwards; the long thin glass skin is deliberately disconnected from the interior structures, taking on the role of a threshold or virtual setting: which, out of the “outside” square and “inside” museum, is the stage and which the spectator? The decision not to end the division of spaces at the corner of the opposite building, which is also part of the project to mark the boundaries of the square, but to extend its “vanishing points”, creates space dilated towards the narrow pedestrian paths nearby. Another interesting aspect of the design is the imaginary yet real

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■ From

bottom up: the main facade; plans of the first floor (left) and basement; plans of the first floor (left) and mezzanine; section and site plan.

■ Particolare

della facciata vetrata dall’interno. Questo elemento rappresenta e determina un forte rapporto tra l’istituzione museale e la città.

■ Detail

of the glass facade from the interior. This feature represents and determines a powerful bond between the museum and city.

line formed by the glass facade, or in other words the freedom with which the museum’s constitutive parts are set out in the plan. There are actually three groups of spaces, each serving its own specific purpose, placed alongside each other without actually touching. The administration offices and offices for the Modern Arts Institute are arranged like parts of structures fitting in with the traditional layout of the old town centre and the path of the narrow road running along one of the short sides of the hypothetical trapezium-shaped building lot. The space for holding temporary exhibitions, the entrance lobby, and the conference room form an entity in its own right, looking like a double cube inside the overall unit. The large regular-shaped premises housing the permanent collection facilities run across the facade opening onto the square at an angle of 45º, leaving room for technical cavities between one row of spaces and another. This paratactic layout championed by Alvaar Aalto, working around the way the main facade is separated from each of the other spaces, determines how the two other (otherwise non-existent) spaces are perceived: i.e. the two empty spaces hinging together the offices and entrance cube and the entrance cube and rooms holding the collections. This latter area pivots around a large spiral staircase connecting the different floors, calling to mind the one in the glass cylinder at the top of the Palazzo dell’Arte di Muzio in Milan. Taking due count of time differences, Volker Staab’s Nurnberg design is also notable for the way it tries to find its own idiom based around functional clarity, wide open spaces, and a choice of forms and materials geared to constructive-stylistic purposes. This can be seen in the large cornice topping the glass facade, the carefully gauged elevation over on the side opposite the Luitpoldstrasse, and the stone front of the small L-shaped structure holding the Design Forum built over on the other fringed side of the square. Its stone cladding and rhythmic symmetric pattern of openings terminate in an engraving whose wording and writing style are of secondary stylistic importance compared to the “topos” of the inscription. The ground floor holds a CafeMuseum which will ensure the square is used even when the museum is closed. Jacopo della Fontana

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■ Due

delle sale espositive che sono state progettate come open space per lasciare grande flessibilità alle installazioni di arte contemporanea.

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■ Two

of the exhibition rooms designed as large open spaces allowing great flexibility for contemporary art exhibitions.

■ La

grande scala elicoidale che caratterizza l’atrio di ingresso del museo.

■ The

large spiral staircase characterising the museum’s entrance lobby.

Credits Project: Volker Staab Architekten Client: Neues Museum Nürnberg

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Idee, forme e spazi Vision Machine 2000, Nantes

Progetto: Nox / Lars Spuybroek

■ Vista

generale dell’installazione Wet Grid realizzata da Lars Spuybroek/Nox per la mostra “Vision Machine”, aperta la Museo di Belle Arti di Nantes fino al 10 settembre 2000.

■ General

view of the Wet Grid installation designed by Lars Spuybroek/Nox for the “VisionMachine” exhibition on display at the Nantes Fine Arts Museum until 10th September 2000.

osa lega inscindibilmente il corpo e le sue parti, nella percezione che C abbiamo di noi e del nostro rapporto con il mondo? Perché sentiamo una protesi esteriore a noi come parte del nostro corpo, come l’automobile, o un cappello, e quindi misuriamo i nostri gesti in funzione di questa protesi, che sembra ormai parte del nostro io? Sono temi di derivazione neurologica, che stimolano l’architettura dei Nox, architettura come un organismo vivo che riflette su se stesso. Il progetto di Lars Spuybroek per Nantes si pone una serie di domande; scatta immagini istantanee prese da un fluire di idee, di forme, di spazi. Come il progetto per un padiglione acquatico (l’Arca 133) diveniva lo spunto per riflettere sulla liquefazione dello spazio, così oggi una mostra sugli artisti e architetti del XX secolo, diventa uno spunto per disegnare la nuova “macchina della visione”, addirittura solidificando un vortice. Chiara la discendenza filiale dall’utopismo di Kiesler, l’interrelazione tra oggetto, ambiente, l’utopia di uno spazio urbano aperto, infinito, in perenne divenire. Così lo spazio del Musée des Beaux Arts di Nantes viene investito da un turbine di architettura. Un luogo in cui i tradizionali connotati della visione del “corpo fermo che osserva”, non sussistono più: non c’è più la immobile “colonna di carne”, dotata di occhi, ma un corpo e una mente accesi dal gioco visionario. Uno stato di iper-visione: entriamo in trance, sospensione dove le esperienze sono eccitate, estremizzate. Lo stesso concetto di “Wet Grid” evocato da Nox è un disegno fluido, non rigido, un meccanismo regolatore e “deviatore” di se stesso al contempo, ordine che viene evocato dall’organismo, che ha dei punti sregolati, smagliature, sfocature. È la differenza tra grid, come fissità e network, come connessione in movimento. Ma come tutto questo grumo di intenzioni diviene costruzione di un ambiente, una esperienza concreta? Attraverso una sperimentazione di laboratorio, quasi artigianale, così come Gaudí sospendeva i pesi ai fili per verificare le sue strutture. Oggi è il computer lo strumento. Così Spuybroek utilizza il programma che disegna i vortici nei film di Hollywood e lo trasferisce nel mondo reale per creare delle architetture; tutto si genera a partire da linee parallele, che vengono a trasformarsi in nodi, sommovimenti, spazi “nell’occhio del ciclone”. Non c’è frattura, c’è solo continuo movimento di linee e di materie che si coagulano. Un processo di ingegneria genetica che disegna una tessitura in legno che fissa il vortice, ibridato in un “solido immateriale”. Uno spazio in cui perdersi e trovarsi, un luogo dove la mente trova un suo corpo e viceversa. Stefano Pavarini

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■ L’installazione

di Nox rompe la tradizione cartesiana di ortogonalità introducendo una nuova relazione tra lo spettatore, le opere, lo spazio attraverso una combinazione di piani inclinati, superfici curve, vortici, cupole opache.

■ The

Nox installation breaks with conventional Cartesian orthogonality to set up new relations between the observor, works of art, and space by combining sloping planes, curved surfaces, vortexes, and opaque domes.

Credits Project: Lars Spuybroek/Nox Collaborators: Joan Almekinders, Dominik Holzer, Sven Pfeiffer, Wolfgang Novak, Remco Wilcke

Project Assistants: Xavier Fouquet, Sylvain Gasté Exhibition Curator: Arielle Pélenc Client: Musée des Beaux Arts Nantes

hat creates that unbreakable bond between the body and its W parts as we perceive ourselves and our relations to the outside world? Why do we feel that an external prosthesis, like a car or a hat, is actually part of our body, gauging what we do through this artificial extension seemingly part of our very selves? Questions of neurological deviation like these stimulate the Nox firm’s vision of architecture as a self-reflexive living organism. Lars Spuybroek’s project for Nantes asks a number of questions; snapshots taken from a flux of ideas, forms, and spaces. Just as the design for a Water Pavilion (l’Arca 133) provided the chance to reflect upon the liquefying of space, and an exhibition about XXthcentury artists and architects is now providing the opportunity to design a new “vision machine”, actually solidifying a vortex. This is clearly the legacy of Kiesler’s utopian vision of interaction between object and environment, the utopian idea of an infinite open urban space in an endless state of becoming. The Fine Arts Museum in Nantes is an architectural turbine. A place where the traditional connotations of the vision of a “still body that observes” no longer exist: the motionless “column of meat” fitted with eyes has been replaced by a mind and body illuminated by visionary interplay. This is a state of hyper-vision: we fall into a trance, a suspended accentuation of our experiences. The very concept of a “Wet Grid” evoked by Nox is a fluid design free from rigidity, a mechanism that controls as it “deviates”, a kind of order drawn out of the organism, with some blurred, fuzzy, disjoined points. This is the difference between a grid as something fixed and a network as a connection in motion. But how can all these fine intentions be constructed into an environment, a concrete experience? Through almost craftsmanlike laboratory experimentation, in the kind of way Gaudi hung weights from threads to check his structures. Nowadays we do this on a computer. So Spuybroek uses the programme for designing whirlwinds in Hollywood films and transfers it into the real world to create authentic works of architecture; everything derives from parallel lines that are turned into knots, tremors, spaces “in the eye of the cyclone”. There is no fracture, there is just a constant movement of lines and materials coagulating together. A process of genetic engineering weaving a web of wood that freezes the vortex, giving it a hybrid form in an “immaterial solid”. A space in which to get lost and then find ourselves again, a place where the mind finds its body and vice-versa. Stefano Pavarini

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Sala stampa For the Jubilee opera che presentiamo si insedia a Roma non lontano dalla L’ Basilica di San Pietro, la cui facciata recentemente restaurata presenta nuovi motivi di attrazione e di interesse. Nello spazio dell’ex cinema Castello, una sala dotata di arena, costruita agli inizi del secolo secondo gli schemi tipologici tipici del tempo, di proprietà dell’Inps, progressivamente caduta in disuso e nella sua vita più recente destinata unicamente ai concerti rock. Il nuovo impianto, che una volta terminato il Giubileo sarà a disposizione della città, confina con le mura del celebre Passetto di Borgo, l’antico camminamento in quota, iniziato nel VI secolo, proseguito nel XIII e completato da Urbano VIII, di cui la Sovrintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici sta completando il restauro. Un corridoio lungo oltre settecento metri, in parte non ancora completamente liberato, ma presto percorribile, che congiunge i palazzi del Vaticano con la fortezza di Castel Sant’Angelo, l’ex Mausoleo di Adriano, sfiorando i tetti di borgo e permettendo ai pontefici assediati di salvarsi dalla furia devastatrice dei barbari invasori. Oltre al Passetto dalla parte opposta della strada compare il prospetto secondario dell’auditorio di Santa Cecilia a via della Conciliazione, il più grande a Roma - in attesa di quello di Renzo Piano - e tra le ultime opere di Marcello Piacentini, apprezzata persino dai critici modernisti e quindi in odore di santità, anche per l’ottima acustica. Del resto il vecchio maestro aveva già fatto le prove generali con il Sistina. E’ in questo contesto che sorge il nuovo impianto progettato dallo studio Pediconi (un nome certamente celebre nell’architettura del Novecento a Roma, anche se non riportato, insieme a molti altri, dall’Enciclopedia dell’Architettura di Garzanti) e da Riccardo Magagnini, su incarico dell’Amministrazione Capitolina, ovvero dall’Agenzia Romana per la preparazione del Giubileo. Infatti, chi si aspetta, anche per la vicinanza con la Città del Vaticano, i classici simboli cristiani entrando nella sala conferenze scopre con sorpresa, sul palco degli oratori, lo stellone della Repubblica italiana. Del resto, la struttura, che si estende per una superficie di 2.100 metri quadri di cui 1.650 coperti su tre piani ed è costata più di sette miliardi (Iva esclusa) è di certo tra le più importanti tra quelle realizzate per il Giubileo e nasce dalla necessità di accogliere i giornalisti

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giunti a Roma da ogni parte del mondo per seguire gli avvenimenti religiosi, ma anche la lunga serie di eventi culturali predisposti per il Duemila. Infatti, la sala stampa, dotata delle tecnologie più adeguate, è collegata in tempo reale con i più importanti centri informativi: dalla Rai alla sala stampa della Santa Sede alla banca dati dell’Ansa. Ma torniamo all’impianto. Le scelte architettoniche e i materiali impiegati per l’esterno: il mattone e il travertino, che garantiscono l’unitarietà dell’isolato e ben si adattano a quest’angolo della città e alle presenze dell’intorno. L’ingresso principale è posto in posizione assiale rispetto all’edificio stesso mentre un corpo secondario posto lungo via di Porta Castello crea un dinamismo, una asimmetria sulla facciata principale, sottolineata con l’inserimento appena sopra l’ingresso di un arco ribassato, interrotto sulla confluenza dei due edifici. Indubbiamente i progettisti hanno curato con particolare attenzione la valorizzazione dei caratteri esistenti, dei punti di osservazione, delle prospettive, ben attenti a non urtare nulla, in realtà probabilmente preoccupati di non farsi fermare i lavori da “linee diritte o angoli retti”, come annota la presentazione. E’ noto, infatti, come i materiali più recenti non siano ben visti dai Sovrintendenti - in realtà i veri artefici delle scelte architettoniche della città eterna e ferma su se stessa a rimuginare brandelli di linguaggi consunti, triti e ritriti. All’interno, invece, è possibile lasciar libero sfogo alla libido inventiva e trionfa l’immagine high-tech delle grandi superfici di cristallo, aperte verso l’esterno, lo spazio della vecchia arena e le superfici specchianti del soffitto della sala disegnato quasi fosse una foglia che però impiega - solo perché è di moda? - zinco-titanio. Troviamo cioè soluzioni innovative come ampi spazi al piano terreno mentre gli uffici posti al secondo e terzo piano sono tenuti da colonne sospese in acciaio e agganciate a travi portanti con tiranti anch’essi in acciaio che lasciano indipendenti le mura perimetrali dell’edificio. In realtà anche qui, nonostante le intenzioni “rivoluzionarie”, tutto è tranquillo, equilibrato, piacevole. Insomma conformista, in sintonia con ciò che si aspetta il giornalista. Mario Pisani

Progetto: Studio di architettura Camillo Padiconi, Giancarlo Pediconi e Riccardo Magagnini

he work we are presenting is situated in Rome, not far from T San Pietro Basilica, whose recently renovated facade is attracting considerable interest. In the area where the old Castello Cinema used to stand, a hall furbished with its own auditorium designed in a style that was in vogue back then and owned by the Social Security Department, was gradually abandoned down the years and more recently used exclusively for holding rock concerts. The new facility, which will serve the city when the Jubilee celebrations are over, borders on the walls of the famous Passetto di Borgo, an old overhead walkway, on which work first began in the VIth century, continued in the XIIIth and was completed by Urban VIIIth, and which is now being renovated by the Fine Arts and Monuments Commission. An over seven-hundred-metre-long corridor, which has not yet been completely repaired but will soon be open, connecting the Vatican buildings with the fortress of Sant’Angelo Castle, and what used to be Hadrian’s Mausoleum, skirting past the building roofs and enabling the Popes to escape the devastating wrath of Barbarian invaders. In addition to the Passetto, over on the other side of the road we can see the secondary elevation of Santa Cecilia Auditorium in Via della Conciliazione, the biggest in Rome - at least until Renzo Piano’s is built - and one of Marcello Piacentini’s last works, which even the modernist critics appreciated and, bearing in mind its religious connotations, with excellent acoustics. After all, the old master had already tried out his hand on the Sistine Chapel. This is the context in which the new plant designed by the Pediconi firm (certainly a famous name in twentieth-century Roman architecture, even though it does not appear, along with many others, in the Garzanti Encyclopaedia of Architecture) and Riccardo Magagnini, who were commissioned to carry out the work by the Rome City Council or rather the Rome Agency for the Jubilee. Anyone expecting to find classical Christian symbols upon entering the conference hall, partly due to the close vicinity of the Vatican City, will be surprised to se the Star of the Republic up on the speaker’s platform. The structure, covering a surface area of 2,100 square metres including 1,650 of covered space built over three floors and costing over seven billion Italian lira (excluding VAT), is certainly one of the most important to be built for the Jubilee and

designed to host journalists arriving from all over the world to follow the religious events and a whole range of cultural events for celebrating the year two thousand. In actual fact the press room, equipped with the latest technology, is connected in real time with the most important information centres: from the Rai Italian Broadcasting Company to the Vatican’s press room and the Ansa press agency’s data bank. But let’s get back to the main plant. The architectural features and materials used for the outside: brick and travertine unifying the entire block and adapting nicely to this corner of the city and its surroundings. The main entrance is placed in an axial position in relation to the building itself, while a secondary building along Via di Porta Castello creates a sense of dynamism and asymmetry along the main facade, underlined by incorporating a lowered arch just above the entrance that is interrupted where the two buildings meet. The architects have certainly paid particular attention to embellishing eco-values, observation points, and perspectives, making sure nothing is harmed, worried as they were about having work stopped due to “straight lines or right angles”, as the brief mentions. Which, as is well known in fact that the latest materials, are not exactly appreciated by city Superintendents. These are the people really responsible for any architectural developments in Rome, where to tell the truth nothing new has been created, as old idioms have been recycled time and time again. On the inside, plenty of room has been left to artistic invention, as high-tech reigns supreme in the wide glass surfaces open towards the outside, the old auditorium, and the reflective surfaces of the hall ceiling, designed as if it were a leaf made - just for fashion reasons? out of zinc-titanium. In other words, we find innovative solutions like wide open groundfloor spaces, while the second and third floor offices are held up by suspended columns made of steel hooked onto bearing girders with tie-rods also made of steel leaving the building’s outside walls free. Despite its “revolutionary” intentions, this is actually a nice, calm and balanced design displaying the kind of orthodoxy journalists will be expecting.

■A

sinistra dal basso in alto: pianta del piano terra; pianta del secondo piano; sezioni longitudinali. A destra, dal basso in alto: prospetto principale, pianta del primo piano, pianta delle coperture.

■ Left,

from bottom up: ground floor plan; second floor plan; longitudinal sections. Right, from bottom up: main elevation, ground floor plan, and plan of the roofs.

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sinistra, particolare e vista generale dell’ingresso del centro Stampa per l’Agenzia Romana del Giubileo. Sotto, la congiunzione tra l’edificio esistente e la nuova sala conferenze. ■ Left, detail and general view of the entrance to the Press Centre for the Rome Jubilee Agency. Below, the combination of the old building and new press room.

■ Particolari

del tamponamento in mattoni dell’edificio esistente cui si contrappone la struttura in acciaio e vetro aggiunta nella parte posteriore del complesso. ■ Details of the old building’ s brick curtain wall contrasting with the steel and glass structure added onto the rear part of the complex.

Gianluca Bianchi-Beatrice Pediconi

■A

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■ Viste

degli interni della nuova sala conferenze che può ospitare 140 persone. Il tetto a foglia conferisce all’insieme un’immagine spaziale di leggerezza e sospensione grazie anche alla tecnologia leggera della struttura prefabbricata di

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a colonne in acciaio e manto di finitura in zincotitanio e alle modulazioni di luci e ombre ottenute dalla curvatura della copertura e dalla regolazione dell’irraggiamento dovuta ai frangisole in facciata.

■ Views

of the interiors of the new press room, which can hold 140 people. The leaf-roof injects the complex with a spatial image of lightness and suspension, thanks also to the light-weight technology used for the prefabricated structure of

steel columns and zinctitanium finish and to the modulating of light and shadow by the curved roof and by controlling sunlight by means of facade shutters.

Credits Project and Management: Camillo e Giancarlo PediconiRiccardo Magagnini Architetti Associati Structural Engineering: SPC (Giorgio Croci) Plants Engineering: TIM Progetti (Pio Pediconi) Tests: Alessandra Montenero Security: Lamberto Belvederi, Giovanni Pesare

General Contractor: Dema Costruzioni Metalwork: Quondam Aluminium Curtain Wall: Schüco Facade Frames: Penta Infissi Lighting: iGuzzini Illuminazione Flooring: Cotto Impruneta Foating Floors: Tekma

False Ceilings: Sadi Partition Walls: Clestra Hausermann Lifts: Ceam Plants: Cogim Furniture: Celi, Ycami, Deco, Suncover Roofing: Rheinzink Insulation Systems: Foamglass-Habitema

Automatic Controls: Siatel Sistem Client: Agenzia Romana per la Preparazione del Giubileo (architect-in-charge Rolando Zorzi)

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Gestuale e lirico Underground Parking, Rome entre a causa della rivoluzione elettronica il pianeta è M sempre più piccolo, sempre più “villaggio globale”, le metropoli tendono invece a crescere a dismisura. La spasmodica ricerca di spazio, soprattutto per “nascondere” automobili, pone all’attenzione una tipologia architettonica minore - gli ingressi ai parcheggi sotterranei -, ma sempre più presente sul territorio metropolitano. Insomma, su quali concetti basano i loro progetti gli autori di queste microarchitetture disseminate fuori e dentro lo spazio urbano? Realizzare un’opera ipogea di circa 12.500 metri cubi, ma visibile all’esterno solo attraverso una struttura poco più grande di una fermata d’autobus, può essere fru-

no, l’ingresso del parcheggio risulta condizionato nella scelta di un materiale “scultoreo”, plastico e rude come il cemento armato, che però non perdona trasgressioni oltre l’estetica della cappella di Notre Dame du Haut a Ronchamp. Forse il progetto ha in qualche modo sofferto per mancanza di complessità: “Pochi gli elementi esterni necessari perché utili - lamenta Paola Rossi -, da cui il progetto prende spunto per esistere: rampa, ascensore, lucernari”. Più per differenza che per assonanza. La strada intrapresa è comunque tutta in salita, poiché pare puntare tutto su l’eterna ricerca di quell’armonia totale assicurata dal connubio natura e artificio. In realtà l’intervento, per

strante. Almeno per chi, come Paola Rossi, pensa all’architettura come a una sorta di strumento per non “accettare l’immodificabilità dell’ovvio quotidiano”. Un ovvio rappresentato anche da committenze spesso impermeabili a qualsiasi proposta innovativa, che preveda anche solo un minimo incremento di costo. Il progetto di Paola Rossi per la realizzazione del parcheggio interrato, commissionatole dalla società 4 EFFE, una concessionaria Renault, doveva tener conto di un intorno quanto mai difficile come quello di una delle tante aree periferiche ai margini del Grande raccordo anulare a Roma. Gestuale nella forma e lirico nell’intenzione di porsi quasi come unica struttura narrante nell’intor-

■ In

queste pagine, piante, sezioni e viste del nuovo parcheggio interrato della concessionaria Renault 4 EFFE a Roma. Realizzato in prossimità del Grande Raccordo Anulare, il parcheggio è disposto su due livelli e si sviluppa su una superficie coperta di 2.500 mq, con una cubatura di 12.500 m3.

Progetto: Paola Rossi

quanto riguarda la struttura esterna, pur nella sua limitata volumetria, appare un blocco impermeabile alle suggestioni del suo intorno. Per intorno s’intendono anche le automobili che entrano ed escono dallo spazio ipogeo. Appare, insomma, un po’ stridente la distanza tecnologica fra contenitore e contenuto. Un buon rapporto forma materiale prevede una sorta di etica progettuale rigorosa quanto intransigente: è davvero un peccato che una “forma libera nella continuità dello spazio” come questo ingresso al parcheggio, dinamico come una scultura boccioniana, sia costretto dentro un involucro matericamente poco interfacciabile con nuove visioni progettuali. Carlo Paganelli

ne of the most startling consequences of the electronic revoO lution is the way the planet will keep on getting smaller, becoming more and more a “global village” due to the speed of communications; big cities will also continue to grow at a breathtaking rate. Occasional experimentation into space, particularly to “hide” cars, is attracting attention to a more minor type of architecture entrances to underground car parks -, now an increasingly common sight in our cities. So what is the concept underpinning the projects bearing the signature of the designers of these microworks of architecture spreading right across and beyond the cityscape?

Constructing an approximately 12,500-cubic-metre underground facility, which can only be seen from the outside through a structure not much bigger than a bus stop, can be a frustrating business. At least for someone like Paola Rossi, who treats architecture as a sort of instrument for refusing to accept the immutability of everyday reality”. A kind of reality sometimes represented by clients who refuse to contemplate any new ideas involving even the slightest increase in costs. Paola Rossi’s project for a new underground car park, commissioned by the 4 EFFE firm belonging to Renault, will have to come to terms with the kind of tricky territory found in lots of suburban areas

on the outskirts of the main Ring Road in Rome. Majestically designed with poetic style as if to narrate its surroundings, the car park entrance is designed around a rough “sculptural” material like reinforced concrete, whose aesthetic limits are set by Notre Dame du Haut Chapel in Ronchamp. Perhaps the project suffers from a certain lack of complexity: “Not many outside elements actually serve any real purpose - so Paola Rossi complains -, so there is nothing much to inspire the basic design: a ramp, lift, and skylights”. The design works more around differences than assonances. This is certainly an uphill struggle, since it seems to focus exclusively on the

■ These

pages, plans sections and views ofthe new underground parking of Renault dealer 4 EFFE in Rome. Built near the Main Ring Road, the parking develops on two levels with a surface of 2,500 sq.m and a volume of 12,500 m3.

overall harmony provided by a combination of nature and artifice. In actual fact, the outside structure’s small size makes it look like a block impermeable to its surroundings. By surroundings we also mean the cars entering and leaving the underground space. In actual fact, the technological distance between the container and its contents is quite considerable. A good combination of form and material involves a rigorously unyielding ethics of design: it is a real pity that a “free form of smoothly continuous space” like this car park entrance, as dynamic as a sculpture by Boccioni is confined inside a shell whose material constitution does not really fit in with new visions of design.

Silvia Massotti, Andrea Calabresi

Credits Project: Paola Rossi Project Team: Livia Musmeci Structural Engineering: Giorgio Toni Main Contractors: EdilGiove, italcementi, Metra Client: Concessionaria Renault 4 EFFE s.r.l.

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i Unione Europea si parla moltissimo, forse troppo. Chi scrive D deve ancora metabolizzare l’idea di

lingual nature of the European Union, not very well geared to the Internet’s research facilities, has meant that the Charlemagne Building has found very little room on the web. The most surprising thing is not just, or so much, the scale of the overall project, as its great symbolic force. Named in honour of the political-spiritual father of our Union, the Charlemagne Building was built back in the 1960s to hold the headquarters of the European Community: the tip of a huge arrow mounted on a huge rostrum capable of adjusting the building to the natural slope in the land. The design works around the need to knit the building smoothly into its surrounding urban context made up of a rather regular pattern of roads. The real theme of the project lies in its attempt to create a connection, a new necessary and feasible bond between the city and an individual work of architecture. The main problem is to repair this urban machine by creating visual paths smoothly connecting together distinctive elements: in this case, bits of the city which are quite different from each other, despite being dangerously close together. This means we are entitled to talk about a town-replanning operation completed by carefully adding on and removing structures from the pre-existing building: lining up with the road network, carefully constructing corners and crossings, setting up visual relations, and mitigating the impact of architectural masses. This clads the building with a thin tapering architectural film, a curtain wall that can bend like a sheet of metal, decorated by a pattern of exposed structural elements and plenty of glass surfaces. Like a tight-fitting garnment, the curtain wall allows the Charlemagne Building’s own forms to stitch neatly in with the features and image of the surrounding city: it reinforces the axial layout of busy Rue de la Loi and underlines the main entrance, as a curved screen over on the other side facing the housing estate makes it possible to mediate that inevitable jump in technology and scale, as well as mitigating the visual impact of the three wing volumes. In a similar way, the rostrum’s simplified forms and reduced dimensions have been drastically changed in their look and functions: the entrance, where there is a transparent glass lobby, turns into a hub, the place connecting the city and building back together and mediating between the street and the Charlemagne Building’s vertical masses.

possedere, e non da ieri, una doppia cittadinanza, mentre già si portano a compimento consistenti operazioni di lifting architettonico e urbanistico alle strutture cardine di questa unione, forse labile, se non altro almeno da un punto di vista meramente emotivo. A molti di noi la città di Bruxelles è nota soprattutto attraverso la cartografia urbana e la ricca, e a volte bieca, anedottica comunitaria, fatta di notazioni metereologiche, inquietanti direttive, stipendi stratosferici, delizie e orrori alimentari, anche se l’infanzia di una intera generazione si è già arricchita, tra le altre cose, delle immagini di una città in pericolosa oscillazione tra Parigi, Brasilia e Dallas. Una città che come poche altre è stata in grado di divorare il proprio cuore più antico, vittima delle ambizioni e delle sperimentazioni urbanistiche e di controllo del territorio, oltre che del difficile rapporto tra Municipio e Unione Europea. Comunque sia, già da decenni siamo stati indotti in qualche modo a pensare che a Bruxelles dovesse necessariamente pulsare il cuore del continente, anche attraverso le icone di un’architettura improntata sulla modernità e sulla efficienza. Questo mito, così come lo slancio politico, ha avuto bisogno, nel tempo, di rinnovamenti continui e consistenti, di ripensamenti e correzioni. L’intervento di ristrutturazione del Charlemagne Building rientra nel novero delle operazioni di rinnovamento urbano ormai tipiche nelle città del mondo e della cultura occidentale si veda a questo proposito, per la comunanza di intenti, il progetto di De Portzamparc per il nuovo Centro Congressi di Parigi (l’Arca 150) : centrale appare essere qui, come altrove, la necessità di ricucire uno strappo tra il disegno della maglia viabilistica regolare e della strada-corridoio, e un’architettura cresciuta con scarsi riferimenti alle caratteristiche dell’ambiente urbano circostante. Le foto aeree riportano con una certa precisione l’aspetto del quartiere nel quale è sorto il Charlemagne: lungo il suo fronte principale scorre un asse viabilistico in fase di rapida trasformazione, i cui equilibri originali e specifici sono forse andati perduti per sempre; sul retro si scorgono invece gli scampoli di un quartiere residenziale in piccola scala, sul quale si allungano minacciose le ombre degli edifici comunitari, invecchiati precocemente a rappresentare il mito di una modernità forse già scaduta da tempo. A proposito di modernità e rinnovamento: forse a causa della natura poliglotta della Unione Europea, che mal si adatta a rispondere alle esigenze dei motori di ricerca di Internet, il nuovo

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Charlemagne Building, e l’operazione di ristrutturazione che lo ha coinvolto, trovano spazio limitatissimo nella rete. Il fatto sorprende non tanto e non solo per le dimensioni dell’intervento complessivo, quanto e soprattutto in relazione al suo ovvio valore simbolico. In onore al padre politico e spirituale della nostra Unione, il Charlemagne Building viene realizzato negli anni Sessanta, a ospitare la sede della Comunità Europea: la punta di una enorme freccia, montata su un podio massiccio in grado di adattare la struttura al declivio naturale del terreno. La progettazione parte dal bisogno di inserire coerentemente l’edificio nel contesto urbano circostante, costituito da una maglia viabilistica piuttosto regolare. Il tema compositivo va ricercato quindi più in generale, nel tentativo di creare una connessione, un rinnovato, necessario e possibile rapporto tra città e singola architettura. Centrale appare il bisogno di riparare la macchina urbana, intervenendo sulla costituzione di percorsi visivi in grado di collegare armoniosamente specifici elementi: in questo caso parti di città molto diverse fra loro, anche se pericolosamente vicine. E’ quindi possibile parlare di un’operazione di re-urbanizzazione, portata a compimento attraverso calibrati interventi di addizione e sottrazione dei volumi dell’edificio esistente: ricreare allineamenti con la maglia stradale, definire con cura angoli e incroci, determinare rapporti visuali, ridurre l’impatto delle masse architettoniche. L’edificio è quindi rivestito da una sottile e affilata pellicola architettonica, un curtainwall capace tuttavia di flettersi come un foglio metallico, scandito dal ritmo degli elementi strutturali a vista e dal diffuso impiego di superfici vetrate. Come un vestito aderente, il curtainwall consente al Charlemagne di integrare armonicamente le proprie masse alle caratteristiche e all’aspetto città circostante: lungo la Rue de la Loi rinforza l’assialità della grande arteria di scorrimento, e sottolinea la presenza dell’ingresso principale, sul lato opposto, a fronteggiare il quartiere residenziale, lo schermo curvo consente di mediare l’inevitabile salto di tipologia e di scala oltre ridurre l’impatto visivo delle tre grandi masse delle ali. Allo stesso modo il podio, semplificato nelle forme e ridotto per dimensioni, e sul quale poggia l’intera struttura, è fortemente modificato nell’aspetto e nelle funzioni: l’ingresso, nel quale trova collocazione un atrio caratterizzato dalla trasparenza del vetro, diviene il perno, il luogo della riconnessione tra città ed edificio, della mediazione tra la strada e le masse verticali del Charlemagne. Filippo Beltrami Gadola

here is plenty of talk about the European Union, perhaps too T much. I am still trying to get used to the idea of having (for some time now) a dual nationality. Meanwhile, notable architectural and town-planning face lifts are being carried out on the key constructions of a union which is still rather fragile, at least emotionally speaking. Most of us are still mainly familiar with the city of Brussels from the point of view of its urban cartography and a series of rather grim stories about the community, a melting pot of weather reports, disturbing directives, staggering salaries, and culinary delights and disasters; while an entire generation of youngsters have already witnessed, amongst other things, images of a city dangerously wavering between Paris, Brasilia, and Dallas. A city which has showed an almost unrivalled capacity to eat out its own old heart, a victim of ambition, townplanning experimentation, and territorial control operations, as well as troublesome relations between the City Council and European Union. In any case, for years now we been used to the idea that Brussels is necessarily destined to be the beating heart of Europe, partly through great architectural icons of modernity and efficiency. It has taken plenty of re-thinking and major corrections down the years to keep this legend going and ensure it loses none of its political thrust. The project to modernise the Charlemagne Building fits in with the kind of urban redevelopment operations found in many cities both in western nations and worldwide as an example of this unity of intents, it is worth mentioning Chritian De Portzamparc’s design for the new Paris Porte Maillot Conference Centre (l’Arca 150): here, as elsewhere, considerable importance is focused on the need to stitch back together the road network with all its road-corridors and to rectify works of architecture which seem quite oblivious to their surrounding urban environment. Aerial photographs clearly show the neighbourhood in which the Charlemagne Building is located: the road running past its main front is undergoing rapid change and there is probably no chance of retrieving its original characteristics and balances; round the back, on the other hand, we can glimpse what is left of a small-scale housing estate in the shadow of European Community buildings that have aged rather precociously as evidence of the decline of modernity. While we are on the question of modernity and renovation, the multi-

Hisao Suzuki

Euroristrutturazione Charlemagne Building, Brussels

Progetto: Murphy/Jahn

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■ Nella

pagina precedente, la scala di accesso alla piazza sopraelevata su cui si apre l’ingresso della nuova sede del Unione Europea a Bruxelles ricavata dall’adeguamento del vecchio edificio Charlemagne realizzato nel 1968. Sotto, sezione e prospetto parziale del sistema di

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facciata. A destra, dall’alto in basso, planimetria generale e pianta del livello di ingresso, e particolare della facciata continua vetrata. Nella pagina a fianco, la grande quinta vetrata che ha la duplice funzione di schermare l’edificio dalla strada e congiungere visivamente i suoi vari elementi.

■ Previous

page, the entrance steps to the raised plaza where the entrance to the new headquarters of the European Union in Brussels stands, a redevelopment of the old Charlemagne building dating back to 1968. Below, sectin and partial elevation of the facade system. Right, from top down, site

plan and plan of the entrance level, and detail of the glass curtain facade. Opposite page, the large glass curtain serves the double purpose of shielding the building from the road and visually linking together its various elements.

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■A

sinistra e nella pagina a fianco, viste generali dell’edificio che, attraverso addizioni e sottrazioni rispetto all’edificio originario, si pone come nuovo elemento caratterizzante dell’area urbana in cui sorge. Sopra, due prospettive degli interni improntati a una forte trasparenza e espressività tecnologica. ■ Left and opposite page, general views of the building, whose additions to and subtractions from the original building make it a real landmark on its urban surroundings. Above, two perspective views of the interiors designed along the lines of transparency and technological style.

Credits Project: Murphy/Jahn Project Team: Helmut Jahn, Sam Scaccia, Gordon Beckman, Stephen Kern Associate Architect: Arias: ARC, S.A. Architectes, Bureau d’Architecture Henri Montois Structural Engineer: Technisch Studiebureau Studium Special Structures: Werner Sobek Ingenieure Mechanical Engineer: Ingenieurs-en-architecten Bureau Van Kerckhove Client: S.A. Confinimmo N.V.

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ateria e segno. L’architettura contemporanea è una lingua M complessa, poetica, strutturata secondo codici affatto scivolosi e in continua mutazione. Se ibridazioni e spericolate acrobazie compositive potrebbero generare inaspettate interferenze, possono però anche accendere energie vitali in grado di trasformare l’edilizia in segno e la materia in stato d’animo. Il virtuale, con la sua sorprendente presenza-assenza, ha spiazzato ogni precedente esperienza progettuale, rendendo high-tech e virtuosismi decostruttivi quasi grotteschi “ferri vecchi” da porre al più presto nel dimenticatoio. Il nuovo sembra dunque essere davvero dietro l’angolo di questo nuovo millennio attraverso straordinarie occasioni di progetto, di cui ancora sono sconosciute le effettive potenzialità. Intanto però all’orizzonte emer-

atter and symbolic form. M Modern-day architecture is a tricky language structured around what are slippery, constantly changing codes. Even though hybrid forms and daring acrobatic feats are capable of creating unexpected interferences, they can also generate real energy that can convert building into symbolic forms and matter into feelings. The startling presence-absence of virtual reality has shaken the foundations of all previous architectural design, turning high-tech and deconstructivist virtuosity into almost grotesque “old iron structures” to be forgotten as soon as possible. The new seems to be just around the corner in this new millennium, thanks to incredible design opportunities whose real

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pagina a fianco, sezione e pianta del Centre Dramatique National du Pas-deCalais a Béthune, centro urbano nel nord della Francia. In questa pagina, particolare del corpo aggiunto all’edificio esistente destinato agli spazi per gli attori e alla realizzazione tecnica degli spettacoli.

ge sempre più una sorta di vuoto, di azzeramento di senso, in cui alcuni progettisti tendono a dar corpo a “oggetti” architettonici sì fuori dagli schemi, ma anche privi di identità, ovvero connotati da mille rispecchiamenti e allusioni ad altri contesti e verso inusuali ambiti espressivi. In questo magma semantico trova posto anche il nuovo centro drammaturgico realizzato a Béthune, su progetto di Manuelle Gautrand. Autrice di uno straordinario “meccano” di ferro e policarbonato come il BEMA - deposito di materiali aeronautici presso l’aeroporto di Nantes-Atlantique (l’Arca 107), Gautrand, con questa recente realizzazione, sembra voglia riflettere sul suo recente passato. Pare insomma chiedersi se valga davvero ancora la pena di insistere sull’estetica del bullone a vista e

dell’elettrosaldatura quali allegorie tardo-tecnologiche, oppure se non sia più congruo e stimolante mettersi a giocare con il nonsense del fuoriscala oldenburghiano. Sì, perché il volume aggiunto all’edificio esistente per realizzare il centro drammaturgico di Béthune ricorda le ovattate atmosfere dei palchi capitonné ed è esibito come un segno forte, un simbolo teatrale percepibile da chiunque. Nelle intenzioni di Gautrand, l’oggetto amplificato a struttura urbana è una sorta di catalizzatore di quel rinnovato rapporto fra architettura e città non più strumentalizzato alla visione tecnologica per assicurarsi un linguaggio di avanzata modernità, ma un segno transitorio destinato a volatilizzarsi in seguito per far posto ad altre esperienze progettuali. Nostalgia del futuro.

Come un’improvvisa metamorfosi cristallizzata nel suo divenire, il nuovo centro drammaturgico non nasconde il suo passato di ex cinema, sorto negli anni Trenta, di cui conserva ancora parte della facciata principale, caratterizzata da un incerto stile déco affatto in linea con la nuova struttura, la cui pelle di cemento a vista è spalmata con un intenso color porpora. Come due mondi opposti, ma conseguenti, il nuovo e il vecchio si reggono sulla diversificazione funzionale: all’attività degli attori, e per quanto concerne tecnicamente la realizzazione degli spettacoli, è stata destinata la nuova costruzione prospettante su boulevard Victor Hugo, mentre gli spazi per il pubblico sono stati compattati in alcune parti dell’ex cinema con l’ingresso su rue du 11 novembre. Carlo Paganelli

potential is still shrouded in mystery. But there is still a sort of void out on the horizon, a cancelling out of all meaning, as certain architects tend to give shape to architectural “objects” that go against the grain, but are also lacking in any real identity as they evoke thousands of allusions to other contexts and unusual stylistic realms. This semantic melting-pot has left room for a new drama centre in Béthune based on a project designed by Manuelle Gautrand. Having already created an extraordinary iron and polycarbonate “Meccano kit” like the BEMA building - a store for aeronautical materials at Nantes-Atlantique Airport (l’Arca 107) -, Gautrand’s latest design seems to be a way of reflecting on her recent past.

She seems to be wondering whether it is really still worth focusing on exposed bolts and electric-welding as aesthetic latetechnological allegories, or whether it might be more effective and interesting to start playing around with Oldenburg-style out-of-scale nonsense. This can be seen by the way the addition to the old building to create the Béthune drama centre calls to mind the suave atmosphere of upholstered boxes and is shown off like a powerful sign, a theatrical symbol visible to all. Gautrand treats objects blown up to urban proportion as catalysts of a new kind of interaction between architecture and the city, no longer geared to a technological vision written in the language of cuttingedge modernity, but now seen as a

transient sign destined to fade away to leave room for other design experiments. Nostalgia for the future. Like a metamorphosis frozen in a state of becoming, the new drama centre does not try to hide the fact it used to be a cinema built in the 1930s. It still has part of the old main facade designed in a curious deco style in contrast with the new building, whose exposed concrete shell is painted bright purple. Like two contrasting but complementary worlds, the new and old hinge around functional diversity: the new building facing Boulevard Victor Huge serves the actors and the technical side of theatrical production, while the public facilities are packed together inside part of the old cinema whose entrance is along Rue du 11 Novembre.

■ Opposite

page, section and plan of the Centre Dramatique National du Pas-de-Calais a Béthune, a town in northern France. This page, detail of the addition to the preexisting building realized for actors’ rooms and technical production of shows.

Philippe Ruault

Immagini a confronto Drama Centre in Béthune

■ Nella

Progetto: Manuelle Gautrand Architectes

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Particolare della facciata dell’edificio esistente, un ex cinema realizzato negli anni Trenta, i cui spazi sono destinati al pubblico del Centro drammaturgico. ■

■ Detail

of the facade of the existing building, a cinema realized in the Thirties, whose spaces are now dedicated to the public of the Drama Centre.

■ Nella

pagina a fianco, scorcio del complesso drammaturgico e alcune vedute dell’interno. Il Centro dispone di una sala teatrale di 350 posti e un palcoscenico con boccascena largo 14 x 15 m di altezza.

■ Opposite

page, view of the drama Centre and views of the interiors. The centre has a theatre with 350 seats and a stage 14 m wide and 15 m high.

Credits Project: Agence Manuelle Gautrand Stage Design: Onde & Thomas Structures Ingeneering: Khephren Ingenierie Hydraulic Plants: Alto Ingenierie Acoustics: Acoustique & Conseil Contractors: C Boulicaut, Gotscho, S.petit, R. Bovis and Charasson Sechaud & Bossuyt, Veritas

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Una pelle tecnologica Isomer Laboratories, Nantes n centro di ricerca sulle microalghe marine, un settore di speU rimentazione alquanto specializzato dove studiosi, biologi e scienziati si confrontano quotidianamente con il micro-ambiente, in luoghi asettici utilizzando apparecchiature a tecnologia evoluta. Lavori di massima concentrazione, elevate responsabilità fini nobili a servizio dell’umanità. Anche l’architettura gioca la sua parte nel definire e organizzare degli ambienti adeguati alle esigenze dei ricercatori, funzionalmente efficienti ma nel contempo, e qui sta la differenza tra mero contenitore di funzioni e architettura, capaci di generare un equilibrio psico-fisico tra l’attività lavorativa e i momenti di riposo, di dialogo o di una familiarità quasi domestica dove ricavarsi degli spazi di propria intimità. Inserito nel campus dell’università di Nantes, l’edificio che ospita i laboratori Isomer è un esempio brillantemente risolto di come si possano far convergere i diversi dati di un programma così complesso in un’architettura semplice e lineare giocata sui gradi di libertà concessi dalla rigida ortogonalità di un piano di massima. Jacques Ferrier scommette e rischia accettando la poca flessibilità concessa dalla geometria cartecentre for research into microA seaweed, a highly specialist area of experimentation in which experts, biologists, and scientists come into daily contact with the micro-environment in rather rarefied places equipped with the latest high-tech instruments. High-concentration work, plenty of responsibility, and noble goals aimed at serving mankind. Even architecture plays its part in defining and arranging environments serving research purposes, functionally efficient but at the same time - and here is the difference between a mere receptacle for functions and architecture - capable of creating a psycho-physical balance between work and rest, social interaction and an almost homely sense of familiarity, affording room for privacy. The building on the campus of Nantes University holding the Isomer laboratories is a brilliant example of how to bring together all the different aspects of such a complicated programme in a simple, linear work of architecture playing on the varying degrees of stylistic freedom allowed from the rigid orthogonality of the preliminary brief. Jacques Ferrier has gambolled

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Progetto: Jacques Ferrier

siana e con freschezza e arguzia scivola tra le maglie del sistema per dilatarne le possibilità di trasformazione. Attenendosi strettamente al programma iniziale che stabiliva la realizzazione di due fasce distinte e corrispondenti, una da destinarsi ai laboratori di ricerca e l’altra agli uffici, il progetto adotta la soluzione apparentemente più scontata della stecca caricandola, però, di una dimensione plastica e percettiva particolarmente piacevole e godibile nel bel bosco che circonda l’università. Un prisma sviluppato in orizzontale attraversato da una spina centrale che distribuisce lungo i due lati gli spazi richiesti viene metabolizzato e trasformato in un oggetto dalle molteplici sfaccettature. Il volume si inscrive nel campus con un occhio alle architetture storiche degli istituti universitari e con uno sguardo all’andamento irregolare del pendio del terreno a cui risponde per contrasto attraverso l’orizzontalità, la calma e la regolarità della modanatura di facciata. L’ossatura in cemento, costituta da pilastri proiettati all’esterno associati a solai nervati che consentono di evitare il ricorso alle travi, rielabora in una versione contemporanea lo schema del plan libre elaborato da Le Corbusier. Il concetto di ossatura rigida che

attraverso l’eliminazione dei muri portanti fece della casa Domino un’ icona dell’architettura moderna, viene qui ampliato ed esteso nei valori di libertà e flessibilità concessi a livello di piano e di facciata per dilatare ulteriormente gli spazi interni, proiettandoli sia sui tre piani dell’edificio, sia all’esterno della scatola strutturale. L’impianto planimetrico dell’edificio vede la distribuzione dei laboratori e degli uffici lungo i due lati del prisma regolare dell’edificio definiti da due facciate a doppio strato che lasciano libera un’intercapedine tecnica per l’organizzazione degli spazi di servizio. Sul lato laboratori trovano posto gli impianti di ventilazione e gli apparati tecnologici funzionali alle apparecchiature di ricerca e sperimentazione, sul lato uffici questa “corsia” tecnica si trasforma in una sorta di promenade protetta e affacciata sul bosco del campus dove potersi ritrovare nei momenti di pausa “fumare una sigaretta (antitabagisti permettendo) o coltivare un fiore”. La pelle più esterna formata da pannelli in plastica traslucida disegna vero e proprio filtro visuale che dichiara lo statuto tecnologico dell’edificio senza però lasciarsi condizionare dalla scrittura dello schema regolare. Questa sorta di pellicola si anima infatti delle aperture dei

balconi degli uffici e delle logge che si proiettano dalla facciata fino al corridoio di distribuzione interno. Perturbazioni, dilazione degli spazi, scarti e slittamenti; anche all’interno quello che potrebbe sembrare rigore, razionalità, geometria viene trasgredito con sottile intelligenza per aprire delle faglie verticali che si proiettano per tutti i tre piani e danno respiro, luce e aria agli ambienti. Ma nulla è gratuito, ogni scelta rientra in un registro formale controllato e studiato in risposta a un complesso programma funzionale. Ferrier non delude, dopo il suggestivo impianto di produzione d’acqua potabile a Joinville (l’Arca 136) che declinava un nuovo paesaggio architettonico attraverso l’uso innovativo di pannelli in cemento blu a rivestimento dei volumi scatolari delle varie unità funzionali, nei nuovi laboratori dell’università di Nantes egli ci conferma il suo raffinato senso della dimensione paesaggistica dell’architettura, il suo amore per la “superficie” come momento del dialogo con l’esterno, l’applicazione della regola e la voglia di trasgredirla ma anche il desiderio di parlare all’uomo attraverso un linguaggio semplice, decodificabile e coinvolgente. Elena Cardani

on taking a chance with the lack of flexibility Cartesian geometry allows, cleverly slipping through the mesh of the system to widen its transformational horizons. Sticking closely to the initial brief referring to the construction of two separate but complementary strips, one for the research laboratories and the other for the offices, the project opts for what seems to be the most obvious solution of a block design, but making it sculpturally and perceptually more interesting in the lovely woods around the university. A horizontally extended prism with a central backbone distributing the facilities required along both sides is metabolised and turned into an object with various different facets. The structure knits into the campus with an eye to historical architectural designs of university institutes and careful attention to the irregular lie of the land, which it counteracts through the horizontality, calmness and regularity of the facade mouldings. The concrete frame, constructed out of outward-projecting columns combined with ribbed floors making beams unnecessary, is a modernday rendering of Le Corbusier’s open plans.

The idea of a rigid frame, which by removing the bearing walls made the Domino house an icon of modern architecture, is here extended and elaborated by the freedom and flexibility permitted by the planes and facades to further extend interior spaces over the three building levels and outside the structural box. The site plan distributes the laboratories and offices along the two sides of the regular building prism, marked by two doublelayered facades leaving room for a technical cavity for laying out the service spaces. The laboratories side has room for the ventilation systems and high-tech instruments serving the research and experimentation facilities, while over on the offices side this technical “lane” turns into a sort of protected promenade projected onto the campus woods where staff can stop and “smoke a cigarette (anti-smoking campaigners permitting) or grow a flower”. The outer skin made of translucent plastic panels forms an authentic visual filter highlighting the building’s technological status without bending to its regular layout. This sort of skin is injected with life by the openings in the office

and loggia balconies projecting out from the facade into the interior corridor. Projections, dilated spaces, slips, and slides; even on the inside what looks like precision, rationality, and geometry is transgressed with subtle intelligence to open up vertical faults projecting over all three levels and injecting breath, light, and air into the premises. But everything serves a purpose, each feature is stylistically controlled and designed to fit in with an intricate functional brief. Ferrier never disappoints, after his interesting drinking water plant in Joinville (l’Arca 136) marking a new architectural landscape through the innovative use of blue concrete panels covering the boxshaped volumes of the various functional units, these new laboratories at Nantes University confirm his elegant sense of the landscape-scale of architecture, his love for “surface” as a way of interacting with the outside, the enforcing of rules, and a desire to move beyond them to speak to people in a simple idiom which is easy and exciting to decipher.

■ Assonometria,

planimentria generale, sezione trasversale e piante del piano terreno, primo e secondo piano dei laboratori Isomer realizzati nel campus dell’università Nantes.

■ Axonometry,

site plan, cross section, and plans of the ground, first and second floors of the Isomer laboratories built on the campus of Nantes University.

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esterne dell’edificio caratterizzato da un volume a forma di prisma regolare che si sviluppa orizzontalmente in contrasto al pendio del terreno. La pelle esterna è costituita da pannelli in plastica traslucida che proteggono un’intercapedine interna al sistema di facciata a doppio strato.

■ Outside

views of the building featuring a regular prismatic-shaped structure stretching out horizontally in contrast with the sloping ground. The outside skin is made of translucent plastic panels protecting a cavity inside the double-layered facade system.

■ Particolare

del rivestimento esterno e della fascia degli uffici che si aprono su una sorta di ballatoio protetto, ricavato dall’intercapedine tra le due facciate, che viene lasciato a disposizione dei ricercatori durante i momenti di pausa.

■ Detail

of the outside cladding and strip of offices opening onto a sort of protected gallery constructed in the cavity between the two facades used by researchers during their breaks.

Credits Project: Jacques Ferrier Assistants: Stéphane Giet, Michel Calvo Engineering: Cera Client: Université de Nantes Delegated Client: DDE de Loire Atlantiques

Georges Fessy

■ Viste

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Ritmo e trasparenza The Courtyard Centre for the Arts, Hereford evoluzione della specie, ossia del luogo di intrattenimento. In queL’ sto caso, una piscina era diventata piccolo teatro e, ora (ad opera di Glenn Howells Architects, con la collaborazione di Dewhurst Macfarlane and Partners) un complesso culturale multifunzionale. Accade in una periferia residenziale di Hereford. Pare che il budget sia stato limitato e che ciò abbia indotto i progettisti a pianificare con attenzione costi, materiali, la suddivisione degli spazi, ecc. Soluzione non semplice anche perché non è mancata l’ambizione di realizzare da una parte una situazione architettonica e funzionale elegante e sobria sul piano estetico, dall’altra una struttura basata sulla flessibilità degli spazi e delle attrezzature. del rinnovato Centro per le Arti The Courtyard a Hereford. Il progetto è risultato vincitore di un concorso che prevedeva la ristrutturazione di un teatro esistente, a sua volta ricavato da una expiscna.

■ The

entrance of the renovated The Courtyard Arts Centre at Hereford. The project was selected through an open competition to refurbish the existing theatre which was itself a converted swimming pool.

determinano così delle coordinate di sapore razionalista e mondrianesco. L’interno. Intanto due auditori, uno di 450 posti e l’altro di 150. Hanno proprietà multifunzionale, di luoghi di vario spettacolo, a cominciare dal cinema e dal teatro. Dei pannelli movibili offrono questa duttilità ai due tipi di spettacolo. Inoltre entrambi gli auditori presentano all’interno una disposizione mutabile delle poltrone (rosso damasco) che possono essere inclinate a vario grado oppure ritornare regolari. Le luci sono organizzate coerentemente con l’ambita multifunzionalità. Sono stati realizzati speciali spazi per le prove. Essi si trovano sopra il teatro-studio. Ma nessun problema per l’interferenza di rumori, poiché è stata trovata un’efficace solu-

zione di isolamento acustico. Oltre ai due treatri, la struttura comprende una galleria per mostre, studi per artisti, un ristorante e un bar che danno sulla facciata, la quale tra l’altro gode del sole passivo catturato dalla tettoia a giorno. The Courtyard Centre for the Arts a Hereford, frutto di un concorso, ha per concetto progettuale di base due volumi di pietra (gli auditori) chiusi da vetro leggero. La struttura e i materiali impiegati si caratterizzano per un’estrema semplicità: vetro per la facciata esterna (il foyer), quercia, pietra lavorata. I blocchi di pietra misurano 45x90 cm. Essi sono stati studiati per diversi mesi dal punto di vista del colore, della forma e del disegno. Carmelo Strano

he evolution of the species, or rather of entertainment facilT ities. In this case, a swimming pool was first converted into a small theatre and then (the work of Glenn Howells Architects in conjunction with Dewhurst Macfarlane and Partners as consultant structural enjineers) a multi-purpose Centre for the Arts. All this happened in the housing suburbs of Hereford. The low budget apparently forced the architects to pay careful attention to costs, materials, and the division of spaces etc. Not an easy task due to an ambitious desire to both construct an elegantly austere work of functional architecture and, on the other, ■ Vista

notturna della pensilina che segna l’ingresso del teatro.

create a facility geared to providing flexible spaces and equipment. Its impact on the outside is certainly inviting. A sort of canopy roof projects out of the facade at different depths: a grid perforated with a regular pattern of slits working around an interplay of glass and slats of white American oak. The interplay of different materials also develops vertically down towards the ground floor, even drawing a nearby old lime tree into this “grilled” narrative. The transparency of the roof is matched by the glass facades fostering constant interaction between events taking place both on the inside and outside. The glass facade is divided into a

longitudinal pattern by a double row of columns perfectly perpendicular to horizontal mouldings: this creates a rationalist, Mondrianstyle layout. The inside contains two auditoriums, one holding 450 seats and the other 150. These are multi-purpose entertainment facilities catering, amongst other things, for a cinema and theatre. The seats (red damask) in both the auditoriums can be arranged in different layouts, sloping back at different angles or returning to an upright position. The lighting is designed to serve all these different purposes. Sound interference is no problem due to a cleverly designed insulation system.

In addition to the two theatres, the facility also holds a gallery for holding exhibitions, artist’s studios, a restaurant and bar, all overlooking the facade which exploits passive sunlight from the roof during the daytime. The Courtyard Centre for the Arts, Hereford, built after holding a competition, is designed around two stone structures (containing the two auditoriums) closed behind light-weight glass. The structure and materials used stand out for their simplicity: glass for the outside facade (foyer), oak, and polished stone. The stone blocks measure 45 x 90 cm. It took months to work out their final colour, shape, and design.

■ Nighttime

view of the canopy characterinzing the entrance to the theatre.

Rod Dorling

■ L’ingresso

L’impatto con l’esterno risulta invitante. Rispetto alla volumetria della facciata, si protende verso l’esterno, con profondità differenziate, una sorta di tettoia: una griglia a feritoie uguali, ritmicamente costanti, ottenute con un gioco di vetri e di stecche di quercia bianca americana. Questo gioco si sviluppa anche in senso verticale in caduta verso il piano terreno fino a coinvolgere nel racconto “grigliato” anche un adiacente vecchio albero di tiglio. Alla trasparenza della tettoia si accompagna quella della facciata a vetri che consente un’interferenza continua tra fatti esterni e fatti interni. La vetrata è ritmata longitudinalmente da una doppia fila di pilastri perfettamente perpendicolari a un gioco di modanature orizzontali: si

Progetto: Glenn Howells Architects, Dewhurst Macfarlane & Partners

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■ Nella

pagina a fianco, sezione longitudinale, planimetria generale e viste del foyer. Sotto, particolare della facciata laterale e interno della sala principale.

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■ Opposite

page, longitudinal section, site plan and views of the foyer. Below, the side facade and the main hall.

Credits Project: Glenn Howells Architects Consultant Structural Engineers: Dewhurst Macfarlane and Partners Quantity Surveyor/Planning Supervisor: David Back Group Services Engineer: Fulcrum Consulting

Theatre Consultant: Techplan International Acoustics: Acoustic Dimensions Main Contractor: John Sisk & Son Client: Herefordshire Council/The Courtyard Trust

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Dall’eta’ del ferro al futuro Zollverein Kokerei, Essen

Progetto: Steiner Architects, Lighting Architects Group

■ La

miniera di Zollverein a Essen, è stata reinterpretata come un monumento-scultura industriale, attraverso un progetto di ristrutturazione e di illuminazione, ricevendo il premio della International Association of Lighting

Designers. Nella pagina a fianco, il complesso degli altoforni e delle torri degli ascensori illuminati con un gioco di forti chiaroscuri. Sotto, la grande lastra di alluminio e catrame che rispecchia i volumi massicci degli ex impianti industriali.

a ricerca destinata al ricupero della memoria del recente pasL sato si realizza, oggi, attraverso la

Mine in Essen has been re-worked into an industrial sculpturemonument by a redevelopment/lighting design project that was awarded the International Association of Lighting Designers prize. Opposite page, the complex of blast

rurgia tedesca, rinata dalle sue ceneri proprio attraverso l’arte. Ad esempio gli altiforni di Meiderich sono stati illuminati in modo veramente suggestivo dall’artista Jonathan Park ed è forse la tappa più spettacolare di questo inedito itinerario. Un vero e proprio richiamo all’immagine industriale degli anni ‘30, descritto attraverso giochi di luce, che non finiscono mai di raccontare i modelli delle espressioni dell’intelligenza dell’uomo e della qualità del suo lavoro. Sono cattedrali erette sul deserto culturale della borghesia della metà dell’ottocento che sono state capaci di attivare una trasformazione sociale e intellettuale, traghettando la Germania da nazione “imperiale” a uno Stato caratterizzato da un grande avanzamento tecnologico. Proprio la guerra fu l’interruzione voluta di ogni tipo di dialogo che, purtroppo, fondò sui morti questa trasformazione. Una trasformazione, fra l’altro, che ha rappresentato l’ingresso nella nostra contemporaneità. Finalmente, oggi,

furnaces and lift shafts lit up by an interplay of powerful light-and-shade effects. Below, the large aluminium and tar plate reflecting the huge structures of the old industrial works.

l’intera valle ha cambiato la sua immagine attraverso il linguaggio che unisce i sentimenti e gli animi di tutti gli uomini: l’arte. Da vedere è, in particolare, il complesso di Monte Cenis a Herne (l’Arca 143) dove vi sono aule universitarie, la lastra d’acciaio di Essen, la collezione d’arte di Grothe a Duisburg e la trasformazione della miniera Zeche Zollverein. E’ inutile però recriminare, perché tra il Reno, l’Emscher e la Ruhr oggi non ci sarebbe nulla e nessuno se a metà dell’ottocento, proprio come reazione a un sistema sociale assopito, non fossero cominciati gli scavi destinati a trasformare una landa semideserta in una delle zone più popolate d’Europa. Ecco la nascita del progetto architettonico, quello di un tempo e quello odierno, cioè l’atto progettuale col suo significato di sempre: quello “vero” e denso di significato che ha sempre rappresentato nella storia il rapporto tra l’uomo e l’elemento naturale. Il carbone diventa l’elemento fondante, la miniera il luogo della

memoria. Ecco la Zollverein Kokerei, la più grande delle miniere della Ruhr, costruita intorno al 1920 su progetto degli architetti Fritz Schupp e Martin Kremmer di scuola razionalista gropiussiana, che rappresenta un modello del razionale storico e che si è trasformata, attraverso un progetto di illuminazione e di adattamento proprio del Coking Plant. Il progetto è stato affidato a Steiner Architects e al Lighting Architects Group, in associazione con la Speirs and Major design team di Londra e con Jonathan Speirs & Associates. Il Concorso per la sistemazione degli impianti del bacino della Ruhr è stato bandito dall’Internationale Bauausstellung Emscher Park che fa parte dell’organizzazione IBA di Berlino. Attraverso i vari elaborati è stato possibile scegliere quelli più idonei a rappresentare diverse culture e diverse attitudini progettuali, in grado di far rivivere un brano di storia in modo così vivo e attuale. Mario Antonio Arnaboldi

Colin Ball

divulgazione della cultura contemporanea grazie alle vie più articolate dell’etere, internet, radio, televisione, cinema, ma non altrettanto in modo comune nella scelta sofisticata di mete di viaggio dense di interesse “contemporaneo”. Una di queste può essere quella di visitare ciò che è stato fatto nel bacino della Ruhr, che rappresenta il passaggio avvenuto in Europa dall’età del ferro verso il futuro. Purtroppo la Seconda Guerra Mondiale è stata lo scenario di questo sanguinoso passaggio. Lo sfruttamento del bacino della Ruhr, con i suoi insediamenti industriali e le relative miniere, è stato uno degli strumenti di forza che hanno alimentato il processo bellico. Oggi questi sono stati trasformati in musei, in sculture innalzate sulle scorie di carbone, teatri dentro gli altiforni, ristoranti tra le turbine. Un vero e proprio viaggio nel Jurassic Parck della side-

■ Zollverein

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■ Nella

pagina a fianco, uno dei passaggi interni. Sopra, l’esterno, ritmato dalle ciminiere, dalle torri degli ascensori e delle gronde di scarico. A destra, sezione parziale dell’impianto. Il colore predominante è il rosso

che richiama alla memoria l’attività passata della miniera in cui si innalzavano le grandi fiammate dei forni. ■ Opposite page, one of the inside corridors. Above, the outside environment featuring

owadays research into the N recent past involves spreading contemporary culture through the meandering paths of the air waves, internet, radio, television, and film industry, but rarely does it involve visits to destinations full of “modern-day” interest. One of these trips might be a visit to see what has been done in the Ruhr Valley, the place marking Europe’s transition from the iron age to the future. Unfortunately, the Second World War provided the setting for this violent transition. The exploitation of the Ruhr Valley basin with its industrial settlements and mines was one of the most powerful means of fuelling the war process. These facilities have since been converted into museums, sculptures erected on coal cinders, theatres built in blast furnaces, and restaurants constructed between the turbines. A real trip through the remains of

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chimneys, lift shafts, and drains. Right, partial section of the works. Red is the main colour calling to mind the huge flames of the blast furnaces when the mine used to be in operation.

the German iron and steel industry, which has risen from its ashes through art. For instance, Meiderich’s blast furnaces have been lit up to great effect by the artist Jonathan Park, probably the most spectacular step along this new path into the future. A real allusion to the industrial image of the 1930s, depicted through lighting effects telling us about man’s genius and the quality of human labour. Cathedrals built in the cultural desert left by the mid-nineteenth century middle classes, the driving force behind socio-intellectual changes that transformed Germany from an “imperial” nation into a highly technologically advanced State. The war deliberately broke down all dialogue causing this radical transformation to be tragically grounded in death. Nevertheless, this process of changed marked the dawning of our own era. Now, at last, the

Credits Project: Steiner Architects Lighting Project: Lighting Architects Group Lighting Architects Group Design Team: Mark Major, Jonathan Speirs, Colin Ball, Carrie Donahue-

Bremner, Claudia Clements, Gavin Fraser, Malcolm Innes, Laura Jones, Michelle Kostic, Greg Lomas, Henrietta Lynch, Alan Mitchell, Steven Power, Gillian Pyatt Client: IBA-Internationale BauAustellung Emscher Park

entire valley has changed its image through a language that strikes the hearts and souls of all mankind: art. It is certainly worth visiting the Monte Cenis complex in Herne (l’Arca 143) with its university facilities, the Essen steel display, the Grothe art collection in Duisburg, and the conversion of the Zeche Zollverein mine. But there is no point in complaining, because there would be nothing and nobody in the area between the Rhine, Emscher and Ruhr Valley today, if the excavations designed to transform semideserted land into one of the most densely populated parts of Europe had not been set under way back in the mid-nineteenth century. Both old and new architectural designs have the same basic sense: full of the kind of “true” meaning that has always characterised man’s relations with nature. Coal is the key element and the mine certainly

evokes the past. So here is the Zollverein Kokerei, the biggest mine in the Ruhr Valley built around 1920 based on a Gropius-style rationalist project designed by Fritz Schupp and Martin Kremmer, a historical landmark to rationalism that has been transformed by a lighting and refurbishing project carried out on the Coking Plant. The project was commissioned to Steiner Architects and the Lighting Architects Group in conjunction with the Speirs and Major design team from London, and Jonathan Speirs & Associates. The competition to redevelop the Ruhr Valley facilities was launched by the Internationale Bauausstellung Emscher Park belonging to the IBA organisation in Berlin. The best project was chosen to represent different design cultures and approaches, injecting fresh life into a fragment of history. Mario Antonio Arnaboldi

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Inventare a basso costo Block-16, Almere landa. Almere Stad, propaggini di Amsterdam nel Zuider O Zee: housing e politica sociale egualmente illuminate a divinare il trasformarsi dei modi di abitare di compagini indoor una volta familiari. Dinamiche colonizzatrici da insediamenti ex novo ed economia fondiaria anti-speculativa anche se privata. Come sognare qui da noi, o soffrire di allucinazioni. Si deve a René van Zuuk, classe 1962, e sensibilità da strutturista eterodosso, il progetto di questo Blok 16, con un rosso e procace volume che, una volta costruito, si troverebbe a completare una scena di insieme fatta di grandi edifici isolati opera di autori diversi. Fasi ulteriori e già definite di questo progetto prevedono, su disegno dello stesso van Zuuk, un ponte per l’attraversamento del canale e un molo. Il volume, affacciato sulle acque di una baia artificiale e innestato su una piastra parcheggio progettata da OMA, all’apparenza così forzato ed estremo nel suo “sex appeal”, si scopre dotato di un particolare rigore, poiché altro non sarebbe se non l’effetto possibile e consequenziale dell’incrociarsi di logiche costruttive e dati del programma. Necessità low cost inaggirabili inducono alla scelta di un altrimenti famigerato sistema strutturale di cemento a tunnel, di cui tuttavia si percepiscono le prerogative di variazioni in senso longitudinale. A fronte di larghezza e altezza stabilite una volta per tutte e corrispondenti a 5150x2400 millimetri, le diverse profondità del corpo di fabbrica, in una gamma dai 13 ai 18 metri, seguono all’istante il programma e tagliano i 42 appartamenti in duplex previsti secondo un piano ben temperato di flessibilità delle superfici. Desiderio differenziale, per una volta corrisposto, di ogni promoter o acquirente. Le sezioni in cemento a “N” dei tunnel, vuote in testa e interminate, incontrano sulle facciate un altro sistema, continuo, mosso e più leggero, in profili-nervature in metallo, che, in verticali e a tratti sinuosamente, scandiscono frazioni di legno o vetro. Sui lati corti questo sistema si trova a doppiare il muro in cemento e decade a espressivo rivestimento solo per assicurare l’integrità di volume e massa. Il Block 16 ospita 1800 metri quadrati di spazio fitness sistemati a livello strada, nello zoccolo e nel basso padiglione sfaccettato a cavallo di una piazza d’acqua inter-

Progetto: René van Zuuk

■ Modello

del complesso per appartamenti Block-16 ad Almere in Olanda che sul lato nord si affaccia su una “piazza d’acqua” e con un padiglione per attività ricreative.

■ Model

of the Block-16 apartment complex in Almere in the Netherlands, facing a “water plaza” over on the north side and with its own recreation pavilion.

he Netherlands. Almere Stad, in the Zuider Zee district in outT skirts of Amsterdam: enlightened

na. I 42 appartamenti duplex sono pervasi da una intelligente volontà di variazioni progressive sulla base delle due metrature richieste, 90 metri quadrati per 21 trilocali e 125 metri quadrati per 21 quadrilocali. I sei piani di abitazione sono collegati orizzontalmente da due corridoi, al secondo e quinto piano, e, verticalmente, da un ascensore e una scala, adiacenti all’entrata sul lato est. L’altra indispensabile scala antincendio è all’estremo opposto in faccia ai due appartamenti su tre livelli. A sud, tutte le abitazioni sono dotate di serra e la facciata ha la proprietà di aprirsi con movimento scorrevole per il 50% della superficie. La scelta di procedere per cambiamenti e differenze prosegue sul piano di copertura con tre appartamenti con patio. In sovrapposizione, l’andamento curvilineo e variato di piante e sezioni rivela qualcosa della natura degli spazi interni e determina campi di influenza e

social and housing policies working around new ways of living. Dynamic new settlement operations and non-speculative, yet private, real estate agencies. A pipe dream or hallucination over here in Italy. René van Zuuk, born in 1962 and with his own unorthodox engineering awareness, is responsible for designing the striking red Block 16 which, once built, will knit into a fabric of large isolated buildings designed by various other architects. Other carefully-planned stages in this project include a man-made bridge crossing a canal and pier, also designed by van Zuuk, and a structure facing the water of an artificial bay and built on a car park plat-

form designed by OMA, which, despite flaunting rather excessive “sex appeal”, turns out to be rigorously precise, nothing more than the logical consequences of a criss-cross of building guidelines and project specifications. Budget constraints called for a rather familiar stuctural concrete tunnel system featuring a number of longitudinal variations. In face of definitive height and width specifications of 5150x2400 mm, the various building depths, ranging from 13 m to 18 m, match the project brief to perfection and cut the 42 apartments into duplexes working around highly flexible surface areas. For once, each promoter or purchaser’s specific needs have been carefully catered for.

relazioni proporzionali con i blocchi vicini. Con un moto ondoso, l’edificio si gonfia a sud e verso l’alto per conquistare nel vuoto prezioso lo spazio abitabile e si assottiglia a est e verso il basso per liberare il suolo e facilitare accessi e circolazione. Forse uno strategico understatement, il pronunciato carattere della costruzione futura, secondo van Zuuk, non sarebbe altro che eco o riflesso del Block 18 di Felix Claus, posto dirimpetto all’entrata nella baia. Quasi si trattasse di due leoni astratti.

The “N”-shaped concrete tunnel sections, with empty, unfinished ends, come into contact with another wavy, more or less light-weight, system of curtain facades made of metal ribbing-sections creating winding vertical fragments of wood and glass. This system doubles the concrete wall along the short sides, and only declines into a decorative cladding in order to keep its mass and volume intact. Block 16 holds 1800 square metres of fitness facilities at street level in the main block and low-level many-sided pavilion straddling across an interior water plaza. The 42 duplex apartments ooze with clever intentions to create gradual variations on the two requested surface areas, 90 square metres for the 21 three-room flats and 125 square

metres for the 21 fourr o o m flats. The six floors of flats are connected horizontally by two corridors on the second and fifth floors and vertically by a lift and stairs situated near the entrance over on the east side. The other indispensable fire escape is over on the opposite side facing the two three-storey apartments. All the apartments over to the south are fitted with their own conservatory and their facades slide open across 50% of the overall surface area. The decision to work around changes and differences continues across the roof level where there are three apartments with patios. The different curving trajectories of plans and sections reveals something of the nature of the interiors and dictates the proportional relations and influences on neighbouring blocks. Like a wave, the building swells up near the top over to the south to create living space out of a precious void and narrows near the bottom to the east to occupy as little ground as possible and provide easier access and circulation. Drawing perhaps on a strategic sense of understatement, the marked character Renévan Zuuk has given this future construction is just an echo or reflection of Felix Claus’s Block 18 placed right opposite the entrance to the bay. Almost as if they were two abstract lions.

Gerard van Hees

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■ Piante

dei sei piani fuori terra, del piano interrato e delle coperture del Block16 e sezione longitudinale. In basso, particolare dell’angolo nord-est.

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■ Plans

of the six above ground floors, basement, and roofs of Block-16, and longitudinal section. Bottom, detail of the north-east corner.

■ Prospettive

del modello del complesso residenziale che verrà realizzato prevalentemente in legno su una struttura di tunnel di cemento prefabbricati a “N” che consentono estrema flessibilità nella definizione della forma finale dell’edificio.

■ Perspective

views of the model of the housing complex to be built mainly out of wood on an “n”shaped prefabricated concrete tunnel allowing great flexibility in defining the building’s final design.

Credits Project: Renée van Zuuk Architekten Project Architect: Renée van Zuuk Structural Engineering: Pieters Bouwtechniek Mechanical Engineering: bv Adviesburo Installatitetechniek TH Client: Ontwikkelingscombinatie Almere Hart CV

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Fuksas va nello spazio Italia Space Agency in Rome ra gli incubi ricorrenti del futuro Ministro della Cultura - quelT lo dell’ormai inevitabile governo Berlusconi, che ha finito per scalzare anche l’ultima, debole resistenza della Sinistra - appare uno scenario simile a quello mostrato dai film di fantascienza che rinvia a dopo la catastrofe: in un pesante silenzio irreale, grandi edifici - non si comprende bene se ancora in costruzione oppure in corso di demolizione mostrano al cielo ruvide pareti di cemento, livide strutture in ferro tra enormi gru praticamente mangiate dalla ruggine. A poca distanza l’una dall’altra e dal Villaggio Olimpico, dal Palazzetto dello Sport, dal Viadotto di Corso Francia e dall’elegante stadio Flaminio - i capolavori degli anni Sessanta, quelli delle famigerate Olimpiadi, nate sotto il segno dello spreco e della speculazione - tra i rovi e la sterpaglia giacciono abbandonati i monumenti al non finito, ovvero l’auditorio per Roma, progettato nel lontano 1994 da Renzo Piano in vena naturalista, simile a tre enormi scarabei accostati, che doveva scalzare per il Giubileo il vetusto impianto di Marcello Piacentini a via della Conciliazione. Non lontano, il Nuovo Museo per le Arti Contemporanee, già voluto da Veltroni e confermato dalla Melandri, concorso vinto da Zaha Hadid che alla fine del 2000 consegnerà il progetto esecutivo mentre nell’anno successivo si apriranno i cantieri. Infine la sede dell’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana, che sorgerà nella stessa zona, la ex caserma Montello, praticamente di fronte a quella sorta di binari che navigano nel cielo simulando più che lo spirito del nostro tempo una sorta di canto al viaggio, alla meraviglia. L’ottimismo della volontà ci fa sperare che tra breve tutte queste opere vengano terminate restituendo lustro ai progettisti e all’architettura italiana. A iniziare da quella di Massimiliano Fuksas vincitrice del concorso per la sede dell’ASI, una scatola di vetro, assemblata a spicchi verticali. Ciò che tiene insieme le diverse parti: gli uffici, i servizi posti nel mezzo e l’area del Museo è nel segreto che ci

ha rivelato il progettista: nell’aver cambiato il posto a quest’ultima, spostandola dal centro, dove prima si trovava, praticamente fuori dalla scatola e avvolgendola con una sottile lastra di vetro. Così ha convinto la giuria internazionale composta tra gli altri da progettisti come Alessandro Anselmi, Aldo Loris Rossi e Richard Rogers. La parete trasparente che mostra un interno a onde in realtà è composta - nei desideri del progettista - da cristalli liquidi ed è pronta a emettere notizie su ciò che avviene all’interno, oltre a mostrare le immagini di un museo “virtuale” che documenta il lavoro italiano per la conquista dello spazio. Fuksas, con il gioco delle progressive eliminazioni riesce a superare progettisti come William Alsop, Enric Miralles, Jean-Marc Ibos, Bernard Tschumi e il giovane rampante Marco Casamonti, scaturiti dalla selezione tra i 114 gruppi che hanno inviato il curriculum per entrare nella rosa finale. Tra gli esclusi vi erano personaggi come Dominique Perrault, Nicholas Grimshaw. Ma torniamo ai progetti selezionati. Anche William Alsop medita sulla filosofia della scatola, ma i setti verticali che sostengono il tutto sono dei tetraedri che muovono lo spazio come una sorta di pistoni mentre tra le orditure si insinuano figure siluriformi, pronte a simulare l’esplosione. Marco Casamonti invece articola su un basamento forte e un volume parzialmente interrato piani dalla diversa inclinazione, composti da elementi orizzontali, una sorta di persiane che velano la piazza sottostante creando uno schermo a ciò che si trova oltre. Bernard Tschumi evoca la memoria del razionalismo, gli accenti neoplastici in un prisma a cui sono state sottratte parti consistenti per mostrare il vuoto. Jean Marc Ibos propone invece una macchina trasparente, a pianta ellittica e sviluppo a cono, che mette in crisi il contesto piuttosto regolare, tipico di un quartiere dove molto sono gli edifici che risalgo-

no agli anni Trenta. Enric Miralles infine supera con leggerezza, la logica della scatola per dinamizzare l’intero intorno attraverso vassoi a pianta ellittica, con fuochi diversamente articolati, che creano tensione, nobili pulsioni in sintonia con il linguaggio decostruttivista e con la dirimpettaia Zaha Hadid. Tornando sul progetto vincitore appare evidente che Fuksas, di cui conserviamo come un bene prezioso la forza dirompente e selvaggia delle sue prime architetture, quelle a cui dedicammo un saggio molti anni orsono, oggi dopo il successo internazionale che lo ha introdotto nell’Olimpo delle star lancia una sfida alle norme costruttive, all’insegna della leggerezza e della trasparenza. Come è facile comprendere si tratta di una architettura del rischio, della sfida, dell’azzardo simile a quella che Jean Nouvel ha portato avanti nella sua fase eroica: dall’IMA al progetto per l’Opera di Tokyo, che impone nuovi statuti, una sorta di nuovo paradigma da far realizzare agli strutturalisti e a tutti coloro che devono tenere in aria ciò che è pensato per restare sospeso. Sarebbe davvero una grande delusione, una vera sconfitta se queste opere perdessero la loro principale caratteristica, quella che gli ha permesso di vincere, che è la leggerezza. Infine una nota al sistema dei concorsi. Ben vengano, ovviamente, ma occorre superare quella barriera che impedisce la partecipazione dei giovani. Se continua il sistema della selezione in base ai curriculum - che risente della Merloni - i giovani non riusciranno a partecipare a tali avventure dell’ingegno e l’architettura, operando sugli stessi personaggi, finirà per isterilirsi, divenire più povera. Lo stesso Fuksas non sarebbe famoso se non avesse trovato in Francia quell’apertura che occorre trasferire anche da noi. E non sarebbe inopportuno un gesto in questa direzione proveniente proprio da lui che con questa seconda vittoria va nello spazio siderale. Mario Pisani ■ Due

he future Minister of Culture of what will inevitably be next T government led by Mr. Berlusconi, who has finally managed to overcome rather weak left-wing resistance - has recurring nightmares envisaging the kind of scenes depicted in science fiction films about the day after a terrible disaster: in an almost surreal silence - it is hard to tell whether they are still being built or being knocked down he can see the crumbling concrete walls and grey iron structures of massive buildings in the midst of huge cranes virtually eaten away by rust. Not far from each other or from the Olympic Village, the Sports Arena, Corso Francia Viaduct, and the elegant Flaminio Stadium - masterpieces from the 1960s, from those famous Olympics which were a real monument to waste and speculation - an array of unfinished buildings lie abandoned out amongst the brushwood and ruins: the Rome Auditorium, designed back in 1994 by Renzo Piano along eco-friendly lines in the form of three huge beetles, that was supposed to take the place of Marcello Piacentini’s old building in Via della Conciliazione for the Jubilee. Not far away, we find the New Museum of Contemporary Arts, first commissioned by Mr. Veltroni and confirmed by Ms. Melandri, a competition won by Zaha Hadid who will complete the executive project by the end of the year 2000 so that building work can begin the following year. Finally, there is the headquarters of the ASI, Italian Space Agency, which will stand in the same area, and what used to be the Montello Barracks, practically opposite a sort of set of tracks sailing through the sky, simulating more a sort of hymn to travel and wonder than the age in which we live. The optimism inherent in determined belief allows us hope that all these works will soon be completed, enhancing the reputations of our architects and Italian building industry in general. Starting with Massimiliano Fuksas’ winning entry in the compe-

prospettive del modello del progetto di Massimiliano Fuksas per la nuova sede dell’Agenzia Spaziale Italiana a Roma, vincitore del concorso internazionale. L’edificio sorgerà nell’area demaniale dell’ex caserma Montello nel quartiere Flaminio.

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■ Two

perspective views of the model of Massimiliano Fuksas’s design for the new headquarters of the Italian Space Agency in Rome, winner of an international competition. The building will be built on the land where Montello Barracks used to stand in the Flaminio district.

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■ Sotto,modello

del progetto di William Alsop, uno dei finalisti del concorso. In basso a sinistra, sezioni longitudinali e, a destra, schema dell’incidenza del sole, rendering, pianta del piano terra e sezione attraverso l’atrio.

tition to design the headquarters of the ASI, a glass box made out of vertical sections. The architect let us into the secret of how the various parts are held together, the offices, central services and Museum area: the trick was to move the Museum area out of its old central location, almost completely out of the box, and to wrap it in a thin sheet of glass. This won over the international jury composed, amongst others, of architects like Alessandro Anselmi, Aldo Loris Rossi, and Richard Rogers. The transparent wall revealing a wavy interior is actually composed of - as the architect intended - liquid crystals and is ready to provide news about what goes on inside, as well as showing images of a “virtual” museum outlining Italy’s contribution to the conquest of space. The way Fuksas has gradually passed selection enabled him to beat off competition from architects like William Alsop, Enric Miralles, Jean-Marc Ibos, Bernard Tschumi, and the young and up-and-coming Marco Casamonti, all selected from the 114 teams which originally sent in their curricula to qualify for the final round. Those excluded included such important names as Dominique Perrault, Nicholas Grimshaw. But let’s get back to the chosen contestants. William Alsop also worked around the idea of a box, but the vertical stanchions holding everything up are tetrahedrons moving the space as if they were pistons, while the frames wind through in the shapes of torpedoes ready to simulate an explosion. On the other hand, Marco Casamonti has constructed sloping planes at different angles made of horizontal features built around a strong base and partly underground structure, almost like Persian blinds concealing the square below and creating a screen shutting out what lies beyond it. Bernard Tschumi re-evokes rationalism, drawing on the neoplastic features of a prism which has had parts cut off to reveal a void. Jean Marc Ibos has designed a transparent machine with an ellip-

■ Below,

model of Willian Alsop’s project, one of the competition finalists. Bottom left, longitudinal sections and, right, diagram showing how the sun hits the building, rendering, ground floor plan, and section through the lobby.

tic-shaped plan and cone-shaped volume, calling into question the rather regular layout of a neighbourhood full of buildings dating back to the 1930s. Finally, Enric Miralles has gently overcome the idea of a box by injecting life into the surroundings by means of elliptical-based trays, with variously positioned foci, to create tension, throbbing away in harmony with the deconstructivist idiom and his neighbour Zaha Hadid. Returning to the winning project, it is obvious that Fuksas, whose rampantly powerful early designs we wrote an essay about several years ago are still a precious heritage, is challenging building conventions in the name of lightness and transparency, now that his international success has made him a star on the architectural scene. As we can easily see, this is the kind of risky, daring, gambolling architecture Jean Nouvel designed during his heroic phase: from the IMA to the Tokyo Opera House project, setting new standards, a sort of new paradigm to be built in conjunction with structural engineers and all those who are supposed to try and actually hold up what is designed to be suspended in space. It really would be disappointing, a real let down, if these works lost their most distinctive feature: lightness. Finally, a note about the system of competitions. They are of course more than welcome, but we need to break down those barriers that prevent young people from taking part. If we keep on making selections based on curricula - under the influence of the Merloni Law - young people will never get involved in these architectural adventures, and we will all end up in a rut. Not even Fuksas would be the star he is if France had not provided such fertile ground on which to work, the kind of openness to architectural design we need to import into Italy. And, of course, it would be nice if a step in this direction came from the person whose second victory in this competition is projecting him into outer space. Mario Pisani ■ Dall’alto

in basso, planimetria generale, prospetti e vista prospettica dell’area di accesso all’edificio progettato da Fuksas. ■ From top down, site plan, elevations, and perspective view of the entrance area to the building designed by Fuksas.

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■ Sotto,

modello del progetto di Enric Miralles. In basso, il modello e prospettive al Cad dell’interno della proposta di Marco Casamonti/Studio Archea.

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■ Below,

model of Enric Miralles’s project. Bottom, model and Cad perspective views of the inside of Marco Casamonti/Studio Archea’s competition entry.

■ Sotto,

vista del modello del progetto di Bernard Tschumi. In basso, modello del progetto di Jean Marc Ibos.

■ Below,

view of the model of Bernard Tschumi’s project. Bottom, model of Jean Marc Ibos’s design.

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ENERGIA ARCHITETTURA energy and architecture 80 l’ARCA 151

o sviluppo tecnologico ha generaL to una “idea” di architettura concepita come entità completamente autonoma, molto sensibile a ciò che accade al suo interno e molto poco alle sue influenze sull’esterno, dove l’obiettivo di raggiungere elevati standard di benessere giustifica sistemi di condizionamento e riscaldamento altamente inquinanti. Risultano ormai assodati il concetto di “esauribilità” delle fonti fossili in tempi medio/lunghi e, in modo ancor più significativo e preoccupante, la tangibilità delle profonde disfunzioni apportate all’ambiente dall’uso energetico indiscriminato. Nasce allora, nel settore edile, la necessità di un ripensamento radicale della logica costruttiva, una trasformazione che evidenzi come sia indispensabile porre alla base del processo progettuale un’elevata sensibilità energetica. A questo punto entrano direttamente in gioco i progettisti e la loro formazione. La strada per realizzare la progettazione di edifici “energeticamente intelligenti” può essere percorsa seguendo due vie che non sono tra loro alternative, ma perfettamente integrate e complementari: progettare con criteri bioclimatici ed utilizzare fonti di energia rinnovabile integrate alle strutture edilizie. Progettare attraverso criteri bioclimatici significa semplicemente adattare l’edificio al clima che lo circonda. Riguardo all’utilizzo di energie rinnovabili, la progettazione dell’integrazione edilizia della tecnologia fotovoltaica” rappresenta senza dubbio un nuovo capitolo della cultura progettuale, un nuovo linguaggio con cui presto la maggior parte dei progettisti dovrà confrontarsi. L’integrazione FV in un edificio può essere pianificata in fase costruttiva oppure programmata a posteriori. In quest’ultimo caso si tratterà di un intervento cosiddetto “retrofit”. Problematiche di ordine generale L’idea di integrare il FV nell’edilizia ci porta, come primo risultato, a considerare da un punto di vista completamente nuovo il concetto di edificio nell’architettura: questo si trasforma da contenitore delle attività legate alla vita produttiva e biologica dell’uomo, e quindi da involucro che necessita di un rilevante consumo energetico, a strumento di produzione diretta di energia, utilizzabile per le proprie e le altrui necessità. Non sempre l’inserimento della componente FV trova facile applicazione nei processi progettuali e nella mentalità degli architetti, difficoltà da imputare da una parte alla relativa novità della tecnologia FV, dall’altra al fatto che la progettazione “solare” in senso lato è spesso vissuta come una limitazione delle potenzialità estetiche e funzionali dell’edificio. Il problema non va affrontato cercando di posizionare il FV sulla costruzione o, ancor peggio, di mascherarlo all’interno delle strutture dell’edificio. Occorre piuttosto esaltarne le potenzialità estetiche e tecnologiche.

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Considerazioni climatiche e sul posizionamento Nella fase progettuale di un impianto FV integrato all’edilizia è indispensabile svolgere una accurata analisi climatica, dalla quale si determinano elementi che concorrono in modo diretto all’economicità del sistema. La nuvolosità media, le precipitazioni, la temperatura media, l’umidità, l’intensità e la direzione dominante dei venti, eventuali fonti di polvere o detriti situate nelle vicinanze, sono elementi che inducono ad una sensibilità progettuale relativamente all’isolamento termico, all’isolamento dall’umidità, alla tenuta al vento e alla neve e alla protezione dai fulmini dei moduli. Per un rendimento ottimale del generatore FV é opportuno posizionare i moduli in modo da rendere massimo l’irraggiamento sulla loro superficie. Ciò si ottiene orientandoli verso Sud e con un angolo di inclinazione sull’orizzonte che alle latitudini tipiche dell’Italia è compreso tra 20 e 25 gradi. Nel caso di integrazione su edifici in ambito urbano è opportuno produrre, preliminarmente a qualsiasi intervento, un accurato studio sull’ombreggiatura. Considerazioni costruttive Un’attenta valutazione sulle tecniche di installazione, nell’ambito di nuove costruzioni o interventi retrofit, rappresenta un rilevante elemento di pianificazione dell’intervento in quanto incide direttamente sul rapporto costo/efficacia del sistema FV. Nell’ambito delle facciate continue, ad esempio, l’installazione dei vetri dall’interno elimina la necessità di

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costosi ponteggi esterni all’edificio. Anche il dimensionamento dei moduli influenza direttamente le caratteristiche economiche dell’impianto FV. Se da un lato il modulo di limitate dimensioni consente un’utilizzazione più flessibile, specialmente nei casi di realizzazione retrofit dove i vincoli morfologici dell’edificio sono assolutamente rigidi, poter utilizzare misure ampie risulta sensibilmente più economico e, a parità di potenza, costruttivamente meno laborioso. Tendere chiaramente ad unificare lo standard dimensionale degli elementi costruttivi edili con quelli dei moduli FV risulta, come già accennato, la scelta più razionale ed economica. Notevole attenzione progettuale va inoltre dedicata alla ventilazione del sistema FV. L’esposizione al sole scalda notevolmente il modulo FV. Allo scopo di evitare l’aggiunta di energia termica all’edificio e minimizzare il surriscaldamento e lo stress termico del modulo stesso, devono esser previste soluzioni di ventilazione posteriore alla lastra FV. Il sistema FV può anche essere incorporato in pareti cosiddette “a scambio termico” e quindi beneficiare di una ventilazione interna che oltre a raffreddare il modulo e ad isolare termicamente l’ambiente interno, permette di catturare energia termica utilizzabile in altre zone dell’edificio. Come accennato, le possibilità espressive e tecnologiche delle architetture fotovoltaiche sono notevoli. Il problema consiste proprio nell’“inventare” un nuovo linguaggio architettonico di riferimento per l’integrazione della tecnologia FV negli elementi che appartengono alle nostre città, come gli edifici, le infrastrutture e l’arredo urbano. Crediamo addirittura possibile che il modulo fotovoltaico possa divenire, opportunemente integrato, un elemento espressivo e caratterizzante per l’architettura come, in periodi diversi, lo sono stati l’acciaio, il cemento, il vetro e l’alluminio. Tutto questo molto prima di quanto si possa immaginare. Mauro Spagnolo echnological progress has T resulted in an “idea” of architecture as a totally self-contained entity, extremely aware of what goes on inside it but quite indifferent to its effects on the outside environment. The need to attain high standards of comfort even justifies the use of highly polluting air-conditioning and heating systems. It is now a well-established fact that fossil fuel sources will “run out” in the medium/long-term. On an even more significant and worrying note, we are now acutely aware of the devastating effects on the environment of the indiscriminate use of energy. This means that the building sector needs to radically rethink its building procedures, a transformation emphasising the vital importance of placing the energy issue at the very foundations of the design process. At this point the people involved and their specific training come directly into play.

There are two alternative but perfectly matching and complementary approaches to designing “energy smart” buildings: the bio-climatic way or the use of renewable energy sources incorporated in the building structures. Designing along bio-climatic lines merely means adjusting a building to the surrounding climate. As regards the use of renewable energy, the “incorporating of photovoltaic technology in building” certainly marks the turning over of a new leaf in design, the creation of a new idiom that most designers will soon have to learn. PV may be integrated in a building at the construction phase or introduced later on. In the latter case, we are talking about so-called “retrofit”. General Problems The idea of incorporating PV in building forces us, initially, to totally revise our architectural notion of a building: from being a mere container of people’s biological and productive activities, and hence a energy-consuming shell, it is turned into a direct means of generating energy used for our own and other people’s purposes. It is not always easy to incorporate PV in design processes or in an architect’s way of thinking, a problem partly deriving from the relative novelty of PV technology and partly from the fact that “solar” design in the broadest sense is often seen as restricting the aesthetic/functional potential of a building. From a strictly design point of view, PV integration calls for an in-depth analysis of construction details and more careful attention to the manufacture and assembly of individual components. Having guaranteed certain technical requisites, PV integration gives architects maximum stylistic freedom. Greater awareness on the part of public opinion, administrations, and designers will allow more extensive applications of PV in the building industry. It will also ensure there are more technical solutions available on the market like, for instance, PV elements constructed on flexible supports, metal or cloth sheets, reflective or transparent multi-coloured supports, and natural supports made of wood, hard stone or clay. Some of these solutions already exist, but this is still a far cry from the kind of mass production that would turn them into an industrial reality. Further technological developments in this sense will lead to greater flexibility in the incorporating of PV systems in the building industry, to a drop in costs, and to construction and technological standards similar enough to building components to open up the possibility of using them primarily as construction elements and then as PV systems. Climatic considerations and positional factors It is vitally important to carry out a careful climatic analysis in designing a PV system to be incorporated in

a building, in order to discover which factors have a direct bearing on the system’s economical feasibility. Average cloud cover, rainfall, average temperatures, humidity, prevailing wind directions and strengths, and sources of dust or waste there might be in the vicinity, all help create a design-oriented awareness of design to heat insulation, humidity insulation, wind and snow resistance, and the design of lightningproof units. The PV generator is most efficient if the units are positioned so that their surfaces absorb as much sunshine as possible. This is achieved by placing them in a southwards direction at an angle to the horizon of between 20-25 degrees at typical Italian latitudes. A careful study into shade factors also needs to be carried out before installing them in inner-city or urban buildings. Building factors A careful analysis of installation techniques for new buildings or retrofit projects is an important planning factor directly effecting the costs/efficiency ratio of a PV system. The installation of glass from the interior in the case of curtain facades, for instance, means there is no need for expensive scaffolding outside the building. The size of the units also has a direct bearing on the costs of a PV system. While on one hand a small unit is more flexible to use, particularly for retrofit constructions where the building’s morphological constraints are absolutely rigid, large-scale designs turn out to be much cheaper and (for the same power ratings) easier to construct. The cheapest and most rational approach is to try and make building elements the same standard size as PV units. Careful attention also needs to go into the design of ventilation for the PV system. Exposure to the sun notably heats up the PV unit. Ventilation devices must be placed behind the PV sheet to avoid any excess thermal energy in the building and minimise overheating and heat stress on the unit itself. The PV system can also be incorporated in so-called “heat exchange” walls and hence exploit interior ventilation, which, in addition to cooling the unit and thermally insulating the interior environment, makes it possible to capture energy in the form of heat to be used in other parts of the building. As mentioned, the stylistic and technological potential of photovoltaic architecture is quite considerable. The problem lies in “inventing” a new architectural idiom to be used to integrate PV technology in parts of our cities, like buildings, infrastructures, and urban furbishing. We even think that, if suitably incorporated, photovoltaic units might have the kind of stylistic impact on architecture that steel, concrete, glass, and aluminium have had at different times in the past. And all this might happen sooner than we think.

■ Sopra,

l'edificio a piramide alimentato a energia solare, realizzato a Port Talbot nel Galles meridionale da BP Solar e Arup Associates, primo elemento di un "parco dell'energia" aperto al pubblico. Sotto, alcuni esempi di installazione di pannelli solari.

■ Above,

the pyramidshaped solar-powered building, realized in Port Talbot, South Wales, by BP Solar and Arup Associates, which is the first element of an "energy park" open to the public. Below, examples of installations photovoltaic panels.

ENERGIA ARCHITETTURA energy and architecture

Dal punto di vista più strettamente progettuale, l’integrazione del FV presuppone uno studio approfondito dei dettagli costruttivi ed una maggiore attenzione esecutiva e di montaggio dei singoli componenti. Una volta garantiti i requisiti tecnici, l’integrazione FV consente all’architetto la massima libertà di espressione progettuale. Una maggiore sensibilità da parte dell’opinione pubblica, delle amministrazioni e dei progettisti, potrà incrementare lo sviluppo delle applicazioni edili del FV. Si moltiplicherà, inoltre, la disponibilità di soluzioni tecniche presenti sul mercato come, ad esempio, elementi FV realizzati su supporti flessibili, fogli di metallo o tessuti, su supporti policromatici riflettenti o trasparenti, su supporti naturali come legno, pietra dura o terracotta. Alcune di queste soluzioni già esistono, ma siamo ancora lontani da una vera e propria produzione seriale che li renderebbe una realtà industriale. La crescita della tecnologia in tal senso porterà ad una maggior flessibilità di inserimento dei sistemi FV nell’edilizia, ad una diminuzione dei costi e a un livello di prestazioni costruttive e tecnologiche talmente simile a quello dei componenti edili da creare l’opportunità che questi possano essere utilizzati prima come elementi costruttivi e poi come sistemi FV.

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pagina a fianco/opposite page, Elio Santarella, Il sogno di Snoopy, tecnica mista con neon/mix technique and neon light, 150x200 cm, 1992. A sinistra/left, Medhat Shafik, L’approdo: Il percorso dell’asceta, trittico tecnica mista su tela/mix technique on canvas triptych 600x280 cm; I luoghi del silenzio, dittico + totem in legno bitumato/diptych + bituminized wood, 440x280 cm; I luoghi dell’acqua, 5 blocchi di pietra arenaria/sandy stone blocks, 200x80x40 cm cad., 1995.

Lorenzo Porcile

Di ecu in ecu European Art

■ Nella

si consideri risultato di un cammino lento rivelatosi vocazione, sta di fatto che è, oggi, una realtà. Fra poco compreremo l’arte soltanto con gli ecu, penseremo sulla base dell’ecu, faremo l’amore fantasticando in ecu. Avremo tolto alla Francia e ai suoi artisti la loro identità comportamentale e stilistica che è ben diversa da quella italiana e da quella inglese? No, di certo. Tuttavia, bazzica oggi, bazzica domani, interrogati oggi, interrogati domani (sono spagnolo o europeo?...), tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino... e cominci a sentire che sei europeo. Ulteriore contributo alla globalizzazione omogeneizzante? No. Anche perché nel caso dell’Europa si attuerebbe come sottolineavo nel catalogo della rassegna “La Nuova Europa” (Venezia, 1995) - la dinamica della sovranazionalità. Cosa ben diversa dall’internazionalità, e importante: sicuramente sul piano del linguaggio espressivo. La sovranazionalità rivela una vocazione o una tensione a superare, sul piano semiologico, i vincoli di qualsiasi natura verso una zona geografica circoscritta per attivare e assecondare processi osmotici senza sosta tra situazioni geograficoculturali le più diverse. Sovranazionalità benefica. Essa, provoca, e forse scatena, l’adesione al colore locale, ben al di là del principio di nazionalità. E ciò determina un contrappeso a qualche nota di asetticità collegata col concetto di sovranazionalità. Tra l’altro, i principi rilevati rimettono in discussione l’autonomia locale e il rapporto centro-periferia. Se in periferia si gioca la soggezione di essa verso il centro, l’autonomia locale presuppone una personalità geografica e culturale aliena da queste soggezioni verso il centro. Si tratterà verosimilmente di autonomie locali che entrano in rapporto paritetico tra loro. Le conseguenze sul piano della produzione artistica sono: il libero attraversamento il quale, d’altra parte, è praticato ormai in ogni parte del mondo; via via un rapporto più stretto, più familiare tra le nazioni, un rapporto abbastanza vicino a quello che si gioca tra le regioni italiane: cultura diversa e però un collante dato da una certa “italianità”. Conseguenze più pratiche: mercato più libero e più dinamico; aumento

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sinistra/left, Gilbert & George, Naked Eye, 253x639 cm, 1994 e sotto a sinistra/below left, Living Sculpture, 1969. Sotto/below, Anish Kapoor, installazione. ■A

della concorrenza-emulazione fra le istituzioni; allentamento (già peraltro ampiamente registrato internazionalmente) degli sbotti neoespressionistici di matrice tedesca; nuova provocazione verso l’autoriflessione all’interno dell’artista, a causa del suo continuo ondeggiare tra nazione e sovranazionalità. Ma soprattutto recupero di una proposta europea da contrapporsi a quella di altri continenti, a cominciare da quello statunitense. Non può trattarsi di una situazione analoga a quella degli inizi del Novecento. Intanto, perché aveva per epicentro Parigi, e poi perché oggi l’attraversamento è proprio di qualunque operatività o dimensione culturale. Sappiamo che il mercato americano sta parando i colpi ed è pronto a rimediare. Ma viva il libero mercato, assieme alla libera espressività, alla libera sovranazionalità, alla libera sovranità di ogni soggetto con gli ecu in tasca. Carmelo Strano hether we like it or not, whether we see it incomplete or well-defined, whether we look at W the fact with suspicion, as a product of an economic laboratory, or whether we consider it the result of a long journey which has revealed itself to be a vocation, today Europe is a reality. Soon we will buy art solely with ECUs, we will think in ECU lines, we’ll make love daydreaming about ECUs. When this comes about, will we have taken away the behavioral and stylistic identity of France and its artists, an identity which is very different from that of Italy or England? Certainly not. But live with it today, live with it tomorrow, question yourself today, question yourself tomorrow (Am I Spanish or European?)...the pitcher goes so often to the well that it is broken at last...and you start feeling European. Is this a further contribution to homogenizing holism? No. Also because - as I pointed out in the catalog of the review “La Nuova Europa” (“New Europe”), Venice 1995 - the dynamics of supernationality would take over in Europe’s case. This is quite different from internationality, and it is very important on the level of expressive language. On a semiological level, supernationality reveals a vocation or a tendency to overcome limits of any kind towards a circumscribed geographical area, so as to activate and support boundless osmotic processes

E.Cattaneo

Europa, piaccia o no, la si dica incompiuta o ben definita, che la si guardi con sospetto, quale L’ prodotto di un laboratorio economico, o che invece la

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among extremely different geographical-cultural situations. Beneficial supernationality. It brings about and, perhaps, sets free an attachment to local color, well beyond the principle of nationality. And this determines a counterbalance to some of the aseptic characteristics linked to the concept of supernationality. Furthermore, the above-mentioned principles once more bring up for discussion the local autonomy and the relationship between the urban centers and the suburbs. While the suburbs feel subject to the center, local autonomy implies a geographical and cultural personality that is far removed from this feeling of submission towards the center. Probably we will be dealing with local autonomies that will build up a joint relationship with one other. The consequences on the level of artistic production are: free experiencing, which is, after all, practiced all over the world; a closer and closer, more informal relationship among nations, quite similar to the relationship among Italian regions: a different culture, but a bonding agent which comes from a kind of Italian spirit. The more practical consequences are: a freer and more dynamic market; increase in competition emulation among institutions; a slackening (which has already been recorded internationally) of the neoexpressionistic outbursts with a German matrix; a new challenge to artists, who are led to inner self-reflection because of their continuous wavering between nations and supernationality. But above all, there is a recovery of a European proposal which is to be counterbalanced with that of other continents, starting with America, especially the United States. We can’t be dealing with a situation similar to the one at the beginning of the nineties. First of all, because in those times the focal point was Paris, and secondly because today the abovementioned experiencing, or crossing-through, regards any field or cultural dimension. We know that the American market is warding off a blow and is ready to put things right. But hooray for the free market, together with free expressivity, free supernationality, the free supremacy of anyone who has ECUs in their pockets. Carmelo Strano ■ Franz

Fischnaller, Cravatta virtuale I, immagine creata con/image created with software CR.VR.I. Sopra/above, Gary Hume, Angel, 198x150 cm, 1997.

alto/top, Sylvana Dyavan, Where...?, 1996. Sopra/above, Nikos Kouroussis, installazione, 1990. A destra/right, Dario ■ In

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Brevi, Tracce per coesistenza, nitro, truciolare, collage, acrilici/nitre, wood shaving, collage, acrylics, 110x125x12 cm, 1992.

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di/by Carmelo Strano

MI FACCIA IL PIACERE FOR GODNESSÕ SAKE

La cultura come prostituzione Culture as prostitution

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A

nche le puttane hanno, e possono avere, la propria dignità. E’ un diritto di principio: ce l’ho non perché mi prostituisco con dignità (semmai si dovrebbe dire con stile, con eleganza), ma perché quell’aspetto nascosto, quell’engagement sociale ufficialmente non utile - e quindi non riconosciuto (e quindi con dignità negata) - non inficia la completa titolarità di diritti e obblighi: pago le tasse (può capitare...ma c’è da dire che lo stato benpensante trascura questa fonte di entrate), nessuno deve praticarmi soprusi di alcun tipo, pariteticità assoluta verso qualunque categoria sociale: medici, avvocati, professori, architetti, impiegati, operai, disoccupati ecc. Stesso comportamento tiene la cultura. Si prostituisce ma è ricca di dignità. Ma ha delle aggravanti. La cultura non si prostituisce con una parte del suo tutto, vende ciò che è, la sua essenza, il suo essere, il suo manifestarsi, il suo comportarsi. Vende i suoi momenti effimeri e i suoi impegni a lunga scadenza. Quando un uomo di cultura si prostituisce culturalmente prostituisce tutto se stesso: i suoi studi, i suoi compagni di viaggio, i suoi pensieri, il detto e il non detto il fatto e il non fatto. Inoltre prostituisce ciò che rappresenta: la cultura. Che non è il sapere di più o di meno, non è ricordare i versi di Shakespeare o averli dimenticati o non averli mai sentiti; è, soprattutto, semiologicamente, conoscenza che si fa fonte di una condizione di sensibilità, per cui un’area geografica o toponomastica si caratterizza per un certo comportamento e un individuo si caratterizza per un certo comportamento. Non è moralismo. Non ha senso. Anche perché la cultura, e la “persona” che la rappresenta, è condannata a prostituirsi. Opera dei mass media? Essi hanno solo amplificato il fenomeno. “E come è duro cale lo scendere e il salir per l’altrui scale...” tuonava lamentoso Dante. La citazione di poeti civilmente impegnati potrebbe scorrere all’infinito. Ma c’è da dire che se la cultura non si prostituisce, in ogni caso si mette a disposizione, sposa una causa, di qualunque genere: utilitaristica, ideologica, ecc. La cultura è inevitabilmente fenomenologia “politica” (della “polis”, della città) anche quando se ne sta in volontario isolamento. Comunicare è prostituirsi. Può accadere anche unilateralmente: lancio un messaggio, mi nascondo, e non voglio conoscere i miei destinatari - generici - né le loro reazioni. Ma di solito è bilaterale: cedo qualcosa di me e prendo qualcosa da qualcun altro. Contagio. Questa è prostituzione involontaria, inevitabile. La cultura molto spesso si prostituisce in via volontaria e predeterminata. Ciò che bisogna valorizzare in questi casi è un principio di rispetto generale verso la comunità: di carattere etico ed estetico. Il monumento a Pertini, a Milano, a ridosso di via Montenapoleone, in una piccola piazzetta quadrata (forma cubica dentro una forma cubica) è un esempio di alta prostituzione culturale non accompagnata da rispetto etico ed estetico verso la comunità. Alta - beninteso - in questo caso significa bassa. Con tutto il rispetto per un presidente della Repubblica commemorato e per il povero Aldo Rossi, comunque figura emblematica di un periodo della cultura architettonica, va rimosso per consentire alla piazzetta e alla gente che ...cerca di attraversarla di respirare e di vedere l’intorno.

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ven whores have, and can have, a dignity of their own. In principle it is a right: I have dignity not because I prostitute myself with dignity (if anything, we should use the terms “with style, with elegance”), but because a hidden aspect, a social engagement which, in official terms, is not useful - and therefore not recognized (thus lacking in dignity) - does not invalidate the fact that I possess total legal rights and obligations. I pay the taxes (it may happen...but we must say that the conventional state disregards this source of income), no one can take advantage of me, every social category must absolutely be treated equally: doctors, lawyers, professors, architects, employees, workers, the unemployed, etc. The same behavior is true for culture. It prostitutes itself, yet it is full of dignity. But it has some aggravating circumstances. Culture doesn’t prostitute itself with a part of its whole; it sells everything it has, its essence, its being, its way of manifesting itself and behaving. It sells its short-lived moments and its longterm commitments. When a cultured man prostitutes himself culturally, he prostitutes all of himself: his education, the people he finds along his way, his thoughts, what has been said or what hasn’t been said and what has been done or hasn’t been done. Furthermore, he prostitutes what he represents: culture. The latter does not mean knowing more or knowing less, it doesn’t mean remembering Shakespeare’s lines or having forgotten them, or not having ever even heard them. Semiologically, what it means above all is a kind of knowledge that becomes the source of a condition of sensibility, so that a geographical or toponymic area is characterized by a certain behavior, and an individual is characterized by a certain behavior. It isn’t moralism. It wouldn’t make sense. Also because culture is doomed to prostitute itself, as well as the “person” that represents culture. Is this due to the mass media? In actual fact, the latter have only amplified the phenomenon. As Dante thundered complainingly: “E come è duro cale lo scendere e il salir per l’altrui scale...”. We could quote endlessly from poets who are committed to civil matters. But we must say that if culture does not prostitute itself, at any rate it makes itself available, it embraces a cause of some kind... utilitarian, ideological, etc. Culture is inevitably a “political” kind of phenomenology (pertaining to the “polis”, or city) even when it isolates itself voluntarily. Communicating means prostituting oneself. This may happen unilaterally: I launch a message, I hide, and I don’t want to know whom I’ve destined the message to, nor do I want to know their reactions. But usually it happens bilaterally: I give something of myself and I take something from someone else. Contagion. This is involuntary, inevitable prostitution. Often culture prostitutes itself voluntarily, predeterminately. What we must appreciate in these cases is the ethical and aesthetical character in the principle of general respect towards the community. The monument to Pertini in Milan, close to via Montenapoleone, in a small square (a cubic form within a cubic form) is an example of high cultural prostitution which is not accompanied by an ethical and aesthetical respect towards the community. In this case “high”, of course, means “low”. With due respect for a commemorated President of the Republic and for the late Aldo Rossi, who, at any rate, is a figure which is emblematic of a certain period of architectural culture, the monument should be removed to allow the square and the people who... try to cross it to breathe and to see what there is around them.


Costruire il futuro New Guggenheim Museum, New York

Rubriche e articoli sul mondo della progettazione, della produzione e della ricerca. Design, production and research.

Progetto: Frank O.Gehry Associates

Il direttore Thomas Krens e il chairman Peter B. Lewis della Solomon R. Guggenheim Foundation annunciano l’inaugurazione della mostra dei disegni preliminari di Frank Gehry per il nuovo Guggenheim Museum che, per importanza e dimensioni, è destinato a diventare il più importante nuovo museo di New York. Ciò che ha fatto Frank Gehry per la città di Bilbao, realizzando un museo sempre per la Fondazione Guggenheim, è stato a lungo commentato su ogni veicolo di informazione, non vale quindi la pena di fare un ulteriore commento se non per confermare che un’Architettura, un’Arte e una mano sapiente e colta come quella di Gehry hanno saputo celebrare la presenza geografica di una città come Bilbao. Sono solo le conseguenze storiche che fanno riflettere sull’importanza del “fare architettura”, specie se le tematiche dello sviluppo del costruire sono aderenti all’evolversi dei tempi e alle necessità dell’uomo. E’ però doverosa una riflessione sul modo che ha Gehry nello scegliere di ripetere un linguaggio architettonico già sperimentato, dove la forma e la funzione sono state in grado di generare un “mito”. La domanda che nasce spontanea è: come mai un professionista di tale capacità non ha sentito il bisogno di ispirarsi a un riferimento più “forte”, come il “topos” o la tradizione newyorkese, per generare un nuovo fenomeno costruttivo, un segnale diverso più aderente a una città che sta cercando, in modo frenetico, un rinnovo. Forse era l’occasione per imporre un nuovo linguaggio, capace di rinnovare anche l'arte architettonica, ciò poteva voler dire riuscire anche a dare un incisivo impulso all'architettura; Gehry non è un pittore, che si misura solo con la tela, è un architetto che ha l’obbligo di riferire il suo lavoro al mutare dei tempi e della cultura, soprattutto in un luogo così diverso da Bilbao com’è New York. Non vuole essere una critica a un così grande maestro della nostra contemporaneità, ma solo l’espressione di un desiderio, per chiedere a coloro che sono giunti alla massimo della gestione dell’espressione architettonica di farci capire quali sono i nuovi eventi. Il rapporto spazio/temporale del fare e della comunicazione si è compresso al punto da non permettere nessun tipo di “stallo”. La grande perplessità nasce sulle considerazioni generali del modo di operare. Quando una società rinuncia all’arte, alla sua bellezza, per adagiarsi solo sulle necessità del presente, sul guadagno economico, sul puro calcolo funzionale, significa che ha perso

la sua ricchezza interiore, il suo slancio vitale e quindi il suo futuro. Che non sa più dove andare. Allora subentrano il ristagno e la decadenza. L’originalità si spegne e viene inghiottita dalla mediocrità. L’arte, la bellezza non raccontano il presente, le nostre necessità pratiche. Gli architetti che hanno generato la storia dell’architettura hanno fatto la scelta di non rispondere alle domande del momento, ma a quelle della gente che verrà. Hanno rinunciato all’interesse immediato per progettare delle architetture proiettate nel futuro. Frank Gehry ha, con Bilbao, costruito un passato referente ai nostri entusiasmi, alla ricerca, ha aperto una parentesi che deve avere la sua continuità. La ricerca in architettura si basa su un’ipotesi di strategia che tiene presente l’avvento tecnologico che, nell’era passata era parlare a distanza e che oggi vuol dire vedere e illuminare a distanza. Mario Antonio Arnaboldi The Director Thomas Krens and Chairman Peter B. Lewis of the Solomon R. Guggenheim Foundation have announced the inauguration of the exhibit of Frank Gehry's preliminary designs for the new Guggenheim Museum which, in view of its importance and dimensions, is destined to become the most important new museum in New York. What Frank Gehry did for the city of Bilbao (then, too, for the Guggenheim Foundation) has long claimed the attention of all the media and therefore hardly needs any further comments, except to confirm that an Architecture and Art and a cultured and skilled hand like Gehry's have successfully celebrated the geographical presence of a city like Bilbao. It is rather the historical consequences that make one reflect on the importance of "creating architecture", especially if the themes regarding the development of building are in step with the evolving scene and with the needs of man. But one thought is worth mentioning about Gehry's way of choosing to repeat an already experimented architectonic idiom, in which form and function have generated a new "myth". The question that arises spontaneously is: how is it that a professional figure of this ability felt no need to seek inspiration from a much stronger source, such as the "topos" or tradition of New York, in order to generate a new constructional phenomenon, a different signal more suited to a city so frenetically in search of renewal. This may have been the occasion for imposing a new idiom that could even renew architecture as an art - that is, that might mean

giving a strong new impulse to architecture. But Gehry is not a painter, someone who only engages with a canvas; he is an architect, who is obliged to relate his work to the changes in time and culture, especially in a place as different from Bilbao as New York. This is not meant as a criticism of such a great master of our contemporary scene, but only as the expression of a wish that those who have risen to the highest level in their use of architectonic expression would let us know where the new events lie. The space-time relationship in doing and communicating has been so compressed that it allows no kind of stall. The greatest doubts arise from general considerations about one's way of operating. When a firm gives up art and its beauty and is quite content with meeting only the requirements of the present, with economic earnings, and with purely functional calculation, it means that it has lost its inner treasure, its vital thrust, and therefore its future. It means that it no longer knows where to turn. Stagnation and decadence inevitably follow. Originality dies out and is swallowed by mediocrity. Art and beauty do not speak of the present, of our practical necessities. The architects who have created the history of architecture have chosen not to respond to the questions of the moment, but to those posed by people of the future. They have put aside their immediate interests in order to design architecture that looks towards the future. With Bilbao Frank Gehry has constructed a past that relates to our enthusiasm and research, that opens a phase that must be continued. Research in architecture is a stratgegical hypothesis fully aware of the advent of technology which, in the past, meant speaking to it at a distance, while today it means seeing and illuminating at a distance.

Modello del nuovo Guggenhein Museum di New York, progettato da Frank O.Gehry.

Model of the new Guggenheim Museum in New York designed by Frank O.Gehry.

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Anche la periferia è città

Milano e la sua periferia. Ovvero: un annoso problema da risolvere attraverso uno sguardo sulle sue piazze, spesso ridotte a grovigli di traffico. In tal senso si è mossa l’attuale Amministrazione comunale attraverso un concorso di architettura e urbanistica. “L’impegno per far rinascere Milano - spiega l’assessore all’Urbanistica Maurizio Lupi deve riguardare non solo il centro e le grandi aree dismesse, ma anche i luoghi dove è più radicata la memoria storica cittadina”. Vincitori del concorso per la riqualificazione di cinque piazze della periferia milanese sono risultati: Emilio Battisti (piazza Costantino), il cui intervento punta sull’individuazione della piazza come nodo generatore di sequenze spaziali che si confrontano fra loro in modo articolato; Vincenzo Corvino (piazzale Gabrio Rosa): il progetto definisce un uso dei luoghi destinati alla sosta, all’incontro e allo svago, in una relazione principale che è quella del parco lineare, le cui

A sinistra, planimetria generale delle aree interessate dall’intervento di ristrutturazione. Sotto, viste di/left,

master plan of the areas of intervention. Below, views of Piazza Tirana e Piazza Costantino. Al centro, planimetrie di/in the

middle, site plans of Piazza Costantino e, a destra, di/and right, of Piazzale Gabrio Rosa. In basso, da sinistra, planimetrie

di/bottom, from the left, site plans of Piazza Santa Giustina, Piazza Tirana, Piazza Anita Garibaldi.

alberature esistenti conservano la memoria dell’asse centrale e proseguono il disegno del giardino, anch’esso lineare; Angelo Bugatti (piazza Tirana) ha proposto un ridisegno unitario dell’intera area, accentrando sulla chiarezza dei sistemi pedonale e a verde la lettura del contesto; Francesca Marchetti (piazza Anita Garibaldi): la piazza come rivisitazione dell’antica corte attraverso uno spazio flessibile quale luogo per l’incontro ma anche per il mercato e alcune attività culturali come il teatro, i concerti o le esposizioni; Paolo Favole (piazza Santa Giustina) ha puntato su alcuni concetti come, per esempio, l’uso di materiali secondo criteri tradizionali, la riduzione del traffico e nessuna nuova costruzione, cercando di risolvere soprattutto problemi di contorno come la connessione di alcune aree verdi esistenti. Carlo Paganelli

La poesia della luce

L’intervento realizzato dalla Valerio Maioli Impianti, in collaborazione con la società SO.L.E. del gruppo Enel, coinvolge Piazza del Plebiscito, Via Toledo e Piazza Trieste e Trento, tre zone del centro storico di Napoli, ricche di monumenti artistici. Il progetto nasce dal desiderio di utilizzare la luce in modo da svelare la città e narrarne la storia millenaria; per questo motivo è stata privilegiata non tanto la quantità, quanto piuttosto la qualità dell’illuminazione, enfatizzando il significato metaforico e simbolico della luce stessa. Due gli elementi fondamentali di questo intervento, il colore della luce e la quantità di illuminamento che, in un rapporto dialettico, producono un risultato di grande suggestione. Il vecchio impianto di illuminazione di Piazza Plebiscito con lampade a vapori di sodio è stato sostituito da un impianto a luce modulata e flessibile, costituito da apparecchi equipaggiati con lampade alogene o con lampade a scarica

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nei gas. Sono stati impiegati 261 proiettori a incasso e 130 lanterne a ghianda in policarbonato; la maggior parte dell’impianto è nascosto durante il giorno, grazie a una struttura motorizzata installata sul tetto della Chiesa di San Francesco di Paola. Tutto il sistema garantisce un’illuminazione variabile non soltanto per creare effetti particolari, ma anche per

ottimizzare i consumi, ed è pertanto sempre regolato in modo tale da assicurare livelli minimi di luce che garantiscano la sicurezza dei passanti. In alcuni punti, inoltre, è stata utilizzata la tecnica della sintesi sottrattiva del colore che consente di ottenere un’ampia gamma di colori, tra cui il bianco, grazie a terne di proiettori che, orientati sullo stesso oggetto, producono

luci di differenti colorazioni a seconda dell’intensità dei singoli fasci luminosi. Il sistema, completamente automatizzato, è stato predisposto per diffondere in diretta in Piazza del Plebiscito spettacoli ed eventi del Teatro San Carlo, così da favorire una reale integrazione con gli eventi culturali promossi dalla città e assicurare l’effettiva valorizzazione della Piazza.

Piazza Plebiscito a Napoli, illuminata col nuovo impianto computerizzato. Piazza Plebiscito in Naples lighted with the new computerized system.


A sinistra, il progetto di/left, the project by David Chipperfield. A destra, il progetto di/right, the project by Klaus & Kaan.

Una vetrina per l'arte

Mentre giunge la notizia che procede, seppure lentamente, il progetto di Zaha Hadid, vincitore del concorso per la realizzazione del nuovo centro per l'arte contemporanea, a Roma, sull'area dell'ex Caserma Montello, a via Giudo Reni - si è infatti firmata la convenzione che affida alla progettista il preliminare, da consegnare tra sette mesi - sono in mostra le proposte elaborate per l'ampliamento della Galleria Nazionale d'Arte Moderna, a Valle Giulia, che di recente ci ha mostrato un riuscito riordino degli spazi espositivi dedicati all'Arte dell'Ottocento e del Novecento. Centoventi architetti europei si erano offerti, inviando il curriculum, di progettare il nuovo corpo di fabbrica necessario, all'accademico impianto del Bazzani, per coprire i suoi nuovi ruoli, e non risolto con l'intervento - ormai in disuso, abbandonato - di Luigi Cosenza, il progettista della "fabbrica verde": l'Olivetti a Pozzuoli. Tra costoro la giuria, presieduta da Sandra Pinto, l'attuale Sovrintendente e formata tra gli altri da personaggi come Hans Tesar e Vittorio Magnago Lampugnani, ha selezionato otto gruppi che avevano al loro attivo anche la realizzazione di impianti similari. Si tratta del portoghese Joao Luis Carrillo da Graca, autore dell'affascinante spirale quadrata rappresentata dal padiglione del Mare, al recente Expo di Lisbona, del londinese David Chipperfield già vincitore in Italia del concorso per l'ampliamento del Cimitero di San Michele in Isola, a Venezia e progettista della ricostruzione del Neues Museum a Berlino, di Dominique Perrault l'autore nel fior degli anni della discussa biblioteca di Francia, ma progettista di altre opere meritevoli - giunto secondo, alle spalle di Jean Nouvel, per l'ampliamento del museo Reina Sofia, a Madrid. Ed ancora, di Massimo Carmassi autore a Pisa di numerosissimi pregevoli interventi; di Claus e Kaan attivi in Olanda, di Hans Kollhoff con Nicola di Battista, e Lazzarini e Pickering, i giovani emergenti di cui si sa, per informazione dell'ufficio stampa, che "operano da oltre dieci anni a Roma, prevalentemente nel disegno di interni e negli allestimenti, tra cui si contano i negozi Fendi e l'ex tipografia del

Messaggero", oltre alla ristrutturazione di un edificio a Praga. Vincitore del concorso è risultato lo studio Diener & Diener, attivo fin dagli anni quaranta a Basilea e attualmente diretto da Roger Diener, che sfiora i cinquant'anni ed oltre alla realizzazione di una serie di edifici residenziali e per uffici presenta al suo attivo l'ambasciata svizzera a Berlino, il museo di scienze naturali dell'università di Humboldt, nella stessa città, la fondazione Roserngart a Lucerna e la galleria Gmurzymska a Colonia. La proposta del progettista svizzero, che si incunea tra l'attuale nucleo e gli spazi verdi posti alle spalle del complesso, è nello stesso tempo minimale e raffinata, oltre che davvero radicale perché in grado di cogliere fino in fondo le volontà espresse dal bando di concorso che intende dare all'impianto del Bazzani un ampliamento, in continuità con l'esistente, e non chiede, come hanno inteso alcuni, la realizzazione di un nuovo museo in grado, grazie ad alcuni segni forti, senz'altro pregnanti - penso alla proposta di Chipperfield ed in particolare ai lucernari -.di stravolgere l'esistente, anche se per esprimere il linguaggio del tempo in cui viviamo. La difficoltà infatti consisteva nel non lasciarsi annullare dall'accademismo del fratello maggiore, né di mimetizzarsi con un banale postmoderno ma, pur esprimendo il nuovo, non competere infantilmente con l'esistente contribuendo invece alla migliore funzionalità dell'intero museo. Questo è ciò che ha fatto Diener ponendosi Bazzani, fino a riprenderne la stessa logica insediativa, completando il fronte su via Gramsci divenuto più pregnante rispetto all'ingresso principale e a quella

A sinistra, dall’alto, i progetti di/left, from the top, the projects by Carrillo da Garça, Lazzarini e Pickering, Battista Kollhoff. In basso a sinistra, il progetto di/bottom left, the project by Diener & Diener; a destra, il progetto di/right, the project by Dominique Perrault.

scalinata che gli sta di fronte davvero un disegno straordinario, uno dei rari brani urbani del Novecento - per la presenza del Caffè delle Arti, del nuovo ingresso alla Galleria e della libreria che possiede finalmente spazi degni di questo nome. E lo fa con una grande vetrina di cristallo che rende omaggio all'impianto del Bazzani e permette di intravedere ciò che succede all'interno tra grandi statue che ovviamente comunicano immediatamente la funzione del nuovo oggetto:

quella di un nuovo spazio espositivo. Infatti a ciò sono destinati oltre 2000 dei 2500 mq previsti per mostre temporanee e l'ampliamento della collezione, insieme a un auditorio per 350 posti e ai nuovi uffici e laboratori, mentre per la prima fase del progetto sono disponibili 15 miliardi, penso dovuti anch'essi ai proventi del Lotto. Diener non è certamente il primo a ottenere la palma della vittoria solleticando il voyeurismo dei giurati. Allo stesso modo si è risolta la contesa per il palazzo dei congressi. Quasi a conferma che alla crisi dei linguaggi e della chiarezza del messaggio da inviare si può rispondere solamente con l'allusione, il vedere e non vedere, lo schermo velato. Appunto con il voyeurismo. Che sia un segnale che la strada intrapresa sia quella dell'allestimento di vetrine ? Mario Pisani

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Congresso dell’I.A.A. The I.A.A. Congress

Al cinema a Venezia

Oltre 2000 tra architetti e studenti provenienti da tutti i Paesi del mondo si sono riuniti a Sofia il maggio scorso in occasione del Congresso Triennale dell’International Accademy of Architecture, l’importante manifestazione di architettura mondiale promossa sotto il patrocinio dell’UNESCO e dell’UIA e presieduta da Georgi Stoïlov. In quest’occasione sono stati eletti Accademici : Jean Nouvel, Frank Gehry, Toyo Ito, Gottfried Böhm, Mario Botta, Brian Spencer, Alexandre Krasilnikov, Wu Liangyone, Ahmed Vefik Alp, Ken Jeang, Moshe Shafdie, Ahmed Badran. Otto importanti riconoscimenti sono stati inoltre assegnati ai membri dell’Accademia di Francia: la medaglia d’oro è andata al Grande Stadio di Francia di Zublena-MacaryRegembal-Costantini e sette medalie d’argento sono state consegnate a Jean Marie Charpentier per l’Opéra di Shangaï, Claude Vasconi per la Grande Hall di Berlino, Jean Paul Viguier per il Parc Citroën di Parigi, Jean Marie Duthilleul per la stazione di Lille, W. Mitrofanoff per la scuola europea di Lille, G.Grandval per il Centro della moda al Carousel du Louvre, Paul Chemetov e Borja Huidobro per la galleria del Musée de l’evolution a Parigi.

Giunta alla 57a edizione, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha come di consueto luogo al Lido del capoluogo lagunare e rimarrà aperta dal 30 agosto al 9 settembre. Diretta, come l’anno scorso, da Alberto Barbera, la manifestazione include “Esterno Notte” come parte integrante della mostra attraverso

More than 2000 architects and students from all parts of the world met in Sofia last May on the occasion of the Triennial Congress of the International Academy of Architecture, an important event in world architecture sponsored by UNESCO and the U.I.A. and chaired by Georgi Stoïlov. Elected to the Academy on this occasion were: Jean Nouvel, Frank Gehry, Toyo Ito Gottfried Böhm, Mario Botta, Brian Spencer, Alexandre Krasilnikov, Wu Liangyone, Ahmed Vefik Alp, Ken Yeang, Moshe Shafdie, and Ahmed Badran. Eight important prizes were awarded to members of the Academy of France; the gold medal went to the Grand Stadium of France designed by Zublena-Macary-RegembalCostantini and seven silver medals were awarded to Jean Marie Charpentier for the Opéra of Shanghai, to Claude Vasconi for the Great Hall of Berlin, to Jean Paul Viguier for the Parc Citroën in Paris, to Jean Marie Duthilleul for the Lille Railway Station, to W. Mitrofanoff for the European School of Lille, to G. Grandval for the Fashion Centre at the Carousel du Louvre, and to Paul Chemetov and Borja Huidobro for the gallery of the Musée de l'evolution in Paris.

I 70 anni della Pininfarina In occasione del compimento dei settant'anni di attività, la Pininfarina ha presentato al Lingotto di Torino la "Rossa", prototipo di ricerca di una spider a due posti su base meccanica della Ferrari 550 Maranello. Il design di questo nuovo prototipo presenta diversi motivi di interesse. E' evidente l'impronta impressa dalla sperimentazione compiuta sui modelli agonistici, che hanno imposto nuovi parametri di velocità, aerodinamicità e affidabilità; ma in pari tempo la tradizione vi è rispettata, dal momento che le linee generali della carrozzeria interpretano fedelmente la cifra formale tipica della casa del cavallino rampante. In effetti la "Rossa" non manca di evocare una continuità storica che è ancora miniera di spunti formali.

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Nella sua sagomatura generale non è difficile intravedere una sedimentazione di motivi plastici che vengono da lontano, un po' come nei lineamenti di un giovane rampollo di antica famiglia si possono cogliere gli stessi caratteri riconoscibili nei ritratti degli antenati. Ma, ancora una volta, il design insiste sulla concatenazione temporale attraverso i dettagli. Ben lungi dalle tentazioni nostalgiche alle quali troppo spesso la produzione automobilistica si è abbandonata, dando il via a una serie di sdolcinati revival, la Pininfarina interpreta la tradizione come rinnovamento, e fa della novità una rilettura della storia. Così la "Rossa" assume in pieno i nuovi paradigmi tecnologici per trasformarli in criteri strutturali, ma opera sui particolari (per esempio la forma della calandra, che pure si situa tra i due fari profondamente incassati) per evocare, senza mai esplicitamente citarli, i caratteri tipici del marchio. In tal modo la Pininfarina celebra i suoi settant'anni dall'alto del XXI secolo, procedendo in avanti con la piena consapevolezza della strada percorsa.

proiezioni decentrate nel centro storico e in terraferma. Oltre ai film in concorso, sono previste diverse rassegne denominate “Cinema del Presente”, “Sogni e Visioni”, “Nuovi Territori”, “Corto Cortissimo” e la consueta “Settimana della Critica” dedicata soprattutto alla cinematografia più autoriale. C.P.

Luci sulla medicina

Francesca Storaro ha realizzato il progetto illuminotecnico per il Museo di Storia della Medicina aperto presso la Facoltà di Medicina dell'Università "La Sapienza" di Roma. L'illuminazione museale presenta, come è noto, caratteri ben definiti, che per certi aspetti esulano dalla natura dei reperti esposti e obbediscono piuttosto a criteri di visibilità, comunicazione e lettura che appartengono più alla dinamica museale in sé che ai suoi contenuti. Un museo scientifico richiede però cure particolari, dal momento che l'aspetto emozionale - tipico per esempio dei musei d'arte - vi è, non diremo inesistente, ché sarebbe sbagliato, ma comunque secondario rispetto al nitore e alla pertinenza dell'informazione. Storaro si è mossa nel suo progetto con la consapevolezza del diverso peso di questi due

fattori. Per un verso ha dunque assicurato a percorsi, soste e letture l'ambiente più funzionale ed esplicativo, e dall'altro non ha rinunciato alle suggestioni scenografiche che comunque un museo, anche scientifico, non solo ammette, ma addirittura sollecita. L'illuminazione risulta qui, come è prassi, per lo più puntiforme, nel senso che definisce ogni reperto come singolo episodio di una narrazione che solo la sequenza spaziale può ricostruire. L'ambientazione è dunque concentrata sull'oggetto, ed esclude ogni protagonismo da parte dello spazio architettonico, il quale tuttavia si propone con pertinenza, se non come scenario, almeno come sfondo, giocando impeccabilmente il suo ruolo di contenitore e, soprattutto, di organizzatore dell'esperienza museale. Maurizio Vitta

Vibrazioni nel colore

La Vismara Arte ha recentemente presentato nella sua galleria milanese, per la prima volta in Italia, le opere recenti (pitture e pastelli) di Yves Popet, un pittore nato a Reims che vive e lavora a Parigi. Popet appartiene alla grande famiglia dell’astrazione geometrica che rifiuta ogni idea di rappresentazione del reale e dell’oggetto per concentrarsi sulla ricerca di plasticità pura e sulla vibrazione cromatica. Nella

tradizione dei costruttivisti, o meglio dei rappresentanti dell’arte concreta, egli rifiuta l’enfasi per privilegiare l’essenzialità delle forme e l’austerità evitando tuttavia il rigore estremo. Una pittura che tenta di produrre senso, alla ricerca di assoluto e di perfezione, come di un cammino interiore. Si direbbe che attraverso la materia e il colore si liberino le pulsioni intime dell’individuo. Spazio trattato in campiture monocrome giustapposte senza modulazioni, come per realizzare una sintesi fra spirito e materia, fra il pensiero e il fare. Sete di assoluto e purismo razionalista sottendono l’opera di Popet che tratta le sue tele con grande sensibilità e sensualità. Yves Popet, Pastello XIX 97, 56x56 cm. A sinistra, il nuovo prototipo di/left, the

new prototype for spider Ferrari disegnato da/designed by Pininfarina.


Sogni al mare

Dopo Santa Margherita Ligure (29 aprile) e Viareggio (15 luglio), si conclude a Venezia l’8 settembre il ciclo di mostreperformance, coordinate dallo studio GUMdesign che riunisce architetti, designer e artisti in un evento allo stesso tempo denso e fugace. “Oniridea”, questo il titolo della manifestazione, è una performance a inviti in cui i partecipanti, singoli o in gruppo, realizzano, utilizzando la sabbia e l’acqua del mare, architetture, oggetti od opere d’arte destinati a essere cancellati nel giro di poche ore. L’effimero e il temporaneo si coniugano con l’onirico, il fantastico, l’immaginario in

Premi per l’alabastro

creazioni talvolta ardite o anche esagerate accomunate tutte da uno spirito ludico e giocoso che cerca di dar vita al sogno progettuale di ciascuno degli architetti invitati. Tra gli invitati dell’8 settembre: Renzo Piano, Bernard Tschumi, Ian Ritchie, Odile Decq, Massimiliano Fuksas, Zaha Hadid, Andrea Branzi, Studio DA, Arnaboldi & Partners, Arnaldo Pomodoro, Chiara Romanelli, Chiara Lamonarca, Yuri Mastromattei, Giuklia Marabini, Beppe Finessi. In autunno verrà, infine, organizzata a Milano una mostra che raccoglierà le immagini scattate da Roberta Orio durante le tre giornate “espositive”.

"Lesena", una lampada che può essere definita piantana a parete o applique da terra, progettata da Luigi Trenti, è stata finalista dell'Intel Design 1999 e ha vinto il premio Young&Design 2000. Si tratta di un apparecchio in alluminio, sagomato in modo da evocare l'omonima struttura architettonica, con una forma minimale adatta a ogni ambiente e un fascio di luce privo di imperfezioni. La sua duttilità funzionale è pari alla sua elasticità formale: la linearità della struttura, nella quale rette e curve si incontrano secondo modalità di asciutta geometria, trapassa l'intera storia del design e si colloca nel punto di intersezione di varie spinte progettuali, che essa interpreta con sobrietà e discrezione.

The wall lamp Lesena, designed by Luigi Trenti, manufactured by Martini

“Oggetto Silenzioso” di Renato Floris; secondo premio a “Moon” di Victor Zanotti; terzo premio a “Dorotea” di Irene Taddei. Sono state inoltre conferite sette segnalazioni a: “Ombelica” di Alessandro Corte, “Quadro di luce” di Emanuela Pulvirenti, “Famiglia di lampade” di Lapo Lani e Paolo Faraci, “Turan” di Alessandro Tinucci, “Colette” di Gaea Riondino, Claudia Alati e Frederic Lebrun, “Lunatica” di Gabriele Pardi/GUMdesign, “Ricolino” di Elisabetta Gonzo e Alessandro Vicari.

Industrial, Visual e Web Design Lo storica Politecnica di Design di Milano, che da quasi cinquant’anni è riconosciuta come una delle migliori scuole post diploma per l’insegnamento del design grafico e industriale, si affaccia al nuovo anno accademico con una rinnovata fisionomia e un più ampio programma di corsi. L’acquisizione della scuola, fondata nel 1954 da Nino Di Salvatore, da parte della società milanese Crosscom, ha consentito di potenziare ulteriormente l’offerta formativa attraverso maggiori investimenti nell’hardware, software e nella rete internet e nuove partnership con importanti aziende dell’Information and Communication Tecnology, quali Vobis, AliasWavefront, I.net, Euphon e Apogeo. Un nuovo settore “Digital Design” è destinato alla ricerca e progettazione di computer,

Lesene di luce

L’applique Lesena, disegnata da Luigi Trenti e prodotta da Martini.

La Giuria del Premio Borgna (Francesco Barbolla, Michele Bortoli, Cesare Casati, Ugo La Pietra, Aldo Meucci, Nuto Nuti, Mino Trafeli) ha stabilito i vincitori di questo concorso che premia oggetti realizzati secondo metodi riproducibili artigianalmente, prevalentemente in alabastro volterrano in cui i requisiti artistici siano uniti alla commerciabilità. Tra i settantaquattro progetti pervenuti sono stati assegnati i seguenti premi: primo premio a

telefonini, navigatori e in generale di tutti gli oggetti intelligenti. Inoltre è in programma un master in Web Design, aperto agli studenti usciti dal biennio della scuola, laureati e professionisti, che integra conoscenze tecnologiche, grafiche e di marketing. I corsi biennali in Industrial Design, Transporting & Car Design, Interior & Furniture Design, Visual Design e Web Design, con inizio a ottobre, hanno un costo di 11 milioni + IVA annui con un numero massimo di 150 studenti ammessi per ogni anno accademico. I master, sempre con inizio a ottobre, hanno durata annuale e un costo di 12 milioni + IVA. La scuola è in Viale Monza 259, Milano, tel.022576551, fax 0227000296, Sito web: www.scuoladesign.com.

Vetri boemi

Forme contemporanee e abilissimo lavoro artigianale si compensano nella nuova collezione in vetro soffiato Basic nata dalla collaborazione tra l’atelier milanese Fine Factory e selezionati maestri vetrai boemi. Una rivisitazione contemporanea di forme e colori

tradizionali in uso in Europa nel tardo Rinascimento è confluita in oggetti più semplificati nelle linee e ridimensionati nelle misure, il tutto realizzato a mano rispettando la composizione dei vetri, il tipo di fornace, gli utensili e la lavorazione originari.

La collezione di vetri soffiati Basic di Fine Factory. Blown glass series Basic, by Fine Factory

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La città del futuro compie 100 anni

All'inizio del XX secolo, un calzolaio ceco ha scritto pagine di storia: con le sue scarpe e con la sua città. Tomas Bata (1876-1932) può essere considerato il prototipo del self-made-man europeo. A diciott'anni fondò un calzaturificio artigianale: quando all'inizio del secolo trasferì la produzione alla periferia urbana, già aveva 120 operai alle sue dipendenze. Il suo successo non soltanto diede alla città di Zlin posti di lavoro, ma fu anche il motore di tutta una serie di investimenti. Tra il 1910 e il 1913 fu costruita una centrale elettrica, fu potenziata la rete fognaria e ampliata la rete telefonica. Lo scoppio della Prima guerra mondiale rese impossibile la costruzione di un'ulteriore tratta ferroviaria e i lavori di regolazione del fiume Drevnice. La Prima guerra mondiale, tuttavia, non interruppe affatto lo sviluppo di Zlin, perché Tomas Bata era riuscito a ottenere l'appalto per la fornitura completa di scarpe per l'esercito austro-ungarico. Dal 1914 al 1918 il numero dei suoi operai si decuplicò, raggiungendo le 4000 unità. La maggior parte dei dipendenti erano pendolari provenienti dalla regione, e avevano alloggi d'emergenza in città. Fu così che, nonostante la precarietà del momento, l'impresa diede inizio nel 1919 ai lavori di costruzione della prima colonia operaia. Erano abitazioni per nuovi cittadini che, alle elezioni comunali del 1923, contribuirono alla vittoria del gruppo elettorale dei dipendenti di Bata. Tomas Bata divenne così sindaco di Zlin. Da quel momento in poi il boom dell'azienda e lo straordinario sviluppo dello città furono nelle mani di una sola persona. Il suo obiettivo era produrre gli edifici, allo stesso modo delle scarpe, in serie, e dunque a prezzi vantaggiosi. Gli edifici delle fabbriche di Bata si basavano su uno scheletro di cemento armato con mura di mattoni, che venne standardizzato dagli ingegneri della società immobiliare Bata fino a ottenere un reticolo modulare d'impiego universale che misurava 6,15 x 6,15 m, che venne applicato non soltanto nella costruzione di stabilimenti industriali ma anche nell'edilizia sociale e immobiliare. "Lavorare collettivamente, abitare individualmente" era la soluzione, contraria ai casermoni di abitazioni. Fu così che le colline di Zlin furono ricoperte dalla società immobiliare Bata di cubi d'abitazione rosso mattone alla stessa velocità con cui cresceva il numero dei dipendenti dell'azienda, che tra il 1925 e il 1930 passò da 5.200 a 17.400 unità. Per consentire la costruzione di edifici di qualità, nonostante la

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produzione in serie, vennero consultati i maggiori architetti del Paese. Gli interessi materiali dell'investitore si compenetrarono così con l'oggettività razionalistica delle idee del modernismo europeo. E non sarebbe stato Tomas Bata, se non avesse sostituito già dopo poco tempo il suo primo direttore della progettazione, il famoso architetto di Praga Jan Kotera, con Frantisek L.Gahura, un muratore di grande talento della sua ditta costruttrice che egli aveva mandato a Praga a studiare da Kotera. Kotera e Gahura realizzarono a Zlin l'ideale della città giardino, e l'abitare in mezzo al verde divenne l'idea dominante nella concezione dell'intera città. Essi crearono e realizzarono l'idea della "fabbrica giardino". L'intera regione fu coinvolta nella progettazione, la città non doveva assoggettare a sé il paesaggio, ma doveva formare un'unità produttiva e abitativa con il paesaggio stesso. Con il loro prototipo di padiglione, Kotera e Gahura risolsero però soprattutto il compito che era stato loro posto da Bata, ossia rendere possibile l'abitare individuale e un livello di abitazioni relativamente elevato con il minimo possibile di superficie edificabile e di investimenti. Essi dimostrarono che la tipizzazione, la standardizzazione e l'unificazione non dovevano affatto essere considerate un ostacolo per la progettazione architettonica d'alto livello, a patto che non venisse semplificata né limitata la creazione architettonica. Questo proponimento fu garantito da concorsi internazionali d'architettura. Le rivendicazioni dei riformatori socialisti dell'epoca, come l'architetto Jan Vanek nel saggio "Il diritto di abitare - l'obbligo dell'industria" vennero realizzate a Zlin dal capo del maggiore gruppo industriale del paese, da un esponente del capitalismo internazionale. Ma Tomas Bata svolse egregiamente anche il suo ruolo di sindaco. In pochi anni furono costruiti un imponente centro commerciale con grandi magazzini (naturalmente di proprietà di Bata) e mercato coperto, un edificio sociale con una grande sala cinematografica per oltre 2.000 spettatori, palazzetti dello sport e piscine, un ospedale, pensionati per gli operai e collegi per gli apprendisti, tutta una serie di edifici scolastici, istituti di studi, e persino uno studio cinematografico, una biblioteca e un museo. Ovviamente il livello delle infrastrutture tecniche era elevato: tutti gli edifici erano collegati alla rete idrica, elettrica e del gas e alla rete fognaria.

Viste delle unità residenziali di Zlin. Views of residential units in Zlin.

Furono costruite ampie strade e un nuovo collegamento ferroviario, un canale navigabile e persino un aeroporto, di cui beneficiarono soprattutto gli stabilimenti Bata. Il simbolo di Zlin divenne l'edificio di diciassette piani dell'amministrazione degli stabilimenti Bata, che per un breve periodo di tempo fu il più alto palazzo d'Europa. Tomas Bata stesso occupava un ufficio mobile: un ascensore di 6x6m doveva consentirgli di sorvegliare tutti i diciassette piani. Bata era un vero maestro nello sfruttare per il proprio successo ciò che aveva creato per il bene della città. Gli insediamenti aziendali, per esempio, vennero costruiti dalla ditta costruttrice di Bata con il capitale proveniente dai salari operai in parte legati a conti bancari. Nei collegi per gli apprendisti l'azienda formava operai altamente qualificati. Negli istituti di studi venivano ideati e migliorati i macchinari necessari, e progettato il design della moda di calzature Bata, che continuava a essere fondamentale. Lo studio cinematografico fu incaricato di realizzare gli spot pubblicitari. Anche dopo la morte del fondatore della ditta (schiantatosi con l'aereo contro una ciminiera della sua fabbrica), l'impresa continuò i suoi successi. Nel 1938 Bata aveva oltre 65.000 dipendenti, un terzo dei quali all'estero, e controllava sei settimi della produzione di scarpe cecoslovacca e il 90% dell'esportazione di calzature. Bata era il maggiore gruppo di produzione di calzature al mondo. Nel giro di quarant'anni, la città di Zlin era passata, dal centodiciassettesimo posto tra le città della Moravia e Slesia, al quarto posto con oltre 44.000 abitanti. Insieme alle scarpe, Zlin esportò anche l'architettura di Bata. In Europa occidentale e America del Nord nacquero fabbriche, aziende commerciali e insediamenti abitativi secondo lo

schema già sperimentato. La modernità di Bata era ovunque anche il simbolo delle calzature Bata, una promozione continua del progressismo della ditta. Gli architetti di tutto il mondo vedevano in Zlin, la prima e unica città funzionalistica del mondo, l'imponente realizzazione delle teorie della moderna urbanistica: la Carta di Atene aveva un modello funzionante. Anche Le Corbusier ammirava l'urbanistica e l'architettura di Zlin. Era entusiasta del sistema modulare, che corrispondeva all'idea di cité industrielle appassionatamente propagandata negli anni Venti ma mai realizzata: uniformazione sociale, razionalizzazione del lavoro e della vita nella città industriale. Nel suo soggiorno a Zlin nel 1935, egli presentò a Jan Bata, divenuto presidente del gruppo, il suo programma di unité d'habitation per 5.000 abitanti, ma l'imprenditore restò fedele al principio dell'abitare individuale. Soltanto in seguito, alla fine della Seconda guerra mondiale, con l'avvento al potere dei comunisti e l'esproprio della famiglia Bata, furono costruiti i primi grattacieli d'abitazione. Zlin assunse il nome di Gottwaldov, in onore del primo presidente dello stato comunista, Klemens Gottwald, e Bata divenne Svit, che in italiano vuol dire "splendore" o "apparenza". Fortunatamente rimasero però ancora alcuni architetti dell'"epoca d'oro" della città, per cui lo spirito degli anni Venti e Trenta continuò a vivere ancora per qualche tempo. E prima che l'ondata di palazzi con le colate di cemento potesse abbattervisi, la città fu messa quasi sotto tutela. Arrivando oggi a Zlin, un occidentale non avverte quella tristezza deprimente che è tuttora tipica della maggior parte degli stati industrializzati dell'Europa politicamente dell'est. Zlin rinasce, lo si avverte nei suoi abitanti, lo si vede per le strade. E il motore ne è ancora il calzaturificio che, col nome di Bata o Svit, garantisce il benessere della città con il successo dell'impresa. La città del futuro è ben preparata per affrontare il nuovo secolo. Reinhard Seiss, Philipp Krebs


La cultura del gusto Anthology of Aesthetics Il gusto. Storia di una idea estetica a cura di Luigi Russo Aesthetica, Palermo 2000, 368 pp Diviso in due parti - una storica, dal Quattrocento a oggi, e una antologica - questo studio curato da Luigi Russo si colloca nella tradizione dell'editrice palermitana, vero e proprio centro di studi sull'estetica considerata in tutte le sue implicazioni, e affronta uno dei temi più sfuggenti e cruciali della materia: il concetto di "gusto", onnipresente da tempo a ogni livello culturale, eppure di definizione talmente ardua da scoraggiare qualunque tentativo di disegnarne limiti e pertinenze. Il volume si apre con un saggio di Paolo D'Angelo sul gusto in Italia e Spagna dal '400 al '700, e prosegue la sua indagine regionale con un analogo studio di Elio Franzini sulla Francia dal Gran Secolo alla Rivoluzione, uno di Giuseppe Sertoli sull'Inghilterra del '700 e uno di Salvatore Tedesco sulla Germania dello stesso secolo, per chiudersi con un saggio di Elio Franzini dedicato alla contemporaneità e alla "decostruzione del gusto" che sembra contrassegnarla. La parte antologica - esauriente sotto il profilo storico, ma che lascia un po' a bocca asciutta nella parte dell'attualità, certo più difficile da gestire - presenta una scelta di testi che vanno dalla fine del XVII secolo a oggi. La struttura del volume è indicativa delle incertezze, ma anche delle potenzialità, che uno studio sul gusto registra. In effetti, la parte storica, proprio grazie al suo rigore e alla sua esaustività, finisce col far da premessa e da cornice a quella dedicata all'attualità; e il concetto di "decostruzione" proposto da Franzini a tale proposito, più che una conclusione, sia pure provvisoria, sembra in realtà l'introduzione a una trattazione del tema ancora più impegnativa. Difatti lo sfaldarsi, a partire dal XIX secolo, della struttura concettuale faticosamente tratteggiata dai precedenti pensatori e ora disarticolata nelle sue componenti psicologiche, fisiologiche e sociologiche, ne ha fatto precipitare la sostanza in una indeterminatezza che, pur non minandone le basi culturali, l'ha resa ancor più evanescente. Così si va dalla transitorietà proclamata da Baudelaire alla oscillazione osservata da Gillo Dorfles, cui si deve anche la segnalazione della "instabilità formale" di molti oggetti che devono al "gusto" la legittimazione della loro esistenza. Ma il concetto di "decostruzione" proposto da Franzini va ancora più oltre, e delinea del gusto una sorta di controparte negativa, individuata in un concetto di "disgusto" che

non è soltanto "l'imposizione violenta di una bruttezza rappresentata... bensì proprio il risultato di uno 'scacco' della rappresentazione estetica". Il che, anziché chiudere il discorso, lo riapre bruscamente cogliendone il nucleo concettuale proprio là dove esso sembrerebbe irrimediabilmente svanire, e facendone quindi il presupposto per una rinnovata riflessione sul tema. Maurizio Vitta Divided into two parts - the first historical, from the fifteenth century to today, and the second, anthological - this study edited by Luigi Russo takes its place in the tradition of Palermo publishing as nothing less than a centre for the study of aesthetics considered in all its implications, a study which engages with one of the most elusive and crucial themes of the subject: the concept of "taste" which, though long present everywhere at every cultural level, is so difficult to define as to discourage any attempt to determine its limits and its relevance. The book opens with an essay written by Paolo D'Angelo on taste in Italy and Spain from the fifteenth to the eighteenth centuries. It then pursues its regional investigation with an analogous study by Elio Franzini dedicated to France during the "Great Century" to the Revolution, then one by Giuseppe Sertoli on eighteenth century England, and one by Salvatore Tedesco on Germany in the same century, and it closes with an essay by Elio Franzini dedicated to the present day and the "deconstruction of taste" which seems to characterize it. The anthological part - exhaustive from the historical viewpoint, but nevertheless somewhat unsatisfying as regards the current scene (which is certainly much more difficult to deal with)

Rassegna d’informazione sull’editoria dell’architettura, del design e della comunicazione visiva. Information about publications in the architecture, design and visual communication fields.

- presents a choice of articles that run from the end of the seventeenth century to our day. The structure of the book is indicative of the uncertainty as well as the potentiality inherent in a study of taste. In fact, the historical part, thanks to its rigour and thoroughness, ends by providing a premise and a frame for the part dedicated to our day. And the concept of "deconstruction" proposed by Franzini in this regard, rather than a conclusion, however provisional, seems in reality to be the introduction to an even more exacting treatise on the theme. In fact, beginning with the nineteenth century, the crumbling of the conceptual structure so laboriously erected by previous thinkers and now broken down into its psychological, physiological, and sociological components, has unseated the substance of an indeterminacy which, without undermining its cultural bases, has made it even more evanescent. Thus, one moves from the transitory state procaimed by Baudelaire to the oscillation obseved by Gillo Dorfles, to whom we also owe the signalling of the "formal instability" of many objects that owe the legitimacy of their standing only to "taste". But the concept of "deconstruction" proposed by Franzini goes even further, and delineates a sort of negative counterpart of taste, which will be seen in a concept of "disgust" which is not only "the violent imposition of the ugliness represented...but also the actual result of a setback of the aesthetic representation". All of which, instead of ending the argument, bruskly starts it again, by grasping the conceptual nucleus in the very place where it would seem irremediably to fade away, thereby making it the premise for a rethinking of the whole theme.

Walter Jonas, schizzo per/sketch for, Habitation Intra, 1958.

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Segnalazioni

Carlo Buffa di Perrero, Federico Fonatana Parco pubblico urbano ed esposizioni floreali. Modelli di progettazione e gestione: esperienze internazionali a confronto CELID, Torino 1999, ill. b/n e col., 216 pp Il volume presenta la ricerca promossa dalla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino, con l’obiettivo di fornire criteri concreti per l’allestimento di una mostra floreale in città. Il risultato è un testo nel quale, grazie al confronto fatto dai due autori con realtà europee, sono state fornite precise indicazioni per la progettazione di nuovi parchi cittadini e per la riqualificazione urbana. Lisa Dennison Clemente: a Retrospective Guggenheim Museum Publication, New York 1999, ill. a colori, 400 pp Il volume, catalogo della personale tenutasi al Guggenheim di New York, presenta il lavoro di Francesco Clemente. La pittura di Clemente si caratterizza per essere una sorta di sincretismo tra molteplici culture e trae fonte di ispirazione dal Rinascimento Italiano, dalle miniature indiane, dal Romanticismo Europeo, dall’Espressionismo astratto e dalla Pop Art.

Cherubino Gambardella Posillipo moderna Clean Edizioni, Napoli 1999, ill. col. e b/n, 142 pp Il volume racconta le architetture di una città che, spesso, è stata ignorata dalla critica. E sebbene Posillipo sia stata definita a più riprese come uno dei luoghi in cui la speculazione edilizia ha provocato i danni maggiori, questa collina ha da sempre ottenuto un successo di pubblico travolgente. Il testo racconta e descrive questa nuova metropoli contemporanea. Susan Goldman Rubin Margaret Bourke-White – Her Pictures Were Her Life Abrams, New York 1999, ill. in b/n, 96 pp La monografia ripercorre la vita e la carriera di Margaret BourkeWhite, la prima donna divenuta famosa come foto-giornalista. Illustrato da più di 50 fotografie realizzate dalla giornalista, il testo è corredato da alcune interviste a coloro che conoscevano la fotografa. Brigitta Hjalmarson Artful Players. Artistic Life in Early San Francisco Princeton Architectural Press, New York 1999, ill. col. e b/n, 288 pp Con una manciata di facoltosi rampolli come indulgenti padroni, si costituì una comunità di artisti nella San Francisco dei primi del Novecento. Il risultato

fu una subcultura dotata di grande verve intellettuale e interessata a sperimentazioni di tipo sociale. Il volume racconta di questo entusiasmante esperimento culturale, realizzatosi per lo più nella Baia di San Francisco. Kanner Architects, Los Angeles. Pop Architecture a cura di Frances Anderton Images Publishing, Mulgrave 1999, ill. col., 160 pp Il volume ripercorre l’evoluzione del lavoro degli architetti californiani Charles e Stephan Kanner che hanno sviluppato uno stile che si pone come una sintesi della sobrietà dell’International Style e dell’allegria del Pop Modernism. Lofts & Apartments in New York a cura di Silvio San Pietro L’Archivolto, Milano 1999, ill. a colori, 232 pp Il volume raccoglie 25 progetti di nuovi spazi domestici newyorchesi dagli anni Ottanta ai giorni nostri. Viene dedicata particolare attenzione alle diverse soluzioni abitative e ai diversi modi di intendere l’abitare, sia per quel che concerne l’immagine architettonica, sia per quel che riguarda l’atmosfera degli interni. Ogni abitazione è indagata in ogni suo aspetto, dalle soluzioni distributive ai dettagli dell’arredo.

Manuel Brullet introduzioni di Mohsen Mostafi e Josep Quetglas Editorial Gustavo Gili, Barcelona 1999, ill. col., 96 pp Il volume ripercorre gli ultimi dieci anni della produzione di Manuel Brullet, architetto catalano che vive e lavora a Barcellona. Viene indagato, in particolar modo, l’interesse che egli manifesta per il diverso utilizzo dei materiali così da adattarli alle differenti realtà in cui saranno inseriti. Eric Owen Moss Gnostic Architecture The Monacelli Press, Los Angeles 1999, 160 pp Il volume cerca di ampliare la discussione sull’architettura contemporanea, andando oltre i dibattiti sullo stile o l’ideologia. Questo tentativo evidenzia il personale approccio dell’autore all’atto del costruire. David Redhead Products of Our Time Birkhäuser, Basel 1999, ill. b/n e col., 144 pp Un testo sul design nell’era della rivoluzione tecnologica che indaga le nostre relazioni con gli oggetti che ci circondano. L’autore mostra come il design e la nostra identità culturale siano strettamente connessi, al punto che gli oggetti di design possono fornire importanti informazioni sulla società che viviamo e sul modo in cui la viviamo.

Dalle idee agli edifici Gehry Talks Gehry Talks: Architecture + Process A cura di Mildred Friedman Rizzoli International Publications, New York 2000, 200 ill. a colori, 150 ill. in b/n, 300 pp Gehry Talks: Architecture + Process documenta il processo progettuale di questo maestro dell’architettura del XX secolo attraverso la sua stessa voce. Il libro prende avvio con introduzione di Mildred Friedman, in cui vengono esaminati i vari committenti, collaboratori e le tecnologie che hanno influenzato il lavoro di Gehry e del suo studio nei dieci anni tra il 1988 e il 1998, e prosegue con interessante e acuto saggio del critico di architettura Michael Sorkin. Il corpo principale del libro, tuttavia, è costituito dal commento di Gehry: “L’architettura,” spiega, “dovrebbe essere vista come una scienza con grandi spunti che creano nuove informazioni e non ripetizioni di idee vecchie”. Il volume descrive l’esperienza di ciascun progetto, compresa la sperimentazione sui materiali come le facciate di pannelli di

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cemento prefabbricato di un edificio in acciaio inossidabile modellati singolarmente su stampi in polistirene. Il libro comprende restituzioni tridimensionali al computer, fotografie di modelli, disegni e note di testo che non solo esprimono le idee dell’architetto ma offrono una panoramica dall’interno dell’evoluzione di ciascun progetto. Si capisce come l’ispirazione di Gehry, venga essa da personaggi come Ginger Rogers e Fred Astair o una semplice linea o un pezzo di plastica storto e rovinato, evolva in molte direzioni richiedendo almeno venti modelli prima che la forma finale sia completa. Se il Guggenheim Museum di Bilbao può essere considerato il suo progetto più riconoscibile, questa monografia non si ferma certo lì. Ciascuno dei trentatre progetti completati tra il 1988 e il 1998 e qui pubblicati viene considerato alla stessa stregua. Tra essi la sede Chiat/Day a Venice, California; la Team Disneyland Administration and Factory a Weil am Rhein, in Germania; il Centro Divertimenti a

Euro-Disney/Disneyland Paris e la Walt Disney Concert Hall a Los Angeles. Bradley Carney Gehry Talks: Architecture + Process documents Frank O.Gehry’s architectural process through this 20th century master’s own voice. The volume begins with an introduction by Mildred Friedman, where she examines various clients, collaborators and technologies that have affected Gehry’s work over the ten-year period between 1988 and 1998, and continues with essay by architecture critic Micael Sorkin. The main body of text, however, is Gehry’s commentary. “Architecture,” he explains, “should be seen like science with breakthroughs that create new information not the repetition of old ideas.” The volume describes the experience of each project, including details of material experimentation such as prefabricated concrete wall panels of a stainless steel building which are made from individually

shaped styrofoam molds. Gehry Talks incorporates computer renderings, 3D models photographs, design models and text to express not only the architect’s ideas but also provide insight into the natural evolution of each project. One sees that the inspiration for Gehry’s work, be it characters like Fred Astaire and Ginger Rogers, a simple line drawing or a mangled, distorted piece of plastic, will evolve in many directions and require as many as 20 models before the final form is complete. While the Guggenheim Museum in Bilbao may be considered his most recognizable project, this monograph doesn’t exhaust it. Each of the 33 projects competed between 1988 and 1998 and featured here is equally considered. Included are projects like the Chiat/Day Headquarters in Venice, California; the Team Disneyland Administration and Factory in Weil am Rhein, Germany; the Entertainment Center at Euro-Disney/Disneyland Paris, and the Walt Disney Concert Hall in Los Angeles, California.


Notizie sui principali avvenimenti in Italia e nel Mondo. Reports on current events in Italy and abroad.

La forza della bellezza In Avignon il Padiglione dei Sapori realizzato in silicone, e Vito Acconci con Skatepark costruito in cementocompresso ultraleggero che esprimono la ricerca dei due architetti nel campo della sperimentazione di tecniche e materiali inediti. Ogni artista attraverso la propria sensibilità e poetica espressiva ha offerto un paesaggio di forme e di emozioni altamente suggestivo e coivolgente. Appuntamento irrinunciabile quello che sotto il nome di “La beauté” riunisce ad Avignone fino all’ 1 ottobre una ricca e selezionata rosa di artisti impegnati in un progetto ampio quanto ambizioso e diversficato. La città dei Papi, capitale mondiale della cultura per l’anno 2000, non delude le aspettive del mondo della critica e della cultura facendosi promotrice di un avvenimento artistico incentrato su un tema che è stato ed è tuttora oggetto di analisi, studio e sperimentazione. La bellezza è così il filo conduttore che attraverso l’evoluzione del suo concetto lega storia e attualità in un processo di trasformazione continuamente in divenire. Avignone si fa teatro di sperimentazione artistica offrendo una testimonainza articolata e stimolante di come l’arte, l’architettura, la musica, la moda e la letteratura si rapportino al tema della bellezza

e alla sua interpretazione. Tre le mostre in programma: al Palazzo dei Papi, “La bellezza in fabula” documenta attaverso il confronto tra opere del passato e contemporanee i turbamenti, le emozioni e le gioie suscitate dalla ricerca della bellezza; “La natura all’opera” al Jardin des Doms è invece legata alla ricerca nella natura di forme capaci di stimolare l’immaginario poetico mentre “Transfo” riunisce nell’area industriale di EDF-Clos des Trames quegli artisti che utilizzano le moderne tecnologie per “inventare” l’estetica delle nostre vite quotidiane. Un percorso, “La belle ville”, attraverso la città invita il pubblico alla scoperta di opere e costruzioni, alcune permanenti, create dagli artisti lungo le vie, nei diversi spazi ed edifici storici alcuni dei quali, come gli antichi Bains-Douches, riaperti per l’occasione. Alle estremità di questo itinerario due opere di artisti italiani, Gaetano Pesce con

It is virtually impossible to turn down an invitation to an event like the one called "La beauté" which, until October 1, will have on view a rich and choice range of artists engaged in a wideranging, ambitious, and diversified project. The city of Popes, the world capital of culture for the year 2000, will not disappoint the expectations of the world of critics and of culture, for it will be promoting an artistic event centred on a theme which, since time immemorial, has been and still is a subject of analysis, study, and experimentation. Beauty is thus the guiding thread which, through the evolution of its concept, links history to our day in a continually evolving process of transformation. Avignon thus becomes a theatre of artistic experimentation, offering visitors a wellconstructed and stimulating testimony to how art, architecture, music, fashion, and literature relate to one another on the theme of beauty and its interpretation. Three exhibits have been programmed: at the Palace of the Popes there is "The Beauty Beneath the Fable", which utilizes the comparison between past and contemporary works to document the anxiety, emotions and joys aroused by the quest for beauty; "Nature at Work" at the Jardin des Doms, instead, is linked to the search for forms in nature capable of stimulating the poetic imagination, while “Transfo” gathers in the industrial area EDF-Clos des Trames the artists who utilize modern technolgies to "invent" the aesthetics of our daily life. “La belle ville", a tour which runs across the city, invites the public to discover works and constructions, some of which permanent, created by artists along the way in various historical spaces and buildings. Some of these, like the historic Bains-Douches, have been reopened for the occasion. At the end of this itinerary one finds two works by Italian artists: Gaetano Pesce's Pavilion of Tastes made of silicone, and Vito Acconci's Skatepark, built of ultralight compressed cement, works which express the two architects' research and experimentation with original techniques and materials.

In alto/top, Vito Acconci, La beauté, progetto per/a project for Skatepark. A sinistra/left, Nick Knight, Björk.

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Giovani emozioni

E’ aperta fino al 17 settembre, presso lo spazio-laboratorio Openspace a Palazzo dell’Arengario di Milano, la mostra “La città dei balocchi. Emozioni di giovani autori tra giochi e feticci”. La mostra propone i lavori di giovani autori invitati a misurarsi sul tema del rapporto con la realtà urbana. Le visioni presentate sono diverse e, spaziando dal giocoso all’emotivo, mantengono la carica del pathos urbano e si muovono

Metamorfosi e libertà

attraverso entusiasmi ecologici, i riti tribali del calcio, la ricerca di spazi intimi e di sentimenti da comunicare. Chiara Belloni, Helga Franza, Giorgio Maggiorelli, Fausto Ricotta, Zelda Sartori, Nicola Console, Lorenza Boisi, Francesco Duranti e Claudio Onorato, adottando media diversi, portano il visitatore attraverso atmosfere ed emozioni metropolitane tese a ravvivare la sua emozione verso la città che lo circonda.

Fausto Ricotta, Loro, olio su tela/oil on canvas, 45x60 cm, 1999. Sotto, particolare dello/below, detail of Stadio San Nicola a Bari, progettato da/designed by Renzo Piano Building Workshop. A destra/right, Rafael Viñoli, schizzo preliminare per il/preliminary sketch for Tokyo International Forum (1989-1998).

Pannelli, video e plastici organizzati in tre sezioni – Percorso storico, Protagonisti contemporanei, Nuova generazione – costituiscono la mostra “Argentina Architetture 1880-2004”, prodotta dal Laboratorio Architettura Contemporanea a cura di Daniela Pastore, visitabile presso la European Academy for the Arts/Accademia Italiana di Londra dal 7 al 24 settembre. La mostra, aperta anche online sul sito http://lac.itlink.net, e corredata da un CD Rom che la ripropone in versione completa, ripercorre la storia della cultura architettonica argentina dalla fine del XIX secolo fino ai giovani

che si stanno proponendo per diventare i protagonisti del prossimo futuro, attraverso i maestri contemporanei (da Ambasz, a Pelli, a Viñoli). I lavori presentati in mostra testimoniano, con un rigore geometrico che spesso si unisce a un sentimento di allegria, l’evoluzione e il progressivo affrancamento dalle influenze coloniali europee dei primi del Novecento in una ricerca in cui la “gioia” compositiva dà luogo a pezzi unici accomunati da una pluralità di linguaggi che esprime lo spirito latinoamericano e la valenza della metamorfosi come segno di libertà.

Stadi in mostra In Rotterdam Protagonista insieme al Belgio dei Campionati Europei di Calcio, l’Olanda, e in particolare il Nederlands Architectuurinstituut di Rotterdam, rende omaggio al calcio anche con una mostra, aperta fino al 24 settembre dedicata al tempio di questo sport: lo stadio. Queste strutture per raduni di massa sono da tempo al centro degli interessi degli architetti che di manifestazione in manifestazione vengono incaricati di progettare e realizzare stadi sempre più grandi, funzionali e, soprattutto, polivalenti, in modo da poterne sfruttare gli spazi anche dopo i grandi eventi internazionali. Vengono presentati esempi di stadi olandesi (Feyenoord Stadium, Amsterdam Arena, il nuovo Eneco Stadium di Sparta e Gelredome) e internazionali (da Toronto, a Johannesburg a Tokyo), ampliando il panorama anche alle strutture dedicate specificatamente ad altri sport quali il baseball, il pattinaggio, il

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ciclismo o il nuoto. In mostra anche tutto ciò che fa parte del mondo del calcio, dal merchandising agli hooligan. The leading figure, together with Belgium, of the European Championship Football Games, Holland, and especially the Nederlands Architectuurinstituut of Rotterdam, is now paying homage to football also with a exhibition (running until September 24) dedicated to the temple of this sport: the stadium. These mass-meeting structures have for some time now attracted the interest of architects, who from one sports event to another have been commissioned to design and construct stadiums increasingly large, functional and, above all, multipurpose, so that these spaces can continue to be used even after the great international sports events. The exhibit has on view examples of Dutch stadiums (Feyenoord Stadium, Amsterdam Arena, the new Eneco Stadium of Sparta and Gelredome) and international stadiums (Toronto, Johannesburg, and Tokyo), but extends the panoramic range to include structures specifically dedicated to other sports, such as baseball, skating, trackracing, and swimming. Also on display is everything else that belongs to the world of football, ranging from merchandising to hooligans.

Architettura, arte e società a Siena

Il Palazzo delle Papesse di Siena presenta fino all’ 1 ottobre un progetto espositivo articolato in tre sezioni riunite sotto il titolo “Lo spazio condiviso”. La sezione principale, intitolata “Artisti e architetti. La collezione del FRAC Centre”, documenta attraverso la raccolta del Frac di Orléans il rapporto tra arte contemporanea e architettura di ricerca. Partendo dagli anni Cinquanta, con le ricerche sull’architettura in

plastica (Ionel Schein) e l’architettura gonfiabile (Coop Himmelblau, Antoine Stinco) si passa ai progetti emblematici del decostruzionismo degli anni Ottanta (Peter Eisenman, Rem Koolhaas, Daniel Libeskind nella foto il suo Bauausstellung, 1987 -, Bernard Tschumi e altri) per arrivare alle ricerche contemporanee come l’architettura effimera in cartone di Shigeru Ban o quella interattiva degli olandesi Nox e Oosterhuis. Una parte importante è dedicata all’architettura radicale italiana (Lapo Binazzi, Andrea Branzi, Adolfo Natalini, tra gli altri) per la quale vi è oggi rinnovato interesse. Alle opere di questi architetti vengono affiancate quelle di artisti come Gabriele Basilico, Daniel Buren, Dan Graham, Kristina Solomouhka per citarne solo alcuni. Le altre due sezioni, intitolate “Divina Proporzione” e “Cosmorama” sono dedicate rispettivamente ai trattati rinascimentali in edizione originale conservati alla Biblioteca degli Intronati di Siena e al panorama editoriale, grafico, di oggettistica e memorabilia collegato all’architettura contemporanea.


Siti internet

www.architectureasia.com Architecture Asia è un sito completamente dedicato alle fonti informative di architettura e design in Asia e nelle regioni adiacenti. Questo sito comprende informazioni sui progetti, sugli studi, sulle organizzazioni, sugli istituti e sugli eventi in tutto il continente. www.baddesign.com Un “libro di appunti”, creato da Michael J.Darnell, con esempi illustrati sugli oggetti che sono difficili da usare perché non seguono i principi del fattore umano. Alcuni esempi: cose difficili da maneggiare, cose che non funzionano bene una vicina all’altra, segnaletiche diverse ma troppo simili, segnali che sembrano pulsanti di controllo, segnaletiche ambigue, cose diverse che sembrano uguali, oggetti che non funzionano come uno si aspetta, cose difficili da vedere, e molti altri, aggiornati costantemente. www.ideamagazine.net Al centro di "ideamagazine.net", di cui viene presentato on-line il numero 0, la realtà delle piccole imprese con una maggiore attenzione agli aspetti di innovazione, di natura strategica, di positioning, di comunicazione e servizio. Una rivista-servizio che non è solo strumento di consultazione per pochi curiosi, ma che, raccogliendo il parere di addetti ai lavori, presentando case-history di aziende vincenti, recensendo eventi dedicati alle tematiche dell'innovazione, segnalando le opportunità, spesso inevase, di finanziamenti e agevolazioni previste da organi nazionali e internazionali, rappresenta uno stimolo per trarre informazioni e idee per migliorare il lavoro.

Onore alla luce IALD Awards http://www.architectureasia.com Architecture Asia is an architecture and design resource for Asia and the Asian region. This very rich site includes architectural information, companies, organizations, education and events throughout the continent. http://www.baddesigns.com/ A scrapbook, created by Michael J. Darnell, of illustrated examples of things that are hard to use because they do not follow human factors principles. Among the examples: Things that are hard to handle; Things that don't work well together; Different displays that are too similar; Displays that look like controls; Ambiguous signs; Different things that are too similar; Things that don't work the way you expect; Things that are hard to see; and many others, constantly updated. www.ideamagazine.net At the heart of "ideamagazine.net", which is presented online with the number 0, is the reality of small firms, where more attention is given to such aspects as innovation, strategy, positioning, communication, and service. This is a service magazine which is not only a research tool for a few curious readers but a vehicle which, in gathering up the opinions of professionals in the field, presenting the case histories of successful firms, reporting events dedicated to the themes of innovation, and pointing out the often overlooked opportunities for the financial support and facilitations provided by national and international organizations, represents a stimulus for drawing as much information and ideas as possible from this site in order to improve one's work.

www.museion.it Il Museo d'Arte Moderna è stato fondato nel 1985 da un'associazione privata con il sostegno della Provincia Autonoma di Bolzano e ha iniziato la propria attività nel 1987. Il museo, on-line dal 1998, si adopera per rendere proficua la propria ubicazione nel punto di tangenza tra le aree linguistiche e culturali tedesca e italiana. Nel 1991 assume il nome Museion, per segnalare che, accanto all'attività collezionistica ed espositiva, si occupa anche di altre forme artistiche contemporanee. Attualmente il museo incentra la propria attività sull'organizzazione delle esposizioni temporanee, ma è in fase di studio la realizzazione di un nuovo edificio museale, ove potrà essere presentata anche la collezione permanente (1700 opere).

www.museion.it The Museo di Arte Moderna, which was founded in 1985 by a private association with the support of the Provincia Autonoma di Bolzano, began its activity in 1987. Online since 1998, the museum has been doing its best to take advantage of its position at the tangential point between the German and Italian linguistic and cultural areas. In 1991 it took the name of Museion to signal the fact that besides collecting and exhbiting works of art it also deals with other contemporary artistic forms. For the moment the museum has been concentrating its attention on the organization of temporary shows, but it now has a plan in the study phase for a new museum building, where it could also present its permanent collection of 1700 works.

Segnalate i vostri siti, le vostre scoperte, le vostre idee al nostro E-mail: arca@tin.it

Send us your site adress, your discoveries, and your ideas to our E-mail: arca@tin.it

La International Association of Lighting Designers (IALD), ha conferito i premi della 17a edizione del Lighting Design Awards of Merit. Sette i progetti vincitori e due le menzioni speciali assegnati dalla Giuria formata da James Carpenter, Motoko Ishii, Richard Renfro, Susan Rodriguez, Adam Tihany, Suzan Tillotson, Rogier van der Heide. I progetti di illuminazione vincitori, eletti in base alla loro armonia con l’ambiente e la funzione svolta - sia dal punto di vista prettamente luminoso che architettonico - sono stati: l’Albert Memorial a Londra (Graham Phoenix, Michael Simpson-Design Partnership); il restauro della Radio City Music Hall a New York (Paul Marantz e Scott Hershman/Fisher Marantz Stone); la Sala di Lettura principale della Biblioteca Pubblica di New York (Barry Citrin e Richerd Renfro/Fisher Marantz Renfro Stone); il Samsung’s Rodin Museum Pavilion a Seoul (Thomas Thompson, Christine Sciulli, Jonathan Plumpton e Ross Burns/Thompson+Sears); il Northeastern University MultiFaith Spiritual center a Boston (Paul Zaferiou e Glenn Heinmiller/Lam Partners); Zollverein Kokerei a Essen (progetto: The Lighting Architects Group/Speris & Major); il Piano regolatore del centro di Helsinki (Ross De Alessi, Eero Metso e Erkki Rousku). I due progetti con menzione speciale sono stati: il Plantation Place Marketing Suite Beacon a Londra (David Haymas e Haico Scheppers/Arup Associates); UBS A.G. Headquarters a Stamford (progetto: Stephen Marguelis e Stephen Szynal/Cosentini Lighting Design). The International Association of Lighting Engineers (IALD), has awarded the prizes for the 17th edition of its Lighting Design Awards of Merit. There were seven winning project designs and two special mentions assigned by a Jury comprising

Sotto, vista della nuova illuminazione del Centro di/below, view of the new lighting system for the Center of Helsinki, progettata da/designed by Ross De Alessi, Eero Metso, Erkki Rousku. In basso a sinistra/bottom left,

Plantation Place a Londra, progettato da/designed by David Haymas e Haico Scheppers/Arup Associates; a destra, interno del/right, interior of Rodin Museum Samsung, Seoul, illuminato da/lighting design by Thompson + Sears.

James Carpenter, Motoko Ishii, Richard Renfro, Susan Rodriguez, Adam Thany, Susan Tillotson, and Rogier van der Heide. The winning project designs, which were chosen on the basis of their harmony with the environment and the function that they fulfilled - both from the viewpoint of lighting alone and of the architectonics - were: the Albert Memorial in London (Graham Phoenix and the Michael Simpson-Design Partnership); the restoration of the Radio City Music Hall in New York (Paul Marantz and Scott Hershman/Fisher Marantz Stone); the Main Reading Room of the New York Public Library (Barry Citrin and Richard Renfro/Fisher Marantz Renfro Stone); Samsung's Rodin Museum Pavilion in Seoul (Thomas Thompson, Christine Sciulli, Jonathan Plumpton and Ross Burns/Thompson+Sears); the Northeastern University Multi-Faith Spiritual Center in Boston (Paul Zaferiou and Glenn Heinmiller/Lam Partners); the Zollverein Kokerei in Essen (The Lighting Architects Group/Speris & Major); and the plan for the centre of Helsinki (Ross De Alessi, Eero Metso and Erkki Rousku). The two projects that were given Special Mention were: the Plantation Place Marketing Suite Beacon in London (David Haymas and Haico Scheppers/Arup Associates); and the IBS A.G. Headquarters in Stamford (Stephen Marguelis and Stephen Szynal/Cosentini Lighting Design).

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L’idiozia, nell’accezione di semplicità e unicità, è un termine che si attaglia perfettamente a un certo modo di fare e intendere l’arte. Ogni cosa, ogni persona, infatti, sono “idiote” nella misura in cui sono concentrate su se stesse; si capisce allora in che modo l’idiozia concerna la modernità nell’arte, intesa come tradizione di rottura al cui interno la strategia del nuovo si rivela necessaria e sufficiente. Il termine idiozia indica anche stupidità e immaturità, significati cui alcuni dei più grandi artisti hanno guardato con un certo

interesse. L’esposizione “Le fou dédoublé. L’idiotie comme stratégie contemporaine”, in cartellone al Castello di Oiron fino al 1 ottobre, ripercorrendo questa falsa riga, presenta più di 180 opere provenienti da collezioni pubbliche e private, che rappresentano una settantina di artisti europei -soprattutto russi e francesi. La mostra, prendendo spunto dal ruolo che la follia ricopre nell’arte, cerca di fornire risposte al tema dell’identità, questione su cui gli artisti europei riflettono con sempre maggior interesse. L’opera di ogni artista rappresenta, pertanto, un punto di vista differente e personale sulla storia e le vicende dell’Europa. Parallelamente, l’Ecole Nationale Supérieure des Beuax Arts di Parigi presenta “Le Pôle du Froid” esposizione nella quale è presentata l’attuale generazione di pittori russi che hanno contribuito, con le loro opere, a modificare l’arte russa degli ultimi dieci anni.

Le ultime attribuzioni

Il centro storico della Repubblica di San Marino ospita fino al 2 ottobre una mostra, intitolata “Nostalgia del mito” che raccoglie una ventina di sculture in marmo e bronzo di Igor Mitoraj. Le sculture, che provengono per la maggior parte da collezioni private (tra cui quella della Cassa di Risparmio di San Marino, organizzatrice della mostra insieme alla Galleria Contini di Venezia), rappresentano un omaggio all’antichità classica, rivisitata da Mitoraj con spirito moderno. Lo scultore, infatti, costruisce e decostruisce, scompone e ricompone, rifinisce e mutila dei ed eroi appartenenti alla mitologia classica dando vita a una personale poetica del frammento che ammicca a quella disintegrazione della perfezione

Giotto, Polittico di Santa Reparata, 1315.

conservati dalla Soprintendenza fiorentina e destinati, dopo la mostra, alla loro ubicazione originale e anche delle due tavole della Galleria di Stoccarda, raffiguranti rispettivamente 21 e 23 scene dell’Apocalisse, per la prima volta proposte come autografe di Giotto. La mostra è corredata da due cataloghi, uno scientifico e l’altro breve, entrambi editi da Giunti.

Morandi a Torino

La Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino propone fino al 10 settembre una retrospettiva dell’opera di Giorgio Morandi. Con un vasto nucleo di opere (95 dipinti e 35 acqueforti), la mostra ripercorre i motivi della ricerca artistica di Morandi a partire dagli anni Venti fino alla fine della sua esperienza di pittore. Dalla dialettica tra i vari periodi del suo percorso artistico emerge la sua visione poetica in cui si alternano visioni che sembrano voler dissolvere l’ordine delle certezze formali e opere tese a riconfermare il primato della forma, in composizioni in cui la cadenza spaziale è determinata da raffinati contrasti di luce e ombra.

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simile al destino sempre più fragile e precario del nostro tempo. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Contini-Venezia che contiene un saggio di Giorgio Cortenova.

Mondi surreali femminili

Riscostruire i percorsi frammentari del nuovo immaginario femminile internazionale è l’obiettivo della mostra “Corpus in fabula”, aperta

Konstantin Stotnikov, Le dévoreur de poupées, video, 1998.

La Galleria dell’Accademia di Firenze ha in cartellone, sino al 30 settembre, una mostra su Giotto e la sua bottega. Si tratta di un’antologica in cui sono esposti non solo i più importanti capolavori del maestro, ma anche opere sconosciute o di recente attribuzione. E’ il caso, per esempio, dei resti di affreschi staccati dalla cappella maggiore della chiesa di Badia, da anni

Igor Mitoraj, Disco Torso, d. 138 cm.

Il mito imperfetto

L’arte dell’idiota

fino al 17 settembre nelle sale di Palazzo Bandera a Busto Arsizio (Varese). Vengono presentate le opere di cinque giovani artiste europee (Vanessa Beecroft, Giuliana Cuneaz, Janieta Eyre, Raffaella Nappo e Inez van Lamsweerde, nella foto) che lavorano su una molteplicità di mondi possibili, surreali o non proprio reali. Attraverso le loro opere – fotografie e installazioni – si entra in un universo ipercontemporaneo e fantascientifico in cui la ripetitività del presente viene spostata in un futuro dove il corpo – principalmente quello femminile, carnale e immateriale allo stesso tempo – forse non invecchia e l’immaginazione diventa quasi inquietante.


Il maestro e gli allievi

A conclusione del Corso Superiore di Arte Visiva organizzato dalla Fondazione Antonio Ratti di Como, viene presentata fino al 10 settembre una mostra di Ilya Kabakov, che del corso è stato Visiting Professor e animatore del seminario intitolato “8-10 Conferenze su lo Spirito del Luogo”, in cui si è indagato il concetto dell’installazione in rapporto alle problematiche del fare artistico contemporaneo.

Ilya Kabakov, The boat of my life, 1995.

La mostra, organizzata negli spazi della ex-Chiesa di San Francesco di Como, rappresenta un confronto diretto tra l’opera del maestro e quello dei suoi allievi. Le informazioni sulle attività della Fondazione Antonio Ratti possono essere consultate sul sito www.undo.net/Ratti_VisualArts, che presenta anche pagine interattive di news dedicate ai progetti e agli artisti che hanno partecipato al corso.

Dall’acrilico allo zucchero

Con un percorso attraverso il centro cittadino che dal duomo arriva alla galleria Civica di Arte Contemporanea, la città di Trento presenta fino al 10 settembre una quarantina di opere di Aldo Mondino. L’esposizione, intitolata “Aldo Mondino dalla A alla Z dall’acrilico allo zucchero”, sottolinea l’esperienza poetica dell’artista torinese in cui massima attenzione è data alla ricerca e allo sviluppo, attraverso la sperimentazione diretta sulle opere, di materiali non tradizionali. La mostra abbraccia un arco di tempo che va dagli anni Sessanta-Settanta alle più recenti opere, ancora inedite, realizzate dopo l’ultimo viaggio in India e i tre lavori Iznik,

Presenza-assenza

Burri mai visto

Con centosessanta opere di cui 26 lavori (neri e oro, cretti e oro, cellotex neri e rossi) mai esposti né pubblicati e sessanta (di piccolissimo formato, 6x7, 7x8, 8x10 cm) solo pubblicati in catalogo ma mai esposti al pubblico, la Fondazione Burri presenta fino al 30 settembre negli spazi degli Ex Seccatoi del Tabacco di Città di Castello (Perugia) la mostra "Burri inedito". L'esposizione curata da Maurizio Calvesi, autore anche dei testi in

Hierros e India. Tra le opere presentate Delicatessen (di zucchero), Scultura un corno (di cioccolato), Raccolto in preghiera (di caffè), i tappeti esposti alla Biennale di Venezia del 1993 realizzati in eraclite, e ancora i turbanti in ceramica e opere in vetro.

Alberto de Braud, Io senza se, stampa digitale/digital print, 50x70 cm, 2000.

La Galleria Bruna Soletti di Milano propone fino al 25 settembre una personale dell’artista milanese Alberto De Braud. Le sue opere in bronzo, le fotografie, le stampe digitali rappresentano idee di presenzaassenza legate a un bisogno di reinterpretare la natura in un processo allegorico che fornisce solo frammenti di realtà. In esse segni vuoti, spesso senza senso, una volta montati insieme assumono un significato nuovo e diverso. La sperimentazione tecnica ed espressiva di De Braud è sempre tesa alla ricerca di leggerezza ed equilibrio, in una sorta di classicità che, senza citazioni giunge a una sintesi degli stati d’animo e dei sentimenti inconsci della mente.

Alberto Burri, Nero e oro, acrilico e oro in foglia su cellotex/ acrylics and gold leafs on cellotex, 109.5x164.5 cm, 1993.

catalogo, propone opere risalenti per la maggior parte agli ultimi quattro anni di attività del maestro scomparso nel 1995, offrendo una scelta di opere che amplia il già ricco panorama artistico di Alberto Burri. Proprio per le novità esposte, questa mostra, che ha coinvolto un comitato scientifico formato da studiosi dell'arte di Burri e da direttori di importanti musei europei, suscita grande attenzione negli ambienti dell'arte contemporanea.

Aldo Mondino, Gravere, bronzo, 190x120 cm, 2000

Pittura continua

Fino al 16 settembre presso la Galleria Salvatore e Caroline Ala di Milano sono in mostra le opere degli ultimi due anni del pittore tedesco Claus Brunsmann. Nelle osservazioni che il critico Heintz-Norbert Jocks ha scritto per il catalogo della mostra si spiega che per Brunsmann il dipingere è anzitutto un sommare i colori fino all’irriconoscibilità cui però, d’altro canto, egli si oppone sottraendo strati di colore in maniera che rimangano altri strati che poi ricompone. Un processo ininterrotto, che ricomincia sempre da capo,

Claus Brunsmann, Recorder/Transporter, olio su tela/oil on canvas, 150x200 cm, 1999.

confermando l’idea guida dell’artista tedesco secondo il quale la pittura è sempre in movimento e quindi si rinnova completamente e continuamente.

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Sculture d’acciaio

L’olio come cultura Da molti anni ormai l’Aeroporto Internazionale di Vienna è impegnato in un programma dedicato all’arte negli spazi pubblici e, oltre ad acquisire opere che vengono installate permanentemente, organizza mostre temporanee nelle aree dell’aeroporto. Nell’ambito di questo programma è ora allestita fino al 30 settembre la mostra “Eisen-Zeug-Safari”. Nei saloni Arrivi e Partenze e nelle zone di transito del terminal sono montate quattordici sculture dell’artista austriaco Gerhardt Moswitzer. Già ospite dell’aeroporto dal 1996 con la scultura in acciaio corten intitolata Häuptling König (nella foto), Moswitzer lega la sua arte all’espressività dei materiali utilizzati per convogliare immagini di solidità, volume e spazio, realizzando sculture in cui l’acciaio e la sua fusione in forme monumentali richiamano il sempre più stretto legame tra arte, tecnologia e società.

Vibrazioni satiriche Deix in Vienna

Manfred Deix, Ursula mit Unterwind, 1996.

La Kunsthaus di Vienna presenta fino al 17 settembre un’ampia rassegna dell’opera di Manfred Deix, intitolata “Good Vibrations”. Deix è il più importante disegnatore satirico austriaco e con questa mostra, che presenta oltre trecento sue opere tra acquerelli, olii, cartoni e sculture, se ne vuole ribadire la poliedricità e la qualità artistica. Con immagini pungenti e dirette, le sue opere instancabilmente combattono le falsità del mondo e pungolano i suoi protagonisti con abilità e acutezza. Until September 17 Vienna's Kunsthaus will be featuring an extensive exhibit of the works of Manfred Deix entitled "Good Vibrations". With this exhibit, which presents over three hundred of his works, among which water-colours, oil paintings, cartoons, and sculptures, Deix, who is the most important Austrian satirical designer, aims to emphasize the versatility and artistic quality of his work. With direct and pungent images, his works

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Lo scorso maggio è stato inaugurato a Torgiano (Perugia) il Museo dell’Olivo e dell’Olio, che in fase progettuale, nel 1998, si era guadagnato il premio Impresa e Cultura attribuito dalla Fondazione Peggy Guggenheim. L’iniziativa è proposta dalla Fondazione Lungarotti, l’istituzione culturale privata che da oltre vent’anni si è fatta promotrice della salvaguardia del patrimonio ambientale, culturale e artistico umbro e nazionale in relazione alle produzioni agricole che hanno maggior rilievo nel territorio. Il Museo dell’Olivo e dell’Olio si affianca all’attività del Museo del Vino, altra creazione

della Fondazione Lungarotti, che accoglie ogni anno oltre ventimila visitatori. Il nuovo museo ha sede in un piccolo nucleo di abitazioni medievali nel centro storico di Torgiano, accorpate e restaurate per dare vita a un percorso che si articola in dieci sale in cui sono raccolti manufatti, iconografia, attrezzi relativi alla lunga storia dell’olio non solo nell’alimentazione ma anche nell’arte, nella religione e nella vita di tutti i giorni. Una particolare sezione, intitolata “L’olio come luce”, presenta una raccolta di antiche lucerne dall’età preromana al XIX secolo.

Arte e sapere

Cittadellarte costituisce la sede permanente a Biella di tutte le attività di ricerca artistica e culturale promosse dalla Fondazione Pistoletto e rappresenta la concretizzazione del Progetto Arte cui Michelangelo Pistoletto lavora dal 1994: “L’arte è l’espressione più sensibile e integrale del pensiero ed è tempo che l’artista prenda su di sé la responsabilità di porre in comunicazione ogni altra attività umana, dall’economia alla politica, dalla scienza alla religione, dall’educazione al comportamento, in breve tutte le istanze del tessuto sociale”. Su questo manifesto programmatico è nato il progetto UnideeUniversità delle Idee. Dal 1 settembre al 31 ottobre si svolge la seconda parte dell’attività dell’Unidee (la prima si è svolta nei mesi di luglio e agosto) che propone corsi teorici e pratici dedicati ai rapporti tra le discipline artistiche e del

sapere, tenuti da esperti internazionali, responsabili di istituzioni culturali e docenti universitari. I corsi sono aperti a studenti e laureati selezionati da una giuria internazionale che in questo periodo vivono e lavorano presso la CittadellarteFondazione Pistoletto a Biella. Nello stesso periodo, è previsto l’incontro con il Club di Budapest corredato da una performance di Cees Krijnen/Greta Blok e Germanie Kruip (16 e 17 settembre), il convegno “The Border: il concetto e lo spirito” (4-8 ottobre), le mostre “Figli e Padri” (6-31 ottobre) con opere dedicate ai rispettivi padri da Sephan Potengowski, Omi Scheiderbauer e Michelangelo Pistoletto, e la mostra delle opere realizzate dagli studenti durante i corsi. Per informazioni: Marida Augusto, tel. 01528400, fax 0152522540, www.cittadellarte.it, fondazionepistoletto@cittadellarte.it.

Pittura e letteratura

tirelessly attack the falsity of the world and goad his subjects sharply and skilfully.

Il Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno ospita fino al 30 settembre una mostra che coniuga l’amore per la pittura a quello per la letteratura. Si tratta di oltre cinquanta opere, tra schizzi, disegni preparatori, cartoni definitivi e ritratti di scrittori che ripercorrono il processo di creazione della Sala Garzanti di Milano realizzata da Tullio Pericoli. Nel 1987, Livio Garzanti chiese a Pericoli un’opera che raccontasse in immagini la storia della casa editrice per la sede milanese di Via Senato 25, nel palazzo realizzato nel 1946 da Giò Ponti. L’opera, inaugurata

nel 1998, copre circa cinquanta metri quadrati di lunette e strisce laterali sotto il lucernario al pianterreno; in realtà il murale è formato da tele dipinte in acrilico applicate ai muri. Vera protagonista di questi dipinti è la scrittura; le cose e i personaggi sono alleggeriti, ridotti quasi alla trasparenza e all’essenzialità sui fogli con ampie superfici bianche e tratti chiari, sottili, che riportano immagini viste come dall’alto. A corredo della mostra, una serie di altre immagini e ritratti realizzati da Pericoli per l’Enciclopedia Europea della Garzanti.


Un successo annunciato

Nuovi concetti

Entrata nel mercato italiano nel 1985 con l’acquisizione della Sabiem, Kone ha successivamente reso proprie Fiam e Bassetti Elevatori portando a 2.135 il numero dei dipendenti locali, distribuiti nei servizi di assistenza e manutenzione, nella vendita di nuovi impianti e nelle attività manifatturiere. Nel 1999 Kone Italia ha ottenuto un fatturato di 447 miliardi di lire, in crescita del 12% rispetto al 1998 e un utile operativo (escluse operazioni straordinarie) di 23,4 miliardi di lire, in crescita del 60% rispetto al 1998. Ciò ha incrementato le quote di mercato sia nel settore nuovi impianti che in quello dell’assistenza e manutenzione. La strategia aziendale del Gruppo

L’edizione 2000 del Salone Internazionale del Mobile di Milano ha evidenziato i programmi e i nuovi prodotti di Kartell che, rivoluzionando il normale concetto del complemento d’arredo, ne esprimono una concezione più libera ed estesa in principi di scala industriale. In questa nuova ottica il divano “Bubble Club”, di Philippe Starck, realizzato in polipropilene colorato in rotatio moulding, e “Maui Divano”, di Vico Magistretti, prodotto in un unico stampo di polipropilene, promuovono una inaspettata rivoluzione nel settore design. Infatti esprimono nuovi concetti

Kone ha privilegiato il Know how industriale e tecnologico italiano, destinando a siti industriali di livello europeo gli stabilimenti in Italia, che, nel 1999 hanno prodotto l’80% degli ascensori costruiti e venduti da Kone in Europa. Di particolare importanza è l’impianto di Milano (Pero), modernissimo e innovativo a livello mondiale, attualmente impegnato nella produzione di Kone MonoSpace®‚ ascensore tecnologicamente rivoluzionario lanciato nel 1998, che ha stabilito i nuovi standard nel settore degli ascensori. Lo stabilimento di Bologna si dedica invece alla produzione di impianti speciali, progettati e costruiti secondo le esigenze espresse dal cliente.

in merito al complemento d’arredo, come dimostrano questi divani industriali prodotti con materiali plastici.

Seduta trasformabile Ammannati e Vitelli, per i4 Mariani, hanno disegnato “up & down”: una seduta che, grazie a un motore elettrico, può indifferentemente presentarsi come una chaise longue, un divano e un letto. Questo elemento imbottito è predisposto per trasformarsi in dx o sx, semplicemente svitando e spostando lo schienale su un Ammannati lato o nel suo e Vitelli, opposto. perRealizzato i4 Mariani, con i migliori hanno materiali disegnato “up & down”: unanel disponibili seduta settore, che,“up grazie & a un motore elettrico, può down” ha la struttura in tubolare indifferentemente di acciaio cromatopresentarsi e può essere come unainchaise rivestito pelle olongue, tessuto. un divano e un letto.

Rivestimento cementizio

Ora sistema fieristico

Con il nuovo programma “esserci tutto l’anno”, Smau ha avviato un procedimento di trasformazione che lo vede non più singola esposizione, ma sistema fieristico integrato nella nuova economia di mercato. Coerentemente con questo proposito, il progetto Duemila di Smau ha avviato due nuove manifestazioni destinate al pubblico business: SmauImpresa, dedicata alla gestione dell’impresa programmata dal 31 maggio al 3 giugno 2000 scorso presso la Fiera di Milano; SmauComm Mediterraneo, impostata sulle telecomunicazioni, le reti e i servizi per la società dell’informazione svoltasi dal 14 al 17 giugno scorso alla Fiera di Roma. Questi nuovi eventi hanno preceduto Smau 2000, l’esposizione internazionale dell’information & communications technology presente dal 19 al 23 ottobre alla Fiera di Milano. L’attività

fieristica di Smau si articola inoltre sul fronte delle ricerche, dei premi e degli incontri che, organizzati con università e società di ricerca italiane e straniere, si susseguono nel corso dell’intero anno. Il tema portante dell’evento, presente nelle aree espositive, negli incontri e nei convegni, sarà l’innovazione globale, punto di riscontro per lo sviluppo della nuova economia e del sistema Paese. Una mostra allestita in Piazzale Italia illustrerà, con un “viaggio” interattivo nel prossimo futuro e nei luoghi italiani e stranieri, dove nasce la cultura dell’innovazione. Tra le varie iniziative, assolutamente originale e curiosa, sarà l’area dedicata alla casa digitale e alle nuove tecnologie relative alle particolarità che accompagnano oggi oggetti ed elettrodomestici di utilizzo comune.

Prodotto dalla Divisione Thoro della MAC -Modern Advanced Concrete-, Thoroseal FX122 è un rivestimento edile impermeabile ed elastico, fornito in confezione bicomponente con parte in polvere in sacco e parte liquida

in tanica. Quando miscelato, il prodotto si presenta come una malta fluida da applicare a pennello, rullo o spruzzo in due strati da circa 1mm ciascuno. La particolare formulazione consente l’unione tra la capacità impermeabilizzante del cemento selezionato, e la flessibilità della speciale resina polimerica con l’alta potenza chimica che la resina stessa conferisce al rivestimento. Dopo 7 giorni di stagionatura il prodotto è diventato un rivestimento che garantisce impermeabilità, non si lesiona anche nel caso di forti movimenti del supporto, ed è resistente all’aggressione chimica di sostanze acide medio forti (ph>3).

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Dedicata alla stampa mobile

Cotto e alluminio

HP DeskJet 350C, di HewlettPackard, è la nuova stampante portatile studiata per coloro che lavorano lontani dal proprio ufficio. La robustezza, praticità, qualità di stampa a livello professionale e funzionalità, nonché la batteria a lunga autonomia e il supporto per il collegamento agli infrarossi, ne consentono l’impiego in qualsiasi circostanza e luogo. Inoltre, attualmente, è questo l’unico modello dotato di cartucce che garantiscono di affrontare viaggi di ogni tipo, anche aerei, senza rischi di perdite di inchiostro, ed essendo a elevata capacità

Metra e Sannini Impruneta hanno studiato e realizzato, con Metraltech Linea SanniniImpruneta, un sistema di serramenti per integrare le prestazioni dei profilati d’alluminio con i tradizionali e tipici materiali costruttivi del passato, come il cotto, in funzione di una correlazione fra alta tecnologia e nuova funzionalità. L’intera gamma di questi profilati in alluminio e

consentono di produrre fino a 485 pagine in monocromatico e 310 pagine a colori, superando quindi i valori di qualsiasi altra stampante portatile esistente.

Analisi e ipotesi

Con la tavola rotonda dal tema “Il settore legno-arredo e la nuova frontiera delle tecnologie informatiche”, l’Assemblea di Federlegno Arredo si è riunita lo scorso giugno a Milano. Il presidente Rodrigo Rodriquez ne ha evidenziato il ruolo positivo svolto nell’ambito delle istituzioni e del sistema Confindustria, e per l’andamento del mercato che, nello specifico, occupa oltre 411.000 addetti e annovera 89.000 imprese, per un fatturato di circa 68.000 miliardi di lire. Questi dati inseriscono il settore legno-arredamento, unitamente all’alimentare, tra i comparti del Made-in-Italy, ai vertici nelle vendite nei mercati esteri. E’ inoltre emerso che il settore, puntando prevalentemente su tecnologia e design, aspetti prioritari del successo ottenuto dal sistema legno-arredo, si trova nella necessità inderogabile di investire in formazione, per disporre di nuove risorse specializzate e di professionisti che sappiano far fronte all’evoluzione del mercato e alle

specificità delle diverse componenti del comparto. Federlegno-Arredo, in relazione all’impegno di rappresentanza assunto, si adopera tenacemente nell’ambito dei Ministeri, per definire le strategie per una politica industriale settoriale, attivandosi in molteplici iniziative, anche attraverso Associazioni che la compongono, per evidenziare la qualità dell’abitare, dell’ambiente e della distribuzione. Rodriquez ribadisce inoltre che il percorso intrapreso con Federmobili per l’inserimento nel Dpef, e i provvedimenti collegati a misure utili al consolidamento del mercato interno, debbano proseguire sia a sostegno dell’alleggerimento dell’imposizione fiscale sull’attività edile, che in merito agli incentivi per l’acquisto del primo impianto per mobili, come per le agevolazioni relative alla modernizzazione della rete distributiva e per le misure riguardanti la trasparenza e concorrenza.

Linguaggi contemporanei

Juicy Salif, lo spremiagrumi disegnato da Philippe Starck per Alessi, ha avuto un ruolo di protagonista, da parte degli studenti del 3° anno del Corso di

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Laurea in Disegno Industriale del Politecnico di Milano, nei filmati relativi alla ricerca sul tema della comunicazione realizzabile con i linguaggi tecnologici della contemporaneità (video, computer animation, computer graphic). Nel contesto di questa tematica, che ha visto selezionati sette oggetti della collezione Alessi, hanno partecipato 160 studenti , autori di 60 video. Alcuni hanno privilegiato la tecnica dell’animazione in 3D realizzando immagini virtuali, mentre la metà ha utilizzato il supporto CD ROM.

quindi sono immutate le prestazioni e le modalità di messa in opera e manutenzione dello stesso. Il sistema Impruneta prevede l’assemblaggio a secco di formelle in cotto al telaio fisso in alluminio, mentre i profili delle parti mobili e gli accessori del sistema 68sth restano immutati. La sostituzione eventuale delle formelle in cotto può avvenire senza il disassemblaggio del telaio in alluminio. La protezione e la finitura delle superfici dei profilati in alluminio deve essere effettuata mediante ossidazione anodica o verniciatura. Metra attua queste lavorazioni con processo a marchio europeo Qualital (Qualanod per l’anodizzazione e Qualicoat per la verniciatura).

cotto Impruneta, con accessori e guarnizioni originali, permette la realizzazione di qualsiasi tipo di infisso a battente (finestra e porte a una o più ante, ad anta ribalta e altro) o a specchiatura fissa. Sono inoltre facilmente collocabili e integrabili nei più vari contesti storici o moderni. Il sistema ha come interfaccia il profilato NC68 STH Metra linea a scomparsa,

Una gamma completa Disegnata da Antonio Citterio per Tre-P & Tre-Più, la linea Planus, coordinandosi e integrandosi con il sistema di pareti mobili Pavilion, genera una gamma completa di soluzioni tipologiche comprensiva di: ante a battente con o senza coprifilo, ante a filo muro e scorrevoli interno muro. La versione Planus filomuro, compresa nel sistema Planus, è una porta montata a filo muro, integrata e livellata alla parete e con lo stipite in alluminio applicato a un controtelaio TrePiù, inserito nel muro predisposto a mazzetta. Questa soluzione consente all’anta di essere montata facilmente e velocemente. Molte le finiture

previste sia in varie tipologie di vetri che in laccati ed essenze di legni; è stata studiata anche una variante per un’anta impiallacciata grezza, personalizzabile.


Colto e rigoroso

Contro i rumori

Disegnato da Ra.Ri per Alivar, il letto Boss rilancia il concetto colto e rigoroso proprio del razionalismo più maturo. La struttura del letto è in acciaio rivestita in espanso, mentre la base è realizzata in tubo di acciaio verniciato alluminio-cromo o alluminio goffrato. La rete ha le doghe in legno, e il materiale di rivestimento è proposto nella variante in Alcantara, tessuto stretch o finta-pelle. Esistono le versioni “Queen Size” e “King Size”.

GlascoAlu, di Poliglas, è un innovativo pannello isolante, studiato per consentire la realizzazione di controsoffitti acustici e decorativi, che si compone di un feltro autoportante in lana di vetro rivestito sulla superficie apparente con carta kraftalluminio goffrata, rinforzata con velo di vetro. La funzione specifica del pannello in lana di vetro, si evidenzia nella prerogativa di attutire rumori e vibrazioni provenienti dall’alto, in relazione alla capacità del materiale strutturale di trattenere l’aria al suo interno; fenomeno importante per favorire l’assorbimento dei rumori e della riverberazione

Sinergie produttive e commerciali Colombo Design, nato nel 1990 dopo 50 anni di attività sviluppata nel settore produttivo riguardante maniglie per porte e finestre, ha attualmente sede a Terno d’Isola (BG) in uno stabilimento articolato su 14.000 metri quadri, con il fine di produrre oggetti di design, destinati all’habitat moderno, studiati per soddisfare una larga fascia di utenti finali. L’Azienda, (circa 40 miliardi di fatturato nel ‘99) leader nel settore delle maniglie d’arredo e di alto livello produttivo nel comparto dell’arredobagno, consapevole del

momento attuale che vede il settore idrotermosanitario organizzarsi in accorpamenti relativi a distribuzione e produzione, ha stipulato un accordo con Gedy (circa 38 miliardi di fatturato), a sua volta leader e primo interlocutore della G.D.O. in Italia (Castorama, Le Roy e Obi) ed Europa per il settore degli accessori bagno, della quale ha acquistato il 30%. Questo accordo rende Colombo Design e Gedy il secondo produttore per fatturato nel mercato dell’arredobagno.

Comfort prossimo futuro

Carrier e Toshiba, uniti in jointventure, hanno dato vita al sistema VRF (Variable Refrigerant Flow) che rende conforme e integra nei sistemi Carrier la tecnologia VRF Toshiba. Il nuovo sistema consente che l’unità esterna venga prodotta presso lo stabilimento Toshiba Carrier di Plymouth, nel Regno Unito, mentre le unità interne vengano costruite a Villasanta (Milano). Variable Refrigerant Flow, a flusso variabile

di refrigerante, è un sistema di raffreddamento, dotato di controllo e con dispositivi di flusso supplementari, necessari ad assicurare il flusso del refrigerante dove richiesto, nelle quantità e nei tempi necessari. Ciò consente di migliorare la flessibilità del sistema e di incrementare le prestazioni di condizionamento o di riscaldamento, riducendo contemporaneamente i consumi energetici.

Più piastrelle italiane

Con un fatturato cresciuto del 7% nel corso del 1999 (9.424 miliardi di lire) e con un maggior incremento dell’occupazione, l’Assemblea 2000 di Assopiastrelle ha confermato il processo di concentrazione e razionalizzazione del settore, avviato da alcuni anni, che implica la riduzione del numero di società in relazione a un processo di fusione e accorpamenti tra le imprese. A tutto ciò fa però riscontro il mantenimento, e in alcuni casi la

nascita, di marchi commerciali identificanti particolari e specifiche tipologie di prodotto. Significativo in merito il rafforzamento del ciclo di investimenti che, con una crescita del 22,18% (678 miliardi), ha raggiunto il 7% del fatturato annuo. Per la prima volta nella sua storia, l’industria italiana delle piastrelle di ceramica ha oltrepassato la barriera dei 600 milioni di metri quadrati grazie a una crescita del 2,93%.

delle onde sonore, consentendo altissimi valori di isolamento e correzione acustica. I controsoffitti GlascoAlu della Poliglas, testati in camera riverberante, hanno dimostrato infatti un coefficiente di assorbimento delle onde sonore compreso tra 0,48 e 0,77, a seconda dello spessore del materiale e della gamma di frequenza. Realizzati nella misura di 150 x 100 cm in due spessori (50 e 80 mm), questi controsoffitti hanno la certificazione ISO 9002 e presentano un ottimo comportamento al fuoco (classificati in classe 1 di reazione al fuoco) e grande resistenza termica.

Alluminio sempre

Hydro Aluminium Metal Products, divisione della Norsk Hydro Asa, il più importante Gruppo norvegese che nel corso del 1999 ha superato un fatturato di 13 miliardi di dollari, evidenzia la propria presenza nel mondo con numerosi stabilimenti di produzione e società commerciali. Leader in Italia nella fornitura di prodotti grezzi in alluminio primario (billette per estrusione, leghe primarie da fonderia, vergella placche da laminazione, pani/T-bars 99, 7), Hydro Aluminium Metal Products di Milano, esaurisce la terza parte della richiesta nazionale del prodotto con 700 mila tonnellate annue. Solo con le billette la società realizza in

Italia la metà del suo fatturato locale, e si avvale, per ottimizzare lo sviluppo e la vendita del prodotto, di market team messi a disposizione dei clienti.

Premio innovazione 2000

La prima edizione del Premio Innovazione 2000, iniziativa voluta da “Innovazione in Ceramica” con il sostegno della Accademy of Ceramics, ha visto assegnare al dottor Romano Minozzi, Presidente del Gruppo IRIS Ceramica, questo premio. La motivazione espressa dalla giuria per questo conferimento, ha fatto riferimento al contributo e all’impegno che il premiato ha riservato all’affermazione e allo sviluppo della ceramica nel mondo. Luca Cordero di Montezemolo, Presidente dell’Associazione Industriali di Modena e Presidente della Ferrari, ha consegnato il premio nel corso

della cerimonia svoltasi a Villa Cesi a Nonantola di Modena. Il Gruppo IRIS ha, negli ultimi 10 anni, effettuato investimenti notevoli: 600 miliardi di lire in tecnologie innovative e 10 miliardi nella ricerca, iniziative che hanno consentito la produzione di materiali innovativi per pregio e qualità. Il fatturato consolidato nel 1999 è stato di 1.002 miliardi di lire, e il margine operativo netto ha raggiunto i 107 miliardi di lire, mentre l’export attuato in 120 Paesi ha toccato quota 75%. Il Gruppo è attualmente composto da 17 società con 26 stabilimenti e un organico di oltre 3000 dipendenti.

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Agenda Concorsi di architettura e design Architecture and design competitions

municipal offices, library, multimedia centre, auditorium, parking etc.) Scadenza/Deadline: 19/01/2001 Per informazioni: Ufficio Progetti di Riqualificazione Urbana Via U.Giordano 1, 20092 Cinisello Balsamo (MI) Tel. ++39 02 66023431, fax ++39 02 66023443 Internet: www.comune.cinisello-balsamo.it E-mail: suffprog@comune.cinisello-balsamo.it

Firenze

Canada Vancouver 13 Acres Competition Concorso internazionale di architettura del paesaggio/International competition of landscape architecture Iscrizione/Registration: ottobre/October Per informazioni: Catherine Cloup 835 20th Street, West Vancouver, BC V7V 3Y9, Canada E-mail: zuluoscar@telus.net

Francia/France Paris Europan 6 Concorso internazionale sul tema "Dinamiche architettoniche e nuove forme abitative urbane" per architetti under 40/International competition on the theme "Infill Towns. Architectural Dynamics and New Forms of Urban Living" open to under 40 architects Iscrizione/Registration: 12/1/2001 Consegna/Submission: 5/3/2001 Per informazioni: Europan Europe Secretariat La Grande Arche-pillier nord 92044 Paris La Défense cedex 41 Tel. ++33 1 40812447, fax ++33 1 40812458 Internet: www-europan.gamsau.archi.fr E-mail: europan@club-internet.fr

Germania/Germany Kronberg Braun Prize 2000 - Dream Real Products Concorso internazionale di design per oggetti tecnologicamente innovativi/International design competition for technologically innovative objects Scadenza/Deadline: 31/1/2001 Monte premi/Total prize money: 35.000 DM Giuria/Jury: Bernhard Wild (Chairman of Braun), Peter Schneider, Rainer Silbernagel, Ross Lovegrove, Chee Pearlman Per informazioni: Braun Prize Postfach 1120, D-61466 Kronberg Internet: www.braunprize.com E-mail: info_braunprize@braun.de

Italia/Italy Cinisello Balsamo (Milano) Concorso di progettazione "CentroCittà" Concorso internazionale di progettazione del Centro Amministrativo e Culturale (ampliamento degli uffici comunali, biblioteca, centro multimediale, auditorium, parcheggi ecc.)/International competition for the designing the new Administrative and Cultural Centre (extension of

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Gli oggetti del vino Concorso di idee per oggetti innovativi formalmente e tecnologicamente, in qualsiasi materiale, relativi al consumo del vino/International competition for formally and technologically new objects, made of any material, concerning wine consumption Scadenza/Deadline: 10/10 Monte premi/Total prize money: 8.000.000 Lit. Giuria/Jury: Massimo Ruffilli, Francesco Trabucco, Augusto Marinelli, Andrea Ceccarelli, Romano Del Nord, Virginia Gangemi, Roberto Segoni Per informazioni: Scuola di Specializzazione in Disegno Industriale-Dipartimento di Processi e Metodi della Produzione Edilizia Università di Firenze Via San Niccolò 89a, 50125 Firenze Tel./fax ++39 055 2478979

Mantova Storia dei restauri della Basilica di Sant'Andrea, Mantova Premio per tesi di laurea o dottorato sulla storia dei restauri della Basilica Sant'Andrea o su temi di storia politico-amministrativa, musica, arte, giornalismo, sanità pubblica, assistenza sociale e istituzioni culturali del territorio mantovano/Prize for degree or master thesis on the history of Balsilica Sant'Andrea's restoration or on themes concerning the socioadministrative history, music, arts, journalism, public health, social assistance, or cultural institution of the Mantova region Scadenza/Deadline: 31/12 Monte premi/Total prize money: 9.000.000 Lit. Per informazioni: Archivio di Stato c/a Elena Lucca Via R.Ardigò 11, 46100 Mantova Tel. ++39 0347 4469278

Milano Riabita 2000 Concorso nazionale riservato ad architetti, ingegneri e geometri finalizzato all'individuazione e valorizzazione di recenti interventi di ristrutturazione relativi alla tipologia: Appartamento in città Scadenza: 30/9 Monte premi: 13.000.000 Lit. Giuria: Amedeo Bellini, Antonio Piva, Mario Federico Roggero, Fabrizio Schiaffonati, Cesare Stevan, Domenico Taddei Per informazioni: Concorso Riabita 2000 Rima Editrice Viale Sarca 243, 20126 Milano Tel. 0266103539, fax 0266103538 Internet: www.rimaedit.it E-mail: rima@rimaedit.it

Borsa di Studio "Arch. Alessandra Di Stefano" Borsa di studio per i laureandi della Facoltà di Architettura di MilanoLeonardo per una tesi, discussa entro il luglio 2000, avente per oggetto "La cultura tecnologica nella progettazione architettonica" Scadenza: 20/10 Borsa: 4.000.000 Lit.

Per informazioni: Politecnico di Milano Via Bonardi 3, 20133 Milano Tel. ++39 02 23992603 Fax ++39 02 23992610 Internet: www.polimi.it

Architettura, immagine ed emozione Concorso internazionale di idee organizzato da Auchan Ipermercati Gruppo Rinascente per la progettazione di una struttura architettonica innovativa per il commercio/International ideas competition, organized by Auchan Ipermercati Gruppo Rinascente for the design for the design of an innovative architectural facility for the retail sector Iscrizione/Registration: 30/10 Consegna/Submission: 15/1/2001 Giuri/Jury: Benoit Lheureux, Cesare M. Casati, Makoto Sei Watanabe, Dominique Perrault, Oriol Bohigas, Teodoro Gonzalez de Leon Monte premi/Total prize money: 40.000 Euro Per informazioni: Segreteria Concorso Auchan l’Arca Edizioni Via Valcava 6 20155 Milano Tel. ++39 02 325246 Fax ++39 02 325481 Internet: www.arcadata.it E-mail: arca@tin.it

Premio Canon per Giovani Fotografi Concorso internazionale di fotografia/International photography competition Scadenza/Deadline: 30/11 Monte premi/Total prize money: 18.000.000 Lit. Giuria/Jury: Denis Curti, Franca Speranza, Rosanna Checchi, Gianluigi Colin, Gigliola Foschi, Giancarlo Pedrazzini, Fabbrica Eos, Gianni Berengo Gardin Per informazioni: Canon Italia Premio Giovani Fotografi Palazzo L, Strada 6 20089 Rozzano Milanofiori (MI) Internet: www.canon.it

Roma Premio ANDIL "Opera Prima" Concorso aperto a giovani progettisti iscritti da non più di dieci anni all'Ordine o Collegio professionale, per opere, realizzate e non, basate sull'uso del laterizio faccia a vista Scadenza: 9/10 Monte premi: 16.000.000 Lit. Per informazioni: ANDIL Assolaterizi Sezione "Produttori Laterizi Faccia a Vista" Via Alessandro Torlonia 15, 00161 Roma Tel. ++39 06 44236926, fax ++39 06 44237930 Internet: www.laterizio.it E-mail: andil@laterizio.it

Premio ASS.I.R.C.CO. Giovani Seconda edizione del premio per studiosi di recupero, consolidamento e restauro dell'architettura Scadenza: 31/10 Monte premi: 5.000.000 Lit. Giuria: Paolo Rocchi, Giovanni Carbonara, Franco Braga Per informazioni: ASS.I.R.C.CO. (Associazione Italiana Recupero e Consolidamento Costruzioni) Via Nizza, 22 00198 Roma Tel. 06 8411965, fax 06 8848651 Internet: http://web.tiscalinet.it/assircco/ E-mail: assircco@tin.it o assircco@yahoo.it

sull'innovazione tecnologica del nuovo materiale Chenna Scadenza: 10/9 Monte premi: 3.000 Euro Per informazioni: Crabo Group Internet: www.crabo.it

Svezia/Sweden Stoccolma Local Investment Program Concorso internazionale di idee per proposte a basso impatto ambientale per le aree Skärholmen e Ostberga a Stoccolma International ideas competition for low environmental impact proposal for the areas of Skärholmen and Ostberga in Stockholm Scadenza/Deadline: 15/9 Monte premi/Total prize money: 3.000.000 SKR Per informazioni: Stockholm Local Investment Program Mats Dryselius Internet: www.stockholm.se E-mail: mats.dryselius@stadshuset.stockholm.se

Svizzera/Switzerland Ginevra Tha Aga Khan Award for Architecture 1999-2001 Concorso triennale per progetti realizzati tra il 1988 e il 2000 in regioni musulmane o utilizzati da musulmani in altre regioni, ispirati dall'eredità architettonica islamica Triennial competition for projects completed between 1988 and 2000, located in a Muslim society or designed for Muslims in other societies; the projects must be inspired by Islamic architectural heritage Per informazioni: Tha Aga Khan Award for Architecture 1999-2001 P.O.Box 2049, 1211 Geneva 2, Switzerland Tel. ++41 22 9097200 Fax ++41 22 9097292 Internet: www.akaa98.org E-mail: akaa@atge.automail.com

USA Graphisoft Prize 7° Premio internazionale per la promozione dell'uso innovativo del CAD in architettura. In questa edizione si richiedono progetti su temi tratti da riferimenti culturali 7th International prize promoting innovative use of CAD software in architecture. This edition asks entrants to create works drawing from a list of cultural references Iscrizione/Registration: 20/10 Consegna/Submission: 31/10 Per informazioni: Graphisoft Prize Internet: www.gsprize.com E-mail: gsprize@graphisoft.com

Los Angeles

Treviso

JAE: Design as Research Concorso internazionale per idee, prodotti e sistemi educativi inovativi sul design International design ideas, works and teaching Scadenza/Deadline: 15/9

Materiale in movimento Concorso per la progettazione aperto a studenti universitari o di scuole di specializzazione di Design Industriale under 28 di un oggetto basato

Per informazioni: Journal of Architecural Education c/a Howard Smith-Managing Editor P.O.Box 29276, Los Angeles CA 90029-0276 Internet: www.flashgun.com/JAE


Peoria (Illinois) Step-by-Step Graphics Concorso internazionale per progetti di comunicazione grafica/International competition for graphic communication projects Scadenza/Deadline: 1/10 Per informazioni: Step-by-Step Graphics Competition c/a Vicki Jaquess 6000 N. Forest Park Dr., Peoria, IL 616143592 USA Tel. ++1 309 6870209 Fax ++1 309 6888515 Internet: www.dgusa.com/dgstore/b/sbscfe.htm E-mail: potts@dgusa.com

Convegni e dibattiti Congress and conference

Per informazioni: Hans-Evert Gatermann Tel.++49 211 8553628 Fax ++49 211 4059737 E-mail: gater4uia@aol.com

Colombia Medellin 17th Colombia Biennial of Architecture dal/from 23/11 Per informazioni: Sociedad Colombiana de Arquitectos Tel. ++57 1 2828811/2831989 Internet: www.scabog.com E-mail: sscanal@col1.telecom.com.co

Corea del Sud/South Korea Seoul World Congress on Environmental Design Congresso mondiale sul progetto ambientale 8/11-22/11 Per informazioni: Internet: www.millenniumed.org E-mail: seoul2000@intercompco.co.kr

Austria Vienna Architektur Zentrum Architecture and Mediation 8th Viennese Architectural Congress 10/11-13/11 Per informazioni: Architektur Zentrum Museumplatz 1. A-1070 Vienna Tel. ++43 1 5223115, fax ++43 1 5223117 Internet: www.azw.at E-mail: office@azw.at

Brasile/Brazil Brasilia FAU-Universidad de Brasilia The Modern City Facing the Future Sesta conferenza internazionale Docomomo/Sixth International Docomomo Conference 19/9-22/9 Per informazioni: FU-UnB-Programa de Pòs Graduaçao Frederico Holanda Campus UnB, Asa Norte 70910-070 Brasilia/DF Tel. ++55 612730155, fax ++55 612732070 Internet: www.ufba.br/eventos/conf2000 E-mail: conf2000@ufba.br

Francia/France Nantes AAAF Extended Enterprise - Best Practices Simposio internazionale di design, tecnologia e strategie imprenditoriali International symposium for design, technology and entrepreneurial strategies 15/11-17/11 Per informazioni: Association Aéronautique et Astronomique de France 66 Route de Verneuil, BP 3002 78133 Les Mureaux Cedex Tel. ++33 1 39067653, fax ++33 1 39063615 Internet: www.aaaf.asso.fr E-mail: prod2000@aaaf.asso.fr

Paris Paris Expo Design 2000 Ciclo di conferenze internazionali International conferences 15/12-16/12 Per informazioni: Reed OIP Valérie Lemant Tel. ++33 01 41904832, fax ++33 01 41904759 E-mail: vlemant@reed-oip.fr

Manaus

Toulouse

Architecture and Conservation of Forests Incontro internazionale dell'UIA nell'ambito del terzo seminario di Architettura Tropicale/International UIA meeting in the framework of the third seminar on Tropical Architecture 9/11-11/11

Centre des Congrès Altener 2000 Conferenza internazionale sullo sviluppo delle energie rinnovabili/International conference on renewable energy development 23/10-25/10

Per informazioni: Roger Abrahim de Souza Tel. ++55 92 2341734 Fax ++55 92 23339909 E-mail: rogera@internext.com.br

Per informazioni: ETA Piazza Savonarola 10 50132 Firenze, Italia Tel. ++39 055 5002174, fax ++39 055 573425 Internet: www.ademe.fr www.wip-munich.de www.etaflorence.it

Canada Vancouver Hotel Vancouver Beyond 2000 - Public Health-Health Academy of Architecture Millennium Conference Incontro internazionale dell'UIA International UIA meeting 25/10-28/10

Germania/Germany Berlin Fraunhofer Institute for Reliability and Microintegration Electronics Goes Green 2000 Convegno internazionale e mostra International congress and exhibition 11/9-13/9

Per informazioni: Fraunhofer IZM Berlin Herbert Reichl Fax ++49 30 46403111 Internet: www.izm.fhg.de E-mail: reichl@izm.fhg.de

Per informazioni: Università degli Studi di Firenze Via San Nicolò 89/a, 50125 Firenze Tel. ++39 005 2491551, fax ++39 005 2347152 Internet: www.dpmpe.unifi.it/Calatravssa E-mail: Calatrava@dpmpe-unifi.it

World Culture Centre Europan 2000 Presentation 9/11-12/11

Marradi (Firenze)

Per informazioni: Europan Europe Secretariat La Grande Arche-pillier nord 92044 Paris La Défense cedex 41 Tel. ++33 1 40812447, fax ++33 1 40812458 Internet: www-europan.gamsau.archi.fr E-mail: europan@club-internet.fr

Dresden SWITCH Project Incontro internazionale/International meeting del Consortium for Sustainable, Workable, Intermodal Transport Choices 21/9-22/9 Per informazioni: Nexus Graham Robinson Tel. ++44 191 2033244, fax ++44 191 2033203 E-mail: switch.project@Nexus.org.uk

Hannover Expo 2000 WYRE Competition Finals Finali del concorso del Worldwide Young Researchers for the Environment 16/10-22/10 Per informazioni: Stiftung Jugend Forscht e. V. Uta Krautkrämer-Wagner, Baumwall 5 D-20459 Hamburg Tel. ++49 40 37470970, fax ++49 40 37470979 Internet: www.wyre.org E-mail: wyre@wyre.org

Italia/Italy Faenza (Ravenna) Viaggi Culturali Barcellona 5/10-8/10 Per informazioni: Mestieri ad Arte Corso Mazzini 122/A 48018 Faenza (RA) Tel. ++39 0546 681717, fax ++39 0546 667585 Internet: www.mestieriadarte.com E-mail: contact@mestieriadarte.com

Firenze Complesso Santa Verdiana Firenze 2000 5° Congresso internazionale sul restauro del patrimonio architettonico/5th International conference on the renovation of the historic architecture 17/9-24/9 Per informazioni: Valentina Ciolini Dipartimento Processi e Metodi della Produzione Edilizia Università di Firenze Via San Niccolò 89/a, 50125 Firenze Tel. ++39 055 2491527, fax ++39 055 2347152

Università di Firenze-Dipartimento di Progettazione dell'Architettura 3° Corso di perfezionamento in arcitettura e contesto: lettura e progetto nei programmi di rinnovo urbano 7/9-30/10 Per informazioni: Università di Firenze-Dipartimento di Progettazione dell’Architettura Via Cavour 82, 50129 Firenze Tel. ++39 055 2757746/711, fax ++39 055 2757720 Internet: www.unifi.it/unifi/progarch E-mail: progarch@prog.arch.unifi.it

Università degli Studi di FirenzeDipartimento di Processi e Metodi della Produzione Edilizia Santiago Calatrava 25/9

Agriturismo Abeto Corsi di aggiornamento professionale per tecnici: Cultura del progetto di restauro 28/9-1/10 Cemento armato e pietra artificiale 6/10-8/10 Legno, argilla, calce per un progetto di restauro secondo l'architettura naturale 12/10-15/10 Per informazioni: Mestieri ad Arte E-mail: contact@mestieriadarte.com

Milano ACMA Centro di Architettura Viaggio culturale: Sydney, Hong Kong, Shanghai 13/10-27/10 Paesaggi del Delta. Progettare nei parchi e nelle aree protette Workshop internazionale 27/9-3/10 Per informazioni: ACMA Centro di Architettura Tel. ++39 02 70639293 Fax ++39 02 70639761 Internet: www.acmaweb.com E-mail: acma@acmaweb.com

Politecnico GA2000 Terza conferenza internazionale sull'arte e il design generativo Third international conference on art and generative design 13/12 Per informazioni: Prof. Celestino Soddu Direttore del Laboratorio di Progettazione Generativa-Politecnico di Milano Tel. ++39 02 23995418/5483 Fax ++39 02 23995454 Internet: http://soddu2.dst.polimi.it E-mail: celestino.soddu@polimi.it

Domus Academy Designing the Exhibition Corso di perfezionamento Master course 18/9-29/9 Per informazioni: Domus Academy Via Savona 97, 20144 Milano Tel. ++39 02 42414001 Fax ++39 02 4222525 Internet: www.domusacademy.it E-mail: info@domac.it

Rimini Palacongressi della Riviera 8° Metanauto Congresso internazionale sul tema "Progetto città metano" International conference on the theme "NGV City Project" 22/9-24/9 Per informazioni: Com-Media Via Serio 16, 20131 Milano Tel. ++39 02 56810171, Fax ++39 02 56810131 E-mail: com.media@infuturo.it

Roma Auditorium del Massimo Giunti: strutture e sistemi sismici nelle strutture in cemento Joints, Bearings and Seismic Systems for Concrete Structures Convegno Internazionale International congress 7/10-10/10

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Per informazioni: Studio Ega Viale Tiziano 19, 00196 Roma Tel. ++39 06 328121 Fax ++39 06 3240143 E-mail: ega@ega.it

Libano/Lebanon Beyrouth V International Forum-Unesco: University and Heirtage Ottobre/October Per informazioni: Salah Zaky Said Tel. ++20 2 3370400 Fax ++20 2 3493110 E-mail: amro@intouch.com

Malesia/Malaysia Kuala Lmpur Arcasia Forum internazionale dell'UIA sul tema "La situazione dell'architetto in Asia"/International UIA Forum on the theme "The Architect's Situation in Asia" 7/9-9/9 Per informazioni: Arcasia C/o Pam Tel. ++603 2984136, fax ++603 2928782 E-mail: info@pam-my.org

Per informazioni: Anna Zemella Centro Città d'Acqua S.Marco 4149 30124 Venezia, Italia Tel. ++39 041 5230428 Fax ++39 041 5286103 Internet: www.iuav.it/eu-restauro E-mail: citiesonthewater@iuav.unive.it

Svizzera/Switzerland Pontresina Culture & Congress Center Rondo Global City versus Local Identity 3° Simposio internazionale di architettura con Massimiliano Fuksas, Toyo Ito, Hans Kolhoff, Jean Nouvel/3rd International Architecture Symposium 13/9-15/9 Per informazioni: International Architecture Symposium Pontresina Culture & Congress Center Rondo Pontresina, CH-7504 Tel. ++41 081 8388318 Fax ++41 081 8388310 Internet: www.archisymp.com E-mail: info@archisymp.com

Mostre di architettura e Design/Architecture and Design Exhibitions

Amsterdam Doors of Perception 6: lightness 11/11-13/11

Delft Technische Universiteit Research by Design Conferenza internazionale/International conference 1/11-3/11 Per informazioni: The Secretariat of the Conference Reasearch by design Delft University of Technology, Faculty of Architecture PO Box 5043, 2600 GA Delft Tel. ++31 15 2781275, fax ++31 15 2783411 Internet: www.researchbydesign.org E-mail: m.denboef@bk.tudelft.nl

Maastricht Sustainable Building 2000 Convegno internazionale International conference 22/10-25/10 Per informazioni: Conference Secretariat SB2000 P.O. Box 1558 BN Nijmegen Tel. ++31 24 3234471 Fax ++39 24 3601159 Internet: www.novem.nl/SB2000 E-mail: sb2000@novem.nl

Polonia/Poland Cracovia Politecnico di Cracovia Krakow 2000 Conferenza internazionale sul progetto "I principi del restauro per la nuova Europa" International conference on the project "The principles of restoration for the new Europe" 23/10-26/10

108 l’ARCA 151

Arc et Senans Saline Royale A la recherche de la cité idéale 14/6-31/12

Bordeaux

Olanda/Holland

Per informazioni: Doors of Perception Honthorstraat 2, 1071 DD Amsterdam Fax ++31 20 6622834 Internet: www.doorsofperception.com E-mail: desk@doorsofperception.com

Francia/France

Arc en rêve Mutations novembre-marzo 2001/NovemberMarch 2001

Dunkerque

Vienna Architektur Zentrum Emerging Architecture 14/7-30/10 Jewish Museum Ludwig Hirschfeld-Mack - Bauhaus artist and visionary 14/6-22/10 MAK Architecture as a Challenge 5/7-29/9

Belgio/Belgium Liegi Musée d'Archéologie et d'Arts Décoratifs Gioielli Americani 1940-1960. Messaggeri del Modernismo 13/7-13/9

Canada Montreal CCA Shaping the Great City: Modern Architecture in Central Europe 1890-1937 24/5-15/10

Freie Akademie der Kunste Auf dem Weg zur Architektur 6/9-1/10 Galerie Renate Kammer Shigeru Ban 7/9-7/10 Feng Shui-Center Eppendorf Feng Shui-Geomantie: altes Wissen, neue Qualitaten 7/9-15/10

Musée des Beaux-Arts Dunkerque. Un port, des villes, un littoral. Un siècle d'aventure urbaine 1900-2000 27/5-28/1/2001

Fosterbau Rothenbaumchausse Tony Garnier-Gunter Henn 26/9-15/11

Paris

Vitra Museum Luis Barragan: The Quiet Revolution 22/6-29/10

Centre Pompidou Archi/Design 24/5-18/9 IFA Learning from 3 Tokyo Stations 1997-2000: Korinne Tiry 3/8-17/9 La forêt délaissés 31/5-17/9 Paris-Montpellier: Deux Immeubles de logement d'Edouard François 31/5-17/9 Europan-Dom 31/5-17/9

Saint-Etienne Austria

Hochschule für bildende Kunste Licht-Wasser-Erde ... Bewegte Architektur 7/9-26/9

Varie sedi Biennale Internazionale di design 2000 7/10-15/10

Weil am Rhein

Giappone/Japan Tokyo Gallery MA Waro Kishi 2/8-30/9

Gran Bretagna/Great Britain London European Academy of the ArtsAccademia Italiana Architettura argentina 7/9-24/9

Italia/Italy

Salon de Provence

Bologna

Musée de Salon et de la Crau Architecture et société à Salon de Provence à la fin du XIXè siècle fino al/through 30/9

Museo Civico Archeologico Norma e arbitrio. Architetti e ingegneri a Bologna 1850-1950 fino al/through 15/7/2001

Germania/Germany Berlino Varie sedi Dieci itinerari per scoprire i nuovi edifici e il patrimonio antico fino al/through 1/1/2001 Bauhaus Archiv Herbert Bayer zum 100. Geburtstag 17/5-28/11 Avantgarde im dialog: Bauhaus, Dada und Expressionismus in Japan 2/8-17/9 Vitra Museum Berlin Verner Panton 1/7-15/10

Bonn

Busto Arsizio (Varese) Fausto Melotti. Segno, musica e poesia 21/5-29/10

Faenza (Ravenna) Museo Internazionale della Ceramica Enzo Mari. Tre mostre tra arte del progetto e arte applicata 17/6-26/11

Milano Openspace-Palazzo dell'Arengario Orizzonti pastici settembre/September Triennale Terra 2000: le seduzioni del futuro ottobre/dicembre-October/December

Kunst- und Ausstellungshalle der Bundesrepublik Deutschland Design. 4:3 Cinquant'anni di design italiano e tedesco 30/6-12/11

Prato

Humlebaek

Hamburg

Roma

Louisiana Museum Vision and Reality 14/9-14/1/2001

Kunsteverein Hamburger Banhof Architekten Gössler 2/9-17/9

Villa Medici Zaha Hadid 22/6-24/9

Danimarca/Denmark

Museo del Tessuto Trame d'arte: Fili di luce 2/6-31/12


Siena

San Francisco

Dijon

Palazzo delle Papesse Lo spazio condiviso: Artisti e architetti, la Collezione del FRAC Centre Divina proporzione, trattati dalla Biblioteca degli Intronati Cosmorama, libri grafiche e mirabilia da una collezione privata italiana 30/6-1/10

Museum of Modern Art Design Afoot: Athletic Shoes 19952000 Experiments: Recent Accessions in Architecture and Design Virtual Telemetrix: Selections of the work of John Bielenberg 22/7-17/10

Palais des Etats de Bourgogne Dijon vue par Christian Broutin 24/6-24/9

Trevi (Perugia)

National Building Museum Where Do We Go From Here? Smart Growth and Choices for Change 20/4-7/9

Complesso Museale San Francesco Dino Gavina: Ultramobile 10/6-31/10

Washington

Venezia Varie Sedi Biennale Internazionale di Architettura 18/6-22/10

Mostre d’Arte Art Exhibitions

Verona Museo di Castelvecchio Carlo Scarpa. Allestimenti d'arte e ambientazioni di architettura 9/9-9/12

Vicenza Palazzo Barbaran da Porto Carlo Scarpa. Allestimenti d'arte e ambientazioni di architettura 9/9-9/12

Olanda/Holland Amsterdam Van Gogh Museum Light Art. Technology and Society in the Industrial Age 1750-1900 20/10-21/2/2001

Dornach Goetheanum Architettura in trasformazione 20/5-8/10

Austria Vienna KunstHaus Manfred Deix. Good Vibrations 25/5-17/9 Flughafen Wien-Terminal 2Restaurant Balloon Eisen Zeug Safari 19/5-30/9 MAK Rudi Stanzel, reformel 13/6-10/9

Montreal Museum of Fine Arts Da Renoir a Picasso 1/6-15/10 Hitchcock 16/11-18/3/2001

Danimarca/Denmark

Los Angeles

Humlebaek

Moca At the End of the Century: One Hundred Years of Architecture 16/4-24/9

Lousiana Museum Vision and Reality 22/9-14/1/2001

Francia/France

Cooper Hewitt National Design Museum 100 Masterpieces from the Vitra Museum 3/10-4/3/2001

Angers

Metropolitan Museum of Art American Modern, 1925-1940: Design for a New Age 16/5-7/1/2001

Avignon

The Bard Graduate Center for Studies in the Decorative Arts Women Designers in the USA 1900-2000: Diversity and Difference 15/11-25/2/2001

Hauteville Saint-Pierre-Port (Iles Guernesey) Hauteville House Hauteville House vue par Olivier Mériel. Photographies 3/5-30/9

Ivry-sur-Seine Le Crédac Edouard Sautai 23/9-29/10

Lyon

USA

New York

Magasin Christopher Williams, Fabrice Gygi, Michael Smith, Gary Panter 28/5-10/9

Galerie Fernand Légér Octavio Blasi 23/9-29/10

Canada Svizzera/Switzerland

Grenoble

Musée des Beaux-Arts L'Odyssée 24/6-19/11

Palais des Papes La Beauté 29/4-17/9

Bobigny Parc Départemental de la Courneuve Art Grandeur Nature 2000 1/5-30/9

Halle Tony Garnier 5e Biennale Art Contemporaine 28/6-24/9

Morlaix Musée des Jacobins Eugène Boudin et la Bretagne. Entre ciel et mer, paysages maritimes 7/7-19/10

Nantes Musée des Beaux-Arts Vision Machine 13/5-10/9 Musée du Château des ducs de Bretagne Voyages Extraordinaires 13/5-7/1/2001

Nice Musée d'art moderne et contemporaine Mario Merz 22/9-gennaio/January 2001 Musée d'Art Naif Les magiciens de la mer 20/5-8/10 Hommage à Luiz Carlos Figueiredo 20/10-31/12 Théâtre de la photographie et de l'image Septembre de la photo 15/9-30/10 Musée de Paléontologie Humaine D'une rive à l'autre en préhistoire 26/5-5/2/2001

Paris Centre Pompidou Picasso sculpteur 8/6-25/9 Pierre Huygue "The Third Memory" 8/6-9/10 Cité des Sciences et de l'Industrie-La Villette Nouvelle image, nouveaux réseaux. Passeport pour le cybermonde fino a dicembre/through December Désir d'apprendre fino a dicembre/through December Hotel de Sully Changement de temps marzo-novembre/March-November Atget le pionnier 23/6-17/9

Fondation Cartier The Desert 20/6-5/11 Jeu de Paume Gaston Chaissac (1910-1964) 11/7-29/10 Palais de la Découverte Au-delà du compas: la géometrie des courbes 8/2-12/11 Carrousel du Louvre XXème Biennale Internationale des Antiquaires 15/9-1/10 Centre National de la photographie Araki Nobuyoshi 13/9-27/11 Bruits de fond 13/12-12/2/2001 Musée Maillol Bonnard: un parcours 31/5-9/10 Maison de Balzac La Comédie Humaine en peinture. Le regard de Serge Kantorowicz 24/5-24/9 Varie sedi Journées du Patrimoine 2000 17/9-18/9 Musée de la Vie romantique Bijoux romantiques (1820-1850). La Parure à l'époque de George Sand 3/5-1/10 Château d'Oiron Le Fou dédoublé 10/6-1/10

Perpignan Palais des Congrès Maillol-Perpignan an 2000 9/6-12/9

Poitiers Musée Sainte-Croix André Brouillet 1857-1914 13/7-19/11

Sotteville-lès-Rouen FRAC Double Jeu ottobre/novembre-October/November Guy Lemonnier dicembre/gennaio2001 sDecember/January 2001

Villeurbanne Galerie Georges Verney-Carron Julije Knifer et Nasser Bouzid 22/6-24/9

Germania/Germany Frankfurt Wolfsburg Sharon Lockhart, Teatro Amazonas 9/6-10/9

Hannover Expo 2000 1/6-31/10

Gran Bretagna/Great Britain Edinburgh Scottish National Portrait Gallery Magna Brava - The Magnum Women Photographers 5/11-30/12 Picture Yourself 1/1-31/12

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London National Gallery Close Encounters: New Art from Old 14/6-17/9 Estorick Collection Depero e la scena 4/10-22/12 Zoran Music 2/6-17/9 Dulwich Picture Gallery Gerrit Dou: Rembrandt's First Pupil 6/9-19/11 The Man Who Drew Pooh: The Art of E.H.Shepard 5/12-14/1/2001 Murillo: Scenes of Childhood 14/2/2001-29/4/2001

Civitanova Marche Alta (Ancona) Chiesa Sant'Agostino Bruno da Osimo 9/7-8/10

Como Ex-chiesa San Francesco Ilya Kabakov 25/7-10/9

Conegliano Veneto (Treviso)

Modena Galleria Civica Giuseppe Messerotti Benvenuti. Un italiano nella Cina dei Boxer (Lettere e fotografie 190-1901) 9/9-7/10

Padova Palazzo della Ragione Il Biedermeier Arte e Cultura nella Mitteleuropa. Le Collezioni dai Musei di Praga 8/5-10/9

Palazzo Sarcinelli Da Turner a Monet. L'immagine di Venezia tra Ottocento e Novecento 15/10-25/2/2001

Galleria Civica Cuore illustrato 27/10-28/2/2001

Italia/Italy

Cortina d'Ampezzo (Belluno)

Pesaro

Angera (Varese)

Galleria Civica Luigi Ontani 6/8-24/9

Fondazione Cassa di Risparmio Giuseppe Vaccaj mostra antologica 15/7-10/10

Ferrara

Centro per le Arti Visive Pescheria Ivan Theimer. La pesca di Tobiolo 16/7-16/9

Rocca Borromeo Artisti del vetro contemporaneo: la Francia e Venezia a confronto 23/6-29/10

Ascoli Piceno Polo Culturale Sant'Agostino I Piceni, popolo d'Europa 4/3-30/9 Palazzo dei Capitani Tullio Pericoli. Disegni e cartoni per la Sala Garzanti 25/6-30/9

Belluno Palazzo Crepadona Luigi Ontani 5/8-24/9

Biella Fondazione Pistoletto Cittadellarte 20/3-8/10 Figli e padri 4/10-31/10

Bologna Museo Civico Archeologico Principi Etruschi tra Mediterraneo ed Europa 1/10-1/4/2001 Museo Morandi I Morandi della Collezione Giovanardi 14/9-12/11 Paul Klee. Figure e metamorfosi 24/11-28/2/2001 Galleria d'Arte Moderna L'ombra della Ragione. L'idea del sacro nell'identità europea nel XX secolo 13/5-29/9 San Mattia Giuseppe Vaccaro moderno e contemporaneo 6/10-30/11

Busto Arsizio (Varese) Fodazione Bandera Corpus in Fabula, cinque artiste europee 7/6-17/9

Celano (L'Aquila) Castello Piccolomini e Chiese di San Giovanni Battista e Santa Maria 15a Triennale di Arte Sacra 22/7-15/9

Palazzo dei Diamanti Napoli 1950-1959. Il rinnovamento della pittura in Italia 23/9-7/1/2001

Firenze Galleria dell'Accademia e altre sedi Giotto 5/6-30/9 Galleria Poggiali & Forconi Lucia Manenti 23/6-16/9

Gallarate (Varese) Galleria Civica d'Arte Moderna Premio Gallarate XX Edizione 19/11-11/2/2001

Giulianova (Teramo) Museo d'Arte dello Splendore Venanzo Crocetti, sculture e disegni 1932-2000. Dall'armonia della Bellezza alle forme della materia 2/7-30/9

Lerici (La Spezia) Castello Omaggio a Emilio Bertonati 14/7-17/9

Matera Circolo La Scaletta Vanni Scheiwiller e la scultura 24/6-30/9

Milano Palazzo Reale Tanzio da Varallo. Realismo fervore e contemplazione in un pittore del Seicento 12/4-16/9 Galleria Morone Tetsuro Shimizu 25/5-25/10 Galleria Ala Claus Brunsmann 9/6-16/9 Galleria Bruna Soletti Alberto de Braud "Scendendo giù al nord" 7/6-25/9

Città di Castello (Perugia)

Openspace-Palazzo dell'Arengario La città dei balocchi 11/7-17/9

Padiglione Ex Seccatoi del Tabacco Burri inedito 24/6-30/9

Biblioteca di Via Senato Giacomo Manzù. Le opere e i libri 30/6-1/10

110 l’ARCA 151

Pietrasanta (Lucca) Centro Culturale Luigi Russo Botero 15/7-17/9

Pray (Biella) Fabbrica della Ruota Le fabbriche e la foresta. Forme e percorsi del paesaggio biellese 1/7-29/10

Ravenna Museo Nazionale Kostantinopel. Scultura Bizantina dai Musei di berlino 15/4-17/9 Santa Maria delle Croci No Border: Francesca Ghermandi e Alessandro Pessoli 13/10-12/11 No Border: Matteo Basilè e Rafael Pareja Molina 17/11-19/12 Loggetta Lombardesca Sandro Chia 14/7-10/9

Magazzino d'Arte Moderna Armin Linke 4Flight 19/6-15/10

Rovereto (Trento) Archivio del '900 La Quadreria Civica di Rovereto: capolavori d'arte dalò XVI al XX secolo 30/6-29/10 Flamand Hadid. Danza Architettura 1/9-29/10 Ballerine, fantocci, marionette e automi: Depero, Arp e Schlemmer, Cunnigham 1/12-18/3/2001

Sarmede (Treviso) Varie sedi Mostra internazionale d'illustrazione per l'infanzia. Le immagini della fantasia: I Draghi 28/10-17/12

Serravezza (Lucca) Palazzo Mediceo Lorenzo Viani. Un maestro del Novecento europeo 8/7-24/9

Teramo Pinacoteca Civica I Piceni, popolo d'Europa 4/3-30/9

Torino Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea Beat Streuli settembre/novembre September/November Pedro Cabrita Reis novembre/gennaio 2001 November/January 2001

Trento Museo di Arte Moderna e Contemporanea Richard Long 2/9-1/10 Galleria Civica d'Arte Contemporanea Aldo Mondino. Dalla A alla Z, dall'acrilico allo zucchero 9/6-10/9

Treviso

Reggio Emilia

Casa dei Carraresi La nascita dell'Impressionismo 9/9-14/1/2001

Chiostri di San Domenico Race 65>2000 - Gianni Piacentino 14/6-17/9

Venezia

Rivoli (Torino) Castello Merce Cunningham 30/6-10/9 Mirror's Edge 5/10-14/1/2001

Roma Museo del Corso I Macchiaioli 16/5-24/9 Palazzo della Cancelleria Pietro e Paolo. La storia, il culto, la memoria 30/6-10/12 Palazzo della Cancelleria Codice B. I Vangeli dei Popoli 22/6-10/12

Galleria Rossella Junck Massimo Nordio 7/10-7/11 La scuola d'arte vetraria di vannesLe-Chatel 8/12-31/1/2001 Padiglione Antares-Parco Scientifico Tecnologico Marghera Identificazione di un paesaggio: Venezia-Marghera fotografia e trasformazioni nella città contemporanea 9/9-29/10

Verona Palazzo Forti Kazimir Malevich e le Sacre Icone Russe. Avanguardia e tradizioni 6/7-5/11 Museo di Storia Naturale Nel giardino di Darwin 16/6-31/12


Lussemburgo/Luxembourg Lussemburgo Casino Entre Femmes 8/7-24/9 Sam Samore 8/7-8/10 Many Colored Objects Placed Side by Side 28/10-7/1/2001

Olanda/Holland Amsterdam Rijksmuseum La gloria del Secolo d'Oro 15/4-16/9 Come See! 1/7-15/10 Images of History 8/8-15/10 Rembrandt in Various States. All the Rembrandt Etchings 22/7-8/10, 14/10-7/1/2001

Repubblica di San Marino/San Marino Republic San Marino Galleria Cassa di Risparmio Nostalgia del mito. Igor Mitoraj 1/7-2/10

Slovenia Ljubljana Cancarjev Dom Manifesta 3 23/6-24/9

Spagna/Spain Barcelona MACBA Philippe Thomas 26/9-26/11 Oyvund Fahlström 17/10-9/1/2001 Pere Portabella 15/11-15/12 Zush 12/12-4/3/2001

Svizzera/Switzerland Bellinzona Villa dei Cedri Simbolismo e Liberty nella pittura svizzera 15/9-29/10 Museo in Erba Le scatole di colori di Monet 12/10-7/1/2001

Campione d'Italia Galleria Civica Giuseppe Vermiglio (1587-1635) 10/9-3/12

Locarno Castello Visconteo e Casorella I Leponti tra mito e realtà 20/5-3/12 Pinacoteca Casa Rusca Giuseppe Foglia 23/9-10/12

Lugano Museo Cantonale d'Arte Cesar Domela 16/9-26/11

Martigny Fondation Pierre Gianadda Vincent Van Gogh 21/6-29/11 I Santi russi - Icone della Galleria Tretyakov di Mosca 15/12-4/6

Fiere e Saloni specializzati/Trade Fairs and Exhibitions

Rancate Pinacoteca Zust Dall'Accademia all'atelier. Pittori tra Brera e il Canton Ticino nell'Ottocento 15/9-26/11

USA Boston Museum of Fine Arts Dutch Works on Paper: 17th and 18th Centuries 20/5-29/10 Van Gogh: Face to Face 2/7-24/9 Christian Boltanski 21/7-15/11 Van Gogh to Mondrian: Dutch Works on Paper 25/7-5/11 Charlotte Salomon: Life or Theatre? 9/8-29/10 Dangerous Curves:The Art of Guitar 5/11-24/2/2001

Chicago Museum of Contemporary Art Tobias Rehberger: Landscape Garden Sculpture 1/7-Autunno/Autumn Tom Friedman 8/7-24/9 Sol LeWitt: A Retrospective 22/7-22/10 Tony Fitzpatrick: Max and Gaby's Alphabet settembre/gennaio 2001 September/January 2001

Los Angeles Moca John Gutmann: Culture Shock 6/8-5/11 MEDI(t)Ations: Adrian Piper's Videos, Installations, Performances 6/8-5/11

New York

Arabia Saudita/Saudi Arabia Riyadh Exhibition Centre Saudi Build 2000 12° Salone internazionale delle tecnologie e materiali per la costruzione/12th International trade faur of building technologies and materials Saudi Stone 2000 3° Salone Internazionale dei materiali lapidei e delle tecnologie correlate/3rd International trade fair on stone and stone technology 8/10-12/10 Per informazioni: Riyadh Exhibition Centre Tel. ++966 1 4541448 fax ++966 1 4544846 E-mail: recsa@midleast.net

Saudi Envirotech 4° Salone internazionale di tecnologia ambientale 4th International trade fair for environmental technology 23/10-26/10 Per informazioni: Riyadh Exhibition Centre Tel. ++966 1 4541448 Fax ++966 1 4544846 E-mail: recsa@midleast.net

Belgio/Belgium Kortrijk 17° Interieur Biennale internazionale della creatività del design per interni International Biennial for creative interior design 13/10-22/10 Per informazioni: Interieur Groeningerstraat 37, B-8500 Kortrijk Tel. ++32 56 229522 Fax ++32 56 216077 Internet: www.interieur.be E-mail: interieur@interieur.be

Brasile/Brazil

Moma Projects 70: Banners II 1/5-30/10 Making Choices 16/3-12/9 Jim Hodges, Beatriz Milhazes, Faith Ringgold 1/5-31/10

Sao Paulo

Guggenheim Museum 1900: Art at the Crossroads 19/5-10/9

Per informazioni: Exponor Brasil Av. Angélica 2466 - Conj.154 Edificio Angélica Trade Center 01228-200 Sao Paulo Tel./fax ++55 1131516444 Internet: www.exponor.com.br E-mail: exponor@exponor.com.br

San Diego Mingei International Museum Art that Soars: Kites and Tails by Jackie Matisse 25/4-5/11 Museum of Art Palace of Gold and Light: Treasures from Topkapi, Istanbul 14/7-24/9 Norman Rockwell: Pictures for the American People 28/10-31/12 Museum of Photographics Arts Robert Frank: The Americans 27/8-29/10

International Trade Mart Construa 2000 Salone internazionale dell'edilizia e dell'industria dei lavori pubblici International trade fair of building and public works industry 5/10-8/10

Cina/China Beijing China International Exhibition Centre ISH China Salone internazionale dei sanitari, riscaldamento, condizionamento d'aria International trade fair for sanitation, heating, air-conditioning 12/9-15/9

Per informazioni: ISH Messe Frankfurt Hong Kong 1808 China Resources Building 26 Harbour Road, Wanchai, Hong Kong Tel. ++852 28027728, fax ++852 25113466 Internet: www.messefrankfurt.de E-mail: mfhkfair@netvigator.com

WindowWall China Salone internazionale delle finestre, pareti, porte e coperture International trade fair for windows, walls, doors and roofs 12/9-15/9 Per informazioni: WindowWall China Messe Frankfurt Hong Kong 1808 China Resources Building 26 Harbour Road, Wanchai, Hong Kong Tel. ++852 28027728 Fax ++852 25113466 Internet: www.messefrankfurt.de E-mail: mfhkfair@netvigator.com

CTC-Construction Technology China Salone internazionale delle macchine e attrezzature per l'edilizia International trade fair for building technology and equipment 7/11-11/11 Per informazioni: Seint-Servizi Espositivi Internazionali Milanofiori F1, 20090 Assago (MI) Tel. ++39 02 8253326 Fax ++39 02 8255019 Inetrnet: www.seint.com E-mail: seint@enter.it

Hong Kong Asiaflor Salone asiatico dei pavimenti decorativi, tappeti e moquette Asian Pacific exhibition of decorative flooring, carpets and rugs 25/10-27/10 Per informazioni: Kate Newman Messe Frankfurt 1808 China Resources Building, 26 Harbour Road, Wan Chai, Hong Kong Tel. ++852 22389940 Fax ++852 25113466 Internet: www.messefrankfurt.com E-mail: kate.newman@hongkong.messefrankfurt.com

Corea del Sud/South Korea Seoul Kofurn 2000 Salone Internazionale del mobile/International furniture trade fair 30/10-5/11 Per informazioni: Madex Via Quintino Sella 15 00187 Roma, Italia Tel. ++39 06 4885550 Fax ++39 02 4885527 Internet: www.madexmadex.it E-mail: fairs@madex.it

Emirati Arabi Uniti/United Arab Emirates Dubai World Trade Centre The Big 5 Salone internazionale della costruzione e tecnologia, ambiente e tecnologie per le acque, condizionamento d'aria e refrigerazione, pulizia e manutenzione, vetro, metallo, arredo-bagno e ceramica International trade fair for building and construction, water technology and environment, air conditioning and refrigeration, cleaning and maintenance, glass and metal, bathroom and ceramics 15/10-19/10 Per informazioni: Mt & G Malakos E-mail: gmtmalakos@tin.it

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Francia/France Cannes Mapic 2000 Salone internazionale del mercato immobiliare International market for retail real estate 16/11-18/11 Per informazioni: Mapic My-Lan Cao Reed Midem Organisation BP 572 - 11 rue du Colonel Pierre Avia 75726 Paris cedex 15 Tel. ++33 1 41904520 Fax ++33 1 41904530 Internet: www.mapic.com E-mail: my_lan_cao@midemparis.ccmail.compuserve.com

Epinal Foire CitéBois Salone internazionale del legno Internationaltrade fair on wood industry 5/10-8/10

Parigi Paris Expo Porte de Versailles Equip'Baie Salone internazionale dei serramenti, finestre e protezione solare International trade fair of frameworks, windows and solar protection 7/11-10/11 Per informazioni: Groupe Miller Freeman 70 rue Rivay, 92532 Levallois-Perret cedex Tel. ++33 1 47562134 Fax ++33 1 47560818

Köln Messe Internationale Möbelmesse Salone internazionale del mobile International furniture trade fair 15/1/2001-21/1/2001 Per informazioni: Messe- und Austellungsw-Ges.m.b.H Messeplatz 1, D-50679 Köln Tel. ++49 221 8210 Fax ++49 221 8212574 Internet: www.koelnmesse.de/imm E-mail: 320@koelnmesse.de

Stuttgart Messe Euroholz 2000 Salone internazionale del legno/International wood trade fair 6/10-8/10 Per informazioni: Messe Stuttgart, AM Kochenhof 16 Postfach 10 32 52, D-70028 Tel. ++49 711 2589584, fax ++49 711 2589305 Internet: www.messe-stuttgart.de

India New Dehli Centro Fieristico Pragati Maidan Heimtextil Tex-Styles India Salone internazionale dei tessili per l'arredamento/International trade fair of textiles for furniture 5/10-8/10 Per informazioni: Messe Frankfurt Ludwig-Erhard-Anlage 1 60327 Frankfurt am Main, Germania Tel. ++49 69 75750 Fax ++49 69 75756433 Internet: www.messefrankfurt.com E-mail: info@messefrankfurt.com

Italia/Italy Bologna

Germania/Germany Düsseldorf Messe 16°Glasstec Fiera internazionale delle macchine, attrezzature, applicazioni e prodotti per il vetro International trade fair for glass machinery, equipment, applications, and products 24/10-28/10

Fiera Cersaie Salone internazionale della ceramica per l'industria edilizia e l'arredobagno/International exhibition of ceramics for the building industry and bathroom furniture 3/10-8/10 Per informazioni: Cersaie P.O.Box 103, 40050 Centergross (Bologna) Tel. ++39 051 6646000, fax ++39 051 862514 Internet: www.cersaie.it

Per informazioni: Messe Düsseldorf Postfach 101006, D-40001 Düsseldorf Tel. ++49 211 456001 Fax ++49 211 4560668 Internet: www.messe-duesseldorf.de E-mail: info@messe-duesseldorf.de

Genova

Hamburg

Per informazioni: Fiera di Genova Piazzale Kennedy 1, 16129 Genova Tel. ++39 01053911 fax ++39 010 5391270 Internet: www.fiera.ge.it E-mail: fierage@fiera.ge.it

Messe SHK 2000 Salone internazionale dei sanitari, riscaldamento, idraulica e condizionamento d'aria International trade fair for sanitation, heating, plumbing and air-conditioning 22/11-25/11 Per informazioni: Hamburg Messe und Congress Objektleitung MA-4 St.Petersburger Strasse 1, D-20355 Hamburg Tel. ++49 40 35692152 Fax ++49 40 35692175 Internet: www.hamburg-messe.de E-mail: shk@hamburg-messe.de

112 l’ARCA 151

Fiera Tecnhotel Hospitality Esposizione internazionale per l'industria dell'ospitalità International exhibition for hospitality industry 11/11-15/11

Milano Fiera Smau 2000 Salone internazionale della tecnologica informatica e della comunicazione/International exhibition of information and communication technology 19/10-23/10 Per informazioni: Smau Via Merano 18, 20127 Milano Tel. ++39 02 283131, fax ++39 0228313213 Internet: www.smau.it E-mail: info@smau.it

Sicurezza Salone internazionale della sicurezza e dell'automatizzazione degli edifici/International trade fair on buildings security and automation 22/11-25/11 Per informazioni: Associazione Intel Via Gattamelata 34 20149 Milano Tel. ++39 02 3264282, fax ++39 02 3264284 Internet: www.intelfiere.com E-mail: mail@intel.anie.it

Udine Fiera 24° Promosedia Salone internazionale della sedia/International trade fair on chairs production 9/9-12/9 Per informazioni: Promosedia Via Trieste 9/6 33044 Manzano (UD) Tel. ++39 0432 745611, fax ++39 0432 755316 Internet: www.promosedia.it E-mail: promosedia@promosedia.it

Concreta 2000 Salone internazionale dei materiali da costruzione/International trade fair of building materials 25/10-29/10 Per informazioni: Exponor Feira Internacional do Porto 4450-617 Leça Palmeira Tel. ++351 2 9981400, fax ++351 2 9981482 Internet: www.exponor.pt E-mail: info@exponor.pt

Russia Mosca All-Russian Exhibition Center Heimtextil Russia Salone internazionale del tessile/International textiles trade fair 27/9-30/9 Per informazioni: Albrecht Rieger Messe Frankfurt Tel. ++49 69 75756415, fax ++49 6975756950 Internet: www.messefrankfurt.com E-mail: albrecht.rieger@messefrankfurt.com

Verona

Novosibirsk

Fiera Abitare il tempo Salone internazionale del design e della decorazione/International exhibition of design and decoration 12/10-16/10

The Siberian Fair SibStroitech 2000 Salone internazionale dei materiali da costruzione, macchinari, ceramiche strutturali, vetro e illuminazione/International exhibition of building materials, construction machinery and equipment, structural ceramics, glass and lighting 19/9-22/9

Per informazioni: Acropoli Tel. ++39 051 864310, fax ++39 051 864313 Internet: www.veronafiere.it/abitareiltempo E-mail: acropoli@mail.asianet.it

Kazakhstan Almaty Fiera Interiors 2000 Fiera internazionale dell'arredamento, decorazione e rifiniture di interni/International trade fair of furniture, decoration and interior finishing 6/9-9/9 Per informazioni: Fin-Mark Via di Corricella 205, 40128 Bologna Fax ++39 051 4199923 Internet: www.fin-mark.com

Per informazioni: Valeri Nemilostivy The Siberian fair Krasny Prospect 220/10, 630049 Novosibirsk, Russia Tel. +7 3832 106290, fax ++7 3832 259845 E-mail: nemil@sibfair.nsk.su

San Pietroburgo Batimat St.Petersburg Salone internazionale della costruzione/International building industry trade fair 25/10-28/10 Per informazioni: International Sales Nuccia Invernizzi Viale Bacchiglione 28, 20139 Milano, Italy Tel. ++39 02 57403340, fax ++39 02 57402055 E-mail: info@nucciainvernizzi.it

Polonia/Poland Varsavia Batimat Poland Salone internazionale della costruzione/International building industry trade fair 19/9-22/9 Per informazioni: International Sales Nuccia Invernizzi Viale Bacchiglione 28 20139 Milano, Italy Tel. ++39 02 57403340, fax ++39 02 57402055 E-mail: info@nucciainvernizzi.it

Portogallo/Portugal Oporto Exponor International Fair Fimap Ferralia Saloni internazionali del legno e delle tecnologie per la lavorazione del legno/International wood and wood industry trade fair 12/10-15/10 Per informazioni: Exponor Feira Internacional do Porto 4450-617 Leça Palmeira Tel. ++351 2 9981400, fax ++351 2 9981482 Internet: www.exponor.pt E-mail: info@exponor.pt

Spagna/Spain Madrid Parque Ferial Juan Carlos I Matelec Salone internazionale del materiale elettrico ed elettronico/International trade fair of electric and electronic material 24/10-28/10 Per informazioni: Ifema Parque Ferial Juan Carlos I Apdo. De Correo 67.067, 28080 Madrid Tel. ++34 91 7225034 Fax ++34 91 7225791 Internet: www.matelec.ifema.es E-mail: matelec@ifema.es

Valencia Feria FIM 2000 Fiera internazionale del mobile International furniture trade fair 25/9-30/9 Per informazioni: Feria Valencia Avenida de las Ferias E-46035 Valencia Tel. ++34 963 636111 Fax ++34 963 861130 Internet: www.feriavalencia.com E-mail: feriavalencia@feriavalencia.com


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