Solchi

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SOLCHI da un’IDEA di TELEFONO ROSA PIEMONTE e BOTTEGA INDACO

Testi del Telefono Rosa Piemonte e per Bottega Indaco, Chiara Manganelli

DE-FINIRE! LA VIOLENZA CON UN EVENTO MULTIARTE

Marzo 2010



L

Pubblicato in occasione dell’evento multiarte:

SOLCHI

Tracce di Sofferenza . Origine di Speranza 12 marzo 2010 Teatro Vittoria - Torino Da un’idea di Telefono Rosa Piemonte in collaborazione con Bottega Indaco Testi a cura di: Telefono Rosa Piemonte Per Bottega Indaco: Chiara Manganelli Progetto grafico: Makab Inside Stampa:

Immagine in copertina: Riccardo Di Gianni

a data dell’8 marzo venne proposta come giornata di lotta internazionale a favore delle donne da Rosa Luxemburg, assumendo il valore simbolico di celebrazione a sostegno delle rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale: protesta contro le vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche punto di partenza per il riscatto del genere. Il Telefono Rosa di Torino (Rosa, proprio come la Luxemburg), non ha mai celebrato l’8 marzo come giornata di festa. Né avrebbe potuto farlo: perchè non c’è giorno che non si senta che una donna venga violentata o maltrattata. La celebrazione dell’8 marzo è quindi innanzitutto momento di ricordo e di vicinanza alle vittime: insieme con la più profonda deprecazione e condanna di ognuno degli atti che abitualmente, in Italia e nel mondo, vengono perpetrati contro le donne. Da due anni il Telefono Rosa del Piemonte utilizza una metodologia peculiare della ricorrenza. Prima, dà voce alle opinioni delle donne e degli uomini che partecipano ai forum divulgati sul sito www.telefonorosatorino.it. Poi ne analizza i risultati: evidenziando voci anche dissonanti: la vera essenza della violenza! La convinzione che la violenza nasca da ragioni storiche e culturali, ma anche dalle idee e dalle convinzioni prodotte dalla mente umana, ci porta a considerare l’8 marzo come momento di comunicazioni pluriattive. Esattamente quello che si realizza poi negli spazi multiartistici. Non solo parole e slogan: ma recitazioni, musiche, rappresentazioni grafiche. Tutto ciò che serve a comunicare non su spazi multimediali, ma su spazi multisensoriali: la vista, l’udito, ma anche il gusto, l’olfatto o il tatto. Comunicazioni diverse: tutte finalizzate a creare spazi di riflessione e di contrasto. Perchè la violenza si avvale di spazi nulli, senza senso, senza alcuna voce! Telefono Rosa - Piemonte


Telefono Rosa Piemonte

Il centro antiviolenza Violenza sessuale, maltrattamenti fisici e/o psicologici, ricatti, minacce, molestie sessuali o atti di stalking, sono comportamenti particolarmente odiosi perché colpiscono la donna nella sua identità, oltre che nella sua integrità fisica e psicologica. La sopraffazione, la mancanza di rispetto, la violazione spesso sistematica dei propri diritti sono eventi devastanti: tanto che molte donne sono in difficoltà anche solo a riconoscere la violenza. Tutto questo avviene sovente proprio là dove la donna dovrebbe sentirsi più sicura: la propria casa, la famiglia, il luogo di lavoro. Oppure nel contesto dei legami affettivi. Per questo è nato a Torino il Telefono Rosa: un centro antiviolenza che si è costituito nel 1993 dopo approfondita riflessione ed elaborazione di progetti riguardanti le varie attività da svolgere per prevenire e contrastare la violenza di genere ed offrire aiuto e risposte concrete ai bisogni delle donne vittime di una

violenza che non è mai questione privata, ma emergenza sociale sempre più problematica. Dalle case alle strade ai luoghi di lavoro, non ci sono ambienti sicuri, per le donne. E’ questa la riflessione che ha accompagnato e accompagna l’azione del Telefono Rosa. Il tema di fondo è che ogni donna abbia in sé la forza e le risorse per uscire dalla violenza. Di conseguenza, il Telefono Rosa del Piemonte opera con il consenso della donna e garantisce riservatezza, anonimato e assoluta assenza di giudizi (o peggio, di pregiudizi). Formata da circa 40 volontarie, coordinate da un consiglio direttivo, ha la sua sede in Via Assietta 13/a Torino: gli orari di servizio consentono un ascolto telefonico, un’accoglienza in sede e il ricorso a consulenze legali o psicologiche, oppure uno sportello sociale e di orientamento al lavoro. L’équipe di lavoro è composta da consulenti d’accoglienza, psicologhe, avvocate, orientatrici e formatrici. ACCOGLIENZA, ASCOLTO E ACCOMPAGNAMENTO: questi sono, in definitiva, i quadri operativi all’interno dei quali ogni attività del Telefono Rosa di Torino si è finora inserita. Da circa due anni è anche attivo un centro di ospitalità residenziale che permette alle donne che afferiscono ai Pronto Soccorso dell’Ospedale Molinette e S.Anna di avere, dopo l’emergenza sanitaria, un luogo sicuro nel quale attivare il proprio progetto di affrancamento.

VOCI AL


Telefono Rosa Piemonte - Onlus Via Assietta 13/a Torino tel. 011.530666 - 011.5628314 Fax 011.549184 email: telefonorosa@mandragola.com http://www.telefonorosatorino.it Come contattarci: Lunedi dalle 09.30 alle 16.00 Martedì dalle 15.00 alle 17.30 Mercoledì dalle 09.30 alle 12.30 Giovedì dalle 15.00 alle 18.30 Venerdì dalle 09.30 alle 18.30 In orario serale dal lunedì al venerdì Presso Presenza Amica Stazione di Torino Porta Nuova dalle 20.00 alle 24.00 Tel. 327.3275692

TELEFONO


.Non basta salvare le vit- paga addossare solo le time: anche gli aguzzini “colpe” agli uomini viohanno bisogno di aiuto. lenti, alle leggi latitanti. Perché davvero la guerra Dobbiamo crescere denfinisca. tro ognuna di noi senza .La Vittimologia (orrenda distinzione di cultura e parola) cerca di traccia- provenienza sociale. re il ritratto .Omiciattolo, psicologico smettila una delle persone buona volta oggetto di un LA VIOLENZA di farci creevento crimi- Testimonianze dal Forum online: dere che sei nale. schiavo dei www.telefonorosatorino.it Noi Donne tuoi ormoni propongono di seguito alcune considerad o b b i a m o Sizioni sommarie per giustifiche emergono dai mille conanalizzati, molti (41,30%) appartengochiederci le tributi care le tue orno a uomini: a dimostrazione di come il tema violenza coaguli e coinvolga entrambi ragioni per cui della ribili azioni. i generi. Esattamente come è accaduto lo scorso anno con il forum Meno... male! Anciò capita. .Ok, noi mapiù interessante verificare che poco E s i s t e cora schi siamo meno del 20% degli uomini che hanno poril loro parere siano stati di età inferiore u n ’ i d e n t i t à tato maschilisti, ai 18 anni. culturale che ma il vero proci educa a viverci in un blema è che molte donne determinato modo, perce- sono a loro volta maschilipirci in una determinata ste. Le donne maschiliste ottica. Siamo noi Donne hanno la “sindrome del le prime a doverci libera- colonizzato e dello schiare da determinati schemi vo”, che consiste nel fatto culturali e sociali. Non di condividere la mentali

DE-FINIRE!


tà del suo colonizzatore, può capire quale meccaanziché ribellarsi. nismo arcano scatta nel.Oltre alle donne, il dram- la tua mente e ti fa sentire ma si completa se penso prigioniera della paura, a tutti quei bambini inno- senza alcuna via di scamcenti spettatori di questa po. In quei momenti ti laquotidiana violenza che sci convincere che quella si svolge sotto Notiamo vecchie divergenze e nuove con- sarà l’ultima vinzioni, evidentemente, comunque, radicai loro occhi. volta che sute in modo profondo. il 36% delle donne la violen.Le persone si Seza èperunquasi bisci le sue retaggio culturale, solo per il 16% uomini è così. Così come il sesso è la stupiscono di degli violenze, che motivazione espressa dal 42% degli uomini, come abbia e solo dal 21% delle donne. Non stupisce, lui con il tuo 28,57% di uomini che ritengofatto a resiste- purtroppo, il amore pono che la violenza si manifesti per la troppa femminile; piuttosto, è strano che re per tanto libertà trà cambiaquesto appartenga ancora al 13,12% delle tempo in quel- donne. re, che non ti Se poi andiamo a verificare le risposte che i termini che meglio descrivono la situazione: analizzano farà mai più la violenza contro le donne, se l’11,62% degli uomini la considera inevitabile, sono il mi dicono: del male per21,64% delle donne che la pensano così! Sulla scia dei più ancestrali stereotipi, la ”Ma perché ché ti ama e violenza è “provocata” secondo il 7,67% non lo hai la- delle utenti, ma ben dal 38,01% degli uomini. tu ami lui. poi, che la violenza di genere sciato subito? Imprevedibile, Ma non è così: sia considerata shoccante solo per il 6,30% Perché ti sei questi uomini fatta fare tutto questo? non cambiano, semmai Perché glielo hai permes- col tempo peggiorano. E so?”. tu arrivi a ridurti allo stato Solo chi c’è passato può di larva umana: tocchi il dare una risposta a que- fondo e solo le donne dei ste domande, solo chi l’ha Centri antiviolenza sanno provato sulla sua pelle quanto sia difficile ritirar


si su. E, proprio con il loro ma non riesco a tirarlo aiuto, sono riuscita a fer- fuori e chiedere aiuto. mare quell’orrore e rico- E’dentro, come il mio senminciare a vivere avendo so di nullità. allontanato il MALE. .Sono arciconvinta che .Nella mia scuola c’è un il mio predatore si sia compagno che ha assisti- eccitato nel pedinarmi, to ad una lite degli uomini, contro il 27,60% delle donne: inseguirmi, sono pochi gli utenti che tra i genitori evidentemente, umiliarmi, comprendono e si sanno sintonizzare sul sull’angoscia e sull’incredulità delle che ha por- dolore, spaventarmi, vittime. Prova ne sia che solo l’8,96% degli prova vergogna all’idea che una tato la morte uomini terrorizzarmi donna sia vittima di violenza; dato che sale alla madre e al 23,51% delle donne. e poi stuprarancora più significativi nelle motivail carcere al Dati mi. Chissà che zioni alla violenza: ancora oggi, il 54% degli uomini pensa che la spinta sia il sesso e il padre. senso di pote37,05% ritiene sia causa di un raptus; per invece il dominio (52,64%) e Pallottole nel lel’odiodonne(persono re ha provato il 41,91%). gli uomini il maltrattatore o il muro, stanza Secondo nell’organizviolentatore sono soli (37,77%), stranieri malati (34,62%) e sadici (30,99%): imbrattata di (37,05%), zare quell’asappare ipotizzabile un ancestrale contesto marginalizzazione e di rimozione della sangue. Grida diviolenza, salto per il che appartiene, evidentemente, e rantoli che ad individui soli, stranieri o malati. Ma le definitivo annon hanno convinzioni più articolate: rimarranno donne nientamento secondo loro, sono individui sadici (48,89%), sempre nelle di quel corpo sue orecchie. Mi chiedo paralizzato che da allora come farà, una volta cre- non ho più sentito MIO. sciuto, ad amare una don- Il mio corpo imprigionato na, a credere nella bellez- per sempre e il mio aguzza della vita. zino libero per indulto .Conosco il DRAMMA da dopo dieci mesi. vicino, mi brucia dentro Riesci ad immaginare la


mia rabbia, il mio dolore, vivere più perché la sofla mia collera e la mia im- ferenza era troppo grande potenza? e non riuscivo più a ge.Anche io ho subito violen- stirla. za dalla persona che amo Andava di là dalle mie cae mi faccio schifo solo per pacità. E’ lì che ho deciso il fatto di dirlo, per il fatto di chiedere aiuto, iniziandi dire che lo rabbiosi (36,63%) ma anche malati (27,60%). do a frequenCome repressione stupro, su tanti questioamo. tare il Telefonari risulta la circostanza che vi sono uo(20,58%) e donne (17,38%) che si senPenserete che mini no Rosa. tirebbero più tranquilli con uno stupratore a libero purché castrato chimicamente. sia masochi- piede All’inizio non Lo stigma sociale sarebbe utile per il 39,52% sta, che sono delle donne, e per il 23,73% degli uomini. è stato facile Azioni terapeutiche psicologiche avrebbepazza ecc. perché insiero invece senso per il 31,01% delle donne e per l’11,14% degli uomini. Beh non è così: solo me con loro Eppure, le indagini statistiche e l’esperiendei centri antiviolenza mostrano che io amo la parte zaaggrediscono ho dovuto rie stuprano i ricchi, i poveri, ignoranti e gli intellettuali di ogni etnia e buona di que- glilatitudine. vivere quei che in fondo la violenza si sta persona, la Dimenticando momenti treconfonde con gli affetti e si annida in casa, coppia, nella famiglia, tra i banchi di parte cattiva nella mendi delle scuola o sul posto di lavoro. la odio, la vor- A quanto pare, invece, il potere maschile è violenze che considerato del tutto naturale: con rei cancella- ancora subivo. Ma tutto quello che ne consegue.......................... re, vorrei tanto poi, una volche guarisse per lui stesso ta che ho riconosciuto il e per il nostro futuro. valore della solidarietà di . Per lungo tempo ho vissu- mente, di cuore e di forto lo strazio della violenza ze, ho provato un enorme in solitudine. Vergogna, senso di liberazione. Oggi disperazione, silenzi, bu- mi restano le cicatrici gie e poi la voglia di non emotive, quelle sì!


Quando l’arte si fa portavoce di istanze sociali:

Bottega Indaco a fianco del Telefono Rosa per la lotta alla violenza sulle donne di Chiara Manganelli

“Tu e io non siamo che una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi.” M. Gandhi Venerdì 12 marzo 2010, presso il teatro Vittoria di Torino, l’atelier “Bottega Indaco”, in collaborazione con il Telefono Rosa di Torino, presenterà anche quest’anno un evento “multiartistico” dedicato ai diritti delle donne. La serata prevede: una mostra di fotografie e dipinti realizzati dagli artisti di “Bottega Indaco” (Ciro Palumbo, Akira Zakamoto, Claudia Giraudo, Laura Giai Baudissard, Luisella Bardella, Valter Fiorio, Simona Vanetti); uno spettacolo teatrale ideato e diretto da Marzia Scarteddu e interpretato da Katia Capato, PinoBlu, Luisa Dante, Cristina Salà, Valeria Troccoli e Pablo Cappellato; una performance musicale ideata e scritta da Antonello Aloise e Diego Manca Mura, con la partecipazione di Linda Murgia al violoncello. Scopo della serata è sensibilizzare il pubblico sul tema della violenza sulle donne, esplorando, attraverso vari linguaggi artistici, sia gli aspetti crudi e amari legati alla sofferenza,

allo stigma sociale, alla degradazione e alla solitudine, sia mettendo in luce le risorse che le donne possiedono: la forza, l’energia e l’istinto vitale che permettono loro di reagire, di spezzare la coltre del silenzio e della vergogna, per trovare una via d’uscita dai labirinti bui e impervi della violenza psicologica, morale, emotiva e fisica di cui sono vittime. Un connubio controverso e singolare, dunque, quello tra arte e impegno sociale, che rischia di non essere compreso a fondo, perché, nel nostro immaginario culturale odierno, l’arte è spesso relegata a passatempo per gente capricciosa e indolente, e ci siamo purtroppo abituati a concepirla come elogio del bello in quanto effimero, come intermezzo piacevole, giocoso, stravagante e disimpegnato alle turbolenti peripezie della vita quotidiana. Ma questa concezione distorta e fallace dell’arte è frutto di una società che poco o nulla ha imparato dal passato, che ha perduto il senso della memoria, avvezza a indugiare solo sull’apparenza delle cose. Se ci voltiamo indietro, scopriamo in realtà che la storia dell’arte è ricchissima di esempi in cui l’espressione artistica si fa portavoce di

ARTISTI


CA-MENTE


SOLCHI Tracce di sofferenza, origine di speranza 12 marzo 2010 Teatro Vittoria . Torino In scena: Katia Capato PinoBlu Luisa Dante Cristina Salà Valeria Troccoli Pablo Cappellato Costumi: Atelier Ombra di foglia Musiche Antonello Aloise e Diego Manca Mura Regia: Marzia Scarteddu

annose questioni sociali e politiche della propria epoca, diventando spesso un mezzo per denunciare ingiustizie sociali e per propugnare istanze culturali innovative e rivoluzionarie. Uno fra i più celebri esempi di come l’arte si sia fatta foriera di importanti tematiche sociali, preconizzando, in taluni casi, la portata macroscopica dei cambiamenti radicali che ne sarebbero sortiti, è “Il quarto stato” del divisionista Pellizza da Volpedo. Altri esempi celeberrimi di questo connubio sono “Il 3 maggio 1808, le fucilazioni alla montagna del principe Pio”, di Francisco Goya, e “Guernica”, di Pablo Picasso, dipinti realizzati con l’intenzione di deplorare l’insensata efferatezza della guerra. Qui gli artisti di Bottega Indaco si misurano con una tematica parimenti importante, di fondamentale rilevanza sociale ed estremamente delicata, scabrosa e ostica: la violenza sulle donne, tanto aberrante e odiosa, quanto, purtroppo, terribilmente diffusa e attuale. Ma i canali attraverso cui gli artisti di “Bottega Indaco” si esprimono, anche in un siffatto caso, dove si intende “denunciare” ingiustizie e soprusi, sono prettamente simbolici,

perché questi artisti si muovono in un territorio a metà tra la realtà e l’irrealtà, in cui si parla per metafore, per segni da decifrare, per sensazioni che oltrepassano il linguaggio comune e direttamente intelligibile. La loro arte è catarsi e sublimazione, ed è attraverso questo processo catartico che diventa comunicazione contenente “in nuce” un enorme potere euristico ed esegetico, perché reinterpreta la realtà fornendo chiavi di lettura intuitive ed evocative per la sua comprensione più profonda. L’artista, come affermò A. Rimbaud, deve farsi “veggente”: è necessario, dunque, superare la realtà fenomenica, ammutinarsi, abiurare, andare oltre, altrove, per carpire l’ineffabile, ciò che si può percepire ma non si può spiegare. Le opere degli artisti di “Bottega Indaco” suscitano e trasmettono emozioni forti e potenti, ma senza “aggredire” lo spettatore. Tra l’artista e lo spettatore si crea così una sorta di empatia sottile e magica, quasi un’identificazione reciproca e ambivalente, dove il limite di demarcazione tra chi crea e chi “fruisce” del risultato tangibile di questa creazione

Un evento multiarte


contro la violenza!


diviene labile e illusorio, e i messaggi vengono manifestati per mezzo di processi analogici e non dialogici. Inoltre, anche quando l’arte diviene baluardo di fondamentali istanze sociali, non si può mai prescindere dalla sua caratteristica saliente: la creazione della Bellezza. E creare Bellezza significa trovare l’impulso vitale anche laddove esso appaia remoto e improbabile. Dunque questi artisti non solo raccontano per immagini la tragedia della violenza, ma ricercano quel “quid” che permetta di superarla, di sconfiggerla e annientarla, per poter finalmente costruire una realtà altra, vitale e autentica, celebrando così la forza interiore e primordiale che ogni donna, nel proprio inti-

mo, possiede, e che le consente di risorgere dalle ceneri, come l’araba fenice. “Nel fondo della sua anima, Emma aspettava che qualcosa accadesse. Come i marinai in pericolo, volgeva gli occhi, disperata, sulla solitudine della sua vita, e cercava, lontano, una vela bianca tra le brume dell’orizzonte. Non sapeva che cosa l’aspettasse, quale vento avrebbe spinto quelle vele fino a lei, su quale riva l’avrebbe portata, né sapeva se sarebbe stata una scialuppa o un vascello a tre ponti carico di angosce o pieno di felicità fino ai bordi.” Madame Bovary, G. Flaubert

DONNE: sostantivo, plurale GENE


RE: femminile DIGNITA’: SEMPRE Ciro Palumbo nasce a Zurigo nel 1965, e in Italia, la sua terra, si innamora del mare. Egli cresce e impara a creare immagini, a costruirle e dirigerle, ma comincia a sentire, profondo, un altro richiamo, canto di sirene, che lentamente lo riconduce a quell’immensa distesa d’acqua. Così lo dipinge, il mare, e diviene il pittore delle isole. La sua pittura conduce per mano lo spettatore in un mondo coerente con la tradizione metafisica di cui si nutre, popolato di oggetti simbolici, spazi desertici, scenografie enigmatiche, suggestioni che comunicano un senso di inquietudine. Pure, non è l’evidenza iconografica a comunicare ad occhi desiderosi di significato, bensì l’atmosfera percepita da chi osserva, che è insieme tensione ed attesa. Non si tratta di una sosta statica, immobile in un tempo sospeso: per Ciro Palumbo l’attesa è ricerca, e ricerca è un viaggio per cui si parte sapendo che la meta altro non è se non il viaggio stesso. E sebbene ancora non sia chiaro verso qua-

le scoglio lo guidi il suo vento, le sue isole respirano sulle tele e le sue navi partono alla ricerca di nuove sfumature, indagando tra forma e colore, e trasportano l’immagine di un uomo, coraggioso, che vive sognando, anche per gli altri. Dal 1984 i viaggi rappresentati sulle sue tele sono protagonisti di numerose mostre e collezioni, sia in Italia che all’estero.

CIRO PALUMBO


Ogni uomo può essere una risorsa pe Fissare sulla tela l’istante in cui il Sogno e la Realtà si compenetrano altalenandosi, sembra essere la priorità attuale per Claudia Giraudo, artista nata nel 1974 a Torino, luogo in cui tuttora risiede e collabora attivamente con l’atelier Bottega Indaco. Il diploma ottenuto nel 2001 presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, avvia una ricerca intimista che si concentra sul volto come tramite di un messaggio. Coinvolgendo in parte il vissuto personale, ma caricandolo di un messaggio da decrip-

CLAUDIA GIRAUDO

tare, è come se l’artista parlasse una lingua sconosciuta che lo spettatore deve tradurre alla luce delle proprie personali esperienze e conoscenze. Attraverso i suoi simboli, la Giraudo poggia delicatamente sulla tela soggetti che, resi messaggeri, ci appaiono eterei, evanescenti, attori, spiriti dell’aria, ed in aria si son tutti dissolti, in un’aria sottile ed impalpabile. E come attori inconsapevoli del ruolo che assumono, i soggetti di Claudia Giraudo si muovono su fondali movimentati da un sostrato materico che è anche onirico, quasi a ricordarci che siamo fatti anche noi della stoffa di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita. Srotolando e dipanando la linea temporale delle altrui esistenze, possiamo trovare il bandolo della nostra, sciogliere i nodi interiori che ci intralciano, comprendere chi siamo e da dove veniamo, e sentire l’appartenenza atavica e profonda a un unico percorso universale, che è quello dell’Uomo.


r contrastare la violenza alle donne Francis Bacon sosteneva, indagando le radici dell’animo umano: “La natura è spesso nascosta, qualche volta sopraffatta, molto raramente estinta.” Nella ricerca di Laura Giai Baudissard l’incontro con la natura reale dell’uomo appare come una necessità, un’incessante ricerca da svolgersi tramite un percorso spirituale che coinvolge lo spettatore così come l’artista, messi in relazione tra loro dal mescolarsi e sovrapporsi delle tecniche, dall’intersecarsi artistico di sogno e realtà. Un sottile intrico vegetale vela la nostra natura ma la svela nel contempo lasciando intravedere la parete sottostante, il muro che l’edera copre e mantiene saldo. Il sentimento che si prova ad osservare le opere della Giai Baudissard è lo smarrimento che si prova davanti all’inaspettato apparire del mistero celato dietro l’apparenza delle cose. Nata a Giaveno (To) nel 1978, l’artista, dopo l’esperienza del liceo scientifico, si riavvicina alla sua passione per le arti visive, diploman-

dosi in Illustrazione presso l’Istituto Europeo di Design di Torino, e continuando a coltivare la passione per la grafica e la pittura, che la conducono, quattro anni dopo, all’incontro con lo Studio d’Arte Palumbo, con il quale collabora tuttora in veste di grafica ed assistente alla pittura.

LAURA GIAI BAUDISSARD


Anche oggi, cielo scuro p Nasce ad Arona nell’ottobre del 1978. Da piccola disegnava riccioli e spirali sui libri di psicologia di papà e sulle poltrone in pelle. I libri sono stati fatali: da “grande” è divenuta psicologa, laureandosi a pieni voti a Torino e intraprendendo poi la specializzazione come psicoterapeuta clinica, Dà frutto agli insegnamenti magistrali lavorando come formatrice. Scarabocchia ancora i mobili e le poltrone

SIMONA VANETTI

però, per serietà, ha lasciato intatto il lettino del suo studio. Da piccola tagliava e personalizzava pigiami e magliette con le forbici appena regalate; da grande gioca con i tessuti, crea e personalizza abiti, certa che il sapersi mettere nei panni propri e degli altri è importante nella vita. Da piccola amava ascoltare le fiabe e sfogliare i libri con le figure per ore ed ore, da grande scrive storie, per grandi e piccini, illustrandole con fantasia. Scoprendo che quando gioca con la rima, le parole scorron prima. Da sempre fotografata, da grande ama fotografare e giocare con le immagini per creare piccole e grandi opere d’arte. E poi danza e recita, un po’ con i movimenti appresi nei tanti anni di studio, un po’ e sempre più con i propri movimenti, sempre diversi e in evoluzione. Ama scrivere, dipingere, costruire, giocare, disegnare, su qualunque superficie gli capiti sotto mano. Anche una tela.


er la violenza sulle donne Akira Zakamoto vede la luce a Tokyo il 6 Giugno 2001.

profetico affidato al piccolo Zakamoto e tradotto in immagini da Motolese.

Luca Motolese lo vede nascere in sogno, lo stesso giorno a Torino. Dall’istante della nascita del piccolo Akira, Luca Motolese lascia lavoro di Art Director e Regista, e vaga per il mondo alla ricerca dell’essere profetico visto in sogno.

Assieme a Ciro Palumbo fondano “Bottega Indaco” atelier di pittura e spazio di incontro e contaminazione tra pittura, teatro, poesia, cinema e comunicazione a Torino.

Akira Zakamoto e Luca Motolese scompaiono contemporaneamente il 10 Agosto 2003 e vengono ritrovati a Torino solo due anni più tardi. In questo lasso di tempo i due mettono insieme i loro talenti e iniziano a dipingere i soggetti profetici caratteristici della loro poetica. Dal 2006 con una serie di progetti ed esposizioni i due portano nel mondo il messaggio

AKIRA ZAKAMOTO


Non esiste chi p Impulso creativo, necessità, sperimentazione: l’arte di Luisella Bardella, nata a Rivoli (To) nel 1971, mostra queste componenti distintive, che caratterizzano una poetica introspettiva espressa tramite linguaggi non convenzionali. La forza creativa conduce l’artista a dipingere, scolpire, decorare, insegnare, sperimentando e cimentandosi in diverse tecniche ed espressioni artistiche.

LUISELLA BARDELLA

L’attività di Luisella Bardella, rivolta su più fronti, tocca negli anni gli ambiti della scenografia, del restauro, del trompe l’oeil e della decorazione di interni, fino ad approdare alla collaborazione come pittrice e scultrice con l’atelier “Bottega Indaco”. Nelle sue opere la pittura incontra il tema onirico come se si trattasse di una sceneggiatura teatrale tutta da scrivere e recitare: tratta da una quotidianità da cui l’artista estrae la volontà di perseguire i propri sogni, essa narra la possibilità di scegliere e rivendicare con forza le proprie aspirazioni, attraverso la conoscenza di se stessi e dei propri desideri. Al di là del reale l’artista offre allo spettatore la possibilità di intravedere, dietro il sipario delle convenzioni e delle vicende ordinarie, uno spazio alternativo, orizzonte a cui tendere in un anelito costante, che ci ricorda che esiste altro oltre la realtà in cui siamo immersi.


icchia per amore Nel 1982, grazie all’agenzia fotografica e di casting “Chiarenza” di Torino, mi si presentò l’opportunità di diventare un reporter di agenzia. Mi affascinò l’idea di poter vivere la fotografia in modo dinamico, come un bandolo che si snoda e si dipana nel tempo e nello spazio; poiché al reporter viene chiesto proprio questo: andare nei luoghi, addentrarsi nelle situazioni, e raccontare - attraverso le infinite sfaccettature della luce, che si traducono in mosaici di immagini - ciò che si incontra, ciò che incuriosisce, stupisce ed emoziona. L’aspetto del racconto per immagini ha influenzato sotto molti aspetti la mia fotografia professionale. Conseguentemente si è sviluppato il desiderio di “inserire il movimento” nell’immagine, e, quindi, di rompere la staticità, di scoprire che cosa c’è oltre la nitidezza e le sfocature “calcolate” dei piani, per giungere a possedere un linguaggio perfetto ed

esteticamente piacevole, che rispondesse alle esigenze dell’immaginario collettivo. Cerco di creare immagini dove si manifesti una realtà diversa da quella che solitamente vediamo. Nelle mie opere i volti sfumano, plasmandone altri simili, ma caratterizzati da differenti stati d’animo. “I volti dell’Anima” è il titolo della mia ricerca, perseguita, appunto, disegnando la luce (dal greco: photo-grafia = disegno della luce).

VALTER FIORIO


Col silenzio e l’indifferen Particelle in movimento in uno spazio infinitamente piccolo e inesauribilmente espanso vagano per luoghi sconosciuti, dove l’impulso a dare origine è totale. Le creazioni-visioni sono i sigilli dello spirito, i punti terminali, o, più esattamente, le tappe di un’infinita serie di esperienze giunte al presente da un passato inimmaginabilmente lontano, e volte ad un futuro altrettanto inimmaginabilmente lontano. Sono l’udibile che aderisce all’inudibile. L’essenza della creazione non si esaurisce in un significato contingente, né è limitata all’utilità di trasmettere pensieri e idee. Il teatro esprime anche qualità non traducibili in concetti, proprio come una melodia, che, sebbene possa essere legata ad un significato concettuale, non può essere descritta con parole né

con qualsiasi altro mezzo d’espress ione. Marzia Scarteddu nasce come attrice nel 1993 nella compagnia teatrale Marcido Marcidorjs. In seguito fonda la “Bottega dell’attore in viola” e intraprende collaborazioni registiche con vari artisti torinesi. Da dieci anni contribuisce allo sviluppo di progetti sul recupero delle abilità e della comunicazione, insieme ad altri esperti del settore. E’ l’ideatrice e la regista dello spettacolo teatrale che verrà presentato il 12 marzo 2010 in occasione dell’evento “De-finire! la violenza”, realizzato con il Telefono Rosa di Torino e l’atelier d’arte Bottega Indaco. In questo spettacolo le azioni sceniche ruotano intorno al concetto di violenza intesa non come un’entità astratta e rarefatta, relegata dentro clichè stereotipati e consueti; la

MARZIA SCARTEDDU

violenza, qui, diviene incarnazione tangibile, impetuosa e tumultuosa, che prende forma quasi per “motu proprio” dalle viscere degli attori, vibrando ed espandendosi attraverso il corpo per scaturire in atti che trascendono il controllo razionale. L’emozione viene innanzitutto sentita a livello epidermico, e poi agita, spesso in netta antitesi con altri tipi di canali comunicativi, lasciando lo spettatore spaesato e attonito. L’azione attorale, dunque, plasma uno stridore, una spaccatura, una dissonanza visiva, percettiva e uditiva, scompagina la coltre dell’apparenza per far emergere ciò che ribolle, come magma incandescente, nei nostri recessi più nascosti, e restituisce alla violenza il suo senso accorato, intenso e spaventoso, sepolto nella memoria ancestrale delle nostre cellule, della nostra carne, del nostro corpo, e che spesso si vuole placare, stemperare, ammansire o soffocare, per vergogna e per paura, nel tentativo di rendere la violenza “socialmente accettabile ed esprimibile”. Qui no: qui la violenza è rappresentata per ciò che è davvero, nella sua cruda, terribile e sconvolgente nudità, al fine di denunciare la sua drammatica atrocità, che logora ed estenua sia la vittima, sia il suo carnefice, sia chi vi assiste incredulo e impotente.


Linda Murgia

Antonello Aloise

Diego Manca Mura

za si nasconde la violenza Lo spettacolo “Solchi. Tracce di sofferenza, origine di speranza” è stato ideato, scritto e curato musicalmente da Antonello Aloise, compositore e pianista, e Diego Manca Mura, anch’egli compositore alla costante ricerca dei possibili punti di incontro tra sonorità acustiche ed elettroniche. Insieme i due artisti hanno dato vita a quella che loro stessi definiscono “musica per immagini”: paesaggi sonori evocati, creati e sviluppati attraverso sampling e sound design. Vantano collaborazioni in ambito multimediale e discografico (Infinito Records-Italia, Gamda Media-Francia, Red Igloo Music-Sud Africa, Raven Woods Music-UK, Somatone-Canada), e spesso si avvalgono della collaborazione di altri artisti e musicisti, come nel caso dello spettacolo “Solchi”, al quale parteciperà a che la violoncellista Linda Murgia. I tre artisti, in occasione della serata del 12 marzo 2010 “De-finire! la violenza”, realizzata in collaborazione con il Telefono Rosa di Torino e l’atelier d’arte Bottega Indaco, si esibiranno in una suggestiva performance musicale per pianoforte, violoncello e live electronics. Aloise e Manca Mura hanno realizzato inoltre la colonna sonora dello spettacolo

teatrale che verrà presentato durante la serata, tessendo insieme frammenti musicali appositamente ricercati, studiati e composti per l’evento, ispirati allo scabroso e delicato tema della violenza sulle donne. Antonello Aloise e Linda Murgia hanno suonato anche per la precedente edizione dell’evento, nello spettacolo “Meno-Male”, nel marzo 2009 al Teatro Vittoria di Torino, sempre in collaborazione con l’atelier Bottega Indaco e Il Telefono Rosa di Torino, esibendosi in un breve ma intenso concerto per pianoforte e violoncello.

ANTONELLO ALOISE DIEGO MANCA MURA LINDA MURGIA



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