Storie e persone Rosario Sala

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DI DONATO NICOLETTI

GIORNO PER GIORNO

Kamchatka Raid è il nome del viaggio che ha portato Rosario Sala e i suoi compagni ad attraversare l’Asia, toccando luoghi storici ed emblematici del grande continente per concludere la propria corsa in Giappone

STORIE E PERSONE

Tre mesi di viaggio per raggiungere uno degli ultimi avamposti umani del grande oriente russo, fin sulle inospitali coste del Mare di Ochotsk. Quello compiuto da Rosario Sala è solo una parte del progetto Kamchatka Raid, che ha portato il viaggiatore trentino a vivere la strada come una seconda casa. Nella prima parte, svoltasi nel 2022, il team – composto oltre che da Rosario anche da Franco Ballatore e Maurizio Limonta – ha attraversato 26 Paesi tra Europa e Medio Oriente, dall’Arabia Saudita alla Russia, dall’Iraq ai Balcani, dall’Oman al Caucaso percorrendo 26.000 chilometri. La seconda parte, che raccontiamo su queste pagine, ha preso il via nel maggio del 2023 e si è conclusa dopo quattro mesi in Giappone, dove i tre sono stati accolti al quartier generale della Yamaha a Iwata, dato che la filiale italiana della casa dei tre diapason ha messo a loro disposizione le Ténéré 700 approntate per affrontare le situazioni più disparate, dalle sabbie dei deserti alle montagne del Pamir, alla tundra siberiana.

La ripartenza

Rosario riparte il primo maggio in direzione della Serbia, accompagnato per alcuni chilometri dagli amici motociclisti di Rovereto. A Plovdiv, l’antica Filippopoli e capitale storica della Tracia bulgara, viene ospitato dall’amico Adalberto Buzzin, un viaggiatore friulano esperto dell’est che vive qui con la compagna Milena. Data la profonda conoscenza di Adalberto della Siberia e della Jacuzia, Rosario ne approfitta per avere informazioni dettagliate su quelle aree lontane, non solo

geograficamente. Una volta entrato in Turchia Rosario percorre la costa del Mar Nero, proseguendo poi per Erzurum dove ritrova Franco Ballatore; i due viaggiano insieme per un tratto di strada che li porta prima alle falde del monte Ararat e poi a Koshksaray, una cittadina dell’Azerbaijan iraniano dove vengono ospitati da Reza, un ragazzo conosciuto da Rosario in un precedente viaggio da queste parti. Da Koshksaray la coppia decide di muoversi verso il Mar Caspio, area tutta

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1 A KOSHKSARAY, IRAN, OSPITI A CASA DI REZA 2 NELLA SCUOLA CORANICA DI HERAT, AFGHANISTAN 3 BELLEZZA IRANIANA SU BELLEZZA NIPPONICA 4 QUELLO CHE RESTA DEL SITO ARCHEOLOGICO BUDDHISTA DI BAMYAN, AFGHANISTAN 5 LO STAFF DEI MEDICI ITALIANI ALL'OSPEDALE DI EMERGENCY A LASHKAR GAH IN AFGHANISTAN

da scoprire per i due motociclisti inclusa la massiccia catena montuosa dell’Elburz dove spiccano i 5.671 metri del Damavand, il picco più alto del Medio Oriente.

A Mashad, seconda città santa dell’Iran dopo Qom, avviene l’incontro con Emilio Radice, giornalista in pensione in viaggio con una Aprilia Tuareg 660. Lo strano trio decide di proseguire verso l’Afghanistan, non senza qualche timore legato alla situazione sociale del Paese. Invece, una volta arrivati in frontiera,

vengono trattati con gentilezza dai talebani che hanno ripreso il controllo della nazione dopo la forzata occupazione americana. A Herat Rosario ed Emilio si ritrovano a gironzolare nei dintorni della grande moschea dove vengono attratti dal canto dei bambini di una madrasa – la scuola coranica. I due hanno così la fortuna di essere invitati dal maestro ad assistere alle recitazioni religiose. La gente del luogo si rivela gentile e disponibile, incuriosita dalla presenza di turisti stranieri.

La visita a Emergency

Il viaggio prosegue verso sud inframezzato da numerosi check point dove i tre motociclisti vengono ripetutamente controllati ma senza subire intimidazioni. A Lashkar Gah avviene la visita dell’ospedale di Emergency; aperto nel 2004 è il più grande centro chirurgicotraumatologico della provincia di Helmand. La sera, invece, vengono invitati a cena dal personale italiano dell’ospedale che li ospita anche per la notte.

ROSARIO

STORIE E PERSONE

Kandahar è la roccaforte dei talebani; qui le donne indossano tutte il burqa e i curiosi si accodano a Rosario, Emilio e Franco attirati da una sorta di esoticità alla rovescia. I piani del trio mutano continuamente a seconda delle necessità e delle situazioni contingenti. Per cui, anziché raggiungere la capitale Kabul, il gruppo fa rotta verso Bamyan fermandosi in un villaggio per una sosta. Qui arrivano tre pick up con a bordo una quindicina di talebani e mitragliatrici d’assalto. Il capo drappello si presenta e li invita a seguirli nel loro fortino, un edificio crivellato di colpi all’esterno del quale si trovano due Hummer abbandonati dagli americani in fuga. I tre vengono accolti dal capo spirituale che, in un inglese sorprendente, chiede loro come mai sono da quelle parti e dove sono diretti. Franco risponde dicendo che sono solo turisti e desiderano raggiungere Bamyan. Dopo un momento di riflessione il capo comunica loro che sono liberi di andare e che non saranno più fermati fino all’uscita dall’Afghanistan.

I Buddha scomparsi

Bamyan salì tristemente agli onori delle cronache nel 2001, quando i talebani distrussero le imponenti statue del Buddha scavate direttamente nella roccia tra il III e il IV secolo d.C. Dopo la furia iconoclasta degli studenti di Dio, ora davanti ai motociclisti non restano che le due enormi nicchie a ricordo di quanto venne fatto quasi duemila anni fa per onorare una spiritualità ben più elastica e comprensiva. Il trio si scompone dopo Bamyan e Rosario prosegue da solo verso Kunduz, affrontando il temuto Salang Tunnel, scavato a 3.200 metri dai Sovietici nel ’64 e teatro di numerose sciagure a causa della sua pericolosità, dovuta al disastroso stato generale del manufatto e alle difficili condizioni climatiche dell’Hindu Kush, la catena montuosa dove è stata edificata l’opera. Dall’Afghanistan Rosario entra in Tagikistan. Fa sosta nella capitale Dushanbe e poi riprende a macinare chilometri per raggiungere il Wakhan Corridor e l’altopiano del Pamir. Rosario lascia temporaneamente la moto in un piccolo

villaggio e insieme a Nekruz, un giovane professore che si propone anche come guida, parte per un trekking. I due salgono fino a 4.500 metri, poi decidono di rientrare per la difficoltà di Rosario nel reggere l’altitudine. Ripresa la Yamaha Rosario affronta i 4.344 metri del Khargush pass per raggiungere la Pamir Highway dove ritrova Franco, fermo qui da un paio di giorni a causa del confine chiuso con il Kyrgyzstan. I due rientrano verso Dushambe dove trovano Maurizio, ricompattando così il trio del Kamchatka Raid.

RIPRESA LA YAMAHA ROSARIO AFFRONTA I 4.344 METRI

DEL KHARGUSH PASS PER RAGGIUNGERE LA PAMIR HIGHWAY

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Tra Mongolia e Siberia

La reunion dura un solo giorno poi Rosario ritenta l’ingresso in Kyrgyzstan e Maurizio si dirige verso il Pamir. Il nuovo ritrovo è fissato per il 22 giugno ad Almaty, in Kazakistan, ma non si concretizza perché Franco e Maurizio si sono trattenuti tra i monti del Kyrgyzstan. Rosario, già ad Almaty, ne approfitta per un tagliando completo alla moto, incluso il cambio di pneumatici, e decide di muoversi verso nord. Una volta passato il confine russo Rosario contatta Franco e Maurizio per fare il punto

1 TRA LE VALLI DEL PAMIR,

TAJIKISTAN 2 PASTORI

MONGOLI IN ABITI TRADIZIONALI

3 IL LAGO SONG KOL E SULLO

SFONDO LE VETTE DEL TIAN

SHAN 4 SULLA LUNGA

E BELLISSIMA STRADA

CHE PORTA AL LAGO SONG KOL

5 MONGOLIA, VICINO

A ULAN BATOR

STORIE E PERSONE

della situazione; nessuno dei due è intenzionato a raggiungere Magadan, una delle mete del viaggio, per cui decide di proseguire da solo. Entrato in Mongolia Rosario incontra Luigi Garioni, un ciclista partito da Piacenza con l’obiettivo di arrivare in Giappone. Trascorrono un paio di giorni insieme girovagando per i monti Altaj, poi Rosario prosegue verso Ulan Bator attraversando la sterminata steppa mongola e dormendo in tenda. Nella capitale Rosario rimette ordine ai suoi pensieri, e alle sue intenzioni, e rientra in Russia; il suo obiettivo ora è percorrere la strada delle Ossa per raggiungere Magadan. Pokrovsk è un piccolo villaggio della Jacuzia che si affaccia sul fiume Lena. Rosario viene qui ospitato dalla famiglia di Aigul, moglie di Lorenzo Barone un giovane avventuriero che ha viaggiato in bicicletta per mezzo mondo. La strada delle Ossa è lunga circa 2.000 chilometri e risulta essere molto impegnativa per il fondo stradale dissestato, per la mancanza di insediamenti umani per centinaia di chilometri e per la presenza di orsi e lupi. Rosario la percorre quasi interamente da solo, poi affronta l’ultima tappa in compagnia di Denis, un motociclista moscovita intento anch’egli a compiere questa esperienza.

Verso Vladivostok e il Giappone Raggiunta Magadan Rosario si concede un giorno di riposo, poi alle 4.30 del mattino gira la moto e riparte per Jakutsk. Lo attendono altri duemila chilometri di sterrato, ma ora è diverso perché conosce la strada. Rosario guida per ore senza incrociare anima viva; si ferma diverse volte in mezzo al nulla per godere del silenzio e dello spettacolo della natura. A

Vladivostok Rosario incontra gli Iron Angels, un club di motociclisti locali che lo ospitano per alcuni giorni. Grazie alle notti trascorse in tenda e all’ospitalità russa, Rosario è riuscito a far fronte ai 3.000 euro richiesti per imbarcarsi sul traghetto diretto prima in Corea del Sud e poi in Giappone, dove ritrova Franco e Maurizio. Sbarcati a Fukuoka i tre prendono la direzione di Hiroshima, poi fanno rotta verso la sede di Yamaha a Iwata, dove vengono accolti con tutti gli onori, e infine raggiungono la capitale.

A Tokyo i tre sono impegnati con le pratiche burocratiche per la spedizione marittima delle moto in Italia; ciò gli da la possibilità di visitare

1 L'INCONTRO A TOKYO CON L'AMBASCIATORE ITALIANO

2 A VLADIVOSTOK, OSPITE DEGLI

IRON ANGELS 3 IL SENSŌ-JI

È IL PIÙ IMPORTANTE TEMPIO

DI TOKYO 4 NELLA CIITÀ SIMBOLO

DELLA CRUDELTÀ UMANA, HIROSHIMA

5 LUNGO LA KOLYMA HIGHWAY, MEGLIO

CONOSCIUTA COME STRADA DELLE OSSA

6 POKROVSK, JACUZIA: I PORTATARGA

FAI DA TE SONO ECONOMICI E DANNO

MOLTE SODDISFAZIONI 7 L'ARRIVO

A MAGADAN VAL BENE UNA FOTO

la città e di conoscere alcuni connazionali che riescono a organizzare la presentazione del loro viaggio al ristorante italiano “il clandestino”. Graziano, il titolare, fa di più, ospitandoli a casa sua per tutto il tempo. Giuseppe invece lavora nel ramo spedizioni e, grazie a lui, vengono ricevuti dall’Ambasciatore Gianluigi Benedetti, anche lui appassionato motociclista. Una volta messi a posto tutti i tasselli burocratici e logistici, e dopo aver percorso 31.000 chilometri in quattro mesi viaggiando dall’Italia al Giappone lungo le rotte più affascinanti dell’Asia, Rosario, Franco e Maurizio possono finalmente dirsi soddisfatti per aver portato a termine un’avventura lunga, articolata e difficile come il Kamchatka Raid. Sappiamo benissimo che per i tre questo non è il punto di arrivo, ma solo l’ennesimo trampolino da dove lanciarsi per un’altra mirabolante esperienza da vivere sulla sella di una motocicletta.

SBARCATI A FUKUOKA I TRE

PRENDONO

LA DIREZIONE

DI HIROSHIMA, POI FANNO ROTTA

VERSO LA SEDE

DI YAMAHA

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