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Liceo Statale “Plinio il Giovane”- viale A. Diaz,2 - 06012 Città di Castello (PG)- tel. 075.8554243 - www.liceoplinio.net - pgpc05000a@istruzione.it

Un nuovo inizio di Andrea Pellegrini

Il Liceo riapre i battenti profondamente rinnovato. Sono infatti cambiate le figure di vertice, in primis la dirigenza. La prof.ssa Eva Bambagiotti è ora al timone di un’arca che ogni anno accoglie un sempre maggiore numero di studenti. Il nocchiero conosce la rotta e ha dimostrato di saper comandare e tracciare le coordinate. Ha ricevuto il testimone dalla prof.ssa Maria Rosella Mercati, che abbiamo ammirato per la dedizione e l’attaccamento alla Scuola. Un saluto e un ringraziamento vanno anche alla prof.ssa Graziella Biccheri, vera e propria istituzione del nostro Liceo, ed al prof. Filippo Pettinari, neo dirigente scolastico. Tutti conosciamo l’impegno e la passione di queste persone, alle quali è indirizzata una sincera attestazione di stima. Mutatis mutandis, si ricomincia. In questo numero è stata data un’attenzione particolare al Progetto Intercultura, che ogni anno vede crescere i partecipanti. Studiare all’estero si rivela dunque un’opportunità importante non solo a livello culturale, ma anche umano e formativo nel senso pieno del termine. Al di là di questo focus, il percorso della rivista è quello tradizionale: articoli d’opinione, attività dell’istituto, pezzi provocatori e l’immancabile IPSE DIXIT. Il numero dei collaboratori è ampio, ma costituito da studenti dell’indirizzo classico. L’auspicio è che presto anche i ragazzi dello scientifico forniscano il proprio contributo, magari sollecitati dai propri insegnanti.

La voce del Liceo Classico, Scientifico, e delle Scienze Applicate di Città di Castello

Lettera aperta …Ora non ho più scuse. E’ arrivato il momento di agire. Anni trascorsi sopra i libri a sognare cos’altro avrei potuto dare io, insegnante, madre di due splendidi ragazzi, a questa società … E allora mi dicevo che .. sì .. avrei dato il meglio di me per ottenere ciò che volevo: fare qualcosa di speciale … ma non per il mondo; non per tutti. Qualcosa di speciale per i miei figli e per i figli dei miei vicini, e per i giovani della mia città. Un piccolo contributo, forse, ma importante. Ogni singolo giovane, del resto, lo è. Importante. Importantissimo. Oggi, finalmente, ho la possibilità di dare un contributo originale a questa bella comunità scolastica e spero sinceramente di non deludere tutti voi, Studenti e Insegnanti, e di non tradire mai quegli ideali che mi hanno spinto (non senza sacrifici) a perseguire questa carriera . Intendo prestare, quale medico di un sistema un po’ malato, una sorta di giuramento, che vorrei si trasformasse, quasi naturalmente, in un impegno recipro-

co, un impegno declinabile in termini di rispetto e trasparenza, di collaborazione e di reciproca valorizzazione; non intendo, del resto, chiedere ad altri più di quanto io stessa non sia disposta a dare in prima persona. A tutti coloro che, con il loro lavoro ed a vario titolo, si prendono cura del benessere dei ragazzi e del buon funzionamento dell’Istituto, va il mio grazie più sincero. Ai giovani studenti di questa scuola chiedo, in ultimo, di coniugare spontaneità e rigore, spensieratezza e impegno, in una ricerca di equilibri che solo la crescente maturità di ognuno porterà a compimento nel corso degli anni. Lavorate per voi stessi, per il vostro futuro: qualunque sia la vostra aspirazione; qualunque sia il vostro progetto di vita , esso è solamente, meravigliosamente vostro. Con sincera stima,

Eva Bambagiotti, Dirigente Scolastico Liceo Plinio il Giovane

“[…] non sono riuscito a diventare niente di niente: né cattivo né buono, né un mascalzone né una persona perbene, né un eroe né un insetto. Adesso tiro a campare nel mio angoletto, rodendomi e cercando consolazione nell’idea maligna e perfettamente inutile che una persona intelligente non puòmaidiventaresulserioqualcosa, echesoltantoglisciocchiciriescono.” Da: Ricordi dal sottosuolo , di F. Dostoevskij 1


Un Primo Bilancio

di Maria Rosella Mercati

Nella vita di una persona ci sono varie fasi e momenti nei quali si passa il testimone. Per gli studenti uno di questi momenti è la conclusione del ciclo di studi con l’Esame di Stato: poi l’ingresso all’Università o nel mondo del lavoro. Viene passato il testimone alle generazioni più giovani, che faranno il loro percorso, affrontando paure e speranze nel mirare al successo ed all’affermazione di sé. Come Dirigente del Liceo “Plinio il Giovane” anch’io ho concluso il mio itinerario e passo il testimone. Ho incontrato tante persone nel percorso: centinaia di studenti, le loro famiglie, i docenti ed il personale ata, gli amministratori locali, gli esperti, della cui collaborazione ci siamo avvalsi nella realizzazione di importanti progetti. Questa ricca rete di relazioni ha contribuito a definire il volto del nuovo Liceo in un periodo connotato da profonde modifiche al sistema dell’istruzione pubblica: tre anni fa infatti è stata introdotta la Riforma Gelmini, con i suoi regolamenti. Sullo sfondo la grave crisi economica del Paese, che ha pesantemente influito sulla scuola in generale con le dinamiche del dimensionamento: confesso che ho attraversato più di un periodo di “ansia”per le sorti dell’Istituto, ma ho potuto anche sperimentare la condivisione fattiva degli Organi Collegiali e

dei rappresentanti delle amministrazioni locali competenti, che si sono impegnati a fornire tutto il supporto necessario per la tutela di una realtà così importante come il nostro Liceo. E i risultati sono venuti: la Riforma per noi ha significato ottenere il riconoscimento di polo liceale per la città ed il suo territorio, con l’attivazione dei corsi dell’indirizzo scientifico e la speranza di ulteriori sviluppi. Ma , sebbene in modo forse troppo sotterraneo, si sono messi in moto tanti meccanismi che hanno rappresentato e rappresentano una sfida quotidiana per la scuola: nuovi Regolamenti, nuovo ordinamento delle discipline, nuove metodologie nell’insegnamento, nuovi criteri di valutazione. Con tutto ciò era ed è necessario confrontarsi per tradurre il cambiamento in contenuti e metodi efficaci. In questo quinquennio dunque abbiamo operato per far crescere il nostro Istituto, guardando al futuro, ma senza perdere il forte legame con il passato. Ed uno degli obiettivi da me tenacemente proposto e perseguito è stato quello di immaginare il liceo classico e scientifico come una realtà culturale fortemente unitaria e dinamica, in cui si devono fondere armoniosamente le specificità dei due indirizzi. Ho sempre pensato e sostenuto che l’impianto curricolare, l’ampliamento dell’offerta formativa, i progetti di settore come quelli interdisciplinari dovessero far riferimento al concetto di formazione “liceale”, con la

condivisione diffusa di finalità,obiettivi e metodi, e ritengo che l’intera comunità scolastica abbia fatto proprio il messaggio impegnandosi a tradurlo in realtà. Viviamo in un contesto locale “provinciale” e non metropolitano: è sicuramente la nostra ricchezza, se evitiamo il rischio della chiusura mentale, il rifiuto del confronto e della discussione aperta alle grandi tematiche universali. Al Liceo “si apprende” e “si dibatte”: è una scuola che forma l’uomo, aiutando a cercare le risposte ai perché che attraversano la realtà personale (privata) e la realtà globale (pubblica), oltre che a riflettere sui fini e sui mezzi per attuare consapevolmente le proprie scelte. I giovani sappiano che non tutto vale alla stessa maniera e certe esperienze si possono fare solo a scuola: aprirsi la mente, far maturare la propria sensibilità e acquisire cultura, attraverso lo spendersi nello studio e nelle varie attività che lo animano, in una realtà poliedrica e vivace, mai uniforme e noiosa. Un ringraziamento ed un auspicio: il ringraziamento va a tutti coloro che hanno assicurato il loro prezioso contributo per conseguire gli importanti risultati raggiunti, fonte di prestigio per l’Istituto; l’auspicio è che il Liceo “Plinio il Giovane”, custode di una grande tradizione culturale, continui a nutrire forti aspirazioni e a proporsi traguardi significativi per le nuove generazioni.

J.R. TOLKIEN, UNIFICATORE DELL’OCCIDENTE di Giacomo Menichetti

Il “Signore degli Anelli” narra le vicende finali della Terza Era e il faticoso avvento della Quarta: quella degli uomini. Questo quadro già induce un parallelismo con la concezione del tempo in ere (l’età dell’oro, l’età dell’argento, l’età del bronzo, l’età degli eroi e l’età del ferro). Nelle opere di Tolkien (il Silmarillion, i Figli di Hùrin, lo Hobbit, il Signore degli Anelli) il soggetto della narrazione sono il vasto numero di messaggi nascosti, visibili solo a chi legge con attenzione tali opere e

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non solo superficialmente, a cui fa da sfondo l’universo creato da Tolkien (Eä) e in particolare Arda, la Terra. L’orientamento geografico di Arda ricorda vagamente quello della nostra Terra, anzi, per meglio dire, ricorda l’Europa, avvolta intorno ad un globo. E questa è solo una piccola osservazione riguardo un dettaglio molto interessante che ci fa notare come Tolkien si richiami al nostro mondo per il suo universo immaginario. ”Nel principio Eru, l’Uno, che nella lingua elfica è detto Ilúvatar, creò gli

Ainur dalla propria mente; e gli Ainur intonarono una Grande Musica al suo cospetto. In tale Musica, il mondo ebbe inizio, poiché Ilúvatar rese visibile il canto degli Ainur, e costoro lo videro quale una luce nell’oscurità. E molti di loro si innamorarono della sua bellezza e della sua vicenda che videro cominciare e svolgersi come in una visione. Per tale ragione Ilúvatar conferì Essere alla loro visione, e la collocò in mezzo al Vuoto, e il Fuoco Segreto fu inviato ad ardere nel cuore del Mondo; e questo fu

chiamato Eä.” In questo incipit si può osservare un altro particolare molto interessante: questo “Ilùvatar”, che viene descritto come il dio demiurgo, assume in seguito un aspetto che lo identifica col Dio cristiano e gli Ainur vengono implicitamente identificati come arcangeli, mentre i Maiar (servi degli Ainur) come angeli. La Fiamma Segreta può essere intesa, se si continua a leggere l’opera in chiave cristiana, come lo Spirito Santo. Se si legge il testo di nuovo, ci si rende conto che la visione cristiana del testo non è l’unica possibile: infatti, per quanto sia comunque “Ilùvatar” considerato come dio creatore, il ruolo degli Ainur e dei Maiar si evolve nella vicenda della genesi dell’universo tolkeniano. Queste entità, generate dall’emanazione dell’essenza divina, prima incorporee, dopo la creazione di Eä chiedono a Ilùvatar di assumere una forma fisica divenendo Valar (dei). Si crea perciò una gerarchia che vede all’apice, sotto Ilùvatar, il Vala più potente, Manwë (identificabile con Odino e con Zeus) e le altre divinità, comuni sia alla mitologia greca che a quella norrena, come Aulë, dio delle arti meccaniche e della forgiatura (identificabile con Thor e Efesto), Tulkas, dio della guerra ( Ares) e Melkor, il Vala più potente, identificato con Lucifero, l’angelo caduto a causa della sua superbia e della sua sete di apprendere l’essenza della Fiamma Segreta, con la quale avrebbe potuto superare lo stesso Ilùvatar. E’ perciò identificato come il Male, il ribelle, colui che ha scelto di opporsi a Dio. Fondamentale il suo ruolo nella Creazione di Eä, dove Ilùvatar impose alle sue creature angeliche di cantare il tema musicale che aveva scritto. Essi, nel cantare, involontariamente crearono l’universo e la vita. Ma Melkor, che era pieno di superbia, per farsi vedere il migliore da Eru, si mise a cantare un suo tema sopra quello che gli altri stavano eseguendo. Stonò perciò, e il suo stonare creò il Male e le Tenebre, dei quali lui divenne signore. Molto

interessante è questa genesi, che fa riferimento alla creazione biblica e ai vari miti europei della creazione del mondo. L’idea del canto come elemento creatore non è solo sfruttata da Tolkien. Il canto come elemento fondamentale della creazione si trova infatti anche in C.S. Lewis, autore de “Le Cronache di Narnia”,. . Il canto, probabilmente, è stato scelto come fondamento della creazione della materia a causa della sua struttura matematica e per la sua armoniosità. Ciò che è creato infatti è un insieme di numeri messi in armonia che danno ordine all’universo (si pensi agli atomi, particelle di materia, che dal singolo, unendosi in giuste combinazioni, creano anche la materia più complessa). Altra interessante analisi da fare, riguardo il “Corpus Tolkenianum” è sulla condizione umana. Gli Uomini infatti, nella genealogia di Tolkien, vengono creati dopo gli Elfi (Primogeniti), creature imperiture con il dono dell’immortalità (solo riguardo una morte naturale), venendo così denominati Secondogeniti. Secondo quanto scritto nel Silmarillion, Ilùvatar preferisce gli Uomini agli Elfi (quest’ultimi più simili agli Ainur), donando loro il dono più prezioso: l’esistenza mortale. Il dono fatto agli uomini è certamente difficile da comprendere, ma viene affrontato dall’autore in maniera molto poetica: infatti l’essere mortale permette di vivere ogni giorno e ogni attimo come se fosse l’ultimo sulla terra. È questo il dono che più gli Elfi invidiano agli Uomini, anche se quest’ultimi non comprendono la grandezza di tale dono. Riguardo l’aldilà non esiste un vero e proprio inferno o paradiso per le anime, ma esiste un luogo di sosta, come un purgatorio, dove tutte le anime di tutte le creature viventi attendono il giorno che Ilùvatar distruggerà Eä, in seguito all’Ultima Battaglia tra il Bene e il Male e, insieme non solo agli Ainur e ai Maiar, ma anche agli Eldar (Elfi) e agli Edain (Uomini) creerà un nuovo tema, ancora più bello, che verrà eseguito da

tutti, creando così un nuovo universo ,ancora più perfetto. L’inferno in Eä esiste, ma come luogo reale su Arda : Utumno prima e Angband poi. Nell’opera completa di Tolkien si trovano anche alcuni miti, come quello di stampo platonico dell’inabissamento di Atlantide (qui chiamata Nùmenòr), quello germanico di Sigfrido (qui inteso nella storia di Tùrin Tùrambàr), quello anglosassone di Beowulf contro Grendel (Gandalf contro il Balrog ), quello norreno di Fenrir (Sauron sotto forma di lupo demoniaco), quello greco di Prometeo (Maedhros, principe Noldor , viene incatenato da Melkor ad una roccia per un braccio, poiché aveva tentato di rubare al Signore del Male uno dei tre Silmaril, le pietre della luce) e tanti altri. I Silmaril, gioielli risalenti alla Prima Era vennero creati per assorbire la luce dei due Alberi della Luce (Telperion, o albero del sole, e Laurelin, o albero della luna), che emettevano una luce divina nel mondo prima della loro distruzione da parte di Ungoliant, Madre dei Ragni e delle Tenebre che si nutre di Luce e prima della creazione del sole e della luna, che sono solo un lieve ricordo della magnificenza luminosa dei due alberi. Le razze anche hanno molti riferimenti al passato europeo: si pensi ai Rohirrim, i cavalieri di Rohan, la terra dei Cavalli, identificabili come i guerrieri vichinghi del nord Europa, ai Esterlings (uomini dell’Est) come alle popolazioni persiane e ai Dunedaìn, gli uomini di Gondor (paragonabili alle popolazioni greche e romane) discendenti dagli abitanti di Nùmenòr (Atlantide, ipotizzando una discendenza da tale regno delle civiltà romane e greche). Altro parallelismo molto interessante riguarda le Miniere di Moria, miniere naniche poste sotto la grande catena delle Montagne Nebbiose. Ebbene, Moria è il nome del colle dove sorge Gerusalemme e non ha caso è stato dato a queste miniere tale nome. Saruman, stregone corrotto dal male e nemico di Gandalf, l’unico dei cin-

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que Istari (stregoni) rimasto fedele al suo compito di consigliare gli uomini contro le astuzie di Sauron, pronuncia una frase molto particolare quando si riferisce alle miniere di Moria :“I Nani hanno scavato troppo a fondo e con troppa avidità. Sai cos’hanno risvegliato nell’oscurità di Khazaddûm? Ombra e fiamme.” Ebbene, se si mette assieme l’idea di Moria intesa come la montagna su cui sorge Gerusalemme e la frase pronunciata da Saruman si può pensare agli scavi templari compiuti sotto il tempio di Gerusalemme durante il periodo delle Crociate. Molti credono che i Templari abbiano scoperto qualcosa di terribile, un qualcosa che avrebbe potuto minare la stabilità politica e religiosa europea, già in quel periodo instabile. Questa terribile scoperta è rappresentata in quest’opera dal Flagello di Durin, un Balrog, ovvero un demone dei tempi antichi creato dal Vala caduto, Melkor. Il Balrog può essere inteso non come un’entità demoniaca nascosta sotto la Città Santa, ma magari come una verità scomoda o una scoperta sensazionale, che è capace di togliere come di dare potere. Interessante è sicuramente la divisione, nel “Signore degli Anelli”, di nove percorsi diversi che i protagonisti intraprendono: Aragorn, re del regno di Gondor (ovvero re degli Uomini dell’Ovest) inizia il suo cammino da ramingo sconosciuto, sebbene sia di diritto erede al trono, e se lo guadagna con grandi sacrifici, partendo dal basso e pensando prima alla libertà del suo popolo che alla sua salita al potere. Legolas e Gimli (rispettivamente un elfo e un nano) intraprendono assieme un percorso di amicizia, che parte prima con la rivalità tra i due e poi con il loro affiatamento e il loro rispetto e sacrificio reciproco. Merry e Pipino (due hobbit) intraprendono un percorso simile, ma essi partono da amici, per poi separarsi a causa di vari eventi nel corso della storia, e si ritroveranno alla fine ognuno cambiato rispetto a come erano prima della loro separazione, ma

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con una grande maturità acquisita. Boromìr, figlio del sovrintendente di Gondor, intraprende invece la via della tentazione, cadendo alla fine sotto l’influenza maligna del potere, simboleggiato nell’opera da un anello capace di irretire le menti degli uomini. E’ l’unico componente della compagnia a cadere per via della tentazione dell’anello. Morirà infatti in un’imboscata degli orchi cercando di rubare l’Anello a Frodo, il portatore. La scena della morte di Boromìr rimanda alla morte di Orlando a Roncisvalle: infatti come Orlando, egli, morendo in seguito ad un’imboscata, suona il suo corno e invoca i suoi antenati perché lo accompagnino nel trapasso. Paladino di Gondor è il prediletto di suo padre, il sovrintendente (chiaro rimando ai Maestri di Palazzo del periodo pre-carolingio), preferito al pur sempre valoroso fratello Faramìr; Frodo e Sam intraprendono la via del sacrificio, della rinuncia al potere. Si può dire in effetti che il “Signore degli Anelli” è un’avventura al contrario, dove invece che cercare l’oggetto del desiderio, si cerca di distruggerlo, andando così a sacrificare sé stessi per annientare la fonte delle tenatazioni. Gandalf infine percorre la via della catabasi, ovvero della discesa agli Inferi (come Ulisse, Enea, Orfeo, Dante) per abbattere il Male (inteso come peccato) ed uscire, alla fine, dopo una lotta straziante, purificato, diventando così da Gandalf il Grigio Gandalf il Bianco. Tolkien perciò non ha creato di sana pianta tutto il suo universo, basandosi sulla pura fantasia, ma ha cercato di creare, mascherandolo ai più con una finta fantasia, un passato comune per tutto l’Occidente, dall’Indo all’Islanda, utilizzando la mitologia greca, latina, iraniana, persiana, ebraica, egizia, norrena, celtica e anglosassone. Si può perciò definire Tolkien unificatore dell’Occidente, poiché la sua opera, se letta con cura, si rivela una summa di tutte le tradizioni epico-letterarie dell’ Occidente.

Studiare all’estero

Sono sempre più numerosi gli studenti del Liceo Plinio che partecipano al Progetto INTERCULTURA: quest’anno tocca a Carlotta Giorgis (Honduras) e Giorgio Ramaccioni (USA). Marta Cherubini ci racconta la propria esperienza di studio all’estero (USA). di Martina Bani e Ramona Alberti

Mentre cresce la fascia dei “né-né” (né scuola né lavoro), aumentano anche i giovani Italiani che fanno esperienze di studio internazionali. Oggi più di 50 mila ragazzi hanno scommesso sul loro futuro, andando a frequentare istituti d'eccellenza fuori dai confini nazionali. Audentes fortuna iuvat, diceva Virgilio.Questa massima appare un po' inconsueta nella nostra società, sempre più abituata a godere di ogni comodità, a non impegnarsi mai troppo, a non guardare al di là del proprio naso. Non sempre però: ci chiamano infatti la generazione dei bamboccioni, ma sono ogni anno più numerosi gli studenti italiani che vanno a studiare all'estero. Ragazzi che non fanno solo un importante investimento sul loro futuro, ma gettano le basi per il rinnovamento del Paese, perché catapultarsi oltreconfine è un'esperienza che dilata la mente e apre a più ampie e radiose aspettative di vita. Anche nella nostra spesso ristretta realtà, troviamo chi ha osato varcare, e non solo figuratamente, le soglie della conoscenza: una di questi è Marta Cherubini, del 5A, che ha proprio l’anno scorso partecipato al progetto, vivendo per un anno in famiglia, in Texas. “Com'è stato il distacco dalla tua vita quotidiana, dalla tua famiglia, dai tuoi amici?’’ ‘’I distacchi, in quanto tali penso non siano mai semplici, in particolare quando hai 17 anni e senti che il piccolo mondo che ti sei creata

mai avuto il coraggio di provare, al rendersi conto di sapersi ricreare una vita intera da nuovo e senza l'aiuto di nessuno). Anche apprezzare il proprio Paese e la propria famiglia e il proprio piccolo mondo é qualcosa che si impara stando all'estero.’’ I contro. “Sui contro non ho molto da ‘’Quali valori ti ha dato dire, forse il senso di spaesamento che quest'esperienza? La rifaresti?’’ ‘’La rifarei mille volte! E’ si prova a volte quando si è tornati, un'esperienza che ti aiuta a saper quando si fa fatica a dover rientrare contare su te stessa, ti rende in una vita che sembra un po' stretta. indipendente, fiduciosa nelle tue E si fa anche fatica a comunicare capacità. Sopratutto ti apre gli occhi agli altri tutto quello che si è vissuto e ti fa capire che il piccolo mondo siccome tutti sono interessati a cosa che ti eri creata ed in cui fino ad si è fatto e non al come, a come si ora avevi vissuto era solo una sono superati certi momenti a come piccolissima parte di quello vero, che si sono provate certe emozioni, a è molto più grande, ricco e vario.’’ come si è cresciuti e cambiati, anche se questa la considererei più una difficoltà di percorso (che, posso “Quali sono i vantaggi di una dire, alla fine si supera) piuttosto simile avventura? E se ce ne sono, che un contro vero e proprio”. quali gli svantaggi?” I pro. “Guardare le cose da un altro punto di vista, aprirsi al nuovo e al In generale nell'ambiente scolastico diverso senza pregiudizi, imparare i docenti attenti alla formazione molto anche su se stessi, scoprirsi in generale dell'alunno, più che al grado di fare cose che non si pensava solo apprendimento di nozioni, di essere capaci di fare (da una banale sostengono le esperienze all'estero. attività sportiva che non si aveva Quelli invece interessati più alla

quantità che alla qualità di cose da imparare sono restii. Non solo: il nostro Stato ci offre, anche se non troppo manifestamente, numerose possibilità di studio all'estero: principalmente Intercultura per le scuole superiori ed Erasmus per l'università. Inoltre, nonostante il progetto possa sembrare ingente e talora inaccessibile a molte famiglie, i costi e le procedure sono più sostenibili e pratici di quanto si pensi, specialmente dal punto di vista economico, grazie a importanti agevolazioni: è sufficiente informarsi tramite internet, sul sito www. intercultura.it, oppure chiedendo direttamente informazioni a chi ha affrontato questo tipo di esperienze e ai responsabili locali di Perugia. Forza ragazzi, è ora di pensare al nostro futuro, anche una cittadina di provincia come la nostra ferve di grandi menti, che non hanno bisogno di altro che del giusto stimolo: un’occasione da cogliere al volo!

Sistemi scolastici a confronto

lo studio vero e proprio come per lo sport, lo svago e l’esercitazione dei propri hobby. Delle varie discipline si predilige l’aspetto pratico su quello teorico, il vedere concretamente piuttosto che l’ascoltare o il leggere. Le materie scientifiche si studiano direttamente in laboratorio, ricavando dall’esperimento il principio teorico che vi sta dietro. Viene data più importanza al lavoro svolto a scuola rispetto a quello svolto a casa, i compiti non vengono assegnati ogni giorno ma si predilige la realizzazione di progetti individuali o a gruppi. Ma questo tipo di studio fortemente incentrato sulla pratica e non sulla teoria, implica un’esagerata semplificazione dei metodi di valutazione usati dagli insegnanti. Non esistono interrogazioni orali, ma soltanto quiz e test scritti impostati secondo il sistema delle risposte a scelta multipla. Questo porta a sua volta ad uno tipo di studio quasi completamente

tra famiglia, amici e abitudini è una delle poche sicurezze che hai. Ma sapere che questo distacco è solo momentaneo e che è un po' il prezzo da pagare per un'esperienza del genere aiuta a renderlo più semplice.’’

L’universo scolastico americano è completamente diverso dal nostro. In America viene privilegiato l’aspetto pratico e mnemonico, in Italia viene prediletto un approccio più argomentativo, imperniato sulla lezione frontale. Nelle scuole americane ogni anno si scelgono tutte le materie che si intendono studiare, soltanto Inglese, Storia e Matematica sono obbligatorie per tutti. Non si sceglie dunque un indirizzo di studio, che in quanto tale comporta il dover indirettamente scegliere di studiare materie per le quali non si è particolarmente portati o che semplicemente non piacciono. Inoltre poter scegliere di anno in anno cosa studiare, permette di non dover fare i conti per 5 anni con una scelta fatta quando non si hanno ancora le idee chiare riguardo i propri interessi e le proprie inclinazioni. Per materie

di Marta Cherubini Scarafoni

si intendono anche gli sport, il teatro, il coro, i vari corsi offerti, per citarne solo alcuni cucina, giornalismo, fotografia, regia, disegno. Il solo fatto che io debba fare questa precisazione suggerisce quanto il concetto di materia scolastica sia completamente diverso nella scuola americana rispetto al nostro. In America la scuola è un’esperienza a tutto tondo, completa, volta alla formazione di una persona e non solo di uno studente. E quindi non sorprende il fatto che la scuola inizi alle 8 di mattina per finire alle 3 del pomeriggio, in quanto nell’arco della giornata scolastica c’è posto per

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mnemonico. Logica e un pizzico di fortuna diventano spesso il binomio per il successo scolastico. Non esiste l’abitudine a padroneggiare un argomento e parlarne in modo ordinato, esponendo adeguatamente e con linguaggio corretto le proprie conoscenze. Le interrogazioni orali tanto odiate dagli studenti italiani, frutto di ansie e preoccupazioni, di dita incrociate, sudore freddo e batticuore ci insegnano in fondo a parlare di fronte ad altre persone superando, chi più chi meno, l’imbarazzo e la vergogna. Per uno studente americano sarebbe impensabile alzarsi di fronte ai compagni attirando l’attenzione su di sè e rispondere alle domande del professore o comunque pronunciare un discorso. C’è la possibilità per chi lo desideri di seguire un determinato percorso di studio che permetta di diplomarsi con un anno di anticipo, e poter così direttamente frequentare l’università. Le lezioni non sono monologhi di professori che parlano a se stessi in una stanza piena di persone impegnate in tutt’altre attività, ma sono un continuo scambio di idee e opinioni tra il professore che naturalmente presiede e gestisce il dialogo e gli alunni, il cui contributo e partecipazione attiva non è uno dei fattori attraverso i quali assegnare il voto di condotta come accade spesso in Italia, ma è essenziale per il procedere della lezione. Ogni lezione è seguita in un’aula specifica, questo fa si che per ogni lezione si abbiano dei compagni diversi. Non esiste dunque il concetto di classe, di quel gruppo di persone con le quali si trascorrono i 5 anni delle superiori, con le quali si cresce, si cambia e che diventa un po’ come una seconda famiglia. Alla fine della mio anno scolastico americano in alcune delle mie classi c’erano ancora delle persone con le quali non avevo mai parlato e delle quali non conoscevo nemmeno il nome. Vuoi perché le classi sono estremamente numerose, vuoi perché non c’è il tempo materiale per impostare un rapporto di amicizia con tutti, siccome li si vede solo per un’ora al giorno, non esiste quella famiglia

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un po’ allargata che ci portiamo dietro per anni, con cui a volte proprio come succede in tutte le famiglie si litiga, ci si arrabbia, si critica, ma con la quale si fanno anche progetti per il futuro, ci si conforta a vicenda, si ride, ci si diverte e che è il motivo per cui, diciamolo, almeno l’80% delle mattine si fa lo sforzo sovrumano di alzarsi dal letto. Nelle scuole americane esistono i cosiddetti “accomplishment grades”, ricevere una A (il voto massimo) solo per aver svolto i compiti o i progetti assegnati senza contare se siano stati fatti in modo corretto o meno. Una vera manna dal cielo per lo studente straniero che all’inizio ha difficoltà a seguire le lezioni ma che ragionandoci su non è poi così vantaggioso. Usando questo sistema, non c’è stimolo per lo studente a voler dare il meglio di sé, non c’è sprone ad impegnarsi in un progetto per ottenere un bel voto, a voler vedere ripagati i propri sforzi. Non che lo studio debba essere fatto solo in vista del voto finale ma sicuramente quello da quell’aiuto, quella spinta in più, quell’inspiegabile forza interiore che porta il pomeriggio ad alzarsi dal divano e mettersi a fare qualcosa con l’intento di svolgerla nel modo migliore possibile. Una delle grandi scoperte che ho fatto oltreoceano è che

anche agli Americani manca qualcosa, anche loro sono alla continua ricerca di quello che per noi è l’ “American dream”. Perché per noi sognare l’America è sognare quel qualcosa in più che poi a definirlo non siamo nemmeno capaci, è aspirare a qualcosa che non conosciamo ma che siamo sicuri sia migliore. E gli Americani? Anche loro, a parte qualche sporadico eccesso di patriottismo, non si sentono così perfetti come noi li immaginiamo, così invincibili come noi li dipingiamo, così progrediti e all’avanguardia come noi li celebriamo; si sentono esattamente come noi, sempre a guardare l’erba del vicino e ad auto convincersi che la propria non sia mai abbastanza verde. Insomma, alla fatidica domanda “è meglio la scuola americana o quella italiana?” che nessuno, ma proprio nessuno, si è risparmiato di pormi non credo ci sia una risposta. La mia esperienza mi ha insegnato che non c’è quasi mai il migliore o il peggiore, c’è solo il diverso. Da tutti si può imparare, di migliorarsi non si finisce mai. Fermarsi a guardare se stessi e rendersi conto che poi tutto questo bisogno di cambiamento non c’è, è a volte la più grande scoperta che si possa fare.

Simone Farina: da Gubbio a Birmingham

L’interessante e quanto mai particolare vicenda di un giocatore che, passato agli onori della cronaca per un fatto che dovrebbe appartenere alla normalità, oggi ha appeso le scarpette al chiodo per insegnare ai giovani inglesi i valori dello sport di Camillo Giorgeschi

Il mondo del calcio, purtroppo, sta vivendo uno dei più brutti periodi della sua storia. Specialmente il nostro calcio, il nostro campionato che tanto viene ammirato da tutto il mondo. Basta infatti accendere la televisione o leggere un quotidiano, anche non sportivo, e vedere come la parola calcio sia associata a parole come “scommesse, squalifiche, filoni giudiziari”… Per tutti i veri tifosi e gli appassionati (e non solo), il recente scandalo del calcio-scommesse ha creato dispiacere, dolore ma soprattutto rabbia. Dunque è lecito

chiedersi se siano ancora rimasti dei valori nel mondo del calcio. A questa domanda aveva risposto nel dicembre 2011 uno sconosciuto difensore del Gubbio, Simone Farina. Al difensore eugubino infatti erano stati offerti duecentomila euro da un suo ex-compagno di squadra nelle giovanili della Roma, Alessandro Zamperini, per truccare una partita di Coppa Italia, Cesena - Gubbio. Farina come sappiamo denunciò il fatto facendo partire l’inchiesta denominata “Operazione Last Bet”. Farina venne poi invitato dal ct dell’Italia Cesare Prandelli

al raduno in vista degli Europei. Il presidente FIFA Joseph Blatter lo ha premiato durante la cerimonia di gala del Pallone d’Oro FIFA 2011. Tutti riconoscimenti giusti, perché l’onestà va sempre premiata. Ma in questo modo, come hanno poi sostenuto Prandelli e lo stesso Farina, si rischia di mettere in risalto un gesto assolutamente normale. Ma la vera storia di Simone Farina è iniziata qualche settimana fa,

quando l’ex difensore eugubino ha ricevuto una telefonata dall’ Aston Villa, nella quale la società inglese gli proponeva di ricoprire il ruolo di “Community coach”, ovvero responsabile dei programmi di educazione sportiva del settore giovanile. Solo un anno fa non avrei mai pensato che la mia vita potesse prendere questa direzione, dichiara Farina a Sky- sport pochi giorni dopo la telefonata. Ma questa opportunità è perfetta per me, è un motivo di grande soddisfazione assistere alla maturazione dei bambini e al loro divertimento. Il calcio è soprattutto questo. Simone quindi, dopo essersi ritirato dal calcio giocato, insegnerà l’onestà e il fair play ai bambini dell’Aston Villa. Finalmente una società intelligente che ha deciso in questo modo di crescere i propri giovani con importanti valori etici e morali. A questo punto però sorge spontanea una domanda: perché non ci ha pensato prima una società italiana ?

Nell’immagine: Simone Farina con la maglia del Gubbio e con quella dell’Aston Villa.

Tra sorrisi e tragedie (greche), ecco la nostra Sicilia!

di Maria Federica Crociani

Sono passati circa cinque mesi dalla nostra piccola grande avventura,il viaggio di formazione che coinvolge tutte le seconde liceo (trattandosi di sezioni di Liceo Classico posso ancora permettermi di chiamarle così…o no?) ormai da qualche anno: la gita in Sicilia, alla scoperta dei meravigliosi resti della civiltà che ci ha accompagnato per tutto il nostro corso di studi, la civiltà greca, ma anche delle bellezze barocche di città dall’aspetto tutt’altro che arcaico come ad esempio Catania, Siracusa, Noto. Ma il punto focale della nostra gita non erano, seppur bellissime, le città, bensì gli spettacoli di tragedia, rappresentati nella splendida cornice del teatro greco di Siracusa da altrettanto “fascinosi” interpreti che hanno allietato la visione per la loro emozionante e avvincente bravura. “Baccanti” di Euripide e “Prometeo Incatenato” di Sofocle, questi i titoli che ci sono capitati quest’anno: turbinose,l lussuriose e travolgenti, le prime sono riuscite ad incuriosirci dalla prima all’ultima battuta, nonostante le quasi due ore e mezzo di spettacolo; solenne, ma sicuramente più statico, il secondo ci ha catturati, ma liberati dopo poco. Nonostante ciò, poter osservare così da vicino un “qualcosa” che avevamo studiato solo sui libri, che sembrava lontana anni luce da noi è stata un’emozione penetrante, che non si scorda facilmente. Vedere 5-6 mila persone di TUTTE le età riunite e in silenzio, nel rispetto più totale delle opere dei grandi del passato, era difficile da credere, ma c’eravamo in mezzo. Una sola parola: emozione. Finita la parte romantica da patiti di teatro, c’è da considerare che questo viaggio,oltre al grande apporto di cultura (è doveroso aggiungere alle città e alla tragedia la visualizzazione di “Una notte da leoni” durante il viag-

gio in pullman di andata) è stato un grande apporto di fatica e chili. Non bisogna infatti dimenticare che per raggiungere la Magna Grecia abbiamo dovuto affrontare dodici ore di nave con tanto di mare mosso,spostamenti in pullman e giornate sempre piene di visite sotto il cocente sole di maggio, con tanto di insolazione collettiva alla Valle dei Templi di Agrigento, il tutto fortemente appesantito da pranzi tipici di pesce, pranzi cosmopoliti da McDonald’s e abbondanti spuntini costituiti da granite e arancini che, si sa, in Sicilia sono una tentazione ancora più forte del normale. In tutto questo tran-tran non è certo mancato il divertimento, ovviamente nel più totale rispetto delle regole dettate dai nostri docenti accompagnatori (doveroso ricordarli: prof.Pellegrini, prof.Piccini, prof.Gambuli e prof.Benedetti) riguardo a orari di ritrovo,coprifuochi

vari, scambi di camera a tutte le ore della notte…insomma,senza scendere nel particolare, le solite cose da gita che ormai, ad un gruppo composto da una cinquantina di maggiorenni, non fa più nemmeno pensiero rispettare. Augurando una buona gita a coloro che stanno per partire quest’anno, concludo il ricordo di questo viaggio, che resterà sempre vivido nelle nostre menti, come il più caratterizzante per degli studenti di liceo classico.

PROFESSORI, notate bene le righe sottolineate: perché non accompagnare un gruppo così alla gita del quinto??? 7


L’ANIMA NELLA MATITA

Un esempio di maieutica di Leonardo Arcipreti

Sabato 13 ottobre 2012, presso il nostro Auditorium, si è tenuto un incontro con i maestri del fumetto italiano.

Leggere, ai giorni nostri, costa sempre più fatica. Abbiamo così tante distrazioni, più o meno volontarie, che ci hanno fatto perdere il gusto di un piacere sano e costruttivo, come la lettura. Quanti scelgono di aprire un libro in un pomeriggio privo di impegni, invece di accendere il computer? Quanti preferiscono spengere la televisione e riposare la mente sulle pagine di un ottimo fumetto? Queste sono le amare riflessioni che hanno seguito il generale entusiasmo per l’incontro organizzato dall’associazione “Amici del fumetto” di sabato 13 ottobre. Quando gli esperti hanno domandato ai ragazzi quanti di loro stessero leggendo un fumetto o un libro, le mani alzate non erano poi molte, rispetto ai ragazzi presenti. Tanti sono rimasti meravigliati anche solo dal fatto che il libro e il fumetto siano stati posti sul medesimo piano. Tale semplicistica concezione è ancora fortemente radicata in Italia -diversamente dall’estero- : il fumetto viene considerato inferiore a qualsiasi altra forma d’arte, una banalità per bambini o per sciocchi. Eppure molti tra i più grandi in ambito fumettistico sono italiani, che spesso scelgono di lavorare per l’estero. Questa paradossale ristrettezza mentale comporta quindi limitazioni alla creatività, e poca ispirazione, a causa dell’inadeguata risposta dei lettori. Si dovrebbe apprezzare di più queste nostre ricchezze e far sì che il genio dei nostri artisti non venga rapito dalle altre nazioni, attratto da prospettive artistiche più affascinanti o da mercati favorevoli. Le differenze nel mondo 8

d’approccio al fumetto sono visibili in piccoli importanti particolari; in Francia le proposte innovative degli artisti vengono appoggiate con interesse e si cerca soprattutto di sperimentare, di investire in prodotti originali; per esempio, mescolando lo stile di disegno disney delle animazioni per bambini e il genere poliziesco J. Canales e J. Guarnido, i cugini d’Oltralpe hanno dato vita a “Blacksad”, un giallo a tinte noir dedicato espressamente ad un pubblico maturo, che come personaggi ha animali antropomorfi. Inoltre i fumetti francesi, con tavole molto dettagliate e spesso prive di colorazione digitale, hanno tempi di realizzazione e pubblicazione molto lunghi. Questo perché ai lettori non interessa tanto avere a disposizione il seguito della serie in tempi brevi, quanto acquistare un lavoro particolarmente accurato (mentre qua in Italia si sopportano a stento i bimestrali). Il consolidamento delle possibilità fumettistiche favorirebbe anche artisti giovani e talentuosi. Tanti eviterebbero di lanciarsi in utopistiche sfide per poter lavorare all’estero, e far poi ritorno affranti, delusi -e senza lavoro-. Per esempio, in Giappone, una delle mete più sognate, i ritmi di lavoro sono stressanti e quasi impossibili da sostenere per un italiano. Il mangaka lavora in studio con gli assistenti per giornate intere senza riposo, completa le consegne in maniera impeccabile, soddisfa il proprio editore, e può tuttavia vedere il proprio manga all’ultimo posto nelle classifiche dei lettori. Rispetto all’Italia il Giappone presta mol-

di Chiara Valenti

Noi ci dobbiamo ribellare, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente'' dal film

ta più attenzione al lettore, che ha totale potere di stabilire chi continuerà ad essere pubblicato e chi no. Il fumetto è dunque un mezzo espressivo di grande dignità, che connette differenti codici -da quello visivo a quello narrativo-, e si fonda su elementi affini al teatro, alla letteratura, al cinema. E questa duttilità si nota proprio dalla trasposizione fumettistica di tanti romanzi; infatti Walt Disney ha più volte pubblicato collane di “Classici della Letteratura”, da “La Gerusalemme Liberata” a “Il Signore Degli Anelli”. Inoltre il sistema compositivo della sceneggiatura fumettistica è lo stesso usato nel settore cinematografico; ne consegue che lo storyboard per le vignette della tavola di un fumetto è uguale allo studio delle inquadrature per le riprese di un film. Il fumetto è una creazione degli uomini per gli uomini, che vuol raccontare di esperienze ed interrogativi comuni. Che si parli dell’irriverenza tagliente di Ortolani e del suo spassoso Rat-Man, o del misterioso e brillante Dylan Dog, si parla di un vero e proprio medium culturale: questo è il fumetto. Le parole di Sergio Cavallerin: “i fumetti sono la mia vita”, esprimono perfettamente quanto si senta legato a questo universo, e il titolo stesso della mostra “God Save Anime”, di Palazzo del Podestà a Città di Castello, testimonia il suo profondo affetto.

'Quando sentiamo la parola mafia la prima associazione che facciamo e’ con l’arretratezza e dell’alto tasso di criminalità nel Mezzogiorno, la immaginiamo come un’associazione a delinquere ramificata in vari gruppi, i ‘’clan’’, capitanati da capi, i ‘’boss’’, che vengono periodicamente scovati e arrestati, ma che nonostante le numerose lotte e i sacrifici umani fatti per debellarla, non solo non vacilla, ma anzi è sempre più pericolosa e radicata. Si tende poi a relegare questo fenomeno al Sud, a pensare che non riguardi il resto della Penisola e sembra ci si sia abituati a pensarla come ad un prurito fastidioso o semplicemente ad un ostacolo per il progresso economico di questi paesi. La mafia è molto di più, un vero e proprio cancro che attanaglia tutta l'Italia. Non si può dare altro nome alla corruzione politica, ai voti comprati, agli appalti truccati, se non quello di mafia, un ente disposto a compiere le azioni più deplorevoli ed a lucrare sull’ingenuità delle persone. La mafia è attiva oggi e prolifera al nord come al sud, non si tratta più soltanto dei vecchi capifamiglia aguzzini delle campagne siciliane che riscuotono il pizzo, delle faide e dei rapimenti, oggi i contorni del mafioso sfumano in quelli dell’uo-

''I Cento Passi'', 2000

mo di successo, qualsiasi percorso, in nome del guadagno, è lecito. La nostra quotidianità è anch’essa toccata dall’opera del crimine organizzato, non possiamo negarlo né permetterci di minimizzare l’evidenza. Le infiltrazioni mafiose sono radicate in più settori, nello specifico, la cronaca recente ha evidenziato il loro peso nella nostra regione. La provincia di Perugia è infatti frequentemente interessata da attività legate alla distribuzione di sostanze stupefacenti mentre la compravendita di appalti truccati si estende anche alla provincia di Terni. Svariate indagini svoltesi nel corso degli anni hanno messo in evidenza il rapporto tra i narcotrafficanti umbri e la mafia in tutte le sue diramazioni, Perugia è una roccaforte dello smercio di cocaina ed eroina in Europa, e mentre aumentano esponenzialmente casi di rapine e omicidi, la ‘ndrangheta si arricchisce. Per quanto riguarda la questione degli appalti, si tratta di affidare con pegno la costruzione di opere pubbliche a enti già precedentemente entrati in accordo con i banditori delle gare. Cosa altrettanto preoccupante, tale contrattazione comprende anche i concorsi per lo smaltimento di rifiuti speciali: questi vengono

di Vittoria di Stefano

trasportati e abbandonati in luoghi non idonei, il che permette di risparmiare non legalmente sul trasporto e sulle tasse di smaltimento. Questo,oltre a togliere la possibilità di lavoro alle piccole società che agiscono entro i limiti della legge, ha permesso alla mafia di arricchirsi tanto da diventare ‘’ la più grande impresa italiana con un fatturato che, secondo le forze dell’ordine, si aggira intorno ai 160 miliardi di euro con un utile superiore ai 100 miliardi ‘’ , come ci ha ricordato il nostro sindaco in una recente lettera. La presenza della criminalità organizzata grava dunque sulla nostra realtà territoriale e l’ignorarla non rappresenta una soluzione . L’informarsi, il prenderne coscienza, sono questi i primi strumenti nella lotta al fenomeno, è l’indifferenza che crea il terreno fertile a chi agisce alle spalle della legge. Esistono associazioni, prima fra tutte ricordiamo ‘’Libera’’, che agiscono concretamente nel tentativo di mutare questa situazione, esse dovrebbero diventare un monito per la collettività, ricordare che una lotta all’illegalità è possibile. "Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo." [Paolo Borsellino]

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“Ma che ci vai a fare?” News dall’Honduras La domanda più frequente che viene rivolta a uno studente che si prepara ad affrontare un anno all'estero è : ''Ma che ci vai a fare ? ''. Nel mio caso posso rispondere che non mi sarei mai perdonata se mi fossi lasciata sfuggire un'opportunità del genere. E così me ne sono andata, destinazione Honduras, Siguatepeque (dipartimento di Co-

mayagua). Sicuramente rimanendo in Italia mi sarei risparmiata tante fatiche, tra le quali il dover salutare la mia famiglia, i miei amici e tutto quello che faceva parte della mia vita per undici mesi, ma se non fossi partita avrebbe continuato a infastidirmi la sensazione di essermi lasciata sfuggire un'avventura. Perché questa è un'avventura, a cominciare dalle cose più ovvie: la lingua, il cibo i ritmi. Per poi, una volta superate le prime, passare ad altre e più complesse sfide: come quella d'imparare a vivere nella famiglia a cui sono stata affidata come figlia e non come ospite, farsi nuovi amici e ad essere accettata nel gruppo. E non è facile, se si considera, ad esempio, che per tutto il primo mese sono stata alle prese con un ‘’fratellino’’ (Iovan) che considerava valido qualsiasi pretesto per assestarrni colpi (spesso incredibilmente ben piazzati per un bambino di quattro anni!) nelle braccia. E neanche con gli amici 10

a scuola nel tempo libero è così semplice: la lingua può essere una barriera difficile da abbattere, che ti preclude la possibilità di capire battute, scherzi e risate tra amici facendoti provare un senso di alienazione tutt’altro che piacevole. Ma le cose poi migliorano. E così è stato anche per me, mi è bastato decidere di volerle cambiare:

sopportando con pazienza Iovan o azzardando discorsi costellati di parole inventate di sana pianta con gli amici (ho sperimentato a mie spese che per parlare in spagnolo non basta aggiungere la ‘’s’’ a parole italiane!). E così eccomi qua alle prese con questo paese incredibile, l' Honduras, dove la gente ha la meravigliosa e discutibile mania di festeggiare, con balli, piñatas e musica qualsiasi cosa capiti. Non dimenticherò mai il mio primo giorno nella nuova famiglia quando, durante la cena, mia ‘’sorella’’ dal nulla ha accesso la musica mettendosi di punto in bianco a ballare, coinvolgendomi nella performance, con scarsi risultati da parte mia. Dove la natura è una forza selvaggia che invade le strade pressoché sterrate contornandole di alberi dai fiori dai colori incredibili. Ma non c'è pericolo di rimanere abbagliati dalla vegetazione, perchè lo sguardo è senza dubbio catturato dal nume-

“P rof .,

S abato

di Carlotta Giorgis

ro esorbitante di persone accalcate nell'auto di fronte alla tua, guidata con nonchalance da un quattordicenne, nonostante l'età minima per condurre sia la stessa che in Italia. Ho un compagno, mio coetaneo, che tutte le mattine arriva da solo a scuola in macchina e una volta, chiacchierando, mi ha candidamente confessato che conduce da

quando aveva undici anni ... e posso assicurare che guida meglio di mio padre. Questo è uno dei tanti effetti della corruzione, la piaga di questo paese, dove per salvarsi da una multa, il sequestro dell’auto, fino ad arrivare all’arresto per possesso di stupefacenti è sufficiente fornire all’agente di polizia 200 lempiras (l’equivalente di otto euro). Ma questa situazione non è tacitamente sopportata: incontra il rifiuto di tanta gente che ho avuto modo di conoscere fino ad ora. Come la mia professoressa di economia, che non perde occasione per arringare contro il sistema durante le lezioni, o mia sorella, che studia legge e mi intavola discussioni sulla politica honduregna tra un sorso di caffè e l’altro, a colazione. Questa è la mia prima superficiale occhiata su un universo di cui spero e voglio diventare parte, imparando a respirare con esso, legandomi indissolubilmente con la sua gente.

può spostare il compito ?

andiamo a

E urochocolate …” di Venturo Paolini

Da che mondo è mondo gli studenti di scuola superiore, è cosa nota, non hanno mai avuto bisogno di troppi sforzi di fantasia per inventarsi occasioni di svago, cazzeggio, disimpegno e sbraco; insomma, per chi vuole evitare quella roba noiosa e inutile che si chiama studio le possibilità sono tante: assemblee prive di contenuti, manifestazioni fatte senza alcuna consapevolezza, allagamenti degli istituti scolastici, simulazioni di attentati dinamitardi o, più banalmente, mattinate trascorse al bar o direttamente in branda sotto le coperte. Alle tante opportunità che la voglia di far poco ha suggerito nel corso dei secoli alla popolazione studentesca, se n’è aggiunta un’altra negli ultimi anni, almeno per chi vive nei dintorni di Perugia, città che fu nobile e bella (e, non per caso, Augusta), ma oggi periodicamente devastata dalla kermesse che, più puntuale delle piogge d’autunno, si abbatte in ottobre su di lei. Insomma, Eurochocolate (lo dobbiamo pur scrivere, questo nome, sia pure con qualche ripugnanza), la manifestazione che offre a comitive di adolescenti di tutta la regione la possibilità di effettuare spettacolari saline di massa. Eurochocolate, dunque: un ripugnante trionfo della più sconcertante bruttezza, un dilagare senza freni del cattivo gusto più volgare, un coacervo di quanto di peggio possa produrre l’infausto connubio tra stupidità delle amministrazioni pubbliche, biechi interessi commerciali e idiozia stolida del popolo-bue; soprattutto, un concentrato della peggiore subumanità che mai abbia pascolato per le strade umbre. Stand grotteschi, pubblicità invadente, slogan approssimativi, Topolini, Pippi e bambocci vari di plastica, cioccolatoni di legno mal costruiti, hostess inguardabili dallo spiccato accento perugino che se la tirano da fighette, oscene “sculture” di cioccolato, torpedoni di turisti in visita dietro guide gracchianti con l’ombrellino in mano per il tour tutto compreso gallerianazionaleeurochocolate-casadiamandaknox, contadinotte ripulite e vestite a festa per l’occasione, famigliole con figli frignanti e petulanti al seguito, treni e autobus puzzolenti e ricolmi fino all’inverosimile che scaricano sul capoluogo folle eccitate e sudaticce, borseggiatori e scippatori, ladri e bari d’ogni risma che imperversano ovunque, rattusi che approfittano della ressa e allungano le mani su ogni natica a disposizione nel raggio di chilometri, commercianti strozzini che triplicano il prezzo di qualunque prodotto fiduciosi che la massa dei beoti votati all’acquisto non se ne accorga… E’ in questo genere di immondizia culturale, insomma, che molti dei nostri studenti liceali, crème de la crème della gioventù cittadina, amano infognarsi pur di saltare qualche ora di lezione. Capito? Meglio strafogarsi in questo lercio truogolo piuttosto che starsene cinque o sei ore sui banchi a occuparsi di roba obsoleta come Cicerone, Manzoni, Aristotele o Carlo Magno. Ora, per carità, chi scrive capisce bene che le nuove generazioni crescono senza nessuna educazione al gusto del bello, del vero e del buono, e non per colpa loro; siamo giusti e guardiamoci intorno: la televisione, tanto per dire, mica propone Leonardo, Michelangelo o Botticelli, semmai gli idioti di “Amici”, gli pseudovip dell’ “Isola dei famosi” o le bestie della “Scimmia”; forse non è il caso, dunque, di star lì a rompere troppo le scatole per un giorno di scuola saltato. Però, cacchio, quando tornate in classe, sul libretto delle giustificazioni scriveteci un’altra motivazione per l’assenza, inventatevi una scusa diversa, una qualunque, va bene tutto, ma non Euro…bleah!

IPSE DIXIT *5B,Prof. Volpi “Insegnare agli studenti non è impossibile, è inutile.” *Alunna “Non capisco perchè il Carnevale viene sempre di martedì...” *Alunna “Questo è un congiuntivo DESIDERABILE.” Prof. Venturini “Desiderativo: se sia poi desiderabile non lo so. C’è a chi piace e a chi no, io preferisco quello concessivo.” *Prof. Nuti “Scorreggiamo i quaderni!” *Prof. Volpi “Meno carestie grazie alla PATATA.” *Prof. Lepri “Cosa sono 50 Kg?” Alunno “...un sogno!” *4A.Prof. Pellegrini “Vedremo più avanti Casella che farà sentire la sua bella voce davanti a Dante, Virgilio e Mara Maionchi.” *Prof. Torre “Ragazzi, potete urlare più piano?” *Prof. Mercati “Il passivo di orào? Studente (sente suggerimento) “... muffin?” 4BProf Volpi “Che significa Prolegomeni?” Studente “Lego a favore...” Prof “Sì, come no, ‘lego a favore’...bondage!” *Prof. Venturini “Oddio ragazzi, cose dell’altro mondo, Marcello mi ha bussato alla finestra mentre ero al bagno e mi ha detto: ‘se fossi stato una donna non avrei bussato, avrei guardato e basta!’” *5C,Prof. Pruscini:“Vi ricordo che io vedo chi sta attento e chi no; chi fa i compiti e chi no; chi si impegna e chi non fa niente: IO VEDO TUTTO! „ Alunna:“ E chi é, SAURON?! „

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UNA GIORNATA NEL CORTILE DEI GENTILI

Le classi quinte partecipano all’incontro di dialogo tenuto ad Assisi nel mese di Ottobre 2012

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za – dal punto di vista cristiano, arriva ad estenderli in modo universale, una ricerca comune che unisce uomini di qualsiasi origine e cultura nel medesimo bisogno di spiritualità, e soprattutto di pace interiore. "Giovani tra fede e nichilismo": qui la voce dell'"altra" campana rintocca uno scottante ammonimento alla Chiesa. "Se la categoria del Principio ha il sopravvento sulla persona, la categoria dell'Amore - che è la peculiarità del Cristianesimo - implode, e il Cristianesimo stesso si dà il suicidio" – questa è l'analisi del filosofo Umberto Galimberti, e il suo sentito richiamo alla Chiesa a vivere il messaggio del Vangelo nel suo senso più profondo e genuino. Che è poi quello della Carità, della pietà, della comprensione umana, un po' troppo spesso messe da parte, quasi con vaga noncuranza, in favore di un cieco attaccamento (forse un po' fariseo?) alla "Legge", al Principio che pur sempre è fallace, poichè è stabilito dall'uomo e non direttamente dall'Amore divino. La geologa Giuliana Martirani ha proposto un messaggio di speranza in risposta al preoccupante "Grido della terra", che negli ultimi anni si fa sentire sempre di più, mentre la giornata si è chiusa con il confronto a due tra il Ministro Passera e il Cardinale Ravasi, sul tema dell'economia. Qualunque sia l'opinione che si ha riguardo ai recenti sviluppi nel

di Giulia Benedetti

nostro ambiente politico, tecnici-non tecnici, crisi evitata o provvedimenti inadeguati, la riflessione che scaturisce dal dibattito si incanala in un'unica problematica direzione: il mercato non si autoregola, l'evasore fiscale non si denuncia da solo e il dipendente pubblico che lavora onestamente non può mandare avanti il Paese col suo sangue. E' la persona umana l'elemento che bisogna tenere sempre bene in vista, o si rischia di perdere il senso stesso dell'impegno politico, a qualsiasi partito si faccia riferimento. Ci vorrebbe un clima così, come in un "Cortile", una folata di aria nuova che spazi via tutta l'insano inquinamento provocato dai talk-show e dal diffuso atteggiamento ottuso ed aggressivo che in generale ci viene propinato quotidianamente. Chi non sa ascoltare non impara. E' inutile cercare di apparire migliori e più forti bollando ogni idea che non ci appartiene come banale e sciocca, cosa che siamo fin troppo spesso tentati di fare. A Voltaire fu attribuita questa frase: "Non sono d'accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee" – ed è per questo che eventi come quello di Assisi sono giustamente proposti anche a noi giovani, nella speranza (anche se non nella certezza) che più di ogni altro concetto rimanga impresso il valore del rispetto e del dialogo.

Direttore: Prof. Andrea Pellegrini. Revisione Grafica e Impaginazione: Pietro Gallori by www.mefcomunication.com

Nell'antico Tempio di Salomone, poco più di duemila anni fa, il re Erode dispose per la prima volta uno spazio speciale, un'area limitata in cui uomini e donne di qualsiasi provenienza, stato sociale e confessione religiosa potevano entrare in libertà, parlare e confrontarsi con gli Ebrei e i loro sapienti: si chiamava cortile dei gentili, cioè dei pagani. A questa scintilla di civiltà si è ispirato Papa Benedetto XVI nel suggerire l'idea che ha dato vita all'omonimo "Cortile", il quale si prefigge di promuovere in tutto il mondo, con una serie di convegni e incontri, fisici e virtuali, il confronto e il dialogo tra "credenti e non credenti" in un contesto neutrale, attraverso dibattiti improntati al rispetto reciproco e all'ascolto attento di punti di vista contrastanti. I temi del "Cortile di Francesco" (Assisi, 6/10/12), guidato dalla brillante personalità del Cardinale Ravasi, hanno toccato gli ambiti più diversi, dal problema della salvaguardia del pianeta a quello della spiritualità dei giovani, dalla meditazione all'arte; ciò che affascina più di tutto, però, è quella rara (e rarefatta) aria di riflessione, di impegno e rispetto che accomuna relatori e uditori dal pensiero nettamente discordante. "Dio, questo Sconosciuto", è il titolo dell'evento. L'inquietudine, il desiderio di avvicinarsi ad un principio vitale che trascende l'esistenza materiale dell'uomo (o meglio ne è insito motore), tocca in profondità ciascuno di noi, sia il nostro un l'approccio di fede o semplice sete di conoscenza. Per questo motivo il Cardinale Ravasi conia la definizione "umanista secolare", che sostituisce degnamente i più sbrigativi termini "ateo" e "non credente". A partire da questa puntualizzazione emerge lo spirito del dialogo, la volontà di porre sullo stesso piano e dare pari dignità alla voce cristiana e a quella laica, entrambe protagoniste di alcuni degli spunti più stimolanti della giornata. Tra questi l'intervento di padre Enzo Bianchi, che dopo aver chiarificato i concetti di meditazione e contemplazione – temi principali della conferen-


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