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la voce del liceo classico plinio il giovane

Plinews: profilo, contenuti, ambizioni

1 novembre 2009

di Andrea Pellegrini

PLINEWS esce a Novembre e questa è già una novità. Non faremo un numero unico, ma alla presente faremo seguire altre due edizioni, una a Febbraio, un’altra a Maggio. Tra le mani adesso avete un prodotto ‘fatto in casa’, ma l’ambizione è quella di migliorare le prossime edizioni e dare al nostro giornale un aspetto graficamente più degno e ricco. Ci presentiamo dunque in sordina, ma questo non toglie che gli argomenti e i temi affrontati siano gioco forza dimessi. Tuttavia, per non risultare pesanti e seriosi, abbiamo cercato di coniugare l’‘impegnato’ con il ‘leggero’, il serio con il faceto, nella speranza di rendere gradevole la lettura. La strada è ancora lunga e siamo solo all’inizio del percorso. La cerchia dei collaboratori è ristretta, ma tenace e animata dalla volontà di rendere il giornale d’istituto un fiore all’occhiello del nostro Liceo. Questo è un punto attorno al quale vorrei concentrare l’attenzione di tutti: il cosiddetto ‘giornalino’ non è un semplice passatempo, ma un significativo mezzo con il quale possiamo esprimere il nostro punto di vista, le nostre opinioni, il nostro pensiero, la nostra vena creativa. Non è prerogativa di questa o quella classe, di questa o quella sezione; non è il mio né del Dirigente Scolastico: è il nostro giornalino. Tutti dobbiamo contribuire alla sua crescita. È fondamentale l’apporto di tutti, docenti compresi. Dobbiamo tornare a rivalutare questa esperienza, importante per l’identità di una Scuola come la nostra, che non dobbiamo vivere superficialmente e casualmente, ma appassionatamente e consapevolmente.

A proposito di licei... di Nicola Morini e Domenico Caprini*

La vicenda della mancata attivazione del corso liceale scientifico presso il “Plinio il Giovane” è davvero degna dei Promessi sposi. La richiesta di un indirizzo scientifico posta dalla città agli organi provinciali e regionali competenti parte da lontano, con tanto di delibera del Consiglio Comunale n. 77 del 13/09/2002; è subito un insuccesso. Ne seguiranno altri, tutti preceduti da richieste del Collegio Docenti, del Consiglio d’Istituto, delibere della Giunta e del Consiglio Comunale. In questi anni poi abbiamo assistito ad una serie di debacle culminanti nella strepitosa vicenda del gennaio scorso. La procedura di dimensionamento scolastico degli Istituti della Provincia, infatti, aveva creato un’occasione favorevole a Città di Castello. Le istituzioni scolastiche locali avanzarono la proposta di accorpare l’indirizzo “scientifico-tecnologico” dell’ITIS al “Plinio il Giovane”: sarebbe stato un primo passo verso la creazione del corso scientifico, se Umbertide non si fosse opposto di nuovo. I rappresentanti del Comune e del Liceo della Fratta non esitarono a lanciare strali contro le legittime scelte tifernati. A quel punto l’Assessore regionale Prodi, caldamente consigliata in questo senso dal collega umbertidese Rosi, scelse di sospendere ogni decisione su Città di Castello e il Consiglio Regionale respinse gli emendamenti favorevoli al “polo liceale” proposti dai consiglieri regionali Dottorini e Lignani.. Il problema, quindi, permane in tutta la sua gravità. L’offer* Consiglieri comunali di Città di Castello.


ta scolastica di un territorio è tanto più valida quanto più rispondente alle esigenze del singolo studente e delle rispettive famiglie. Il “Piano provinciale scolastico”andrebbe considerato in una prospettiva diversa, capace di andare oltre le logiche campanilistiche. In particolare si dovrebbe favorire in ogni città la nascita di un “polo liceale” che comprenda in sé il maggior numero possibile d’indirizzi, qualora si abbiano i requisiti necessari, anche in termini di spesa. D’altronde tutte le città di media grandezza dell’Umbria si stanno orientando in questo senso e anche Sansepolcro ed Umbertide sono decise, legittimamente, a realizzare il proprio “polo liceale”. Non si vede per quale motivo Città di Castello dovrebbe rinunciarvi. Del resto la principale motivazione addotta contro l’apertura dello scientifico è divenuta risibile. Ci si appella, infatti, all’opportunità di gestire le politiche scolastiche a livello comprensoriale, favorendo l’accordo fra città ed evitando “doppioni”. Peccato che quando si trattò di aprire il “linguistico” ad Umbertide, nessuno si curò della presenza dello stesso corso all’“Elia Volpi” di Città di Castello. Perché allora le dimensioni comprensoriali devono valere solo per noi? Come si giustifica inoltre la presenza di corsi scientifici nelle città di Umbertide, Gubbio e Gualdo che non distano più di 20 km le une dalle altre? Inaspettatamente però, proprio oggi, potremmo essere di fronte ad una svolta. L’imminente partenza della Riforma dei Licei voluta dal Ministro Gelmini può cambiare repentinamente la situazione. Le bozze dei Regolamenti attuativi parlano chiaro: in primo luogo il corso sperimentale “tecnico scientifico” (istituito presso l’ITIS), considerate le “tabelle di confluenza” dai vecchi ai nuovi istituti, diverrà automaticamente un indirizzo del nuovo Liceo Scientifico; in secondo luogo esiste la possibilità per le istituzioni scolastiche di richiedere l’attivazione d’altre tipologie di corso liceale in virtù di particolari curricola di alcune sperimentazioni e potrebbe essere questo il caso delle sperimentazioni linguistiche attivate

presso il liceo tifernate. Fatto sta che dall’anno scolastico 2010/11 Città di Castello avrà il proprio Liceo Scientifico e che verosimilmente l’Ufficio Scolastico Regionale troverà Offrire uno spettro completo di opzioni formative alle nuove generazioni è l’obiettivo da raggiungere perché Città di Castello possa mantenersi al passo con i tempi e guardare con fiducia al futuro delle sue giovani generazioni. L’attivazione del corso di Liceo Scientifico consente di raggiungere la completezza dell’offerta formativa per la nostra comunità. Ritengo che la politica, il mondo scolastico e le istituzioni territoriali debbano mettersi a disposizione per ricercare e trovare le soluzioni migliori e più rispondenti alle nuove esigenze formative. Il Consiglio Comunale di Città di Castello ha affrontato a più riprese questa importante tematica, l’ultima delle quali nel 2008, sulla scorta della proposta del piano formativo della Provincia di Perugia, che interpretava al meglio le istanze che provenivano dal nostro territorio. La successiva decisione della Regione dell’Umbria ha accolto solo parzialmente le nostre richieste, rimandando la decisione sulla istituzione del corso del Liceo Scientifico alle nuove programmazioni formative. Comunque un risultato positivo è stato ottenuto e cioè l’avere mantenuto con lo strumento della deroga tutti i restanti indirizzi formativi che rischiavano di essere ridimensionati dalla riforma. La proposta che avevamo elaborato come amministrazione di Città di Castello andava nella direzione dei tre profili: liceale, tecnico e professionale. La nuova riforma delle Superiori ancora oggi purtroppo sconta notevoli ritardi nella concertazione con i soggetti interessati, scarsa chiarezza sulle scelte e sulle future dinamiche delle stesse, penalizzando l’obiettivo di una scuola moderna e in linea con le politiche europee. Non potremo prescindere dalle scelte della nuova riforma alle quali si dovrà

adeguare il piano formativo di Città di Castello. Per questo dovrà essere rafforzato l’impegno di tutti per dare una definitiva risposta al mondo della scuola nell’interesse delle future generazioni.

L’intervista

a Daniela I. Ciao! Mi chiamo Daniela. Ho 16 anni e sono rumena. Sono qui da 4 mesi. Sono nata e cresciuta in Romania, quindi sono straniera. Faccio il Primo Superiore al Liceo Classico “Plinio il Giovane”. La mia mamma è in Italia da 3 anni ed è sposata con un italiano che ci vuole bene a tutte e due e mi aiuta quando sono in difficoltà con la lingua. Qui mi trovo bene, ma il mio Paese mi manca. Credi che anche gli altri immigrati vivano la tua situazione? Penso di no, perché la vita non è uguale per tutti. Ho visto anche dei ragazzi che hanno la mia età e lavorano qui in Italia senza conoscere bene la lingua italiana oppure saper distinguere le persone buone da quelle cattive… Hai visto nei telegiornali quante cose brutte hanno fatto i Rumeni,ma non solo loro, qui in Italia? Credi che queste cose abbiano effetto sull’opinione degli italiani nei confronti degli stranieri? Fra i Rumeni, conosco tantissimi che hanno avuto problemi con gli italiani. Non tutti gli italiani sono razzisti. Ci sono anche quelli che hanno l’anima buona come il pane… Molti italiani fino a poco tempo fa credevano che i Rumeni fossero bravi, ma da quando qualche rumeno ha ucciso, ha rubato oppure ha creato solo problemi, non la pensano più come prima e credono che tutti siano cattivi e bugiardi… Integrazione vuol dire anche rinunciare alla propria cultura? No, per me significa fare amicizia e essere accettata dalle persone,non vuol dire che devi rinunciare alla tua cultura oppure alle tue opinioni.


In Francia ora anche gli studenti vengono pagati! Il ministero della Pubblica Istruzione francese tenta di trovare la formula magica contro l’assenteismo. di Deborah Galasso

In Francia il ministero dell’educazione ha recentemente emanato un nuovo provvedimento: un bonus tra i 2mila e i 10mila euro per gli studenti che non marinano la scuola; il premio non andrà direttamente a loro, ma finanzierà i progetti della classe, come ad esempio i viaggi di studio. Tutto questo perché in Francia, specie nelle scuole periferiche di Parigi, l’assenteismo degli studenti pare sia una vera e propria emergenza: 438.000 ragazzi infatti collezionano più di due assenza ingiustificate al mese. Da una decina di anni a questa parte i vari governi hanno tentato di tutto per arginare il fenomeno senza mai ottenere risultati degni di nota. Ecco perché ora si sta tentando, in via sperimentale la soluzione “finanziaria”: le sei classi prescelte in tre istituti professionali avranno una cassa di partenza di 2.000 euro, che aumenterà di 1.200 euro ogni due

mesi se gli allievi rispetteranno il patto di presenza a scuola, e un bonus di 800 euro concesso dal professore del corso qualora gli studenti siano meritevoli. Non è ben chiaro se per ricevere questa sorta di premio sia sufficiente presentarsi in aula e scaldare il banco, oppure viene richiesto anche un certo impegno nello studio; infatti essere presenti in aula non significa necessariamente imparare qualcosa, e questo è un peccato, considerando che la funzione della scuola è proprio quella di istruire e formare i suoi studenti. Che senso avrebbe dunque tutto ciò? Credono davvero che pagare dei ragazzi di quell’età per fare quello che dovrebbe essere solo il loro dovere sia educativo? Forse aumenterà il tasso di frequenza a scuola, ma i ragazzi che impareranno qualcosa o che riusciranno a promuovere saranno pochi, visto che saranno lì solo per ricevere uno stipendio!

Un passato…che è nostro! di Silvia Palmi

Sembrava insormontabile quel muro, muro che divideva le anime più che i corpi di migliaia di persone, muro che scindeva cuori uniti nell’amore, che tagliava le ali a quella libertà che ormai in pochi sanno apprezzare. Un muro alto tre metri che rappresentava l’ostacolo alla realizzazione dei propri sogni, che impediva a molti di amare la propria esistenza e che induceva a pensare che non valeva la pena esistere per una vita che all’improvviso avevano deciso gli altri per te. Nel novembre di un lontano 1989 quel muro cadde, portando con sé la gioia di una autonomia ritrovata e il successivo smarrimento di chi al suo ritorno trova tutto enormemente cambiato da quando era partito, troppo cambiato…molte delle cose, degli affetti delle convinzioni ritenute incorruttibili sono crollate con quel muro, sono diventate polvere.Non solo gioia dunque ma anche molti pensieri, poiché non si può dimenticare ciò che si è vissuto, soprattutto se con dolore. Ma forse, anzi senza forse, tutti e soprattutto noi giovani, dovremmo pensare che tutto

Un antico frammento dei lirici greci recita così “Possa tu divenire quello che sei imparando”: l’uomo diventa migliore se scopre il gusto della conoscenza. È inutile inventarsi nuovi metodi, a volte anche un po’ sciocchi, per combattere l’assenteismo scolastico perché non servono a niente. Il problema forse è che gli insegnanti non riescono a trasmettere il piacere della conoscenza ai propri studenti. In Italia sicuramente il Ministro della Pubblica Istruzione non potrebbe mai proporre una cosa del genere: non ci sono i soldi per pagare gli insegnanti figuriamoci per elargire bonus agli studenti che non marinano la scuola! Cara Francia, la formula magica per contenere l’assenteismo mi sa che è ancora lontana da trovare. Ritenta e sarai più fortunata.

ciò non è storia che non ci appartiene che ci è estranea ma anzi il tutto ci riguarda molto più di quanto ognuno possa pensare.Credo che tutto ciò che è umano, tutto ciò che di più bello e di più brutto l’essere umano ha fatto ci riguardi fin nella nostra fibra più intima. La nostra realtà non è la sola, non lo è stata e non lo sarà mai, dobbiamo uscire da questo nostro quieto vivere in un microcosmo di felicità e benessere. Fuori c’è un passato che purtroppo è vivo e agisce inesorabilmente sulla nostra società, pigra nell’impegnarsi per cambiare qualcosa. Esistono ancora troppi muri ideologi ma anche reali , ad esempio quello di Gerusalemme che inesorabilmente divide la popolazione in una parte del paese dove regna la dittatura e nell’altra invece la democrazia.Allora sorge spontaneo chiedersi: ma a che cosa vale la volontà di tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita in nome di una libertà che non hanno poi potuto vivere?A che cosa serve ricordare con commozione quei momenti e poi ignorare che tutto si ripete?La realtà ci dovrebbe richiamare e dovrebbe far nascere in noi, generazione del domani,un desiderio di rinascita, desiderio di conoscere per capire e per cambiare. Non dico che sia semplice anzi credo che sia la cosa più difficile da fare, ma non pensate che valga la pena provare?


Le donne di Kireka Spaccavano le pietre per vivere, sono diventate un commovente esempio di solidarietà di Francesca Marinelli

Quartiere di Kireka, Kampala, Uganda. Numerose donne spaccano pietre per ricavarne ghiaia, che venderanno poi per guadagnare pochi dollari al giorno. Lo sforzo è insostenibile, inumano, ma la fame e la miseria lo sono ancora di più. L’AIDS, di cui la maggior parte di loro è affetta (e che, inevitabilmente, rende il lavoro ancora più faticoso), e soprattutto la guerra, hanno devastato la popolazione, lasciando in molti casi le donne a capo dei nuclei familiari, o di ciò che ne resta, obbligandole a dover provvedere come meglio possono ai propri bambini e a quelli rimasti orfani. Il quartiere di Kireka è una vera

e propria baraccopoli, disseminata di sporcizia e cloache a cielo aperto. È questo lo scenario che si presenta agli occhi di Rose Busingye, infermiera africana, quando per la prima volta viene a contatto con questa realtà. Il primo gesto di solidarietà comincia proprio da Rose, che, colpita dalla condizione di miseria di queste persone, avvia un corso di alfabetizzazione e insegna alle madri le basi della corretta nutrizione e cura dei bambini. In seguito, con l’appoggio di Rose, di qualcuno, cioè, che finalmente credeva in loro e gli garantiva un futuro migliore e un sostegno nella malattia, arrivò l’illuminazione delle collane e dei bracciali e queste donne diventarono imprenditrici di loro stesse: strisce di carta riciclata colorata, arrotolate fino a diventare palline che, infilate l’una dietro l’altra, un po’ di colla a tenerle insieme e conferire lucentezza, diventavano colorati gioielli. Non ci fu più bisogno di spaccarsi la schiena per guadagnarsi da vivere, e ora i loro vivaci prodotti sono in vendita nei negozi di Kampala e cominciano anche ad essere esportati, con l’aiuto di AVSI, associazione benefica italiana che collabora

con il Meeting Point International di Kampala, che nacque sempre per iniziativa di Rose, che ne è ancora oggi la direttrice, a sostegno delle donne e degli orfani di tutti i quartieri di Kampala. La loro vita aveva appena cominciato ad essere accettabile quando le donne che un tempo spaccavano le pietre, venute a sapere dell’uragano Katrina, che nel 2005 ha distrutto New Orleans e ucciso circa duemila persone, riuscirono a raggiungere e spedire circa mille dollari a quelle che chiamavano le loro “sorelle americane”. E anche in occasione del terremoto in Abruzzo hanno voluto contribuire con duemila euro. Rose, ospite di una famosa trasmissione del nostro paese, ha ricordato con grande divertimento come, inconsapevoli dell’enorme distanza, un gruppo di loro avrebbe voluto organizzare un pullman e raggiungere le zone abruzzesi interessate dal terremoto per dare una mano. Alla domanda riguardo ciò che spinge delle persone per loro stesse bisognose d’aiuto e che vivono alle soglie della povertà a fare gesti come questi possiamo trovare risposta nelle parole di una delle cinque donne che, in


occasione della donazione per i colpiti dall’uragano Katrina, sono state inviate come rappresentanza a New York per ritirare il Vision Award riservato loro dalla New York’s Women Foundation per il grande gesto di solidarietà: “Il cuore dell’uomo è internazionale, non ha razza, non ha colore e si commuove alle necessità degli altri. Anche le persone in America ci appartengono e noi apparteniamo loro, perché non si appartiene né alle cose, né al lavoro”. Testimonianze come queste sono importanti e devono essere conosciute da tutti. Sono un forte simbolo d’amore tra popoli, che proviene proprio da coloro con i quali la vita è stata più dura, e di come non ci sia bisogno di ricchezza o potere per essere veramente grandi persone. Viene da chiedersi, di fronte ad eventi simili, se non sia proprio la nostra condizione relativamente agiata a renderci più egoisti o, forse, semplicemente incuranti di chi si trova, invece, in serie difficoltà. Che l’avere più di quanto necessitiamo ci renda in primo luogo avari e poi insensibili verso i bisognosi viene detto da sempre. Ciò non impedisce, tuttavia, che questo comportamento venga mantenuto. Il progresso non ha fatto altro che accentuare questa tendenza, in televisione se si parla di gesti di generosità, lo si fa perché qualche personaggio famoso ha fatto conoscere le sue opere di beneficenza, che più che alla bontà fanno pensare a strategie pubblicitarie. Per amore della verità però bisogna anche dire che, fortunatamente, continuano a esserci persone nel nostro Paese che donano i loro soldi e il loro tempo a chi ne ha bisogno, come quelle che sostengono e partecipano attivamente alle iniziative delle numerose associazioni benefiche di cui possiamo essere orgogliosi. Anche con pochi euro, o qualche ora del nostro tempo, possiamo essere utili. Se anche le donne di Kireka hanno sentito la necessità di aiutare come potevano chi era in difficoltà, è chiaro che solo l’egoismo ci impedisce di seguire il loro esempio.

La difficoltà della condivisione di Silvia Palmi e Cecilia Robellini

“I vostri figli non sono figli vostri. Sono figli e figlie della sete che la vita ha di se stessa. Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi, E benché vivano con voi non vi appartengono” Risulta sempre più difficile stabilire un rapporto di fiducia tra genitori e figli: la famiglia, base della formazione dell’individuo, quanto, oggi, conserva la sua funzione di supporto e di guida? La difficoltà dell’incontro nasce da un’esitazione insita in ambedue le parti; infatti non è facile essere genitori ma di certo nemmeno essere figli. È pressoché impossibile trarre considerazioni del tutto generali, ma si può tentare perlomeno di esaminare le cause che troppo spesso determinano questa rottura del nucleo familiare. La prima di queste è la mancanza di comunicazione, elemento fondamentale per garantire a noi ragazzi una crescita serena e un’evoluzione a livello morale. Il sostegno di cui un ragazzo ha bisogno è dato dall’ascolto, dalla presenza, dal dialogo, dal sentirsi compreso e soprattutto dalla possibilità di confrontarsi con l’adulto in modo diretto e consapevole. La comunicazione va costruita quotidianamente, con pazienza e con volontà, cercando da parte dell’educatore di non cadere nell’errore di imporre sempre e solo il proprio pensiero. I genitori possono donare amore ai loro figli, ma non devono aspettarsi di riuscire a renderli simili a loro; è giusto che ognuno abbia i propri principi su cui credere e una strada da percorrere che sia sua e solo sua. I genitori dovrebbero riuscire a capire che la vita va avanti, le generazioni cam-

biano e le situazioni si presentano in un modo sempre diverso, realtà questa a volte difficile da accettare ma che non può essere ignorata. La loro esperienza tuttavia non è vana: certi valori, certe emozioni restano anche quando tutto sembra mutare ed è per questa loro eternità e universalità che devono trasmetterli ai ragazzi e devono rivestire con onore questo loro compito. Noi figli d’altra parte, dovremmo metterci nelle condizioni di accettare questi insegnamenti con spirito critico e non con accettazione passiva o con netto rifiuto di chi ha la presunzione di sapere già tutto della vita. Solo con questo tipo di esperienza comunicativa, basata sulla condivisione e non sull’imposizione e sull’indifferenza che noi figli potremo acquisire la nostra sicurezza e giusta autonomia e i genitori mantenere almeno in parte la tanto sospirata tranquillità. Non è giusto renderci spettatori più che protagonisti nella scena della nostra vita come non è giusto promuovere un’amicizia tra genitori e figli che non può esistere. Di fronte al nostro essere sempre in conflitto tra necessità di autonomia e bisogno di protezione forse ci vorrebbe soltanto attenzione dei genitori alle esigenze del figlio, sicurezza nell’accompagnarlo lungo il cammino della crescita senza pretendere il raggiungimento di determinate tappe e senza concepire eventuali traguardi come loro.

“Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime: esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno”. Kahil Gibran


Qualche modesta proposta per un Esame di Stato (un po’) più serio… di Paolo Venturini

Due principi dovrebbero guidare un’eventuale riforma dell’Esame di Stato: rigore e semplificazione. Rigore per gli studenti, ma anche per i docenti, che sarebbero costretti a lavorare più seriamente; semplificazione, nei limiti del possibile, per tutti. Dunque, vediamo: 1. Riforma del sistema dei crediti Andrebbero abolite le fasce di oscillazione e, conseguentemente, il credito formativo cosiddetto “esterno”. La semplificazione sarebbe massima. Deve contare solo la media, considerato che sulla stessa influisce (anche troppo, ahimè) il voto di condotta, comprensivo di indicatori quali costanza, impegno, ecc.: alla media del 6 deve corrispondere il punteggio univoco X, a quella del 7 il punteggio Y e così via. Senza oscillazioni e, dunque, senza criteri da definire. Senza costringere, cioè, Collegi Docenti e Consigli di Classe a patetiche e interminabili discussioni sul sesso degli angeli per stabilire se la tale attività debba valere 0,10 o 0,20, per arrivare poi, immancabilmente, ad assegnare di fatto a tutti il massimo della fascia. E, soprattutto, senza dover prendere in considerazione “attività esterne” di dubbia utilità: corsi di cucina, brevetti da bagnino, gare di ruzzola, attività di volontariato alla sagra di Fighille… 2. Modifica

della composizione

delle commissioni

Tutta la commissione dovrebbe essere costituita da membri esterni: si può ammettere, al limite, il vecchio “membro interno”, ma con funzioni solo consultive. Dovrebbe incontrare la commissione all’inizio dell’esame per presentare la classe ed eventuali specifiche problemati

che di qualche studente; dovrebbe essere presente alle correzioni degli scritti e allo svolgimento degli orali, ma non allo scrutinio. Durante le prove scritte dovrebbe essere tenuto lontano dall’edificio scolastico. Con l’ausilio dei cani lupo, se necessario. 3. Abolizione del Documento del Consiglio di Classe Bastano i programmi svolti e, al limite, una sintetica relazione sulla classe. Non sostengo una simile posizione (ça va sans dire) perché sono coordinatore di una III liceo, ma perché mi batto da sempre per la salvaguardia dell’Amazzonia. 4. Ripristino del tema come unica tipologia della prim a prova

Il tema come tipologia di prova è stato relegato in secondo piano sulla base del principio che si tratterebbe di una prova “astratta”, non legata ad una specifica situazione comunicativa. Peccato però che sia stato sostituito da cose come il saggio breve o l’articolo di giornale che, nei fatti, sono ancora più astratte, dato che presuppongono, almeno a scuola, situazioni comunicative comunque inventate e, dunque, irreali. Tralascio per carità di patria la tipologia dell’analisi del testo, che sembra – così come è strutturata - una roba da scuola elementare, che uno studente con un minimo di amor proprio dovrebbe evitare per principio. Il tema, tra l’altro, è l’unica tipologia tra quelle previste nella prima prova dell’Esame di Stato ad essere utilizzato nei concorsi pubblici, dunque rappresenta, semmai, la più utile delle prove, non la più astratta. Propongo dunque per la prima prova cinque tracce: tema di attualità 1 (argomento di ambito sociale, politico, economico), tema di attualità 2 (argomento di ambito scientifico), tema di argomento letterario, tema di argomento storico, tema di indirizzo (diverso per ogni tipo di scuola: al classico, per esempio, dovrebbe essere dedicato alla cultura latina e greca). 5. Introduzione di due prove scritte specifiche per ogni indirizzo

Si tratterebbe di abolire l’inutile

lotteria di gennaio: “speriamo che esca latino (o greco)!” Perché latino “o” greco? Meglio entrambi. Latino “e” greco. Cicerone “e” Demostene, Tacito “e” Tucidide, Seneca “e” Platone. Si eviterebbe la tendenza dei docenti a facilitare troppo il livello delle prove scritte di III liceo nella materia non prevista all’esame. Parlo, qui, del liceo classico, ma la cosa dovrebbe valere per tutte le scuole. Scientifico: matematica e inglese. Linguistico: inglese e II lingua e così via. Le prove scritte d’esame, in questo modo, diventerebbero quattro, dunque dovrebbero essere rivisti anche i punteggi, magari attribuendo maggior valore alla I prova (vedi schema sottostante). 6. Carattere nazionale della III prova (che diventerebbe la IV) Non c’è cosa più penosa di una prova la cui segretezza i membri di commissione devono difendere dalle richieste pressanti di studenti e genitori. Passa per rigido il docente che intende rispettare la legalità e non rivelare nulla al riguardo. Dunque, prova nazionale: dovrebbe vertere su argomenti importanti delle materie dell’ultimo anno. Il Ministero, naturalmente, dovrebbe definire, per ogni materia e ogni tipo di indirizzo scolastico, gli argomenti irrinunciabili che i docenti sono tenuti, cascasse il mondo, a svolgere. La prova dovrebbe essere di unica tipologia definita dal Ministero una volta per sempre per tutte le scuole (ad esempio: quattro domande di quattro materie a trattazione sintetica, oppure 10 domande di cinque materie a risposta breve). 7. Modifica dell’orale Qui, lo ammetto, c’entra una forma di idiosincrasia personale. Non ne posso più di sentir parlare di “tempo”, “crisi”, “amore”, “follia”, “devianza”, “potere”, “individuo”: stop alle (cosiddette) tesine! La prova orale (e smettiamola di chiamarlo colloquio, per carità!) deve vertere sugli argomenti del programma dell’ultimo anno. Punto. Basta con queste (cosiddette) tesine che sono


per lo più scaricate dal web, male impostate anche dal punto di vista grafico, con immagini che vogliono sembrare simpatiche ma sono non di rado grottesche. Se deve essere orale, allora che sia orale. Del tutto. 8. Abolizione della lode 100/100 basta e avanza. L’esperienza insegna che tutte le volte che si introduce una novità per “valorizzare l’eccellenza”, per dirla secondo la neolingua invalsa nelle scuole, si finisce con il g e n e r a r e un meccanismo perverso di tendenza al rialzo: se Tizio ha la lode, Caio merita almeno 100, ma allora dobbiamo dare 95 a Sempronio... Il voto 100/100 è già eccellenza, che sia raggiunto con o senza bonus. Con la lode andrebbe abolita anche tutta la serie di annotazioni, complimenti e ammennicoli finali che complicano non poco la vita delle commissioni e, soprattutto, dei verbalizzanti. Si riporti sui diplomi e sui certificati, nel modo più semplice possibile, solo quello che è previsto dalla normativa europea. 9. Bonus Cinque punti, come ora, da assegnare a chi ha almeno 70/75 nelle prove d’esame e 20/25 di credito. PROPOSTA TABELLE DEI PUNTEGGI Credito scolastico Media tra 6 e 6,5 Media tra 6,5 e 7,5 Media tra 7,5 e 8,5 Media tra 8,5 e 10

Sulla Tabula dealbata del Liceo, ecco impressi i nomi dei due consoli eponimi di Francesco Migliarotti e Lorenzo Pierini (neo rappresentanti di Istituto)

Vorremmo ringraziare tutti i ragazzi del Classico per la nostra elezione a rappresentanti d’istituto. Siamo entusiasti per la fiducia che ci avete accordato e cercheremo di mantenere ciò che vi abbiamo promesso. Innanzi tutto ci stiamo adoperando per la creazione di un corpo formato da tutti i rappresentanti d’istituto delle altre scuole tifernati, affinché possiamo organizzarci tutti insieme per gestire eventuali manifestazioni e eventi coordinati da noi ragazzi. Non vi nascondiamo che la creazione di questo organismo è difficoltosa, in quanto è arduo riuscire a conciliare le varie posizioni espresse dai vari rappresentanti; nonostante ciò, noi stiamo spendendo tutte le energie possibili per raggiungere il nostro intento. Come assicurato all’assemblea d’istituto dello scorso ottobre, cercheremo di rimanere più vicini possibile alle vostre richieste ed esigenze, che per noi vengono prima di tutto. Uno dei punti sul quale focalizzeremo la nostra attenzione sarà proprio quello di far si che ci sia una grande e stretta collaborazione tra noi, rappresentanti eletti, e voi che ci avete votato. Un modo per attuare questo nostro proposito sarà il convocare regolarmente i vostri rappresentanti di classe e di far girare, con cadenza mensile, un foglio in ogni aula, nel quale ognuno potrà appuntare ciò che ritiene fattibile per migliorare la scuola e ciò di cui vorreste dibattere durante le assemblee d’istituto. La collaborazione tra noi studenti è la cosa che maggiormente ci sta a cuore e pertanto a questo ci appelliamo, affinché voi ci garantiate il vostro contributo, indispensabile per poter ottenere il massimo. Non vi nascondiamo le difficoltà che abbiamo già incontrato nel nostro cammino e quelle che incontreremo nei mesi a venire, ma nonostante ciò esporremo sempre le vostre esigenze e richieste affinché possano essere messe al centro di ogni Consiglio d’istituto che si terrà nel corso dell’anno scolastico. Ci permettiamo di ringraziare ancora tutti quelli che ci hanno votato e sostenuto in questi primi mesi, perché senza il loro decisivo apporto adesso non saremmo qui a ricoprire un ruolo che reputiamo importante per far valere la voce di tutti gli studenti. Siamo riconoscenti anche con tutti quelli che esprimono delle critiche costruttive, volte ad aprire un serio confronto rispetto a un gruppo sparuto, che si permette di giudicare senza avere la minima idea di quello che asserisce.

Per non dimenticare! I anno punti 5 punti 6 punti 7 punti 8

II anno 5 6 7 8

III anno 6 7 8 9

La Consulta provinciale degli Studenti è un organo importante caduto purtroppo nel dimenticatoio di Kadija Benlahcen

Ringraziarvi per la recente nomina a rappresentanti della Consulta Provinciale degli Studenti è doIl punteggio dell’ultimo anno dovrebbe essere abbassato di un punto in veroso e nello stesso tempo scontato, in quanto noi, Kadija Benlahcen e Sara Cappannella eravamo le caso di voto di condotta pari a 6. uniche candidate per questo ruolo. Prove d’esame Detto ciò abbiamo notato, durante il periodo di “campagna elettorale”, una purtroppo comprensiI prova 15/15 (sufficienza 9/15) bile disinformazione e uno scarso coinvolgimenII prova 10/10 (sufficienza 6/10) to che spiegherebbero perché, il 7 ottobre scorso, III prova 10/10 (sufficienza 6/10) giorno in cui consegnammo alla segreteria la nostra IV prova 10/10 (sufficienza 6/10) lista, ci era subito stato comunicato, ovviamente Orale 30/30 (sufficienza 18/30) in via informale, che saremmo state le rappresentanti del Liceo Classico “Plinio il Giovane” nella La somma del credito minimo e di punteggi sufficienti in tutte le prove provincia perugina, in quanto uniche aspiranti alla d’esame dà come risultato 60/100. suddetta carica.


Quindi, mentre nella corsa alla nomina nel Consiglio d’Istituto si percepiva chiaramente un costruttivo clima di competitività, per la Consulta non si è avuto nessun dibattito politico, dato l’esito già certo. Per concludere qui la polemica e soprattutto per non cadere di nuovo in “atteggiamenti garibaldini”, vorremmo sfruttare questo importante spazio che ci è stato concesso per spiegare, almeno a grandi linee, cos’è la Consulta Provinciale. La Consulta Provinciale, è un organo che prevede la rappresentanza di due studenti per istituto per una carica biennale, che periodicamente (generalmente una volta al mese) si riuniscono in un’assemblea generale, insieme alla giunta esecutiva, presso una sede appositamente adibita messa a disposizione dalla

direzione scolastica regionale. La Consulta dispone di un budget proprio che ammonta minimo al 7% dei fondi provinciali destinati alle scuole e alle attività promosse dagli studenti, finanziamenti che possono essere spesi solo su delibera dell’assemblea dei membri che la compongono, ma che nell’ultimo periodo si stanno assottigliando inesorabilmente, visti i tagli imposti alla scuola pubblica. Tra i compiti principali della Consulta c’è quello di creare un’efficiente e ricca rete comunicativa tra i vari rappresentanti, promuovendo progetti che coinvolgano il maggior numero di Istituti, come ad esempio una campagna sull’edilizia scolastica, ovvero un capillare monitoraggio sulle condizioni degli stessi edifici. Sempre partendo dal presup-

posto di una buona collaborazione tra i membri dell’assemblea plenaria, la Consulta Provinciale può organizzare eventi come la Giornata dell’arte e della creatività, che Città di Castello ha avuto il piacere di ospitare, nemmeno quattro anni fa, un progetto approvato dal Ministero dell’Istruzione, che risulta un importante momento d’incontro tra ragazzi provenienti da tutta la regione, liberi di esprimere ogni forma d’arte ed espressione. Ciò che ci premeva, in conclusione, era darvi qualche informazione generale sul lavoro che ci aspetta e mettervi a conoscenza, anche se per ora in modo approssimativo, del ruolo e della funzione della Consulta Provinciale caduta, a parer nostro, nel dimenticatoio.

La Bacheca del Lettore

maledetti da dio di Sven Hassel Casa editrice: Sonzogno Collana: Bestseller Anno di pubblicazione: 1998 N. pagine: 272 Prezzo di copertina: € 5,75.

a cura di Roveno Valorosi

Sven Hassel, pseudonimo di Willy Arberg, è uno scrittore danese che racconta nei suoi libri gli eventi della Seconda Guerra Mondiale, a cui ha preso parte, militando nell’esercito tedesco. “Maledetti da Dio” è il primo romanzo di una lunga serie ed è una sorta di “riassunto” di tutti gli altri romanzi scritti dall’autore, infatti, nei seguenti libri, alcune situazioni che trovano poco spazio in “Maledetti da Dio” vengono ampliate e trovano maggior rilevanza. I fatti narrati hanno come protagonista il 27° Panzer Regiment (di disciplina). I personaggi, criminali o presunti tali, di Hassel sono indimenticabili: il sergente Willie Beier, detto “Vecchio Unno”, una sorta di padre per tutti i giovani soldati del reggimento, particolarmente calmo e comprensivo; Joseph Porta, “caporale per grazia di Dio”, un soldato buffo, furbo e particolarmente spiritoso, protagonista di numerose esilaranti macchiette; Julius Heide, incarnazione del soldato perfetto: ligio al dovere e nazista fanatico; Alfred Kalb, il “Piccolo Legionario”, ex soldato della Legione Straniera Francese, abilissimo tiratore; Wolfgang Edwald Creutzfeld, “Fratellino”, un gigante dalla forza sovraumana dal carattere violento ma dotato di poca intelligenza e poi “Pluto”, Hugo Stege, Barcelona Blom, il colonnello Hinka e molti altri. Hassel descrive senza dolcezza, aspramente, con una punta di cinismo la guerra, dove non ci sono buoni o cattivi, dove si uccide per non essere uccisi, dove l’uomo si trasforma in belva…uomini di tutte le età uniti da un fraterno senso di cameratismo, fratelli nella morte. Si susseguono scene cariche di drammaticità, di cruda violenza, forti, impressionanti e scene divertentissime, dove si allenta la tensione accumulata, dove i soldati trovano ristoro in risate liberatorie, dove basta una battuta di Porta o una buffonata di Fratellino per ricordare a tutti che sono ancora vivi, che sono ancora uomini, che vale la pena di vivere ancora, di cercare di portare avanti i loro strampalati sogni (basti pensare al bordello arabo di Porta e del Piccolo Legionario), di riabbracciare la propria famiglia. Personaggi speciali, toccanti ed emozionanti. È una lettura particolare, se così si può definire, suggestiva, per stomaci forti e per chi riesce a sostenere l’urto di un pesante impatto emotivo. La guerra, la Seconda Guerra Mondiale, vista attraverso gli occhi dei soldati e non di quelli delle fredde pagine di storia o dei nauseanti documentari. Hassel non lascia spazio né al fanatismo né al militarismo; la politica è lontana, effimera, insensata…Hassel parla della vita e della morte, degli uomini dimenticati di un conflitto demoniaco che non hanno voluto.


Decalogo del “perfetto” studente di Augusta Ramaccioni

La perfezione, lo si sa, non esiste: perché, dunque, affannarsi alla ricerca della riuscita impeccabile di un compito in classe, quando è possibile raggiungere buoni risultati copiando? Per secoli gli studenti si sono prodigati per raffinare le loro tecniche di copiatura. Il copiare è un’arte e per ottenere prestazioni ottimali è necessario possedere tutte le conoscenze al riguardo. Parleremo dunque ora brevemente della genesi e dello sviluppo del “metodo di studio” più redditizio e meno faticoso. Il costume del copiare nasce contemporaneamente alla scrittura, al tempo dei Sumeri e dei segni cuneiformi, per poi diventare sempre più complesso. Se un tempo lo scolaro sumero si limitava a trascrivere sulla sua tavoletta d’argilla ciò che pochi minuti prima dell’inizio della lezione aveva inciso sul terreno con un cuneo, oggi, al contrario, lo studente somaro ha innumerevoli possibilità di riuscire con poco sforzo e molto acume. In esclusiva per il nostro lettore, ecco allora il decalogo del perfetto copiatore. 1) Trascrizione su palma: certamente il metodo più antico ma anche il più efficace. 2) Bigliettino nella manica: un vero e proprio asso! Attenzione però a non farselo, inavvertitamente, sfuggire. 3) Trascrizione nel vocabolario: trucco indicato per compiti di latino, greco e italiano, per i quali ne è previsto l’uso. 4) Trasmissione orale: espediente pratico che però può rendere equivoca l’informazione passata. 5) Compito del collega: escamotage che raggiunge un esito positivo solamente se si possiede un occhio di lince e si dispone di un compagno preparato e di conclamata competenza. Sconsigliato ai miopi e a coloro il cui compagno di banco è un illetterato di chiara fama. 6) Penna a ultravioletti: scorciatoia sofisticata che consente di scrivere con inchiostro invisibile e di rileggere quanto scritto precedentemente al compito grazie all’uso di un flash, incorporato alla penna. 7) Bigliettino sulla schiena del compagno: sistema valido ma rischioso, poiché se i banchi vengono distanziati se ne annulla la validità. 8) Libro al bagno: trucco che consente di avere un accesso diretto alla fonte delle nozioni necessarie, a patto che sia consentito uscire durante lo svolgimento del compito. 9) Auricolare: soluzione decisamente estrosa e tecnologicamente avanzata, pericolosa nel caso non si possegga una folta e fluente chioma capace di occultare l’arma del delitto. 10) Cellulare: via d’uscita figlia dello sviluppo elettronico di inizio secondo millennio, è certamente infallibile ed accreditata in quanto mette a nostra disposizione illimitate informazioni. N.B. Per una perfetta applicazione dei metodi di copiatura precedentemente elencati, sono richieste: abilità nell’eludere la sorveglianza dei professori; scaltrezza di movimento in grado di garantire, in tempo utile, l’occultazione del materiale incriminato; discrezione nel vestire, per non attirare troppo l’attenzione; posizione di banco strategica, preferibilmente, con annessa copertura di un compagno particolarmente robusto o dalla chioma vaporosa.

Mai dire in bocca al lupo! di Giulia Benedetti

Non avevo mai provato a partecipare ad un’attività teatrale prima di entrare al ginnasio; così, incuriosita, un giovedì pomeriggio di settembre mi sono presentata a scuola. Uno dei primi aspetti che mi ha lasciato entusiasta è stata la Compagnia. I ragazzi che partecipano al Teatro sono veramente unici, ognuno con il suo carattere e la sua singolare creatività; anche se sono persone completamente diverse (e non solo per età), c’è un’armonia che persino le migliori classi invidierebbero. Credo che l’ambiente ci stimoli molto ad essere uniti, anche perché nel

conoscerci non ci possiamo fermare alle apparenze: lavorare insieme comporta una profonda comprensione delle personalità degli altri. Naturalmente prima che emerga l’indole di tutti ci vuole tempo e pazienza: se fare amicizia con Alessandro, che salta subito all’occhio per la sua esuberanza e simpatia, è stata una cosa immediata, ci è voluto un po’ di più per legare con Matilde, che all’inizio dell’anno era molto più riservata e silenziosa; di lei ho scoperto che in realtà è vivace e pungente: allo stesso modo si sono rivelati dei lati “inediti” di molte altre persone, me

compresa (prima dello spettacolo “Gli Uccelli” non credevo che saper fare il verso del gabbiano mi sarebbe mai stato utile in qualche modo, e invece guarda un po’...). Poi c’è il regista, Luca. Una persona veramente originale e un po’ bizzarra; a mio parere anche molto creativa e dinamica. Insieme a lui siamo riusciti, tra scambi di idee e opinioni, dibattiti accesi, con un misto di perplessità ed entusiasmo, a creare qualcosa che, credo, nessuno di noi si sarebbe aspettato. “Gli Uccelli” di Aristofane è stata l’opera che abbiamo usato come base per lo spettacolo dell’an


no scorso. Ripensandoci ora, il lavoro fatto sopra questo testo è stato veramente notevole. Il risultato però è stato ben evidente: siamo riusciti ad avere una bella spontaneità sul palco (cosa che, a sentire diversi tra gli spettatori non è passata inosservata) proprio perché ciò che recitavamo era qualcosa di “nostro”, o meglio, che avevamo fatto nostro. Sono convinta che il divertimento degli ultimi giorni sia valso il prezzo dello sforzo e del sudore (nel vero senso della parola: improvvisazioni e prove sono cose faticose!) di tutto un anno. Penso che tutti i ragazzi della Compagnia si ricordino i drammatici giorni della didattica alternativa, durante i quali abbiamo provato e provato per ore e ore: personalmente dopo quei due giorni mi sono ritrovata con due belle occhiaie e zero voce, ma soprattutto una certa ansia per l’esito dello spettacolo. Ma questo è il bello del Teatro, in fondo... I due giorni delle prove generali e dello spettacolo mi hanno totalmente ripagato della sgobbata. Mentre provavamo, sul palco c’era un’atmosfera di fermento e la concentrazione era alta, ma nei camerini succedevano le cose più esilaranti. Tra le altre, una delle cose che mi ha divertito di più è stata la preparazione dei costumi, che ha coinvolto tutti, dal primo all’ultimo. Se un passante fosse per sbaglio entrato nel teatro degli Illuminati avrebbe visto un ammasso informe di colori, piume, camicie a pois, tulle colorati e calze stravaganti muoversi convulsamente sul palco e tra le stanze dei camerini, gracchiando o facendo “qua qua”: non provo neanche ad immaginare la reazione del poveretto di fronte a questo grottesco spettacolo. Anche l’originalità dei costumi è stata molto sofferta: quella scopa che non voleva stare su sulla testa dell’Upupa... oppure il continuo “perdere i pezzi” da parte degli Uccelli sul palco... Poco prima di entrare in scena eravamo carichi come molle, e dopo aver fatto tutti i classici scongiuri pre-spettacolo (“Merda”, flessioni e altre cose simili), ci siamo posizionati dietro le quinte. Musica d’ingresso, si apre il sipa10

rio -eppure non riesco a smettere di sghignazzare per le battutine di Michele; si va in scena. Vedere tanti occhi che ci guardavano dalla platea buia mi ha intimorito un po’, è vero, ma quell’impressione è stata subito assorbita dalla concentrazione sullo spettacolo, anche se, per la verità, mi è quasi sembrato che tutto andasse avanti da sé, come se fossimo stati attaccati a qualche filo trasparente che ci faceva muovere sul palco. Alla fine ce l’abbiamo fatta anche se con qualche difficoltà di percorso: ricostruire interamente (e aggiungerei a tempo record) le ali di Marta, fatte con carta di giornale, è stato veramente degno di un’impresa epica. Gli applausi e la rappresentazione in sé sono grandi soddisfazioni, ma la parte migliore è forse stata ripercorrere i momenti più spassosi guardando il video del backstage, in cui è racchiusa tutta l’autentica vitalità della Compagnia. Ora ci aspetta la replica in trasferta per il concorso di Cesena: mi raccomando, mai dire in bocca al lupo… Clamorosa scoperta in campo scolastico: rivoluzionato il metodo di apprendimento delle lingue classiche.

Mai più somari a Latino e Greco! Individuato da un’equipe di ricercatori e medici genetisti tedeschi un metodo che consentirà agli studenti carenti in latino e greco di acquisire finalmente un invidiabile bagaglio di conoscenze. Presto la tecnica potrebbe essere applicata anche alla matematica, bestia nera degli studenti italiani. di Nunzio Vobis

Finalmente potremo cestinare le statistiche Pisa-Ocse, che ci vedono puntualmente relegati agli ultimi posti per quanto riguarda la qualità dell’apprendimento nella scuola italiana. Il lavoro degli scienziati tedeschi dell’Università di Sturm und Drang, in collaborazione con il nostro Ministero dell’Istruzione, ha portato ad una scoperta clamorosa: non si nasce predisposti a tradurre bene, lo si diventa. I ricercatori teutonici, dopo anni di esperimenti e ricerche, sono infatti riusciti ad isolare un particolare enzima, responsabile della più o meno sviluppata capacità di tradurre bene il latino ed il greco. Tale enzima è stato quindi sintetizzato e fra poco sarà presente sul bancone della farmacia. I debiti a latino e greco saranno un ricordo, il sudore e la rabbia per le versioni di cui non abbiamo mai capito il senso diventeranno il simbolo di un passato che non tornerà più. PLINEWS vanta il privilegio e l’esclusiva di aver intervistato l’autore della scoperta, il Prof. Rinko Joniten, che ci ha spiegato nel dettaglio ogni tappa di questo clamoroso successo. Professore, ci spieghi come ha fatto ad isolare l’enzima della bravura in latino e greco. “Per tre mesi di seguito abbiamo sottoposto i trecento migliori studenti tedeschi e italiani a prove di traduzione dal latino e dal greco, intervallate l’una dall’altra da un riposo di sei ore. Mentre traducevano, gli studenti portavano in testa una serie di elettrodi collegati ad un sottilissimo ago, infilato nella corteccia cerebrale. Abbiamo così appurato che, nella fase di massima concentrazione, il cervello produce un enzima che invece non viene secreto nel periodo di riposo. Con l’ago abbiamo estratto tale enzima ed in laboratorio lo abbiamo sintetizzato. In questo enzima abbiamo trovato perfettamente conservate e riprodotte la morfologia del nome, del verbo, la sintassi, le regole, tutto quello che concerne il latino ed il greco. Il sacrificio di questi trecento giovani è paragonabile a quello degli Spartani alle Termopili! La loro morte darà una nuova vita scolastica agli altri studenti”. Incredibile! Tra poco potremo disporre di un incredibile prodotto. “Esattamente. A breve uscirà sul mercato un farmaco, la TRADUXINA, che consentirà a chi l’assume di tradurre immediatamente qualsiasi brano,


d’autore e non. La pasticca con l’immagine del Colosseo per il Latino, con il Partenone per il greco”. E chi non riesce a deglutire le pasticche, che spesso sono enormi, come e dove se la prende? “Non c’é problema. Per costoro abbiamo predisposto delle fantastiche e coloratissime supposte, da 500mg per quelli che alternano prestazioni sufficienti ad altre meno convincenti; da 1000mg per i casi disperati. Purtroppo non è stato possibile preparare un granulato, perchè avremmo disperso in polvere tutto

il bagaglio di conoscenze, perdendo di vista l’obiettivo”. Siamo senza parole. Prezzo del prodotto? Eventuali controindicazioni? “Il prezzo è da definire. Contoindicazioni? Ignote! Forse flatulenza e meteorismo.Tengo a precisare che ci stiamo attrezzando anche per la matematica. Stiamo infatti selezionando i fortunati che parteciperanno al prossimo esperimento. C’é la fila!” La scoperta del Prof. Rinko Joniten apre dunque nuovi scenari sull’apprendimento delle lingue classi-

che e proietta la Scuola verso territori mai attraversati né dal metodo-natura né da quello tradizionale. Allora basta studiare, basta passare ore ed ore ad imparare le declinazioni, i verbi e le regole della sintassi. è ora di dire addio alla vecchia logica del lavoro, alla sana fatica che ci procura, solo dopo grossi sforzi, le tanto desiderate soddisfazioni. LABOR OMNIA VICIT IMPROBUS? Roba da matusa, concetti che sanno di stantio. La versione sembra tosta? Basta metter la supposta!

INDAGINE SUL LIVELLO DI GRADIMENTO DELLE IV GINNASIALI di Michele Rondoni

Pandemia da influenza H1N1 di Anna Curina*

L’influenza è una infezione conosciuta da secoli; la causa di tale infezione è il virus influenzale che invece è stato identificato solo nel 1933. Il virus ha la capacità di infettare sia gli uomini che una larga fascia di uccelli e mammiferi. Alla base della capacità di diffusione e della persistenza negli anni dell’influenza c’è la marcata tendenza di tutti i virus influenzali a variare, cioè ad acquisire dei cambiamenti strutturali che permettono loro di aggirare la barriera immunitaria presente nella popolazione che ha contratto l’infezione negli anni precedenti. In determinate circostanze questi cambiamenti di maggiore entità possono provocare una infezione improvvisa e invasiva in tutti i gruppi di età, su scala mondiale, che prende il nome di “pandemia”. Come l’influenza stagionale, anche la nuova influenza da virus AH1N1v può presentarsi con forme di gravità variabile, da molto lievi a gravi. Nelle forme gravi possono insorgere complicazioni come polmoniti ed insufficienza respiratoria; possono *Specialista in Medicina del Lavoro e in Medicina di Base.

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Direttore: Prof. Andrea Pellegrini. Redazione: Barberini, Borchiellini, Brozzi, Galasso, Gildoni, Giorgi, Marinelli, Mariucci, Palmi, Pazzagli, Ramaccioni A., Ramaccioni G, Robellini, Rondoni, Valorosi. Progettazione grafica: Ficarra S.

verificarsi casi mortali, come del resto accade anche in caso di infezione da virus influenzali stagionali (nella stagione invernale 2008/2009 in Italia sono decedute 8000 persone a causa della normale influenza stagionale). Nel momento in cui si dovessero manifestare febbre o sintomi simil influenzali (febbre, tosse, mal di gola, dolori muscolari e articolari, brividi, debolezza, malessere generale e, a volte, vomito e/o diarrea) è importante rimanere a casa nel proprio ed altrui interesse, ed è consigliabile contattare il proprio medico o il pediatra di famiglia, quando i sintomi persistono per più di 48 ore o si aggravano. L’influenza generalmente non richiede una terapia specifica in quanto è una infezione autolimitante che generalmente scompare da sola senza sequele nell’arco di 48-72 ore. Durante questo periodo vengono consigliati farmaci sintomatici (quali paracetamolo o ibuprofene) per alleviare i sintomi quali febbre, dolori muscolari e congestione nasale. è comunque consigliabile assumere qualsiasi farmaco sempre dietro consiglio del medico. I farmaci antivirali possono aiutare ad alleviare e ridurre i sintomi dell’influenza, ma richiedono una prescrizione medica; la maggior parte delle persone non ha bisogno di farmaci antivirali per guarire completamente e rapidamente dall’influenza; i farmaci antivirali vanno idealmente riservati alle persone a rischio di complicazioni per patologie croniche preesistenti e a quelle con forme gravi e complicate che richiedono il ricovero in ospedale. Le persone più a rischio nel poter avere le complicanze dell’influenza sono quelle con: • malattie croniche a carico dell’apparato respiratorio, inclusa asma, displasia broncopolmonare, fibrosi cistica e BPCO; • malattie dell’apparato cardiocircolatorio, comprese le cardiopatie congenite ed acquisite; • diabete mellito e altre malattie metaboliche; • malattie renali con insufficienza renale; malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie; neoplasie; • gravi epatopatie e cirrosi epatica; • malattie congenite ed acquisite che comportino carente produzione di anticorpi; immunosoppressione indotta da farmaci o da HIV; • malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinale; • patologie associate ad un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie, ad esempio malattie neuromuscolari; • obesità con Indice di massa corporea (BMI)>30 e gravi patologie concomitanti. • donne in stato di gravidanza al II e II trimestre • bambini nati prematuri tra 6 e 24 mesi di vita. • Per queste stesse categorie è prevista anche la vaccinazione gratuita presso le Asl di competenza su base esclusivamente volontaria. La vaccinazione è considerata uno strumento importante per evitare le complicanze, anche se rare, dell’influenza nelle categorie a rischio (in termini medici riduzione della morbosità e della mortalità), ma soprattutto la riduzione della trasmissione del virus pandemico nella collettività. Bibliografia: www.ministerosalute.it

ipse dixit “Infatti la dea Era, moglie di Zeus, era perennemente incacchiata e cornuta”. [Nestri] “Adesso chiedere la I Bucolica a memoria ai ragazzi è come chiedere un litro di sangue”. [Pellegrini] Prof. Venturini, dopo un’interrogazione estenuante “E senti… I Dialoghi di Seneca sono veri e propri dialoghi, oppure sono finti come fai finta tu di studiare Latino?”. “Cangi, la Marinelli dice che sei un vocabolario con gli occhiali che parla!”. [Piccini] Studentessa (Silvia Belardinelli, II A), parlando del Canto I del Purgatorio della Divina Commedia “E allora Dante, in segno di umiltà, si cinse di gippo” (avrebbe voluto dire giunco). “Volevo chiamare al telefono Nestrino per chiedergli se mi dava una delle sue ore.. Per farlo rispondere più in fretta gli volevo dire che c’era un’avvenente signora!”. [Massi] Studente (Lucia Novelli, IIA) “Chi vuole ordinare una bidella?” Prof. Casettari “Io! Una bidella al cinque, prego!” Studente “Oddio! Volevo dire merenda!”. “Quando le temperature si abbassano le particelle si avvicinano e dicono “Dai stamo vicine.. Tanto che vu fà? È freddo!”. [Mancini]

Prof. Pruscini, interrogando, “What is your favourite song?” Studente “Everytime we touch” Prof. Pruscini “We don’t know what we touch.. But we touch!” “La vita non è un supermercato, dove puoi scegliere i prodotti per la sopravvivenza!”. [Ghigi] Studente (Leonardo Anderini, IIA) “Il mio epiteto formulare è “Anderini dalle graziose caviglie”.


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