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Liceo Classico “Plinio il Giovane” - viale Armando Diaz, 2 - 06012 Città di Castello (PG) - tel. 075.8554243 - fax 075.8554724 - www.liceoplinio.net - pgpc05000a@istruzione.it

Pli LA VOCE DEL LICEO CLASSICO PLINIO IL GIOVANE

2 MARZO 2010

Alla cortese attenzione dei lettori... di Andrea Pellegrini

Il secondo numero di PLINEWS viene dato alle stampe in un momento importante per la vita della Scuola, appena uscita dalla Riforma Gelmini, oggetto di attenzione da parte degli addetti ai lavori e delle famiglie che sono sul punto di iscrivere i propri figli alle Superiori. Non intendo in queste poche righe perorare la causa del Liceo Classico con le solite parole di circostanza, partigiane e anche un po’ retoriche. Il Liceo si sostiene da solo, con il lavoro quotidiano e con i progetti che porta avanti. Uno di questi è proprio il Giornale d’Istituto, che evidenzia un sempre maggiore coinvolgimento degli studenti e dimostra la qualità del lavoro che i nostri ragazzi quotidianamente svolgono. In questo numero ci siamo soffermati in particolar modo sul tema della legalità, affrontato sotto molteplici aspetti; abbiamo analizzato con spirito critico gli episodi di cronaca che maggiormente hanno coinvolto l’opinione pubblica, in primis i fatti di Rosarno. All’interno troverete poi articoli attinenti alla vita del nostro Istituto, una clamorosa rivelazione che riguarda l’Esame di Stato, una gustosissima intervista doppia al Prof. Nestri e alla Prof. ssa Pruscini e l’IPSE DIXIT, formidabile serbatoio di umoristi in erba.

Le ragioni del Classico di Maria Rosella Mercati, Dirigente Scolastico

Il quadro che la riforma della scuola secondaria superiore ci presenta potrà essere un volano di sviluppo, a patto che non siano ulteriormente ridotti i finanziamenti alla scuola pubblica. Gli obiettivi prefissati richiedono, infatti, un notevole impegno di risorse umane e materiali. Ed è giusto che si compia ogni sforzo in questa direzione, poiché la società ha bisogno della scuola “per conservare il proprio patrimonio culturale e trasmetterlo di generazione in generazione ai nuovi membri”. Luogo di produzione, di diffusione e circolazione, di conservazione del sapere, la scuola svolge un ruolo fondamentale nella vita dei giovani, che l’attraversano nel momento cruciale della formazione e delle scelte. La riforma prevede tre grandi assi: liceale, tecnico e professionale, ognuno con un distinto profilo, che indica con chiarezza gli obiettivi da raggiungere. “I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico di fronte alle situazioni, ai fenomeni ed ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze sia adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, sia coerenti con le capacità e le scelte personali”. Il Liceo classico, come sua particolare vocazione, poiché attinge alle radici della civiltà classica e della cultura umanistica, guida a cogliere le intersezioni fra i saperi, attraverso lo studio approfondito dei linguaggi, l’analisi storica dei vari aspetti della nostra


civiltà, l’applicazione della filosofia e delle discipline scientifiche al riconoscimento ed alla soluzione di problemi. Le istituzioni scolastiche hanno ora il compito di progettare il Piano dell’Offerta Formativa in modo tale che corrisponda alle linee portanti della riforma; i docenti attraverso la loro professionalità sono chiamati ad uno sforzo creativo per rivedere contenuti e metodologie. Il nostro Liceo già da tempo con lungimiranza ha realizzato alcuni aspetti della riforma: la lingua straniera quinquennale, il potenziamento di matematica, fisica e storia dell’arte. Tutto ciò non è più sperimentale, ma d’ordinamento. Anche lo studio della seconda lingua straniera sarà mantenuto, utilizzando le possibilità offerte dalla flessibilità e dall’organico assegnato. Allora nulla cambia? Non è proprio così: infatti produrranno effetti la diversa organizzazione del tempo scuola e la riorganizzazione interna del curricolo delle discipline, l’adeguamento della didattica, un diverso modo di partecipare alla vita della scuola di genitori e studenti, un nuovo sistema di relazioni con il territorio (ruolo delle Istituzioni, rapporto con il mondo imprenditoriale). La sfida da raccogliere è quella di “pensare” una scuola per il presente e per il futuro, in cui i libri possano dialogare con i PC. Scrive una nota insegnante e scrittrice :“Leggere Dante vuol dire prendere atto dei secoli che ci separano da lui. Vuol dire che dobbiamo prepararci, avere gli strumenti, cioè tutto quello che ci serve per il viaggio”. Il Liceo classico è la scuola che dà gli strumenti, che permette di riempire utilmente lo zaino per il viaggio attraverso la cultura e…la vita!

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L’intervista a cura di Lucia Pazzagli e Marta Tosti

San Valentino

Prof. Nestri vs Prof. Pruscini È favorevole al festeggiamento di San Valentino? PROF. NESTRI: No. PROF. PRUSCINI: Si. Se sì perché, se no perché? PROF. NESTRI: Perché è una superstizione. Come dice Erasmo da Rotterdam: “Non è poi opera della stessa pazzia che i paesi pretendano ognuno ad uno, uno speciale santo protettore? Distribuiscono ad ognuno di questi santi varie mansioni, ad ognuno di essi attribuiscono particolari cerimonie per onorarli, di modo che nel mal di denti ti viene in aiuto un santo, un altro assiste le partorienti, un terzo ti restituisce ciò che è stato rubato […]. Ma che chiedono mai a codesti santi gli uomini, se non tutto ciò che ha connessione con la pazzia?”(Erasmo da Rotterdam, Elogio alla pazzia). Inoltre, le ricorrenze come questa non sono belle, perché solo in quel giorno si festeggia e non va bene un giorno “rose e fiori” e gli altri “stand-by”. Se c’è amore c’è sempre, non solo un giorno. Infatti l’amore è fatica, è bello, ma è un percorso duro, di tutti i giorni. Diversamente dall’innamoramento, che invece è slancio, bellezza.

PROF. PRUSCINI: Innanzitutto è una giornata che ho a cuore perché mi sono laureata per S. Valentino. Poi è una festa dedicata ai pochi “privilegiati”, gli innamorati, che vivono un momento straordinario, che non capita spesso nella vita. Da donna inoltre, dico che noi, eternamente romantiche e sentimentali, diamo più importanza agli affetti, perciò amiamo questa festa. Poi, credo che noi viviamo in una società che trascura i sentimenti, perciò è giusto dedicare una giornata all’amore, alla coppia. Se c’è l’amore si può affrontare ogni sacrificio, superare ogni crisi. Dovrebbe essere S. Valentino tutti i giorni, dovrebbero prevalere i sentimenti e l’amore tutti i giorni perché tutto il resto (la corsa al denaro, il consumismo) ci lascia insoddisfatti e infelici. L’ha mai festeggiato? Come lo festeggerà? PROF. NESTRI: Non l’ho mai festeggiato. PROF. PRUSCINI: Non lo festeggerò come consumismo, ma trascorrerò una giornata al mare, luogo molto romantico in inverno, con una coppia di amici e magari facendo una passeggiata nel lungomare. Ha sempre pensato questo oppure ha modificato la sua opinione con il passare del tempo? PROF. NESTRI: Ho sempre pensato questo, perché una persona deve andare sempre contro. Così come dice De Andrè: “in direzione ostinata e contraria”. PROF. PRUSCINI: Ho sempre pensato questo perché è una giornata di serenità, pace e sentimenti.


Legge e giustizia: tra moralità e imposizione di Augusta Ramaccioni

Medea ed Antigone si ribellano alla legge: l’una in nome di una vendetta di stampo divino, da Amazzone quale è, avvezza al lato oscuro dell’esistenza, a contatto diretto con il tremendo e con il sacro; l’altra in nome di una pietà pre-cristiana (è il sabato ad essere al servizio dell’uomo, non viceversa) che non nega ad alcuno, qualsiasi sia il delitto di cui si è macchiato, quella degna sepoltura che, sola, gli saprà garantire la pace dell’oltretomba, affidandolo ad una giustizia più alta di quella meramente umana. Legge convenzionale, formale, al servizio dell’arbitrio, legge esteriore, incurante delle motivazioni che informano qualsiasi azione e ne fanno ambito di intima scelta, per privata o collettiva che sia, e terreno di scontro morale. Donne che, forzando la legge ed andando contro il potere di chi regna, si pongono come reiette ed indesiderate ai margini della società. Antigone scenderà nel mondo delle ombre – murata viva – “vergine senza nozze e senza figli”, laddove Medea ucciderà i propri figli per punire l’affronto arrecatole dal loro padre, quell’ingrato Giasone, che deve alle arti magiche e alla spregiudicatezza di lei ogni fortuna e ricchezza e dal quale ora è considerata, con disprezzo, una maga e una barbara. Punizione, la sua, come

forma di nemesi, tesa al riequilibrio di ciò che è impari. La legalità è conformità a ciò che le leggi prescrivono; il diritto è la tecnica della coesistenza civile. Qualsiasi sia la fede o l’ideologia ad esse sottese, il loro fine è quello di rendere attuabile la vita associata, di armonizzare le parti che compongono una società e di dirimere le eventuali problematiche in seno ad essa. Adesione interiore, coercizione esteriore talvolta convergono, talvolta seguono strade diverse. Uccidere è, solitamente, considerato non solo contrario alla legge, ma anche moralmente turpe. Il pettegolezzo, pur non essendo perseguibile legalmente, se non quando sconfina nella diffamazione, viene perlopiù percepito come un comportamento deprecabile, lesivo della dignità, non solo di chi ne è vittima, ma anche di chi lo pratica. Esistono Paesi in cui l’eutanasia è ufficiosamente consentita, anche se questa pratica può ripugnare alla coscienza di chi è religiosamente orientato. Cos’è dunque successo a Rosarno, paese inserito in uno stato di diritto, in una democrazia, quella italiana, di provata fede costituzionale? Può uno statuto garantire lavoro, libertà e dignità a chi è bianco di pelle, a discapito di chi appartiene ad un’altra razza? Sì, qualora le istituzioni – sindacati, magistratura,

La strada verde è possibile (The green way is possible) Dopo Kyoto e Copenhagen stringerà il Mondo un “serio” patto con la Terra? di Alessandra Brozzi

Desertificazione, aumento della siccità, innalzamento del livello dell’acqua dovuto all’inevitabile scioglimento dei ghiacci, il paradossale congelamento del nord Europa: sono questi gli effetti con i quali già ora convi-

Eugene Delacroix, The fury of Medea (1862).

forze dell’ordine – preposte alla tutela del cittadino, non intervengano là dove si creino sacche di povertà, ignoranza e sfruttamento, permettendo, in questo modo, che l’interesse del singolo, o di ristretti gruppi di potere, spesso di stampo malavitoso e mafioso, prevalgano sull’interesse della comunità. Abbiamo assistito in questi giorni al triste spettacolo dell’ennesima guerra di poveri contro altri poveri: gli uni minacciati nelle loro piccole, sacrosante sicurezze, gli altri frustrati nelle loro legittime aspirazioni di riconoscimento e di integrazione. Una “guerra civile”, in qualche modo, pari a quelle che sconvolgono l’Africa o i Balcani. La legge non può costringere ad un comportamento moralmente irreprensibile coloro che le sono sottoposti, ma solo il rispetto della legalità rende possibile la creazione di un ambiente in cui delinquere non rappresenti l’unica via di sopravvivenza e dove il confronto sostituisca la logica del mors tua, vita mea.

viamo, che si amplificheranno o che cominceremo a conoscere, causati dal surriscaldamento globale. Il geniale artefice di questo capolavoro? Non vi poteva essere domanda più semplice: noi, l’uomo moderno, bramoso di successo, incurante di quelle regole, mai scritte, per conservare la Terra che ci ha generati e che finirà per ucciderci. Nel 2009 i Grandi del Mondo, fissando un incontro a Copenhagen, hanno deciso, per lo meno a parole, il da farsi nei prossimi 20 anni.”Per favore salvate il mondo”: inizia così il vertice ONU sul clima, chiaro sintomo di una situazione ormai divenuta insostenibile. L’Europa cerca un alleato importante: gli U.S.A di Barack Obama. A Copenhagen interviene il rappresentan3


te di Cina e del G7, Lumumba-DiAping, che afferma rivolgendosi al Presidente degli Stati Uniti: <È tempo di salvare il mondo, non è tempo di reinventare quello che abbiamo già concordato> Dunque non c’è più tempo per belle parole o tatticismi, è ora che i Paesi industrializzati si assumano su di loro la responsabilità dei danni causati dall’inquinamento e che al più presto paghino il debito ecologico mai sanato. Senza l’intervento di tutti non sarà possibile il cambiamento dello status quo. I Paesi del G8 hanno stanziato miliardi per salvare banche e budget, gli U.S.A negli ultimi decenni sono sempre intervenuti nelle faccende politiche di altri Paesi per mantenere, verificare e riportare la “pace”; oggi è in discussione la “pace” del mondo, pertanto é quasi un “dovere” da parte dell’America prendere parte a questa battaglia che deve essere vinta. Sarebbe troppo comodo inquinare, arricchirsi e velarsi il volto con una maschera di parole. E’ necessario un intervento adesso. “Ad ogni uomo la responsabilità delle proprie azioni” (Protagora). Tutti i Paesi, specialmente i più economicamente sviluppati, dovrebbero partecipare, ma notiamo alcuni assenti importanti: la Cina, che si disinteressa; l’Australia, che continua a non aderire e l’America, che nel 2001 si era ritirata dall’accordo dicendo che avrebbe danneggiato la proprio economia (ricordiamo che gli U.S.A riversano nell’atmosfera il 33,6% delle emissioni di gas serra mondiali). La via possibile, quella da seguire, è quella verde. Nonostante le norme e i buoni propositi, molti, troppi Paesi europei (e non) continuano a inquinare pesantemente l’ambiente, non riducendo del 5 per cento le loro emissioni. E’ necessario pertanto uscire dall’ottica materialista che punta al guadagno, sprezzante delle regole e del buon senso, che invece dovrebbe essere presente in ogni cittadino. Dunque, come ci ricorda Lumumba-Di-Aping, “the green way is possible”. 4

Rosarno: ritorno al passato Una rivolta ci ha aperto gli occhi: Rosarno è il lager degli immigranti. di Amanda Borrelli, Chiara Antonelli, Michele Radicati, Valentina Boldrini (VB)

Giovedì 7 gennaio 2010 in una località della Calabria, Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, si è verificato un fatto inconsueto: alcuni extracomunitari si sono giustamente ribellati contro il regime cui erano sottoposti. Gli immigrati sopravvivono in ex capannoni industriali, in casolari abbandonati e in capanne di cartone.

Ognuno lavora i campi, raccogliendo agrumi e olive, più di 12 ore per meno di 20 euro al giorno; parte di questo denaro lo inviano alle loro famiglie che vivono ancora in Africa. Esasperati, allo stremo delle loro forze, sono insorti con la violenta protesta: auto distrutte, cassonetti divelti e altri rovesciati sull’asfalto, molte ringhiere di abitazioni danneggiate, è il bilancio della rivolta. Senz’altro in questa ribellione gli stranieri hanno visto un disperato tentativo di attirare l’attenzione; ma la risposta è risultata diversa dalle loro aspettative. Infatti, gli abitanti di Rosarno hanno reagito con la violenza, esplodendo alcuni colpi di pistola e ferendo alcuni rivoltosi. Tutto ciò non può passare sotto silenzio. Non sembra anche a voi che cose simili siano già accadute? Uomini trattati come bestie, sfruttati, abbandonati a loro stessi, condannati all’indifferenza di tutti. Sì, tanto che una poesia scritta durante il periodo delle persecuzioni razziali rimane attuale ancora oggi.


Casco e cinture salvano la vita Indossare il casco come mettere le cinture sono gesti che ci salvano la vita, sono il segno di una cultura della sicurezza che dobbiamo coltivare con dedizione e senso di responsabilità. di Alessandro Raganato

“Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un si o per un no […]” Primo Levi Nonostante le belle parole e gli sforzi spesi per far sì che non si ripetano atti di discriminazione, sembra quasi che questa città sia tornata a 60 anni fa, piena di paure, pregiudizi e ostilità verso gli stranieri, uno dei tanti paesi che non riesce a liberarsi dal giogo della mafia, dominato da un’indifferenza verso il prossimo, da un muro di fronte alle diversità etniche e culturali. Che cosa ne pensiamo noi giovani? Siamo veramente interessati a migliorare le condizioni in cui noi stessi dovremo destreggiarci nel futuro? Forse no, perché siamo abituati a vivere in una sorta di “limbo” che ci porta a sentirci esclusi da ciò che succede intorno a noi. Siamo noi a dover fare la differenza! Siamo noi a dover ritrovare la ragione ormai nascosta dietro le barriere dell’egoismo: “Asfaltia-

mo la strada impervia della vita!”.

Gli incidenti stradali sono purtroppo eventi imprevedibili ma, qualora fossimo più rispettosi della vigente normativa in materia di circolazione stradale, il più delle volte evitabili. Fortunatamente il numero di feriti e morti negli ultimi anni è diminuito, grazie soprattutto a quelle che sono state le nuove norme di sicurezza quali l’uso obbligatorio del casco, la riduzione dei limiti di velocità nelle superstrade, il sistema di controllo elettronico della velocità in autostrada noto come “sistema tutor”, il quale si è rivelato un ottimo deterrente, visto che il numero dei morti in autostrada è diminuito del 50%. Inoltre “salate” sono le sanzioni previste per chi non utilizza il casco e le cinture di sicurezza: infatti si va da € 70.00 a € 285.00 di multa insieme alla decurtazione di 5 punti sulla patente e il fermo amministrativo del veicolo per 60 giorni; naturalmente il prezzo della sanzione varia in virtù della velocità di marcia e, qualora i limiti in questione dovessero essere letteralmente sfondati, si può incorrere nella sanzione della sospensione della patente di guida fino a 12 mesi. L’uso del casco omologato, ossia di “tipo approvato”, è invece assolutamente obbligatorio sia per il conducente sia per l’eventuale passeggero. Esso, se allacciato correttamente, si rivela il modo più efficace per ridurre i traumi alla testa, considerata la zona più vulnerabile, e i decessi legati agli incidenti in moto; inoltre è statisticamente provato che il casco riduce: • di più di un terzo il numero dei morti; • del 65% i casi di lesioni cerebrali; • del 50% il rischio di entrare in terapia intensiva; • del 50% il tempo totale di ricovero in ospedale Vediamo nella seguente tabella quali sono le fasce d’età più sog-

gette, rispetto ad altre, ad incidenti stradali e il numero di morti: Fascia d’età 1-4 5-13 14-17 18-23 24-29 30-39 40-49 50-59 60-69 70-74 75-79

Numero di morti 6 8 14 72 54 104 48 52 59 39 58

80-85 da 80 in su Totale

44 25 583

Fonte: ISTAT Umbria 2009

Notiamo che, come si può benissimo desumere, le fasce d’età maggiormente interessate sono quelle che vanno da 18 a 23 e da 30 a 39 anni. Vediamo adesso la situazione sulle strade umbre (numero di incidenti, feriti, morti): Anno

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Numero incidenti stradali 3323 3758 3716 3728 3616 3583 3614

Feriti

Morti

4902 5496 5346 5437 5304 5143 5107

107 126 156 115 102 119 103

Fonte: ISTAT Umbria 2009

In Umbria il 50% delle morti per traumi da incidente stradale avviene entro i 45 anni d’età, mentre circa il 25% dei morti sono rappresentati da giovani d’età compresa tra i 14 e 29 anni. Il 25% circa dei morti sono rappresentati da giovani d’età compresa tra i 14 e 29 anni. 5


“Le Nuvole”, moderna commedia del V secolo a.C. di Francesca Marinelli

È stato bello poter constatare quanto “Le Nuvole”, commedia scritta da Aristofane intorno al V secolo a.C., offra tuttora ottimi spunti di riflessione e moderni messaggi per gli spettatori. Questo grazie all’interessantissima conferenza, tenuta Lunedì 8 Febbraio nell’Aula Magna della nostra scuola dal Professor Donato Loscalzo, a cui hanno potuto partecipare tutte le Seconde liceo e anche studenti del quarto anno provenienti da altri indirizzi (a dimostrazione che gli antichi hanno lasciato un’eredità importante non solo a chi ne studia nel dettaglio l’aspetto linguistico e letterario, ma a chiunque, in quanto protagonisti di un mondo completamente diverso dal nostro, che ci ha preceduto e nel quale, tuttavia, si sono sviluppate tutte le cose che conosciamo e che ormai diamo per scontate, ad esempio la società, come la intendiamo oggi, la filosofia, e, appunto, il teatro), e all’omonimo spettacolo teatrale, andato in scena Giovedì 11 Febbraio al Teatro degli Illuminati di Città di Castello e che di certo non ha deluso chi, come me e alcune mie compagne di classe, ha deciso di parteciparvi. Sul palco, quando i personaggi prendono vita e le parole del libro di testo hanno finalmente voce ed espressione, ci ritroviamo improvvisamente partecipi della commedia. Infatti il regista Antonio Latella e i suoi quattro magistrali attori Marco Cacciola, Annibale Pavone, Maurizio Rippa e Massimiliano Speziani hanno dato forma ad uno spettacolo capace di coinvolgere un pubblico del 2010, con tanto di inglesismi (la frase preferita da Socrate era “follow me!”), espressioni dal mondo dei fumetti (abbiamo potuto udire uno dei discepoli di Socrate dire “smack” e vedere lo stesso maestro aggirarsi pensoso mormorando “mumble mumble”), improbabili analogie (nella discussione 6

tra il Discorso Migliore e il Discorso Peggiore, il secondo, che ovviamente avrà la meglio, parla con il tono e le movenze con i quali Mussolini teneva i suoi discorsi dal balcone di Palazzo Venezia) e costumi e musiche decisamente inusuali e anacronistici (l’attore che interpretava una delle “Nuvole” è entrato in scena indossando un tutù – gli altri erano interamente in nero, con scarpe da clown – cantando in francese: un’ottima prova da soprano, direi!), ma allo stesso tempo facendo rivivere a questo stesso pubblico le atmosfere del teatro greco del V secolo a.C., camminando qua e là per la platea e coinvolgendo gli spettatori, parlando direttamente ora con l’uno, ora con l’altro (uno dei fortunati, nella serata dell’11 Febbraio, è stato il Professor Nocchi, ndr). Era proprio così che i Greci riuscivano ad ingraziarsi il loro pubblico: facendolo sentire uno dei protagonisti. E piano piano, durante questo spettacolo che in un certo qual modo poteva ricordare un cabaret, si è delineata davanti ai nostri occhi la storia di Strepsiade, contadino coperto di debiti per la smodata passione per i cavalli di suo figlio, Fidippide, che chiede al ragazzo di frequentare la scuola di Socrate, il Pensatoio, perché imparasse l’arte sofista di poter vincere, con la dialettica, anche le cause ingiuste: “Da loro si trovano entrambi i discorsi, quello peggiore e quello migliore, quale che sia. Dicono che il peggiore ha la meglio anche se ha torto” (vv 112-115). In questo modo intendeva sfuggire ai propri creditori, raggirandoli con i discorsi insegnati dal filosofo: per imparare, egli dice, si dovranno abbandonare i vecchi dèi (rappresentati proprio per questo come scheletri) e affidarsi alle Nuvole. Ma Fidippide utilizzerà quegli stessi insegnamenti contro il padre, convincendolo addi-

rittura che fosse legittimo che lui lo picchiasse. Così Strepsiade, accecato dall’ira, non potrà far altro che incendiare il Pensatoio. Poco dopo questa scena, che chiude la commedia in sé, e prima che si chiudesse il sipario, tre dei quattro attori sono tornati sul palco con dei costumi da scimmia, simbolo della regressione dell’uomo alla sua condizione bestiale, con la perdita di ogni valore, mentre uno cantava, con voce rotta, “Povera Italia” di Battiato. C’era un chiaro riferimento alla situazione attuale del nostro Paese, un richiamo alla coscienza politica che, nell’opera vera e propria, l’autore aveva pensato per gli Ateniesi del suo tempo. Aveva dunque ragione Machiavelli quando nel Principe affermava che la storia è “magistra vitae” e si ripete sempre uguale nel suo corso, poiché uguali sono gli uomini; infatti, pur con un adattamento più coerente con i gusti del nostro tempo, con la sua rappresentazione Latella è riuscito a rispettare l’intento con il quale Aristofane aveva scritto la sua commedia: far ridere per far diventare saggi.


Aristofane e la coscienza civile “Rifiutare di avere delle opinioni è il modo di averle”. [Luigi Pirandello] di Ester Giorgi

Corruzione e indifferenza: questa è la denuncia etico-politica che emerge dalla commedia di Aristofane. In un’ Atene democratica, lentamente scalpellata dalle ingiustizie della corruzione politica, Aristofane tenta di disincantare e disilludere i suoi concittadini: la colpa di tutte le loro disgrazie non ricadeva altro che su loro stessi.

mo comune, il cittadino medio, che compromette la politica rendendola corrotta per mezzo delle sue scelte sbagliate. Un personaggio statico,

CORO, LE NUVOLE: “Te li sei procacciati da te stesso, i guai, dandoti all’arte del briccone!” L’interpretazione del professor Loscalzo (Università di Perugia) a proposito del messaggio civile delle Nuvole è sicuramente anticonformista, anche se sorprendentemente attendibile. La condanna di Aristofane non si scaglierebbe quindi contro l’immoralità spregiudicata e bugiarda di Socrate, che insegna a ingannare il prossimo a proprio vantaggio, e nemmeno contro la corrotta ambizione dei potenti, che tentano di trasformare la polis in un burattino nelle loro mani. La lamentela di Aristofane è invece tanto contro coloro che fanno uso del Discorso Ingiusto insegnatogli dal “maestro dei sofisti” (che in realtà sofista non era), quanto contro la superficiale volontà dei cittadini di rimanere ignoranti e di continuare a lamentarsi della crisi, incolpando qualcun altro che non fosse se stessi. Aristofane vuole risvegliare la coscienza politica. Se i politici sono in carica, è perché qualcuno li ha eletti: allora la colpa dell’immoralità che ha distrutto la polis non è di Socrate e dei suoi insegnamenti contrari alla giustizia, ma è del popolo, che distorce la verità facendo un uso sbagliato del nuovo (ovvero delle nuove dottrine filosofiche, come appunto quella di Socrate). Alla fine della commedia chi rimane sconfitto e demoralizzato è Strepsiade, emblema dell’uo-

La prima edizione dell’opera in lingua italiana, fu pubblicata a Venezia nel 1545 col titolo Le nebule.

che rimane lo stesso dall’inizio alla fine dello spettacolo, anzi, la sua ignoranza e la sua ingenua e incantata visione della realtà si solidifica. Un personaggio comico, che fa ridere, che solo a guardarlo fa pensare a che livello possa arrivare la stupidità umana. Quando dimostra di non riuscire a inserirsi nel mondo dei filosofi a causa della sua assente capacità di ragionare, siamo mossi a pietà verso un pover’uomo che “tanto si sforza” ma che non riesce: appare come una povera e divertente vittima del destino. Lui stesso si considera un imbrogliato, e quando chiede spiegazione delle sue sciagure alle dee Nuvole esse rispondono:

cacciamo in qualche guaio, sì ch’egli impari a rispettare i Numi!” L’innocente ingannato che diventa il colpevole. L’umorismo si trasforma in dramma quando, incolpando i filosofi di tutti i suoi peccati civili, morali e etici, incendia la scuola dei filosofi: la corruttrice che l’aveva indotto a sbagliare. Un modo per sfuggire dalle proprie responsabilità, un modo per auto convincersi che la colpa di tutte le disgrazie avvenute non è la propria. È l’indifferenza della massa che distrugge la democrazia. È la leggerezza e la volontà del popolo di essere e rimanere ignorante, che fa salire al potere uomini astuti, disonesti e corrotti. Se i politici usano a proprio piacimento leggi, se stravolgono la verità, se modellano lo stato a proprio interesse, ma soprattutto, se tali politici rimangono in carica senza che nessuno si svegli, si alzi, intervenga, la colpa è solo del disinteresse di chi viene governato. La democrazia è libertà, libertà è essere cittadini, non sudditi. “Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana.” [Giovanni Falcone]

CORO, LE NUVOLE: “Sempre così facciamo, a chi vediamo che piglia gusto a fare birbonate, finché poi lo 7


Facebook e gli altri social networks: la rivoluzione della comunicazione di Deborah Galasso

Il social network è un collante di contatti e di momenti di vita, un nuovo mezzo di comunicazione che, soprattutto nel corso di quest’ultimo anno, si è impossessato prepotentemente delle nostre vite. Esso è un fenomeno in continua espansione, alimentato dal bisogno umano di comunicare e stabilire nuove amicizie. Facebook, Twitter, My Space, Friendster sono solo alcuni dei social network più gettonati, almeno per il momento; infatti, da quanto risulta da un sondaggio della Nielsen, la popolarità di queste piattaforme sociali è fugace e transitoria, spesso essa si consuma in un anno o poco più. Il più noto social network del momento è sicuramente Facebook ,che conta ben 300 milioni di utenti in tutto il mondo; esso consente di far sapere agli altri in ogni istante cosa pensiamo, di condividere foto, link, video e gruppi. Ma da cosa nasce esattamente questo bisogno di renderci sempre rintracciabili al mondo, di far sì che la nostra vita privata non sia più tale? Forse la vanità, la paura della solitudine o più semplicemente l’esigenza

di unirsi al “branco”, perché ormai chi non ha Facebook è quasi considerato fuori moda. Solo il 22% dei principali “abitanti” dei social network ha affermato di conoscere bene tutti i contatti presenti nelle proprie reti sociali. Questo ci fa dedurre che il fenomeno dei social network stia dando il via ad un passaggio epocale, ovvero alla trasformazione dei modi in cui comunichiamo con gli altri. Non a caso spesso i rapporti sociali cominciano proprio in rete, per concretizzarsi solo successivamente nella vita reale, sfociando talvolta in situazioni assurde come il fidanzamento tramite Facebook con persone mai viste prima. Il social network ci sta privando delle nostre emozioni, come le litigate vere o le dichiarazioni d’amore fatte di persona e non tramite “stati”. Sta diventando forse uno scudo per codardi? Solo se vogliamo parlare di casi estremi. Basterebbe infatti soltanto fare un uso moderato di questi social network, senza perdere di vista quella che è la vita reale. E in questo caso ben vengano Facebook, Twitter, My Space ecc.

I social network, infatti, sono un grande strumento, bisogna solo saperli utilizzare correttamente e con estrema attenzione, senza diventarne dipendenti. Ma quali sono i pericoli di Facebook e degli altri social network? Essi intaccano prevalentemente la nostra privacy: infatti ampia parte degli utenti non sono consapevoli che le informazioni da essi condivise on-line sono a disposizione di qualsiasi malintenzionato voglia farne cattivo uso. Anche in questo caso però tutto sta nelle mani dello stesso utente, che deve decidere coscienziosamente chi far partecipe della propria rete e non fidarsi del primo sconosciuto che capita. È cronaca recente il caso di una ragazza di tredici anni adescata proprio su Facebook e successivamente violentata da colui che lei riteneva un “amico”.

Impressioni di Febbraio di Giorgio Ramaccioni

Quando mi sono iscritto in IV ginnasio, indirizzo PNI, nutrivo delle aspettative ben precise: ero attratto dalla prospettiva di studiare, oltre alle discipline tipiche di un Liceo Classico, quali il latino e il greco, materie proprie di scuole a sfondo scientifico. Penso infatti che queste branche del sapere siano complementari l’una all’altra, come già i Greci, millenni fa, ci insegnavano. 8

Dall’analisi degli antichi idiomi ci deriva una maggiore consapevolezza riguardo alla nostra lingua madre, peraltro sensibilmente influenzata dal greco antico e dal latino. Con lo studio della matematica e della fisica si acquisiscono un pragmatismo ed un’elasticità mentale utili in ogni contesto, scolastico e non. Il primo giorno di scuola ho recepito la netta sensazione di venire sbalzato da una

realtà ancora infantile, come quella della Scuola Media, appena lasciata alle spalle, in una più matura e definitiva, in quanto frutto di una scelta autonoma e motivata. La classe mi è immediatamente apparsa numerosa, affollata ed eccitata, come un ufficio postale in un giorno di scadenze. I gruppi di amici di vecchia data, restii ad un’immediata socializzazione con ragazzi sconosciuti, si 8


appropriavano dei banchi secondo uno schema stabilito da lungo tempo e, in molti casi, causa circostanze estemporanee, quali la presenza di un ospite non gradito, di impossibile realizzazione. Essendo la mia classe articolata, la sua composizione mi è rimasta ignota fino al primo giorno di scuola: per questo motivo mi sono adeguato alle preferenze dei miei compagni, accontentandomi di un banco centrale, direttamente esposto al controllo dei professori, poco propizio a chiacchierate clandestine nel corso della lezione. I nostri mentori, mascherando una lieve emozione, si sono presentati a noi alunni promettendo severità e richiedendoci un impegno costante e proficuo per l’arco del biennio, confidando nella nostra maturità e nella nostra disciplina. A quasi cinque mesi da quel fatidico Quattordici Settembre, gli insegnanti proseguono nel sottolineare, con rinnovato ardore, come uno studio consapevole sia alla base di una buona riuscita scolastica e culturale. Il mio banco è rimasto immutato, mentre i miei compagni, dopo reiterate variazioni di posto, sembrano avere ormai tracciato una mappa, pressoché indelebile, della classe.

Poesie Aquiloni del passato Ricordo di aquiloni … che volavano spensierati in cielo... ricordo di aquiloni... che guardavano felici i nostri occhi... i tuoi occhi... scuri, sinceri... innocenti. E non dimentico... del nostro sogno di giovani rubato... di aquiloni del passato. Eugenia Ricci

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Follia come condizione umana di Silvia Palmi

“La follia è una condizione umana. In noi la follia è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere” Franco Basaglia Non è semplice capire che anche chi è “pazzo” è umano, anche chi per qualche fortuita occasione si sia allontanato da sé e sempre più dagli altri è degno di rispetto e come chiunque merita di avere la possibilità di riprendere in mano la propria vita e viverla. Partendo da questo principio di uguaglianza Franco Basaglia si impegnò per l’approvazione e conseguente applicazione della sua legge, che poi in realtà sarebbe diventata di tutti. La legge 180, Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, del 13 maggio 1978, nota anche come legge Basaglia (dal nome del suo promotore in ambito psichiatrico Franco Basaglia) impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Infatti nel ‘60 il mondo era molto diverso da quello di oggi, gli stessi manicomi apparivano diversi. Erano come una sorta di carcere, dove parenti e istituzioni cercavano di abbandonare quelle persone socialmente scomode, improduttive e per questo fastidiose per il “sistema”, quali ad esempio i diversamente abili, i malati mentali, gli omosessuali, le ragazze poco in sintonia con il mondo e i costumi del tempo. Era una sorta di “parcheggio” per quelle anime definite vuote, non perché lo fossero veramente, ma perché non si era mai riusciti a sentirne il minimo rumore, il più piccolo respiro. Il manicomio assumeva così un ruolo di controllo a livello sociale della “devianza” (=grave patologia), in qualsiasi senso essa possa essere intesa.

I metodi adottati non erano certo dei più umani e state certi che chi non era matto, ma magari solo presunto, lì lo diventava davvero. Così i loro corpi e anime venivano torturate ed è lì e non tanto per la loro stessa pazzia che i malati iniziavano a morire, rimanendo legati a un letto, con elettroshock, con bagni caldi e freddi, con le botte che abbassavano ad un livello insopportabile il loro essere uomini e donne. La loro condizione veniva così peggiorata e non migliorata sulle orme della legge del 1904, che dichiarava che il malato di mente è pericoloso per sé e per gli altri. Ma in tal modo si cercava di sopprimere un male più che cercare di limitarlo e affrontarlo con mosse civili. Lo capì Basaglia, che sostenne fermamente che l’uomo malato è sofferente e ha bisogno di aiuto, datogli in una comunità terapeutica, per poi poter essere reinserito gradualmente nella società. Non è facile capire oggi quanto di buono ci fu in questa legge, che piano piano si diffuse in tutta Italia. Con tale provvedimento si ribadì un principio che ancora oggi resta difficile da recepire, che chi è diverso non è per forza pazzo, e chi lo fosse realmente dovrebbe essere aiutato più che discriminato. È essenziale sottolineare soprattutto l’aspetto umano di questa legge: non è da sottovalutare che per la prima volta, ad esempio, si iniziò a considerare davvero anche quei malati come uomini, come lavoratori che iniziarono ad imparare un mestiere e ad essere pagati per quello che facevano. Tutti iniziarono a sentirsi importanti e non un ‘nulla’ come qualcuno li aveva definiti. Cominciarono ad aprire le porte alla propria creatività, ad esprimere i propri giudizi, a parlare dei loro problemi per quanto banali potessero essere, e soprattutto iniziarono ad essere ascoltati. Ci tenevo a ricordare questa legge a chi già ne era a conoscenza, a spiegarla a chi non ne aveva mai sentito parlare…in un mondo in cui la diversità diventa sempre più un peso. 9


La Bacheca del Lettore

a cura di Roveno Valorosi

ENDWAR

Un romanzo incalzante. Uno scenario apocalittico. L’impiego di armi tecnologicamente sofisticatissime. Colpi di scena e incredibili intrighi politici destinati a cambiare il mondo di Tom Clancy che noi conosciamo, il tutto sapientemente diretto da due maestri del romanzo d’azione del calibro di Tom Clancy ( famoso anche per i videogiochi Ubisoft ispirati ai suoi romanzi, Casa editrice: BUR-Rizzoli Anno di pubblicazione: 2008 come “Splinter Cell” e “Ghost Recon”) e David Michaels. La trama sembra banale: la solita lotta tra Russia e Stati Uniti, con l’Europa in mezzo che fa la parte del cane bastonato, barN. pagine: 309 camenandosi come può tra le grandi potenze… insomma, il solito brodo. E invece no! MaPrezzo di copertina: € 10,00 gistralmente orchestrato, questo romanzo, ambientato in un futuro prossimo (2020), inscena il terzo conflitto mondiale. Il lettore si troverà immerso in pagine che raccontano scontri a fuoco mozzafiato, formidabili armi e incontri politici internazionali segreti, il tutto attraverso una scrittura piacevole e scorrevole, fluida, che rende facile e particolarmente gradita la lettura. Le azioni frenetiche sono intervallate da numerose sequenze più lente, con l’obiettivo di distendere il lettore, senza però risultare pesanti e allungare inutilmente la lettura: ogni pagina sarà fondamentale. Tra palazzi in fiamme, taighe sconfinate, lotte all’ultimo sangue, i soldati protagonisti, capitanati dall’intrepido ed eroico Sergente Nathan Vatz, saranno pedine di uno scacchiere ben più complesso e oscuro di una semplice guerra, che sarà rivelato al lettore nel finale con un colpo di scena brillante e sconcertante. E’ una lettura consigliata a tutti coloro che già amano il genere fantascientifico, ma anche a chi vuole avvicinarsi a questo genere tutt’altro che secondario. Un libro piacevole, che alterna momenti di tensione ad altri più rilassanti. Una storia interessante coordinata perfettamente in ogni sfaccettatura e in ogni vicenda. Inoltre lo “spessore” è accessibile a tutti, anche a coloro che si fanno spaventare dai “mattoni”: infatti, pur con le sue “grasse” trecento pagine, il libro è leggibile anche per i più pigri. Questo romanzo non è certo immune alle critiche: i personaggi sono poco sviluppati, piatti, a volte poco credibili, mancano spesso situazioni d’attrito scaturite da caratteri contrastanti (assai più diffuse in una truppa che tra ipocriti burocrati…); inoltre un altro difetto è la visione “americano-centrica”, che fa sì che il lettore veda la situazione da un punto di vista “filo-americano” e sia costretto a giudicare riprovevoli i comportamenti dei russi antagonisti…ma è risaputo: gli americani sono infallibili. Non c’è comunque da temere, alla fine del libro non urlerete a squarciagola “U.S.A.! U.S.A.!”.

L’eroe è solo un uomo! Odissea di un eroe moderno che rifiuta l’imposizione mentale di una dittatura fascista di Michele Bravi, Marta Ceccarelli, Clementina Chiarini

“Stai per cominciare a leggere un libro. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: “No, non voglio vedere la televisione!”. Alza la voce, se no non ti sentono: Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!” [Italo Calvino]

Leggere crea una realtà parallela, che è il risultato della voglia di evadere da un mondo che non ci soddisfa o ci annoia. Quando si legge si partecipa ad un’altra vita. Niente però è più egoista della lettura: essa infatti imprigiona il lettore al suo interno, alimentando la sua voglia di scoprire. Il suo aspetto più importante è accrescere il personale bagaglio culturale, viaggiando tra i temi più vari, affacciandosi tra le realtà più illimitate e allo stesso tempo intricandosi con le storie più romantiche, tragiche e fantastiche. E solo quando un libro suscita in noi queste sensazioni ha il diritto di chiamarsi tale. “Un Uomo” è uno di quei libri che deve aver necessariamente impresso un’impronta indelebile nella vita di chi ha avuto il piacere di scoprirlo. La narrazione della lotta politica e umana di Alekos Panagulis, il protagonista e personaggio realmente esistito, è un inno ad una libertà platonica non abbastanza goduta, senza limiti e senza alcuna politica restrittiva che possa portare il singolo ad una disintegrazione morale e fisica. Unito ad un’avvincente trama d’amore,forma una perfetta combinazione che descrive l’eroe moderno in continua lotta con l’incoerenza che caratterizza una folla acefala. Considerato da tutti un romanzo ideologico – politico quanto un romanzo reale – è un libro adatto ad un pubblico giovanile, nel pieno rispetto delle loro idee e dei loro principi. Non lasciatevi influenzare “dall’ingombrante presenza” che può tendere in inganno, ma fatevi trasportare dalle emozioni di un uomo che si trova a dover combattere con la solitudine del proprio io e che lotta con l’indifferenza di un popolo egoista. “E credere nell’uomo significa credere nella sua libertà. Se è vero che gli uomini non sanno che farsene della libertà, viviamo in mezzo a tante bestie. La libertà è un dovere prima che un diritto”. [Oriana Fallaci] 10


“Prom Night” Rudimentali istruzioni per l’uso di Kadija Benlahcen

Inconfutabilmente il tradizionale veglione d’istituto è il progetto che più ci coinvolge e ci attira, sebbene, bisogna ammetterlo, le passate edizioni di questa serata non siano proprio rimaste impresse nei nostri ricordi come qualche cosa di memorabile; anzi, hanno contribuito ad intrappolare l’identità del liceale in luoghi comuni, facendo sì che la nostra immagine sia collegata quasi esclusivamente al mondo classico, gli dei dell’Olimpo e qualche slogan in greco antico. L’intento mio e di Lorenzo Pierini è dunque quello di “intervenire” con una sostanziale azione di svecchiamento nell’organizzazione del veglione di quest’anno. L’idea del Prom è nata proprio dalla volontà di dissociarci dalla banalità di certi stereotipi, e benché la proposta della serata a tema fosse già stata sostenuta in campagna elettorale dalla mia lista, solo poco tempo fa, durante uno scambio di opinioni con un mio compagno di classe, Filippo, che voglio ringraziare ancora, è stato elaborato il suddetto progetto, che prossimamente sarà forse anche il protagonista dello “School night”, evento che annualmente è organizzato dagli istituti della vicina San Sepolcro. Dunque per realizzare il nostro veglione, che come già comunicato si terrà sabato 6 marzo presso il locale Formula disco, ci siamo voluti ispirare ai tipici balli che si tengono nelle High Schools d’oltreoceano, quelli che siamo soliti ammirare, o perlomeno che abbiamo imparato a conoscere grazie a film cult come “Footloose”, ma anche ad altri molto più recenti come “Twilight”. Dicendo ciò voglio far bene intendere che, essendo una serata a tema, ci sono delle piccole regole da rispettare, dato che senza di queste si dissolverebbe completamente

lo spirito del Prom. Per prima cosa vi invito ad una discreta eleganza: non pensate cioè di dover obbligatoriamente ricorrere ad abbigliamenti come smoking o abiti da gala (come già si rumoreggia nei corridoi), ma nemmeno all’opposto, ovvero felpe o t-shirt; mi affido al vostro buon senso e proseguo ricordandovi il secondo cardine della serata, ovvero l’entrata a coppie. Quest’ultima sarà semplificata anche dall’attuazione di particolari prevendite, ognuna delle quali è disponibile al costo di 20 euro ed include due ingressi e due bevute, ovviamente da condividere con la dama o il cavaliere che ci accompagnerà alla festa. Ma come il titolo dell’articolo sottolinea, questa è solo una spiegazione sommaria della serata, una modesta presentazione, dato che c’è ancora molto da definire, dalla modalità dell’immancabile elezione del re e della reginetta del ballo, alla grafica per biglietti e locandine, alla possibile (ma più che mai utopistica per motivi economici) distribuzione di

particolari gadget, fino alla scelta d’impiegare anche musica alternativa al solito house, forse poco adatto all’evento. Essendo comunque sicura che un sottile velo di “mistero” non guasterà né l’atmosfera né le aspettative inerenti al Prom, ora mi preme render noto che è stato grazie alla collaborazione e alla disponibilità di alcuni miei compagni, in particolare Giulia Volpi e Andrea Biccheri, se l’organizzazione di questo veglione è stata (almeno fino ad ora!) efficace, seppur impegnativa. Chiudo confidandovi il mio profondo desiderio di vedervi partecipare in numerosissimi all’evento, sperando ovviamente che non vi lasci delusi!

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Direttore: Prof. Andrea Pellegrini. Redazione: Barberini, Borchiellini, Brozzi, Galasso, Gildoni, Giorgi, Marinelli, Mariucci, Palmi, Pazzagli, Ramaccioni A., Ramaccioni G, Robellini, Rondoni, Valorosi. Progettazione grafica: Ficarra S.

Sensazionale scoop del nostro giornale: scoperta una traccia dell’esame di maturità! L’Intellighenzia del nostro Liceo ha individuato una delle tracce della Prima Prova di Italiano. Per i nostri studenti l’Esame è da considerarsi fatto. di Massimo Riserbo

Questo sì che è giornalismo d’assalto. La longa manus di PLINEWS si è introdotta nei reconditi recessi del Ministero dell’Istruzione e ha carpito le tracce dell’Esame di Stato, eludendo la stretta sorveglianza destinata ad atti di così tanta importanza. Crediamo essere opera pia diffondere la nostra scoperta presso i nostri maturandi, perché non è giusto che essi studino e si impegnino con zelo ed abnegazione a danno della salute ed a scapito del divertimento: non è questo che abbiamo insegnato loro in tutti questi anni. Veniamo al dunque. Per quanto concerne la prova di italiano, i documenti in nostro possesso riguardano la Tipologia A, un’analisi di una poesia di un anonimo autore del Novecento, i cui versi richiamano alla mente i profumi e i sapori delle nostre terre, evocano appetiti a stento tenuti a freno, stimolano le papille gustative della conoscenza. Panegirico animale: ODE AL MAIALE (versi liberi)

O Maiale, animale eccezionale! Di te pure la cotenna ha il valore di una strenna. La salsiccia del suino ha qualcosa di divino; e che dire del prosciutto, per il quale farei tutto! Non mi scordo del lombetto, solo, o con l’olio in un vasetto. Con il pan la mortadella s’accompagna con fierezza, come brezza il suo sentore impregna l’aere e la fiatella! Ma di tutti il prediletto é il cicciolo divino: o col dito o col cucchiaio me ne mangio un centinaio! 1. Comprensione del testo 1.1 Qual é il tema centrale della lirica?

2. Analisi del testo 2.1 Il testo si apre con una appassionata invocazione: quali sono gli elementi che inducono il poeta a considerare il suino un dono del cielo? 2.2 Quali aggettivi e quali immagini connotano l’animale? 2.3 Qual é lo stato d’animo dell’io lirico? 2.4 Si analizzi l’impianto sintattico: predomina la paratassi o l’ipotassi? 2.5 Quali sono le peculiarità del lessico? 3. Interpretazione complessiva e approfondimenti La lirica colpisce per il tripudio di sensazioni olfattive e gustative che immediatamente suscita. L’anonimo autore, con perizia sopraffina, affronta la tematica suina con uno stile prezioso ed affettato. L’io lirico si perde nell’acquolina che i versi secernono ed il lettore, con panica partecipazione, vede nel porcello il simbolo del proprio naturale appetito. Il testo lascia una scia intensa e fragrante, che seduce e conquista soprattutto l’uomo senza il colesterolo. Dunque il suino diventa simbolo, metafora di insaziabile bramosia, specchio impietoso dell’uomo moderno. Sulla base di queste indicazioni, il candidato metta in luce le peculiarità tematico-stilistiche di questo testo rispetto al modello rappresentato dal Simbolismo. 4. Documenti allegati: 1hg di prosciutto crudo nostrano di tipo ‘toscano’ (saporito e ben pepato); 1 hg di mortadella di tipo ‘Bologna’; un vasetto di lombetto sott’olio; uno ‘scartoccino’ di ciccioli ben strizzati; n° 5 fette di pane cotto a legna; ¼ di vino rosso della casa. Coperto incluso nella documentazione ministeriale.


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