WHY MARCHE N.17

Page 1



www.turismo.marche.it



w GAUDENZIO TAVONI

Le Marche migliorano la loro credibilità, anche nel rating E’ passata un po’ in sordina nei giorni scorsi la notizia che un’agenzia di rating, la statunitense Fitch, ha assegnato per la prima volta alla Regione Marche il rating di lungo termine BBB+ e quello di breve termine F2 con outlook negativo, equiparando la nostra regione alle piú ricche Lombardia e Veneto. Dati che sono, forse, incomprensibili ai più, ma che lasciano trasparire grande fiducia nel futuro della nostra regione. Sta aumentando, quindi, la nostra credibilità grazie al basso livello del debito e al buon equilibrio del bilancio regionale, tuttavia il PIL rimarrà in contrazione per il 2013, anche se è attesa una crescita seppur lieve per il prossimo anno. L’agenzia classifica la capacità di credito usando una scala valutativa che per la regione Marche evidenzia nel lungo termine “adeguate capacità di rispettare gli obblighi finanziari, tuttavia, condizioni economiche avverse o cambiamenti delle circostanze sono più facilmente associabili ad una minore capacità di adempiere agli obblighi finanziari assunti. Nel breve termine, invece, alla nostra regione vengono riconosciute “buona qualità e accettabili capacità di far fronte agli obblighi assunti”. Insomma, é un bel segnale per la nostra regione e per l’economia marchigiana, con la speranza che la valutazione positiva di Fitch possa trasferirsi ben presto “sul campo” e nelle tasche dei cittadini. Noi, intanto, in questo numero siamo andati a trovare l’Assessore Regionale alle Attività Produttive e alla Pesca, Sara Giannini, che ci ha proposto una regione con tanta voglia di ripartire e numerose iniziative per contrastare la disoccupazione giovanile, incentivare l’impresa e, unico nel suo genere in Italia, un bando regionale per sostenere il ricambio generazionale nelle aziende. Un occhio lo abbiamo dato anche al mondo universitario, ed in particolare all’UNICAM di Camerino, sempre più in sintonia con l’imprenditorialità marchigiana, che ora entra in azienda per essere attore partecipe non solo della formazione degli studenti e dei giovani ricercatori, ma anche dello sviluppo del territorio attraverso il sostegno alle attività produttive. Uno sviluppo dell’economia regionale, però, che non può decollare senza uno sguardo al mondo, così come propone in questo numero Marchet, l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Ancona, che affianca da sempre le aziende per aiutarle ad aprirsi verso mercati esteri. Infine, siamo andati a Urbino, la cui candidatura a Capitale Europea della Cultura dimostra quanto la nostra regione sia importante a livello culturale ed artistico nel panorama mondiale, settori unici e fondamentali per promuovere il “Made in Marche”.

WHY

5

_whymarche.com


w

w

SOMMARIO AGORÀ 8 Intraprendenti

8

ENOGASTRONOMIA 11 Poesia tra i filari 16 Gustare il territorio 17 La regione del tartufo INNOVAZIONE 20 Lo sapevate che… 23 L’isola che c’è 26 Reti e pescatori e non solo in mare 28 Professionisti, liberi! UNIVERSITA’ 30 Costa poco? Rende tanto! FORMAZIONE 33 Il futuro nella collaborazione TURISMO 34 Alla scoperta di… 36 Stessi colori, stessa anima 38 Viste da occhi stranieri INTERNAZIONALIZZAZIONE 41 Due nuove frontiere

ESTERO 46 USA formato Marche 48 Città sotterranee

26 78 w

6

54


42

Marchigiani d’adozione

N° 16 - LGLIO AGOSTO 2013

www.whymarche.com Direttore Responsabile: Gaudenzio Tavoni REDAZIONE Caporedattrice: Eleonora Baldi e.baldi@whymarche.com Responsabile di redazione Paola Solvi p.solvi@whymarche.com

SALUTE E BENESSERE 50 Via gli occhiali! 52 Buone…e brave

24

Responsabile Marketing Raffaella Scortichini r.scortichini@whymarche.com Direttore Artistico Silvio Pandurini s.pandurini@whymarche.com

ARTE E CULTURA 54 Ambasciatrice 57 Nonna noir 60 In esposizione

Editor Andrea Cozzoni Valentina Viola Michela Maria Marconi Alessandro Morbidelli Fabio Curzi Fabrizio Donato Marco Catalani Silvia Brunori

CONSUMATORI 62 Difendiamoci

Hanno collaborato Cinzia Pelagagge Maila Venturi Daria Perego Garofoli Loredana Baldi Marco Bramucci

VELICA 64 Team in barca a vela

Concept: Theta Edizioni

ISTITUZIONI 66 Risorse sportive

SPORT 68 Potere rosa

16

W

W

W

.

T

H

E

T

A

edizioni E

D

I

Z

I

O

N

I

.

I

T

Casa Editrice: Theta Edizioni Srl Registrazione Tribunale di Ancona n° 15/10 del 20 Agosto 2010 Sede Legale: Via Villa Poticcio 22 60022 Castelfidardo - Ancona www.thetaedizioni.it - info@thetaedizioni.it Tel. 0731082244

MOTORI ù70 Jesino vincente

Stampa: Tecnostampa: Via Le Brecce - 60025 Loreto (AN)

FOLKLORE 72 Tesoro in chiesa

Abbonamenti: abbonamenti@whymarche.com Chiuso in redazione il 16 Ottobre 2013

MODA 74 Ognuno il suo COPYRIGHT THETA EDIZIONI TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI. NESSUNA PARTE DI QUESTO MENSILE PUO’ ESSERE RIPRODOTTA CON MEZZI GRAFICI, MECCANICI, ELETTRONICI O DIGITALI. OGNI VIOLAZIONE SARA’ PERSEGUITA A NORMA DI LEGGE.

LUDICA 76 Perchè no?! PERCHE’ 78 Anima controversa

per qualsiasi informazione

info@whymarche.com

w WHY MARCHE

7

_whymarche.com


w SARA GIANNINI

Una terra, tante risorse! Le Marche ci sono! Prendendo a prestito la frase e l’enfasi di un famoso telecronista sportivo, potremmo usare questa esclamazione per raccontare in pochissime parole la chiacchierata con Sara Giannini, Assessore alle Attività Produttive e alla Pesca della Regione Marche. Perché siamo andati a trovarla? Perché avevamo bisogno di una fotografia in questo momento delicato, della nostra regione: capire dove siamo per provare a delineare dove possiamo andare. La crisi certo ha smosso il terreno sul quale eravamo abituati a camminare. Ma i marchigiani non si fermano, mai.

L’ASSESSORE ALLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE E ALLA PESCA SARA GIANNINI

w

8

<<< d i

ELEONORA BALDI

<<<


ei conosce molto bene il nostro territorio, le sue difficoltà ma anche le sue risorse. Un’istantanea della nostra capacità produttiva ad oggi? “Le Marche hanno una tradizione produttiva straordinaria: un’impresa ogni 8 abitanti. La maggior parte piccole o piccolissime, ma ne abbiamo anche di dimensioni mondiali e soprattutto marchi straordinari. Riassumiamo un po’ tutta la produzione di qualità del nostro paese. Siamo robusti sull’aspetto delle manifatture di qualità, nei settori tradizionali del Made in Italy, ma garantiamo performance importanti anche su meccanica, meccatronica e domotica: siamo coordinatori nazionali del cluster della domotica e facciamo parte del cluster della fabbrica intelligente dove abbiamo vinto ben 4 progetti. La nostra struttura imprenditoriale è degna di nota, tanto che la Comunità Europea ci ha riconosciuto il premio per la regione più imprenditoriale d’Italia e siamo tra le le 5 “big” d’Europa in questo ambito. Un premio tanto più importante in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo e che le Marche soffrono al pari delle altre regioni, anzi forse un po’ di più dato l’alto tasso di occupati nelle industrie manifatturiere. Ma, come dimostra quanto ho appena detto, riusciamo a tenere botta davvero molto bene”. Dunque, ai nostri giovani possiamo dire di non preoccuparsi, o per lo meno non più del normale? “La disoccupazione giovanile è di certo un problema, ma nel nostro territorio abbiamo un tasso inferiore rispetto a quello nazionale. Ciò non toglie che la cosa ci preoccupi perché i ragazzi faticano a trovare lavoro, soprattutto occupazioni qualificate. Per questo abbiamo messo in essere una serie di iniziative, che puntano a migliorare la situazione. Da poco è stato deliberato in Giunta un bando con Prestito d’Onore che vale circa 200mila euro e si rivolge agli over trentacinque con lo scopo di incentivarne l’imprenditorialità. Nei bandi riguardanti l’innovazione ed il 100% Made in Italy poi, abbiamo valutato che ci sarà un utilizzo di 30 ricercatori e 20 diplomati con circa 60 contratti per assunzioni qualificate a tempo indeterminato. C’è anche un’importante anticipazione che voglio farvi: la prima esperienza in Italia di un nuovo metodo per sostenere il ricambio generazionale. Entro la fine dell’anno faremo uscire un bando, di circa 500mila euro, per sostenere in maniera sistematica le aziende che decidono di cambiare il proprio vertice. Molto spesso questo avviene per trasmissione familiare; non sempre però questa è la strada giusta e a volte non è neanche possibile: gli eredi diretti potrebbero non voler continuare l’attività di famiglia, oppure potrebbero proprio non esserci. Cosa fare dunque, chiudere i battenti? E’ a queste situazioni che si rivolgerà il nuovo bando che metterà a disposizione un capitale da usare per verificare il modo migliore di trasmettere l’azienda e per realizzare l’identikit del giusto Amministratore Delegato o Presidente. E’ un progetto sperimentale, ma crediamo che possa davvero essere molto utile”. L’enogastronomia è un altro nostro biglietto da visita. E sicuramente il pesce dell’Adriatico è uno dei nostri prodotti di punta… “Il settore della pesca è fondamentale per la nostra economia, così come il pescato rappresenta un’eccellenza che sempre di più vogliamo promuovere. Per farlo, lavoriamo in ottica di integrazione con il mondo dell’agricoltura e dell’agroalimentare, un settore in grado di segnare un più nel nostro bilancio. Il vino marchigiano è un’eccellenza assoluta e dunque proporre l’abbinamento con il pesce dell’Adriatico ci è sembrata la strada giusta per promuovere insieme due prodotti di qualità sopraffina e per dare ancor più manforte a due settori di assoluto pregio che valorizzano non solo il prodotto, ma il territorio tutto e la nostra cultura e che danno un ulteriore motivo al turista per venire nelle Marche: abbiamo si le grandi marche ed i loro outlet, ma anche mare, montagna, storia, arte, enogastronomia di qualità, prodotti del mare”. Parliamo un po’ allora della pesca: solo una tradizione o una futura

L

COLLE SAN BARTOLO - PESARO

opportunità? “Il settore della pesca soffre di una crisi profonda e ha bisogno di riforme strutturali. Il mare sta soffrendo l’eccessivo sforzo di pesca, quindi c’è bisogno di investire in modo qualitativamente più selezionato di modo che il pescato possa essere di meno e favorire, da un lato, il ripopolamento ma dall’altro aumentare gli utili. Sono fermamente convinta che se il mondo della pesca viene organizzato ed aiutato ad evolvere può essere anche molto interessante per i giovani che adesso non vanno più in mare. I marchigiani sono gli imprenditori, i proprietari delle barche, ma la marineria che viene imbarcata è tunisina e marocchina. Ecco, anche su questo si sta cercando di lavorare, promuovendo il nostro pescato per venderlo a km zero, proprio come i prodotti agricoli. Su questo versante voglio sottolineare due iniziative degne di plauso. Nella zona del sanbenedettese si è costituita una cooperativa di giovani pescatori che non solo pescano, ma lavorano il pesce fresco e lo distribuiscono addirittura nelle case attraverso prenotazione on line. Nel maceratese un insieme di pescatori si stanno organizzando per seguire tutta la catena: dal pescato, alla trasformazione, alla vendita. Sono iniziative importanti perché, non dimentichiamolo, la pesca per le Marche è una risorsa. Basti pensare che siamo la quarta flotta italiana per pesca tradizionale e la prima per la pesca delle vongole. Sulle 650 vongolare italiane, 220 sono marchigiane”. Dunque impresa, pesca, agroalimentare…e l’artigianato? “Una delle nostre grandi eccellenze, che dobbiamo assolutamente sostenere e promuovere. Abbiamo dei bandi relativi ad innovazione, Made in Italy, ricerca e sviluppo, ai quali possono accedere sia gli artigiani che le industrie. Due anni fa per la prima volta abbiamo inserito una % di riserva per i finanziamenti sulla ricerca e le aziende artigiane hanno partecipato intensamente. Un segnale molto importante anche perché per partecipare a quel bando si dovevano strutturare rapporti con le Università, cosa non tradizionale nel mondo artigiano, ma fondamentale perché anche nella manifattura di qualità l’innovazione è straordinariamente importante. Nell’ultimo bando, quello sul 100% Made in Italy, abbiamo inserito una norma di esclusività per cui possono partecipare solo reti di imprese che producono quell’innovazione di prodotto o processo solo nella rete marchigiana. Questo per incentivare la produzione locale e per evitare che le filiere disperdano saperi importanti che poi non si recuperano più. Al bando hanno partecipato 32 gruppi di imprese, per un totale di 90 aziende: quasi tutti i progetti sono stati finanziati; ne sono rimasti fuori 4 e stiamo reperendo risorse anche per quelli”. WHY MARCHE

9

_whymarche.com


Enti patrocinatori: Regione Marche Provincia di Pesaro e Urbino Camera di Commercio di Pesaro e Urbino ComunitĂ Montana del Catria e Nerone

48 FIERA NAZIONALE DEL TARTUFO BIANCO a

Comune di Acqualagna

SALOTTO DA GUSTARE

27 OTT 1.2.3.9.10 NOV 2013 MAIN SPONSOR

MEDIA PARTNERS

settima edizione

DIRETTA RADIO 02.03 NOV.

TECHNICAL PARTNERS


_ENOGASTRONOMIA_

E’ tempo di vendemmia.

I filari si colorano di grappoli bianchi e violacei che baciati dal sole riflettono sfumature intrise di poesia. Una storia che anno dopo anno si rinnova, un rito di nascita che appartiene alla nostra terra Non sempre le parole servono. A volte, bastano immagini, istantanee. Possono bastare colori, particolari, momenti a raccontare meglio di qualunque discorso l’emozione di un momento. L’obiettivo della macchina fotografica diventa il protagonista in queste quattro pagine dedicate alla vendemmia, portavoce delle nostre campagne, dei grappoli d’uva e delle mani che sapientemente la accarezzano e la tolgono ai filari per “darla” ad una nuova vita. Ma qualche voce abbiamo voluto ascoltarla. Quelle del “vecchio” e del “nuovo”, quelle di chi in vigna ci è cresciuto ed ancora ci lavora, di chi le conosce da sempre e sa come trattarle e quelle di chi è nato nel mondo del vino ed ha voluto rimanerci, inebriato nello sguardo e nel cuore.

WHY MARCHE

11

_whymarche.com


_ENOGASTRONOMIA_

Fabio Bucchini: “Una vera e propria riflessione su che cosa rappresenti per me il mondo del vino, probabilmente non l’ho mai fatta. Forse perché, essendo nato in questa realtà, certe cose le ho dentro di me da sempre, e il bisogno di “spiegarmele” non l’ho mai avvertito. Se nasci in una famiglia che coltiva la terra da generazioni e cresci sentendo dentro di te un legame fortissimo con la tradizione, ad un certo punto realizzi che queste passioni ti accompagneranno per tutta la vita. L’amore per la viticoltura e per il vino, frutto della perfetta sintonia tra l’uomo e la terra, è il cardine della mia esistenza: ricordo ancora quando da bambino mi fermavo incantato a contemplare le vigne nel loro manto autunnale, oppure quando, appena adolescente, mi sentivo fiero di dare il mio contributo durante la vendemmia. La scelta che io e mio fratello abbiamo fatto di proseguire l’attività di nostro padre, è una scelta che viene innanzitutto dal cuore: noi, a differenza di tanti altri, ci abbiamo creduto, dedicando alla nostra passione impegno e dedizione. Riuscire a fare delle proprie aspirazioni un lavoro penso che sia la massima realizzazione di un uomo”.

CANTINA CIGNANO Bianchello del Metauro

w

12

<<< di

ELEONORA BALDI <<<


Vittorio: “La soddisfazione di arrivare al momento della vendemmia, dopo aver seguito la vite lungo tutto l’arco dell’anno, è tanta; insieme alla paura perché se poi l’uva si rovina, la colpa non è dell’azienda ma tua che l’hai seguita. E’ un lavoro che dura un anno: a dicembre si inizia la potatura, poi a maggio si iniziano i trattamenti, fino poi ad arrivare alla vendemmia. La vigna non la puoi lasciare mai sola. Ci vuole esperienza e cura. Quando poti, devi saper scegliere quale tralcio lasciare, quello che l’anno dopo ti darà ancora uva”. Marco Moroder: “Il vino è il simbolo della cultura italiana e questo lo è per tutti. Per me però è qualcosa di più: è l’ambiente in cui sono cresciuto prima ancora di averne memoria. Più che un lavoro è casa. E’ la tradizione di famiglia da oltre 200 anni, è nel mio DNA. Da piccolino andavo già per le vigne con papà ed ancora mi ricordo quando assaggiavo il mosto non ancora fermentato con quel sapore così dolce rispetto a quello del vino vero e proprio che non mi piaceva tanto…e quel pensare “perché non rimane questo il suo sapore?”. E allora mi chiedevo se mi sarebbe mai piaciuto il vino e come l’avrebbero presa i miei… Questo per dire che il vino fa parte della mia stessa educazione, della mia storia e mi ha accompagnato nel corso della mia vita. Quando ho iniziato ad andare al Vinitaly, da bambino, mi piaceva perché era la scusa per andare a Gardaland; poi è diventato il motivo, amato, per saltare la scuola; poi il divertimento di accompagnare mio padre fino a quando, a 16 anni, lui mi ha lasciato da solo in uno dei nostri due stand e ho iniziato a sentire che ero passato allo step successivo: adesso è passione. Ed ora è il mio lavoro e non potrei ne vorrei davvero fare altro!”

AZIENDA AGRICOLA MORODER Rosso Conero

WHY MARCHE

13

_whymarche.com


_ENOGASTRONOMIA_

ANTICA CASA VINICOLA GAROFOLI Verdicchio dei Castelli di Jesi

Natale : “Io ci sono cresciuto in mezzo alle vigne. Da quando avevo 14 anni, fino ad oggi che ne ho 70. E adesso comincia a diventare faticoso, passare tante ore a lavorare. Anche se, devo dire la verità, non è il lavoro in vigna che mi pesa perché mi piace, fa un po’ parte di me, oramai conosco queste vigne centimetro per centimetro. E’ difficile trasmettere ai giovani questa passione, la cura e l’attenzione che noi “vecchi” abbiamo”. Gianluca Garofoli: “Quella del vino è un mondo particolare, che ti sviluppa un senso di appartenenza. Ti senti radicato in un territorio in tutto e per tutto. Tu non hai un’azienda: hai un territorio, produci un territorio. Che porti poi in Italia e nel mondo. Non puoi che sentirti profondamente legato ad esso. Anche se è un momento difficile, non puoi prendere e spostare i tuoi stabilimenti in Romania. Un’azienda vinicola è il territorio in cui nasce. E’ un legame che solo il vino può darti. Non è un caso se io sono la quinta generazione dei Garofoli: non succede lo stesso con altri tipi di imprese. Io ho vissuto il mondo del vino, profondamente e da sempre. Ero l’unico maschio in famiglia; mio nonno veniva, mi prendeva e mi portava tra i vigneti ed in cantina. Tra i 15 e i 17 anni ho iniziato a girare con mio zio per fare le campionature, per assaggiare. Una volta ho fatto anche la vendemmia: una gran fatica! C’è tanta poesia, vivi dalla mattina alla sera in un gruppo, lavori insieme, fai insieme…impari ad amare la campagna, non solo per un motivo lavorativo ma per tutta la sua bellezza”.

w

14



_ENOGASTRONOMIA_

Tartufo: Handle with care (maneggiare con cura) G

w

16

<<< di

ente ben informata racconta ancora di quella volta che un elitario ristorante extra lusso di una grande città d’Oltralpe si aggiudicò un enorme tartufo bianco dal costo stratosferico e lo mise in vetrina per vantarsi dell’eccezionale e proibitivo acquisto. Poco tempo dopo l’esclusivo fungo, tanto agognato, marcì, trasformandosi in un ammasso maleolente, lasciando tutti con un palmo di naso e nella più cupa disperazione per il tesoro perduto. Forse il proprietario del ristorante aveva perso di vista quelle che sono note caratteristiche del tartufo, delicatezza e deperibilità, che fanno sicuramente parte del suo fascino. Anticamente considerato un “essere” misterioso, un animale, un incontro di acqua, terra e fulmini o il companatico velenoso di diavoli e streghe, il tartufo ha mantenuto inalterato nei secoli il suo charme e, in tutte le sue varietà, è da sempre considerato un cibo elitario e squisito. Questo, a partire dagli anni ’50, l’ha reso un eccezionale mezzo di promozione della cultura gastronomica MICHELA MARIA MARCONI

<<<

italiana nel mondo e un rilancio dell’economia di alcune zone nel Nord Italia, grazie al turismo eno-gastronomico. Nelle Marche la provincia di Pesaro-Urbino è la capofila della promozione del tartufo regionale con diverse fiere mercato, anche di livello nazionale, ad esso dedicate. È di pochi giorni fa l’ultimo divertente articolo di Helene Cooper del New York Times in cui si decanta il “democratico” tartufo di Acqualagna: due pagine dedicate alla piacevolezza del soggiorno della giornalista nella zona di Urbino e soprattutto al racconto entusiastico di una fruttuosa raccolta di tartufi conclusasi, immancabilmente, davanti a una tavola imbandita di ogni ben di Dio. Sant’Angelo in Vado, Acqualagna, Sant’Agata Feltria e Pergola sono centri rinomati per la raccolta del raro tartufo bianco pregiato, quello da gustare a crudo fatto a fette sottilissime sui cibi caldi. Ma ci sono altre zone della nostra regione in cui questa variante nobile del tubero è ampiamente diffusa e che, però,


Conoscevo la Borsa del tartufo, ma ignoravo l’esistenza dell’idnologia, la scienza che studia i tartufi. Gioielli, tesori, diamanti, re della tavola… gli aggettivi riferiti a questi funghi ipogei sottolineano da sempre l’eccezionalità di queste “cose che nascono ma non si possono seminare” [cit. Plinio il Vecchio].

RISOTTO AL TARTUFO BIANCO MARCHIGIANO (Da www.truffle.com) INGREDENTI: dosi per 6 persone: 480 gr. di riso, 200 gr. di burro, un cucchiaio di cipolla tritata molto fine, 200 gr di grana padano, 1 l. di brodo di carne, 1/2 bicchiere di vino bianco, 150 gr. di tartufi bianchi, olio extravergine di oliva COME SI PREPARA: Fate soffriggere in una pentola capiente, metà del burro con la cipolla. Bagnate con il vino bianco, lasciate evaporare, ed attendete che la cipolla arrivi quasi a disfarsi. Unite il riso, mescolate e versate il brodo (un mestolo per volta) mescolando sempre e portate quasi a cottura. Togliete la pentola dal fuoco, condite il riso con il burro rimasto, il grana padano, ed una metà dei tartufi bianchi affettati fini. Riportate ad ebollizione il riso, quindi ritiratelo definitivamente e versatelo in una zuppiera calda. Guarnire con i restanti tartufi bianchi affettati e servire.

rimangono angoli ancora piuttosto sconosciuti al grande flusso turistico: le terre del Parco nazionale dei Monti Sibillini, forse per il carattere schivo e riservato dei loro abitanti, sembrano voler tenere segreto questo tesoro sotterraneo, che pure sarebbe certamente una grande opportunità per il loro sviluppo turistico. Le fiere che si svolgono nella zona in autunno (per esempio a Muccia, Visso, Montefortino, Amandola) hanno tutte carattere locale e forse questo le rende più gradevoli e suggestive. Pochi lo sanno, ma la zona di Amandola in particolare è ricca del ricercato tartufo bianco pregiato. Attenzione però a non improvvisarvi raccoglitori perché molti fondi sono privati e quello dei tartufai è un mestiere antico che richiede perizia ed è regolato dalle leggi dello stato. I saggi dicono che lo stomaco e il cuore sono vicini e forse è proprio per questo che la nostra cucina, i prodotti tipici e il nostro sapersi godere la vita (anche in tempo di crisi) sono un ottimo biglietto da visita da proporre, insieme con le bellezze storico-artistiche, a chi visita le nostre terre.

Links: The New York Times: www.nytimes.com/2013/09/11/dining/searching-for-truffles-atreasure-that-comes-in-black.html?pagewanted=all&_r=0 www.artuvisite.com/il-tartufo-nelle-marche/ www.mostratartufo.it www.acqualagna.com raccontidimarche.blogspot.it/2012/10/i-diamanti-dei-sibillini.html

WHY MARCHE

17

_whymarche.com


_ENOGASTRONOMIA_

Acqualagna. Ma anche Pergola, Sant’Angelo in Vado e tante altre piccole fiere dicono che il tartufo parla con l’accento pesarese

artufo che vacanza” un nome davvero particolare, per un progetto altrettanto innovativo… ci racconta come nasce questa idea? “Abbiamo un territorio straordinario sia come regione Marche che come provincia, dove dal punto di vista turistico si possono offrire 1000 opportunità: bandiere blu ed arancioni, rocche, castelli, i paesaggi dipinti da Piero della Francesca e Raffaello. E poi le nostre città: Urbino, città dell’Unesco e candidata ad essere Città Europea della Cultura per il 2019, Pesaro luogo di nascita di Rossini e dell’omonimo Opera Festival, la Fano Romana, con i suoi monumenti. E poi teatri, parchi, centri storici meravigliosi. E a queste bellezze, va ad aggiungersi l’enogastronomia di qualità. Uno dei principali motivi di scelta della nostra provincia come meta di vacanza sono senza dubbio le tre fiere nazionali del tartufo Acqualagna, Sant’Angelo in Vado e Pergola, oltre alle minori come Apecchio e Fossombrone. E allora qual è il nostro progetto? Fare in modo che il tartufo diventi attrattore turistico”. Come? “Facendo in modo che il turista venga da noi per degustare il tartufo, ma anche ad apprezzare le nostre bellezze. Vendere insieme tartufo e territorio è il nostro scopo. Non a caso anche la Regione Marche ha condiviso e finanziato il nostro progetto che va proprio nella linea segnata dalle politiche di investimento regionali che condividiamo a pieno. Abbiamo coinvolto i tour operator che hanno preparato pacchetti da promuovere sul mercato e sul web; abbiamo dato vita a pagine nei social network, abbiamo incaricato un ufficio stampa nazionale non solo di

“T

w

18

far conoscere territorio e tartufo su scala italiana ma anche di attrarre l’attenzione di Rai e Mediaset per dare visibilità non solo ai 3 luoghi delle fiere ma per stimolare la voglia di venire a trascorrere una vacanza qui. Dopo aver mangiato il tartufo, il turista potrà visitare Urbino, la riserva del Furlo, gli scavi romani di Sant’Angelo, i Bronzi di Pergola, la Rocca di Mondavio”. Tartufo dunque come grande ricchezza per il territorio, non solo come prodotto d’eccellenza… “Il tartufo rappresenta un’occasione di integrazione di reddito per il nostro entroterra: attorno ad esso si muove un volume di affari che si aggira attorno ai 60milioni di euro. E’un fatturato di tutto rispetto che ha visto la nascita di un distretto che non lavora soltanto nel periodo delle fiere, ma coinvolge un numero importante di raccoglitori e di aziende che commercializzano il tartufo verso ogni parte del mondo. E’nata anche la filiera della trasformazione che lavora e prepara tutta una serie di prodotti destinati alla cucina: tagliatelle,

olio, burro, creme, salse”. Enogastronomia e turismo dunque ancora una volta insieme. Possiamo dire che sono le due leve più importanti per promuovere un territorio? “Quando sono diventato Assessore, ho chiesto di avere anche la delega all’enogastronomia perché sono sempre stato convinto che sia un’attrazione dal punto di vista turistico. Non a caso la nostra Provincia è l’unica nelle Marche ad aver realizzato una Strada del Gusto. Abbiamo tre delle 4 DOP delle Marche: l’olio Cartoceto, la Casciotta di Urbino e il prosciutto di Carpegna. C’è sempre stato un alto livello di consapevolezza che la qualità dei nostri prodotti rappresentassero un’attrazione. Anche perché possiamo promuovere e vendere i prodotti della cucina insieme alla rocca, al castello, al teatro, al museo. Tutte proposte di livello eccezionale, piccoli gioielli. Il nostro turismo ha puntato sulla qualità e non sulla quantità ed è per questo che riesce a reggere anche in un periodo di grave difficoltà”.

Il tartufo è un vero e proprio gioiello della terra e le Marche hanno la fortuna di poterlo annoverare tra i suoi prodotti migliori. Quello bianco pregiato di Acqualagna è l’unico in base alla legge 752/1985, oltre a quello di Alba, a potersi fregiare di tale titolo. Ma, l’unicità delle nostre Marche è quella di poter unire sempre ad un’eccellenza, tante altre. Come fare allora per promuoverle tutte insieme? A spiegarci l’idea avuta dalla Provincia di Pesaro e Urbino, è l’Assessore al Turismo Renato Claudio Minardi.


REGIONE MARCHE

PROVINCIA DI PESARO E URBINO

TARTUFO CHE VACANZA!

e h c r a m e n o i z #destina N. VERDE 800.563.800 www.turismo.marche.it www.turismo.pesarourbino.it

SEGUI LA PASSIONE, CERCA IL GUSTO, SCOPRI IL TARTUFO DI ACQUALAGNA E DELLE MARCHE!

ACQUALAGNA 27 OTT. 01.02.03.09.10 NOV. 2013 48^ Fiera Nazionale del Tartufo Bianco pregiato di Acqualagna

PIOBBICO 13 OTT. 2013 29^ Mostra Mercato del Fungo

SANT’ANGELO IN VADO 12.13.19.20.26.27 OTT. 02.03 NOV. 2013 - 50^ Mostra Nazionale del Tartufo Bianco pregiato delle Marche

CARTOCETO 03.10 NOV. 2013 37^ Mostra Mercato dell’oliva e dell’olio extravergine

PERGOLA 06.13.20 OTT. 2013 18^ Fiera Nazionale del Tartufo Bianco pregiato di Pergola e dei prodotti tipici

URBINO 05.06 OTT. 2013 Urbino Terra di Biodiversità - Biosalus Festival Nazionale del Biologico e del Benessere Olistico

APECCHIO 04.05.06 OTT. 2013 31^ Mostra Mercato del Tartufo e dei prodotti del bosco “Pillole di alogastronomia”

FANO 24 NOV. 01 DIC. 2013 26^ Mostra e Fiera, sapori e aromi d’autunno Il salotto del gusto

PIANDIMELETO, LOC. SAN SISTO 28.29 SETT. 05.06 OTT. 2013 Festa del Fungo 46^ Mostra Micologica Regionale

Provincia di Pesaro e Urbino


_INNOVAZIONE_

C’ Marche in salsa giamaicana? Non proprio. La Canapa Indiana torna nelle nostre campagne per produrre olio, birra, dolci, pane, cosmetici, abbigliamento. Non per essere fumata

w

20

<<< di

MARCO CATALANI

<<<

è una pianta che per secoli è stata coltivata nelle campagne marchigiane (e non solo) e che a partire dal secondo dopoguerra ha conosciuto una repressione senza eguali. Si tratta della Canapa Indiana, un tempo presente in ogni fondo agricolo per i suoi molteplici utilizzi, soprattutto nel settore del tessile. Oggi la si sta riscoprendo tanto che nelle Marche è nato un consorzio di produttori che si è posto l’obiettivo di realizzare una filiera corta tra aziende locali. Dalle foglie, dai fusti, dai semi si può produrre di tutto: farina, birra, ma anche corde e tessuti. Attualmente sono una ventina gli ettari coltivati a Cannabis Sativa nella nostra regione. Ma attenti. Non fatevi strane idee. Non si tratta di droga da fumare. La versione Sativa contiene molto meno principio attivo (il tetracannabinolo o thc) rispetto alla variante Indica. Il che la rende coltivabile e vendibile nonostante una legislazione antidroga, quella italiana, non particolarmente chiara. Proprio a causa di quest’ultimo aspetto molti agricoltori guardano la coltura della canpa con sospetto, temendo controlli e sequestri preventivi da parte delle forze dell’ordine. L’esito giudiziario (se il prin-

cipio attivo rimane sotto la soglia di legge) è favorevole ma sequestri e procedimenti penali comportano rallentamenti dell’attività lavorativa. Meglio non avere noie, insomma. “Quando ho accennato al Questore e al Prefetto che avevo intenzione di coltivare canapa sui miei terreni – racconta Antonio Trionfi Honorati, dell’omonima azienda agricola di Jesi – pensavano che scherzassi. Poi si sono preoccupati. Quando però li ho portati in azienda e ho spiegato loro di che cosa si trattava non hanno avuto da obiettare”. Non mancano certamente le situazioni limite. Come quando i carabinieri di Jesi hanno fermato alcuni ragazzini che viaggiavano in motorino trasportando una cesta riempita con l’inconfondibile foglia a punte. “L’abbiamo presa da Trionfi Honorati” hanno detto alla richiesta di spiegazioni da parte dei militari dell’Arma. Alla fine, una volta chiarita la situazione, se la sono cavata con una robusta tirata d’orecchie ma questo rende l’idea su cosa si va incontro scegliendo canapa e non girasoli. La zona di Jesi è quella che più di tutti nelle Marche si sta attrezzando. Un ritorno alle origini per la città di Federico II. Già perché la


canapa era diffusissima prima degi anni ‘50. Il distretto jesino era celebre per la produzione di corde marinare e il porto di Ancona era uno dei principali acquirenti di cime prodotte con la fibra di canapa. Un operaio, per consentirsi una paga quotidiana dignitosa, arrivava a produrre almeno 15 chili di corda al giorno. Nelle campagne, ogni famiglia aveva una porzione di terreno, di solito i confini, coltivato a canapa che veniva utilizzata anche per allestire, anno dopo anno, il corredo nuziale delle figlie femmine. Una pianta facile da far crescere: necessita di poca acqua, non ha bisogno di fertilizzante, è coltivata anche a 1500 metri sul livello del mare. E dalle mille risorse. A Jesi, dove è stato proposto al Comune di allestire anche un museo dedicato, vengono prodotte stoffe, tovaglie, filati, farine, pane, grissini, prodotti dolciari. Con la Cannabis si aromatizzano anche formaggi e viene prodotta ottima birra agricola a fermentazione naturale utilizzandola prevalentemente insieme al luppolo (che deve esserci per legge). “Sono partito dalla passione per la birra – spiega Mattia Guarnera di Canapa e Derivati – e da questa nuova coltura per sperimentare. Oggi sono l’unico in Europa che coltiva e produce e presto avvierò un microbirrificio a Jesi”. A Senigallia la usano per produrre sapone, a Castelplanio per creme e cosmetici, a Montecassiano, attraverso la molatura dei semi, olio. “Da circa 6 abbiamo iniziato a sperimentare la canapa – spiega Marco Cartechini della Cartechini Food di Montecassiano – affiancando la produzione storica di extravergine dell’Oleificio Cartechini. Solo negli ultimi due anni abbiamo sviluppato volumi importanti. C’è un’ottima risposta da parte del pubblico (che riscontriamo dal nostro punto vendita e dalle vendite online) perché si sono

visti i benifici dell’olio di canapa a livello di omega 3, omega 6 e omega 9 di questo prodotto molto particolare”. Non è certamente facile vincere la diffidenza e, spesso, l’ignoranza che regna attorno a questo mondo. La canapa è stata un’importante realtà in tutto l’Occidente fino a metà ‘900. Fonte di ricchezza e sostentamento per milioni di persone. Poi arrivò il proibizionismo. Partì dagli Stati Uniti e qualcuno teorizza che dietro questa politica ci furono le pressioni delle compagnie petrolifere, preoccupate di eliminare uno scomodo concorrente. Quanti teorizzano il complotto non perdono occasione per citare l’esempio di Henry Ford che arrivò a brevettare un’auto con carrozzeria in fibra di canapa e biodiesel estratto dall’etanolo della pianta come carburante. Ad ogni modo, in nome della lotta alla tossicodipendenza, la canapa finì nel dimenticatoio. Oggi assistiamo a un invertimento di rotta. Sempre a Jesi, nel mese di settembre, si è tenuto un convegno sulla coltivazione della canapa come possibile soluzione alla crisi economica. Vi hanno partecipato realtà anche dalla Toscana (dove ci sono aziende che realizzano biomattoni con il residuo legnoso della pianta) e dalla Basilicata (dove addirittura si sta sperimentando con ottimi risultati l’utilizzo per bonificare terreni inquinati). La strada non è delle più semplici. Tra gli alti costi per fare impresa in Italia e le incomprensioni con le forze dell’ordine, i più sono scoraggiati in partenza. C’è però tanta curiosità sulle potenzialità di questa coltura e il riscontro sulla qualità riesce a far breccia su un numero sempre più consistente di produttori.

WHY MARCHE

21

_whymarche.com


www.trionfihonorati.it

iB rra Agricola

www.oleificiocartechini.com

GUARNERA

V.dei Gobbi, 14 – 60035 Jesi AN


Un’isola tutta per noi

_INNOVAZIONE_

Lavoro e benessere: un’accoppiata impossibile? In realtà, sembra di no… ALICE CATENA Marketing & Communication Manager di CBI EUROPE

WHY MARCHE

23

_whymarche.com


_INNOVAZIONE_

“Oggi più che mai sentiamo la necessità di valorizzare le persone che ‘abitano’ l’ufficio in una visione che migliori la produttività e soprattutto le relazioni interne ed esterne. Il tempo di lavoro deve essere trascorso in un ambiente congeniale a favorire il confronto affinché ciascun collaboratore possa portare un proprio contributo al di là della gerarchia e possa trarre soddisfazione per sé e per l’organizzazione”. Con queste considerazioni, Alberto De Zan, presidente Assufficio Italia, ha presentato il progetto realizzato dall’architetto francese Jean Nouvel, realizzato all’interno dello scorso Salone Ufficio 2013 a Milano. Sempre maggiore dunque l’attenzione a livello nazionale nel creare un piacere di vivere l’ambiente lavorativo, luogo nel quale passiamo buona parte del nostro tempo. Anche nelle nostre “piccole” Marche si inizia a pensare al welfare lavorativo. E non c’è da stupirsi dato che qualità&lavoro fanno spesso rima nel nostro territorio. “Ci sembra che un approccio tendente a creare benessere nell’ambiente di lavoro sia recente. In realtà non è affatto così. Almeno dal 2000 si dà grande importanza a questo aspetto, anche in relazione alla centralità che la persona ha finalmente raggiunto. Il valore aggiunto di un’azienda è la qualità dell’essere umano che lavorando in team ed in un ambiente accogliente e confortevole è più prestazionale – ci dice Alice Catena marketing & communication manager di CBI EUROPE - . Nella progettazione dell’ambiente di lavoro bisogna sfruttare al massimo l’uso intelligente delle risorse naturali anche se oggi è sempre più frequente ricorrere all’impiantistica domoticizzata. La valutazione dei rischi e anche di quello che io chiamo “dis-confort”da micro-

w

24

<<<

di

ELEONORA BALDI

<<<

clima, qualità dell’aria ed illuminazione sono ancora sottovalutati, anche perché in Italia non c’è una normativa ben definita, ma una serie di linee guida e la progettazione si muove in questo panorama frammentato ed in continua evoluzione. Quindi la scelta di adeguare l’ambiente di lavoro a standard elevati diventa soggettiva e dipende da quanto l’imprenditore è attento a questi aspetti. E ci sono sempre più imprenditori che indipendentemente dalle dimensioni aziendale vogliono garantire buone condizioni di vita in ufficio ai loro collaboratori”. Tra questi c’è sicuramente il patron di una grande azienda marchigiana, l’Elica di Fabriano vincitore da anni del premio internazionale Best Place to Work. A raccontarci l’esperienza di questa azienda è Emilio Zampetti, Chief of Human Resource: “In Elica vige il principio della trasparenza, non solo nelle relazioni tra colleghi ma anche nella definizione degli spazi. A partire dall’ingresso in azienda: oltre alla reception e alle sale riunioni c’è un grandissimo spazio chiamato Agorà, ricavato dal primo capannone produttivo e di cui sono state lasciate a vista le strutture originarie. In “piazza” Elica trovano spazio tavolini e sedie, poltrone, bar, vetrate e opere d’arte; un giardino dove, curatissimo, è protagonista un ulivo, simbolo della storia dell’azienda e del legame con la tradizione. Da questo cuore vitale si diramano i vari uffici, tutti trasparenti e divisi da ampie vetrate: una serie di open space modulari e dimensionabili a seconda delle esigenze, dove tutti possono vedere tutti. Spazi ampi e colorati, pieni di luce, dove gli elementi distintivi di un’azienda si mischiano a veri e propri spazi espositivi dedicati all’arte contemporanea”.

Ma come si fa quindi a rendere vivibile e accogliente un ambiente di lavoro? “Acustica, climatizzazione ed illuminazione sono i tre versanti sui quali ci si deve muovere – ci racconta ancora Alice Catena -. La tendenza in termini di arredo per ufficio è o quella di creare barriere molto luminose che rendano ogni zona molto privata ma allo stesso tempo non isolata, di solito si fa con ampie vetrate, oppure si punta sull’open space per permettere un costante fluire di idee, scambi, interazioni. Nell’open space in particolare queste tematiche divengono fondamentali: non si può pensare che tutti vogliano stare alla stessa temperatura o abbiano bisogno della stessa luce e soprattutto che tutti facciano il proprio lavoro senza disturbare gli altri. Per la climatizzazione si può pensare alla creazione di pavimenti tecnici sopraelevati o comunque prodotti a terra, integrati al sistema di condizionamento. In questo modo si crea un plenum tra il massetto e la parte calpestabile, che diventa un’unica grande canalizzazione attraverso la quale far circolare l’aria: in questo modo si creano delle isole di confort personalizzate nelle quali poter programmare temperature diverse o addirittura predisporre cromoterapia. Per quel che riguarda l’acustica, più o meno il discorso è lo stesso. Si possono fornire pacchetti completi di set acustici. Anche in questo caso possiamo parlare di isole di controsoffitto con capacità di assorbimento acustico prossimo all’area di lavoro: abbassando il soffitto attorno ad una zona, si fa si che il rumore prodotto nella stessa venga isolato e non dia fastidio a chi lavora vicino. Oppure si possono realizzare divisori fonoassorbenti tra una scrivania e l’altra. Per l’illuminazione, si può agire soprattutto attorno al tavolo di lavoro, creando un sistema di illuminazione a led per personalizzare la luce, la sua intensità”. Pensateci un attimo. Anzi, pensiamoci un attimo. Quante volte stiamo in ufficio e “litighiamo” per il troppo rumore, perché è troppo freddo o troppo caldo, perché c’è chi vuole la luce spenta e chi la vuole accesa? Piccoli dettagli che però ci coinvolgono ogni giorno e creano tensioni, più o meno latenti, che non ci fanno lavorare bene.

Nell’ufficio che verrà, magari riusciremo ad azzerare queste problematiche, creando la nostra area di benessere all’interno di un open space, massimizzando le opportunità create dallo spazio aperto ed eliminandone le criticità…non male no?


Custodi di una Natura che esprime Eccellenze. VERNACCIA DI SERRAPETRONA DOCG SERRAPETRONA DOC Conoscere le Marche e le sue denominazioni; una scoperta in tutti i sensi.

www.imtdoc.it

Appassimenti Uve & Vernaccia di Serrapetrona Wine: buono a sapersi.

www.jbaker.it

CAPOLAVORI UNICI, PROTAGONISTI DI UNA GRANDE TERRA.


_INNOVAZIONE_

C

w

26

<<< di

FABIO CURZI

e l’hai presente il mare? Quello che sta acquattato lì, e mentre sciacqua i piedi alle colline delle Marche penetra nella sapidità dei vini e in certe giornate di vento spinge il suo odore fino a mezza montagna? Il mare ce l’hai presente, credo. Tu che lo guardi dalla collina, forse, non hai un rapporto ossessivo con il mare come noi della costa. Ci andiamo a passeggio d’inverno, e quasi lo preferiamo così solitario di gelo e umidità. Ci immergiamo nel mare d’estate con la stessa naturalezza con cui ti lavi la faccia. E quando ci allontaniamo qualche giorno stiamo lì, a cercare se intorno a noi ci sia un netto d’orizzonte simile. Tra noi c’è chi ci campa col mare. Pescatori e marinai che trasportano uomini e cose e bagnini con le loro file di ombrelloni. Che potenza le figure dei pescatori e dei marinai, col fascino delle foto d’epoca e dei soprannomi. Pensi anche tu a un tempo che non tornerà più quando i porti erano pieni di pescherecci e il mare di pesce? Pensi alla vita dura di

<<<

chi sta in mare nelle notti d’inverno, di chi rischia la vita continuamente per lavoro, alle lotte sindacali che sfumano nel bianco e nero? Poi guardi il mare e ti accorgi che dentro non c’è quasi più niente, che i pescatori hanno pescato oltre il dovuto e che il fermo pesca e le leggi sulle reti che li mettono in difficoltà servono a salvare il salvabile di una frittata ormai fatta. Guardi i marinai e pensi che ancora trasportano uomini, cose e idee da una parte all’altra, e mettono in relazione mondi tra loro, ma che in tanti c’è insofferenza per le opportunità che ci offrono gli incontri. Pensi ai bagnini e ai loro stabilimenti che vorrebbero prendersi la spiaggia di tutti per farne qualcosa di proprio. Pensi al mare e pensi alle onde, al rivolgersi insistente alla riva in un bussare continuo. Pensi il mare calmo di luglio, con l’acqua immobile e specchiante. E il gonfio delle onde che si alzano sotto il vento costruendo valli e colline d’acqua che s’agitano.


Sembra davvero che il futuro che ho immaginato da ragazzo possa divenire realtà. Marco @funkysurfer Zamperini

Pensi alle burrasche all’orizzonte di fine estate, coi fulmini che squarciano la notte viola e il rombo dei tuoni che riempie il fondo del silenzio. Le onde e la fatica dei marinai, le onde e il piacere dei surfisti. Che tu vada in mare per piacere o per fatica con le onde hai a che fare, per resistere alla loro forza o per trarne vantaggio. Tavole di legno, scafi in fibra e fatica di pagaia, vele prestigiose o un semplice costume, ognuno in mare ci va come sente. Hai presente il mare? Se hai presente il mare hai presente anche Internet. Non solo perché fin dall’inizio è stata la metafora più usata, quando la rete veniva surfata in una navigazione senza una rotta predeterminata ma con continui approdi a porti minuscoli e difficili da individuare. È il rapporto che ognuno stabilisce con la Rete, che è simile a quello col mare. Ci sono quelli ossessionati, che in un posto nuovo guardano subito se c’è campo per lo smartphone come a noi gente di costa rassicura che da questa parte c’è l’acqua. Ci sono quelli che ci lavorano, che cercano di costruire relazioni tra le persone e portano beni e servizi in giro per il mondo. Quelli

per cui la rete è un modo di portare benessere e socialità. Quelli che cercano di trarne il maggiore profitto, cercando di pescare il più possibile, il più rapidamente, senza chiedersi come intaccano un ecosistema tanto nuovo. Ci sono le onde che spingono con forza verso metamondi prima, verso i blog prima ancora, e poi verso i social e domani verso abiti perennemente connessi. Un’onda, quella di Gartner, spiega come impariamo a convivere con le nuove tecnologie, come fatichiamo ad apprezzarle prima di innamorarcene, prima di rigettarle come noiose e poi imparare a conviverci per un bel pezzo, prima che una nuova onda ci porti. Ci sono quelli che le onde le vedono da lontano, le intercettano e le segnalano ad altri. Quelli che salgono sull’onda e vogliono tenere lontano gli altri, sentirsi primi e fare i fenomeni per quel momento finché la schiuma non li travolgerà. Come fa con tutti. Noi che su Internet ci viviamo dovremmo imparare a rispettarla di più, come da bambini abbiamo imparato a rispettare il mare, a non sfidarlo oltre le nostre forze. Dovremmo rispettarla di più la Rete, prima di scoprire di averne fatto un deserto dove alle relazioni e allo scambio di fiducia subentrino la disillusione e il discredito. È un ecosistema delicato, fatto di persone e non di computer, Internet. Per questo quando si parla di social media marketing ci vorrebbe d’arrossire un po’, che se la pubblicità di quell’altra epoca usava il megafono per diventare un fastidioso rumore bianco, ora si rischia d’urlare dentro all’orecchio di chiunque e renderlo sordo per sempre, e non solo al marketing. Possiamo anche vivere in collina e guardare il mare da lontano. Possiamo anche vivere in montagna e non pensare al mare. Ma senza il mare, il cielo non porterebbe le nuvole, le nostre montagne non sarebbero bianche di neve e la pioggia non gonfierebbe l’uva. Possiamo anche immaginarlo un futuro senza Internet e un ecosistema digitale.

WHY MARCHE

27

_whymarche.com


_INNOVAZIONE_

hi non ha sentito parlare di “Coworking” negli ultimi mesi? Il fenomeno del momento: il proliferare di postazioni di lavoro condivise che si rivolgono a lavoratori alla ricerca temporanea di una stanza o di una semplice postazione con connessione internet dalla quale portare avanti la propria attività in maniera indipendente. Location accoglienti e ben organizzate, molto vantaggiose per la loro economicità e la loro flessibilità. Il coworking è quella nuova filosofia del lavoro che risponde ad un attuale bisogno della società, quel bisogno di relazione, di contatto e confronto con persone che svolgono attività simili, quella volontà di innestare alleanze, di fare rete e dar vita ad una comunità della quale sentirsi parte integrante. Quello stimolo a progettare ed innovare. Insieme.

C

Il coworking diviene luogo catalizzatore di risorse ed infrastrutture, intercetta le persone che hanno deciso di non arrendersi all’assenza di lavoro, consapevoli di come lo sviluppo della cultura della rete abbia spinto alla ricerca del lavoro a partire dalle collaborazioni.

Ma i Coworking sono tutti uguali ? In uno scenario così affollato e variegato, dove gli spazi di lavoro condivisi iniziano a crescere a dismisura, cominciano ad emergere offerte diversificate per tipologie diverse di persone. Dai “Coworking di Fortuna”, quelli dove si libera uno spazio in ufficio, perchè Gigi è in ferie o Ermanno è stato licenziato e quindi l’azienda mette in condivisione una postazione di lavoro. Questi spazi non evidenziano alcuno spirito collaborativo, nessuna filosofia del Coworking. Poi ci sono quelli totalmente all’oppo-

w

28

Quale Coworking è giusto per te ? Un fenomeno collettivo, un bisogno da soddisfare, una nuova società con cui interfacciarsi, un modo innovativo di concepire il lavoro e gli spazi

sto, tutto pitch, contest ed aperitivi, dove invece il senso di “community” è bene implementato, grazie a grandi open spaces e la sensazione che si possa incontrare l’investitore giusto e portare a casa il biglietto vincente della lotteria. Sono i luoghi graditi a startuppari, e persone che sentono di voler sfruttare la nuova bolla delle tech-startups. Li chiamiamo “Coworking per Startappari” : uno su mille ce la fa, ma in ogni caso ci si diverte :) Fino al terzo tipo di spazi, quelli che noi chiamiamo “Coworking per Professionisti Liberi”, perchè incarnano bene lo spirito concreto dello “stare insieme e condividere” avendo come scopo l’aumento del business e la creazione di valore. La “base” è la professionalità, da mettere a disposizione, e la “Libertà”, intesa come assenza di schemi, di gerarchie, di facilità nell’assiemarsi ad un team in modo facile, sulla base della domanda. Il Professionista Libero (o Smart) è colui che non ha paura

della concorrenza, non si chiude in se stesso e crea sinergie, sicuro che dallo sviluppo di una rete di competenze si possa creare valore. Il Professionista Libero mette la sua professionalità a servizio degli altri, dove con “altri” sono da intendersi non solo i fruitori finali dei suoi servizi, ma anche altri professionisti come lui, con cui collabora ed attiva uno scambio produttivo di competenze e professionalità. Questo nuovo tipo di lavoratore sa che il lavoro sinergico conduce a risultati brillanti e competitivi, non solo in termini di tempi di realizzazione, ma in particolare sul fronte della qualità, competenza, professionalità ed innovazione che questa nuova modalità di lavoro è capace di generare, non trascurando, inoltre, la possibilità che prospetta di dar vita a futuri progetti comuni.

E tu, che posto di lavoro ti scegli ?

sede legale: Via Palombarino 8, 60027 Osimo (AN) sede operativa: Via 1° Maggio 20 60131 Ancona tel +39 071 2915497 www.bizcomit.it - info@bizcomit.it



conti sono in rosso. In un rosso profondo, di quelli che fanno paura più dell’omonimo film di Dario Argento. E quando c’è bisogno di tirare i cordoni della borsa, nella bellissima Italia, patria dell’arte, della cultura, di menti eccellenti, di inventori e di letterati, si decide di tagliare la spesa sull’istruzione molto più di quanto non si faccia in altri settori. Avranno dei buoni motivi i nostri governanti, di certo. E non si vuole discutere qui la strategia di chi guida un Paese. E’ un fatto comunque che gli investimenti destinati al mondo della formazione siano davvero pochi, col contagocce. Quello che è strano però, piacevolmente sorprendente, è che nonostante questo non ce la caviamo poi così male. Il nostro rapporto “qualità-prezzo” è più che buono, a fronte di scarsi fondi,

I

do, l’Italia riesce a piazzare 26 atenei in questa particolare classifica di merito. Vero che la prima, l’Università di Bologna, è al 188° posto in graduatoria, non certo in pole position, ma è già un risultato importante in un Paese in cui gli investimenti pubblici da dividersi tra tutti gli atenei sono poco più di quelli che negli USA fanno

capo ad un solo polo universitario: 6,83 miliardi di euro quelli alla voce spesa pubblica destinati alla formazione da dividersi tra 66 atenei statali in Italia, a fronte dei 3,03 miliardi di euro destinati alla solo università di Harvard. Non c’è dunque da stupirsi troppo se i primi posti del ranking sono occupati da colossi di oltre oceano:

Di solito un raffronto su quanto ci costi una cosa e quale sia la sua effettiva capacità di far fronte alle nostre aspettative, si fa su beni materiali. Ma, siccome l’Italia è uno strano posto, noi lo facciamo anche su qualcosa di assolutamente immateriale come l’istruzione.

Le università italiane e il rapporto qualità-prezzo

risultati in termini di qualità assolutamente soddisfacenti. Pensate cosa si potrebbe fare se si decidesse anche di fare quel qualcosa in più ed andare oltre lo scolastico “è bravo, ma non si impegna”. Notizia di pochi giorni fa è infatti che, stando al ranking mondiale Qs World University Rankings 2013 che include 800 università del mon-

_UNIVERSITA’_

A voi la parola!

veri e propri incubatori di talenti, in grado di forgiare al fuoco della cultura, della scienza, della tecnica, dello sport talvolta i migliori, quelli che diventeranno la classe dirigente di domani. Resta comunque il fatto che con la minima spesa, in Italia riusciamo ad ottenere la massima resa: un’ottima qualità, senza dubbio. Non si può prescindere dunque da una riflessione: che cosa fa si che, nonostante bassissimi investimenti, si abbia la capacità di stare al passo con i grandi? Qual è la risposta che i nostri Rettori potrebbero dare: qual è la nostra arma vincente, in Italia in generale e nello specifico nelle realtà marchigiane? Che cosa c’è nel nostro DNA in senso lato che ci permette di avere questo positivo rapporto qualitàprezzo?

RUOTAMI


IL CONTRIBUTO DEL RETTORE STEFANO PIVATO

“Nel contesto della crisi che il Paese sta attraversando, il ruolo delle università impone atteggiamenti e spinte ulteriori nei confronti dei capaci e meritevoli, così come già vorrebbe l’art. 34 della Costituzione italiana che sarebbe a mio parere più importante pensare ad applicare piuttosto che a modificare. L’Università Carlo Bo di Urbino si impegna da diversi anni a coniugare questi due aspetti: dal 2008/2009 gli studenti che raggiungono la maturità con il massimo dei voti hanno diritto all’esenzione dalla tassa di iscrizione al primo anno. Da quest’anno inoltre, gli studenti con almeno un genitore che si trovi da un minimo di tre mesi in disoccupazione, mobilità, cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga, che si iscrivono all’anno accademico 2013/2014 (le immatricolazioni sono aperte dal 16 luglio) a un corso di studi di primo e di secondo livello dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, sono esonerati dal pagamento relativo alla tassa di iscrizione e contributi della I rata di contribuzione studentesca. Agevolare dunque la formazione e le opportunità a capaci e meritevoli fa sì che, nonostante tutto, il merito sia ancora riconosciuto. Con questa base, i futuri dottorandi e ricercatori riescono ancora a emergere, nonostante l’Italia investa, secondo gli ultimi dati dell’Education at a Glance 2013, il rapporto dell’OCSE sullo stato di salute dell’istruzione nei Paesi occidentali, soltanto il 4% del PIL nell’istruzione, contro il 7% degli altri Paesi. Il Ministro Carrozza ha dichiarato che l’Italia potrà ripartire se porterà questa quota almeno al 6%, il che fa sperare in una ritrovata consapevolezza sul ruolo dell’istruzione nel rilancio del Paese. Nel frattempo, l’impegno di tutti dovrà essere quello, peraltro dimostrato dai numeri, di impegnarsi nella ricerca e nello studio, nonostante le difficoltà strutturali e l’esiguità dei fondi per la ricerca: l’università di Harvard ha un bilancio pari al 44% di tutto il Fondo per il Finanziamento Ordinario degli atenei italiani. Con tutto ciò, la vera tragedia sta ancora oggi nella fuga dei cervelli, di quei giovani che non sarebbero così ricercati all’estero se non si fossero egregiamente formati in Italia. Siamo dunque un Paese che investe sui giovani ricercatori, ma i cui frutti vengono raccolti da altri. Se fossimo agricoltori avremmo già chiuso l’azienda da un pezzo”.

“Partirei ricordando che l’Italia ha una dotazione di laureati pari a meno della metà della media dei Paesi OCSE e siccome è cognizione comune che siamo immersi nella Società della Conoscenza dove ciò che conta è la qualità del sapere che possiedono i cittadini che saranno la classe dirigente del domani, l’Italia dovrebbe fare uno sforzo molto più grande per garantire al Paese uno sviluppo legato al capitale umano. Questo sforzo non lo sta facendo lo Stato ed anche se tutti i Governi hanno affermato la priorità dell’Istruzione, nei fatti proprio in questo settore e nella Ricerca si è sempre andato a tagliare. Forse solo in questa manovra, per la prima volta non si taglia, ma neppure si fanno quegli investimenti che ci si aspettava. Questo sforzo allora, dovrebbero farlo le famiglie. E da qui si aprono una serie di considerazioni. Primo, il fatto che tutto sommato – anche se è difficile affermarlo in questo momento difficile – l’Università in Italia costa ancora poco. E non lo dico perché voglio un aumento delle tasse o dei costi, ma per giustificare il fatto che le famiglie dovrebbero vedere il “sacrificio” nell’investire sull’istruzione universitaria come portatore di un grande valore. Non solo da un punto di vista morale, perché così si rimette in moto quell’ascensore sociale che nel dopo guerra permise di far arrivare ai più alti livelli di istruzione anche figli di operai o di famiglie nei quali i genitori avevano la licenza elementare; ma anche perché investire in istruzione è ancora economicamente estremamente conveniente: nell’economia della conoscenza, conta l’intellegibile qualità del capitale umano. Mi piace sottolineare questo aspetto, ricordando che le famiglie italiane dovrebbero avere questa consapevolezza: che è meglio fare sacrifici per lasciare una laurea ai propri figli, piuttosto che tentare di lasciargli un mutuo su una casa! Anche perché il mattone non è spendibile facilmente, mentre un buon titolo di studio permette di essere attivi nel mercato del lavoro anche e soprattutto in momenti di difficoltà, nei quali la manodopera generica si trova più facilmente in altri Paesi a prezzi che sono 1/5 dei nostri, mentre i migliori cervelli italiani sono così appetibili e costano così poco da trovare collocazione facilmente nel mercato internazionale”.

UNIVERSITA’ DI URBINO

IL CONTRIBUTO DEL RETTORE MARCO PACETTI

UNIVERSITA’ DI ANCONA

“Credo che il rapporto qualità-prezzo, se vogliamo utilizzare questo criterio, sia buono. Le tasse di iscrizione ai corsi universitari, pur aumentate negli ultimi anni, sono competitive a livello internazionale. Il fatto che, purtroppo, un numero crescente di laureati e ricercatori italiani se ne vada all’estero attratto da migliori condizioni, significa che il sistema “produce” un ottimo capitale umano che l’Italia non valorizza. Dal lato della ricerca, l’Italia, nonostante la scarsità di investimenti in Ricerca & Sviluppo (meno della metà dei nostri principali competitori) non sfigura a livello internazionale (numero e qualità delle pubblicazioni scientifiche). A parità di potere d’acquisto, inoltre, la retribuzione dei docenti italiani è circa la metà di quella dei pari grado di Austria e Svizzera, due terzi di quella del Regno Unito. Il divario è ancora più accentuato per i giovani ricercatori, che, oltretutto, sono quasi tutti titolari di corsi e laboratori, anche se non sono obbligati per legge ad assumere incarichi didattici. L’impegno e la passione sono, quindi, le principali leve che ci spingono a fare bene. Se devo posizionare questo tema dentro l’Università di Macerata, posso dire che il rapporto qualità/prezzo è ottimo. Le tasse a Macerata sono molto inferiori alla media nazionale (oltre alle tante forme di sostegno: esenzioni e borse di studio), ma la Guida Censis-Repubblica certifica che tutti i corsi erogati a Macerata sono tra i primissimi in Italia. Se guardiamo alla ricerca, i risultati recenti della valutazione nazionale sono positivi, specie per la parte più qualificante che riguarda la valutazione della qualità dei prodotti della ricerca (articoli, monografie ecc.): siamo 7° tra le 31 Università ‘medie’ per l’indice di miglioramento e 13° su 31 per il posizionamento medio delle Aree scientifiche presenti a Macerata. Le graduatorie non dicono tutto, ma i dati mostrano un Ateneo di qualità elevata a costi contenuti: così deve fare una Università pubblica, tanto più in un momento così difficile per le famiglie e per i giovani”.

IL CONTRIBUTO DEL RETTORE LUIGI LACCHè

UNIVERSITA’ DI MACERATA

31 _whymarche.com

WHY MARCHE

“Sono fermamente convinto che anche le università italiane siano di grande qualità e competitive a livello internazionale, malgrado non occupino posti di vertice nei ranking più conosciuti. Per l’Università di Camerino lo dimostrano le certificazioni ricevute e confermate nel corso degli anni, i finanziamenti che ottengono a livello europeo i nostri ricercatori, le politiche di internazionalizzazione, gli studenti che ci scelgono per la loro formazione sia per la qualità dell’offerta formativa che per i molteplici servizi e agevolazioni che Unicam mette loro a disposizione: sono queste alcune delle misure che fanno sì che nonostante i finanziamenti ministeriali e gli investimenti nazionali nei confronti della ricerca siano sempre minori, l’Università di Camerino persegue con eccellenza la sua mission che è quella sia di formare nuove generazioni, donne e uomini, cittadini e cittadine capaci di avere un futuro, che di produrre sviluppo e innovazione tecnologica attraverso le attività di ricerca. Altro punto di forza è nell’attrattività dell’offerta formativa, che sta raccogliendo numerosi consensi anche oltre i nostri confini nazionali, grazie alla strategia di attivare corsi di laurea e corsi di laurea magistrale in lingua inglese, e di condurre tutti i corsi di laurea magistrale di area scientifica in consorzio con altre prestigiose università europee, in modo tale da poter rilasciare l’ormai fondamentale “Double degree”. Non tralasciamo, poi, il rapporto con il territorio: ci crediamo e riteniamo che una costante sinergia con il territorio e con i maggiori stakeholder che in esso operano, rappresenti un volano per lo sviluppo economico –culturale del territorio stesso. Disponibile a mettere a disposizione le competenze del nostro Ateneo, nei settori che più la caratterizzano, l’Università di Camerino vuole essere un punto di riferimento d’eccellenza per l’intero territorio regionale, nella convinzione appunto che la sinergia tra università e realtà imprenditoriali produca innovazione e sviluppo”.

IL CONTRIBUTO DEL RETTORE FLAVIO CORRADINI

UNIVERSITA’ DI CAMERINO



_FORMAZIONE_

Unicam e Lube Industries insieme Formazione, innovazione, sviluppo e nuove tecnologie: due eccellenze del territorio fanno fronte comune stato siglato nei giorni scorsi l’accordo che dà il via alla collaborazione tra l’Università di Camerino e la Lube Industries, importante realtà imprenditoriale del nostro territorio. L’Università di Camerino entra dunque in azienda per essere attore partecipe non solo della formazione degli studenti e dei giovani ricercatori, ma anche dello sviluppo del territorio attraverso il sostegno alle attività produttive mettendo a disposizione le proprie competenze e il proprio know-how. “Siamo davvero molto soddisfatti – ha dichiarato il Rettore Unicam, prof. Flavio Corradini –di poter iniziare questa importante collaborazione tra l’Università di Camerino e la Lube Industries. Siamo infatti convinti che possa essere una ulteriore e concreta testimonianza di come le competenze dei ricercatori universitari messe a disposizione delle imprese producano innovazione e sviluppo per le aziende e di conseguenza opportunità per i giovani e per tutto il territorio”. “E’ assolutamente una bella partnership quella siglata con l’Università di Camerino – ha dichiarato Fabio Giulianelli, Amministratore unico del Gruppo Lube – che sicuramente ci porterà lontano. Siamo stati sempre coerenti circa i principi che ci hanno fatto crescere: lavoro, semplicità, familiarità, e soprattutto abbiamo tutelato sempre il legame con il territorio e quella con Unicam è la dimostrazione che abbiamo delle eccellenze a portata di mano, a Km zero, con cui poter sviluppare progetti importanti. Investiamo ogni anno moltissimo in

E’

www.unicam.it comunicazione.relazioniesterne@unicam.it www.unicam.info

Flavio Corradini innovazione e poter contare su competenze così elevate è senza dubbio, rifacendoci al gergo sportivo, un gran bel ‘colpo di mercato’ “. Le attività di collaborazione riguarderanno specifiche tematiche nelle quali Unicam vanta elevate competenze e che sono di interesse dell’azienda. In particolare, lo studio e l’applicazione di nuovi materiali, sempre più richiesti anche nel settore dell’arredo, per la realizzazione di prodotti innovativi e tecnologici e la realizzazione di progetti e scambio di competenze negli ambiti del computer design e della green economy, con particolare riferimento al design e all’eco-innovazione di prodotto, per la progettazione e lo sviluppo di prodotti eco-sostenibili e ad alta efficienza energetica. Gli studenti Unicam, con particolare riferimento a quelli delle Scuole di Architettura e Design e di Scienze e Tecnologie, avranno inoltre l’opportunità di seguire attività di stage e placement in azienda su argomenti di interesse comune.

Fabio Giulianelli Ma c’è anche dell’altro: da quest’anno infatti il Cus Camerino ha avviato una collaborazione con la Lube Volley.

“Siamo davvero soddisfatti – ha dichiarato il Presidente del Cus Camerino Stefano Belardinelli – per aver avviato questa sinergia. Il Cus ha sempre riservato una particolare attenzione alla pallavolo e questo accordo con la Lube non può che essere il naturale coronamento di un lavoro perseguito negli anni. Siamo convinti che una sana attività sportiva rappresenti un ottimo esempio formativo per i nostri studenti. Il fatto che i giocatori di questa squadra, che è motivo di orgoglio sportivo per il nostro territorio, giochino con lo scudo Unicam al braccio non può che onorarci”.

WHY MARCHE

33

_whymarche.com


_TURISMO_

QUESTO E’ SERVIGNANO

Maurizio Marinozzi, Sindaco di Servigliano, è un perfetto spot per il suo Comune: un vulcano di idee e di propositi, tutti trasformati in azione. In dieci anni, da quando è primo cittadino, Servigliano è cresciuta in visibilità ed in flussi turistici, merito, come ci dice, dell’anima da grande città incastonata nel cuore del piccolo paese: tante opportunità da vivere, ma tutte a misura d’uomo!

Uno scrigno di teso

Sindaco, qual è la vera “forza” di Servigliano? “Che non lavoriamo per creare un evento specifico attorno al quale catalizzare l’attenzione, ma ogni volta c’è sempre qualcosa per cui vale la pena venire. Ragioniamo con la testa della grande città e il cuore del piccolo paese, dove la qualità della vita è imparagonabile ad altri posti. Non c’è una sagra, una festa che possa far da traino al turismo. Al contrario ci sono una serie di proposte. Abbiamo il Torneo Cavalleresco di Servigliano, che è la terza rievocazione storica a livello nazionale per importanza, o la Giostra dell’Anello ad agosto, l’Ice Park in inverno quando la piazza principale si trasforma in una pista di pattinaggio sul ghiaccio. E poi ci sono dei festival continui: il Festival dell’Anima, il Festival delle Emozioni che sta per nascere. Nel corso del tempo abbiamo avuto ospiti come Crepet, Andreoli, Chuck Berry, una serie infinita di contribuiti che sono arrivati nella città ideale di Virginio Bracci. Tutte queste sensibilizzazioni territoriali hanno fatto sì che su Servigliano si sia anche appoggiata l’attenzione dei media: Rai 2 con Mezzogiorno in Famiglia, un film con Maria Grazia Cucinotta, che deve ancora uscire nelle sale, e l’attenzione del gruppo Mediaset che ha scelto Servigliano quale sede di nuova vita per una famiglia protagonista di Make Over Home Edition”.

w

34

<<< di

ELEONORA BALDI <<<

Facciamo un passo indietro: ci racconti la storia di Servigliano. “Ho citato prima Virginio Bracci. Bene, fu lui l’architetto che nel 1772 su incarico Papa Clemente XIV ebbe l’onere di redigere un progetto per ricostruire la città che nel frattempo era crollata in seguito ad un’infiltrazione d’acqua. Il Papa, con un atto dispotico, ma indubbiamente illuminato, espropriò le terre di proprietà dei Francescani dando l’incarico all’architetto Bracci di proporre un progetto in base al quale ricostruire la città ideale. Questa è la nostra storia, la nostra carta d’identità, la nostra data di nascita”.

Da città ideale dunque, a punto focale di attenzione nonostante le piccole dimensioni. Come si costruisce un successo come questo? “Bisogna essere capaci di inventarsi qualcosa per raccontare paesi che altrimenti rimarrebbero sconosciuti. Noi come Marche non abbiamo nulla da invidiare a nessuno e abbiamo tutto; l’unica cosa sulla quale abbiamo storicamente fatto fatica è proprio raccontare al mondo della nostra esistenza. Arrivati a questo punto, dobbiamo guadagnare tempo, non possiamo raccontarci pezzo pezzo: dobbiamo far si che ci sia qualcosa che racconti noi e che crei la scusa per venire da noi. In 10 anni – dal 2004 sono Sindaco - qui a Servigliano ho fatto ed abbiamo fatto molto per rendere il nostro paese più visibile così come il territorio tutto. Siamo stati anche fortunati nell’essere accarezzati dal favore delle reti televisive alle quali non abbiamo dato niente, ma dalle quali abbiamo ricevuto tanto. Non ci siamo occupati poi solo della promozione. Perché una volta


sori in formato mini che porti le persone nel tuo territorio, poi tutto deve essere perfetto. Quindi di pari passo abbiamo spolverato il quadro d’autore, che è Servigliano, creando una serie di iniziative ed opere capaci di renderlo accogliente ed appetibile dal punto di vista della scelta. A Servigliano non c’è solo un meraviglioso centro storico da visitare, unico ed affascinante, esempio di architettura urbanistica neoclassica che abbiamo solo noi: ha tre porte d’ingresso e nessuna via chiusa, da dove entri, esci; inoltre la sua pianta è quasi perfettamente quadrata, 144 mt per 137 mt, un esempio del cardo e del decumano romano. Già questo per un paese bonsai come il nostro sarebbe molto. Ma noi siamo andati oltre; abbiamo avuto la bravura e la fortuna di drenare risorse economiche che ci hanno consentito di ristrutturare il Complesso Monastico di Santa Maria del Piano, che rappresenta la storia del paese, poi abbiamo restaurato il centro storico facendone anche un restyling importante che va a beneficio di tutte le attività commerciali: 10 anni fa avevano tutti la serranda in ferro e l’architrave in cemento armato, oggi hanno la porta in legno e l’arco d’ingresso fatto con i mattoni. Il centro storico è dunque diventato un centro commerciale naturale. Poi è stata ristrutturata la stazione ferroviaria, adiacente all’ex campo profughi, perché Servigliano ha partecipato purtroppo alla pagina terribile del tempo della Shoa: qui c’era un campo di concentramento, e alcuni dei profughi che erano qui sono partiti per Auschwitz. La stazione ferroviaria è rimasta attiva fino al 1957 quando c’è stata l’ultima corsa del Trenino della media Valle del Tenna che partiva da Amandola e arrivava a P.S. Giorgio. Nel corso del tempo queste stazioni si sono trasformate in nulla. Noi abbiamo ristrutturato questo luogo grazie al contributo nostro, della Provincia e della Regione, facendone un museo sulla Shoa, un museo della storia del‘900. Lo utilizziamo anche come un centro studi a disposizione della scuola ed a breve ospiteremo una mostra su Anna Frank dal 1 ottobre al 16 novembre. Tutto questo per far sì che chi viene a Servigliano guardi, si innamori e torni”.

Daoggiallafinedell’anno,qualiappuntamentipuòdareServigliano? “Da qui a dicembre tre sono gli eventi che partiranno. Prima, il Festival delle Emozioni incentrato su tutto quello che genera emozioni: incontri con scrittori, imprenditori di fama mondiale, personaggi istituzionali che si trovano a lavorare in situazioni particolari, esponenti di comunità di recupero; insomma chiunque abbia qualcosa da raccontare. A dicembre poi, l’ormai tradizionale Festival sul Teatro Dialettale e, per divertirsi un po’, la pista del ghiaccio per far pattinare tutti a Natale”.


_TURISMO_

y s a e

t i . k wee

Marche (Italia) vs Oaxaca (Messico)

Manietelai,artigianatoecucina ei nostri viaggi, a contatto con culture diverse e Paesi sconosciuti ci imbattiamo spesso nel dilemma di come catalogare nuovi odori, sapori che inevitabilmente finiamo per paragonare a qualcosa che appartiene al nostro gusto abituale, consolidato nel tempo e scoperto nei primi anni della nostra vita. “Assomiglia a…”. “Sembra di stare in…”. “Ha lo stesso sapore di…”. Seguito da un paragone con qualcosa di “italico”, di “marchigiano”.

N

Da marchigiani all’estero vorremmo che i nuovi amici di luoghi lontani gustassero i nostri prodotti, la nostra cucina, conoscessero e visitassero la nostra terra per ascoltare i loro di esempi, se ciò che a noi piace soddisfa il loro gusto. Quanti ad esempio conoscono la cucina messicana? Quanti l’artigianato messicano?

Ecco il nostro viaggio in una regione poco conosciuta del Messico.

Piceni i nostri antenati, Aztechi i loro lontani parenti: Oaxaca (pronuncia uahàka) la nostra meta. Oaxaca de Juárez, il suo nome completo, in onore dell’ex presidente ed eroe nazionale Benito Juárez, che era originario della zona, è lo Stato più a sud del Messico. Questa regione poco nota rispetto ad altri luoghi visitati dal turista italiano come Yucatan, Chiapas, Città del Messico, non è famosa per il turismo, ma per la tradizione tessile a gestione familiare che restituisce ai 3.801.962 abitanti la dignità spesso negata. I prodotti tessili non sono solo un tipico esempio della bellezza che sanno creare le mani esperte degli artigiani, ma anche un modo per distinguersi tra villaggi: strutture e forme dinamiche, modelli complessi, huipiles dai colori accesi, bluse, tovaglie e panni lavorati con la tecnica della sfilatura o del mezzo punto, e fini e magnifici rebozos, tradizionali mantelli femminili. Tra tutti gli stati e le regioni del Paese, l’Oaxaca può

w

36


Per chi invece pensa di non sapere ancora molto dei nostri antichi mestieri proponiamo: - 3 giorni / 2 notti Mani in Pasta, divertendosi insieme a partecipare ad un laboratorio capace di interpretare gli antichi sapori delle Marche, armati di mattarello e con i consigli delle donne marchigiane, che sveleranno i segreti della tradizione per la buona riuscita di tagliatelle, vincisgrassi, maccheroncini. - 3 giorni / 2 notti Contadino per un giorno. Adottare un melo in uno dei frutteti di mele rosa dei Sibillini delle nostre aziende, seguirlo nelle varie stagioni, imparare a potarlo, stupirsi di fronte alla fioritura, partecipare alla raccolta e infine gustare piatti, dolci e confetture a base di mele rosa dei Sibillini: un altro modo di essere viaggiatori!

vantare un’arte vasaia di gran prestigio. Ma non tutta la ceramica è uguale. Ad esempio a San Bartolo Coyotepec, ad appena 12 chilometri dalla capitale dello stato, esiste una varietà di fango completamente nero e caratterizzato da una consistenza liscia che gli è valsa fama a livello mondiale. Fatevi una passeggiata tra le strade del villaggio: i socievoli artigiani zapotechi vi inviteranno nei loro laboratori dove creano a mano straordinari oggetti con questo materiale unico che raccolgono appena fuori dal villaggio. La loro rifinitura, che in termini tecnici si definisce brunitura, li rende particolarmente lisci. Un altro prodotto tipico dell’artigianato dell’Oaxaca è strettamente relazionato con gli esseri della notte. Le leggende narrano che quando una persona fa dei brutti sogni, deve avere a fianco a sé un guardiano che resti sveglio tutta la notte e che li tenga lontani. E come è fatto questo guardiano? La fantasia degli artigiani di San Martín Tilcajete - ad appena 23 chilometri dalla città di Oaxaca - crea questi“mostri”e molto altro: la loro economia in effetti si basa in larga misura proprio su questi strani esseri. Qui potrete anche trovare gli alebrijes, quei mostri fantastici e dai più svariati colori che in realtà, nonostante il loro aspetto, ispirano più tenerezza che paura. Le Marche sono la regione italiana dove il 39% degli addetti totali è occupato nel tessile calzaturiero. La fantasia e la maestria degli artigiani dell’Oaxaca potrebbe tranquillamente essere messa a confronto con i cappellai di Montappone, i produttori tessili di Filottrano, i calzaturieri del fermano o la società Vasai dell’entroterra pesarese . La cucina oaxaqueña è una delle più ricche e squisite di tutto il Messico. Passeggiando per le città e i villaggi dello Stato, fare un giro per i vari mercati saprà regalarvi interessanti sorprese. In molti di loro troverete frutta e verdura che chi viene dai Paesi più freddi non faticherà a considerare“esotica”. Al mercato i venditori gridano“¿qué le damos?”,“cosa desidera?” “¡Chapulines!”,“¡Tortillas!”. Resistere alle tortillas, sottili focacce di mais cotte a fuoco lento alla base della cucina messicana, è impossibile; così come gradevole è mangiare tamales, i piatti tipici a base di pasta di mais ripieni di carne, avvolti in foglie di granoturco e cucinati al vapore. I film con cowboy e cavalli degli anni‘40 diedero alla tequila la fama di essere la bevanda nazionale del Messico. In realtà, in questo vasto Paese si producono e consumano vari tipi di liquori, che rendono assai orgogliosi i propri produttori e nei quali le varie regioni trovano la propria identità: per l’Oaxaca, si tratta del mezcal. Proprio come la tequila, il mezcal si distilla da una varietà di agave e la sua elaborazione è completamente artigianale. Chissà come sarebbe una conversazione tra massaie messicane e massaie di Campofilone?! Panettieri marchigiani e consumatori di tortillas? Chissà cosa direbbero scambiandosi i bicchieri i bevitori di mezcal e agli esperti conoscitori di Amaro Sibilla, Anisetta Meletti o Varnelli?! A questo punto per“gustare”parallelismi e differenze si potrebbe decidere di passare 12 giorni / 11 notti in un Gran tour del Messico visitando Città del Messico, Oaxaca, Chiapas e dopo tanta cultura, costumi, sapori e tradizioni finire con un tuffo nella Riviera Maya. WHY MARCHE

37

_whymarche.com


_TURISMO_

Dalla lontana terra d’Israele, a raccontarci le Marche dai suoi occhi sarà Guy Bertolozzi, classe ’67, papà toscano e mamma israeliana.

Viste da occhi stranieri “Sono nato e cresciuto in quel fazzoletto di terra a 412 mt sotto il livello del mare: il Mar Morto. Un luogo davvero particolare dove vivere, conosciuto storicamente e biblicamente per essere stato teatro della distruzione di Sodoma e Gomorra per mano di Dio. Qui il simbolismo, il mito, l’allegoria hanno sempre avuto un valore particolare. Anche da un punto di vista naturale questa zona ha le sue eccezionalità, a cominciare dalla presenza nell’aria di diversi minerali tra i quali il bromuro,componente principale del valium, che ha il potere di rendere chi lo respira particolarmente calmo, fino ad arrivare alla particolarità del Mar Morto che fa galleggiare chi ci si lascia andare grazie alla presenza del sale al posto della sabbia, per cui il peso dell’acqua diventa superiore a quello del corpo. Il sale è storicamente fonte e sinonimo di ricchezza: la parola salario ne è la prova lampante. In epoche lontane, gli stipendi venivano pagati in sale, merce primaria da scambiare nei mercati con altri prodotti necessari per la sopravvivenza. A 16 anni decisi di rendere la mia vita ancor più particolare, trascorrendo 2 anni in un Kibbutz. Per chi non lo sapesse, è una comunità dove si condivide tutto: si lavora insieme, si mangia insieme, si divide la ricchezza che si produce in maniera equa a tutti i livelli della comunità. Dopo di che, sono passato ad un’esperienza diametralmente apposta, svolgendo il servizio militare per 3 anni. Forse la cosa più “comune” è stata la scelta di intraprendere gli studi universitari per poi iniziare a girare il mondo dalla Tailandia al Giappone e, con lo stesso forte spirito di avventura, all’Italia. Qui sono arrivato con mio padre, per quello che inizialmente avrebbe dovuto essere un giro tra parenti ed amici. Ma a Porto San Giorgio ho deciso di fermarmi ed iniziare una nuova avventura. Perché? Probabilmente a colpirmi fu la semplicità, la piccola dimensione in cui tutti conoscono tutti. Diametralmente opposto da altri luoghi dove avevo vissuto come Bangkok, Tel Aviv o Tokyo. Vivendo a Porto San Giorgio mi sono innamorato, e continuo ad innamorarmi ogni giorno di più, di questi luoghi, anche grazie all’accoglienza meravigliosa che ho avuto dalla gente del luogo: un“atterraggio soft”, potrei dire. La mia conoscenza delle Marche coincide principalmente con Porto San Giorgio, circondato da persone curiose di conoscermi e“rapito”da una donna, Gessica, che rende la mia permanenza qui ancora più magica. Il verde delle colline, l’azzurro del mare, il giallo dei girasoli: colori accesi che colpiscono chiunque arrivi dal deserto, dove i toni sono monotoni. Ogni giorno, aprendo la finestra della mia caseaffacciata sul mare, rimango senza fiato. Le Marche sono: colline meravigliose, alberi d’olivo, vecchi casali un’impronta medioevale ancora molto forte le rende diverse da tutto il resto. La semplicità di questa terra non inquinata dal consumismo mi ha conquistato, così come le grandi opportunità offerte. Inizialmente lavoravo come fisioterapista in un poliambulatorio, poi col passare degli anni decisi di avviare una SPA: una scelta davvero innovativa se guardiamo a vent’anni fa! Caratterialmente però ho sempre avuto bisogno di nuovi stimoli, sfide, avventure. Così ho voluto intraprendere un altro camminino lavorativo: l’immobiliare! Sono diventato la persona di riferimento per un fondo di investimento immobiliare israeliano, con il quale ho avvitato il capitolo EcoCittà - www.ecocitta.com - a Porto Potenza Picena. Tutto inziò con la visita di un’area industriale in cui si producevaceramica: amore a prima vista! Osservando questa fabbrica in mezzo al paese, ho iniziato ad immaginare come avrei potuto trasformala, come avrei potuto trasformare il grigio dei suoi capannoni per sostituirla con un’area green, altamente tecnologica, dove tutto potesse parlare in nome e nel rispetto del pianeta. L’idea era quella di un progetto residenziale, in armonia con la natura, nel più completo comfort, a pochi metri dal mare; un quartiere interamente ecosostenibile fatto di edifici commerciali e residenziali, una grande area verde pubblica, parcheggi, una piazza, piste ciclabili e servizi. Porto Potenza Picena era il luogo ideale per costruire quello che definisco il mio grande sogno: non un progetto immobiliare fine a se stesso, ma un’idea più ampia che vuole puntare all’integrazione e allo scambio culturale, alla creazione di relazioni internazionali, fino, chissà, a poter pensare ad un collegamento continuo tra l’aeroporto di Falconara e la Terrasanta. Il progetto ora è partito ed io vedo questo fondo immobiliare come locomotiva ed il progetto di Porto Potenza Picena come un primo vagone, al quale farne seguire tanti altri!”

w

38


Perché i marchigiani dovrebbero visitare Israele Israele è una terra affascinante, impregnata di storia e cultura. E’ tutta da scoprire, da Gerusalemme, a Betlemme a Nazareth, fino al Mar Morto e a Tiberias. Qui, c’è l’inizio di tutti gli inizi: il fascino di un’altra cultura, che dimostra cosa sono riusciti a fare degli uomini uniti da un unico scopo, da un unico sogno. 60 anni fa questo paese era una palude, oggi è un gioiello, tecnologicamente avanzato, esempio della democrazia al centro del Medio Oriente; una realtà certo molto problematica, crocevia di culture ed un mix genetico che va dall’Africa all’Europa. Una società di certo diversa, ma che racchiude in se la storia dell’umanità.

A view from foreigner’s eyes.

All the way from the land of Israel,Guy Bertolozzi, class ’67, isaeli mom and Italian dad will tell us his Marche experience. “I was born and raised in a little piece of land at 412 meters below the sea level named the dead sea. A very special place to live, historically and biblically known as theater of the destruction of Sodom and Gomorrah by God, but also from a natural point of view an area with its own uniqueness, starting from the presence in the air of several minerals including bromide, main component of valium, which has the power to make feel particularly calm, and ending with the worldwide know floating qualities of the dead sea’s water. At the age of 16 years I decided to make my listrfe even more special, spending 2 years in a Kibbutz and learning to share everything with the community: work, life, wealth, etc. After that experience, I went for military service for 3 years, to continue after those 3 years with University studies and travels around the world from Thailand to Japan and Italy. Here I arrived with my father for what initially was supposed to be a friends and family tour. But in Porto San Giorgio I decided to stop and start a new adventure.Why? Probably because of the simplicity, the small community size where everyone knows everyone. Diametrically opposite to other places where I lived as Bangkok, Tel Aviv or Tokyo. Living in Porto San Giosrgio I fell in love, and I keep falling in love every day again of those places, thanks to the wonderful reception that I had from the locals: a “soft landing”, I would say. My Marche-experience coincide mainly with Porto San Giorgio, surrounded by people curious to know and“kidnapped” by a woman, Gessica, that makes my life here even more magical. The green hills, the blue sea, the yellow of the sunflowers: bright colors that would strike anyone who came from the desert used to dull colors. The Marche are: wonderful hills, olive trees, old houses and a strong medieval character that make them different from all the rest. The simplicity of this region, free from consumerism won me over, as well as the great opportunities offered. Initially I worked as a physical therapist, and later I opened SPA. However I needed new challenges and adventures, so I decided to go into the real estate business. I became the person of reference for an Israeli real estate investment fund, and we started writing the Ecocittà-chapter. www.ecocitta.com. in Porto Potenza Picena. It all began with a visit to an area that produced industrial ceramics: love at first sight! Looking at this factory in the middle of the country, I began to imagine how I could have turned the gray of his buildings into a green, high-tech neighborhood, in the respect for the planet: the idea of a residential project in harmony with nature, in complete comfort, just a few meters from the sea, made of commercial and residential buildings, a large public green area, parking lots, trails, and facilities. Porto Potenza Picena was the ideal place to build what I call my big dream: not just a real estate project on its own, but a project of integration and cultural exchange, the creation of international relations, until, perhaps, to think of a continuous link between the airport of Falconara and Israel. I consider the fund of this project as the locomotive and the Porto Potenza Picena project as the first wagon, to be followed with many others. Why people of the Marche should visit Israel? Israel is a fascinating land full of history and culture, starting from Jerusalem to Bethlehem up to Nazareth, un to the dead sea and Tiberias. Here is the beginning of all beginnings: a fascinating culture, demonstrating what people united by a single purpose or a single dream manage to do. 60 years ago this land was a swamp, today is a jewel, technologically advanced, an example of democracy at the heart of the Middle East; of course it’s a problematic reality, but it’s also crossroads of cultures and a genetic mix ranging from Africa to Europe. A different reality including the history of mankind.

WHY MARCHE

39

_whymarche.com


CAPOLAVORI UNICI, PROTAGONISTI DI UNA GRANDE TERRA.

Custodi di una Natura che esprime Eccellenze. CASTELLI DI JESI VERDICCHIO RISERVA DOCG VERDICCHIO DEI CASTELLI DI JESI DOC VERDICCHIO DI MATELICA RISERVA DOCG VERDICCHIO DI MATELICA DOC Conoscere le Marche e le sue denominazioni; una scoperta in tutti i sensi.

marche region

Tartufo Bianco di Acqualagna e Verdicchio wine: buono a sapersi.

www.jbaker.it

www.imtdoc.it


_INTERNAZIONALIZZAZIONE_

Marchet – l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Ancona – da sempre vicina alle imprese che vogliono internazionalizzare segna la rotta verso questi due Paesi

Croazia e Libia:

le Marche guardano all’estero nternazionalizzare, sì. Ma è fondamentale capire dove e come. Guidare le aziende marchigiane verso nuovi mercati in grado di realizzare un interscambio importante, è un ruolo che la Camera di Commercio di Ancona e la sua Azienda Speciale Marchet recitano con ottimi risultati. Sempre alla ricerca di nuove opportunità da offrire al nostro tessuto imprenditoriale, la Croazia e la Libia sono state le protagoniste di due incontri organizzati proprio dagli enti camerali che hanno attirato l’attenzione dell’imprenditoria locale. Ancona è sede del Segretariato dell’Iniziativa Adriatico Ionica, del Forum delle Camere di Commercio dell’Adriatico e dello Ionio, del Forum delle Città e di quello delle Università. Assumendo, dunque, una posizione centrale nella nuova macroregione Adriatico Ionica che nascerà nel 2014, non stupisce che sia stato proprio il nostro capoluogo di regione a voler dare il benvenuto alla Croazia in Europa come ventottesimo membro dell’Unione Europea, con un convegno dal taglio economico e imprenditoriale che si è svolto alla Loggia dei Mercanti, inteso a consolidare le relazioni istituzionali tra i Paesi dell’area Adriatico Ionica. Durante l’incontro, organizzato da Camera di Commercio di Ancona in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica di Croazia in Italia, Marchet e il Forum delle Camere di Commercio dell’Adriatico e dello Ionio, è stato presentato un quadro dettagliato dell’economia croata e delle opportunità economiche e commerciali che la Croazia può offrire. Per i Paesi dell’area transfrontaliera, per le Marche e per Ancona l’ingresso della Crozia nell’Unione Europea assume un valore particolare. La Croazia infatti commercia principalmente con i Paesi Europei, specialmente con quelli dell’Unione Europea: nel primo semestre 2013 l’interscambio è stato di 7,55 miliardi di € (60,4% del totale). Quasi la metà degli scambi commerciali croati si realizza con soli cinque Paesi: Italia. Germania, Slovenia, Bosnia ed Erzegovina e la Russia. L’Italia continua ad essere il principale partner commerciale della Croazia con un interscambio, nel 2013, del valore di 1,794 miliardi di €. Le principali voci dell’export croato verso l’Italia sono prodotti chimici, materie prime quali legno grezzo o semilavorati in legno, materie plastiche in forme primarie e materie plastiche in altre forme. Dal lato opposto, dall’Italia si importa di tutto

I

ed i prodotti italiani sono molto conosciuti ed apprezzati sul mercato croato: mobili e loro parti, calzature ed abbigliamento, macchine ed attrezzature industriali e di impiego generale, combustibili di origine minerale e lubrificanti. Un convegno, dunque, che ha aiutato a dare un’immagine complessa del rapporto tra Italia e Croazia e che ha permesso alle aziende marchigiane di intessere nuovi rapporti, in chiave di uno sviluppo futuro. Oltre 150 imprenditori locali hanno invece partecipato all’incontro dedicato alle opportunità di business con la Libia. L’iniziativa, organizzata da Marchet in collaborazione con la Regione Marche e con il contributo organizzativo di SISI srl, ha posto l’accento sulle relazioni con Bengasi e la Cirenaica, territori dove i collaboratori di Marchet sono stati incaricati dal Consiglio Cittadino di Bengasi di rappresentare l’economia del territorio libico, individuando operatori e interlocutori del nostro territorio che possano risultare di interesse per lo sviluppo e la ricostruzione dell’area. La Libia sarà, infatti, un partner sempre più importante per le Marche, se si pensa che già ora gli interscambi tra Italia e Libia sono molto accentuati e che l’Italia è il primo partner commerciale. Diverse imprese del territorio marchigiano hanno relazioni dirette o indirette con la Libia tant’è che alla scorsa edizione della fiera Libia Build hanno partecipato 17 imprese del settore delle costruzioni. Per Giorgio Cataldi, presidente di Marchet:“La Libia sarà sempre di più un partner importante per le Marche. Già ora gli interscambi sono molto accentuati. Diverse imprese del nostro territorio hanno relazioni dirette o indirette con la Libia tant’è che alla scorsa edizione della fiera Libia Build che abbiamo organizzato a maggio, abbiamo accompagnato 17 imprese interessate del settore delle costruzioni alla manifestazione fieristica. Questo non toglie, è inutile nasconderselo, come ancora la Libia presenti delle difficoltà, ma per supportare le imprese abbiamo deciso di puntare sulla collaborazione di professionisti che conoscono il Paese e hanno avuto la capacità di costruire in Libia ottimi rapporti e solide collaborazioni con enti e operatori”.

Marchet P.zza XXIV Maggio, 1 - 60124 Ancona Tel: +39 071 2072913 - Fax: +39 071 5898265 - email: marchet@an.camcom.it - P.Iva: 02077650428 Per comunicazioni tramite PEC: amministrazione@marchet.legalmail.it

WHY MARCHE

41

_whymarche.com


w

Primo Piano FEDE E TINTO

Decanter by Marche na terra bellissima la nostra. Attraversata da una natura variegata e per questo capace, assieme alla sapienza dell’uomo, di regalarci prodotti incantevoli. Le Marche a tavola sono una scoperta continua, fatta di sfumature e di tante storie. Molte tra di esse hanno per protagonista il vino. Ed anche quando non è il re della scena, è quel personaggio fondamentale che un film serve a dare un senso alla trama. Il vino esalta. Il vino parla. Il vino racconta. Ma bisogna essere in grado di ascoltarlo. Che non significa per forza essere esperti sommelier e conoscitori sublimi. Significa semplicemente avere la voglia e la curiosità di scoprirlo, la passione di leggere nel bicchiere anche quello che a primo assaggio sembra non ci sia, di ricostruire tutto quello che c’è attorno alla bottiglia che ci viene portata al ristorante o che scegliamo in enoteca o al supermercato. Il vino è trasversale, è democratico, è conviviale. Parlando del vino si possono creare dei mondi, che affondano le loro radici nel territorio, nella storia del vignaiolo o del proprietario, nella scelta dell’uomo che se ne prende cura. Raccontare tutto questo, è il lavoro di Fede e Tinto, i due conduttori del programma radiofonico di Radio Rai 2 “Decanter”. Uno ligure – Fede – ed uno toscano – Tinto – questi due ragazzi percorrono l’Italia idealmente e fisicamente raccontandola attraverso l’universo enogastronomico, mettendo il vino al centro della loro trasmissione, in onda da quest’anno alle 13.00. Mezz’ora giornaliera in cui temi seri ed interessanti, vengono toccati in modo divertente, a volte sarcastico, ma sempre con l’eleganza di chi qualcosa lo fa per passione e con passione, di chi è conoscitore ma lungi dall’essere saccente, di chi prova in prima persona e poi racconta sensazioni ed emozioni, senza snocciolare grigie e spesso inconsistenti parolone. Fede e Tinto hanno un rapporto intenso con le Marche, alle quali sono legati da amicizie, lavoro, piacere. Una commistione che li fa quasi dei naturali testimonial della nostra terra dove sono spesso presenti, per portare la voce di Decanter ad appuntamenti importanti come il Festival del Brodetto di Fano o la Fiera del Tartufo di Acqualagna, ma dove hanno anche portato spesso la loro trasmissione, in onda su La7,Fuori di Gusto. Chiacchierare con loro, di loro, delle Marche e del nostro vino è un’esperienza…proprio come conoscere un territorio!

U

w

42


no che n a s i o v di Q u a nt i n d e c a nte r ? cos’è u anno h e c e v n ii pas E quantn e si sono apN on r i s o c oi a D e c a n t e r ? c o l e e s i o n a t i o co d i m a i u s l i c h e è un g cole, di ar tico iono. minusono e scompa enti a p p a i d u e co m p l e m o n d o Sono ensabili nel mre, i n d i s p o d a co n o s ce del vintamente! assolu

WHY

43

_whymarche.com


w Un toscano come te ed un ligure…cosa ci fate così spesso nelle Marche? “Io e Fede siamo conduttori, autori ed ideatori di Decanter, trasmissione di Radio2 dedicata al cibo, al vino e ai piaceri della vita. Al di la delle nostre origini, siamo molto legati alle Marche in quanto radio ufficiale della Regione Marche al Vinitaly, l’appuntamento più importante per il vino in Italia, Europa e forse nel mondo. Decanter ha ormai dieci anni, anzi questo è l’undicesimo, ed in questo periodo moltissime volte siamo stati qui nelle Marche. Nella vostra regione abbiamo persone alle quali vogliamo bene, come Moreno Cedroni e Mauro Uliassi, grandi protagonisti e ambasciatori della cucina marchigiana in Italia e nel mondo: rapporti iniziati per lavoro e poi trasformati in amicizia. Flavio Cerioni, poi ha fatto si che cambiassimo il nostro concetto di scampi: vai da lui, assaggi i suo scampi e dici “ma fino ad oggi, cosa ho mangiato?”. Lui rappresenta proprio il concetto di piccola impresa, di persona che lavora per passione, anche se spesso non viene ripagato per quanto dà. Un altro chef a cui siamo legati è Lucio Pompili. E poi c’è il vino, il sangue della regione. “Verdicchio!!! Potevi dirlo prima…” è il claim della nuova campagna pubblicitaria che ci siamo inventati con l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini. Lo scopo è prendere il Verdicchio e portarlo tra la gente, come a dire che questo vino fa parte della nostra tradizione, ma forse proprio per questo a volte è quasi “scontato”, viene messo in secondo piano, non ci viene in mente subito. Quando in realtà è uno dei migliori bianchi d’Italia, una vera eccellenza. Qui nelle Marche poi siamo venuti anche con Fuori di Gusto insieme a Wladimir Luxuria; abbiamo voluto portarla in questa regione per farle apprezzare sia le persone che i prodotti. Insomma, ormai sono quasi marchigiano…tanto che forse avrei dovuto sposarmi con una marchigiana!”. Passione e divertimento sono due caratteristiche delle vostra trasmissione ma anche del vostro modo di essere. Come nasce e cambia Decanter in questi dieci anni? “Certo, qualcosa si è modificato. Ma quello che non è mai cambiato, è l’approccio. Il bello della radio è che non vedi, quindi immagini. Potrei scommettere che chi ci sente, senza conoscerci, pensa che siamo due persone anziane, magari un po’ cicciotti perché, sai, parlando di cibo e di vino si deve essere un po’ così. Anche un po’ sfigati magari, perché il gourmet, quello che si dedica al cibo e al vino ha questa immagine: pensiamo a personaggi anche famosi come Raspelli o Ego, il critico gastronomico di Ratatouille. Non si pensa invece, che dietro ci siano due ragazzi normali. E proprio questo è lo spirito: due ragazzi che vivono il cibo e il vino come si vive in strada, con l’approccio casalingo, casereccio, non prendendosi troppo sul serio. Anche se non c’è l’abbinamento perfetto o la Stella Michelin,si può mangiare benissimo. Anche al porto in un Trabaccolo per esempio. Anzi forse proprio lì, l’ambiente sarebbe più vero. All’inizio il nome scelto per la trasmissione era “Il fiasco” di Radio Due, proprio per giocare sul doppio senso. Poi penso che la vera forza di Decanter sia il nostro essere amici e per fare questo lavoro è fondamentale: la coppia a tavolino è difficile crearla, poi si percepisce. E’ importante l’alchimia. Io e Fede siamo due persone molto diverse anche caratterialmente. Fede è quello serio, il bello. Tinto è quello simpatico, il toscanaccio. Nella vita invece è l’opposto: io son quello serio, lui un po’ lo scavezzacollo. Con noi poi c’è Elena Russo che lavora in redazione, Andrea Amadei che si occupa del web e social media e Alessandro Provenzano in regia”.

w

44

<<< di

ELEONORA BALDI

<<<

Potrei azzardare un paragone tra la radio e le Marche: entrambe, vanno scoperte! Sei d’accordo? “Direi di sì. Molti mi dicono che le Marche sono la nuova Toscana. Ma già si parte male: le Marche son le Marche, la Toscana è la Toscana. Seguire lo stesso percorso sarebbe sbagliato, perché sono due terre diverse. Qui, c’è comunque tutto un discorso agricolo che non è da meno. Chiaro che la Toscana ha Firenze, Siena, un passato artistico che l’ha resa celebre nel mondo. Le Marche devono trovare la loro via. Chi viene per scoprirla, se ne innamora. Basta vedere quanti inglesi ultimamente stiano comprando qui. Ovvio, permettetemelo da marchigiano “adottato”, bisogna mettere apposto le infrastrutture: per arrivare a Fano ho dovuto prendere un treno alle 13 e sono arrivato alle 18.30. Se si vuole che il proprio territorio sia attrattivo, bisogna anche dare la possibilità al turista di recarcisi in modo più logico. Penso ad esempio alla Puglia. Poi è chiaro che una volta che arrivi la sostanza ci deve essere: il paesaggio, le persone, un patrimonio storico ed artistico. Ma questo non manca. I marchigiani poi sono unici: gran lavoratori. Questo quasi ti spaventa: c’è voglia di fare qui, una velocità pazzesca, un’operosità pazzesca. Per certi versi sembrerebbe Milano. Quando hai voglia di lavorare e caratteristiche paesaggistiche e legate all’agricoltura come quelle marchigiane, si è già a buon punto”. Spendiamo due parole per il Verdicchio, del quale siete appunto anche testimonial. “Per prima cosa, del Verdicchio siamo bevitori. E’ un vino facile, immediato, che puoi bere in qualsiasi declinazione. Non è un vino proibitivo. E’ l’esempio perfetto di come si possa bere molto bene, spendendo il giusto. Un abbinamento perfetto per me? Sicuramente con il Brodetto, sta benissimo. A chi non ama il sugo rosso, direi di provarlo con gli scampi. Comunque sicuramente con un piatto di pesce, anche perché nelle Marche lo trovi sempre fresco: un’altra grande ricchezza. Ecco, volendo sperimentare, lo consiglierei in abbinamento con l’hamburger di pesce azzurro”. Ci dicevi che qui nelle Marche hai tanti amici. Ti va di raccontarci un aneddoto divertente che li coinvolge? “Una sera, io, Fede ed un altro nostro amico, siamo andati a cena al Clandestino di Moreno Cedroni. Avevamo la barca ormeggiata di fronte e abbiamo raggiunto il ristorante col tender. Ho davvero un ricordo meraviglioso di quella serata: al tramonto, arrivi sulla spiaggetta, poi sali su, ti danno il plaid; ti godi un paesaggio da mozzare il fiato ed il pesce che davvero è di una bontà superlativa. Mangi praticamente sul mare e, forse anche per questo, hai proprio la sensazione che quel pesce sia appena stato pescato. Ovviamente, non puoi mancare di annaffiare il tutto con ottimo vino! Ecco…diciamo che il ritorno in tender fino alla barca non è stato proprio semplicissimo!”. Se dovessi descrivere le Marche in tre parole? “Direi: verde, incontaminate, accoglienti. Verde, perché ti colpiscono queste colline che si tuffano nel mare e verde è anche il colore del mare del Conero. Dicendo incontaminate mi riferisco anche un po’ al discorso della promozione: si, facciamole scoprire, ma non proprio troppo! Anche perché ci son già i cugini romagnoli che puntano sulla quantità; qui è bello perché c’è ancora la qualità. Accoglienti, perché i marchigiani in questo sono unici, ci si sente a casa. Quando in un territorio ci vai e ti senti a casa significa che ci stai bene. Ed a me piace venire qui!”.

Tinto


Fede

A sentire Tinto, tu sei quello serio, il bello e tenebroso. Tu che ci dici? Qual è l’alchimia tra Tinto e Fede? “Non esiste un’alchimia…io lo sopporto da 10 anni! Scherzi a parte, lui è il mio migliore amico, è mio fratello, è la mia bilancia, il mio psicologo, a volte psichiatra. Dei due io, sono quello completamente fuori di testa, lui è quello pragmatico. Lui è quello che ha i valori morali, li conosce…io invece li ho persi. Lui ha la spiritualità, io non ce l’ho più. Non ho memoria, non ho ordine, non ho organizzazione. Invece lui ha tutto questo quindi ci completiamo a vicenda. Siamo una“coppia di fatto”...e Giovanardi non sarà affatto felice di questa frase! Sai che più di una volta ho pensato: ma se gli succedesse qualcosa? A parte“hurrà!!!”i primi dieci minuti… ma poi? Sarei veramente nei guai. Tinto è un simpatico di natura. Io son tutto un contrasto, vivo dei miei demoni, alcuni li amo, altri li odio. Io sono turbato, lui è solare, sereno. Però poi tutto questo mio travaglio genera creatività, è un motore. Io sono sempre in movimento, sempre alla ricerca di cose nuove, stimoli, contatti, idee, incontri. Lui mi frena, mi dà equilibrio. Io sono curiosissimo, lui meno. Io sono uno che sta attento a tutto, lui meno. Io vedo troppo e lui ha i piedi per terra. L’unione tra me e Tinto viene fuori da questo. Poi è frutto di un’amicizia profonda e vera. Questa roba qua, funziona. Siamo mossi entrambi dalla voglia di divertirci, di vivere sensazioni ed è questo che ci ha portato a vivere il rapporto con il territorio. Perché funziona il nostro modo di parlare di cibo e vino? Perché ci piace scoprire, vedere, capire. A me non basta vedere il cane che cerca il tartufo. Io voglio essere il cane, voglio distruggermi le mani e le unghie e trovarlo e capire che cos’è. Io voglio essere il vino dentro la bottiglia”. Grazie a questa tua sete di sapere, cosa hai scoperto del territorio marchigiano? “Ecco, le Marche le ho scoperte, non le conoscevo. Come gran parte degli italiani, che non sanno niente della vostra regione. Quando poi arrivi qui, capisci che sono bellissime, che non hanno niente da invidiare a tutto il resto. C’è chi ha definito le Marche come il lato B della Toscana…e io sono molto attratto dal lato B!O ppure chi le ha paragonate alle gambe della Romagna…e a me le gambe fanno impazzire! Le Marche le ho scoperte e non avrei mai potuto farlo senza questo lavoro”. Aiutaci ad immedesimarci in un“cane da tartufo”…come si scopre un territorio? “Sicuramente, non andando a visitarlo e basta, col naso all’insù o mettendosi un paio d’ore sulle sdraio delle spiagge. I territori si scoprono assaggiandoli, mangiandoli. Non c’è nessun ambasciatore più importante per un territorio che non il proprio cibo ed il

proprio vino. Quando vai a capire perché fanno quel vino, come si fa e vai nelle vigne, capisci come trattano quella terra lì, parli con gli imprenditori, con gli agricoltori che trattano queste colline che sono dei quadri stupendi, impari a conoscere il territorio, il modo di essere di chi lo vive. Quando scopri poi che ad esempio l’inventore della molecola che fa si che l’aids non sia più così letale è marchigiano e che ha venduto il suo brevetto ad un’azienda farmaceutica se non sbaglio per 60 miliardi di dollari, ed ha deciso di investire gran parte dei suoi soldi nelle Marche per fare vino, non puoi fare a meno di pensare che un motivo ci debba essere. Le Marche non sono solo la regione più operosa, quella della cultura, della musica, dell’arte, della poesia. Sono anche il luogo della natura e bisogna raccontarlo alla gente”. Ed anche tu, in prima persona, contribuisci a questo racconto delle Marche, facendo da testimonial al Verdicchio… “Il Verdicchio è da sempre il mio vino bianco preferito. Adesso in realtà non dovrei più dirlo, dato che produco vino bianco anch’io! Mi piacerebbe produrre Verdicchio, ma la mia vigna è nelle Langhe. Se un giorno mi chiedessero di decidere un vino bianco ed uno rosso da produrre, sceglierei il Verdicchio e il Barolo. Perché non ci sono altri vini di cotanta importanza, sono i due più emblematici. Grazie a Decanter e a Fuori di gusto, abbiamo costruito negli anni un rapporto di intelligenza con questa regione, che ha capito che il vino ha bisogno di essere raccontato. Non si può semplicemente prendere il vino, metterlo in un bicchiere, girarlo per un po’e poi dire“è bianco, con sentori di fragola alpina e di rosa canina miscelato con tabacco muschiato, cardamomo e calzino usato dopo una corsa di 40 km”…ecco, basta con queste cose qui! Non interessa a nessuno. Anche perché i sapori del vino li dobbiamo scoprire noi, non è qualcun altro a doverci dire che cosa stiamo bevendo; se è buono o cattivo, lo decidiamo da noi. Il vino è essere democratico: io amo il vino mio, quello che piace a me. Il sommelier vestito di tutto punto, potrebbe anche inorridire ad una mia scelta, ma è il mio gusto che deve essere soddisfatto”. Che cosa c’è da raccontare? “Tutto il valore metafisico! Perché altrimenti domani arrivano i cinesi, spianano una zona grande come tutta l’Europa, ci piantano il Verdicchio e arriva sul mercato questo Verdicchio che costa venti volte meno…e vende! Noi abbiamo da raccontare le Marche, la storia, la poesia, la cultura, la musica, il legame col territorio, tutti gli altri prodotti eccezionali che ci sono intorno: questo noi dobbiamo vendere! Non quello che c’è dentro il bicchiere, ma tutto quello che c’è intorno!”

LA NUOVA CAMPAGNA PROMOZIONALE DEL VERDICCHIO

WHY

45

_whymarche.com


_ESTERO_

Regine della Grande Mela E

w

46

sageriamo ad usare il termine “conquista”? Forse. Ma l’orgoglio è grande quando, aprendo il sito internet di Eataly New York, la prima cosa che si vede, in alto, al centro dello schermo, dove tutta l’attenzione si canalizza è: Marche. Italy’s Land of Goodness. E’ un riconoscimento. E’ come dire: ecco, le Marche sono questo e noi amiamo quello che sono. E non è cosa da poco. Conquistarsi un posto di rilievo nell’immaginario americano è un po’ come riuscire a diventarne cittadini: non puoi solo dire “vorrei vivere qui”, non puoi solo arrivare e stabilirti…come succede in Italia. No, qui te lo devi meritare. Devi avere qualcosa da offrire, qualcosa di interessante possibilmente o comunque qualcosa di solidamente reale da fare in terra statunitense. Altrimenti, ti fai una vacanza e te ne vai. Le Marche hanno saputo comunicarsi, far innamorare piano piano non solo New York ma tutto il mondo, grazie all’unicità di un territorio che ha enormi potenzialità, ma quasi il pudore di farle conoscerle. Che sa di essere, ma ha avuto per un po’ paura di apparire. nArriva però il momento in cui non ci si può e non ci si

vuole più nascondere e ci si mostra, nel proprio splendore, tirando a lucido le eccezionalità imparagonabili che fanno colpo: arte, cultura, paesaggi, enogastronomia. Difficile trovare altri luoghi del mondo che abbiamo tutte queste caratteristiche, insieme, in uno spazio tra l’altro abbastanza piccolo da poter essere visitato centimetro per centimetro, senza perdersi nulla e assaporando fino all’ultimo respiro, odore, colore. E così accade che in questi mesi, New York parli marchigiano: la splendida Santa Caterina d’Alessandria di Raffaello esposta all’Istituto Italiano di Cultura, la traduzione dello Zibaldone di Leopardi presentata presso la Columbia University, la mostra al MoMa di Dante Ferretti e appunto il progetto “Marche is good”, in sviluppato in sinergia tra Regione e Confindustria per promuovere l’eccellenza marchigiana del cibo e del vino. Quest’anno il mese marchigiano a NY, fatto di 12 eventi distribuiti nell’arco di ben 9 giorni, ha visto partecipare 36 realtà agroalimentari, per un totale di 50 imprese: non dunque una toccata e fuga, non un’apparizione fatta solo per far parlare giornali e tg. Un’operazione di


Le piccole Marche, quelle che“stanno un po’più ad est dellaToscana ed un po’più a sud dell’Emilia Romagna”, quelle che“sono 300 km da Roma”, alla conquista di NewYork

eataly.com

marketing oculata, studiata nei dettagli, figlia dei sempre maggiori rapporti che ci sono tra la nostra regione e gli Stati Uniti. L’agroalimentare è il settore che meglio in questo delicato momento ha saputo resistere ed anzi, è l’unico n grado di segnare un trend positivo. Ed in terra americana, i numeri sono davvero impressionanti: l’export delle Marche negli Stati Uniti è cresciuto del 7 per cento nel primo semestre del 2013. E se il popolo a stelle e strisce, innamorato dei suoi fast food, degli hamburger, delle patatine fritte, della Cocacola e della Bud si è convertito alla nostra cucina ed al nostro vino…un motivo dovrà pur esserci! Ed il perché è molto semplice…perché le Marche sono buone, anzi le Marche è buone come da traduzione letterale dello slogan creato appositamente per questo ottobre newyorchese: Marche is good! nAncora una volta dunque il brand Marche

al centro, i fari puntati non su questa o quella realtà, su questo o quell’artista, su questo o quel prodotto: ma sull’unicità di un territorio che nel suo essere uno, è molteplice. “Good”. Una parole di uso comune, nota a tutti, una delle prima che si imparano. Ma che allo stesso tempo in se racchiude tutto quello che è importante sapere. Perché dalla grande mela, dove si trova di tutto, dove si ha di tutto, si dovrebbe venire nelle Marche? Perché qui c’è del buono, in qualsiasi declinazione lo si cerchi: buona la cucina, buono il vino, buoni i liquori tipici; buona l’aria che si respira; buona per la mente, l’arte che si può conoscere. Il Marche’s Month dunque è molto più di un mese di promozione: è il nostro biglietto da visita, perché al “buono” nessuno sa resistere!

WHY MARCHE

47

_whymarche.com


_ESTERO_

Q UA R TO A P P U N TA M E N TO CO N DA R I A P E R E G O G A R O F O L I C

Inglese?Francese?Canadese! Un nuovo viaggio insieme a Daria Perego Garofoli, in un Paese perfetta sintesi di due grandi “vecchie” dell’Europa. Ma il Canada è anche molto di più…intanto, un primo passo per conoscerlo!

ap ReA SieAm D A C N

w

48

<<< di

DARIA PEREGO GAROFOLI <<<


C H E C I P O R T E R À CO N L E I I N C A N A DA

Da Falconara io volo con Lufthansa, arrivo a Monaco e poi con Air Canada a Montreal. Air Canada è lo specchio della nazione: molta efficienza, cordialità, ma senza fronzoli. Alla dogana sono cortesissimi, ma attenzione a fare false dichiarazioni sul contenuto del vostro bagaglio: sono inflessibili e per qualche cosa non conforme, per esempio per un eccesso di bottiglie di vino, verrete segnalati e se ritornerete una seconda volta vi renderete conto che vi controlleranno con molta attenzione. Essendo una viaggiatrice lavoratrice vi porterò negli Stati dove lavoro spesso, ma che sono sufficientemente diversi per parlare un poco del Canada francese e di quello anglofono. L’inglese e il francese sono le due lingue ufficiali del Paese, ma in Quebec dove quasi tutta la popolazione è di origine francese, si parla la lingua locale che è il Quebecois, diverso dal francese della Francia. Montreal e una città elegante, sorge su un’isola circondata dal fiume San Lorenzo. L’influenza francese si respira ovunque: nell’architettura, nelle usanze alimentari, nel modo di comportarsi della gente. La mia prima visita è stata nel periodo invernale ed ero in compagnia di mio figlio al suo primo viaggio di lavoro in Nordamerica. Nonostante il gelo sferzante ci siamo recati sul Mont Royal, che domina la città con una vista

stupenda. Se partirete in inverno,vi consiglio di cercare un albergo nel centro (Orbitz.com è un ottimo sito), potrete così camminare in superficie, ma quando il gelo vi attanaglia potrete scendere e visitare la città sotterranea, con tantissimi negozi, metropolitana, ristoranti e luoghi di svago che permettono di spostarsi tra i diversi grattacieli senza uscire nel freddo dell’inverno canadese. Camminando per la Vecchia Montreal non mancate di visitare la basilica di Notre Dame dove vi potrebbe capitare di assistere ad un concerto. Vi assicuro che ne vale la pena, l’acustica è sensazionale. Arrivate anche al “ Vieaux Port” dove è piacevole passeggiare e se avete tempo godetevi anche un giro in barca. Penso che Montreal sia una città perfetta da “abitare”: parchi e ciclabili ovunque, strade che ricordano molto la vecchia Europa, e soprattutto ordine e sicurezza.

ni si può camminare su un pavimento in vetro spesso: vi sembrerà di essere nel vuoto, è un esperienza unica. Anche a Toronto la città sotterranea chiamata “Path” ha un’enorme importanza. Un’esperienza veramente positiva è notare come sia riuscita bene l’integrazione in una società multietnica così sviluppata, circa il 52% della popolazione è di origine europea, ma vi è anche un buon numero di cinesi, indiani, sudamericani. Tutti hanno lavoro, abitazione, scuole, chiese e quindi tutti si sono e si sentono integrati. Una curiosità: nell’area metropolitana vivono circa mezzo milione di italocanadesi, un numero enorme. Chi va a Toronto non può non andare alle cascate del Niagara, ma io purtroppo sono arrivata ben due volte a 20 km senza avere il tempo di vederle. Sono facilmente raggiungibili in poco più di un’ora.

Lasciamo questa città e trasferiamoci nel vicino Ontario. Toronto è una città cosmopolita, adagiata sulle rive del lago Ontario con tanti quartieri con le proprie peculiarità. Il centro della città è un quadrato e si può partire in tutte le direzioni per visitarlo. Dopo aver gironzolato per assaporare i ritmi di vita canadese, la prima meta deve essere CN Tower, alta 535 m. Un ascensore super veloce vi porterà fino all’ultimo piano e lassù il panorama è da mozzafiato. Per chi non soffre di vertigi-

P R O M E T TO C H E V I R I P O R T E R Ò I N C A N A DA U N’A LT R A V O LTA : C ’ È M O LTO DA R ACCO N TA R E, V I S TO C H E È I L S E CO N D O PA E S E P I Ù E S T E S O A L M O N D O D O P O L A R U S S I A .

WHY MARCHE

49

_whymarche.com


_SALUTE&BENESSERE_

iPhone…iPa

è chi li indossa anche senza averne bisogno. Come un segno di stile, di glamour. Ed in questo caso, nulla da dire: oggi mi va, li metto…domani no, li tolgo. Ma per la maggior parte delle persone, l’occhiale non è un giocoso compagno di giornata, ma una necessità: miopia, presbiopia, astigmatismo sono termini che ormai siamo abituati a sentire. E non sempre dover inforcare lenti e montatura fa così piacere. Ve la ricordate la prima volta da bambini in cui avete dovuto mettere gli occhiali, dopo che l’uomo in camicie bianco , con quelle infernali goccine che sfuocano la vista, vi aveva detto che vi“mancava”una o due diottrie? Non era stata una sensazione piacevole, certo un po’meglio del doversi mettere l’apparecchio. Anche se, dopo un po’l’apparecchio si toglieva mentre gli occhiali bisognava portarli per sempre. Poi, alcuni si sono abituati ed anzi ora non si potrebbero vedere senza. Per altri è una piccola tortura quotidiana. In realtà una soluzione ci sarebbe. Sempre più persone infatti ricorrono ormai alla chirurgia refrattiva per dire addio definitivamente agli occhiali e recuperare al 100% la vista. Un intervento però che spaventa, perché ammettiamolo farci“toccare”un occhio non è come farsi operare un ginocchio: la percezione è diversa. L’occhio è delicato e la sola idea di operarlo, tra l’altro non per ineluttabile necessità ma per scelta, non convince. L’idea del post operatorio e del dolore blocca molti dal ricorrere a questo intervento. Ma, come sempre accade, la conoscenza puo’aiutare a spazzare via alcuni pregiudizi ed a chiarire le cose. Abbiamo deciso allora di farci raccontare dal Dott. Edoardo Massera qualcosa in più su una tecnica che sembra mettere tutti d’accordo: l’iLasik. Il Dott. Massera è un punto di riferimento sul territorio – opera tra Jesi, Osimo e Fabriano - in termini di chirurgia oculistica e uno dei primi in Italia ad utilizzare il femto-laser della azienda americana AMO per effettuare la tecnica iLasik nella chirurgia refrattiva.

C’

Partiamo dal togliere un dubbio ai non addetti ai lavori: che cos’è la chirurgia refrattiva? “Serve per eliminare quei vizi di refrazione che incidono in maniera negativa sulla visione: miopia, ipermetropia ed astigmatismo. Questi difetti possono essere corretti chirurgicamente, portando così all’abbandono definitivo dell’occhiale. In pratica, si va a modificare la curvatura corneale tramite l’uso di strumentazioni di elevata precisione. Negli anni c’è stata un’evoluzione continua in questo tipo di chirurgia, fino ad arrivare all’ultima tecnica che è quella dell’iLasik”. Sicuramente ipertecnologica come abbiamo imparato essere per ogni cosa inizi per“i”… dall’iPhone all’iPad! Ma quando si tratta di medicina, ci si vuole davvero vedere chiaro! Ci spiega in cosa consiste questa tecnica? “L’iLasik è la più moderna tecnica chirurgica laser per la correzione di difetti di vista quali miopia, ipermetropia e astigmatismo, assolutamente indolore e con un recupero visivo rapidissimo: alcuni dei miei pazienti, quando tornano alla visita di controllo il giorno dopo l’intervento, arrivano in ambulatorio guidando l’auto senza problemi. L’iLasik è una piattaforma costituita da tre strumenti che, agendo in modo combinato, vanno ed eliminare i problemi del paziente.

w

50

<<< di

ELEONORA BALDI <<<


ad…iLasik! Ormaisiamoabituati:lecosecheinizianoper“i”cipiacciono!Ma, quandositrattadiuninterventoall’occhio,diciamo“no”aprescindere,invasidaunsentimentochesomigliaquasialterrore.Attenzione però,nonsemprelapauraèunabuonaconsigliera!

www.edomassera.it edoardomassera@libero.it

L’“Aberrometro”è quello che agisce per primo, calcolando anche le più piccole imprecisioni degli occhi da sottoporre ad intervento laser: è così preciso da consentire dei trattamenti laser“personalizzati”, capaci di correggere anche le più fini alterazioni visive. Il secondo strumento, si chiama“Laser a femtosecondi”, anche questo ultrapreciso, e permette di ottenere una sottilissima lamella di tessuto corneale, necessaria a“preparare”la superficie della cornea a ricevere il trattamento laser. Poi entra in gioco il laser ad eccimeri di ultimissima generazione. E’questo il vero e proprio laser che, modificando la curvatura della cornea, va a correggere il difetto visivo, miopia, ipermetropia o astigmatismo che sia”. In pratica,quindi, questi tre strumenti restituiscono una visione normale all’occhio e permettono di eliminare le sue imperfezioni in modo definitivo ed indolore? “Esattamente. Questo intervento viene fatto ambulatorialmente e con il solo uso di anestetici topici – collirio per capirci – e non prevede alcun post operatorio. Voglio sottolineare che questa tecnica non è assolutamente sperimentale, ma è la rivisitazione di una vecchia modalità di intervento. Ad oggi si sostituisce il bisturi con il laser avendo una precisione assoluta senza avvertire alcun dolore. Grazie all’iLasik facciamo un intervento di tipo“ sartoriale”: su misura, diverso da paziente a paziente”. Chiunque può ricorrere all’iLasik? “Intanto, la vista deve essersi stabilizzata da almeno due anni dal termine della crescita corporea, quindi diciamo che non si può ricorrere a questa tecnica in media prima dei 20 anni. Poi ovviamente ci sono tutta una serie di parametri ai quali si deve rispondere per poter essere sottoposti all’iLasik. E’comunque vero che se, dopo l’analisi della tipologia del difetto di refrazione, il paziente non dovesse presentarsi idoneo per questa tecnica, ci sono tantissime altre soluzioni chirurgiche che possono essere percorse”.

Insomma: rapido, indolore, permanente. Tre aggettivi che servono a fugare intanto alcuni preconcetti sull’uso del laser per correggere le nostre imperfezioni visive. E che, ci scommetto, stanno già facendovi pensare a come stareste finalmente senza occhiali!

WHY MARCHE

51

_whymarche.com


_SALUTE&BENESSERE_

Uova:

uando si parla di uova intere si pensa subito al colesterolo: un ‘associazione sbagliata. In realtà l’uovo è un alimento con un elevato potere nutritivo, una delle migliori fonti proteiche esistenti, ricco di vitamine del gruppo B, di vitamine A e D. Nelle uova intere c’è abbondanza di colina che aiuta il cervello non solo durante le fasi della crescita e lo protegge dalla perdita di efficienza di memoria con l’avanzare dell’età. Hanno un elevato contenuto di fosforo, ferro, calcio e selenio. Sono ricche in luteina e zeaxantina, carotenoidi che proteggono i nostri occhi dalla degenerazione maculare. Un uovo intero all’incirca di 58 g contiene 200 mg circa di colesterolo. Studi scientifici hanno provato che nella maggioranza dei soggetti esaminati il consumo frequente di uova intere non aumenta significativamente il colesterolo ematico. Al contrario, le uova contengono principi nutritivi capaci di esercitare un’azione ipocolesterolemizzante, grassi insaturi, come l’acido oleico, acido linolenico (omega 3) e lecitina che sono in grado di pulire le arterie dai depositi dannosi provocati proprio dalla presenza di colesterolo in eccesso. La lecitina ha la capacità di far diminuire l’assorbimento di colesterolo alimentare. Per cui la soluzione a problemi di colesterolo non sta nella demonizzazione dell’uovo. Più utile, rivedere le nostre attività metaboliche. Il colesterolo è un elemento fondamentale per il nostro organismo, di cui non possiamo fare a meno in quanto componente essenziale per la produzione di numerose e insostituibili sostanze come gli acidi biliari, gli ormoni sessuali, la vitamina D e gli ormoni della corteccia surrenale. È determinante per il trasporto dei grassi nel plasma sanguigno e contribuisce a formare la membrana di tutte le cellule; nel tessuto nervoso è un costituente la guaina mielinica dei nervi. L’uovo, in quanto costituito da colesterolo, non è un nemico da combattere. L’organismo stesso produce questa preziosa sostanza in grandissime quantità, in modo da fronteggiare anche la sua totale assenza nella dieta: sintetizza normalmente più di un 1 g di colesterolo al giorno mentre con la dieta ne introduciamo, ormai, meno di 0,2g. In quanto ai grassi contenuti nelle uova, altro mito da sfatare! Un uovo contiene solo l’ 11% di grassi; non solo, pur essendo di origine animale, sono costituiti soprattutto da monoinsaturi e polinsaturi, i più benefici per l’organismo. L’uovo inoltre è da includere tra gli alimenti più digeribili; sempre più frequentemente evita i danni di una deficienza di nutrienti dovuta

Q

w

52

<<< di

VALENTINA VIOLA<<<


sì o no? Undibattitocheduradasempre,condue“partiti”chesicontrappongonoesiconfrontanodaiduelatidellebarricate:quellicheparlano dellanecessitàdiuovanell’alimentazioneequelliche“giammai”! Dov’èlaverità? ad una alimentazione irrazionale ed incompleta, tipica delle diete fai da te, monopasto, monoalimento, sbilanciate. Non meno importante, le uova intere sono un complesso nutritivo prezioso per l’infanzia, durante la gravidanza, l’allattamento, per gli anziani, in tutti gli stati di debolezza. In realtà i veri grassi che fanno male non sono i grassi naturali, sono i grassi trans, quelli che l’industria modifica chimicamente e che si ritrovano in quasi tutti i prodotti confezionati. Attualmente le questioni principali che il consumatore non deve sottovalutare, sono le eventuali contaminazioni da parassiti e l’etichettatura che spesso essendo poco chiara, trae in confusione. Per i parassiti, essendo l’uovo costituito da un guscio poroso, che facilmente viene a contatto con parassiti, è sufficiente adottare alcuni accorgimenti: il guscio va pulito con carta porosa, l’uovo va maneggiato con le mani pulite e bisogna rilavarle subito dopo aver toccato il guscio. Inoltre le uova vanno consumate solo previa cottura perché gli eventuali batteri presenti muoiono. Le salmonelle, ad esempio, sono particolari tipi di microrganismi, provenienti dall’interno dell’animale, che si trovano nel guscio delle uova che ne sono contaminate e, dopo un periodo di tempo piuttosto lungo a temperature elevate, possono infiltrarsi all’interno dell’uovo e da qui possono essere trasmesse all’uomo provocando diarrea, febbre e vomito soprattutto nei bambini, negli anziani e nelle persone che hanno le difese indebolite. Per evitare di correre il rischio di sviluppare una malattia causata da questi batteri, quindi, il consiglio è di osservare sempre la freschezza delle uova, leggendo bene l’etichetta, e di conservarle in frigorifero. L’etichetta a riguardo può trarre in inganno, in quanto spesso la dicitura “all’aperto”, può far supporre che le galline vivano all’aperto, mentre si tratta di un allevamento a terra che da la possibilità agli animali di uscire in aree recintate per alcune ore al giorno. L’interno dei capannoni è identico a qualunque allevamento a terra. Le galline sono indotte alla produzione massiccia di uova sia da selezioni di specie sia dalle caratteristiche dell’allevamento intensivo.

WHY MARCHE

53

_whymarche.com


_ARTE E CULTURA_

Da Sofia a New York.. nel segno di Urbino affaello. Basta un nome ad attirare l’attenzione, a far aprire le menti e girare gli occhi di chi ha una sensibilità artistica, di chi riconosce in un grande talento un grande regalo per l’umanità intera. Raffaello è un simbolo marchigiano, l’alfiere del Rinascimento, conosciuto in tutto il mondo ed in grado di richiamare folle ogni volta che le sue opere vengono esposte. Urbino è la sua casa, il luogo in cui è nato e cresciuto, culla non solo di questo straordinario genio, ma dell’arte intesa nel suo senso più lato: il più noto tra i capoluoghi d’arte delle Marche, costruito attorno al grandioso Palazzo Ducale, corte rinascimentale del duca Federico da Montefeltro che accolse artisti come Piero della Francesca, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini, il Bramante. Una tendenza, quella di rappresentare il giusto humus per la florida crescita di artisti e letterati destinati a lasciare il segno, che si estende a tutte le Marche: Gioachino Rossini, Giovan Battista Pergolesi, Gaspare Spontini, Donato Bramante, Giacomo Leopardi, tanto per snocciolare alcuni nomi. Non sorprende dunque che ad essere scelta come baluardo della candidatura italiana a Città Europea della Cultura per il 2019 sia stata proprio una città marchigiana e chi meglio di Urbino poteva rappresentarci? La lunga cavalcata che poterà all’assegnazione di questo prestigiosissimo titolo vede la città di Raffaello contare sull’appoggio di un comitato promotore presieduto da Jack Lang, ex Ministro della Cultura francese, e composto da decine di intellettuali e artisti come i direttori di orchestra Claudio Abbado, Uto Ughi e Daniel Barenboim, il ballerino Roberto Bolle, lo scrittore Umberto Eco, i premi nobel Carlo Rubbia e Ferit Orhan Pamuk, attori come Vanessa Redgrave e cantanti di fama internazionale come Andrea Bocelli, lo scenografo Dante Ferretti, premi Pulitzer come Bob Marshall e Denis Chamberlin, giornalisti come David Ignatius del Washington Post, Thomas Friedman e Helene Cooper del New York Times, Wolf Blitzer della CNN, insignito dell’Urbino Press Award. Che tali e tanti nomi si siano mobilitati per sostenere Urbino, da già il peso dell’immagine che questa città è in grado di dare nel mondo, profondamente bisognoso di bellezza, in tutte le sue forme, perfettamente incarnate dalla cultura, dalla pittura, dalla maestria nelle costruzioni. Rivale in questa particolare “corsa”, ma allo stesso tempo alleata di Urbino nella promozione della cultura, è senza

R

Da sx a dx Malina Edreva (assessore alla cultura Sofia), Lorenza Mochi Onori (dirigente regionale Mibac), Pietro Marcolini (assessore regionale) Un momento della conferenza all’Istituto Italiano di Cultura di New York

w

54


Un percorso simbolico molto importante quello della Santa Caterina d’Alessandria di Raffaello che ha lasciato le mura ducali urbinati per raggiungere prima l’Europa e poi gli USA, puntando dritto al 2019 dubbio Sofia, capitale della Bulgaria, ricca di fascino tanto quanto il gioiello delle nostre Marche. Tra queste due città si sono instaurati profondi legami e collaborazioni, tanto che fino al 22 settembre all’interno della Galleria d’Arte Nazionale della capitale bulgara è stata attiva la mostra “Raffaello Sanzio da Urbino a Sofia” che ha visto come capolavoro più importante proprio la Santa Caterina d’Alessandria: un successo di pubblico che ha raggiunto gli oltre 10.000 visitatori. Ma il viaggio del celebre quadro di Raffaello non si è fermato in Europa, così come il “viaggio” che porterà Urbino a giocarsi fino alla fine le chances di diventare la città simbolo della cultura per il 2019 è solo all’inizio. Dal vecchio al nuovo continente, infatti, la Santa Caterina è approdata nella grande mela proprio nell’anno in cui oltre tutto si celebra la cultura italiana negli Stati Uniti. Dal 1° e fino al 28 ottobre la gemma raffaellina sarà esposta all’Istituto Italiano di Cultura di New York. Un altro esempio del momento magico che la cultura delle Marche sta vivendo, se si aggiunge a questa esposizione, la presentazione presso la Columbia University dello Zibaldone di Giacomo Leopardi tradotto per la prima volta in lingua inglese e la mostra che il MoMa ha dedicato a Dante Ferretti. Non ci si può non emozionare al pensiero di quanto le nostre Marche siano importanti a livello culturale ed artistico sul panorama mondiale: una regione così piccola ma con un cuore espressivo così tanto grande da saper conquistare il mondo, dall’Europa all’America. Una risonanza globale tanto importante sarà di certo in grado non solo di spingere nel modo giusto la candidatura di Urbino, ma anche di accendere una volta in più le luci sulla nostra regione, che rappresenta davvero un gioiello inestimabile: borghi, castelli, musei, città d’arte medievali e rinascimentali incastonate tra colline e valli, in un paesaggio unico in Italia.

www.beniculturali.marche.it www.urbino2019.eu www.musei.marche.it

LA SANTA CATERINA DI ALESSANDRIA

Sindaco di Sofia di fronte il dipinto di Raffaello


DAL 5 OTTOBRE AL 3 NOVEMBRE 2013

DAL 27 SETTEMBRE AL 24 NOVEMBRE 2013

JESI - MAIOLATI SPONTINI - MONTECAROTTO

nel decennale della scomparsa

LO SCETTRO E LA BACCHETTA

DEDICATA A FRANCO CORELLI

5 OTTOBRE , ORE 11 – PROVA GENERALE APERTA*

25 SETTEMBRE - ANTEPRIMA GIOVANI*

L’OPERA: LA PARAFRASI

5 OTTOBRE / JESI, TEATRO V. MORICONI

27 e 29 SETTEMBRE / JESI, TEATRO G.B. PERGOLESI

Verdi - Wagner

L’ARLESIANA di Francesco Cilea Francesco Cilluffo / Rosetta Cucchi / direttore

11 OTTOBRE / MONTECAROTTO, TEATRO COMUNALE

4 OTTOBRE / JESI, TEATRO G.B. PERGOLESI

Concerto-conferenza musiche di F. Liszt, G. Verdi - F. Liszt, R. Wagner - C. Tausig, O. Sciortino pianoforte Orazio Sciortino

SALOTTO MUSICALE

musiche di R. Wagner-F. Liszt, R. Wagner-M. Moszkowski, R. Wagner-H.V. Bülow, G. Verdi-F. Liszt, G. Verdi-G. Martucci / pianoforte Roberto Cominati

12 OTTOBRE / JESI, TEATRO V. MORICONI Giornata di studi e cineconcerto

Immagini e suoni della vestale nel cinema muto

LO SCHIAVO DI CARTAGINE (1910)

Cortometraggio Luigi Maggi / musica di Osvaldo Brunetti / direttore Roberto Polastri PRIMA ESECUZIONE IN EPOCA MODERNA

12 OTTOBRE / JESI, TEATRO V. MORICONI

CABIRIA

regia

scene Sarah Bacon

in coproduzione con Wexford Festival Opera NUOVO ALLESTIMENTO

VIVA V.E.R.D.I.

Le grandi opere di Giuseppe Verdi

musica di Giuseppe Verdi baritono Julian Kim / basso Luca Tittoto / direttore Giacomo Sagripanti video scenografia Benito Leonori / mise en espace Matteo Mazzoni abiti Sartoria Arianna

20 NOVEMBRE - ANTEPRIMA GIOVANI*

22 e 24 NOVEMBRE / JESI, TEATRO G.B. PERGOLESI

FALSTAFF di Giuseppe Verdi direttore Giampaolo Maria Bisanti regia Marco Spada

/ / scene Benito Leonori in coproduzione con Ente Concerti Marialisa De Carolis di Sassari NUOVO ALLESTIMENTO

visione storica del terzo secolo a.c. (1914)

regia Giovanni Pastrone / didascalie Gabriele d’Annunzio musica adattata da Manlio Mazza / riduzione per piccola orchestra ricostruzione e sincronizzazione a cura di Marco Targa / direttore Roberto Polastri PRIMA ESECUZIONE IN EPOCA MODERNA

25 OTTOBRE / JESI, TEATRO G.B. PERGOLESI

GOTT SEGNE DEN KÖNIG! (Dio benedica il Re!)

Cantata per soli, coro e orchestra musica di Gaspare Spontini / direttore Corrado Rovaris Orchestra Fondazione Teatro Comunale di Bologna / Coro Fondazione Teatro Comunale di Bologna PRIMA ESECUZIONE IN EPOCA MODERNA

27 OTTOBRE / MAIOLATI SPONTINI, CHIESA DI SANTO STEFANO

La Direzione della Fondazione Pergolesi Spontini si riserva il diritto di apportare variazioni di date, titoli e cast per motivi economici, tecnici o di forza maggiore. *Spettacolo riservato ai partecipanti al progetto Ragazzi… all’Opera! 2013

musiche di G. Frescobaldi, A. Stradella, G.B. Pergolesi, D. Cimarosa, G. Rossini, G. Spontini, G. Morandi organo Elena Gentiletti Drago / tenore Roberto Jachini Virgili

Con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali / Soci Fondatori Regione Marche, Comune di Jesi, Comune di Maiolati Spontini / Partecipanti Aderenti Comune di Camerata Picena, Comune di Monsano, Comune di Montecarotto, Comune di Monte San Vito, Comune di San Marcello / Partecipante Sostenitore Camera di Commercio di Ancona / Fondatori Sostenitori Art Venture: Gruppo Pieralisi, Leo Burnett, Moncaro, New Holland Gruppo Fiat, Starcom Italia / In collaborazione con Consorzio Marche Spettacolo / con il patrocinio del Consiglio Regionale delle Marche / media partner Classica Italia srl / Sponsor principale Banca Marche

PER ORGANO

30 OTTOBRE – PROVA GENERALE APERTA*

31 OTTOBRE / JESI, TEATRO G.B. PERGOLESI

MESSA DA REQUIEM

per due pianoforti e quattro voci soliste musica di Giuseppe Verdi soprano Silvia Dalla Benetta / mezzosoprano Daniela Innamorati / tenore Ji Myung Hoon basso George Andguladze / pianoforte Gesualdo Coggi / pianoforte Elena Rizzo

3 NOVEMBRE / JESI, TEATRO G.B. PERGOLESI

ARCHETTO ARMONICO

musiche di J.S. Bach, J. Brahms, P. de Sarasate, C. Debussy, M. Ravel violino Yuzuko Horigome / pianoforte Luc Devos

info e programma completo

www.fondazionepergolesispontini.com LA FONDAZIONE PERGOLESI SPONTINI SOSTIENE URBINO CANDIDATA A CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA PER IL 2019 La Fondazione Pergolesi Spontini è certificata UNI EN ISO 9001:2008 / La Fondazione è aderente all’Associazione degli Industriali della provincia di Ancona


_ARTE E CULTURA_

“Occhi. Mani. Giustizia.” di Chiara Bertazzoni

Tutt’altro che morbido L’angolo Noir di Alessandro Morbidelli Un affaccio verso il vuoto, un belvedere come ce ne sono tanti, nelle Marche. Questo il teatro di un’orribile vicenda, raccontata da Chiara Bertazzoni, laureata in Lettere, accanita lettrice, vice curatrice di Thriller Magazine, lombarda, ma grande amante della nostra regione. Dove può spingersi l’amore di una nonna? Tra le righe del racconto troverete la risposta.

Vuoi provare con un tuo racconto? Solo tre regole: Marche, noir e 4000 battute, spazi inclusi. Spediscilo a: a.morbidelli@whymarche.com

Buona lettura!

C

laudia non credeva ai propri occhi, ma era sicura di quello che aveva visto. La vecchia la osservava con sguardo sottile. Immobile. Come a voler cristallizzare per sempre quel momento. Quel gesto. Aveva spinto il prete giù dalle mura. Non era stato un incidente. Ne era sicura. Claudia era arrivata un paio di giorni prima da Milano per trascorrere una settimana di vacanza nelle Marche, nella casa che era stata di suo nonno. Aveva proprio bisogno di staccare dai ritmi frenetici e quella terra negli ultimi anni era diventata il suo rifugio sicuro. Stava chiacchierando al cellulare con un’amica quando, da lontano, aveva scorto le figure di un’anziana donna, incurvata dal peso degli anni, e di un prete. Parlavano. I toni sembravano accesi, ma Claudia non ci fece caso. Stavano proprio discutendo. Litigavano. «Noi ci fidavamo di te.» «Tu sei pazza, non sai quello che dici.» «Come hai potuto?» «Pensi che qualcuno ti crederà?» Fu un attimo. Un gesto deciso. La spinta della vecchia era arrivata improvvisa, carica di esasperazione. Di disperazione. L’uomo aveva perso l’equilibrio e, afferrando l’aria, era scomparso oltre le mura. Claudia aveva visto la scena al rallentatore. In un silenzio quasi irreale. E ora era prigioniera di un fermo immagine. La vecchia appariva scossa, forse incredula, non sembrava aver intenzione di scappare. Per un attimo si era guardata le mani: l’arma del delitto. Poi aveva alzato lo sguardo su Claudia. Come a chiederle aiuto. «Ti richiamo io...» disse all’amica.

WHY MARCHE

57

_whymarche.com


Consigli di lettura:

“Io vi vedo” di Simonetta Santamaria (Tre60). Novembre 2011. Sul ciglio di una strada di periferia viene trovato il cadavere della giovane Lucia Campobasso. È stata uccisa in modo brutale: per gli inquirenti, si tratta di un’esecuzione. Ma i responsabili rimangono ombre inafferrabili, ombre che tormentano il padre della vittima. Un padre disposto a tutto per vendicare l’assassinio della figlia. Un ex poliziotto che ha deciso di farsi giustizia da solo. Un uomo sul punto di immergersi nell’abisso più cupo della propria anima. E compose lentamente il 113. Lo aveva fatto per davvero; le sue rozze mani, segnate da anni di lavoro, lo avevano fatto. Avrebbe dovuto essere un’estate come le altre e invece era lì, su quelle mura. E Don Furio aveva appena spiccato il volo. Era stata lei. Quella giovane la stava guardando. Aveva visto, Angela ne era sicura. Glielo leggeva nello sguardo. Quando Giulio era arrivato, come ogni estate, Angela era felice. Le settimane trascorse con il nipotino le davano la forza per affrontare l’inverno. Giulio aveva sei anni. Un sorriso birichino. E tanta voglia di vita. Una vita che la vecchia sentiva fluire ogni giorno un poco fuori di sé. Lei e Giulio trascorrevano le giornate tra lunghe passeggiate, corse nei campi, merende genuine, risate contagiose e storie raccontate da Angela prima di dormire. Doveva essere un’estate come le altre. Invece l’incantesimo si era rotto. «Mi ha chiesto di fargli una carezza, nonna.» Giulio e i suoi occhi scuri. «Mi ha detto che doveva essere il nostro segreto.» Giulio e la sua voce fresca. «Mi ha detto che sono un bravo bambino e mi ha dato un bacio qui.» Giulio e la sua mano a indicare in mezzo alle gambe. Don Furio passava a trovarli almeno una volta alla settimana. Angela aveva

w

58

piacere a chiacchierare con lui, mentre Giulio giocava. Erano stati compagni di scuola. Il prete era uno degli ultimi amici che le erano rimasti. «Mi ha detto che la prossima volta giochiamo ancora insieme.» Giulio e un velo di tristezza nella sua voce. Angela aveva capito. Era successo il lunedì precedente, quando Giulio era andato a raccogliere le pesche con il parroco, mentre lei preparava la merenda. La consapevolezza l’aveva dapprima annichilita. Poi una rabbia cieca aveva preso il sopravvento. Quella mattina si era decisa ad affrontare il prete. Non sapeva cosa avrebbe fatto. Il destino aveva deciso per lei. Aveva visto Don Furio sulle mura, proprio mentre lei si dirigeva verso la chiesa. Lo aveva raggiunto. «Noi ci fidavamo di te.» «Tu sei pazza, non sai quello che dici.» «Come hai potuto?» «Pensi che qualcuno ti crederà?» Lo spintone era venuto d’istinto. E il prete in un attimo era volato via. La giovane donna aveva visto tutto. E ora la guardava. Era bella. Uno sguardo pulito, rivolto al futuro. Il tempo si era cristallizzato in quel momento. Occhi. Mani. Giustizia. Chissà, forse avrebbe capito. Forse, se avesse spiegato… «Non ho intenzione di scappare» le disse invece Angela, «... li aspetterò qui.»

CONSIGLI DI NOIR: Torna GialloMare, il Festival del Giallo della provincia di Fermo, giunto quest’anno alla 6° edizione. Tanti gli scrittori ospiti che parleranno delle loro storie e dei loro personaggi, spaziando dal Medio Evo alle cronache dei giorni nostri. Tra gli autori presenti, anche il vostro tutt’altro che morbido Alessandro Morbidelli con il suo “Ogni cosa al posto giusto” (Robin).


I PROFESSIONISTI DELLA MOBILITÀ AZIENDALE Lo sta ff dell’Agenzia Ta voni di Anc ona a na lizza le esigenze dell’Azienda e pia nific a la soluzione più c onveniente di noleggi e lea sing per a uto e veic oli c ommerc ia li La mobilità a zienda le è orma i diventa ta un a spetto importa nte dell’ a ttività di un’ impresa . Auto e veic oli c ommerc ia li non possono più essere a c quisiti senza un minimo di c onosc enza del settore, a nc he c on pa rtic ola re rigua rdo a lla tipologia di fina nzia mento c on c ui essi entra no nella disponibilità dell’ Azienda . Noleggio, lea sing o a c quisto diretto debbono essere va luta ti a ttenta mente e, per questo, a d Anc ona è presente da oltre 25 a nni una struttura c he svolge questa c onsulenza a fa vore delle Aziende. E’ l’ Agenzia Ta voni, ra ppresenta nte di Ge Ca pita l Interba nc a , soc ietà di lea sing del Gruppo G enera l Elec tric , e di diverse soc ietà di noleggio a lungo termine, c he oltre a lla predisposizione di semplic i preventivi e a lla stipula di c ontra tti, svolge una c onsulenza mira ta e a 360° gra di. C ONSULENZA FISCALE Unita mente a ll’ ela bora zione di una va nta ggiosa proposta c ommerc ia le, viene fornita a nc he una prec isa c onsulenza in ma teria di deduc ibilità fisc a le.

ANALISI E PIANIFICAZIONE DEL PARC O AZIENDALE Spesso, l’ Azienda utilizza veic oli non a da tti a lle proprie esigenze c on c osti sproporziona ti rispetto a i benefic i. Un’ a ttenta a na lisi del pa rc o a zienda le da pa rte dello sta ff Ta voni può ta glia re i c osti, migliora re l’ effic ienza e sfrutta re gli sc onti di sc a la . C ONSULENZA POST C ONTRATTUALE Per l’ Agenzia Ta voni la firma del c ontra tto ra ppresenta l’ inizio di un ra pporto c on il c liente, a c ui è messo a disposizione un ba c k offic e dedic a to per tutte le possibili evenienze del c ontra tto. RIC OLLOCAMENTO VEIC OLI USATI In c a so di a c quisizione di un nuovo veic olo, l’ Agenzia Ta voni può oc c upa rsi del ric olloc a mento dell’ usa to di proprietà . Spesso la volontà di stipula re un c ontra tto di lea sing o noleggio a lungo termine è immedia ta , ma il problema ma ggiore è la vendita del veic olo usa to. In questo c a so la permuta viene a c quisita da rivenditori c onvenziona ti c he pa ghera nno diretta -

mente a ll’ Azienda il c orrispettivo c onc orda to, a c c edendo, c osì, a va nta ggiose sc ontistic he sull’ a c quisizione del nuovo veic olo. REPERIMENTO VEIC OLI G ra zie a lla c olla bora zione diretta c on tutte le C a se a utomobilistic he, l’ Agenzia Ta voni è in gra do di reperire IN PRONTA C ONSEG NA a uto o veic oli c ommerc ia li nuovi o KM zero, a nc he i più ric hiesti, ga ra ntendo la serietà del fornitore oltre a d un servizio a i ma ssimi livelli. NOLEGGIO O LEASING SU V EIC OLO DA AC QUISTARE PRESSO IL FORNITORE INDIVIDUATO DAL C LIENTE Qua lora l’ Azienda a bbia individua to e sc elto il nuovo veic olo presso un proprio fornitore di fiduc ia , a nc he in questo c a so l’ Agenzia Ta voni può proc edere a lla stipula del c ontra tto di noleggio a lungo termine o lea sing.

o w w w. t a v

ni.it

ALC UNE DELLE MIGLIORI PROPOSTE DI NOLEGGIO Le proposte c he seguono prevedono una dura ta di 48 mesi e 100 mila Km tota li, sono solo un pic c olo esempio delle nostre offerte. Qua lsia si a ltra ric hiesta può essere inoltra ta per veic oli, km e dura te diverse.

PEUGEOT 5008

FIAT PUNTO

1.6 8v Hdi 115cv Access Fap

1.3 Multijet IiLounge 75cv Dpf

OPEL INSIGNIA ST

SEAT ALTEA XL

2.0 Cdti Advance 140cv 104gr

1.6 Tdi Cr S&s Style

€ 433,00

€ 329,00

Le proposte (iva esc lusa ) c omprend ono: 48 mesi/100.000 km rca Zero Kasco 500 Furto/incendio 10% gomme 4 invernali colore bianco no anticipo/no deposito

€ 499,00

€ 382,00 Tavoni&Tavoni Srl

Agenzia di leasing e noleggio a lungo termine per auto e veicoli commerciali

Viale della Vittoria, 60 - Ancona Tel. 071 3580593 / 36677 • Fax 071 36530 tavoni@tavoni.it • www.tavoni.it


_ARTE & CULTURA_

Marche e turismo? Marche e cultura? Abbinamenti perfetti! Ma al di fuori delle strade battute, girar per musei può essere un altro ottimo modo per conoscere la nostra terra

Parlando della cultura nelle Marche vengono in mente lo Sferisterio, il palazzo ducale di Urbino, la rocca di Gradara e tanto altro. Ma la nostra regione, così ricca di tradizioni contadine, di abilità artigianale e di bellezze naturali, non custodisce gelosamente solo tele e sculture. Ogni piccolo paese ospita almeno un museo che raccoglie cimeli inaspettati.

Il Museo del telefono di San Marcello (AN) raccoglie circa cinquecento esemplari provenienti da tutto il mondo, ricevitori, centralini, apparecchi telefonici: dai pezzi sperimentali, tra i quali il famoso Ricevitore Meucci datato 1871, a quelli a colonnina, da quelli utilizzati nella Seconda Guerra Mondiale dalle truppe italiane, con involucri di contenimento che ben testimoniano l’utilizzo in situazioni estreme, ai famosi telefoni bianchi degli anni ’40, si segue la storia del design e dell’evoluzione della telefonia fino all’avvento del cellulare.

Il Museo della pipa di Fermo raccoglie circa cinquecento tra pipe, astucci e bocchini raccontando lo stile e la cultura del fumo europei, asiatici, americani e precolombiani attraverso i secoli. Dai materiali più vari quali la terracotta, la schiuma, la radica, il corno, l’argilla, l’avorio, i gusci di tartarughe, emergono scolpiti o intagliati buffi volti, arcigni diavoli o la morte stessa, animali e volti di dame o sirene. Tra i tanti esemplari anche quelli appartenuti a Garibaldi, Pertini e altri personaggi noti.

w

60

<<< di

SILVIA BRUNORI

I (n)

<<<

Nella patria della lavorazione dei cappelli, Montappone (FM) un museo illustra tutte le fasi della produzione del cappello tramite proiezioni, fotografie, pannelli e macchinari d’epoca; espone insieme a cappelli ad uso quotidiano o da cerimonia, anche modelli più bizzarri o chic, cilindri, pagliette, fez, feluche, pamele e chepì e pezzi unici come l’ultimo cappello indossato da Federico Fellini. Il museo Malacologico di Cupramarittima (AP) è la più grande struttura museale al mondo dedicata alle conchiglie. Tra i novemila esemplari esposti spicca la gigantesca Tridacna gigas, conosciuta come “assassina” con i suoi 200 kg di peso; altre sezioni sono dedicate ai coralli, squali imbalsamati, granchi, stelle, ricci e fossili, tra cui certamente non sfugge all’osservatore il Mososauro del Marocco, dinosauro acquatico di otto metri di lunghezza; perle, madreperle e cammei e infine una ricca sezione etnografica di manufatti, realizzati con questi materiali, provenienti da tutto il mondo tra cui interessanti maschere della Nuova Guinea.


soliti musei Nella terra del Verdicchio non poteva mancare un museo dedicato alle etichette del vino, a Cupramontana (AN), in cui sono raccolte in tre sezioni circa 100.000 etichette, dagli esemplari del secolo scorso a quelle firmate da grandi nomi dell’arte - da Bruno da Osimo a Mimmo Rotella, passando per Forattini - fino a quelle provenienti da ogni angolo dei cinque continenti con particolari esotici. Non mancano pezzi particolari dedicati ai Mondiali di calcio, a scene erotiche, automobili e personaggi dello spettacolo. Nasce all’interno di un allevamento di cavalli trottatori, accanto alla pista da corsa dell’ippodromo di Civitanova Marche (MC) il Museo storico del trotto. Nei saloni espositivi ritroviamo personaggi e cavalli del Risorgimento, preziosi manifesti, proclami, curiose locandine, foto d’epoca e cimeli di trascorsi gloriosi ed entusiasmanti. Ad accogliere i visitatori all’inizio del percorso espositivo una ‘Padovanella’ della fine del ‘700, antesignana del moderno sulky da corsa, quando si correva su rotabili enormi e pesantissimi chiamati “sedioli” dalla seduta, spesso finemente scolpita e decorata, su cui troneggiavano i guidatori.

A Cingoli (Mc) il Museo del sidecar ripercorre la storia di questo mezzo, dagli antenati ottocenteschi ad oggi, con una cinquantina di esemplari di cui certamente il più curioso è l’Ariel “The Belle” del 1959 con carrozzino Canterbury che poteva essere utilizzato anche come piccolo scafo per gite in mare. Ancora più interessanti sono le sezioni dedicate alle moto del cinema con altrettante riproduzioni: da quello muto a quelle del sogno americano, quelle di Cinecittà e quelle appartenute a Fellini. La replica più emozionante è quella de “La grande fuga” che ripropone il salto di Steve McQueen oltre una recinzione per scappare dai soldati tedeschi.

Il Museo della carrozza di Macerata ospita esemplari molto in voga nei primi decenni del Novecento come la Jardinière, lo Skeleton Break, la Berlina, la Louisiana Rockaway ma anche una portantina del Settecento, calessini, birocci e particolarità come i carrozzini per bambini da attaccare a pony o caprette, una lettiga della Grande Guerra e infine una ricca serie di selle, morsi, frustini, briglie, ferri da cavallo, finimenti, fotografie d’epoca e utensili provenienti da botteghe del maceratese. Se l’atmosfera non vi ha riportato a sufficienza ai tempi passati, il viaggio virtuale in carrozza nelle Marche pre-auto lo farà di certo!

Marche dunque, terra anche di musei…sta a voi continuare la scoperta! WHY MARCHE

61

_whymarche.com


_CONSUMATORI_

Usura Bancaria

su mutui e finanziamenti:

cosa c’è di vero

e come comportarsi? www.adiconsumarche.it adiconsum.marche@gmail.com

www.facebook.com/adiconsum.marche

Consumatori e imprese sul piede di guerra sul fronte bancario – finanziario: una recente sentenza della Cassazione ha scatenato il dilemma sulla correttezza dei tassi applicati da Banche e Società Finanziarie, o per essere più precisi, sulla possibilità che tali tassi siano usurari.

Altro aspetto da tenere in considerazione: contrariamente a quanto si legge in molti siti internet, in caso di usura non è nullo l’intero contratto, ma soltanto la clausola che definisce l’interesse, con la conseguenza che il mutuo o finanziamento resta in essere, ma senza l’obbligo di corrispondere interessi per il futuro ed anzi con il diritto alla restituzione degli interessi versati.

w

62

<<< d i

Ma cosa significa in concreto? Quando un tasso può essere considerato usurario?

Un primo chiarimento: la legge parla di interessi “convenuti”, quindi per verificare se il tasso applicato è usurario o meno occorre controllare il documento che li stabilisce, cioè il contratto iniziale. E’ quello il momento in cui gli interessi vengono “convenuti” tra le parti, indipendentemente dalla loro effettiva applicazione.

Partiamo dalla normativa di riferimento: la c.d. legge antiusura (l. 108/96 ) ed il codice civile ( art. 1815), stabiliscono che “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”, prescrivendo altresì che per determinare se un tasso è usurario si deve tener conto di tutti i costi connessi all’erogazione del credito, ad esclusione di tasse ed imposte.

Fino a qui nulla di nuovo. Ma la sentenza della Suprema Corte n. 350 del 9 gennaio 2013 ha risvegliato l’interesse verso la problematica, fornendo un’interpretazione innovativa sul concetto di interesse usurario: partendo da quanto stabilito dalla legge antiusura, secondo l’interpretazione della Cassazione il calcolo che determina se gli interessi applicati sono usurari deve includere anche il tasso di mora contrattualmente stabilito - la maggiorazione applicata in caso di mancato o ritardato pagamento -, tasso che invece non viene conteggiato nella modalità utilizzata dalla Banca d’Italia perché considerato meramente eventuale.

Loredana Baldi - Adiconsum Marche

<<<


Ma come e chi stabilisce quando un tasso d’interesse è usurario? Il soggetto istituzionalmente preposto è la Banca d’Italia, che pubblica ogni tre mesi una tabella, nella quale definisce per ogni categoria di operazioni il TEGM - Tasso effettivo globale medio - ed il relativo Tasso soglia, oltre il quale si parla di usura. Il TEGM è il tasso medio applicato dagli intermediari finanziari per ogni categoria di operazione, che gli stessi intermediari comunicano alla Banca d’Italia alla fine di ogni trimestre. Sulla base di tale tasso e di un calcolo predefinito, la Banca d’Italia calcola il tasso soglia valido per il trimestre successivo. Al superamento del tasso soglia scatta l’usura, che ha peraltro anche rilevanza penale. Ecco dunque un’ulteriore elemento da considerare: non esiste un unico tasso soglia, ma uno per ogni categoria di operazioni e varia trimestralmente sulla base dei tassi medi applicati dal sistema finanziario nei trimestri precedenti. L’impatto dell’interpretazione della Cassazione è evidente: aggiungendo al tasso applicato il tasso di mora contrattualmente previsto, molte sono le operazioni creditizie che rischiano di superare la soglia dell’usura e considerando quanto previsto dalla normativa, ossia il diritto alla restituzione degli interessi versati e la non corresponsione di interessi per il futuro ad usura accertata, è palese che l’impatto sia sul cliente/debitore che sull’intero sistema bancario potrebbe avere una rilevanza sostanziale. Il condizionale è però d’obbligo. La questione va affrontata con la massima prudenza e soprattutto con l’assistenza di personale competente e qualificato, in grado di verificare l’intero contratto e le singole clausole e, se opportuno, consigliare la strada più adeguata al singolo caso. Non dimentichiamo infatti che la Suprema Corte di Cassazione non giudica nel merito, ma esprime principi di diritto. L’Adiconsum si rende disponibile per tutti i consumatori che vogliano effettuare un controllo del proprio mutuo/finanziamento. L’associazione a tale scopo si è dotata di un gruppo di lavoro costituito dall’Adiconsum stessa, che procede ad una prima consulenza, composto da legali e studi commerciali in grado di assicurare la massima competenza e professionalità e proporre al consumatore la modalità più adeguata per la tutela dei propri diritti.

ATTENZIONE:

Quello espresso dalla Cassazione è un principio che però non assume rilevanza di legge e che dunque non vincola i giudici che nel futuro si troveranno a decidere sulla stessa materia; E’ stata resa obbligatoria la mediazione anche in materia di contratti bancari – finanziari: dunque un passaggio indispensabile prima di adire il giudice; Per fare un controllo serve il contratto iniziale completo del capitolato; Se non si ha tale documentazione farne richiesta all’intermediario; Diffidare dei programmi che si stanno diffondendo in rete per una “verifica casalinga”: serve una consulenza specializzata; Nel caso si voglia fare un primo controllo: sommare al taeg contrattualmente stabilito il tasso di mora e confrontarlo con i tassi soglia vigenti alla data di stipula del contratto; Rivolgersi a personale specializzato.

WHY MARCHE

63

_whymarche.com


_VELICA_

Un gruppo si può affiatare facendo qualunque co al meglio le dinamiche del lavoro di squadra…in

La barca a vela: una metafora della vita aziendale N

w

64

<<< di

ella barca a vela una delle missioni principali è proprio quella di “build” un “team”, ossia costruire una squadra. Il bello è che questo processo avviene in modo divertente! Bisogna ammettere che avvicinarsi al mondo della vela non sia così immediato, ma chi ha provato questa esperienza non può che ricordarla come stimolante e molto formativa. La voglia di sperimentarsi è alla base di ogni esercizio di miglioramento di se che la persona decide di intraprendere e la forte motivazione al raggiungimento dei propri obiettivi è ciò che spinge i partecipanti a mettersi in gioco. Nei corsi di formazione in barca a vela vi sono molteplici scopi come ad esempio valutare l’attitudine al raggiungimento degli obiettivi personali e di gruppo, aumentare la coesione dei partecipanti, far emergere

MAILA VENTURI E FABRIZIO DONATO <<<

le proprie potenzialità di stare in gruppo, di dirigere, di scoprirsi leader oppure no, ma in ogni caso di acquisire una reale consapevolezza di sé. Attori di questo modo di fare formazione possiamo diventarlo tutti, l’importante è capire il ruolo che si ha nel momento in cui si mette piede su una barca a vela ed il ruolo che ci prefiggiamo di avere nel momento in cui si esce da questo fantastico gioco di ruoli. L’apprendimento di nuove capacità è notevolmente accelerato rispetto alla tradizionale formazione d’aula e risulta particolarmente fertile per lo sviluppo delle competenze di leadership, di comunicazione, di team building e del lavoro di gruppo. Il motivo per cui i corsi di formazione in barca a vela sono considerati una metafora della vita aziendale è che essi vengono svolti in uno spazio ristretto, richie-


osa, ma c’è un ambiente che riproduce ndovinate quale?

dono ai componenti dell’equipaggio uno spirito di adattamento maggiore che in altri luoghi e capacità di autocontrollo da sperimentare in un gruppo di lavoro maggiormente più affiatato. Altra similitudine sta nella necessità di pianificare una rotta paragonabile all’ideazione di un obiettivo aziendale, così come lo studio di una strategia di navigazione “vincente”, ossia quella che ottimizza la forza lavoro, che stimola il pensiero positivo e razionale teso al raggiungimento di uno scopo comune. In tutto ciò entrano continuamente in gioco le forti emozioni associate alla tempestività e all’imprevisto del navigare, alla potenza del vento e del mare, agli agenti atmosferici, che possono rappresentare gli ostacoli che un’azienda può incontrare nel raggiungimento di una mission. L’essenza dell’andar per mare in equipaggio e del lavorare in azienda si basa essenzialmente sui concetti di affiatamento e leadership e in tutto questo il fattore umano assume un ruolo centrale, nel quale parte attiva diviene l’intera squadra che si è creata, spontaneamente o meno. Si supera, con l’azione, il dualismo io-tu per passare al “noi” e vengono accettate e superate le differenze di grado e di ruolo

lasciando spazio alla collaborazione tra i singoli. Questo è il segnale della vittoria del senso di appartenenza al gruppo. In barca a vela, come in azienda, si devono stabilire chiaramente ed efficacemente i ruoli, e lo skipper, oltre a curare gli aspetti legati alla sicurezza, alla comunicazione ed all’organizzazione, ha la funzione di delegare i diversi compiti, secondo regole prestabilite. Durante la navigazione lo skipper, inoltre, si troverà a far fronte a situazioni impreviste che richiederanno decisioni rapide per non subire gli avvenimenti, ed esecuzioni altrettanto rapide e senza riserve da parte dell’equipaggio. Si scoprirà che la creatività può avere un ruolo importante nella risoluzione dei problemi e che rimanere all’interno di schemi precostituiti non sempre paga. A volte un’idea brillante fa la differenza! A livello personale vengono stimolate e implementate sia la capacità di autocontrollo che quella di gestione dello stress. Vengono inoltre analizzate l’adattabilità, la flessibilità, la reattività dei partecipanti e viene alimentata la fiducia in se stessi e nel gruppo. Proprio in queste fasi di training il ruolo del formatore diviene indispensabile, linguaggio tecnico diventa strumento di socializzazione e aiuta a superare eventuali silenzi e fraintendimenti. Il “fare” e il “fare subito” caratterizzano l’aspetto più importante dell’intero processo formativo in barca a vela. Tale aspetto assume particolare rilievo in quelle realtà aziendali che molto spesso faticano ad attuare cambiamenti o ad agire con tempi relativamente brevi per raggiungere i loro scopi. Il vantaggio di questo tipo di formazione risiede nell’immediatezza di apprendimento e nella conseguenza che un’esperienza talmente motivante, stimolante e coinvolgente, è capace di lasciare nella vita dei partecipanti, i quali hanno la possibilità di sperimentare emozioni ad alta intensità in tempi relativamente brevi. E il leader, dal suo canto, avrà modo di mettersi in gioco con tutte le sue potenzialità e indirizzarsi verso la realizzazione di un team vincente.

Il teambuilding in barca a vela, oltre ad essere molto divertente e appassionante, porta rapidamente al miglioramento delle relazioni interpersonali, alla scoperta di doti inespresse in ciascuno, alla valorizzazione del singolo e alla sua accettazione all’interno del gruppo, con un obiettivo comune: avere successo. Tutto questo è lo specchio più realistico della vita e delle dinamiche in azienda, con in più la scoperta che il gruppo può anche divertirsi a stare insieme. Navigare necesse est!

WHY MARCHE

65

_whymarche.com


he sia fondamentale nel sano e completo sviluppo in età evolutiva, sia a livello mentale che fisico, è risaputo. Che, da grandi, sia un momento di riparo dalla routine e dalle “ansie” della vita quotidiana, anche. Lo sport è una delle poche cose al mondo che fanno bene da qualsiasi punto di vista e che sviluppano nel nostro corpo la produzione di endorfine – meglio conosciute come ormone della felicità – e che aiutano ad eliminare tossine dannose, anche per il pensiero. Ma, oltre ad avere questi potenti benefici, lo sport può anche essere strumento di marketing, creatore di opportunità e ricchezza per il territorio, ulteriore volano di un turismo che per la nostra regione è linfa vitale. I campioni dello sport marchigiano sono un ottimo biglietto da visita: dal pesarese Valentino Rossi, agli jesini Roberto Mancini e Elisa Di Francisca, fino al giovane talento ascolano della moto Romano Fenati. Loro sono le nostre voci, po-

C

smo, trekking in montagna, vela, mare. Tanto per fare gli esempi più immediati e semplici. E, quest’anno, anche un evento mondiale a dimostrare che le Marche sono in grado di organizzare manifestazioni importanti a livello internazionale, che sanno gestire, che sanno offrire, che sanno conquistare. Il Campionato Mondiale di Vela

d’altura, tenutosi ad Ancona tra fine giugno ed i primi di luglio, è stato un esempio assolutamente riuscitissimo: migliaia le persone tra sportivi, giornalisti, turisti che si sono riversati nell’hinterland del capoluogo marchigiano, scoprendo pezzetto dopo pezzetto l’anima delle Marche e probabilmente lasciandosi inebriare da prodotti tipici e vini, da cultura

Le Marche, regione al plurale con i suoi tanti turismi e le sue innumerevoli eccellenze. Tra queste, anche lo sport!

Marche di sport tenti, all’interno del coro. Sono promotori di se stessi ma allo stesso tempo anche fari costantemente accesi sul nostro territorio: sempre meno, ma magari non tutti sanno dove si trovano le Marche, ma di certo di loro si sa tutto a livello mondiale. Anche la natura ci aiuta a proporci come isola felice nella quale praticare il proprio sport: cicli-

_ISTITUZIONI_

ed arte, quel tanto che basta per programmare una nuova vacanza qui, nella nostra terra. Dunque tante le frecce al nostro arco. Frecce che però bisogna saper scagliare e direzionare in maniera corretta per far sì che non si perdano nel cielo senza centrare l’obiettivo. Un tema del quale ci piacerebbe parlare con i nostri Presidenti di Provincia per scoprire, anche in questo settore, quali sono le nostre eccellenze, quali le proposte del territorio, quali eventualmente i futuri eventi da non mancare. Sarebbe bello poter scoprire l’esistenza di campioni in erba, magari in discipline poco conosciute al grande pubblico ma che potrebbero attirare interesse. Oppure scoprire quali percorsi tra sport e natura potremmo seguire in ognuno dei territorio provinciali. O ancora meravigliarci e dispiacerci per non aver partecipato a “quell’evento” e ripromettersi di non mancare il prossimo!

RUOTAMI


INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI PESARO E URBINO, MATTEO RICCI “La provincia di Pesaro e Urbino ha una ricca tradizione sul versante delle attività sportive: numerose discipline, validi atleti, alcuni dei quali saliti alle glorie nazionali ed internazionali (basti pensare a Valentino Rossi e Filippo Magnini, oltre a tante glorie del passato), impianti sportivi di qualità e diffusi sul territorio. Negli anni è diventata punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale per lo svolgimento di grandi eventi ed il turismo sportivo sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nell’economia del territorio. Sta inoltre crescendo il numero di turisti, anche stranieri, che amano praticare sport all’aria aperta e che vedono in questa terra un’interessante meta. Non va dimenticato infatti che in questo territorio è possibile arrivare, nell’arco di un’ora, dal mare alla collina fino alla montagna, con un’incredibile varietà di paesaggi e di opportunità. Basti pensare al ciclismo (la pista ciclabile Pesaro – Fano, di 12 chilometri, è tutta lungo il mare, per non parlare dei suggestivi percorsi scelti dal Giro d’Italia, che per ben tre volte ha fatto tappa nella provincia), al canottaggio, al trekking, alle arrampicate (nella zona della riserva naturale statale “Gola del Furlo), fino allo sci negli impianti del Catria e Nerone. Il binomio sport – turismo ha enormi potenzialità ancora da sviluppare, in collegamento con le bellezze culturali, storiche, artistiche e con le specialità enogastronomiche. E’ su questo che stiamo lavorando per rendere il territorio sempre più appetibile”.

“Pur non vantando competenze dirette, anche le Province possono dare il loro contributo affinché le attività sportive si sviluppino nel territorio. Credo, per esempio, che molti sport, in particolare quelli che a torto vengono definiti minori, possano oggi vantare impianti e strutture di qualità grazie anche a una pianificazione territoriale equilibrata, che è stata capace di coniugare le esigenze economiche con i bisogni sociali, compresi quelli che fanno riferimento allo sport. Nello specifico, tuttavia, l’operato della nostra Provincia si è indirizzato anche verso un altro filone, che non ritengo meno importante: quello della promozione dello sport per tutti. Dunque, non quello della fama e del denaro, non quello delle esasperate competizioni agonistiche a discapito del divertimento, ma lo sport che è palestra di vita, che educa fin da giovani al rispetto delle differenze e alla lealtà. Lo abbiamo fatto tramite progetti importanti e ne vorrei ricordare due in particolare: Atletico Scuola, realizzato in partnership con la Fondazione Gabriele Cardinaletti di Jesi, l’Ufficio scolastico provinciale e il Coni, e Patas Arriba, insieme all’Anpis Marche. Con il primo ci siamo rivolti ai giovani studenti disabili che frequentano le scuole primarie e secondarie del territorio per promuovere pari opportunità e integrazione attraverso il gioco e lo sport. Con il secondo abbiamo portato in Argentina oltre 200 ragazzi con problematiche di salute mentale per partecipare a dieci giorni di manifestazioni sportive, che hanno visto atleti di tutto il mondo riunirsi a Buenos Aires con lo scopo di affermare l’importanza fondamentale dello sport come strumento di integrazione sociale e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà dei soggetti affetti da problematiche di salute mentale.

PESARO URBINO

INTEREVENTO DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO DELLA PROVINCIA DI ANCONA PATRIZIA CASAGRANDE ESPOSTO

ANCONA

“Sport e territorio certamente rappresenta un binomio vincente ed un ottimo biglietto da visita per la comunità locale sotto tutti i profili. Vorrei, in particolare, sottolineare che tutta la provincia di Ascoli Piceno da sempre presenta sotto il profilo sportivo una notevole ricchezza, vitalità e dinamismo. Sono infatti decine le associazioni sportive con centinaia di iscritti di ogni età, che coprono tutti le discipline, da quelle individuali a quelle di squadra, con un l’organizzazione di manifestazioni sportive che costituiscono anche un buon traino per il turismo, senza contare il collegamento costante con la solidarietà ed i fini sociali ed aggregativi. Penso, ad esempio, all’esperienza del campionato mondiale di pattinaggio a rotelle ed i campionati europei di Goalball disciplina paraolimpica rivolta agli atleti da disabilità visive o alla conquista da parte di Ascoli Piceno del titolo di “Città europea dello sport 2014”. Senza contare i tanti appuntamenti di rilievo nazionali o internazionali ospitati nella città di San Benedetto del Tronto. La Provincia da parte sua ha sempre incoraggiato la diffusione dello sport a tutti i livelli sostenendo, quando possibile, la riqualificazione e la sistemazione degli impianti sportivi, il sostengo a gare ed altre iniziative. A tale riguardo ricordo la manifestazione “Staffettando nel Piceno”, evento non agonistico con protagoniste due discipline particolarmente amate e popolari: il podismo e il ciclismo. Un evento che, attraverso un percorso di ben 350Km, ha abbracciato tutti e 33 i Comuni del Piceno dalla costa alla montagna, passando per borghi e frazioni alla scoperta di storia e paesaggi con un risvolto anche sociale per la sensibilizzazione, in collaborazione con l‘Avis, sulla donazione di sangue. Come ente di area vasta la Provincia, anche attraverso lo sport, mira a proporre il “prodotto-territorio” nella sua interezza per farlo conoscere, renderlo attrattivo e promuoverlo tra i concittadini ed all’esterno. “Siamo talmente consapevoli che lo sport possa essere uno straordinario veicolo di promozione turistica al punto che, già nel 2010, avevamo sviluppato insieme alla Sutor Basket Montegranaro, la maggiore realtà sportiva del Fermano, un “Progetto Strategico Speciale di Marketing Territoriale”. Una partnership importante che, oltre a far conoscere le nostre eccellenze in tutta la Penisola, si era concretizzata anche attraverso un supporto alle attività di promozione della pratica sportiva giovanile che la Sutor Basket ha portato e porta tuttora avanti con il coinvolgimento di numerosi Comuni, associazioni e società sportive. Accanto a questo, non abbiamo mai fatto mancare il nostro sostegno agli eventi più importanti (tra questi il GP di Capodarco e la competizione velistica presso il Lago di San Ruffino, ad Amandola), così come alle centinaia di iniziative distribuite lungo tutto l’arco dell’anno solare. Quanto al potenziale che il nostro territorio riesce ad offre agli appassionati di tutte le discipline sportive, è innegabile come il Fermano giochi sempre un ruolo da protagonista nello scenario regionale, con strutture e realtà ai vertici delle rispettive federazioni e con ricadute alquanto significative in termini sia sociali che educativi. Una situazione che, unita all’offerta “naturale” (penso soltanto alle potenzialità turistiche del Parco Nazionale dei Monti Sibillini), ci permette di veicolare la nostra storia e la nostra cultura in maniera tanto diretta quanto efficace”.

67 _whymarche.com

WHY MARCHE

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI ASCOLI PICENO PIERO CELANI

ASCOLI PICENO

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI FERMO FABRIZIO CESETTI

FERMO


_SPORT_

Le figlie

Sono le ragazze del Città di Falconara, alla loro prima esperienza nel Campionato Nazionale di calcio a 5 femminile dove brasiliane, portoghesi, spagnole non riescono a spaventarle! l calcio, si sa, è l’oppio degli italiani. Lo direbbe certamente Karl Marx. Qualora resuscitasse. Ed avesse la (s)fortuna di entrare in qualsiasi bar nostrano. O anche in un salotto mondano. Con buona pace della religione. Per non dire della politica tanto cara al barbuto ideologo ottocentesco… Ma la pedata italica, sport nazionale all’ennesima potenza, ha un solo sesso. Quello maschile. Al femminile c’è infatti il nulla. Il football in gonnella in Italia, mai esploso più di tanto, vive pure una profonda crisi. Con cifre al limite del ridicolo. Basti pensare al numero di tesserate. Pari all’Islanda. Ma non stiamo qui a scomodare sociologi o antropologi. Perché c’è una disciplina che sposa magnificamente il pallone alle ragazze. Il calcio a 5. Nella penisola c’è un vero e proprio boom. Palazzetti pieni, interesse crescente, entusiasmo alla stelle, società importanti, visibilità sempre più evidente. Tre anni fa la Divisione Nazionale di calcio a 5, costola della FIGC, ha unificato su scala nazionale il campionato italiano. Scelta lungimirante. Oggi per aggiudicarsi lo scudetto lottano e sgomitano in serie A ben 42 squadre. Divise in 3 gironi. Fedeli tronconi della nostra geografia: nord, centro, sud. Per poi giocarsi il tricolore in play off unificati. E come capitava nei gloriosi calciofili anni ’80 siamo pieni di grandi vedette straniere. Le novelle Maradona, Zico, Platini si chiamano Lucileia (Lazio), Jessiquina (Ternana), Iturriaga (Montesilvano). Nomi che dicono poco ai non esperti. Ma che provocano il luccichio nelle pupille degli appassionati di futsal. Perché sono quelli dei Pallone d’Oro, delle stelle dei mondiali. Facenti a gara per venire a giocare da noi. In netta controtendenza con ogni tipo di mercato. Sportivo e non.

I

w

68

<<< <<< di

MARCO BRAMUCCI <<<


delle marche Nelle Marche il calcio a 5 gode di buona salute. Come numero di società siamo ai primi posti nel rapporto tra popolazione e club. Non abbiamo squadroni al maschile, la migliore il PesaroFano sta in A2. Ma ci difendiamo meglio nel futsal rosa… Intanto perché siamo Campioni d’Italia in carica, titolo vinto al Torneo delle Regioni 2013 in Sardegna, un vero e proprio mondiale tra regioni che si tiene ogni anno. E perché abbiamo due portacolori nella in serie A. Due realtà completamente differenti tra loro. Per mentalità, tradizione, filosofia. La prima è il Portos Femminile, sodalizio ascolano, sempre presente alle tre edizioni della massima serie. Nelle ultime due qualificatosi addirittura per i play off. Buona dedizione all’esterofilia, con una rosa per metà internazionale ricca di portoghesi, argentine e brasiliane. E da quest’anno pure un tecnico straniero, Manuel Almeida da Oporto. Insomma un’equipe costruita con risorse cospicue, destinato a navigare nelle alte sfere del campionato. L’altra è il Città di Falconara, realtà diametralmente opposta a quella ascolana e ai tanti top team italiani. Ed è questa che approfondiremo. Intanto per la sua genesi. Nata nel 2012, figlia di un’anomala fusione tra un sodalizio di futsal

maschile, il Leopardi Falconara, e uno di femminile, il Dolphins Ancona. Apparentemente senza punti di incontro. Se non per quello principale: la passione per il futsal e la voglia di stare insieme. Da trasmettere dalla dirigenza, unita e compatta, ai ragazzi. Senza distinzioni di sesso e età. La prima stagione è stata esaltante per i citizens. Promozione per i maschietti saliti in C1, ma soprattutto trionfo in campionato, la serie C marchigiana, per le girls falconaresi con en plein di vittorie, 22 su 22. E salto diretto in serie A. Per il tripudio del popolo biancoazzurro, questi i colori sociali, sempre più innamorato del team di Mirco Massa, il trainer anconetano deus ex machina. Realtà molto differente per la sua estrazione geografica. 100% made in Marche, la provenienza delle atlete. Il capitano Claudia Catena ed il suo vice Pamela Gambelli da Ancona, la stella Martina Mencaccini da Pergola, il portiere Giulia Chiaraluce da Osimo Stazione, le maratonete Lorenza Romagnoli e Mara Capradossi da Tolentino, le fantasiste Sara Berti e Deborah Zambonelli da Jesi, la granatiere Diletta Cremonesi da Sirolo, la geometra Simona Borgogelli da Fano, il moto perpetuo Eleonora Lametti da Arcevia. Con una sola concessione dall’estero. Elisa Magnanti, la

guerriera dalla faccia d’angelo dei parquet, da Riccione. Una romagnola di passaporto, marchigiana d’adozione, avendo vinto insieme a Catena, Chiaraluce e Mencaccini proprio il Torneo delle Regioni. E di quelle Marche tricolore c’è un altro impareggiabile protagonista, Francesco Battistini, mister proprio di quel dream team, venuto in estate a Falconara per ricoprire il ruolo di direttore tecnico. Sia nel maschile che nel femminile, of course… L’inizio è stato buonissimo per il Città di Falconara. Al debutto assoluto è arrivato la prima sconfitta in quel di San Martino di Lupari contro le Lupe. Solo per 2-1. Ma la caratura dell’avversario e la prestazione complessiva avevano rincuorato mister Massa. Così è stato. Nell’esordio al Pala Badiali, domus interna di tutte le appassionati domeniche di futsal in gonnella, il CDF ha superato per 5-2 l’Areasport Verona. Per la prima storica vittoria in A. Per poi bissarla sette giorni dopo in quel di Torino (4-2). Perché la gloria si assapora bene pure on the road… Ed ora è proprio il momento del derby. Portos Femminile contro Città di Falconara. Le figlie del mondo contro le figlie delle Marche. Il cuore della nostra regione sa già per chi pulsare… WHY MARCHE

69

_whymarche.com


Jesi

_MOTORI_

Potrebbe arrivare nelle Marche, ed in particolare a Jesi, la Carrera Cup Italia, il prestigioso monomarca di Porsche Italia che si corre in pista con le 911 GT3 Cup. Il titolo 2013, infatti, è alla portata dello jesino Enrico Fulgenzi, che alla vigilia dell’ultima gara del campionato è in testa alla classifica provvisoria con ottime chances di successo finale. Il monomarca Porsche è da tutti riconosciuto come uno dei piú combattuti trofei del panorama automobilistico italiano e annovera tra i partecipanti i migliori campioni della specialitá. Tra questi c’é Enrico Fulgenzi, 27enne jesino, alla sua quarta stagione di corse nella serie, considerato ormai un vero talento ed uno dei piloti più esperti al volante di vetture GT.

lla vigilia delle ultime due gare di Monza, Fulgenzi guida la classifica con quattro punti di vantaggio sul lombardo Alberto Cerqui e ben 19 sul piemontese Gianluca Giraudi, pertanto gli addetti ai lavori lo danno favorito per la conquista del titolo. “Sono davvero molto carico e determinato - tiene a precisare Fulgenzi in partenza per l’autodromo di Monza, teatro del gran finale 2013 - e sono sicuro di ottenere il risultato pieno. Nelle ultime gare abbiamo sviluppato molto bene la vettura e, quindi, voglio difendere con i denti la prima posizione in classifica. Non sará facile perché gli avversari godono di grande prestigio, ma sono sicuro che questa volta riuscirò a portare nelle Marche un titolo molto ambito nell’ambito della competizione automobilistica.” E i presupposti ci sono tutti. Fulgenzi, infatti, quest’anno ha vinto ben quattro gare raccogliendo sempre grandi consensi e la sua vettura si é sempre dimostrata all’altezza. A questo punto manca solo la vittoria finale che, a sentire gli addetti ai lavori, non dovrebbe sfuggire al bravo portacolori dell’Heaven Motorsport, la sua squadra , di cui Enrico svolge anche le mansioni di direttore sportivo. “Oltre ad essere un pilota - ribadisce Fulgenzi - ho avuto anche tempo di costituire una mia squadra, l’Heaven Motorsport, di cui mi occupo a tempo pieno. Gestisco diverse vetture che faccio corre in altri campionati e che affido a piloti-clienti che vogliono impegnarsi in pista. Questo lavoro mi dá grandi soddisfazioni ed è per questo che sto allargando i miei orizzonti anche fuori dall’Italia, soprattutto in Estremo Oriente dove ci sono piloti, mezzi e capitali in grado di dare un impulso alla mia attivitá imprenditoriale nel mondo delle corse.”

A

Una carriera, quella di Enrico, non nata per caso, ma maturata nell’ambito familiare, sulla scia di suo padre Fernando, ex pilota ed ora il suo piú grande sostenitore. L’inizio dell’attività agonistica è datato 2007 nella Citroen C1 Cup dove Fulgenzi si è distinto per le sue notevoli doti di guida, per poi passare l’anno successivo nella Porsche Cayman Cup, trofeo che lo ha visto trionfare nel 2009. Ma è l’approdo alla Carrera Cup Italia nel 2010 che lo ha fatto conoscere al grande pubblico ottenendo vittorie e creando i presupposti per diventare un “professionista” del mondo delle cose.

w

70

<<< di

GAUDENZIO TAVONI <<<


all’assalto della Carrera Cup Italia

“Enrico é maturato molto in questi ultimi anni - dichiara con orgoglio suo padre Fernando - e quest’anno si merita ampiamente la vittoria nella Carrera Cup, preludio di un probabile impegno internazionale nella prossima stagione di corse. Lo sbocco naturale é verso la Mobil One Supercup, la serie mondiale che si corre con la nuova Porsche Carrera 991 dove militano i più forti campioni, ma tante altre potrebbero essere le opzioni da valutare. Nel frattempo ci concentriamo su questo finale di stagione, certi di poter festeggiare Enrico al termine del week end monzese.” Oltre alla classifica piloti, Jesi é in testa anche nella graduatoria “Team” dove l’Heaven Motorsport é al comando con sei lunghezze di vantaggio sull’Ebimotors e, anche in questo caso, i pronostici sono tutti per la compagine marchigiana.

WHY MARCHE

71

_whymarche.com


La suora cus _FOLKLORE_

Prosegue il nostro viaggio tra quei luoghi marchigiani che apparentemente fanno parte della vita quotidiana di un paese o di una città, ma che nei loro meandri più nascosti celano racconti, segreti e leggende che rendono vivo il folklore della nostra regione.

La nostra “indagine” sul paranormale vero o presunto, ma sempre da far drizzare i peli anche ai più scettici, si sposta nel pesarese. Un territorio che a dire la verità è molto ricco di presenze occulte e di storie in cui il confine tra vero ed inventato è talmente labile da non essere ritracciabile. Dipenderà dalla vostra sensibilità, dalla vostra propensione a lasciarvi convincere da ciò che non potrete mai vedere, dalla voglia che avrete di staccare i piedi da terra e farvi guidare dall’immaginazione…credere o no come sempre dipenderà da voi!

w

72

I

l luogo del mistero con fantasma annesso è la Chiesa della Santissima Annunziata. La chiesetta fu edificata nel 1389, al di fuori delle mura di Urbino. Ma il nostro spettro come vedremo è molto più giovane! Dedicata all’Annunziata, questa chiesa passò di mano in mano nel corso del tempo. E già un primo presagio della sua storia oscura si rintraccia alla fine del ‘500 quando venne intitolata Chiesa della Morte. Scommetto che vi chiedere te il perché. Niente di macabro, non ancora! In realtà tale nome derivava dal fatto che fra le opere pie che doveva portare avanti la Compagnia dell’Annunziata di fuori, vi era anche quello di accompagnare i morti a sepoltura. Ma, niente accade mai per caso! Arriviamo allora ai giorni nostri. In realtà, se tutti gli altri fantasmi di cui vi abbiamo parlato fin ora perdevano le loro origini molto lontano nel tempo, questo è un nostro contemporaneo. Anzi, prima di fare gaffe per cui l’ectoplasma potrebbe offendersi, precisiamo: è una nostra contemporanea! Una suora di clausura per essere precisi. Leggenda narra che nel 1927 la Chiesa della Santissima Annunziata fu teatro di un efferato massacro. A subire l’ira di malviventi in cerca di un tesoro sepolto, furono tutte le suore di clausura del convento. La loro forza però, se non fu sufficiente a preservarle dal loro triste destino, fu però abbastanza per far sì che il segreto sull’esatta posizione dello scrigno morisse insieme a loro. Una morte violenta dunque quella che toccò alle sorelle ed oltretutto senza colpa alcuna: solo la preghiera era lo scopo della loro vita ed il proteggere quello che non doveva finire in mani sbagliate. Che cosa contenesse quel tesoro segreto, non è dato saperlo: forse oro o gioielli o monete. Fatto sta che nessuno fino ad oggi è mai riuscito a trovarlo.


ustode

Un titolo strano, lo ammetto. Ma non convenzionale è anche la storia che vi stiamo per raccontare…di fantasmi ovviamente!

Ma uno tra le monache uccise, non è ancora riuscita a ritrovare la propria pace nel regno dei cieli. Il suo corpo è stato sepolto insieme a quelli delle sue consorelle, ma la sua anima di dice non abbia mai abbandonato la Chiesa. Come si può fare questa supposizione? Perché Lazarus, così si dovrebbe chiamare la nostra monaca fantasma, avrebbe risposto a chi la chiamava durante una seduta mediatica, diversi anni fa. Forse stanca di dover presidiare quel luogo di morte e di proteggere un tesoro che le era costata la vita, nel corso di quell’incontro paranormale – con chi sia avvenuto, questo non è dato saperlo – Lazarus avrebbe rivelato il luogo esatto in cui sarebbe nascosto l’agognato malloppo. La nostra storia non ha però un lieto fine: i popolani che tramandano questa leggenda, raccontano infatti che le ricerche non diedero i frutti sperati a causa di detriti che impedivano l’accesso ad un cunicolo che sarebbe stata l’unica via per raggiungere la terra promessa. Non c’è ancora pace dunque per Lazarus che continua a presidiare la Chiesa, custode anche ben oltre la morte di un tesoro che, a questo punto, dovrebbe essere davvero molto importante e cospicuo!

Chi di voi è avvezzo a sedute spiritiche o incontri medianici potrebbe tentare la fortuna: la propria, perché accaparrarsi un tesoro per il quale si è disposti a perdere la vita potrebbe essere davvero interessante, e quella di Lazarus, che potrebbe finalmente abbandonare la Chiesa della Santissima Annunziata e raggiungere le sue sorelle nel luogo del riposo eterno.

WHY MARCHE

73

_whymarche.com


_STYLE & FASHION_

ia l i c Ce

lo r a nc

Gia

Cecilia compra vestiti, scarpe e borse in enormi negozi in franchising dove per non molti euro si accaparra vilpelle e acrilico all'ultima moda. Cecilia ha uno stipendio che non le permette di andare nelle boutique del centro, quelle che espongono cartellini con prezzi a quattro cifre prima della virgola e, comunque, non ci vorrebbe andare: le commesse le mettono ansia. Perennemente in bilico tra la matriciana e la galletta di riso, non rinuncia ad indossare tubini fascianti la domenica sera, quando, con le altre della parrucchieria, va a caccia d'amore nelle discoteche con ingresso omaggio entro l'una. Con il grosso seno sempre in vista, i jeans attillati e il tacco dodici ne ha conquistati parecchi: idraulici, operai specializzati, pizzaioli e persino un geometra comunale.

a n i om

R

Giancarlo aspetta da due mesi il derby e ha immaginato le ore in ufficio a guardare interviste ai giocatori su youtube e a calcolare la migliore formazione possibile, una partita cruciale per il fantacalcio: è secondo in classifica e vuole a tutti i costi passare al primo posto a quattro giornate dalla fine del campionato. Non ha tempo per Patrizia che insiste per andare a vedere i mobili per la casa nuova, non ha tempo per la cucina con la penisola. Per ottemperare ai suoi doveri di fidanzato di lungo corso (sei anni di fedine, cene dai genitori di lei e la data delle nozze già fissata), stasera la porterà a cena fuori. Sa già che appena Patti lo vedrà con la polo, i pantaloni della tuta e le sneakers gli mostrerà la solita smorfia di disprezzo e gli tirerà fuori la storia della camicia color malva comprata a Natale, che gli stava un amore e così ha già deciso che stasera le concederà il tiramisù della casa. Da Gigi lo fanno cremoso e i pavesini non sono mai troppo carichi di caffè e poi c’hanno le dirette della Champions sul maxischermo.

Romina passa ore su siti di shopping online giapponesi, spesso le capita di dover fare lunghe code alla posta per rispedire i capi acquistati che non le stanno, ma comunque meglio dei negozi del centro commerciale. Non si rassegna al fatto che in provincia ci siano così poche opportunità per una gothic lolita. Dopo il diploma se ne andrà a Londra (è il posto più vicino a Tokyo realmente raggiungibile) a studiare alla St Martins. Non vuole finire in banca, che un amico del padre che ci lavora dice si liberanno un po’ di posti a giugno. Non ci si vede a contare soldi con lo smalto nero, il corsetto e le crinoline. Per questo meglio chiudere il manga e riaprire il vocabolario di greco, finire la versione per poi passarla a Maicol che con quella fossetta è impossibile dirgli di no.

I M M A G I N I

w

74

<<< d i

A N D R E A C O Z Z O N I <<<

ANDREA COZZONI


M

l e u an

a l o i ab

F

Manuel ha studiato marketing e comunicazione di moda a Milano, una scuola privata per cui il padre ha dovuto sborsare dodicimila euro l’anno, poi però non se l’è sentita di rimanerci a Milano, troppa competizione, se n’è tornato in provincia dove non ha faticato a inserirsi nell’azienda tessile del babbo. Si è lasciato i baffi di recente, dicono sia un musthave, e si è tagliato i capelli secondo la moda patinata del momento. Finalmente sabato ritira il Cayenne nero opaco, la nuova macchina aziendale. Festeggerà con pantaloni D&G, cintura GUCCI, camicia DSQUARED e HOGAN, tavolo al Caribe, champagne e qualche grammo di bamba. Seratona.

Fabiola si è fatta i rasta a diciassette anni, poi quando ne ha compiuti quarantacinque si è rapata a zero per esortare la sua vita ad un cambiamento, togliere l’anello al naso sarà la prossima svolta. Ora la sua testa è pennellata di un argento abbagliante che la inorgoglisce, ma la maggior parte dell’anno indossa una cuffia per ripararsi dalle temperature rigide mattutine quando carica il suo piccolo fiorino per fare il mercato. Vende anelli fatti con tappi di bottiglie e braccialetti di cartone pressato. La piccola rendita che le hanno lasciato i nonni le permette di sopravvivere senza troppi patemi e alla storia del lavoro che nobilita l’uomo non ci ha mai creduto. Nei larghi pantaloni alla turca, screziati di ventidue colori e parka verde militare, vendere tappi di bottiglia non le pesa affatto da quando inganna il tempo giocando a candy crush.

io z i r ab

F

Fabrizio fa l’agente immobiliare ed è sposato da cinque anni con Lucrezia, architetto figlia di architetti, uscito da giurisprudenza non se la sentiva di fare il praticantato e l’esame da avvocato. Il lavoro non lo entusiasma né lo deprime, come era stato per l’università, di grosse passioni non ne ha mai avute e una vita normale era quello che si aspettava gli accadesse. Mocassino senza calzino, jeans stretto, camicia a righine sottili, ogni mattino parte in macchina, che porta a lavare tutti i venerdì, per andare a lavorare in agenzia e quando riesce a piazzare un appartamento difficile gli si stampa un sorrisetto in faccia. Con Lucrezia escono poco, per lo più il sabato e la domenica con altri amici accoppiati e fanno l’amore una volta a settimana quando lei beve un bicchiere di più. Lucrezia poi si addormenta subito, lui invece rimane sveglio a guardare la tele e da qualche tempo, youporn.

WHY MARCHE

75

_whymarche.com


_LUDICA_

TOMB RAIDER ODISSEY: THE SECRET ABYSS OF PORTONOVO

erché no?! Assassins Creed, Resident Evil, Tomb Raider… voi non ce la vedete Lara Croft alla ricerca del Vaso di Pandora ai Sassi Neri? Oppure Spiderman che salta da un tetto marchigiano all’altro? Certo, dovrà faticare un po’ di più poveraccio, considerando che di palazzi alti non ne troverebbe molti! Ma di certo Batman con le sue moto o la sua Batmobile si divertirebbe parecchio a guidare sulle curve del Monte Conero! Ditemi: perché ogni volta che sentiamo parlare di questi grandi eroi ed eroine, superbuoni e supercattivi, se la giocano sempre a chi distrugge per primo New York o a chi vola più lontano nelle galassie dell’universo alla ricerca delle vite aliene più strane? Il pubblico vuole davvero questo? Io non credo che sia cosi. Vorrei farvi un esempio parlando di un game che ha fatto storia. Pochi anni fa, la Ubisoft Montreal, una software house indipendente francese decise di ambientare il suo gioco di punta nella oscura e rinascimentale Toscana scostandosi tantissimo dallo standard scenografico che avevano i giochi fino ad allora, correndo un rischio altissimo. Si buttò senza problemi su

P

76

<<< di

CHRIS REDFIELD

<<<

w

questa avventura e cosi diede vita ad un personaggio che si chiamava Ezio Auditore, un normale fiorentino nato nella città di Dante, ma diventato leggenda nel mondo giochi. Ezio è stato un assassino, il più importante del credo degli assassini, e tutti lo conosciamo ancora oggi come ASSASSIN CREED. Nel momento in cui decise di scommettere su questo personaggio e la sua ambientazione, la Ubisoft non poteva sapere la reazione del pubblico, non sapeva come avrebbero preso il fatto di ambientare un gioco da NewGen nel periodo rinascimentale italiano. Ai tempi di oggi, grandi marionette del game hanno fondato la loro solidità inserendo sempre la tecnologia e il futuro nei loro giochi. I grandi come Halo, Mass Effect, Alien, Bayonetta, DMC, etc... dimostravano che i giocatori volevano qualcosa di ancora non esplorato, di ignoto, di misterioso. Nonostante questo, la scelta di Ubisoft non poteva essere più azzeccata! Il pubblico iniziò ad ammirare fin da subito la storia italiana, migliaia di anni fatti di intrighi, potere, successo, soldi, odio e amore. Questo era il rinascimento italiano e tutto questo si poteva assaggiare in


E se vi dicessimo che il prossimo

Legend Of Zelda

sarà ambientato nelle Marche? Assassins Creed, impersonando Ezio Auditore e soprattutto in quel momento il pubblico conobbe la storica e bellissima Firenze e non solo. Il gioco fu un tale successo anche perché portava quotidianamente nelle case dei giocatori il Leonardo carismatico, la Famiglia Borgia, i Medici e tanti altri. La richiesta del pubblico di toccare ancora l’Italia fu talmente alta che le avventure del protagonista si spostarono a Roma, Forli Urbino ed anche in altre città del centro Italia. Assassins Creed fu il miglior gioco del mondo per tre anni consecutivi: che sia un caso che la storia fosse intessuta di letteratura, arte, cultura italiana? Non credo! Perchè casualmente poco dopo uscirono serie tv come I Borgia, Spartacus, Da Vinci Demons, che in poche settimane schizzarono in vetta tra le serie TV più viste di tutti i tempi. Ammettiamolo, al pubblico piace l’Italia, piace la nostra storia indipendentemente da Firenze o Roma. L’Italia è storia e con essa le nostre piccole Marche: davvero un territorio ancora inesplorato. E allora perché non ambientare un gioco/film o una serie interattiva nelle nostre Marche? Perché non rievo-

care le nostre terre sacre fatte di storia, di immortalità, di tanti segreti e misteri? Perche dobbiamo aspettare che dall’estero sfruttino ancora il nostro Made in Italy? Perché dobbiamo sempre vederci soffiare via il nostro patrimonio da sotto gli occhi? L’Italia, le Marche, sono nostre e noi abbiamo il compito di promuoverle: abbiamo un tale pozzo d’oro sotto i piedi! Ma vediamo quotidianamente il resto del mondo che ce lo porta via e restiamo lì a guardare senza fare niente. Siamo solo un popolo di “lamentoni”? No, io non credo, solo che dobbiamo applicarci di più e saper vedere le opportunità che la nostra terra offre per farla conoscere nel mondo. Pensate solo a Leopardi, Raffaello, Rossini e a tanti altri grandi mentori e simboli marchigiani: quante storie oscure potremmo creare, di mistero oppure semplice verità? Facciamoli rivivere come ha fatto la Ubisoft, facciamoli conoscere al mondo intero come realmente erano, ridiamo una possibilità al nostro passato di venire ancora fuori e dominare il mondo ludico e cinematografico come ha già dimostrato di poter fare!

ASSASSINS CREED REVELATION . BACK TO LORETO

WHY MARCHE

77

_whymarche.com


w HOT EL

HOUSE

il mondo in verticale

Vita e miracoli del “mondominio” di Portorecanati, laboratorio spontaneo di convivenze (prima puntata) d i

Gia mp a o lo

Pa tic c h io

Il colosso verticale di cemento, pianta a croce e 480 appartamenti distribuiti su 17 piani, è un pugno nell’occhio lungo il susseguirsi quasi omogeneo di costruzioni basse che, all’altezza della periferia sud di Portorecanati, affiancano la statale 16. Tutti hanno sentito parlare dell’Hotel House, oggi quasi un sinonimo di “immigrazione” nelle Marche.

w

7788


l rosso pallido dell’edificio, i lunghi balconi stracolmi di oggetti, il bucato steso e il proliferare di paraboliche sul tetto danno alla visione un che di proletario. Ma quando fu progettato, a fine anni ’60, l’HH avrebbe dovuto essere un enorme residence per le vacanze estive, un insediamento autonomo con tanto di laghetto artificiale, campi di tennis e minigolf, negozi, ristorante, discoteca e sauna: nell’Italia del boom economico tutti dovevano potersi permettere una casa per la villeggiatura. Visto da qui, oggi, sembra il gigantesco risultato di un’enorme speculazione edilizia, non a caso realizzata in assenza di piano regolatore e nella diffidenza dei pescatori che abitavano il borgo. Ma, all’epoca, tutta la politica locale e nazionale diede bella mostra di sè su quel palcoscenico e i giornali parlarono di “capolavoro dell’architettura razionalista”. Nei primi anni, la promessa fu più o meno mantenuta e il palazzo divenne una meta estiva abbastanza popolata. Ma l’inverno l’HH si trasformava in uno scatolone semivuoto, in cui i tanti esercizi commerciali diventavano inutili. Finchè, nel ’73, la ditta costruttrice non dichiarò fallimento, prima ancora di aver ultimato tutti i lavori di contorno, e il suo titolare si suicidò. Ma è con il terremoto di Ancona, un anno prima, che la strana sorte dell’HH aveva già iniziato a prendere forma. Ci andarono infatti ad abitare molti degli sfollati anconetani, che hanno così rappresentato la prima di una lunga serie di popolazioni provvisorie che si sono alternate nel condominio per poi abbandonarlo. A seguire, furono le famiglie degli ufficiali dell’aeronautica di una base vicina a farne un appoggio provvisorio, poi quelle dei pentiti inseriti nei programmi di protezione dello stato quali collaboratori di giustizia e ancora le animatrici dei numerosi night che, dalla seconda metà degli anni ’80, proliferavano sulla costa. Così, gradualmente, l’HH prese una certa piega. La piega di un luogo a parte rispetto alla città, come in fondo, seppure con altre finalità, era stato immaginato in origine. È negli anni ‘90, però, che l’HH inizia a diventare quello che è oggi. Un “mondominio”, secondo la definizione di Adriano Cancellieri, sociologo che ha studiato da vicino -vivendo sul posto- il fenomeno. In assenza di una politica abitativa, la questione demografica fu abbandonata nelle mani del mercato immobiliare. Così la svalutazione degli appartamenti dell’HH, ormai considerato un luogo “altro”, unita alla forte richiesta di manodopera dei vicini distretti industriali in crescita produttiva, popolarono l’edificio di immigrati, molti dei quali, nel tempo sono diventati proprietari. Si verificò, di fatto, una vera e propria concentrazione multietnica. Una concentrazione di famiglie, in grande maggioranza di lavoratori. Che isolata com’era, urbanisticamente e nell’immaginario comune, divenne un po’ ghetto, un po’ “riserva indiana”. Oggi, qui, all’ HH l’italiano come lingua madre è in minoranza. Ma, in realtà, è l’unico collante linguistico in tanta diversità di codici e di linguaggi, se si pensa che attualmente circa 2000 persone, provenienti da 42 paesi diversi del mondo, popolano quel quartiere in verticale. Qui tutto rimanda ad altri universi. E l’elemento in assoluto più “italiano”, oltre a un gruppo di famiglie residenti italiane, è quello delle seconde generazioni.

I

WHY MARCHE

79

_whymarche.com


w

mediario r e t in l’ o Lucian Si chiama Luciano Cinquarla e ha 50 anni, sua madre era eritrea e suo padre italiano. Conosce bene l’Hotel House per averci abitato appena sposato. “Ho installato impianti di riscaldamento in quasi tutti gli appartamenti del condominio”, dice con orgoglio. Ma qui, lui, tutti lo conoscono principalmente come l’intermediario con l’amministrazione comunale. Luciano è infatti consigliere di maggioranza, eletto nella lista civica del sindaco, che gli ha affidato, tra le altre, proprio una delega ad occuparsi del palazzo-quartiere. “Conosco questo posto dalla posa della prima pietra nel ’67”, afferma, “ho abitato al 16° e al 7° piano, da qui ho sentito tutti i terremoti importanti delle Marche. Fino a 4/5 anni fa, qui non ci si entrava. Era un posto pericoloso. Oggi sono gli stessi condomini che hanno preso in mano la situazione, opponendosi a chi svolgeva attività illecite intorno al palazzo e cacciandolo via. Oggi tutti possono frequentare l’HH con più tranquillità. L’amministrazione comunale cerca in tutti i modi di sostenere i condomini. Ha messo a disposizione i locali al piano terra, di cui era proprietaria, per le attività educative e formative di piccoli e grandi e molti ragazzi sono inseriti in attività sportive del territorio”. La domanda rimane aperta: esiste un programma di integrazione per questa porzione di città? Cosa si fa per avvicinare l’HH a Portorecanati e viceversa? “Abbiamo organizzato delle iniziative in paese che sono state molto partecipate anche dagli abitanti dell’HH che, tra l’altro, dimostrano sempre grande dignità e non si presentano mai a mani vuote”, risponde Cinquarla. Ma da un punto di vista urbano, questo palazzo è isolato dalla città. Eppure qui ci sono quasi 2000 residenti. Non c’è nemmeno un marciapiede per attraversare il pericoloso svincolo della statale, che divide il condominio dal resto del paese. Nessun piano urbanistico ha mai previsto uno sviluppo dell’area e un collegamento con il centro. L’integrazione non dovrebbe iniziare da questi elementi più tangibili? “Non è solo un problema di questo quartiere. Nel paese, purtroppo non ci sono le risorse economiche. Prima, forse, non c’era stata la volontà politica, ma negli ultimi anni si è fatto tanto per l’HH. Rispetto ai lavori urbanistici necessari, che pure avevamo programmato all’inizio di questa esperienza amministrativa, è tutto bloccato a causa della crisi. Se avessimo i soldi, un servizio di trasporti e le opere pubbliche di raccordo sarebbero la prima cosa da fare per migliorare la situazione”.

w

80

Auguri a r o n ig s La La storia di Franca sembra una specie di favola dell’integrazione a parti invertite. Lei, romagnola e architetto mancato, viveva a Tolentino. Da più di 3 anni ha comprato casa all’Hotel House e lì ha conosciuto il tunisino Marouane di cui, da quasi 2 anni, è diventata la moglie. Oggi lei è la Signora “Auguri”, che è la traduzione di Mabrouk, il cognome del marito. “Sono felicissima di vivere all’HH” dice Franca, un fiume inarrestabile di racconti, “quando sono venuta la prima volta, ero concentrata solo sull’appartamento: costava poco e dal balcone vedevo il mare; per me era già abbastanza. Solo dopo ho realizzato cos’era questo luogo. E non è stata una brutta sorpresa, anzi. Questo posto mi ha arricchito. È colorato, c’è il clima umano che piace a me: esci di casa e tutti, che ti conoscano o meno, ti salutano. Qui ho riscoperto il valore della dignità umana. Forse bisogna essere curiosi come me per apprezzarlo, ma in genere a tenere lontane le persone dall’HH è la paura di quello che non conoscono. Io obbligherei tutti i porto recanatesi a farsi un giro qui. Non bisognerebbe mai fidarsi degli stereotipi, mai giudicare


ta entusias l’ a ia d a B Badiaa ha sul volto un’espressione di genuina dolcezza e sorride senza risparmiarsi. Viene dalla Tunisia e vive in Italia dal 2002, da 7 anni all’Hotel House. Ha un marito e tre bambini: Donia, 9 anni, occhi grandi e mobili, è qui con lei ed è incuriosita dall’intervista. Badiaa è letteralmente entusiasta del suo condominio: “Mi piace qui, sono tanto felice di viverci. Noi l’appartamento ce lo siamo comprato. Qui c’è tutto il mondo e ci sentiamo tutti uguali: magrebini, pakistani, albanesi, bengalesi, senegalesi, italiani. Ho tanti amici, sia tra gli arabi che tra gli altri.” Badiaa sembra parlare di un altro luogo rispetto a quello raccontato dalle cronache dei media e radicato nell’immaginario comune di chi, alla fine, nell’HH non ci ha mai messo piede. Ma non è anche pericoloso vivere qui? Badiaa alza le spalle: “Una volta forse c’era una situazione più fuori controllo. Ma, in proporzione alla concentrazione di abitanti, in fondo ci sono gli stessi disagi e problemi di tutti i quartieri così popolati. Adesso anche l’amministrazione condominiale è migliorata. E facciamo anche la raccolta differenziata dei rifiuti, una cosa che mi piace tanto.” Badiaa ha frequentato dei corsi di intercultura e ha fatto la volontaria con i bambini, nella ludoteca che una cooperativa sociale gestisce al piano terra del palazzo. “Io a Portorecanati ci vado sempre in bicicletta”, dice, “non è poi così lontana. Forse per i bambini è un po’ più difficile muoversi, con tutto il traffico che passa sotto la statale. Ma io sto bene e voglio restare qui. Mio marito, che adesso è in mobilità, inizia a pensare che sarebbe meglio tornare in Tunisia, ma io e i miei figli sentiamo che la nostra casa è questa, in Italia”.

quel che non si è visto”. “Ci sono dei disagi è vero, “ammette lei, “ma le poche volte che è successo dimostrano che, se gli abitanti si mettono insieme per affrontare i problemi, questo posto può essere rivoltato così”. È proprio dall’idea di promuovere una coscienza comune che è nata “Cinque Continenti”, l’associazione culturale di cui Franca fa parte. Appare chiara la sua consapevolezza di vivere in un posto unico, da un punto di vista sociale, per questo il suo approccio è anche fortemente politico: “Questo non è un condominio privato, come dice la politica quando si vuole giustificare, questa è una parte della città. Io non voglio un distaccamento dell’anagrafe qui, ad esempio, come si prospettava tempo fa. Non voglio che questo diventi sempre più un ghetto. Ho sentito parlare di grosse cifre stanziate dalla Regione per l’HH. Al comune dicono di averci sistemato il parcheggio, con quei soldi, e di aver installato un sistema di controllo video per la sicurezza. Mi sono detta: tutti quei soldi solo per mettere della ghiaia, dei pali della luce e delle video-camere? Magari è stato solo un cattivo affare, non discuto sulla buona fede, ma noi cittadini dovremmo partecipare di più alla gestione delle risorse che ci vengono destinate, informarci, poter fare proposte”.

Foto di: Giampaolo Paticchio, Luca Vannicola, Fabio Rossi

WHY MARCHE

81

_whymarche.com


ABBONAMENTI Abbonamento

Abbonamento

Magazine

Premium Magazine

iPAD Alta Definizione

Ricevi comodamente la rivista a casa o in ufficio

+

A soli

iPAD

0,79

a numero

5 + 5

5

eri m nu

Offerta

Abbonamento

Why Marche un’esperienza unica a portata di iPAD

eri m nu

Offerta

8,50 iva inc.

Offerta

4,74 iva inc.

5

eri m u n

3,99 iva inc.

vai su www.whymarche.com/store Ritaglia o fotocopia il coupon, invialo in busta chiusa a: Servizio Abbonamenti Theta Edizioni Srl Via Villa Poticcio 22 - 60022 - Castelfidardo - AN insieme a una copia della ricevuta in base al pagamento scelto

Sì,

desidero ricevere l’abbonamento a Why Marche Magazine al prezzo di: (metti una crocietta sull’offerta che ti interessa)

Magazine

Premium

iPAD

COGNOME NOME

(Scrivere in stampatello una lettera per casella)

Desidero ricevere l’abbonamento al seguente indirizzo

VIA

LOCALITA’ TEL.

E-mail

CAP PROV.

CELL.

SCELGO IL SEGUENTE METODO DI PAGAMENTO E ALLEGO: indica con una

DATA DI NASCITA

GG

MM

ANNO

la forma di pagamento desiderata

Ricevuta di Bonifico Bancario intestato a Theta Edizioni Srl - Filiale di Appoggio BANCA MARCHE Filiale di Jesi - Ancona IBAN IT18B0605521206000000012398 - indicare la causale di abbonamento: WHY MARCHE MAGAZINE Assegno bancario intestato a: Theta Edizioni Srl

DATA

FIRMA

Informativa e Consenso in materia di trattamento dei dati personali - (Codice Privacy d.lgs. 196/03) Theta Edizioni Srl con sede in Via Villa Poticcio 22 - 60022 Castelfidardo (AN) è il titolare del trattamento dei dati personali che vengono raccolti, trattati e conservati ex d.lgs. 196/03. Ai sensi degli artt. 7 e ss. si potrà richiedere la modifica, la correzione e/o la cancellazione dei dati, ovvero l’ersercizio di tutti i diritti previsti per legge. La sottoscrizione del presente modulo deve intendersi quale presa visione, dell’informativa completa ex art. 13 d.lgs. 196/03, nonchè consenso espresso al trattamento ex art. 23 d.lgs. 196/03 in favore dell’Azienda.

Per ulteriori informazioni rivolgersi ad abbonamenti@thetaedizioni.it o al numero di fax 071.92.51.001




Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.