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Testimonianze

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DI IGNAZINA CROCIATA

Mi sono chiesta più volte perché Papa Francesco parli spesso delle chiacchiere, non usi mezzi termini: proprio gli stanno antipatiche e non le tollera! Che sia un difetto così diff uso? Boh... Istintivamente mi hanno sempre infastidito le persone che spettegolano, che osservano la vita degli altri e ci ricamano su, ma non mi sembrava un comportamento così diff uso... pensavo riguardasse solo quelle donne impiccione, che non hanno molto da fare e sanno tutto di tutti… E, pensavo, non sono certo io una del genere! Invece mi sono dovuta ricredere. È un difetto molto diff uso, più di quanto immaginassi, e ci sono dentro purtroppo anch'io, magari solo per fare conversazione con le persone con le quali ho poco in comune. Rifl ettendo, ho capito meglio ciò che può scattare dentro. Chiacchierare, sparlare, conversare sugli altri ha un gusto particolarmente attraente, trovare i difetti negli altri ci fa sentire più bravi, storna l'attenzione dai nostri difetti. Anche i social possono servire a questo scopo: criticare e mettere alla gogna qualcuno, con commenti gratuiti, ironici e a volte perfi di, ci fa sentire 'migliori' ed esenti da ciò che stiamo bersagliando. Ho capito che c'è tanta ingiustizia in tutto questo. Nessuno sa cosa c'è dietro un comportamento apparentemente 'strano', o 'cattivo'. Certo, un fatto lo si può giudicare come male o bene, ma la persona no. Non abbiamo il potere di leggerla dentro. Inoltre, la vittima non può neanche difendersi. Come dice il Papa: “Il chiacchiericcio distrugge tutto: la società, gli amici, la famiglia, il quartiere… è dalla lingua che incominciano le guerre”. È vero, ci sono anche momenti in cui abbiamo bisogno di sfogarci con qualcuno di fi dato se subiamo un torto, ma la dignità di ogni persona è e dev'essere sacra, protetta. Non ci si può fermare a sfogarsi se alla fi ne non abbiamo parole di misericordia e di bontà nei confronti di chi ci ha ferito. Non siamo legittimati alle chiacchiere neanche se siamo colpiti in prima persona. Certo, è più diffi cile intessere relazioni, dove non si chiacchiera. È più diffi cile coltivare una buona autostima vera che costruirla sulle spalle degli altri. È più diffi cile trovare argomenti coi colleghi che non riguardino le critiche verso i superiori che 'sbagliano sempre', o sui politici o sulla sanità… Ed allora ho compreso il Papa, perché ha tanta antipatia per le chiacchiere! Ci allontanano da noi stessi, dal prossimo e da Dio... Sì, perché iniziamo a vivere nella non verità, nella non misericordia, nella schiavitù e nell’illusione di allacciare amicizie e costruire sulle rovine degli altri. C'è bisogno di coraggio e di forza per decidere di non farlo più e il metterlo in pratica è un allenamento costante, vigile, che ci trasforma il cuore ed apre i nostri occhi a cose nuove, più belle, più positive!

Nell’ultimo anno, la pandemia di Covid ci ha messo alla prova in molti modi, sfidando le nostre certezze e le nostre sicurezze. In questa situazione così particolare abbiamo imparato che essere comunità è qualcosa che va oltre i nostri confini mentali e spaziali. Abbiamo chiesto a Paola, Luca, Antonella e Pietro di condividerci la loro esperienza di preghiera comunitaria online.

Ho accolto la proposta degli incontri di preghiera online con qualche perplessità. Ero anche diffidente, perché saturo dai tanti incontri su Zoom e simili per lavoro. Quindi una sfida, o così o niente. Ma la sfida non era solo per me, era una sfida per il Signore. Poi mi sono chiesto: lo Spirito non entra forse a porte chiuse? E quindi può tenerci in comunione anche attraverso le immagini che ci rappresentano. Siamo una piccola parte di Chiesa che può pregare così. A volte non è tanto importante cosa diciamo o se non ci capiamo (la tecnologia è un ausilio, ma non è perfetta), ma è importante esserci, per sostenerci, per rafforzare i nostri passi sulla via della pace, anche in questo tempo strano e difficile. Luca

Come responsabile di comunità e amministratore del collegamento, iniziavo gli incontri con sempre un po' di apprensione, cercando di affidare il tutto nelle mani di Dio. Mi sono resa conto che questa modalità ha permesso a persone, che avrebbero fatto fatica a partecipare in presenza, di poter gustare della preghiera carismatica comunitaria. Questo pregare insieme ci ha aiutati a rimanere legati tra noi e con il Signore: con questi strumenti, non c’è distanza che ci possa bloccare! Antonella

COLLEGA MENTI...

Strano questo periodo COVID, ma proprio grazie a questa emergenza ho potuto partecipare con assiduità agli incontri di preghiera settimanali della mia Comunità di Riva del Garda. Quando si è deciso di utilizzare le tecnologie digitali, per ovviare alla forzata sospensione degli incontri, ero scettico. Con mia grande sorpresa e soddisfazione, ho sperimentato che il Signore agisce sempre allo stesso modo: non viene condizionato dalle nostre modalità di interazione, ma guarda al nostro cuore, al nostro desiderio di volerlo incontrare. Quindi ringrazio le tecnologie digitali, che amplificano la possibilità di pregare insieme e possono rappresentare un'ulteriore opportunità per la nostra preghiera comunitaria. Pietro

Non accolsi con entusiasmo la proposta di continuare online gli incontri di preghiera durante il periodo della pandemia. Non solo mi sentivo tagliata fuori per la mia età, ma soprattutto ero sicura che incontrare i fratelli attraverso lo schermo freddo di un computer non avrebbe portato niente di buono. Schiaccia il tasto, spegni per ascoltare, accendi per parlare – attenti a non sovrapporre le voci… Come raccogliersi e fare silenzio nel cuore, per ascoltare se Dio aveva qualcosa da dirci? No, no: prevedevo un’esperienza a dir poco negativa! Ma non avevo fatto i conti con la forza dello Spirito Santo! Il legame fraterno non si è affatto allentato, anzi, ho avuto l’impressione che il risolvere sorridendo problemi tecnici comuni ci abbia uniti maggiormente; la voce di Dio, ignorando la barriera dello schermo, ha parlato forte e chiara; la preghiera non ha perso la sua intensità, tanto che era automatico, non più problematico, il premere e rilasciare il famoso tasto; la musica ha sempre raggiunto i cuori, guidando e amalgamando il tutto. Le condivisioni, poi, ci coinvolgevano nel profondo, facilitate forse dalla possibilità di guardare negli occhi, da vicino, colui o colei che parlava. Paola

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A SCUOLA DI SAPIENZA

PAOLO VIVALDI

INTERVISTATO DA

DAPHNE SQUARZONI

F.U.C.I.

(Federazione Universitaria Cattolica Italiana)

è nata a Fiesole nel 1896 dall'unione di circoli di giovani universitari cattolici. Ancora oggi si propone come luogo di crescita integrale negli anni dell’Università: nei Gruppi presenti in diversi Atenei di Italia si affronta un percorso di ricerca e approfondimento culturale e spirituale, col desiderio di formare cattolici consapevoli e cittadini responsabili. La condivisione di questo tempo permette di vivere l’Università non come un “esamificio", ma come un luogo da abitare, in cui far germogliare il grandissimo potenziale che è racchiuso negli anni di studio universitario, in primis attraverso un’esperienza di amicizia.

Che cosa ti ha spinto a frequentare la FUCI?

Sentivo il bisogno di un percorso sia formativo che religioso, che mi permettesse di approfondire anche tematiche attuali. La FUCI è una realtà cattolica che mi sembrava rispondesse alle mie esigenze. Che esperienza stai facendo?

Per me è stata una boccata d’aria nella fatica dello studio universitario. In questi incontri ho potuto stare con coetanei, parlare, condividere tematiche e riflettere insieme. Una boccata di sapienza. Ho fatto esperienza di comunione nella ricerca della verità autentica, del formarsi non per la gloria di sapere, ma per poter dare un contributo attivo e aiutarsi a crescere. Tu fai parte di Via Pacis: che cosa hai trovato di diverso in FUCI?

In Via Pacis i momenti di formazione sono saltuari, al primo posto c’è la preghiera. Gli incontri di insegnamento sono spesso inseriti in altri incontri, sono un pezzettino di qualcosa di più grande. In FUCI l’attenzione è focalizzata sulla formazione e sull’approfondimento di tematiche di attualità. Inoltre, la FUCI è una realtà universitaria: siamo tutti ragazzi e questo mi piace molto, perché gestiamo la formazione e la condivisione tra di noi. Siamo tutti studenti, quindi ci sono sia i momenti ludici, sia i momenti di condivisione di pensieri ed opinioni per far crescere noi stessi e gli altri. Quali aspetti ti hanno particolarmente aiutato?

La possibilità di esprimermi in un dialogo rispettando le idee altrui, senza dover convincere della mia ragione: io ho la mia idea e ascolto la tua e vediamo se si può trovare un punto d’accordo. Ho capito l’importanza dell’ascolto reciproco: parlando mi rendo conto di cosa penso, e ascoltando gli altri completo il pensiero. Il clima che si respira è sempre molto rispettoso: ognuno vede le cose a suo modo, ma nessuno pretende di avere ragione. C’è molta libertà di dire quello che pensi senza sentirti giudicato. Le tematiche trattate, poi, mi hanno aiutato a riflettere e capire cosa significa essere cristiani nel mondo, non solo all’interno della Chiesa. A chi e per cosa consiglieresti un’esperienza simile?

A tutti gli studenti universitari, perché permette, all’interno di una relazione di amicizia e rispetto, di creare una forma mentis aperta e predisposta all’ascolto di idee diverse dalla propria.