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Convegno • Perchè ci sia futuro • di Paolo e Eliana Maino

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PERCHE’ CI SIA FUTURO

Il 16 settembre scorso, nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano, si è tenuto un incontro delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, sul tema: La responsabilità di governo nelle aggregazioni laicali. Un servizio ecclesiale. Dopo l’intervento di Papa Francesco e le presentazioni dei relatori, i coniugi Paolo ed Eliana Maino, fondatori dell’Associazione Via Pacis, hanno raccontato l’esperienza del passaggio del governo dai fondatori alla nuova generazione di responsabili.

Paolo

Siamo sposati da quasi cinquanta anni. L’avventura della nostra vita è stato l’incontro con Dio e la chiamata, assieme a don Domenico Pincelli, a dare inizio alla comunità Via Pacis. Uno degli aspetti del carisma della Comunità è la condivisione con i poveri. Fin dall’inizio abbiamo avvertito una grande attenzione e attrazione al grido del povero, che si è concretizzato nella scelta della “decima”. Questo gettito di denaro è diventato progetti di solidarietà in tante parti del mondo (ospedali, scuole, pozzi…). Il progressivo aumento delle entrate e la necessità di trasparenza, ci hanno fatto decidere per la fondazione di una Associazione di solidarietà di cui io, Paolo, ero fondatore e presidente.

Per molti anni ho gestito le due presidenze: quella della Comunità e quella dell’Associazione di solidarietà. Poi ho avvertito la necessità di lasciare la presidenza dell’Associazione di solidarietà. Avevo la certezza che una persona giovane con nuove energie, nuove idee, nuovo entusiasmo avrebbe potuto fare meglio di me. Cosa che è avvenuta e sta avvenendo.

La coscienza di essere fondatori è avvenuta nel tempo. Fin dall’inizio, in modo assolutamente naturale, avevamo la guida della Comunità. Il primo esempio di libertà dal ruolo e dal potere lo abbiamo ricevuto da Don Domenico. Egli avvertì da subito che il suo ministero era fare il prete: “Io voglio fare il prete, alla comunità ci pensate voi”. Eravamo giovani e inesperti.

Come in ogni nuova realtà, come in ogni famiglia, all’inizio facevamo un po’ tutto. Poi i compiti e i servizi sono stati sempre più decentrati, con ruoli e responsabilità sempre più chiare. La nostra indole è sempre stata quella di lavorare assieme ad altri, sia per l’aspetto spirituale - “dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt18,20) - sia perché consapevoli dei nostri limiti e carenze. Abbiamo sempre creduto che il lavoro in équipe, fatto di confronto, di decisioni condivise, di lasciarsi mettere in discussione, di tensioni, di scontri, è vincente sempre. Inoltre, il lavorare gomito a gomito con altri ha la capacità di evidenziare i nostri condizionamenti, difetti, manie, che si possono utilizzare per un continuo cambiamento e conversione personale.

Eliana

Conversione: questa è stata sempre una parola guida della nostra vita. Conversione intesa come cambiamento di atteggiamenti e comportamenti, assieme alla pacifi cazione interiore (essere in pace con la propria vita per poter essere più in pace con gli altri), alla ricerca della libertà personale e dell’essenziale. Ci ha sempre guidati il desiderio di cercare ciò che Dio voleva da noi e da Via Pacis. Per noi era importante accogliere e valorizzare le idee degli altri, anche se non secondo i nostri gusti. La nostra ginnastica è l’accettazione incondizionata dell’altro così come è, il pensare bene dell’altro sapendo che, a modo suo, sta facendo il meglio possibile. Siamo certi che in ciascuno c’è un tesoro: ci è sempre piaciuto ed aff ascinato contribuire a far emergere la bellezza, la ricchezza e i doni delle persone.

Per quaranta anni (cifra di pregnanza biblica) abbiamo guidato la Comunità, che nel frattempo si ingrandiva, sentendolo il nostro compito e il nostro ruolo. Poi, cinque anni fa, Paolo avvertì un’inquietudine crescente. Sentiva l’urgenza di lasciare, di passare le consegne. Aveva la certezza che, in caso contrario, non ci sarebbe stato futuro per Via Pacis. Dopo un tempo di rifl essione e preghiera, ne parlò con il consiglio generale e poi con tutta Via Pacis. Non ci fu un accoglimento favorevole, anzi, questa decisione provocò un malcontento che lo interrogò profondamente. Mise e rimise quanto avvertiva nelle mani di Dio, ma emergeva sempre che il lasciare era necessario per il futuro di questa realtà. Cercò e favorì un passaggio morbido di consegne e avrebbe tanto voluto dare e lasciare quanto aveva imparato in tutti questi anni.

Paolo

Poi, due anni fa si svolse l’Assemblea generale e venne votato il nuovo consiglio generale e il nuovo presidente. Certamente non è stato facile e non è facile per il nuovo presidente assumere l’eredità di una persona che aveva fondato e guidato la Comunità per tanti anni e che nel frattempo era diventata internazionale. E non è stato facile e non è facile per noi capire ed entrare in un nuovo ruolo.

Le diffi coltà emersero subito. Il nuovo consiglio generale, forse per sacro zelo o per dare segno di autonomia, o di voler impostare le cose in modo diverso, o per “taglio del cordone ombelicale”, iniziò a prendere decisioni non solo non in continuità, ma in contrapposizione con quanto fatto fi no a quel momento. Si creò confusione, divisione e rottura in seno al consiglio generale stesso. Abbiamo aff rontato questa situazione di soff erenza, di delusione e incertezza come già collaudato altre volte: con la preghiera, il digiuno, il silenzio, lasciandoci lavorare da questa situazione e cercando di accoglierla ed integrarla nel nostro vissuto, e di usarla come un’occasione per crescere nella libertà personale, per non sentirci più bravi di altri, o “padroni” di Via Pacis. Abbiamo scelto di continuare a credere che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28), di credere che Dio ha a cuore il bene della Comunità più di noi. Abbiamo riposto la nostra fi ducia in Dio e nelle persone votate dall’assemblea generale. Quando abbiamo lasciato, avevamo la consapevolezza che era un rischio, forse pericoloso ma indispensabile. Non avevamo assicurazioni che tutto sarebbe andato bene. Anche se si è lavorato molto sulla formazione, non è certa la maturità umana, spirituale ed emozionale dei membri. È sempre in agguato la paura del cambiamento, la nostalgia del passato, le aspettative e i timori per il futuro. Come non è certa la fedeltà al carisma. Si possono verifi care deviazioni o travisamenti per conseguire una presunta maggior fedeltà al carisma originale. Da noi è successo, e la spaccatura è stata evitata dall’azione potente di Dio che ha agito nel nuovo presidente. Ci viene da chiederci se questa diffi coltà sia stata permessa da Dio per provocare un salto di qualità della comunità stessa.

Eliana

Quale la nostra posizione oggi? Ci godiamo l’essere sposi, aspetto che abbiamo trascurato per tanti anni, e la grazia di poter invecchiare assieme. Il non avere ruoli di governo è determinante per interrogarci sul nostro ruolo di fondatori. È una rifl essione ancora in atto, nella quale ci chiediamo come essere custodi del carisma sorgivo, delle sue radici, del suo fondamento. Come essere custodi della visione-chiamata originaria e lasciarci interrogare dai segni dei tempi. Come favorire che il seme possa continuare a portare frutto. Quali evoluzioni del carisma dobbiamo ancora scoprire. Come essere radicati nel passato e protesi verso il futuro. A livello pratico, in Comunità siamo defi lati e un po’ spariti; desideriamo di cuore che sia il nuovo presidente e il consiglio generale ad avere luce e importanza. Non accogliamo nessuna critica e siamo allergici all’adulazione: “una volta era meglio…quando c’eravate voi…” Quando ci viene all’orecchio qualcosa che non ci piace, che non è di nostro gusto o nelle nostre corde, se non è contrario al carisma, lo affi diamo a Dio e lo sosteniamo. E quando si verifi cano errori, ci viene da pensare a quanti sbagli abbiamo fatto noi e come Dio e i fratelli abbiano continuato a darci fi ducia. E guardiamo avanti con uno sguardo positivo. A livello pratico facciamo quello che ci viene chiesto di fare. Sosteniamo il nuovo governo con molto aff etto, stima, preghiera. Teniamo ognuna di queste persone nel nostro cuore e nel cuore di Dio.