DAILY#2 78. Mostra del Cinema di Venezia - 2Sept2021 Venews+Ciak

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semi-fantasy di una giovane donna dotata di poteri paranormali (Kate Hudson) in fuga dal manicomio, e ancora con L’événement di Audrey Diwan sulla lotta di Anne (Anamaria Vartolomei) che, nella Francia pre-Sessantotto, decide di abortire, sfidando la legge che ancora considerava la pratica illegale. Con The Lost Daughter, diretto da Maggie Gyllenhaal e tratto dalla Figlia oscura di Elena Ferrante, storia di Leda, insegnante d’inglese di mezza età che assapora la gioia dell’essere libera durante una vacanza al mare nell’Italia del Sud. Tra i grandi ritorni in gara spiccano quelli di Pablo Larraín che, in Spencer, affida a Kristen Stewart il compito di incarnare l’icona Lady D nel tormentato periodo iniziato con la scelta del divorzio e finito con l’incidente mortale di Parigi, e di Jane Campion che, in The Power of the Dog, tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Savage, dipinge, a partire dalla figura del dispotico allevatore Phil Burbank (Benedict Cumberbatch), un affresco a base di maschilismo e prevaricazione. Analisi coraggiose sul tema della violenza sulle donne sono al centro di due pellicole di cui Barbera ha più volte sottolineato l’importanza. Una è The Last Duel in cui Ridley Scott, sullo sfondo di un Medioevo che serve a parlare dell’oggi, ricostruisce la cronaca della stessa vicenda di stupro attraverso i tre diversi punti di vista: del marito, della donna, dello stupratore. L’altra è Les choses humaines di Yvan Attal, basata sul libro della scrittrice francese Karine Tuil. L’accusa di violenza rivolta al giovane Alexandre, rampollo di una famiglia modello, finisce al centro di una complicata macchina giuridica e mediatica che mette in lizza diverse verità, ruotando sul nodo, sempre cruciale in questo tipo di processi, riguardante il ruolo della vittima e l’ipotesi strisciante del suo essere consenziente. L’impressione è che al Lido quest’anno, anche se in numero inferiore, le donne siano in realtà tantissime, moltiplicate dall’urgenza delle passioni, dei contrasti, dei problemi che solo loro sono capaci di mettere in campo, in tutta la loro nitida e affascinante potenza. n

DAILY n. 2 - GIOVEDÌ 02.09.2021

THE POWER OF THE DOG

«T

he Power of the Dog è un romanzo sublime che merita di vivere anche sul grande schermo. Non riuscivo a smettere di pensare alla storia; mi aveva davvero stregato. I temi della mascolinità, della nostalgia e del tradimento sono un mix inebriante - ha detto Jane Campion - è stata la prima volta che ho lavorato con protagonisti maschili: una cosa emozionante». Erano dodici anni, dai tempi di Bright Star (2009), che la regista e sceneggiatrice neozelandese, premio Oscar 1994 per Lezioni di piano, non si dedicava al lungometraggio. Dopo aver creato, scritto e diretto dal 2013 al 2017 i tredici episodi della serie Top of the Lake - Il mistero del lago, l’autrice torna sul grande schermo scrivendo e dirigendo l’adattamento dell’omonimo romanzo cult del 1967 di Thomas Savage, che quando è stato scritto era decisamente in anticipo sui tempi nella rappresentazione della sessualità repressa. La vicenda è ambientata in un ranch: i fratelli Phil (Benedict Cumberbatch) e George Burbank (Jesse Plemons), ricchi allevatori nel Montana degli anni ’20, hanno dormito nella stessa camera per 40 anni. Insieme gestiscono quotidianamente il loro enorme allevamento di bestiame. George è un uomo metodico e rispettabile, mentre Phil è un vortice di energia con preoccupanti aspetti oscuri: pur

THE POWER OF THE DOG Nuova Zelanda, Australia 2021, Regia Jane Campion Interpreti Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst, Jesse Plemons, Kodi Smit-McPhee, Durata 125’ Produzione See-Saw Films, Big Shell Films Pty Ldt, Brightstar, BBC Film. Netflix

essendo un avido lettore e un abile artigiano, è anche un feroce e prepotente bullo, afflitto da una profonda omofobia. Quando George sposa la vedova locale Rose (Kirsten Dunst) e lei si trasferisce al ranch con il suo problematico figlio Peter (Kodi Smit-McPhee), Phil è sconvolto e si propone immediatamente di distruggere quella che vede come un’intollerabile intrusa, accompagnata da un figlio che lui considera

sprezzantemente una “femminuccia”. In una vicenda in cui si possono sentire echi di un classico come La valle dell’Eden (1955) di Elia Kazan, così come del più recente I segreti di Brokeback Mountain (2005) di Ang Lee, la regista esplora da par suo le diverse corde della psiche umana e delle sue patologie. OSCAR COSULICH

IL COLLEZIONISTA DI CARTE Paul Schrader da sempre ha analizzato nel suo cinema la colpa e l’espiazione senza mai risparmiarsi, da sceneggiatore come da regista. Lo ha fatto attraversando i generi, affrontando questi temi nel dramma urbano di Scorsese (Taxi Driver, Al di là della vita) e nei suoi film, dal duro e livido Hardcore come nel glamour noir American Gigolo, fino al dolente Lo spacciatore, di cui questo Il collezionista di carte (The Card Counter) è parente stretto. La storia è quella di William Tell, ex inquirente e attento giocatore d’azzardo, contraddizione in termini che definisce molti personaggi del cinema di Schrader, com’è giusto che sia quando si

parla di uomini e donne rosi da un conflitto interiore. La sua vita controllata viene scossa quando incontra Cirk che in comune con lui ha una persona a entrambi poco amica e di cui si vuole vendicare. Per farlo si farà aiutare da Linda, che grazie alle sue conoscenze, farà entrare Will nel circuito dei casinò, una svolta che riaccende oscure memorie nel nostro antieroe. Ancora un genere classico, un revenge movie dalle connotazioni noir in cui si cala uno degli attori di maggior talento di questo momento storico del cinema americano, Oscar Isaac, che a Venezia si divide in tre, tra il cinema d’autore di Schrader, il blockbuster sci-fi di Dune e la serialità di Scene da un matrimonio, in cui si confronta da interprete con la pesante quanto stimolante eredità bergmaniana. Lo accompagnano in questo gioco, in cui le carte e il tavolo sono naturalmente una metafora di qualcosa di ben più importante, Willem Dafoe — attore che con Schrader ha lavorato tanto e su cui da sceneggiatore modellò il Gesù scorsesiano de L’ultima tentazione di Cristo —, il giovane di belle speranze Tye Sheridan (Ready Player One) e Tiffany Haddish, finalmente in un ruolo in cui può dimostrare il suo talento. Paul Schrader nei panni di regista è un frequentatore abituale di Venezia, tornando indietro negli anni ha accompagnato al Lido First Reformed, The Canyons, Affliction, Cortesie per gli ospiti, quest’ultimo tratto da uno dei più affascinanti romanzi di Ian McEwan e ambientato in una Venezia misteriosa ed elegiaca. A proposito de Il collezionista di carte dice: «William Tell è un uomo solo nella sua stanza di motel. Gioca a poker. Ammazza il tempo. Porta un peso. Poi, qualcosa accade». Asciutto e preciso. Proprio come un metodico giocatore IL COLLEZIONISTA DI CARTE d’azzardo che da cinquant’anni scopre The Card Counter USA, 2021, Regia Paul Schrader, le sue carte nel grande casinò del Interpreti Oscar Isaac, Willem Dafoe, Tye Sheridan, cinema americano. Tiffany Haddish Durata 112’ Distribuzione Lucky Red


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