Selezione di Sapori | 2025 04

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VISITA AL SALUMIFICIO FONTANA

Novità: il progetto 10 Malghe e le verdure cotte a bassa temperatura di Cappellini Tartufo Pop: un ingrediente “wow” nella pasticceria

EDITORIALE

Il numero di fine agosto segna la ripartenza, dopo il periodo estivo in cui i pensieri sono prevalentemente orientati alle ferie, e le sinapsi un po’ rallentate dalla calura. Rieccoci con le pile ricaricate di entusiasmo, proiettati verso un autunno bello croccante.

La nostra ripresa inizia l’ultimo week end di agosto, con un viaggio in Svizzera, tra le gli alpeggi de L’Etivaz e le valli di Gruyére, che vi racconteremo nel prossimo numero: ogni anno portiamo la rete vendita a visitare un produttore o una regione, perchè pensiamo che viaggiare sia il modo migliore per imparare - e anche ricaricare le pile dei nostri commerciali! A settembre ci aspettano tantissimi eventi: il primo week end saremo “Ai Pian” per la tradizionale giornata in malga. Poi al Mondial du Fromage a Tours in Francia, la settimana dopo al Cheese a Bra (CN) e a fine mese a Utrecht in Olanda. Ma, per non farci mancare niente ripartiamo anche con i nostri appuntamenti di formazione: il 17 settembre ospiteremo Alexandre Renault, direttamente dalla scuola per Fromager di Parigi, per un pomeriggio di approfondimento sulla gestione del banco, per carpire qualche dritta ai nostri cugini d’oltralpe, che sui formaggi hanno un discreto expertise!

Ma non vogliamo parlare solo dei prossimi appuntamenti da segnare in agenda, perchè abbiamo anche tantissime novità da raccontarvi, in particolare due nuove collaborazioni. La prima con il Caseificio Dalla Valentina, con due formaggi di alpeggio legati al progetto “10 Malghe” (e non solo). La seconda con Cappellini, un laboratorio di vegetali cotti sottovuoto a bassa temperatura. Due progetti che raccontano le due anime della nostra selezione: valorizzare le produzioni tradizionali e al tempo stesso supportare progetti innovativi, con un contenuto di servizio capace di rispondere alle nuove richieste del mercato.

Buona lettura!

Martina Iseppon

SELEZIONE DI SAPORI: Il Magazine di Valsana

Team editoriale: Giulia Basso, Vittorio Castellani, Giacomo Chinellato, Elisa Cibien, Alessandro De Conto, Enrico De Conto, Matteo De Santi, Chiara De Spirt, Gianluca Di Lello, Danilo Gasparini, Andrea Gazzetta, Martina Iseppon, Antonio Lodedo, Francesca Marini, Stefania Marcuz, Paola Pavan, Anna Maria Pellegrino, Elisa Rizzotto

Direttore: Giulia Basso

In copertina: Paola e Marcello del Giovanni Salumificio Fontana

Editore: Valsana srl Via degli Olmi, 16 Godega di Sant’Urbano Treviso

Registrazione Tribunale di Treviso n. 2422 del 28/04/2017

SALUMIFICIO Giovanni Fontana

Martina Iseppon Responsabile Marketing

Filetto di maiale avvolto da una pancetta, avvolto nelle aromatiche foglie di limone della "Timpa" prima della cottura in forno. Ha un gusto dolce, con originali note agrumate dovute alla cottura nelle foglie di limone ma anche alle spezie utilizzate, in particolare il pepe di Timut e il Coriandolo, riconoscibili al palato

cod 80890 peso 1,6 kg

4 minuti di lettura

VIAGGIO A ESTE

UN SALUMIFICIO STORICO, CHE HA QUASI 100 ANNI, IN PIENO CENTRO STORICODALLE FINESTRE SI VEDE IL DUOMO - FONDATO DA NONNO GIOVANNI NEL 1941

E GESTITO OGGI DALLA TERZA GENERAZIONE DELLA FAMIGLIA FONTANA

Vietato usare la parola “passione” per descrivere il Salumificio Fontana: è la richiesta di Marcello, quando ci salutiamo, alla fine della visita. Proviamo allora a scegliere altre parole, meno abusate, come storia, studio, formazione; ma anche curiosità, sperimentazione; e poi accoglienza, viaggi, amicizia. Sono le parole che ci portiamo a casa da questa visita e che meglio descrivono questo luogo e questa famiglia.

Partiamo dal luogo: siamo nel centro storico di Este, in provincia di Padova. Scioccante ma vero, dalle finestre del salumificio si vede il duomo. Un edificio di inizio secolo, con una corte interna, dove fino agli anni ‘90 c’era addirittura il macello. È un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, a testimonianza di una tradizione lontana ma che ancora si respira in azienda. Il "mood" è quello dell'archeologia industriale: i macchinari di una volta rimessi a nuovo, le vecchie bilance, le piastrelle originali: tutto curato con affetto nei minimi dettagli.

La famiglia, invece, è quella di Paola Fontana, terza generazione di un’azienda fondata nel 1941, ora alla guida del salumificio assieme al marito Marcello. Il nonno Giovanni Fontana inizia a lavorare assieme al fratello Attilio nel 1919, ma dopo vent'anni le loro strade si dividono e ciascuno di loro fonda la propria azienda.

Come spesso accade, la storia della famiglia si intreccia a quella dei luoghi, e Paola ci racconta di quando i nonni abitavano al piano di sopra del salumificio e lei, bambina, si arrampicava sulla scaletta in ferro - che saliamo anche noi oggi - per andare a curiosare nella terrazza da cui lo sguardo può abbracciare tutta Este. “Abbiamo fatto una ricerca coinvolgendo lo storico Claudio Grandis” -

ci racconta Paola: “la barchessa risulta essere del 1910, adibita in origine all’asciugatura dei cereali. Verso gli anni ‘30 diventa il dormitorio militare della Legione Euganea: sulle scalere si vedono ancora i numeri dei letti dei soldati, il cortile interno utilizzato per le esercitazioni. Nel 1941 nonno Giovanni acquista l’immobile con l’idea di adibirlo all’asciugatura e alla stagionatura dei salumi. Allora - come anche oggi - venivano lavorati tutti i tagli del maiale, e tutte le fasi della lavorazione erano gestite in azienda, compresa - fino agli anni ‘90 - anche la macellazione. Nel dopoguerra la famiglia Fontana riprende possesso del salumificio, requisito dall’esercito tedesco durante la seconda Guerra Mondiale per rifornire di carni e salumi i comandi militari della zona. Nel 1951 nonno Giovanni è costretto a lasciare le redini dell'azienda per motivi di salute, ma nonna Lea decide di portare avanti l’attività di famiglia assieme ai quattro figli. Papà Francesco - 89 anni compiuti - è ancora oggi in azienda”.

C’è grande complicità tra Paola e Marcello, unità di visione e supporto reciproco, si capisce da come raccontano l’azienda, ma anche la loro storia. Si sono conosciuti all’università, corso in Economia

Una gamma di arrosti estremamente riconoscibili per la speziatura raffinata, che raccontano cura, ricerca

e attenzione alle materie prime utilizzate

FILETTO DELLA TIMPA

del Turismo, a Rimini. Dopo la laurea, nel 2001, Paola entra subito in azienda e fin dall’inizio si occupa dell’amministrazione. Marcello lavora invece in ambito turistico per qualche anno, prima in Sardegna e poi a Este. Entra in azienda nel 2005, per sostituire last minute Paola, in vista dell’arrivo del loro primo figlio. E poi decide di restare. “Ma come? Abbandonerai il turismo?": gli chiese al tempo un vecchio insegnante universitario. "Al contrario, voglio portare l’accoglienza in azienda": fu la sua risposta.

Il progetto dell'accoglienza inizia a prendere forma nel 2012, quando li contatta un tour operator tedesco per organizzare una visita in azienda per un gruppo. Oggi sono presenti nel portale turistico di Abano Montegrotto Terme, accolgono studenti in visita da diverse università tra cui l’Università di Rimini, il corso Food and Wine dell’Università di Padova, la Boston University. Le esperienze proposte sono le più svariate, dai team building - con gare di riconoscimento delle

spezie utilizzate nei diversi salumi - ai corsi di affettamento e abbinamento per i professionisti. Marcello si diverte con le domande, da quelle più facili - “quanti prosciutti si fanno con un maiale?” - a quelle più sfidanti: “quante cosce vengono lavorate nei diversi consorzi del Prosciutto Veneto DOP, San Daniele DOP e Parma DOP? (rispettivamente 55.000, 2,7 milioni e 7 milioni)”. È netta la sua attitudine all’insegnamento, si vede proprio che gli piace, e in effetti scopriamo che insegna economia nel corso di ristorazione del Collegio Salesiano Manfredini di Este. Oltre alla formazione e all'accoglienza, dal 2015 Marcello ha iniziato a seguire la produzione, mentre Paola segue ancora oggi l’amministrazione e, ovviamente, l’accoglienza, assieme a Marcello. Oltre a loro in azienda lavorano altre 8 persone, tra uffici e produzione. Ci raggiunge Mauro, che si occupa della lavorazione e oggi ha il compito di spiegarci come vengono realizzati la Porchetta, il Filetto Cotto e la Timpa

Salumificio, non Prosciuttificio!

Attenzione a non confondere il Salumificio Fontana con l'omonimo Prosciuttificio!

Arrosto di piccola dimensione ottenuto avvolgendo due filetti di maiale con una pancetta. La speziatura è quella della Porchetta: sale, pepe nero Tellicherry macinato, rosmarino, salvia, finocchietto e poco aglio. Viene legato e cotto lentamente in forno per 7 ore. Al palato è dolce e scioglievole, la speziatura risulta intensa così come la sapidità della carne, ben pronunciata cod 80892 peso 2 kg

Partiamo dai tagli, che vengono rifilati a mano: due pancette con cotenna e filone per la Porchetta; una pancetta con cotenna e due filetti per il Filetto al Naturale; una pancetta scotennata e sgrassata e un filetto per la Timpa. Lunedì arriva la carne, suini rigorosamente italiani, provenienti per il 90% da allevamenti veneti, o al massimo da Lombardia o Emilia Romagna: i vari tagli anatomici e le parti sezionate delle mezzene vengono messe in cella a riposare fino al giorno successivo; la lavorazione inizia infatti martedì. “Lavoriamo tutto il maiale, come una volta, e produciamo un'ampia gamma di salumi” - ci conferma Mauro: dai lombi disossati otteniamo filetto e filone, dal pancettone la pancetta per il filetto e la pancetta scotennata per la Timpa. Mercoledì produciamo salami e pancette, d’inverno i cotechini.

Filetto e porchetta stanno sotto sale un paio di giorni, da martedì sera fino a giovedì: al mattino vengono legati e alla sera vengono messi in cottura nei forni: circa 13 ore la Porchetta, 7 ore il Filetto al Naturale, 5 ore la Timpa

Cambia ovviamente anche la speziatura: le pancette con cotenna utilizzate per i primi due arrosti - Porchetta e Filetto - riposano per due giorni in una concia di sale, rosmarino, salvia, pepe e aglio. La Timpa viene invece salata a secco per sfregamento con un mix di spezie: paprika affumicata, sia dolce che piccante, pepe di Timut, sale, pepe nero in polvere e coriandolo.

"Un viaggio e un’amicizia. Così è nato il filetto della Timpa - ci racconta Marcello. - Qualche anno fa abbiamo visitato una fiera in Francia, dove ci siamo resi conto che venivano proposti tantissimi filetti cotti affumicati, a prezzi importanti. E così abbiamo deciso di provare anche noi a fare un filetto arrosto. Abbiamo iniziato a sperimentare con alcuni amici chef del ristorante Incalmo di Este, perchè cercavamo un abbinamento particolare, un prodotto fresco che uscisse dagli schemi del classico salume. Abbiamo provato con il Kimchi ma non garantiva qualità costante, allora siamo passati a Timut e coriandolo, e i sentori agrumati del pepe di Timut mi hanno fatto ricordare il

VIAGGIO
FILETTO COTTO AL NATURALE

profumo dei limoneti della mia terra, la Sicilia. Così è nata l’idea di avvolgere il filetto nelle foglie di limone della Timpa, particolarmente profumate anche dopo la cottura: “quando apri il forno il profumo è inconfondibile!”

Mentre scriviamo Marcello e Paola sono a raccogliere foglie nel limoneto di famiglia, che si trova proprio nella Timpa di Acireale, una scogliera a picco sul mare, che si estende per oltre 6 km in un'area naturale protetta. Tre volte l’anno vanno in Sicilia e portano a casa due valigie di foglie, raccolte da limoni secolari coltivati senza pesticidi e trattamenti, che vengono lavate, asciugate e conservate in frigorifero.

Marcello continua a interrogarci: “Come si riconosce la legatura a mano?” Risponde direttamente Mauro, mentre, velocissimo, sta legando la porchetta: "Innanzitutto il tipo di spago: spago vero e proprio nella legatura a mano, spago elastico per la legatura a macchina; e poi il tipo di nodo; un altro indizio è che, nella legatura

a mano, se il prodotto cala di peso, la legatura si allenta perchè lo spago è più rigido”. Non potevamo non visitare la stagionatura dei prosciutti: il Salumificio Giovanni Fontana fa parte infatti, da sempre, del Consorzio di Tutela del Prosciutto Veneto DOP. È stato proprio questo il motivo per cui li abbiamo cercati all’inizio. “Lo sviluppo della linea dei prosciutti crudi richiede tanto tempo e tante risorse, un processo da fare gradualmente e con attenzione, per evitare di mettere in crisi finanziariamente l’azienda” - ci spiega Paola. Ecco perchè ancora non possiamo raccontarvi il loro Prosciutto Veneto DOP. In questi tempi, in cui vogliamo tutto subito e siamo sempre di fretta, facciamo allora un esercizio di pazienza. E, nel frattempo, ci consoliamo con una degustazione dei loro inconfondibili arrosti, tutti estremamente riconoscibili per la speziatura raffinata, che ci riconferma l’estrema cura, la ricerca e l’attenzione alle materie prime utilizzate.

@Marcello: promessa mantenuta!

PORCHETTA AL NATURALE

Filone di suino rigorosamente italiano, proveniente per il 90% da allevamenti veneti, avvolto da due pancette, speziato con sale, pepe nero Tellicherry macinato, rosmarino, salvia, finocchietto e poco aglio, quindi legato e cotto lentamente in forno per 13-14 ore. È estremamente dolce e solubile, con una piacevole nota aromatica, molto fresca, di pepe

cod 80891 trancio a metà da 4,5 kg

Reportage fotografico di Beatrice Mancini

CASEIFICIO Dalla Valentina

Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

CACIOTTA D’ALPEGGIO

Caciottina ottenuta con latte d’alpeggio pastorizzato, dolce e delicata, con note di burro cotto e leggeri sentori floreali cod 30412 · peso 700 g circa

10 MALGHE FRESCO

Formaggio fresco stagionato circa un mese da solo latte di malga estivo, dolce e profumato, piacevolmente scioglievole cod 30413 · peso 9 kg circa

2 minuti di lettura

NOVITÀ A CATALOGO

SIAMO ALLE PENDICI DEL PARCO NATURALE DELLA LESSINIA, A 1150 METRI DI ALTITUDINE: È IL CASEIFICIO DALLA VALENTINA DI VELO VERONESE (VR)

Quando sentiamo parlare di alpeggi, di malghe, di latte di pascolo rizziamo sempre le antenne. E la Lessinia, nell’alto Veronese, è uno di quei territori in cui ancora vi è una certa presenza di alpeggi e malghe.

Aggiungiamo quindi al nostro assortimento un altro produttore dalla zona, il Caseificio Dalla Valentina di Velo Veronese (VR), che ha saputo valorizzare il latte raccolto giornalmente dalle malghe del Parco della Lessinia, dando vita al progetto “10 malghe”. Progetto che ci ha motivato ad andare a trovare a fine maggio Franco ed Ezio, i fratelli che rappresentano la terza generazione del Caseificio Dalla Valentina, anche noto come Caseificio Achille, dal nome del fondatore dell’azienda.

La salita dall’uscita dell’autostrada al caseificio ci ha regalato un assaggio del territorio, prime montagne dolci, fatte da pendii morbidi di origine vulcanica, modellati dal tempo. Abbondanti i terreni buoni per il “pascolo” già ai 900-1000 m, e possiamo solo immaginare cosa ci sia alle altitudini più elevate. Pensate che sui pascoli della Lessinia si sono catalogate 137 erbe spontanee diverse, questo a dire del tesoro botanico disponibile.

La struttura del caseificio è solida e robusta, ed è stata costruita su input della terza generazione che aveva ben chiaro in testa quello che poteva essere il futuro dell’azienda. Oggi lavorano 300 q di latte al giorno (non solo di malga chiaramente) da 22 conferenti

Conducono quotidianamente il giro di raccolta del latte, 60 km al giorno che diventano 120 nei mesi estivi quando c’è da raccogliere il latte di malga. Producono

due formaggi DOP, oltre a diversi formaggi altrettanto interessanti da cui abbiamo selezionato quelli che vi presentiamo oggi.

“10 MALGHE” · LATTE D’ALPEGGIO

Si tratta di una collezione di formaggi prodotti solo da inizio giugno a fine settembre con latte estivo raccolto da 10 malghe disposte tra i 1300 e i 1600 m di altitudine nel Parco della Lessinia. Il latte viene termizzato a 62°C e trasformato in 4 referenze: una caciotta, un latteria fresco, un mezzano (6 mesi minimo) e un vecchio (12 mesi minimo) che arrivano a maturazione in momenti diversi: oggi vi presentiamo intanto i due formaggi più giovani.

Caciotta d’Alpeggio

Piccola caciotta da circa 700 grammi stagionata più o meno una decina di giorni La crosta sottile si presenta già bella gialla, liscia e priva di muffe. Attenzione però: la crosta non è edibile perchè trattata con l’antimuffa! La pasta è liscia e ha un colore giallo paglierino, la consistenza è burrosa. In bocca è dolce e mediamente delicata, riporta note lattiche di burro cotto e un leggero riflesso floreale.

10 Malghe fresco

Formaggio a pasta semicotta stagionato circa un mese, dal peso medio di circa 9 kg. Si utilizza solo latte estivo d’alpeggio, termizzato a 62°C in caseificio. La crosta è leggermente rugosa e di colore giallo intenso, non edibile vista la presenza di trattamento anti-muffa. All’interno la pasta è grassa, di colore giallo paglierino scarico. L’occhiatura a occhio

NOVITÀ

di pernice è diffusa in modo abbastanza omogeneo e racconta bene uno stile di formaggi di montagna che tanto piace nel Triveneto. In bocca sono sorprendenti le note speziate di zafferano, già evidenti in un formaggio così giovane. Piacevolissime la scioglievolezza e la dolcezza, accompagnate a note di pascolo che diventano via via più marcate con l’andare della stagionatura.

E INOLTRE... LATTE DI VALLE

Oltre al progetto estivo “10 Malghe”, il Caseificio Dalla Valentina lavora tutto l’anno il latte di una ventina di aziende agricole locali, con cui produce una serie di formaggi disponibili tutto l’anno. Ne abbiamo scelti tre.

Tenerella

Caciottona a crosta leggermente fiorita di un paio di kg e dalla pasta fondente, la stagionatura è di circa 20 giorni. Si tratta di un formaggio interessante sia da consumare tal quale, sia per un utilizzo in cucina per la sua semplicità e duttilità. La pasta candida e leggermente occhiata tende a proteolizzare nel sottocrosta. Il sapore è dolce, con note lattiche di yogurt e buccia di limone.

Cimbretto

Formaggio originale a pasta semicotta e latte termizzato di circa 2,5 kg, a crosta canestrata e caglio di capretto, molto radicato nel veronese. Sembra un pecorino... ma è fatto con il 100% di latte vaccino. Segna una discontinuità rispetto alle produzioni venete, è un formaggio assolutamente originale che merita di essere assaggiato. La crosta è canestrata, la pasta è semidura in virtù di una stagionatura minima di 6 mesi. Il sapore richiama note di frutta tostata, di cantina e frutta fermentata. Da provare!

Alpino

Latteria termizzato di circa 5 kg di peso, stagionato almeno 180 giorni: presenta una pasta da formaggio mezzanello, ben asciutta, con occhiatura piccola e rada. Formaggio dolce, dalla sapidità appena accennata. Ruffiano al palato, con note di frutta secca e burro cotto. Si posiziona a metà tra un latteria fresco e un mezzano.

TENERELLA

Caciottona a crosta leggermente fiorita, dalla pasta fondente e dal sapore fresco e pulito, con note di yogurt; ottima al naturale o da utilizzare in cucina cod 30416 · peso 2 kg circa

CIMBRETTO

Originale formaggio a pasta semicotta, crosta cantestrata e caglio di capretto. Simile al pecorino ma da latte vaccino termizzato, con note tostate e di cantina cod 30415 · peso 2,5 kg circa

ALPINO

Formaggio latteria a latte termizzato, stagionato almeno 6 mesi, a pasta asciutta e leggermente occhiata, con sentori di frutta secca e burro cotto cod 30414 · peso 5 kg circa

CAPPELLINI 100% vegetale

De Conto

Responsabile Commerciale

NOVITÀ

2 minuti di lettura

NOVITÀ A CATALOGO

UNA NUOVA COLLABORAZIONE CON CAPPELLINI LABORATORIO VEGETALE

CHE INIZIAMO CON ENTUSIASMO, PER OFFRIRE VALORE AL NOSTRO CLIENTE

Ci sono storie che precedono altre storie, progetti che contengono in sé altri progetti che maturano sotto traccia e pronti a emergere al momento giusto. La famiglia Cappellini, attiva da anni nella distribuzione all’ingrosso e al dettaglio di frutta e verdura fresca, nel 2019 osserva che è in corso un cambiamento nelle modalità di consumo del vegetale nei negozi: sta crescendo molto la quota di prodotto semilavorato, preparato per esser soltanto cotto oppure rigenerato.

IL LABORATORIO

E allora come tutte le aziende attente ai bisogni del mercato decide di avviare un progetto parallelo, seguito da Francesca e Luca Cappellini: un laboratorio di lavorazione del vegetale che potesse offrire alle botteghe quel prodotto che le botteghe stesse si preparavano, con notevole dispendio di tempo e, a volte, scarso controllo dei costi. Da lì al prodotto adatto anche alla ristorazione il passo è breve. Nasce così una linea di verdure pulite, quasi esclusivamente nazionali e totalmente prive di conservanti. Un prodotto pronto per la vendita, che unisce praticità e qualità: un contorno di alto livello per le botteghe e un

semilavorato versatile per i ristoratori. I vegetali mantengono intatte tutte le caratteristiche organolettiche e gustative, colori brillanti, sapori intensi e una consistenza unica.

A inizio giugno siamo stati a Desio (MonzaBrianza) per visitare l’azienda, ma in primis per conoscere le persone e comprendere meglio il processo produttivo. Francesca e Luca ci hanno colpiti per intraprendenza, forte proiezione al mercato, desiderio di offrire una linea di prodotti sani e privi di conservanti e rivolti ai bisogni del cliente di oggi. Si tratta di un’impresa molto piccola, ma che si sta preparando per il prossimo salto di crescita.

LA LAVORAZIONE

Impressionante vedere all’interno del laboratorio di trasformazione, come vengono preparati, ad esempio i carciofi, cercando di trovare il trade-off tra i tempi di preparazione e la logistica interna. L’azienda ha sviluppato una linea di produzione altamente specializzata e innovativa avvalendosi di un processo tecnologico interamente fondato su cottura sottovuoto e basse temperature. Si parte sempre da una materia prima fresca, controllata e proveniente da produttori di fiducia

Alessandro
CARCIOFI
ASPARAGI VERDI

prevalentemente italiani. I prodotti Cappellini vengono lavorati artigianalmente, con forte intervento di manualità e grande attenzione alla selezione, alla mondatura, al taglio, alla cottura e ove previsto alla ricettazione

Le verdure che abbiamo scelto sono soltanto leggermente salate, e quindi lasciano libero spazio alla personalizzazione e a diversi criteri di condimento, possono persino essere consumate tal quale, o fredde o riscaldate. Le buste sono adatte al microonde, basterà operare un leggero foro sulla busta stessa.

Una linea di prodotti quindi che consente di portare le verdure nella vita quotidiana anche per chi non ha il tempo di prepararle e cucinarle.

LE VERDURE

Facciamo pertanto una veloce carrellata dei primi inserimenti, a cui ne seguiranno altri nelle prossime settimane! Una selezione di verdure per la bottega, sia in formato self service da 250 g sia in formato da 1 kg per il banco della gastronomia.

Carciofi: questa referenza è tra i best seller, preparare i cuori di carciofi a casa o in ristorante è un vero impegno! Si tratta di 8 metà da consumare tal quale, per farcire una pizza o per una spadellata pronta in 5 minuti. Morbidi, con limitata astringenza e polpa tenera. Sono cotti con l’aggiunta di un filo di olio evo.

Asparagi Verdi: 8/9 asparagi puliti e mondati a mano. Una tra le referenze più vendute, per gli stessi motivi del carciofo. L’asparago è sodo e croccante, può esser utilizzato tutto senza scarti. Innumerevoli gli utilizzi in cucina, deliziosi con burro fuso e parmigiano e su una pizza bianca con il guanciale e l’uovo mimosa.

Erbette e Spinaci: mantengono sia la croccantezza, sia il colore originario. All’interno della busta vi è anche l’acqua rilasciata dal vegetale, utili per preparare un contorno veloce o anche per farcire piadine, focacce e paste ripiene.

Zucchine: tagliate a rondelle, la referenza più semplice e forse anche tra le più sorprendenti per gusto e consistenza. Verdi e ancora croccanti all’esterno, cedevoli ma non sfatte all’interno.

Fagiolini, Patate e Carote: tagliate in modo accurato per garantire una perfetta cottura delle singole verdure. Stupiscono consistenza e rispetto dei sapori. Pronte per essere semplicemente condite a piacere o spadellate.

Finocchi: Falde di finocchio ricche della propria acqua di cottura. Il sapore è fresco, la consistenza ha un giusto compromesso tra morbido e croccante. Una ripassata in padella con burro, pangrattato e formaggio grattugiato non la vuoi preparare?

Oltre alla proposta per il dettaglio, tre referenze pensate più nello specifico per la ristorazione Patate con buccia: 1 kg di patate cubettate in pezzi regolari da 2,5 x 2,5cm, cotte al 90% e pronte per essere soltanto rifinite in forno a 220°C per 10/15 minuti oppure in padella velocemente.

Mix per Insalata Russa: tra le referenze di Cappellini ce ne sono alcune di specifiche, come questa dadolata di patate, carote e piselli fatta per preparare la propria insalata russa. Si raccomanda di sgocciolare le verdure prima di mescolarle alla maionese.

Hummus di Ceci: forse la pietanza internazionale che più ha conquistato i palati italiani negli ultimi 3 anni. Un hummus come si deve, dalla consistenza ruvida ma morbida. Con un’acidità appena accennata data la presenza di succo di limone e un rimando tostato legato alla tahina.

Conservazione

DEGLI ALIMENTI

3 minuti di lettura

HACCP IN PILLOLE

UNA PANORAMICA, PENSATA PER GLI OPERATORI DEL SETTORE, SUI PRINCIPI FONDAMENTALI

E SULLE MIGLIORI PRATICHE PER UNA CONSERVAZIONE OTTIMALE DEGLI ALIMENTI

Nel dinamico e cruciale settore della produzione agroalimentare, garantire la sicurezza e la qualità degli alimenti rappresenta una priorità imprescindibile. Una corretta conservazione non solo previene la proliferazione di microrganismi nocivi e il deterioramento delle proprietà organolettiche e nutrizionali, ma tutela anche la reputazione dell'azienda e la fiducia dei consumatori.

I PILASTRI DELLA CONSERVAZIONE

Una conservazione efficace si basa su una combinazione di fattori e pratiche interconnesse:

Temperatura

Il controllo della temperatura è uno dei fattori più critici per la conservazione degli alimenti. Il freddo rallenta significativamente l'attività microbica ed enzimatica. È fondamentale:

• mantenere le celle frigorifere e i congelatori alle temperature appropriate per le diverse tipologie di prodotto (es. refrigerazione tra 0°C e +4°C per molti freschi, congelamento a -18°C o inferiore);

• monitorare costantemente le temperature con sistemi di registrazione affidabili;

• garantire una corretta circolazione dell'aria all'interno delle unità refrigeranti per una temperatura uniforme;

• evitare sbalzi termici durante le fasi di carico, scarico e movimentazione.

Umidità

Un'umidità relativa inadeguata può favorire la crescita di muffe o causare disidratazione e alterazioni nella consistenza degli alimenti. È importante:

Tabella 1: Temperature massime di conservazione degli alimenti durante il trasporto, da mantenere per non interrompere la catena del freddo (salvo diverse indicazioni riportate in etichetta dal produttore)

Burro prodotto con crema di latte pastorizzata

Yogurt e altri fermentati, in confezioni

Ricotta

Formaggi freschi prodotti con latte pastorizzato

Carni fresche bovine - suine - ovicaprineequine +7 °C -

Carni macinate +2 °C -

Preparazioni di carni +4 °C -

Rielaborazione e semplificazione grafica da AIVEMP NEWSLETTER n.1 - gennaio 2011 - "Temperature dei prodotti alimentari" di Massimiliano Bassoli - Alessandro Testa - Bartolomeo Griglio

• mantenere i livelli di umidità raccomandati per specifici prodotti (es. frutta e verdura richiedono spesso un'umidità più elevata rispetto a prodotti secchi);

• utilizzare imballaggi adeguati che proteggano dall'eccessiva umidità o secchezza;

• implementare sistemi di ventilazione controllata.

Atmosfera

La modificazione dell'atmosfera che circonda l'alimento può prolungarne la shelf-life. Tecniche comuni includono:

• Atmosfera Modificata (MAP) che consiste nel confezionamento in atmosfera protettiva con miscele specifiche di gas (azoto, anidride carbonica, ossigeno) per rallentare l'ossidazione e la crescita microbica;

• sottovuoto, ovvero la rimozione dell'aria dall'imballaggio per inibire i microrganismi aerobici e l'ossidazione.

Igiene e Sanificazione

Un ambiente di lavoro pulito e procedure igieniche rigorose sono essenziali per prevenire la contaminazione degli alimenti durante la conservazione. Ciò include pulizia e disinfezione regolare di locali, attrezzature e mezzi di trasporto; corretta igiene personale degli operatori e controllo degli infestanti.

Gestione delle scorte e Tracciabilità

Un sistema efficiente di gestione delle scorte, basato sul principio "first-in, first-out" (FIFO), assicura che i prodotti più vecchi vengano utilizzati per primi, riducendo il rischio di superamento della data di scadenza. La tracciabilità completa di ogni lotto di prodotto è fondamentale per poter intervenire rapidamente in caso di problemi. Imballaggio adeguato

La scelta dell'imballaggio è cruciale per proteggere l'alimento da contaminazioni esterne, danni meccanici, variazioni di umidità e luce. I materiali di imballaggio devono essere idonei al contatto alimentare e resistenti alle condizioni di conservazione.

Formazione

La corretta applicazione dei principi di conservazione richiede personale qualificato e costantemente aggiornato sulle normative, le tecnologie e le migliori pratiche. Investire nella formazione degli operatori è un elemento chiave per garantire la sicurezza e la qualità degli alimenti.

TEMPERATURE

• Quando la temperatura esterna supera i 15 °C mettere subito in frigo i prodotti ricevuti dai trasportatori.

• I radiatori del frigo fanno fuoriuscire aria calda durante lo sbrinamento: attenzione ai prodotti posizionati in prossimità!

• Nei frigo murales la temperatura non è mai inferiore i 5°C, quindi non tutti i prodotti posso essere ben conservati con queste attrezzature.

• Controllare in etichetta le indicazioni di temperatura di conservazione fornite dal produttore. Ecco un esempio:

ACCIUGHE

CANTABRICHE "00"

cod 93677 · peso 100 g

Da conservare in frigorifero (+5 °C +12 °C)

IMBALLAGGI E UMIDITÀ

• Avvolgere completamente nella pellicola alcuni formaggi o salumi potrebbe rendere molle e appiccicosa la superficie, aumentando lo sviluppo delle muffe

• Attenzione alle confezioni gonfie: sono un campanello d'allarme!

SCORTE

• Un frigo troppo carico, oltre a faticare a mantenere bassa la temperatura, rende difficile il monitoraggio sulle rotazioni e sulle scadenze dei prodotti

IGIENE E CONTAMINAZIONI

• Quando una preparazione pronta viene riscaldata e rimessa in frigo, dovrà essere consumata entro 24 ore

• Usare stoviglie diverse e separate per i prodotti cotti e per quelli crudi

Consigli pratici

CONSERVARE BENE: I BENEFICI

Le ragioni per investire in sistemi e procedure di conservazione efficaci sono molteplici:

• sicurezza alimentare: prevenire la crescita di batteri patogeni, muffe e lieviti che possono causare intossicazioni alimentari e rappresentare un grave rischio per la salute pubblica;

• qualità del prodotto: mantenere inalterate le caratteristiche sensoriali (sapore, odore, colore, consistenza) e nutrizionali degli alimenti, preservandone il valore aggiunto;

• riduzione degli sprechi: evitare il deterioramento precoce degli alimenti, minimizzando le perdite economiche e l'impatto ambientale legato alla produzione di cibo non consumato;

• conformità normativa: rispettare le rigorose normative igienico-sanitarie nazionali ed europee che regolamentano la conservazione degli alimenti lungo tutta la filiera;

• competitività: offrire prodotti freschi, sicuri e di alta qualità rappresenta un vantaggio competitivo fondamentale nel mercato agroalimentare.

CONCLUSIONI

La conservazione degli alimenti nel settore agroalimentare è un processo complesso e multifattoriale che richiede attenzione meticolosa in ogni fase della filiera. Adottare un approccio integrato, basato su principi scientifici, tecnologie appropriate e personale competente, è fondamentale per garantire prodotti sicuri, di alta qualità e per ridurre gli sprechi, contribuendo a un sistema alimentare più sostenibile ed efficiente. La "bussola della freschezza" deve guidare ogni operatore del settore verso l'eccellenza nella conservazione, a beneficio dell'intera collettività.

ROSOLA ìl GUANCIALE!

UN

GUANCIALE

PERCHÈ SCEGLIERE GIANNARELLI

• stagionatura in conche di marmo

• lavorazione artigianale da tradizione di famiglia

• uno dei produttori storici di Colonnata

3 minuti di lettura

A CONTI FATTI

ARTIGIANALE PER CHI VUOLE DIFFERENZIARSI IN CUCINA

LA MATERIA PRIMA

La ricetta di famiglia per la concia, la lavorazione artigianale, il territorio dove nasce, il marmo in cui riposa: tutto contribuisce a rendere unico il Guanciale di Colonnata di Giannarelli. Un prodotto in cui la concia è riconoscibilissima, così come la mano e il talento di Marino nella stagionatura. Ogni guanciale - da suini pesanti del circuito dei prosciutti DOP di Parma e San Daniele - viene immerso in conche di marmo di Carrara e ricoperto di sale, pepe nero ed erbe aromatiche; dopo due mesi di stagionatura viene ripulito, ricoperto di pepe nero e stagionato per altri tre mesi. Il risultato è dolce e intenso, aromatico, con sentori di spezie.

SÍ AL GUANCIALE

Uno tra i dibattiti più accesi dietro ai fornelli: guanciale o pancetta? Come spesso accade, la scelta dipende dall'impronta che volete dare al vostro piatto.

Il guanciale è ciò fa per voi se cercate un prodotto corposo e intenso, con una consistenza carnosa al morso. È l'ingrediente giusto se desiderate un gusto avvolgente, persistente e che non dimenticherete facilmente, complici la speziatura pronunciata e l'affumicatura.

Last but not least: il guanciale - grazie alla componente importante di grasso e alla compattezza delle carni - è meno deperibile rispetto alla cugina pancetta.

I SUGGERIMENTI DELLO CHEF

Per valorizzare un prodotto legato strettamente alla tradizione è necessario pensare fuori dagli schemi. Il suggerimento è quello di partire da ingredienti freschi e osare con i sapori, seguendo una delle due strade possibili: concordanza o contrasto La prima è la più immediata, abbinando il guanciale a ingredienti altrettanto ricchi come il Pecorino Romano e le uova. Se invece credete che gli opposti si attraggano provatelo con i prodotti ittici - perfette le seppie - o con i vegetali di stagione, per dare uno sprint anche a un semplice contorno.

Chiaramente non disdegniamo i grandi classici: usatelo (in abbondanza!) per realizzare i piatti più iconici della cucina romana come carbonara, amatriciana e compagnia briscola.

GUANCIALE DI COLONNATA AFFUMICATO

Guanciale stagionato nelle conche di marmo a Carrara e leggermente affumicato, profumato e intenso cod 82455 peso 2 kg ca

Elisa Rizzotto Marketing e Comunicazione
Renato Pasqualato Chef e consulente

Pomodoro, guanciale, burrata e tartare di melanzana al basilico

Stendere le fette di guanciale di circa 3 mm in una placca e coprirle con una seconda placca a contatto. Cuocerle in forno per 4 ore a 110°C per seccarle e renderle croccanti. Montare la panna, aggiungere la gelatina precedentemente sciolta e la polpa di datterino. Mettere il composto negli stampi e congelare. Cuocere la melanzana al forno tagliata a metà con uno spicchio d'aglio, olio e sale a 170°C per 20 minuti, ricavare la polpa dalla melanzana e tritare. Impiattere con alla base la stracciatella, poi il battuto di melanzane e infine il pomodoro riportato a temperatura di frigorifero. Per terminare il piatto prima del servizio, aggiungere le fette di guanciale croccante.

Fusilli cacio, pepe, noci e guanciale

Food cost per porzione: 1,85 €

Preparare un piccolo pesto di noci, pecorino e parmigiano con poco olio evo. Cuocere la pasta in acqua bollente salata. Passare il guanciale a cubetti in una padella per qualche istante, sgrassarlo e poi aggiungere la pasta al dente nella stessa padella. Mantecare con il pesto ottenuto, un po' di pepe macinato al momento e completare la cottura con poca acqua della pasta. Servire ben calda.

Guanciale, seppie, fave e pomodori

Tostare a fiamma moderata i cubetti di guanciale per 20 minuti sgrassandoli bene. Incidere la seppia con un motivo a rete e condirla con buccia di limone, sale e pepe. Cuocerla sous vide per 2 ore a 55°C. Passarla poi in padella per pochi istanti aggiungendo il guanciale. Condire le fave sbollentate e i pomodori assieme con olio, sale e pepe. Impiattare con alla base i vegetali, poi la seppia cotta con il guanciale e finire con un filo di olio evo.

Uovo morbido e croccante, guanciale, crema di pecorino e carciofi

Food cost per porzione: 2,24 €

Fondere il pecorino a pezzettini con la panna e lo zafferano per ottenere una crema morbida e spumosa. Cuocere l'uovo in acqua per 4 minuti e far raffreddare, sgusciarlo e passarlo prima nel pane e poi nell'uovo e infine una seconda volta nel pane. Tostare per bene a fiamma moderata il guanciale. Friggere l'uovo in olio per 1 minuto a 170°C. Impiattare con alla base la fonduta, poi i carciofi, i cubetti di guanciale e per finire l'uovo al centro.

2 minuti di lettura

LE CLASSIFICHE DI VALSANA

Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

FORMAGGI

SALUMI E ALTRI...

PRESÌDI lovers

UNA CLASSIFICA CON I PRESÌDI SLOW FOO CONSIGLIATI PER L'AUTUNNO 2025

ASIAGO D'ALLEVO DOP STRAVECCHIO

cod 30879 · peso 9 kg

2

PROSCIUTTO DEL CASENTINO

intero · cod 78350 · 11 kg circa

addobbo · cod 78355 · 9 kg circa

PECORINO DI OSILO

cod 31490 · peso 2 kg circa

GOUDA ARTIGIANALE STRAVECCHIO

cod 46925 · peso 20 kg circa 1

3

GUANCIALE DI SUINO NERO DEI NEBRODI

cod 80221 · peso 1,5 kg circa

MORTADELLA CLASSICA BONFATTI

cod 78736 · metà da 5 kg circa

1 2 3

RISO VIALONE NANO

GRUMOLO DELLE ABBADESSE

cod 93712 · peso 1 kg x 8 pz

GALLETTE DI MAIS BIANCOPERLA

cod 93789 · peso 120 g x 10 pz

1

CAPPERO SELARGINO SOTTO SALE ELITE

94490 · 80 g | 94491 · 200 g disponibile da settembre

2 3

PASTA FILATA stagionata

Francesca Marini

Commerciale Italia

L’INFILTRATO!

CILINDRO AFFUMICATO

Non è un caciocavallo ma una pasta filata pugliese a latte vaccino crudo, affumicata. Una proposta per l’ho.re.ca.: ideale da affettare, per farciture e preparazioni da forno.

PRODOTTO

PREZZO AL KG

PRODUTTORE

DAL CACIOCAVALLO AL PROVOLONE DEL MONACO DOP

Uno dei formaggi più famosi del Sud Italia porta un nome altrettanto famoso per i tanti fraintendimenti: caciocavallo. Dove “cacio” indica semplicemente il formaggio e “cavallo” si riferisce al modo in cui le forme venivano, e vengono ancora, appese a coppie a cavallo di una trave. Niente a che fare quindi con l’animale (cavallo). Per questo prodotto nella nostra selezione abbiamo come punto di riferimento il caseificio D&D: con circa 40 conferenti e una lavorazione giornaliera di 110-120 quintali di latte, la produzione segue ancora

CACIOCAVALLO IRPINO FRESCO

Caseificio D&D

Calitri (AV)

vaccino pastorizzato

PEZZATURA

25203 · 2,5 kg circa

3 minuti di lettura

IN-FORMAZIONE

processi artigianali con la modellatura manuale della tipica testina a pera. Tra i nostri caciocavalli troviamo anche il Presidio Slow Food Caciocavallo Podolico del Caseificio Pessolani e un caciocavallo al latte di bufala de La Maremmana, da filiera chiusa.Menzione d’onore tra le paste filate stagionate del Sud Italia va fatta per il Provolone del Monaco DOP, dal gusto burroso e vagamente piccante, il cui nome deriva dall’abitudine dei casari di trasportare i formaggi coperti da mantelli simili a tonache monacali.

SCHIENA D’ASINO GIOVANE CACIOCAVALLO IRPINO STAGIONATO IN GROTTA

Caseificio D&D

Calitri (AV)

Caseificio D&D

Calitri (AV)

vaccino pastorizzato vaccino crudo

25204 · 11 kg circa · anche in quarti

25200 · 2 kg circa · anche a metà

STAGIONATURA almeno 3 mesi

IL PREFERITO DI...

IL PRODUTTORE DICE...

almeno 20 giorni

Negozio specializzato

Ristorazione

Prodotto con latte intero da vacche allevate sull’Appenino Irpino

Negozio specializzato

Prodotto con fermenti propionici per ottenere la caratteristica occhiatura

almeno 6 mesi (2 mesi in cantina e 4 mesi in grotta)

Negozio specializzato

Ristorazione

Stagionato in grotte umide di tufo e pietra viva, con T costante a 13 °C

LATTE » vaccino crudo da stalle selezionate, con aggiunta di siero innesto autoprodotto

RASSODAMENTO » 3 ore nelle vasche di raffreddamento a 15-20°C per ottenere una crosta sottile

CACIOCAVALLO PASCOLINO

Caseificio D&D Calitri (AV)

vaccino pastorizzato

Le fasi della produzione del Caciocavallo Irpino di Grotta

MATURAZIONE » la cagliata viene lasciata maturare 3-4 ore sui tavoli spersori prima della filatura

SALATURA » 12 ore per kg di prodotto in vasche di salamoia satura al 24-25%, a 18°C

CACIOCAVALLO PODOLICO STAGIONATO

FILATURA » automatizzata, tramite la macchina filatrice che trita e lavora i blocchi di cagliata

ASCIUGATURA » 7 giorni in celle con un’umidità del 50% per favorire un’asciugatura graduale

DEL MONACO DOP

FORMATURA » a mano, immersi in vasche di acqua a 65-75°C per ottenere la caratteristica testa

STAGIONATURA » prima 2 mesi in cella a 9°C e poi altri 4 mesi nelle storiche grotte di tufo di Calitri

Nicola Pessolani Abriola (PZ)

vaccino crudo da vacche di razza Podolica

25208 · 2,4 kg circa 25222 · 2 kg circa · anche a metà

almeno 30 giorni

Gastronomia

Prodotto con latte da vacche allevate al pascolo per 9 mesi all’anno, sulla Piana del Dragone di Volturara Irpina

almeno 6 mesi

Negozio specializzato

Presìdio Slow Food, prodotto esclusivamente con latte da vacche di razza Podolica

Caseificio Perrusio Carmela Meta (NA)

La Maremmana Principina Terra (GR)

vaccino crudo 20% Agerolese bufalino crudo

25220 · 5,3 kg circa 21087 · 1,3 kg circa

almeno 6 mesi

Negozio specializzato

Caciocavallo senza testa prodotto con min 20% di latte da vacche di tipo genetico autoctono Agerolese

almeno 4 mesi

Negozio specializzato Ristorazione

Caciocavallo a filiera chiusa, con latte da bufale di proprietà e siero innesto autoprodotto

FROMAGERIE

Fromage et ses amis

Matteo De Santi

Export Manager

3 minuti di lettura

STORIE DI FROMAGER

SE CERCHI BURRO IN FRANCIA IMPOSSIBILE PERDERSI LA TAPPA NORMANDIA, PASSANDO PER ISIGNY: IN QUESTO NUMERO LO FACCIAMO RACCONTARE A FABIEN

DEGOULET E LA SUA FROMAGERIE A LE MANS

Figlio e nipote di un crémier-fromager, ha vissuto 10 anni in Giappone e ha imparato il mestiere in un ambiente esigente e rigoroso. Ha vinto il concorso di Miglior Fromager del mondo nel 2015 prima di tornare in Francia e aprire "Fromage et ses amis", a Le Mans, la sua citta natale

Fabien Degoulet

Fromagère

Con Fabien ci conosciamo ormai dal 2021. Ci incontravamo spesso alle fiere in Francia, come il Salon du Fromage a Parigi o il Mondial du Fromage a Tours: lui in veste di supporto agli stand e giudice, noi come espositori.

Fin dal primo incontro abbiamo scoperto di avere una visione molto simile del mondo del formaggio. In fiera, Fabien lo vedevamo allo stand del Comté, dove curava gli abbinamenti, in particolare con il saké. Un’esperienza davvero memorabile.

Oggi portiamo avanti un bel rapporto, anche attraverso la sua fromagerie a Le Mans. Pian piano la collaborazione è cresciuta e siamo arrivati persino a organizzare insieme un laboratorio di formazione sul Comté in azienda, grazie alla sua competenza e alla sua disponibilità.

Il tempo vola e spesso, tra una fiera e un progetto, perdiamo di vista ciò che conta: la cura per il nostro lavoro, il piacere che deriva dalla passione, e le relazioni nate per caso che diventano collaborazioni vere e proprie.

Ci racconti la storia della tua formazione e dell'apertura della fromagerie?

Sono la terza generazione di crémier e affinatore di formaggi. Ho studiato giapponese ed economia internazionale, quindi inizialmente ero lontano dal mestiere di fromaggiaio. Tuttavia, una volta arrivato in Giappone, ho riscoperto questo lavoro in una forma nuova e me ne sono appassionato profondamente. Dopo aver vinto il titolo di Miglior Formaggiaio del mondo nel 2015 e dieci anni in Giappone, nel 2019 ho creato

la mia azienda di consulenza casearia. Ma è stato solo in seguito alla crisi del Covid nel 2021 che ho deciso di aprire “Fromage et ses amis”, il mio negozio di formaggi.

Quali sono i punti di forza della tua fromagerie?

“Fromage et ses amis” è un concetto che parte ovviamente dal formaggio, ma non si ferma lì. Abbiamo le nostre cantine dove affiniamo i formaggi, dopo un grande lavoro di selezione, e un laboratorio in cui creiamo le nostre specialità casearie. Lavoriamo molto anche sull’abbinamento: disponiamo di una selezione di vini e sakè pregiati, che ci permette di offrire ai clienti esperienze di accostamento sorprendenti e insolite. Cerchiamo inoltre di tenere un’elevata rotazione dei formaggi, così che anche i clienti abituali trovino sempre qualcosa di nuovo da scoprire.

Qual è la tua visione del mondo del formaggio?

Il mondo delle fromagerie di qualità ha un futuro promettente. I negozi sono sempre più curati e i formaggiai sempre più professionali. Tuttavia, ciò che conta di più è il formaggio stesso, e purtroppo stiamo perdendo un po’ in termini di diversità gustativa. È fondamentale per noi investire per proteggere i produttori, il loro sapere e i territori di origine.

Quale consiglio daresti a un giovane collega?

Un giovane formaggiaio deve avere voglia di viaggiare, formarsi ed essere ricettivo verso chi lo forma. Imparare in diverse città e in più fromagerie è essenziale per costruirsi una propria idea del mestiere e del suo futuro.

CONSIGLI DELLA FROMAGÈRE

1. La tua opinione su questo prodotto

Burro DOP di altissima qualità gustativa. È noto anche come burro da degustazione, servito spesso all’inizio del pasto in molti ristoranti della Normandia e del Nord della Francia.

2. Suggerimenti per la gestione e la conservazione

Se il burro è in blocco da 5 kg, è fondamentale fare molta attenzione all’ossidazione e alla sua capacità di assorbire gli odori circostanti. Il burro, come tutte le materie grasse, assorbe facilmente i profumi degli altri formaggi. Per questo motivo, va assolutamente conservato sotto campana oppure avvolto in pellicola speciale per prodotti lattiero-caseari.

3. Suggerimenti per il taglio e la vendita

Il taglio va fatto con filo, in piccoli pezzi. Il coltello non è consigliato perché tende ad attaccarsi al burro e non permette un taglio netto. È il prodotto ideale per una vendita aggiuntiva/ complementare, da consigliare per l’aperitivo o come antipasto con frutti di mare.

4. Abbinamenti e ricette preferite

Il burro dolce è ideale per ammorbidire i formaggi erborinati. Può essere spalmato sul pane e arricchito con Roquefort, per esempio. Ma è perfetto anche per la merenda dei bambini con del cioccolato fondente. Prova il burro montato al camembert: mescola 50% di burro con 50% di camembert, aggiungendo spezie a piacere (come pepe nero o pepe Timut). Tosta del pane di segale e spalma sopra questo composto. Ottimo come aperitivo con un vino bianco secco.

Il burro salato invece è molto versatile: lo usiamo spesso con i frutti di mare come gamberi e ostriche, ma anche per accompagnare verdure come i ravanelli.

NOME Beurre Isigny AOP

REGIONE Normandia

MATERIA PRIMA panna da latte vaccino raccolto nella zona di Isigny con il 42% di grassi

SAPORE dolce, con note spiccate di latte fresco e sentori di nocciola

CODICE doux · 45336 5 kg demi-sel · 44063 5 kg

EXTRAVERGINE e salumi

Due protagonisti, una sola scena. Da una parte l’olio extravergine di oliva: oro liquido, profumato e prezioso prodotto della terra dalle origini che si perdono nel tempo. Dall’altra il salume: nobile, antico, carico di gusto e di storia. La loro unione non rappresenta solo un semplice abbinamento, bensì un invito a scoprire nuovi mondi attraverso il gusto.

Non si tratta certo di un'accoppiata scontata. Siamo abituati a pensare all’olio extravergine di oliva sulle verdure, sul pesce, sul pane. Ma sul salume? Ebbene sì, si tratta di un’unione che non solo funziona: sorprende, emoziona, cambia le regole. Basta una fetta sottile, un filo d’olio scelto con cura, e il palato scopre un'armonia inaspettata.

L’incontro tra olio e salume è una conversazione tra intensità, sapidità, grassezza, profumi speziati da un lato e amaro, piccante, fruttato dall’altro. Due mondi forti, ma capaci di danzare insieme se gestiti con equilibrio.

Ogni salume racconta il suo territorio con stagionature, affumicature, carni, erbe e spezie diverse. Ogni olio, attraverso il suo profilo organolettico unico, narra la lingua della cultivar da cui è stato prodotto, plasmata dal clima, dal suolo e dalla luce del Mediterraneo. Quando si incontrano, nasce un capolavoro.

3 minuti di lettura

ORO LIQUIDO

Ecco cinque abbinamenti selezionati: salumi artigianali valorizzati da oli extravergine d’autore, a partire dai più delicati fino ai più intensi, fino alle note aromatiche del tartufo.

Basta poco: un crostino tiepido, una fettina tagliata bene, qualche goccia di evo giusto.

L'olio non è solo condimento. È emozione, è il tocco magico, che esalta tutto il resto.

LE REGOLE DEL GIOCO

Quando salumi e olio extravergine si incontrano, il segreto sta tutto nella giusta misura: intensità, aromaticità e struttura devono dialogare con equilibrio.

• Intensità: un olio troppo potente rischia di coprire un salume delicato; meglio scegliere un fruttato medio o leggero per carni magre e dolci; via libera a oli strutturati per salumi affumicati o stagionati.

• Aromaticità: qui il gioco si fa interessante; spezie, erbe, affumicatura: ogni salume ha una sua personalità; l’olio può amplificarla –con note simili – oppure contrastarla, creando equilibrio con toni freschi, agrumati o erbacei.

• Struttura: grassezza del salume e fluidità dell’olio devono completarsi. Se il salume è ricco, l’olio può “sgrassare” il palato. Se è magro, l’olio aggiunge succosità e rotondità.

Stefania
QUANDO IL CARATTERE INCONTRA L'ELEGANZA

Quando vogliamo creare l’abbinamento perfetto, dobbiamo tener conto anche del fatto che i salumi sono preparati utilizzando la carne di diversi animali, sia domestici che selvatici, sia in purezza che in miscela tra le varie tipologie, e ognuno con caratteristiche uniche che influenzano il sapore e la consistenza del prodotto finale:

Bovino: salumi di manzo, come la bresaola, sono magri e delicati; si abbinano bene con oli extravergine dal fruttato medio, con note erbacee e leggere punte di amaro

Suino: la carne di maiale è saporita e grassa; per salumi come il salame, la pancetta o il prosciutto cotto l'abbinamento diventa sfidante e consigliamo un olio evo dal fruttato medio, con note di mandorla e carciofo

Selvaggina: i salumi di selvaggina, come il cervo o il capriolo, richiedono oli intensi che possano bilanciare la loro intensità; oli molto aromatici, con note di pepe nero e mandorla amara, sono ideali per esaltare questi piatti.

Pollame: i salumi di tacchino, pollo e anatra, presentano carni magre e delicate; per esaltarli al meglio è consigliabile utilizzare oli dal profilo aromatico equilibrato, con note fruttate di media intensità, leggermente piccante e amaro, in grado di bilanciare la leggerezza della carne senza sovrastarne il sapore.

Capra: i salumi di capra solitamente sono ricchi di gusto e abbastanza grassi; il più consigliato è un olio extravergine intenso

Cavallo: la carne di cavallo è magra e saporita, di conseguenza si abbina bene a un olio extravergine dal fruttato medio, con note erbacee e leggere punte di amaro

N.B. La scelta dell'olio può variare anche in base alla preparazione culinaria e alle spezie utilizzate. È sempre consigliabile sperimentare per trovare l'abbinamento che meglio esalta i sapori del piatto.

BRESAOLA RUSTICA 82251 · 5 kg ca

SAN MARCO 84405 · 1,2 kg ca

CECINA DE LEÓN IGP

BABILLA 81116 · 2,5 kg ca

FESA DI TACCHINO ARROSTO NAZIONALE 77999 · 4,5 kg circa

PROSCIUTTO DI CERVO 82030 · 1,7 kg ca

Fruttato gentile e sfumature amare delicate: in questo abbinamento, l’olio accompagna ginepro e pepe senza coprire la delicatezza della carne

OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA BIOALBERTI 96294 · 500 ml

Note verdi, vegetali e un finale ammandorlato: l’olio esalta la dolcezza speziata e la morbidezza del filetto di maiale

Affumicato su affumicato, ma con equilibrio: l’olio aggiunge profondità e prolunga il gusto di questo prosciutto di manzo spagnolo

Un olio rotondo e dai sentori vegetali aggiunge un tocco di succosità alla carne magra, completandola con eleganza e leggerezza

OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA BIO LA MAJATICA 93573 · 250 ml

Selvaggina e tartufo: due intensità che si fondono in un abbraccio armonico, potente, che rievoca la natura incontaminata dei boschi da cui provengono

LONZA
GRAN

Paleolitico SARAI TU!

Danilo Gasparini

Docente di Storia e Cultura del Cibo all’Università degli Studi di Padova

TOMAHAWK DI FASSONE PIEMONTESE

Scenografica costata di manzo ricavata dalla parte anteriore della lombata. L’osso della costola si presenta ben pulito, la carne è molto morbida e dal gusto pieno e saporito

cod 84758 · peso 1,5 kg circa in box da 10 pezzi su prenotazione

“SI

4 minuti di lettura

MITI DA SFATARE

STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO”: UN VIAGGIO NEL PASSATO

GASTRONOMICO, AGLI ALBORI DELL’ALIMENTAZIONE UMANA

QUANDO SI DICE “SONO A DIETA”

Lo sappiamo, esistono, innumerevoli regimi alimentari, diete che l’umanità ha adottato nel corso della storia, ciascuno influenzato da fattori culturali, geografici e temporali e anche dalla necessità. Tra le più note ci sono la dieta mediterranea, la dieta vegetariana, la dieta chetogenica, quella proteica, la dieta low carb e high carb, quella militare e, ovviamente, la dieta paleolitica, senza dimenticare il digiuno alternato.

Ogni dieta si propone di migliorare la salute o rispecchiare valori e tradizioni, ma sono davvero efficaci o è meglio un buon panino col crudo? È proprio vero: siamo passati dall’ossessione della pancia vuota a quella della pancia piena.

DIETA PALEOLITICA: COS’È

Ci soffermiamo sulla dieta paleolitica, spesso chiamata semplicemente “dieta paleo”, è un regime alimentare che si ispira alle abitudini nutrizionali degli esseri umani che vivevano durante il periodo paleolitico, che va da 2,5 milioni di anni fa fino a circa 10.000 anni fa.

L’idea alla base di questa dieta è che la

salute ottimale si ottiene seguendo un modello alimentare simile a quello dei nostri antenati prima della rivoluzione agricola. Ma cosa c’è di vero in questa affermazione? E quanto di questa dieta è radicato in miti e malintesi?

Il concetto di dieta paleolitica è stato introdotto per la prima volta negli anni ‘70 da Walter L. Voegtlin, un gastroenterologo che pubblicò il libro “The Stone Age Diet”. Voegtlin sosteneva che gli esseri umani sono biologicamente adattati a una dieta ricca di proteine animali, grassi e verdure, mentre i carboidrati provenienti dai cereali e i latticini sono un’invenzione moderna che può causare problemi di salute. Negli anni successivi, il concetto è stato ulteriormente sviluppato da altri ricercatori, tra cui Loren Cordain, autore del libro “The Paleo Diet” nel 2002. Cordain ha ampliato la teoria, alimenti naturali e e sull’eliminazione di quelli introdotti con l’agricoltura.

Allora può anche essere che in termini di varietà di cibi e nutrienti l’uomo paleolitico – al tempo non eravamo miliardi - stesse anche meglio. In origine siamo stati folivori (mangiatori di foglie) e fruttivori. Un regime ricco di vitamine idrosolubili,

Figura 1: Infografica dei cibi ammessi dalla dieta paleolitca

come la vitamina C, che i primati hanno smesso di sintetizzare all’inizio della loro storia. Poi, una volta diventati bipedi, bastone alla mano abbiamo cercato anche i tuberi, rizomi, radici (USO - Underground Storage Organs). Questi alimenti richiedono un apparato masticatorio potente e un tubo intestinale lungo. Sono ricchi di carboidrati a lenta digestione (amidi) con un apporto energetico di maggiore durata, concentrati in minor volume.

A partire da 2,5 milioni di anni fa aumenta il consumo di carne, pur conservando un tasso di vegetarianismo. Carne? Soprattutto sfruttamento di carcasse residuali di prede di grandi carnivori attraverso l’estrazione del midollo e l’uso diffuso di grassi e proteine animali attraverso caccia, pesca: poi venne il fuoco e fu tutt’altra storia. Basti pensare alle trasformazioni anatomiche del corpo: cervello più grande, stomaco più piccolo… Come dice Richard Wrangham siamo quello che siamo perché abbiamo mangiato carne e soprattutto carne cotta. Siamo diventati contadini per forza, a partire dai 10.000 anni a.C.: eravamo tanti e abbiamo iniziato a dipendere dalle graminacee, dai cereali, dai carboidrati. Ancor oggi.

CIÒ CHE ERA VALIDO IERI NON LO È OGGI

Allora perché è impossibile praticare oggi una dieta paleolitica? Abbiamo visto: il paleolitico era un’età dove l’importante era sopravvivere. Gli esseri umani erano principalmente cacciatoriraccoglitori. La loro dieta dipendeva fortemente da ciò che era localmente disponibile: carne, pesce, frutta, verdura, noci e semi. Non esisteva una dieta “universale” durante il paleolitico, poiché le abitudini alimentari variavano enormemente a seconda della regione e della stagione. Allora possiamo dire che gli esseri umani del paleolitico erano più sani? No: sebbene gli esseri umani del paleolitico non soffrissero di malattie moderne come il diabete di tipo 2 o l’obesità, ciò era principalmente dovuto a uno stile di vita estremamente attivo e a una durata di vita più breve. La maggior parte delle persone durante il paleolitico non raggiungeva un’età in cui sviluppare molte delle malattie croniche moderne visto che l’aspettativa di vita era di 30 anni!

RITORNO ALLE ORIGINI

Un altro mito è che la dieta paleo rappresenti il “modo naturale” di alimentarsi per gli esseri umani. Tuttavia, il concetto di una dieta

“naturalmente corretta” è problematico. Intanto la “natura” non è quella di qualche milione di anni fa. Gli esseri umani si sono evoluti proprio perchè esseri estremamente adattabili, e la dieta paleolitica non era uniforme. In alcune regioni, la dieta era ricca di proteine animali, mentre in altre includeva un’ampia varietà di piante e frutti. E noi via via ci siamo adattati e lo facciamo tuttora.

PROVE SCIENTIFICHE: QUESTE SCONOSCIUTE

Altro luogo comune: la dieta paleo elimina alimenti come cereali, latticini, legumi e cibi trasformati, considerandoli dannosi. Tuttavia, non esistono prove scientifiche che questi alimenti siano intrinsecamente nocivi per la salute. Al contrario, molti di essi, come i legumi e i cereali integrali, sono ricchi di nutrienti essenziali. E, prima dell’uso del fuoco (circa 500 mila anni fa) i cibi non erano sicuri, anzi, molti alimenti erano ricchi di tossine e di agenti infettivi.

Molti sostenitori della dieta paleo ignorano il fatto che gli alimenti disponibili oggi sono molto diversi da quelli del paleolitico. Ma cosa consiglia la dieta paleo? Il catalogo è questo. Alimenti ammessi: carne, pesce, frutta, verdura, noci e semi. Alimenti esclusi: cereali, latticini, legumi e cibi trasformati. Tutta l’enfasi viene posta sugli alimenti naturali e non trasformati

Gli animali da allevamento, la frutta e la verdura che consumiamo oggi sono stati selezionati e coltivati per secoli, rendendoli significativamente diversi dai loro antenati selvatici. Sebbene la dieta paleo possa incoraggiare un consumo maggiore di alimenti “naturali” e non trasformati, non esistono prove conclusive che dimostrino che seguire questa dieta riduca significativamente il rischio di malattie croniche rispetto ad altre diete equilibrate.

TRA ROMANTICISMO E REALTÀ

La dieta paleolitica rappresenta un interessante ma illusorio tentativo di tornare alle origini dell’alimentazione umana, ma è importante riconoscere i suoi limiti e le sue semplificazioni. Sebbene incoraggi una maggiore consapevolezza degli alimenti consumati, è fondamentale basare le scelte dietetiche su prove scientifiche moderne anziché su miti o ideali romantici del passato.

2 minuti di lettura

ODE ALLA

norma

cod 31700 · peso 1 kg circa

Classica

OLTRE I CLASSICI

L'ESSENZA SICILIANA IN TRE SEMPLICI INGREDIENTI...

...ANCORA PIÙ BUONI SE FRITTI!

Street food

• SUPPLÌ ALLA NORMA

La Pasta alla Norma, un'icona della cucina siciliana, affonda le sue radici nella vibrante Catania, ai piedi dell'Etna. Tradizione vuole che il suo nome sia un omaggio alla "Norma", la famosa opera lirica di Vincenzo Bellini, celebre compositore catanese. Al centro di questo piatto trionfano tre ingredienti semplici ma potentissimi: la melanzana fritta, che con la sua consistenza morbida e il suo gusto leggermente amarognolo è la vera protagonista; il pomodoro, nella sua salsa densa e avvolgente; la ricotta salata grattugiata, che con la sua sapidità decisa aggiunge un tocco finale inconfondibile.

Un cuore cremoso e saporito racchiuso in una croccante panatura dorata. Il Supplì alla Norma racchiude tutta l'anima del piatto tradizionale in un boccone fritto e irresistibile. Al suo interno, il riso è avvolto dalla salsa di pomodoro e dalla morbidezza delle melanzane fritte, mentre un cuore filante di mozzarella si fonde al calore, creando quella "sorpresa" che rende il supplì così amato. La ricotta salata viene spolverata all'uscita, regalando quel tocco sapido che ne esalta il gusto. Un concentrato di Sicilia da gustare passeggiando.

• COTOLETTA ALLA NORMA

Prendi la classica idea della Wiener Schnitzel e portala sotto il sole della Sicilia. Qui, la melanzana non è solo un contorno, ma diventa la star del piatto, trasformandosi in una "cotoletta" saporita. Una spessa fetta di melanzana viene impanata e fritta fino a ottenere una crosta fragrante e un'interno fondente. Una volta pronta, viene generosamente irrorata con una ricca salsa di pomodoro, guarnita con foglie di basilico e infine cosparsa di ricotta salata grattugiata. Il risultato è un contrasto delizioso tra croccantezza e morbidezza, tra sapidità e freschezza

Giacomo Chinellato Agente

TERRE

vulcaniche

Enrico De Conto Ufficio Acquisti

GRAVIERA ALL'ORIGANO cod 42089 · peso 1 kg circa

Un abbinamento territoriale, pieno di sfumature e carattere marino. I sentori officinali del formaggio e la sua sapidità travolgente verranno messi in risalto dalle caratteristiche del vino, un tripudio di macchia mediterranea e spezie dolci

VINI CHE RISPECCHIANO I PROFUMI ISOLANI

TRA

SOLE, BREZZA MARINA E SUOLO MINERALE

ASSYRTIKO

FILETTO DELLA TIMPA cod 80890 · trancio da 1,2 kg ca

La carne intrisa degli aromi di limone e pepe troverà un accompagnamento perfetto in questo vino. Un calice capace di controbilanciare la complessità del salume grazie ad aromi decisi e a una verticalità decisamente spiccata

FIORE SARDO DOP BIOLOGICO GIOVANE cod 31432 · peso 3,5 kg circa

Un accostamento azzardato che non avrà timore nello stimolare le papille gustative. In primis fumo, zolfo e ruvidità, poi pepe, pompelmo e menta. Che bellezza! Un solo consiglio: mettete questa accoppiata alla fine del tagliere

Originario dell’isola di Santorini, nella versione secca è molto fresco, dai sentori agrumati e tropicali e dalla mineralità spinta, derivante dai terreni vulcanici su cui cresce la vite. Se affinato sviluppa sentori terziari che ricordano il legno e la pietra focaia

ETNA BI ANCO DOC

Dall’assemblaggio di uve autoctone siciliane Carricante e Catarratto, è dotato di notevole acidità e quindi ideale per l’invecchiamento. Mediterraneo nei sentori, di zagara e di fiori d’acacia al naso, di agrume in bocca. Il fin di bocca è lungo, leggermente amarognolo e molto fresco

LISTAN N EGRO

Dal principale vitigno a bacca rossa delle Isole Canarie, si ottengono vini leggeri, freschi e poco tannici, caratterizzati da note di ciliegia e lampone e sentori minerali, alle volte affumicati. In bocca si percepisce una certa sapidità che riflette il terreno vulcanico di origine

COMTÈ AOP FORT ST ANTOINE

cod 46747 · 36 kg circa · ordine minimo 1/16

L’intensità e la grassezza del formaggio sono bilanciate dalla spiccata acidità del vino; la mineralità e i sentori di iodio, permettono l’accostamento ai gusti più dolci del formaggio, creando un contrasto dolce-salato davvero piacevole

PEPERONI GRIGLIATI A FILETTI cod 96357 · peso 800 g (peso sgocciolato 750 g)

I sentori agrumati del vino, la freschezza del sorso si sposano con il gusto dolce del peperone. La leggera nota affumicata data dalla grigliatura trova un alleato nella sapidità del vino, rendendo l’abbinamento aromatico e fragrante

PORCHETTA DI ARICCIA IGP cod 80811 · metà da 4,8 kg ca

La freschezza e la leggerezza alcolica del vino aiutano ad apprezzare la dolcezza della carne; la speziatura è sostenuta dalle note sapide del sorso, la leggera nota affumicata si abbina al profumo della cotenna

Elisa Cibien Ufficio Acquisti

LIMONE SÌ...

... ma confit!

Vittorio Castellani

Giornalista “gastronomade” www.ilgastronomade.com

3 minuti di lettura

ITINERARI GASTRONOMICI

QUINTA ESSENZA DELLA TRADIZIONALE CUCINA MAROCCHINA E OGGI INGREDIENTE

GOURMET, IL LIMONE FERMENTATO È UN INGREDIENTE DA NON PERDERE!

SALAMOIA CHE PASSIONE!

L'uso del sale per la conservazione degli alimenti è una pratica millenaria, attestata addirittura prima del Neolitico. La salamoia, grazie alle sue proprietà battericide, assicura la conservazione e modifica il sapore degli alimenti, come si usa comunemente con le olive. Il cedro fu uno dei primi agrumi introdotti nel Mediterraneo e veniva occasionalmente "confit" al sale, secondo una pratica che si è diffusa in epoca moderna con l'uso di una salamoia al 15%.

La cucina araba medievale menziona il limone confit, prima nello sciroppo di zucchero e poi in salamoia. Il manoscritto Dar al-Kutub alQawmiya al-Miṣriya del VIII secolo dedica un capitolo a "i limoni preparati con sale e altre preparazioni di conserva". Alcuni ritengono però che Ibn Jumay sia l'autore della prima ricetta di limone in salamoia. Siamo in Egitto, nell’anno 1198 e già allora i limoni, succo di limone e molto sale fino venivano sigillati in un recipiente di vetro, esposti al sole per due settimane e poi lasciati riposare per almeno 40 giorni. Sappiamo che gli Antichi Egizi erano maestri nella conservazione e a quanto pare non si limitavano alle mummie! Da lì i limoni in salamoia si diffusero verso il Maghreb e oggi troviamo i "limones encurtidos y salgados" anche nella gastronomia hispano-magrebina di Ceuta e Melilla, una testimonianza del legame tra la cucina marocchina e quella andalusa.

Prima delle cucine occidentali, Israele, Iran, Turchia e India conoscevano già il limone al sale. Il Dictionary of Commerce del 1810 menziona i "limones salgados" portoghesi, descrivendoli come preparati con una salamoia simile a quella per i cetrioli.

Questi limoni marinati venivano esportati verso la Francia, dove erano considerati un prodotto di lusso. A fine secolo, la Francia importava cedri, limoni e arance in salamoia. L'espressione "citron confit au sel" (fig.1) è attestata in francese dal 1758, ma il suo uso è diventato comune solo alla fine del XX secolo, mentre Alain Ducasse è stato uno dei primi chef di fama internazionale a utilizzarlo.

PROCEDIMENTO CONFIT

La preparazione del limone confit è un processo che richiede pazienza e trasforma i frutti acidi in autentiche delizie. I limoni vengono tagliati o bucati e ricoperti di sale prima di essere messi in barattolo, a cui viene aggiunta acqua bollente. Attraverso la lactofermentazione nella salamoia, i frutti perdono ogni amarezza in un processo che richiede diverse settimane, la conservazione è ottima e il sapore migliora con il tempo; volendo la salamoia può essere aromatizzata con alloro, timo, rosmarino, zenzero, aglio o cumino, e persino tamarindo secco!

LIMONI FERMENTATI

Limoni di Sicilia non trattati, tagliati a cubetti e fermentati in vaso con aggiunta di sale. Sorprendenti al palato, con una sapidità e un'acidità pronunciate ma ben bilanciate cod 93364 · peso 170 g

Secondo la chef marocchina Choumicha Chafay i limoni in salamoia sono il condimento più importante nella cucina marocchina. In effetti, possono essere considerati la pietra angolare della cucina marocchina, specie di quella Fassie, la cucina di corte arabo andalusa di Fès. Come avviene per i nostri limoni della Costiera Amalfitana, anche in Marocco si discute su quali siano i migliori, specie se li vogliamo mettere in salamoia. La "limonette de Marrakech", nota anche come citron Beldi è la più ricercata dei limoni comuni e viene "confit" sia nello sciroppo di zucchero che in salamoia (fig.2). Si tratta di una versione acida della varietà Citrus × limon var. limetta, la cui coltivazione proviene principalmente dagli orti di Ouled Hassoune e Al Ouidane. Secondo altri i più pregiati vengono preparati in primavera con una varietà di limone chiamata Doqq, apprezzata per la loro buccia sottile, il colore giallo dorato e l'aroma fragrante, o con i limoni Boussera, che sono molto succosi e dal sapore aspro. Ma se non sono disponibili, si possono usare i limoni Meyer, che hanno la buccia sottile e pochissima amarezza o il limone comune (Citrus limon), sapendo che la stessa tecnica è valida anche per limes e limette, clementine, kumquat e arance. La preparazione in salamoia prevede duecento grammi di sale per ogni chilo di frutta e non richiede che i frutti siano tagliati poiché la buccia della limonette de Marrakech è più sottile

di quella del limone comune. La salamoia viene versata bollente sui frutti che marinano per tre settimane prima dell'uso. Le limette in salamoia, una volta lavate, condiscono gli stufati marocchini (tajine) come il Tajin bil-djaj wa-zaytoun al pollo e olive (fig.3), secondo tajine più popolare del Marocco, dopo quello di manzo con le prugne. Vengono poi impiegati per accompagnare il pesce alla griglia, per preparare con la sua polpa una vinaigrette o tagliati a tocchetti per insaporire diverse insalate fredde

ALTRE VERSIONI

In Iran il limone Shiraz, simile ai lime, è preparato come un achard (sottoaceto) con sale, aceto, zucchero, così come il mosambi indiano per il quale si usa una limetta acida o i limes dolci. In India e Pakistan troviamo spesso servito come appetizer un lemon pickle (Nimbu ka achar) (fig.4) servito in abbinamento al mango pickle. Si prepara con lime, sale, semi di senape, zenzero verde e peperoncini, il tutto aromatizzato con aceto e curcuma. Nel suo viaggio verso il subcontinente indiano il limone in salamoia ha sposato le miscele di spezie creando un condimento più forte rispetto ai limoni confit mediterranei. Secondo la medicina ayurvedica, il lime confit ha un valore nutraceutico superiore a quello fresco, favorendo la salivazione e agendo come rimedio per i disturbi di stomaco.

Torino ospita la più grande comunità marocchina in Italia, per tutti il punto di riferimento per fare la spesa è il Mercato di Porta Palazzo.Ogni macelleria islamica vende i citrons confit, sfusi o confezionati in barattoli di vetro. Ecco la mia preferita: Macelleria Fès @MacelleriaFes

Il citron confit è protagonista in diversi piatti della cucina marocchina, uno tra tutti, il tajin di pollo con le olive. Ecco dove puoi assaggiare quello autentico a Milano: Ristorante Dar Etto @daretto_ristorante

Ogni pasto indiano che si rispetti inizia con diversi appetizers dove non mancano mai gli achards, tra questi il lemon pickles di limes in salamoia o nimbu ka achar. Ecco dove assaggiarli a Verona: Ristorante Maharajah @maharajah.verona

India
Israele
Pakistan Iran
Egitto
Marocco
Spagna
Francia
Turchia
Maghreb

FORMAGGI pecorini

Antonio Lodedo

Maestro Assaggiatore ONAF

Treviso, Belluno e FVG

RUOTA DEI DESCRITTORI

Quanto ne sai di analisi sensoriale? Inquadrando il QR Code troverai il pdf della ruota dei descrittori degli odori e degli aromi usata dall’ONAF

4 minuti di lettura

DALL’ELEGANZA CASTIGLIANA ALL’INTENSITÀ DEI SAPORI DEL SUD: DUE VOLTI

DELL’ECCELLENZA OVINA A CONFRONTO

Quando la materia prima è latte di pecora –allevata con metodi tradizionali, cagliata a pasta dura e affinata con pazienza – il risultato può assumere anime molto diverse. A ricordarcelo sono il Manchego DOP Valdehierro, icona della Mancia, e il Pecorino Canestrato Stagionato, baluardo meridionale dall’impronta contadina.

IDENTITÀ

E LAVORAZIONE

Il Manchego Valdehierro nasce da latte crudo di pecora Manchega – scelta che preserva una micro-flora locale vivace – e matura in forme cilindriche dalla crosta rugosa color ocra intenso. Il Canestrato, invece, impiega latte pastorizzato, con una stagionatura più lunga che irrigidisce la pasta e arricchisce la complessità aromatica; la crosta, sempre canestrata, tende a un giallo ambrato e risulta lucida, lievemente untuosa. Una scelta tecnica – crudo contro pastorizzato – che si riflette nel profilo finale: più rustico e territoriale il primo, più rotondo e controllato il secondo.

ASPETTO DELLA PASTA

Entrambi sfoggiano un avorio compatto, ma il Manchego rivela una struttura semidura solubile, con occhiatura irregolare di media grandezza; il Canestrato si presenta invece decisamente duro e granulosamente friabile, con occhiatura diffusa ma minuta. Sul tagliere, la differenza è immediata: dove il Manchego invita a fette sottili che si sciolgono sul palato, il Canestrato preferisce scaglie spesse, perfette da spezzare a mano.

NASO E BOCCA

Il bouquet del Valdehierro è un viaggio in Castiglia: frutta secca, nocciola, olio d’oliva, punte saline che evocano pesce sotto sale, chiuse da rimandi erbacei di paglia. Il Canestrato spinge su note lattico-cotte, burro fuso e vaniglia, seguite da pepe caldo e finale tostato.

In degustazione il Manchego equilibra dolcezza e sapidità con una piccantezza modesta; il Pecorino, più salato e umami, sfodera un piccante medioelevato che prolunga la persistenza.

TEXTURE E PERSISTENZA

Al palato il Valdehierro è solubile e granuloso, fondente ma con un gradevole mordente. Il Canestrato, grazie alla lunga asciugatura, risulta friabile, asciutto, quasi croccante: ideale per creare contrasti tattili in piatti dove la componente grassa va domata. Entrambi vantano persistenza elevata, ma con sviluppi diversi: più lineare e nocciolato il Manchego, più stratificato e speziato il pecorino.

SUGGERIMENTI

• Tagliere didattico: serviteli in tandem per raccontare come latte ovino, tecnica e terroir plasmino identità opposte; completate con un pane alle erbe e una gelatina di birra.

• In cucina: il Valdehierro dà profondità a risotti mantecati con olio EVO delicato, mentre il Canestrato, grattugiato grossolanamente, esalta una pasta fresca al ragù bianco di agnello.

• Pairing: Manchego e Fino sherry secco o birra Saison; Canestrato e un Etna Rosso giovane, che ne sostiene la speziatura.

• Up-selling al banco: proponete il Manchego come “crudo di pecora” da meditazione, il Canestrato come “grande pecorino del Sud”, offrendo assaggi che mettano in luce le diverse piccantezze. Due referenze che coprono gli estremi stilistici dell’universo ovino: dal sapore mediterraneo asciutto, quasi carnoso, del Pecorino Canestrato, all’eleganza castigliana più burrosa del Manchego. Due formaggi che non competono ma dialogano, arricchendo la proposta di chi seleziona qualità per professione – e offrendo alla clientela finale un viaggio sensoriale capace di valorizzare ogni momento della degustazione

MANCHEGO DOP VALDEHIERRO DOP

cod 40207 · peso 3 kg circa cod 31705 · peso 11 kg circa

Prodotto da Cristo del Prado - Castiglia La Mancha (Spagna) con latte crudo di pecora razza Manchega

Forma cilindrica regolare. Facce piane regolari. Scalzo convesso regolare. Crosta rugosa, canestrata, trattata, dura

Sottocrosta spesso. Colore della pasta avorio uniforme carico. Occhiatura irregolare, piccola, media, uniforme. Erborinatura assente. Struttura semidura, compatta granulosa

Odori: fruttato: frutta secca, nocciola, olio, olio di oliva | animale: pecora, pesce sotto sale, salame Sapori: dolce medio-elevato, acido medio, salato medio, amaro basso, umami medio-elevato. Aromi: fruttato: frutta secca, nocciola, olio, olio di oliva | animale: pecora, pesce sotto sale, salame, carne, brodo di carne | vegetale: erba, paglia, verdura lessa patata. Sensazioni trigeminali: piccante media, pungente medio-bassa.

Struttura solubile medio-elevata, granulosa. Persistenza gustativa elevata

ASPETTO

ESTERNO

Prodotto da Biopek - Gibellina Nuova (TP) con latte ovino pastorizzato

Forma cilindrica regolare. Facce piane regolare. Scalzo convesso regolare. Crosta rugosa, canestrata, macchiata, lucida, untuosa

ASPETTO

INTERNO

Sottocrosta spesso, tendente al nocciola. Colore della pasta avorio uniforme carico. Occhiatura irregolare, piccola, uniforme, diffusa. Erborinatura assente. Struttura dura, compatta, granulosa

Odori: lattico: lattico cotto, burro cotto | fruttato: frutta secca, nocciola | animale: pecora | tostato: tostato leggero, vaniglia.

ESAME

OLFATTIVO

GUSTATIVO

TATTILE

Sapori: dolce medio-elevato, acido media, salato elevato, amaro basso, umami elevato. Aromi: lattico fresco: lattico cotto, burro cotto | fruttato: frutta secca, nocciola | animale: pecora | tostato: tostato leggero, vaniglia

Sensazioni trigeminali: piccante medioelevata. Struttura friabile medio-elevata, solubile medio-elevata, granulosa medioelevata Persistenza gustativa elevata

País de QUERCUS

3 minuti di lettura

GASTRONOMIA IBERICA

L’ESTREMADURA NON HA BISOGNO DI ALZARE LA VOCE PER FARSI SENTIRE:

AL CONFINE TRA SPAGNA E PORTOGALLO, È AL CENTRO DI UNA REGIONI DALLE

DELLE TRADIZIONI GASTRONOMICHE PIÙ AUTENTICHE DELLA PENISOLA IBERICA

LA CUCINA DI CONFINE

La Montanera è la fase finale di ingrasso del maiale iberico, 4-5 mesi da ottobre a marzo, in cui si nutre solo di erba e ghiande

• Caceres

• Merida

• Badajoz

ESTREMADURA

In Estremadura la cucina è identitaria, radicata nella terra e nelle stagioni. Le carni e i salumi dominano la scena, con sapori profondi e intensi che riflettono il paesaggio da cui provengono. Accanto a questi, formaggi emblematici come la Torta del Casar DOP e la Torta de la Serena DOP, cremosi e potenti, prodotti con caglio vegetale secondo metodi antichi. Il Pimentón de la Vera DOP – dolce o affumicato – è forse l’ingrediente più rappresentativo della regione: nasce da peperoni coltivati e affumicati lentamente su legno di quercia, ed è presente in moltissime preparazioni, dai salumi alle salse, fino ai piatti di carne.

Non mancano prodotti spontanei e stagionali, come asparagi selvatici, cardi, funghi, miele di fiori e tartufo nero. L’olio extravergine, spesso ottenuto da varietà autoctone come Morisca e Manzanilla Cacereña, completa un panorama ricco e sorprendente. E poi ci sono le influenze storiche: arabe, orientali, ebraiche e portoghesi, ancora visibili in piatti come la Caldereta (dall'influenza araba) o il Puchero (dalla tradizione ebraica), che raccontano secoli di incontri e contaminazioni.

PAÍS DE QUERCUS

In questo contesto nasce País de Quercus, non soltanto un produttore di salumi, ma un progetto che interpreta un ecosistema. Nell’ampiezza silenziosa della Dehesa extremegna, dove le querce disegnano il paesaggio e i pascoli si estendono a perdita d’occhio, Manuel Muñoz alleva suini 100% di razza Ibérica in regime estensivo, su oltre 1.500 ettari di territorio certificato.

L’approccio è semplice, ma rigoroso: rispettare l’equilibrio tra animale e ambiente. La densità di allevamento è estremamente bassa – ogni animale dispone in media di circa 2 ettari – per garantire libertà di movimento e reale benessere. Il momento più importante del ciclo è la montanera, tra autunno e primavera: in questi mesi i suini si alimentano esclusivamente con ghiande cadute naturalmente, erbe spontanee, radici e altri elementi del sottobosco.

Nessun mangime, nessun correttivo: solo quello che la Dehesa, anno dopo anno, è in grado di offrire. I suini percorrono chilometri ogni giorno per nutrirsi, sviluppando muscolatura, metabolismo attivo e un grasso ricco di acido oleico, che si scioglie letteralmente in bocca. È un metodo antico, non industriale, che mette in relazione animale, uomo e territorio. Una visione che che troviamo anche nei salumi emblematici che abbiamo selezionato: Chorizo, Lomo, Lomito e Morcón, tutti 100% da suini di razza Ibérico de Bellota, senza conservanti, lavorati con costanza, precisione e verità.

Gianluca Di Lello Export Manager

ALLEVAMENTO

estensivo in libertà nella Dehesa

nobili: lonza, spalla

INGREDIENTI

carne, Pimentón de la Vera DOP, sale, aglio

SUINO 100% IBERICO

ALIMENTAZIONE ghiande, erbe e tuberi spontanei

INSACCO budello naturale

FILOSOFIA PRODUTTIVA artigianale e sostenibile

STAGIONATURA 5 mesi in essiccatoi naturali

cod 7 9270 · peso

ALIMENTAZIONE mangimi, cereali, soia

FILOSOFIA PRODUTTIVA industriale, orientata al volume

ALLEVAMENTO

intensivi e confinati

SUINO BIANCO O INCROCIATO

STAGIONATURA rapida in celle climatiche

INSACCO budello sintetico

TAGLI secondari o misti

INGREDIENTI

conservanti, nitriti, aromi artificiali

cod 7927 1 peso 1 kg circa

Lonza intera marinata con sale marino, vino e Pimentón de la Vera dolce, stagionata per almeno 5 mesi. Il risultato? Una fetta compatta, magra ma succosa, dall'aroma netto e preciso.

Provatelo in carpaccio: affettatelo finissimo, conditelo con olio evo e mela verde croccante. L’acidità e la freschezza della mela esaltano la delicatezza del Lomo. C

Taglio rustico, colore profondo, profumo avvolgente. Il Pimentón de la Vera DOP conferisce a questo chorizo una nota calda e persistente. Provatelo osando con il sapore, come nella proposta di oggi dello chef Nicolò di Vittoria 1928 di Venezia. Una salsa al chorizo, polpo alla piastra, peperoni gialli e friggitelli. Divertentissimo!

cod 79 2 7 2 · peso

Dal capocollo (presa), più marezzato del Lomo, nasce un prodotto di grande succosità. La marinatura tradizionale (sale, Pimentón de la Vera e vino) e la stagionatura definiscono la dolcezza e l’equilibrio aromatico. Delizioso affettato finissimo, servito su pane tostato con olio extravergine e pomodoro fresco grattugiato e stracciatella: un pan con tomate d’autore.

A cod 792 73 peso 8

È il più affascinante della selezione: da tagli nobili di collo e spalla, macinati grossolanamente e conditi con Pimentón de la Vera e sale. Da provare in un risotto classico, con crema di zucchine leggermente acidulata, burro freddo e Morcón tagliato finemente

DOLCE rivoluzione

3 minuti di lettura

TARTUFO POP

VERSO LE FRONTIERE DELLA PASTICCERIA GOURMET: ANDREA COSSENTINO, CUOCO DI SAVINI TARTUFI, CI SVELA I SEGRETI DI UN ABBINAMENTO DI ALTA RISTORAZIONE

Andrea, come nasce l’ insolita passione per il tartufo in pasticceria?

Il Patron Luciano Savini già nel 1981 intuì l’abbinamento tartufo-miele, facendo di noi la prima azienda italiana a proporre una ricetta dolce con il tartufo. Nella famiglia Savini il miele era il rimedio per tutto - tosse, mal di gola - e l’idea di conservare il tartufo bianco nel miele come conservante naturale fu geniale. Parliamo di tecnica: quali sono le regole per non sbagliare un abbinamento tartufo-dolce?

Equilibrio ed eleganza! Il tartufo è permaloso, vuole ingredienti dal gusto delicato su cui potersi esprimere. Mai creme troppo aggressive o caffè in eccesso - è un killer per il tartufo. Gli abbinamenti vincenti? Creme con uova, cioccolato fondente, frutta fresca

Ogni stagione ha il suo tartufo. Questo come influenza la vostra proposta dolciaria?

COSSENTINO

Lavoriamo con cinque varietà principali. Il bianchetto di primavera, speziato, si presta a cheesecake e tiramisù. L’estivo ama la frutta e le creme all’uovo, è perfetto per una millefoglie. Come l’uncinato autunnale, sostituendo però la frutta fresca con quella secca. Il profumatissimo bianco pregiato, invernale, è perfetto per i dolci senza cottura: miele, gelati, tiramisù. Infine il nero pregiato, il “dolce degli chef”, con note di cioccolato e vaniglia invita a osare con gli abbinamenti: ad esempio per impreziosire un cremoso di cioccolato fondente, oppure una torta di ricotta, fichi e miele al tartufo.

Come si inserisce un dolce al tartufo in menù?

Penso a un menù stagionale che racconta il tartufo. A gennaio, quando abbiamo quattro varietà contemporaneamente, costruisco un percorso: antipasto caldo con nero uncinato, tagliolino al bianco, secondo con bianchetto, e chiudo con un dolce al nero pregiato. È un viaggio sensoriale che educa il palato e stupisce il cliente.

Quale consiglio daresti a chi vuole avvicinarsi per la prima volta al tartufo nel dessert?

Iniziare con un tartufo “democratico”, mai il bianco per la prima volta. Puntare su preparazioni semplici: crema pasticciera, una sfoglia come componente croccante, frutta e due lamelle di tartufo nero estivo. Oppure il tiramisù con il nostro miele al tartufo - così hai già tutto il gusto bilanciato. La semplicità premia sempre.

Qual è stata la reazione della clientela?

Oggi la reazione è sempre “wow”. Social e comunicazione ci hanno aiutato, ma quando capiamo di aver fatto breccia è all’assaggio.

Guardando al futuro, credi che il tartufo possa conquistare la pasticceria internazionale?

L’ha già conquistata, ma c’è ancora tanto da esplorare. Noi, oltre a cucinare, amiamo raccontare e formare: c’è ancora un margine immenso per chi ha passione e competenza.

Entriamo nel dettaglio dei vostri prodotti. Il miele al tartufo bianco nel tiramisù: come gestisci l’equilibrio con caffè e mascarpone?

Il caffè rimane il nemico numero uno. La soluzione? Sostituirlo con del vino dolce. O se proprio si vuole il caffè, consiglio di essere chirurgici nella dose. Il mascarpone invece si integra perfettamente.

Il Diamante Nero è unico. Perché l’abbinamento con il gelato alla vaniglia e i cantucci?

È un contrasto estremo che sorprende e restituisce croccantezza. Scaglie di sale al tartufo sul gelato: un’esplosione di gusto.

Il burro al tartufo nella cheesecake: come trasforma il dolce tradizionale?

Sciogli il burro al tartufo a bagnomaria, lo amalgami ai biscotti battuti grossolanamente per la base: l’incontro tra salato e dolce crea un gusto avvolgente e fuori dagli schemi.

Giulia Basso Giornalista collaboratrice de Il Piccolo di Trieste
AN D REA

Dessert con il tartufo

CONDIMENTO A BASE DI

MIELE AL TARTUFO

Miele italiano aromatizzato con tartufo bianchetto (2%), piacevolmente profumato; è delizioso con i formaggi ma anche nei dessert al cucchiaio cod 93469 · vaso da 250 g

CONDIMENTO A BASE DI BURRO CON TARTUFO

Condimento a base di burro con tartufo nero estivo (5%), ricco e cremoso, pensato per condire piatti caldi e freddi cod 93465 · vaso da 420 g

DIAMANTE NERO

Sale nero di Cipro a scaglie con tartufo, perfetto per decorare e insaporire piatti di pesce, carne e gelati gourmet cod 93477 · vaso da 60 g

Trufflemisù

Ingredienti (per 4): 500g mascarpone (4,44€); 80g zucchero (0,10€); 60g savoiardi (0,22€); 4 uova (0,84€); 40g miele al tartufo (2,47€); 10 ml moscato (0,05€): 5g granella di nocciola (0,07€)

Impiattamento: alterna in una coppa gli strati di savoiardi, bagnati con il moscato, alla crema mascarpone arricchita con il miele al tartufo. Guarnisci a piacere e per un azzardo in più aggiungi 2g di tartufo nero estivo fresco prima di servire.

Cheesecake al tartufo

Ingredienti (per 8): 750g Crema del Doge (10,61€); 120g Burro al tartufo (7,08€); 250g biscotti secchi (0,95€); 30g zucchero (0,04€); 120g panna fresca Dobbiaco (0,76€); 4 uova (0,84€)

Procedimento: sciogli a bagnomaria il burro al tartufo e amalgamalo ai biscotti sbriciolati; disponi nello stampo e fai riposare in frigo per 45’. Incorpora nel formaggio spalmabile la panna montata e le uova montate con lo zucchero, quindi cuoci in forno. Guarnisci un po’ di zucchero a velo e finisci con scaglie di tartufo nero.

Gelato toscano con Diamante nero

Ingredienti (per porzione): 60g gelato alla vaniglia (0,48€); 60g Cantucci di Prato (0,90€); 80ml Vin Santo (0,44€); 3g Diamante nero (0,31€)

Impiattamento: disponi alla base della coppa i cantucci rotti grossolanamente e bagnati con il Vin Santo e, sopra, una porzione di gelato alla vaniglia. Per un tocco di sapidità e croccantezza aggiungi i fiocchi di Diamante nero. Completa a piacere con 2g di tartufo nero a scaglie.

5 DOMANDE

al fresco!

CHEESE-SFIDIAMO

COME SUPERARE LA TRISTEZZA POST FERIE? FATE UN TUFFO NEL NOSTRO GIOCO

AZIENDALE E CONTINUATE A METTERVI ALLA PROVA CON CINQUE NUOVE DOMANDE

SUL FORMAGGIO! QUESTO NUMERO È A TEMA ALPEGGIO

CURIOSITÀ

I nomi dei formaggi sono fonte di curiosità perché avvolti da un velo di mistero: il Castelmagno DOP non è da meno. Dunque, da dove deriva il nome di questo formaggio d'alpeggio piemontese?

AOP - ALPEGGIO PLAN DE PICHU

46745 · 40 kg ca ordine minimo 1/32

PAESI E MERCATI

Dal Santuario di San Magno 1

Dalla Magna Grecia 2

Dal vicino Castello di Monterosso Grana 3

Il nome "Castelmagno" sembra derivi dal Santuario di San Magno, costruito in memoria di un soldato romano martirizzato nella zona. La risposta esatta è la uno

Beaufort e Comté sono due noti formaggi francesi: entrambi stagionati, di grandi dimensioni e che arrivano dal Sud-Est della Francia. C'è però una grande differenza tra i due, quale?

2

Le vacche impiegate nella produzione del Comté sono 150000, mentre quelle per il Beaufort sono 80000 1

Il Comté è maggiormente consumato in Francia, mentre il Beaufort viene esportato di più

3

La produzione del Beaufort corrisponde al 7% rispetto a quella totale di Comté

Il Beaufort, conta una produzione annua di 5000 tonnellate, mentre il Comté raggiunge vette di 70000. Dunque, la risposta corretta è la tre

VALSANA
Paola Pavan Ufficio Acquisti
Chiara De Spirt Ufficio Marketing
BEAUFORT

GRUYÈRE AOP ALPAGESELEZIONE GOURMINO

40726 · 21 kg ca ordine minimo 1/16

TECNOLOGIE E NORMATIVE

Il Bagoss di Bagolino è un formaggio Presìdio Slow food con diverse peculiarità. Quale di queste affermazioni non corrisponde alla realtà?

Il latte viene filtrato con rametti e aghi di abete

In alpeggio, viene usato il fuoco a legna per scaldare il latte

Le vacche sono solamente di razza Varzese

STORIE E LEGGENDE

Il Gruyère ha una storia secolare: compare per la prima volta in un documento del 1115 in cui il formaggio ha un ruolo particolare, quale?

1 È uno degli ingredienti di una ricetta tipica svizzera, la fonduta

2 È usato come imposta a favore di un priore della zona

3 Veniva prodotto con le vacche del vescovo

Il Gruyère AOP pare compaia in un documento del XII secolo in cui veniva stabilita un'imposta da pagare in formaggi a favore di un priore cluniacense di Rougemont. La risposta esatta è la due

Questo formaggio porta con sé tradizioni e saperi antichi.

I produttori usano rami e aghi di abete per filtrare e pulire il latte e in alpeggio, utilizzano fuoco a legna e pentoloni in rame per riscaldarlo. Le vacche, invece, rigorosamente di Bagolino sono tutte di razza Bruna. Pertanto, la risposta corretta è la tre

BAGOSS DI BAGOLINO

31090M23 · 16 kg ca ordine minimo 1/16

ANALISI SENSORIALE

L'alpeggio è simbolo della sinergia tra la forza della natura e il tocco dell'essere umano. Come si riflettono nei formaggi le dell'alimentazionecaratteristiche delle vacche?

2

Sono più ricchi di molecole antiossidanti 1

Risultano più magri

3

Hanno un'occhiatura medio-grande diffusa

L'alpeggio contribuisce alla valorizzazione della biodiversità, dei prati e alla manutenzione dei paesaggi. Se gli animali si sono cibati di erba d'alpeggio, i formaggi che ne derivano presentano un alto contenuto di antiossidanti (betacarotene) oltre a un profilo organolettico complesso di profumi e di sapori. La risposta corretta è la uno

APERITIVO AL centro

Pecorino realizzato con solo latte ovino proveniente dai pascoli della Maremma, stagionato almeno 90 giorni, con un buon equilibrio tra sapidità e dolcezza cod 31365 · peso 1,8 kg

5 minuti di lettura

APERITIVO ITINERANTE

“TUTTE LE VOLTE CHE QUALCUNO PRONUNCIA LA PAROLA “APERICENA” MUORE UN GATTINO SU INSTAGRAM.”

Raccontare la Toscana gastronomica è come sfogliare un libro pieno di storie, iniziato con gli Etruschi e impreziosito dai fasti rinascimentali. Quando Caterina de’ Medici partì per la Francia, portò con sé i cuochi fiorentini: fu così che il papero all’arancia divenne il celebre canard à l’orange. Accadde anche al coq au vin, tradotto in veneto nella più ruspante gallina “imbriaga”. I Medici erano pur sempre i Medici.

Ma per capire la cucina toscana non basta guardare al passato, bisogna osservare lo skyline e godere di equilibrati contrasti: la tradizione di terra, fatta di carni, zuppe e pane sciocco, si intreccia con quella marina, dove dominano pomodoro, aglio e peperoncino. Dalla ribollita, ricetta povera ma ricca di sapore, alla bistecca alla fiorentina, simbolo di forza e semplicità, ogni piatto racconta un pezzo di storia.

Nelle campagne, la scottiglia univa le famiglie in festa; in Garfagnana, la zuppa di farro tramanda gesti antichi. E poi le castagne, regine dei boschi, che diventano farina per il castagnaccio. Anche il lardo di Colonnata, stagionato nel marmo, è figlio di questa terra unica. La Toscana è così: elegante ma schietta, raffinata ma sincera. Ogni boccone è un viaggio nel tempo, un abbraccio caldo che profuma di olio nuovo e vento salmastro.

La cucina laziale è un racconto pragmatico, fatto di colline, vigne e mani sapienti. Una tradizione popolare, cresciuta sotto il dominio papale, fedele alle radici contadine. Qui nascono piatti poveri ma altrettanto saporiti, come la valorizzazione del “quinto quarto”, che trasforma tagli umili - coda, pajata, interiora - in vere prelibatezze.

Il Lazio custodisce una parte dell’eredità della comunità ebraica, regalandoci, tra le tante ricette, i carciofi alla giudia, croccanti e dorati come fiori.

Si celebra la porchetta, le fave con il guanciale e l’abbacchio a “scottadito”, tenero e irresistibile. Tra i primi piatti spiccano salse come l’amatriciana e la carbonara, avvolta nel gioco delle origini, insieme a cacio e pepe e “ajo e ojo”, simboli di semplicità geniale.

Meno ricca ma altrettanto autentica è la cucina di mare: baccalà in guazzetto, calamari ripieni, polipetti e il luccio brodettato, reso unico da una salsa delicata. Sapori nati dalla necessità e diventati icone: una tradizione che parla di vita vera, di convivialità e di un amore profondo per la terra.

LO ZEN E LA BRUSCHETTA

Mettere a terra tutto ciò, individuando dei piatti in modalità easy, come solitamente accade durante l’aperitivo, non è semplicissimo: si corre il rischio di banalizzare e di offrire qualsiasi cosa appoggiata sopra una fetta di pane. Proposta che i toscani già offrono da tempo immemore declinata nella bruschetta che sa accontentare tutti i palati, vegani compresi. Ugualmente zen possono essere considerati i legumi, ingredienti indispensabili nella declinazione di un aperitivo sano, quasi un light lunch, e grandi alleati nella cucina estiva. Più complessa e ugualmente zen può essere considerata l’infinita declinazione di fritti laziali che trovano nel supplì non un supplizio, come racconta la celebre friggitoria gourmet di Roma, bensì un cibo di strada da realizzare in religiosa concentrazione, visto i passaggi per realizzarlo, per un finale quasi divino.

LE PROPOSTE DEL MAGAZINE

Il viaggio goloso e identitario dell’aperitivo continua, spostandosi dal Nord-Ovest al Centro. Le ricette proposte sono un omaggio rispettoso ma anche scanzonato alla grande tradizione gastronomica di Lazio e Toscana: si frigge anche questa volta e si viaggia con le papille gustative.

Anna Maria Pellegrino Gastronoma e blogger
CACIO NERO

SFUMATURE DI TAGLIERE

Affettati e formaggi, pane e companatico che raccontano due regioni dalle tante contaminazioni culturali e gastronomiche. Come avrebbe detto

Asterix: “Sono sazi questi romani!”

Portata: antipasto

Dosi per 4 persone

Difficoltà: semplice

Preparazione: 15’

INGREDIENTI

Porchetta di Ariccia IGP q.b.

Sbriciolona toscana q.b.

Mortadella di Prato IGP q.b.

Salsiccia Passita con “Cinta Senese DOP” q.b.

Cacio Nero q.b.

Pecorino di Pienza al pepe nero q.b.

Cacio Marzolino di pura pecora q.b.

Triticum spelta Bio q.b.

PROCEDIMENTO

Rigenera la pagnotta di Triticum per 15’ a 200° nel forno già caldo. Sforna e fai raffreddare completamente sopra una gratella prima di tagliare le fette con un coltello seghettato.

Taglia la porchetta a temperatura ambiente con un coltello molto affilato. Vietato togliere la cotenna!

Affetta i restanti salumi, la mortadella di Prato e la salsiccia di Cinta Senese.

Ugualmente per il servizio dei formaggi fai attenzione che non siano troppo freddi e lascia spazio alla creatività per il taglio.

Servi su un tagliere rustico. E attenzione, non finirlo prima che arrivini gli ospiti!

DIVERSAMENTE POLPETTA:

SUPPLÌ ROMANI

Chi l’avrebbe detto che la cucina francese avrebbe messo lo zampino in questa polpetta, dalla forma allungata, realizzata con riso? Esatto. Il termine supplì è la traduzione maccheronica del termine an surprise, usato nella cucina francese per indicare crocchette o pezzettini di carne impanati e fritti. Secondo me, è tutto merito di Caterina De’ Medici.

INGREDIENTI (per 24 supplì)

400 g di riso Arborio Classico Cascina Oschiena

200 g di Impepata di Cacio

100-150 g di cacio Marzolino di pura pecora

200 g di Fior di Guanciale al pepe

100 g di Pesto di Pomodori secchi

qualche foglia di erba aromatica fresca (no salvia) olio evo Fratepietro q.b.

sale grosso q.b.

> PER LA PANATURA:

3 uova biologiche farina 00 q.b. pane grattugiato q.b. sale q.b.

> PER LA COTTURA: olio di semi di vinacciolo q.b.

PROCEDIMENTO

Lessa il riso in acqua salata per 18’ (dovrebbe essere piuttosto cotto), scola, condisci con un filo di olio evo, stendilo su un piano freddo e, una volta raffreddato, dividilo in due ciotole

Cubetta il guanciale e tostalo delicatamente per 3’ in una padella antiaderente. Metti da parte. Trita finemente le erbette aromatiche scelte.

Riempi tre contenitori rispettivamente con le uova intere sbattute, la farina setacciata e il pane grattugiato.

In una ciotola di riso versa metà delle erbette aromatiche, la crema di cacio e il pepe. Nella seconda ciotola di riso unisci il pesto di pomodori, il guanciale e le erbette. Mescola bene e realizza delle palline ovali con le mani inumidite (puoi aiutarti con un porzionatore).

In questa fase, per ottenere i famosi “supplì al telefono”, puoi inserire un cubetto di cacio Marzolino così da ottenere l’effetto della filatura dell’assaggio.

Passa i supplì prima nella farina, poi nell’uovo e infine nel pangrattato (per una panatura più consistente ripeti i due ultimi passaggi) e friggi a 170-175° per 3-4’ circa: i supplì devono diventare color noce chiaro.

Tampona con la carta per i fritti e servili caldi ma non bollenti, facendoli riposare per qualche minuto.

TRE BRUSCHETA IS MELIO CHE UAN

All’inizio ci fu il pane: tutto il resto dopo. Il pane va d’accordo con le nostre proposte: la crema di fegatini al tartufo, i carciofi grigliati con i cui gambi realizzerete una sorta di hummus ed infine il pomodoro cubettato. Tre delizie, anche per gli occhi!

INGREDIENTI

Triticum Spelta Bio q.b.

Pomodori I Pelati q.b. due spicchi d’aglio foglie di basilico fresco q.b.

Olio evo Fratepietro q.b pepe nero lungo del Bengala q.b.

sale in fiocchi q.b

Carciofi a spicchi con gambo grigliati q.b. 1 limone bio, succo e zeste qualche foglia di mentuccia

sale e/o colatura di alici se gradite

Crostino di fegatini con tartufo q.b. pepe nero macinato al momento

PROCEDIMENTO

Un giorno un attempato avventore in una trattoria in quel di Montepulciano mi suggerì, per ottenere bruschette perfette, di seguire due regole: tostare sempre il pane e strofinare lo spicchio d’aglio solo sulla parte della crosta. Provare per credere!

Fatto questo è tutto in discesa: sgocciola i pomodori, cubettali un un coltello seghettato e condisci in una ciotola con un filo d’olio evo, aggiungendo qualche foglia di basilico spezzettata con le mani. Distribuiscili sul pane, spolvera con sale e pepe nero.

Sgocciola i carciofi dall’olio di conserva (non gettatelo: è buono e profumato) e tagliali a spicchi. Trita finemente, quasi a ottenere una crema, i gambi dei carciofi, mescolali in una ciotola con le zeste e il succo di mezzo limone e le foglie di mentuccia. Regola di sale (o profuma con qualche goccia di colatura di alici) e spalma questa salsa (che potrai trasformare in hummus frullandola con qualche mandorla o nocciola e olio) sul pane, distribuisci gli spicchi di carciofo, decora con qualche foglia di mentuccia e una macinata di pepe nero.

Ultimo ma non meno importante, il crostino con i fegatini che non richiede grandi preparazioni: solo una generosa dose di crema di fegatini al tartufo e una spolverata di pepe nero per chiudere.

INSALATA DI CECI

Come la mettiamo con gli aperitivi vegetariani senza il supporto del pane? Una fresca insalata di ceci, qualche verdura in agrodolce e qualche fogliolina di origano fresco in bicchierini sfiziosi o nel prezioso servizio da tè della zia piacerà anche a tutti gli altri. Secondo me anche a Caterina de’ Medici.

Dosi per 8 persone

Difficoltà: semplice

Preparazione: 20’

Cottura: 10’

INGREDIENTI

300 g di Ceci lessati bio 2 coste di sedano

100 g di Cipolle rosse essiccate al mosto cotto d’uva

100 g di Carpaccio di Finocchio alla Crudaiola origano fresco, anche i fiorellini (se li avete) olio evo Fratepietro q.b. aceto balsamico di vino bianco q.b. pepe di Java macinato al momento q.b.

PROCEDIMENTO

Scola e sciacqua i ceci e trasferiscili in una ciotola.

In un’altra ciotola raccogli cipolle e finocchi, scolati dal loro liquido di governo. Mescola bene.

Ottieni da un rametto le foglioline di origano fresco. In una ciotola a parte realizza una vinaigrette con aceto balsamico di vino bianco, olio e pepe macinato al momento e condisci i ceci.

Distribuisci in piccoli bicchierini o in vecchie tazzine da tè in sequenza: verdurine, ceci e poi ancora verdurine, decora con le foglie di origano e qualche fiorellino.

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