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COME CAMBIA LA MOBILITÀ CON LA PANDEMIA LA CARTELLINA “AUTO NUOVA” È FINITA SOTTO LE ALTRE

Pier Luigi del Viscovo Direttore Centro Studi Fleet&Mobility

CON LA PANDEMIA LA CARTELLINA “AUTO NUOVA” È FINITA SOTTO LE ALTRE di Pier Luigi del Viscovo

C’è un segnale positivo che arriva dal però un effetto rimbalzo di consegne mondo dell’auto: è il solo mezzo di moritardate. bilità a uscire rafforzato dalla pandeCome mai questo strabismo, tra il mia. Tutte le indagini, che si aggiungomezzo che incontra il favore crescente no alla percezione diretta, confermano dei cittadini e la scarsa domanda per come le persone tendano a usare l’auaverlo? Nessuno strabismo, gli italiani to propria più di prima, laddove altri la macchina ce l’hanno già. Sì, molte servizi, dal car sharing ai mezzi pubblisaranno anche ultradecennali e come ci, vengono evitati quando e per quantali meno sicure e meno eco-comto possibile. Alla base c’è ovviamente patibili, ma quanto valgono simili arun bisogno di sicurezza sanitaria. Torgomenti per spingere uno a firmare nare a muoversi va bene, se proprio si un contratto? Uno dei popoli meno deve, ma usando tutte le precauzioni assicurati dell’occidente è di fondo possibili. Entrare in un autobus anche fatalista: se sto attento, ed io sto molnon affollato, incroto attento, gli ciando decine di perincidenti capisone, magari senza tano agli altri. mascherina, qualche Tutte le indagini ci dicono L’ambiente poi, ansia la dà, inutile neche le persone tendono è da decenni garlo. Dunque, auto a usare l’auto propria più un ottimo arpersonale a-go-go. di prima, laddove altri gomento di Purtroppo, è l’unico segnale positivo. Tanto per cominciare, questo accresciuto servizi, dal car sharing ai mezzi pubblici, vengono evitati quando e per quanto facciata, che serve a dare un vestito razionale a una utilizzo dell’auto propossibile: alla base c’è scelta che pria non si accompaovviamente un bisogno di resta in molgna con una maggiore sicurezza sanitaria ti casi di pandomanda di acquisto, cia: voglio una che anzi viaggia a ritmacchina nuomi piuttosto bassi. Le va perché queprevisioni del Centro Studi Fleet&Mosta che ho è vecchia e superata, non bility, basate su un’indagine AgitaLab piace più e non ha tutte quelle cosipresso 250 operatori del settore, prone cool che oggi sono irrinunciabili. Il iettano un mercato 2020 intorno a 1,1 bluetooth vende più della CO2, piacmilioni di immatricolazioni, che non cia o non piaccia. Ma la pancia, prima arriva al 60% di quanto fatto nel 2019. di essere soddisfatta con una nuova Le vendite di maggio e di giugno sono auto deve essere riempita. Oggi che il anche sopra tali previsioni, scontando reddito è scomparso o diminuito, e se non è successo c’è il rischio concreto che accada nei prossimi mesi, la cartellina “macchina nuova” finisce sotto a tutte le altre, come emerge chiaramente da un’indagine Ipsos condotta a livello europeo. La ricerca conferma pure la natura emotiva dell’acquisto. Coloro che dichiarano di aver mantenuto/incrementato la propensione a compiere il passo verso una nuova macchina adducono, come principale motivazione, proprio quella sicurezza che solo il veicolo privato può dare. Ora, considerando che costoro avrebbero acquistato anche senza la pandemia, pare lecito concludere che stanno sostituendo qualche altra motivazione con quella ben più attuale della sicurezza. Non prendiamoci dunque in giro: chi compra la macchina nel 2020, come nel 2010, lo fa perché è un oggetto di consumo bello e seducente. Purtroppo, ha bisogno di giustificazioni razionali, perché le viene associato un peccato imperdonabile: icona di uno stile non pauperistico, mostra troppo evidentemente le differenze socioeconomiche. Chi guida un’auto da ricco e chi un’anonima utilitaria,

chi un ultimo modello e chi una vecchia, fino alla madre di tutte le differenze: chi è ancora seduto dietro a un volante e chi invece è talmente ricco che riesce a farne a meno, tanto ha tutto a portata di piede o al massimo di pedale. Questo è IL problema, a cui presto o tardi i costruttori dovranno mettere mano: l’automobile, sempre desiderata e posseduta eppure mai accettata. Per tutto quanto sopra, la vendita di automobili è un indicatore diffuso di come stia andando l’economia. Forse per la memoria di quel “ciò che va bene per la Fiat, va bene per l’Italia”, quando la gente sente al TG che le vendite di macchine vanno alla grande capisce che il denaro gira e, prima o poi, anch’egli ne beneficerà. Così, può decidersi a acquistare quel telefonino nuovo o fare quella vacanza che progettava da tempo. Questa è ciò che si chiama visione sistemica di un’industria, incastrata nello scenario complessivo dell’economia. Sfortunatamente, non se ne vede traccia nei due protagonisti cui spetta di intervenire: il Governo e gli operatori, rappresentati dalle rispettive associazioni. Questa crisi ha mostrato tutta l’infondatezza dell’idea che il primo che passava per strada potesse egregiamente guidare un ministero o addirittura il Paese. Qui non è questione di brave persone ma di competenze accumulate in decenni di mestiere. Chi non ha mai prodotto un valore aggiunto ha ogget - tive difficoltà a inqua - drare i proble - mi, figur i a m o c i a individuare le soluzioni. C o m e qualsiasi naufra - go, si aggrappa a ciò che t r o v a . Oggi la merce che circola nel mare della nostra società è il sogno ideologico di un mondo più giusto, equo e sostenibile, dove appunto i meno competenti potrebbero, nella loro illusione, avere un maggiore confort. È quello che esce dal Palazzo, in forma di monopattini e biciclette ma pure, su altri tavoli, di scolari mandati in gita nei musei invece che nei banchi a rompersi la testa sulla matematica. Anche gli operatori fanno fatica. Sanno benissimo quale sia il problema e hanno competenze da vendere, ma si sono legati un braccio dietro la schiena, tutti. I più colpevoli sono indubbia

mente i concessionari, che non trovano il modo di fare squadra e dunque non riescono a far sentire la loro voce, visto che solo chi esiste parla. I costruttori avrebbero pure voce, ma dicono troppe cose e finiscono col non farsi capire. Si sono fatti mettere all’angolo dalla UE, che li multerà pesantemente, pure dopo questo anno di crisi, per non aver venduto quelle macchine che solo nell’immaginario ideologico della politica, scollegata dalla realtà, i clienti avrebbero chiesto. Non hanno voluto denunciare che far muovere le auto con le pile non era né fattibile né, soprattutto, risolutivo per l’ambiente; nemmeno che truccare una centralina era sì peccato, ma non poteva essere punito con la distruzione di una tecnologia ottima e competitiva a livello mondiale. Invece, si sono avventurati in investimenti miliardari che difficilmente vedranno un ritorno. Adesso, si muovono in ordine sparso per favorire qualche vendita di nicchia, piuttosto che mettere sul tavolo delle trattative un sostegno unico, per la sola cosa che avrebbe un mercato: quello che c’è in salone e che il cliente è disposto a comprare. Sarà pure basic marketing, ma il Mondo, diceva un saggio, l’hanno fatto una volta sola. E in alternativa? No, spiacenti, l’alternativa l’abbiamo finita il mese scorso. O ci date questo o vanificheremo con le nostre politiche commerciali qualsiasi altra misura che vorrete adottare. Come si dice? Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.

Tutti gli errori dei produttori e della filiera dell’automotive che non hanno difeso una tecnologia avanzata e moderna: hanno investito miliardi per una produzione elettrica che resta di nicchia e che non è la soluzione dei problemi, e ora si trovano con le mani legate

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