

ITELYUM: il nome dell’economia circolare.

Tecnologia, esperienza e innovazione per la rigenerazione degli oli lubrificanti, la purificazione dei solventi e i servizi ambientali per l’industria.
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34 siti operativi e più di 1.400 persone: soluzioni sostenibili per circa 40.000 clienti in più di 60 Paesi nel mondo.
41 società e più di 1.500 persone: soluzioni sostenibili per circa 45.000 clienti in più di 60 Paesi nel mondo.
APERTURA
di Gianni Murano, Presidente Unem
LA DECARBONIZZAZIONE
DEI TRASPORTI
IL RUOLO CENTRALE DELLE AUTOSTRADE
di Antonio Liccardo, Responsabile Transformation Office e CEO Office - Autostrade per l’Italia
e Federico Di Gennaro, Responsabile Innovazione, Centro Studi e Progetti Europei - Autostrade per l’Italia
RAPPORTO 2024
GLOBAL AUTOMOTIVE CONSUMER
sintesi a cura di Unem
SULLA VIA DI DAMASCO
di Antonio Pollio Salimbeni, Corrispondente da Bruxelles del Sole 24 Ore
Chiara Appendino, M5S / Paolo Borchia, Lega
Luigi Marattin, Italia Viva / Nicola Procaccini, FdI
Luca Squeri, FI / Giuseppe Zollino, Azione
intervista a Liana Gouta, DG FuelsEurope
di Marco D'Aloisi
RASSEGNA STAMPA
TECNOLOGIE PER IL FUTURO
DARE PIÙ VALORE AL RUOLO DI BIOCOMBUSTIBILI
ED E-FUELS
DALLA PISTA ALLA STRADA
MODELLI, TEST E COMPETIZIONI:
PIRELLI SPERIMENTA PNEUMATICI
INNOVATIVI E SOSTENIBILI
NUMERI DELL’ENERGIA
NEWS DALLE ASSOCIATE
EVENTI UNEM
IMMAGINARE IL FUTURO
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Le opinioni espresse impegnano unicamente gli autori e sono indipendenti da opinioni e politiche dell’Editore. Registrazione Tribunale di Roma n. 121 del 19 settembre 2019
EDITORIALE
Le prossime elezioni europee non saranno elezioni come le altre. In gioco c’è il futuro di un’Europa vittima di una visione “eurocentrica” del mondo che rischia di condannarla all’irrilevanza sia economica che industriale. Se solo cinque anni fa la sfida lanciata con il Green Deal poteva apparire come un coraggioso tentativo di guidare una trasformazione profonda dell’economia e della società, oggi non è più così. Troppe cose sono cambiate nel frattempo. È difficile pensare che il “Fit for 55” possa subire drastici cambiamenti anche con una maggioranza diversa dall’attuale. Spazio ci potrà essere al massimo per qualche aggiustamento che lo riporti su un piano di maggiore realismo e pragmatismo. I primi segnali ci sono e sono evidenti. Il manifesto elettorale della CDU tedesca, che sostiene Ursula von der Leyen nella sua corsa alla riconferma per un altro quinquennio, ad esempio prevede la cancellazione del phase-out delle auto endotermiche al 2035, misura sostenuta a spada tratta fino a pochi mesi fa. Lo stesso PSE è estremamente cauto sulla materia e si limita a dire che giustizia climatica e giustizia sociale sono interconnesse. Quanto al PPE, che probabilmente rimarrà il gruppo parlamentare più numeroso, in materia di trasporti sostiene che “abbiamo bisogno di più tecnologia, non di divieti”. L’elenco delle virate e degli ammorbidimenti è lungo e, come scrive Antonio Pollio Salimbeni nel suo commento, “che si sia erosa la maggioranza europarlamentare sui temi del Green Deal è evidente”. Che qualcosa vada rivisto lo pensano anche i costruttori di automobili che nella maggior parte dei casi hanno riconsiderato i rispettivi piani produttivi sulle auto elettriche dal momento che se ne vendono poche e che, come scrive il Presidente Gianni Murano in apertura, “sembrano sempre meno quelli disposti a sacrificarsi sull’altare del full electric a tutti i costi”.
Proprio per avere un quadro della situazione quanto più completo, in questo numero ospitiamo anche il punto di vista dei rappresentanti dei principali partiti italiani in corsa per un seggio europeo ai quali abbiamo posto tre domande su cosa si aspettano dalla prossima legislatura e quali sono le loro priorità, nonché quello della nuova DG di FuelsEurope, Liana Gouta, il cui auspicio è che “i nuovi policy maker si concentrino sull’importanza degli asset industriali strategici europei e sulla loro competitività”. A completare il tutto l’intervista a Enrique Enrich, Presidente e AD di Scania Italia, che è fermamente convinto che si debbano “sfruttare tutte le tecnologie a disposizione per rispondere in maniera efficace ed efficiente a specifiche esigenze operative”, ma soprattutto che “venga dato più valore al ruolo dei biocombustibili ed e-fuels”.
Buona lettura
ELEZIONI EUROPEE E FUTURO DELL’AUTOMOTIVE
di Gianni Murano, Presidente UnemLe prossime elezioni europee di giugno ci diranno chi guiderà l’Europa fino alla vigilia del fatidico 2030. Il nuovo esecutivo dovrà fare i conti con un dilemma di non facile soluzione: proseguire senza tentennamenti sulla strada già tracciata del “Green Deal” oppure provare a rivederne alcuni aspetti legati soprattutto alla competitività e vocazione industriale dell’Europa. In questo ambito l’automotive rientra tra i settori più coinvolti nel nostro Continente, che sicuramente riguarda ancora di più il nostro Paese. Qualche segnale di “ripensamento” appare all’orizzonte visto che la maggior parte dei costruttori ha rallentato la produzione di auto elettriche. La domanda, infatti, stenta a decollare nonostante i generosi incentivi previsti in praticamente tutti i paesi. Volkswagen, secondo produttore al mondo dopo la giapponese Toyota, ad esempio, ha recentemente deciso di fermare la produzione della ID.3 nello storico impianto dei Wolfsburg che invece continuerà a produrre modelli tradizionali di punta come la Golf e la Tiguan. Renault, ha rinunciato a quotare in Borsa la società Ampere, creata proprio per lo sviluppo dell’auto elettrica, mentre Stellantis si è già detta pronta a modificare la sua strategia sui veicoli a batteria. Sulla stessa linea anche Mercedes, GM e Ford. Anche quanto sta accadendo in Germania, che con i suoi oltre 100 modelli di auto elettriche è il secondo produttore dopo la Cina, è indicativo. La domanda a dicembre



si è ridotta di circa il 30% per la fine improvvisa degli incentivi pubblici e per il 2024 Deutsche Bank prevede una stagnazione. Del resto, anche sul fronte politico qualcosa si muove. Il manifesto elettorale della CDU tedesca, che sostiene Ursula vor der Leyen nella corsa alla rielezione per la guida della Commissione europea anche per il prossimo quinquennio, prevede, ad esempio, la cancellazione del phase-out delle auto endotermiche al 2035, misura fortemente avversata da quei partiti che, al momento, tutti i sondaggi danno in testa. E sembrano sempre meno quelli disposti a sacrificarsi sull’altare del full electric a tutti i costi. Ciò non vuol dire che il ripensamento sull’auto elettrica sia totale, anzi. Solo più ragionato e, soprattutto, più attento alle condizioni del mercato e alle scelte dei consumatori. Lo scorso anno in Europa sono state immatricolate oltre 10,5 milioni di auto, di cui poco più del 14% elettriche, con il grosso concentrato in soli tre paesi: nell’ordine Germania, Francia e Norvegia. Oltre la metà sono state ancora
a benzina e gasolio. Sulle strade europee nel 2023 circolavano quasi 300 milioni di veicoli a quattro ruote e la quasi totalità, l’87%, dotata di un motore endotermico. La maggior parte sono auto passeggeri alimentate per il 95% da un prodotto di origine fossile (benzina, gasolio, gpl e metano) e solo il 2,2% elettriche (BEV e Plug-in). Il restante 13% sono veicoli per il trasporto commerciale leggero, pesante e pubblico che si affidano quasi esclusivamente al prodotto fossile. Se l’obiettivo è quello della decarbonizzazione e non dell’elettrificazione, come è parso sinora, allora bisognerebbe dare più ascolto alle parole di Akio Toyoda, Presidente della Toyota, la prima casa automobilistica a puntare sull’elettrico in tempi non sospetti, secondo il quale i veicoli a batteria “raggiungeranno, al massimo, il 30% della quota di mercato, mentre il resto sarà occupato da ibridi, fuel cell a idrogeno e auto a combustione” e che dovranno essere “i clienti e non le normative o la politica a dover decidere il tipo di autovettura da scegliere”.
IL MANIFESTO ELETTORALE
DELLA CDU TEDESCA, CHE SOSTIENE
VON DER LEYEN
NELLA CORSA
ALLA RIELEZIONE
PER LA GUIDA
DELLA COMMISSIONE, PREVEDE, AD ESEMPIO, LA CANCELLAZIONE DEL PHASE-OUT
DELLA AUTO ENDOTERMICHE AL 2035, MISURA FORTEMENTE AVVERSATA DA QUEI PARTITI CHE, AL MOMENTO, I SONDAGGI DANNO IN TESTA
SULLA VIA DI DAMASCO
di Antonio Pollio Salimbeni, Corrispondente da Bruxelles del Sole 24 Ore
Per quanto i sondaggi debbano essere presi con una buona dose di prudenza, almeno finora l’indicazione di fondo è che non si materializzerebbe un rovesciamento degli schieramenti politici al Parlamento europeo con il voto del 6-9 giugno. Il gruppo parlamentare più numeroso dovrebbe restare il partito popolare, seguito dai Socialisti&Democratici, Renew Europe (liberali più macroniani). Sulla carta, potrebbe essere formata una maggioranza con oltre 400 seggi su 705, la stessa della legislatura che si sta chiudendo. Non ci sarebbe dunque spazio per un ribaltone con il Ppe spostato più marcatamente a destra, verso l’estrema, con l’inglobamento dei Conservatori e Riformisti (leader Giorgia Meloni)

in una “coalizione” senza i socialisti, scenario che pure è stato accarezzato. Ciò non vuol dire però che la prossima legislatura sarebbe la fotocopia della precedente. Il motivo è noto anche se poco rammentato: la maggioranza che voterà la nuova presidenza della Commissione e successivamente l’intero collegio dei commissari sarà solo la prima battuta d’avvio della legislatura, senza però predeterminarne le politiche. Essendo il potere politico UE plurale, nel senso che le maggioranze in Consiglio e in Parlamento, in qualità di colegislatori, si formano di volta in volta sui singoli temi riflettendo la complessità degli interessi in gioco, nel quale si sovrappongono e si intrecciano scelte nazionali diverse che non sono la fotocopia
degli interessi dei partiti europei. Le logiche dei Governi – e delle maggioranze che li sostengono nei loro paesi - non coincidono necessariamente con le logiche dei gruppi parlamentari europei. Tuttavia, è un fatto che, per quanto concerne le politiche su clima ed energia, la legislatura si chiude all’insegna di una frenata rispetto ad alcune premesse del Green Deal del quale sono state consolidate le basi economiche, finanziarie, regolamentari e programmatiche. Cinque anni fa la presidente von der Leyen parlava di “Europe’s man on the moon moment” (sbarco sulla Luna) per segnalare la svolta epocale del Green Deal: da molti mesi all’ordine del giorno ci sono indicazioni diverse dall’accelerazione per raggiungere gli obiettivi UE (taglio emissioni del 55%, neutralità climatica entro il 2050) sotto la sferza delle difficoltà competitive di importanti settori industriali, dell’aumento dei prezzi dell’energia, dello sganciamen-


LO STESSO PSE È ESTREMAMENTE
CAUTO SULLA MATERIA: IL SUO
“MANIFESTO” PER IL VOTO
È ASSAI VAGO SUL TEMA. LA LISTA DEGLI AMMORBIDIMENTI, DELLE VIRATE RISPETTO ALLE
PROPOSTE INIZIALI, COMINCIA
A ESSERE LUNGA E CHE SI SIA EROSA LA MAGGIORANZA
EUROPARLAMENTARE SUI TEMI DEL GREEN DEAL È EVIDENTE
to dalla dipendenza dalle importazioni russe, dello spiazzamento europeo nella produzione di materie prime per realizzare il Green Deal (batterie elettriche per le auto in primo luogo) e di semiconduttori, del costo della transizione verde che si trasferisce direttamente alle famiglie e non solo alle imprese. Von der Leyen, candidata al raddoppio del mandato, è estremamente prudente e si è allineata rapidamente alla nuova fase. È un fronte che attraversa Governi e famiglie politiche: si va dalla “pausa normativa” di Macron, alla difesa del principio della “neutralità tecnologica” contro “l’ideologia di Verdi e socialisti” in modo che siano “gli ingegneri, non i politici, insieme al mercato a decidere la migliore tecnologia per raggiungere la neutralità del carbonio” (manifesto PPE 2024), alla posizione dell’ECR, cui aderisce Fratelli d’Italia, contro i target climatici considerati “irrealistici”. Sulla stessa linea Identità e Democrazia, cui aderisce la Lega. Ultimamente, il Ministro italiano dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha azzardato: “abrogheremo il vincolo che prevede il divieto nella UE di produrre auto a combustione interna a partire dal 2035”. Lo stesso PSE è estremamente cauto sulla materia: il suo “manifesto” per il voto è assai vago sul tema, limitandosi a indicare che “giustizia climatica e giustizia sociale sono interconnesse”. La lista
degli ammorbidimenti, delle virate rispetto alle proposte iniziali, degli accordi preliminari tra Governi e Parlamento UE, bocciati o arenati, comincia a essere lunga e che si sia erosa la maggioranza europarlamentare sui temi del Green Deal è evidente. Sono due le scadenze più rilevanti sulle quali si capirà subito l’orientamento prevalente a Bruxelles. La prima, riguarda la proposta legislativa per ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 90% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2040, coerente con l’obiettivo della neutralità carbonica al 2050. La seconda è per il 2026 e riguarda le auto. Nel 2035 scatta il divieto di immettere nel mercato auto con motore a combustione interna, si passa all’elettrico. Il settore da tempo lavora su questo calendario e anzi sono diversi i produttori europei che stanno anticipando la scadenza. Fra due anni la Commissione riesaminerà il regolamento sul 2035 tenendo conto del “contributo delle tecnologie innovative e dei combustibili alternativi sostenibili, compresi i combustibili sintetici, al conseguimento di una mobilità climaticamente neutra”. Dovrà anche presentare una proposta per l’immatricolazione di veicoli alimentati da combustibili neutri in termini di emissioni di CO₂, cosa che lascia una porta aperta ai motori endotermici stante quella condizione. La presidente von der Leyen ha recentemente spiegato che “la revisione del 2026 è molto importante per assicurare opportunità a produttori auto e consumatori” e in quel contesto si prevede “un ruolo speciale per i carburanti sintetici”. Non si parla almeno per ora di biocarburanti (cui è interessata l’Italia), a meno che non si dimostrino “neutrali” ai fini dell’impatto sul clima.


Luigi
Marattin Italia Viva


Chiara Appendino M5S Paolo Borchia Lega


Luca Squeri FI


Nicola
Procaccini FdI
Giuseppe Zollino Azione
3 DOMANDE AI
RAPPRESENTANTI DEI
PRINCIPALI PARTITI RISPONDONO
In vista delle imminenti elezioni europee abbiamo chiesto ai rappresentanti dei principali partiti in corsa per un seggio all'europarlamento e ai responsabili dei programmi in materia di energia cosa di aspettano dalla nuova legislatura e quali secondo loro sono le priorità
LE QUESTIONI LEGATE ALL’ENERGIA E ALLA
MOBILITÀ, CON L’OBIETTIVO CONDIVISO DI UNA
PROGRESSIVA DECARBONIZZAZIONE, SONO STATE
MOLTO DISCUSSE NELLA LEGISLATURA EUROPEA
CHE SI STA CONCLUDENDO: COME GIUDICA
QUANTO È STATO FATTO DA COMMISSIONE E
PARLAMENTO? QUALI RITIENE GLI ELEMENTI
PIÙ RILEVANTI DELLE SCELTE E DELLE POLICY
EUROPEE, E QUALI I LIMITI, SE NE VEDE?

CHIARA APPENDINO > La legislatura europea che si sta per concludere partì nel 2019 con il “Green New Deal”, piano molto ambizioso di nuovi investimenti per la transizione ecologica ed energetica e per una maggiore sostenibilità dei sistemi produttivi e di trasporto dei paesi membri. Fu proprio quel piano a portare il M5s ad assicurare i suoi voti a Ursula von der Leyen, perché crediamo profondamente nella necessità di tutelare l’ambiente. Le difficoltà della transizione ecologica, che esistono e sono innegabili, non possono essere la scusa che ci porta a mettere la testa sotto la sabbia. Prendiamo ad esempio l’automotive: il mercato ormai è cambiato e sono anni che le case automobilistiche stanno convertendo la propria filiera, tanto che la previsione è che entro il 2030 il 70% dei veicoli venduti in Europa saranno elettrificati. La transizione è già in atto e la politica può scegliere se condannare i Paesi a venirne travolti come da uno tsunami che spazzerà via la produzione automobilistica europea (e le prime vittime saranno lavoratori e imprese) o se governare la transizione rilanciando l’industria europea. Nel complesso le politiche messe in campo dalla Commissione Ue attualmente in carica sono state apprezzabili. A rovinare tutto c’è stata solo una macchia non trascurabile: il patto di Stabilità e Crescita approvato lo scorso dicembre che costringerà l’Italia a tirare al massimo il freno proprio su quegli investimenti che la stessa Commissione aveva deciso, nei quattro anni precedenti, di sospingere.
PAOLO BORCHIA > Nel corso di questi cinque anni lo scenario configurato dal legislatore europeo ha, di fatto, previsto il graduale abbandono degli investimenti nelle tecnologie tradizionali partendo dal presupposto, arbitrario e scientificamente infondato, che una riduzione ulteriore delle emissioni prodotte all’interno della UE avrebbe contribuito a rallentare il cambiamento climatico. Nel formulare tale supposizione, la Commissione von der Leyen ha tacitamente ignorato tanto le evidenze scientifiche, quanto gli effetti disastrosi che tale orientamento avrebbe avuto sulla nostra economia e sui nostri livelli occupazionali. Attualmente in Europa emettiamo solo il 7% delle emissioni globali di gas serra e disponiamo già di tecnologie pulite all’avanguardia, mentre il restante 93% è prodotto da paesi extra-Ue. Questo significa che, anche se l’Europa arrivasse domani alle zero emissioni, l’impatto sul clima globale sarebbe pressoché nullo. Ma anche qualora volessimo credere nell’utilità dell’approccio oltranzista della Commissione, si dovrebbe fare i conti con l’impreparazione normativa, tecnologica ed economica del nostro mercato Interno che, di fatto, rende impraticabile l’implementazione immediata di una simile transizione. La transizione energetica è in realtà molto più indietro rispetto a quanto predicato dall’attuale Commissione e da certe forze politiche dell’Europarlamento. Le ripercussioni di tali approssimazioni normative si stanno traducendo puntualmente in ulteriori aggravi per i settori produttivi e i consumatori.
LUIGI MARATTIN > Anche sul tema della transizione ecologica, così come su molti altri, le posizioni politiche si sono radicalizzate in maniera pericolosa. Da una parte chi – più o meno esplicitamente – nega che il cambiamento climatico causato dall’uomo sia un grave rischio per il futuro del pianeta; dall’altra, chi è convinto che, in tempi rapidi e senza costi, lo sforzo di una singola area del mondo non solo sia possibile ma anche risolutiva del problema globale. Si tratta di posizioni, entrambe, profondamente sbagliate. Ed è difficile non notare che la Commissione europea in questo mandato si sia pericolosamente avvicinata alla seconda. Green Deal, Fit for 55, la nuova PAC sono state scelte che, da un lato, hanno trascurato l’impatto economico di breve periodo, dall’altro, non si sono sufficientemente preoccupate di garantire una reciprocità (nei confronti delle importazioni) che non solo tutelerebbe le quote di mercato ma, in ultima analisi, garantirebbe realmente un processo globale di decarbonizzazione. La direttiva sugli imballaggi, recentemente approvata e che pare equilibrata, forse rappresenta un tardivo segno di inversione di tendenza.
NICOLA PROCACCINI > Le azioni messe in atto in questi anni dalla UE per raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni nocive per l’ambiente, sono caratterizzate da un ideologismo che si sta rivelando dannoso e squilibrato perché non aderente alla realtà. Intendo dire che l'estremismo ambientale contenuto nelle politiche green della UE e ispirato dal catastrofismo delle sinistre, mette a rischio la tenuta economica e sociale delle nostre nazioni e induce a scelte sbagliate. I costi della tutela dell’ambiente non devono ricadere completamente sulle nostre imprese e famiglie. Aver voluto imporre l’elettrico come tecnologia per la mobilità del futuro è una miopia che l’Europa rischia di pagare a caro prezzo. Nel frattempo, la Cina mantiene il suo monopolio nel settore automotive provocando gravi danni ambientali in quelle aree, come l’Indonesia, dove estrae materie prime e terre rare. Risultato: il danno ambientale sul pianeta non diminuisce ma, al più, è semplicemente spostato. L’approccio auspicato da noi di Fratelli d’Italia è quello della “neutralità tecnologica”. Lasciamo che siano le singole Nazioni a decidere come raggiungere gli obiettivi ambientali in base al proprio mix energetico. Che il modello del Green deal non funzioni e ci sia molto da rivedere, lo ha capito la stessa Commissione UE che ora sta facendo marcia indietro su molte decisioni che alla prova dei fatti si stanno rivelando disastrose.
LUCA SQUERI > Le nostre perplessità sul processo di decarbonizzazione sono negli atti parlamentari di maggioranza, già approvati in questa legislatura o che presto lo saranno. Discutiamo, e anche con decisione, i mezzi. La riforma del mercato europeo di scambio delle quote di CO₂ (ETS), ad esempio, produrrà un gettito di 700 miliardi di euro che verranno tolti alle imprese europee, mentre la sola estensione dell'ETS al settore marittimo ha già incrementato i relativi costi del 4% quest'anno. La riforma ETS è combinata con il CBAM e dovrebbe servire a imporre un dazio ambientale sulle importazioni di alcune materie prime strategiche provenienti da Paesi extra europei in modo da bilanciare i maggiori costi ETS delle imprese europee. Però il CBAM non grava sui prodotti finiti extra-UE che potranno liberamente essere importati senza dazio ambientale. L’effetto sarà che i produttori esteri, senza ETS e senza CBAM, conquisteranno quote di mercato dei nostri trasformatori. Resta il paradosso di fondo che la UE, nata per difendere e diffondere il libero mercato, oggi tende ad imporre una crescente quantità di dazi, una stortura che andrà corretta.
GIUSEPPE ZOLLINO > Azione ritiene ineludibile la lotta ai cambiamenti climatici, che va condotta lungo due direttrici: a) un piano europeo di adattamento ai cambiamenti già in atto del nostro territorio, le nostre reti idriche ed energetiche, le nostre colture, le nostre case, le nostre fabbriche, le nostre infrastrutture, i nostri piani di intervento; b) un percorso di decarbonizzazione guidato dalla scienza, dalle analisi di scenario e dalle valutazioni di impatto, specifico di ciascun Paese. La decarbonizzazione dev'essere tecnologicamente neutra e puntare a ridurre le emissioni nel ciclo di vita, ricorrendo a tutte le tecnologie idonee, senza pregiudizi né scelte ideologiche. Deve inoltre essere implementata in modo sostenibile dal punto di vista economico e sociale. Quasi tutti gli obiettivi al 2030 del pacchetto Fit for 55, prima tappa del Green Deal, non sono improntati a questi principi e per questo sono in larghissima parte irraggiungibili nei tempi indicati e spesso non portano a soluzioni ottimali, anzi più frequentemente obbediscono a scelte ideologiche. Nel campo della mobilità la sola vendita di vetture elettriche a partire dal 2035 è una scelta irrazionale stante il fatto che un motore a combustione alimentato da biometano ha emissioni nel ciclo di vita, e non solo allo scarico come stabilisce la normativa europea, certamente inferiori a quelle di una vettura con batterie prodotte in Cina. Per fortuna nel 2026 è prevista una verifica sullo stato dell’arte.
RISPETTO AL “TRANSITION AWAY” DAI COMBUSTIBILI FOSSILI, DI CUI SI È DISCUSSO ANCHE NELL’ULTIMO G20, TRA POSIZIONI PIÙ
RIGIDE E TEMPORALMENTE STRETTE E SOSTEGNO A PERCORSI PIÙ PROGRESSIVI E PRAGMATICI, QUALE PENSA POSSA ESSERE IL PUNTO DI CADUTA FINALE? QUALI PROSPETTIVE IMMAGINATE COME
GRUPPO POLITICO ITALIANO ED EUROPEO?

CHIARA APPENDINO > L’ultimo G20, quello di Delhi dello scorso settembre, è stato piuttosto deludente. Si è concluso senza alcuna parola sull’abbandono delle fonti fossili né sul phase-out dei sussidi ai fossili. Sono ancora troppi i governi del G20, tra cui il nostro, poco sensibili alla necessità di ridurre le emissioni. Nei consessi internazionali si fanno sempre molti sforzi per porre obiettivi sfidanti sul fronte della transizione ecologica, ma se poi l’approccio è questo, tutto centrato sul terrorismo di qualsivoglia transizione – ecologica, infrastrutturale, energetica o trasportistica – portare a casa risultati di rilievo diventa impossibile.
PAOLO BORCHIA > Il punto di caduta rischia di essere l’implosione del Mercato Interno nonché del tessuto economico e sociale europeo. Le recenti proteste degli agricoltori rappresentano la prova schiacciante della distanza tra la visione utopistica perpetrata dalla cosiddetta Alleanza von der Leyen e la realtà quotidiana degli imprenditori, a cui le Istituzioni europee vogliono legare sempre di più le mani. Serve una sostanziale inversione di rotta nella nuova legislatura. Il modello socio-economico predicato dalla cosiddetta “Alleanza Von der Leyen” è insostenibile perché basato su fondamenta quantomeno fragili. Ci sono poi problemi strutturali per quanto riguarda l’accesso dei consumatori alle tecnologie verdi, in particolare in relazione alle auto elettriche che l’Europa vuole rendere obbligatorie dal 2035 e che mediamente costano circa 10.000 euro in più rispetto ad un’auto a benzina. Emerge un’Europa creata su misura per i ricchi, che esclude i segmenti meno abbienti della popolazione. È evidente che prima o poi si dovrà fare i conti con la realtà.
LUIGI MARATTIN > Serve una strategia equilibrata in grado di disegnare un percorso pluriennale di riconversione industriale, perché di questo si tratta. Calibrando bene i tempi, l’impatto sociale e soprattutto i costi. Che non possono essere scaricati interamente né sul settore privato né sulle finanze pubbliche nazionali, ma che devono invece essere oggetto delle prossime emissioni di debito comune Ue. All’interno di una strategia complessiva di integrazione che contempli la cessione di alcune materie nazionali al livello Ue, assieme alla parte di bilancio nazionale che attualmente finanzia quelle competenze. Altrimenti si rischia di scivolare nel “tanto paga la Ue”, che sarebbe un ennesimo slogan populista.
NICOLA PROCACCINI > La Conferenza Onu sul clima di Dubai (la COP28) inserendo il concetto di "transition away", ossia un progressivo abbandono dei combustibili fossili, ha introdotto un percorso graduale per raggiungere la decarbonizzazione nel 2050. Un obiettivo temporale che Fratelli d’Italia non mette in discussione. Il Governo italiano sta già proponendo sui tavoli internazionali un nuovo approccio fatto di gradualità, con i combustibili fossili che non sono più il riferimento per lo sviluppo delle economie internazionali. È giusto puntare a zero emissioni di CO₂ nel minor tempo possibile, ma dev'essere lasciata la libertà agli Stati di percorrere la via che reputano più efficace e sostenibile. Quindi, non si chiuda a priori il percorso verso tecnologie pulite diverse dall'elettrico ma, come nel caso dell’Italia, si riconoscano sistemi di interesse nazionale, quali i biocarburanti.
LUCA SQUERI > Anche le modalità con cui la UE, che emette il 7-8% delle emissioni di CO₂ mondiali, pretende di uscire dai combustibili fossili stanno impattando fortemente su cittadini e imprese senza che a livello internazionale ci sia un riscontro adeguato. L’ultimo G20 si è impegnato genericamente a ridurre le emissioni di carbonio e ad attuare gli Accordi di Parigi. Si è pure reso conto che è stato raggiunto appena il 12% degli obiettivi prefissati. La recente COP28 si è impegnata non per il “phase-out” dai combustibili fossili, ma per un “transition away” nei tempi e nei modi che gli Stati decideranno. Per sostenere i motori endotermici l’Italia ha chiesto che siano consentite deroghe in favore dei biocarburanti, senza essere finora ascoltata. Sotto questo aspetto siamo all’avanguardia con due bioraffinerie già attive (Porto Marghera e Gela) e una in arrivo (Livorno), che già immettono sul mercato biocarburanti a prezzo competitivo, la cui realizzazione è stata incentivata dalle norme UE. Ma a che serve incentivare la produzione di biocarburanti se poi non si possono utilizzare? Tutte queste decisioni, peraltro approvate sul finire della legislatura, andranno riviste.
GIUSEPPE ZOLLINO > Pensiamo che la progressiva riduzione dell'uso dei combustibili fossili, necessaria a livello globale e non solo nella UE, non potrà mai avvenire per via di decrescita. Perciò non servono date, ma strategie industriali che promuovano lo sviluppo, ove necessario, e la diffusione, ove già disponibili, di tecnologie alternative ai fossili, economicamente competitive e disponibili ovunque, in modo che la transizione verso le fonti low carbon avvenga in modo sostenibile. Per esempio, abbandonare il carbone per generare elettricità continua è possibile da decenni. Per la produzione di acciaio primario invece dobbiamo ancora usarlo sino a quando non siano pronte acciaierie con riduzione a idrogeno. Il petrolio dovrebbe essere anch'esso bandito per la generazione elettrica – in Italia non lo si usa praticamente più da diversi anni - ma è ancora insostituibile nel settore dei trasporti. Riguardo al gas, l'impiego nella generazione elettrica può essere minimizzato con un mix ottimale di rinnovabili, nucleare e sistemi di accumulo. Gli usi nel settore domestico e industriale possono essere sostituiti in parte da energia elettrica in parte da biogas in parte da gas di sintesi, derivati da idrogeno, prodotto con energia elettrica senza emissioni. E si torna così all'urgenza di promuovere il miglior mix elettrico.
COSA SI ASPETTA DALLA PROSSIMA LEGISLATURA
EUROPEA E QUALI SARANNO LE PRIORITÀ PER IL SUO PARTITO IN EUROPA IN MATERIA DI ENERGIA, AMBIENTE E COMPETITIVITÀ?

CHIARA APPENDINO > Bisogna ripartire prima di tutto dalla direttiva “case green”, tema avversato dall’esecutivo Meloni. Per ridurre le emissioni e risparmiare energia, bisogna partire proprio dall’efficientamento degli edifici, che da soli generano il 39% delle emissioni di CO₂ a livello globale. L’obiettivo c’è, ora bisogna mettere a terra incentivi appetibili per efficientare il patrimonio immobiliare delle famiglie e delle imprese, ma anche gli edifici pubblici. C’è poi il regolamento Ue sulle “auto green” e i prossimi cinque anni saranno decisivi per la riconversione dell’automotive dell’intera Europa. Da torinese, so quale sfida improba abbiamo davanti. Nei cinque anni che verranno, anche il contrasto ai fenomeni climatici avversi e alla crisi idrica dovranno spostarsi su scala europea. Anche il testo del regolamento Ue sugli imballaggi è stato annacquato. L’economia circolare è un’opportunità, non l’apocalisse che crede la destra. Su questo fronte la prossima Commissione europea deve tornare a correre, dopo l’evidente rallentamento.
PAOLO BORCHIA > L’augurio per la prossima legislatura è senza dubbio che la nuova Commissione sia considerevolmente meno ideologica rispetto a quella uscente, e che il nuovo Esecutivo riveda i pacchetti normativi più pericolosi del Green Deal. La priorità per la Lega sarà senz’altro quella di continuare a difendere il pragmatismo e opporsi senza compromessi a qualsiasi proposta che rischi di legare le mani a chi lavora e di svuotare le tasche dei contribuenti.
LUIGI MARATTIN > La scorsa legislatura è stata quella in cui, sull’onda della crisi Covid, l’Europa ha rotto il tabù del debito comune (col Next Generation EU) e degli acquisti comuni (sui vaccini e, pare ora, sugli armamenti). La prossima legislatura deve essere quella del consolidamento di queste conquiste e del loro sviluppo. Tale processo non può che passare per una profonda riforma istituzionale, che accanto alla devoluzione di nuove competenze alla Ue (e delle relative risorse) ne delinei più compiutamente la governance democratica. Allo stesso tempo, riforme economiche essenziali per garantire integrazione e competitività, dall’unione bancaria all’unione del mercato dei capitali, devono trovare compimento. L’alternativa sarebbe far sparire l’Europa, e con essa gli Stati nazionali che la compongono, dal gioco globale.
NICOLA PROCACCINI > Ciò che mi aspetto è in realtà l’obiettivo a cui stiamo lavorando, quello di realizzare una nuova Europa, diversa dall’impostazione ideologica e poco concreta voluta dalle sinistre e che si è rivelata fallimentare. Non in grado, cioè, di fornire risposte efficaci alle esigenze dei cittadini europei e inadeguata di fronte alle grandi sfide poste dai mutamenti geopolitici di questi anni. Già negli ultimi mesi della legislatura europea in corso si è avviato un cambio di rotta. L’Italia, grazie al lavoro del Governo di Giorgia Meloni, ha saputo tracciare una strada importante per consentire all’Europa di non deragliare e fallire sui grandi temi. Vanno attuate politiche economiche e industriali intelligenti e pragmatiche. Intendiamo, quindi, proporre una revisione degli obiettivi del Green Deal per garantire la sostenibilità e la competitività del nostro tessuto socio-economico. Il ruolo dell’Italia può essere decisivo in questa fase. Il Governo italiano con il “Piano Mattei” ha posto le basi per un modello che può estendersi all’intera Europa. Che non significa, in maniera riduttiva, fare accordi per gestire i fenomeni migratori, ma implica un interscambio reciprocamente vantaggioso che possa consentire all’Europa l’accesso privilegiato e sicuro a fonti energetiche.
LUCA SQUERI > Intanto andrà cambiato radicalmente l’approccio: i processi si accompagnano e non si impongono. Non siamo in un soviet. Abbiamo votato contro la direttiva case green, non perché siamo contro l’efficientamento degli edifici, ma perché la UE non ci indica come trovare le risorse per farlo. Per efficientare il 5% di 12 milioni di edifici con il superbonus abbiamo speso 150 miliardi. In secondo luogo, siamo contrari alla elettrificazione totale dei consumi energetici, ma siamo invece per l’adozione del principio della neutralità tecnologica nei settori elettrico, termico e dei trasporti. Elettrificazione peraltro ottenuta con le sole fonti rinnovabili, le principali delle quali sono intermittenti, visto che l’eolico produce per 1.800 ore l’anno e il fotovoltaico per 1.400 ore, problema che non si risolve né con gli accumuli, né con le smart grid. Dunque, siamo per il nucleare. Quanto al resto del Green Deal, è bastata la rivolta degli agricoltori a far tornare precipitosamente indietro la Commissione.
GIUSEPPE ZOLLINO > Siamo convinti che il prossimo Parlamento europeo dovrà riformare profondamente tutta l'implementazione del Green Deal per riportarlo sui binari della razionalità. Azione si batterà per affermare un approccio razionale e pragmatico alla decarbonizzazione secondo lo schema cui ho fatto cenno in precedenza, che è l'unico che la UE può proporre ad altri Paesi, specie quelli in via di sviluppo, come modello da imitare. Se la UE ancora ambisce al ruolo di apripista della transizione ecologica, allora deve tornare ad essere leader in tutte tecnologie low carbon ed abbandonare ogni velleitario approccio ideologico.
NON POSSIAMO PERMETTERCI IL LUSSO DI ESCLUDERE ALCUNA TECNOLOGIA
L’attuale legislatura europea si avvia a conclusione. Quale è il suo giudizio su quanto è stato fatto sinora? I risultati sono stati all’altezza delle aspettative?
intervista a Liana Gouta, DG FuelsEurope di Marco D'Aloisi che lo stato attuale delle normative, che riconoscono esclusivamente il ruolo dei combustibili rinnovabili per l’aviazione e il trasporto marittimo, sia un approccio restrittivo che sfortunatamente non stimola gli investimenti.
L’attuale legislatura si chiude dopo un periodo di attività dominato dal “Fit for 55”. Durante la prima metà della legislatura l’attenzione è stata esclusivamente concentrata sulla strategia climatica, ma la pandemia prima, la guerra in Ucraina e le iniziative dei nostri competitor internazionali poi, hanno cambiato le priorità. Si è posta una crescente attenzione sull'efficienza energetica, sul costo dell'energia, sulla sicurezza degli approvvigionamenti e sulla dipendenza estera della UE su energia, materie prime, nuove tecnologie green. Se si vuole ottenere un’efficace realizzazione del Green Deal, queste nuove priorità dovranno essere assolutamente prese in considerazione nella prossima legislatura. Per quanto ci riguarda, abbiamo iniziato a lavorare già nel 2018 su quello che avrebbe dovuto essere il nostro percorso verso il 2050, dunque ben prima del Green Deal, per una transizione da combustibili e prodotti di origine fossile ad analoghi di origine rinnovabile. Abbiamo stimato che il nostro settore ha il potenziale per fornire 160 MTep di carburanti rinnovabili per i trasporti entro il 2050, coprendo tutte le esigenze di trasporto aereo e marittimo, ma anche una quota importante del trasporto stradale leggero e pesante. Riteniamo però

Tra non molto avremo un nuovo Parlamento e una nuova Commissione che dovranno misurarsi con un mondo molto diverso da quello di cinque anni fa. L’industria che rappresenta dovrà affrontare nuove sfide. Quali sono le principali e le più difficili?
Il nostro è un settore industriale strategico, innovativo e competitivo, con asset ad alta intensità di capitale e una rete capillare di infrastrutture di stoccaggio e distribuzione in tutta Europa. Ci auguriamo e ci aspettiamo che, tenuto conto di quanto accaduto negli ultimi anni, nella nuova legislatura, si lavori non solo sull’obiettivo della neutralità climatica. Per quanto riguarda il nostro settore, restano da affrontare sfide cruciali. Il quadro politico adottato dai legislatori uscenti fissa obiettivi e crea una domanda, ma non offre ancora un quadro favorevole per i significativi investimenti che


DEGLI ASSET INDUSTRIALI STRATEGICI EUROPEI E SULLA LORO COMPETITIVITÀ
serviranno per aumentare la produzione di combustibili e prodotti rinnovabili. Senza lo sviluppo di un’adeguata domanda anche nel trasporto stradale in grado di accelerare l’adozione dei carburanti rinnovabili, non si attiveranno adeguate economie di scala in grado di ridurre i costi a vantaggio della competitività del settore aereo e marittimo. Deve essere chiaro ai legislatori che maggiore è la dimensione del mercato, maggiore è l’interesse degli investitori.
Cosa si aspetta dal nuovo esecutivo europeo?
Ci sono per ora molte incertezze sul panorama politico e le prossime elezioni europee molto probabilmente modificheranno gli equilibri politici all’interno del Parlamento europeo, così come nel Consiglio e nella Commissione. Ci aspettiamo che i nuovi policy maker si concentrino sull’importanza degli asset industriali strategici europei, consentendo loro di rimanere competitivi e fornire le tecnologie e i prodotti che saranno necessari per raggiungere la neutralità climatica nell'economia. FuelsEurope e i suoi membri sostengono l’ambizione europea di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, e questo non cambierà. Chiediamo però una strategia europea simile a quelle che la
Commissione ha lanciato negli ultimi anni per l’idrogeno, le batterie e le materie prime, per citare alcuni esempi. Una strategia europea anche per il nostro settore è il pezzo mancante del puzzle. Tale strategia, a nostro avviso, dovrebbe proporre un approccio integrato per tutte le modalità di trasporto e per l’intera catena di approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione.
Si ha la sensazione che il supporto al Green Deal si stia affievolendo. Si è tornati a parlare di costruire nuove centrali a gas e anche sul phase-out dei motori ICE qualcuno comincia a dire che andrebbe eliminato. Cosa ne pensa?
Oggi c’è sicuramente più realismo nel dibattito, in particolare nell’opinione pubblica. Nella prima metà della legislatura si è prestata poca attenzione alle opinioni dei cittadini, in alcuni casi del tutto ignorate. La prima conseguenza è stata un progressivo cambiamento negli equilibri politici interni di diversi Stati membri, che ha innescato un approccio più cauto e pragmatico nel dibattito politico. Anche la realtà degli indicatori economici è un elemento importante. I produttori di automobili hanno dovuto fare i conti con un’accettazione dei veicoli elettrici da parte dei consumatori inferiore alle attese, con costi ancora alti, ma anche con importanti incertezze su materie prime, batterie e disponibilità delle infrastrutture. Bisogna riuscire ad offrire soluzioni tecnologiche alternative più realistiche, basate sul loro reale potenziale di riduzione della CO₂ nel loro ciclo di vita. La clausola di revisione per il divieto degli
ICE per i veicoli leggeri dal 2035 è fissata per il 2026 e costituirà la pietra miliare definitiva per valutare la fattibilità di una strategia dedicata esclusivamente ai veicoli elettrici nella UE. Crediamo che una strategia climatica di successo consista nel raggiungere gli obiettivi, senza scegliere le tecnologie.
Ad oggi non sono ancora disponibili su larga scala tecnologie industriali net-zero e anche l’elettrificazione totale dei consumi, a partire dai trasporti, non potrà bastare. Quali possono essere le alternative?
La sfida che ci aspetta è enorme e non possiamo permetterci il lusso di escludere alcuna tecnologia. Ciò richiede un quadro favorevole per gli investimenti che può essere reso possibile solo da politiche e regolamenti lungimiranti e prevedibili a lungo termine. Attualmente non esiste un quadro normativo di questo tipo. La UE deve incoraggiare la ricerca e l’innovazione e adottare il principio di neutralità tecnologica. L’Europa è da tempo leader nell’innovazione, ma senza un’apertura tecnologica è improbabile che mantenga questa posizione, soprattutto quando le scelte fatte per settori critici come i trasporti o l’energia sono già dominate da altri paesi.
L’industria della raffinazione è considerata strategica ai fini della transizione, però molto più a parole che nei fatti. Perché?
Temo che sia data per scontata l’idea che gli approvvigionamenti di combustibili liquidi saranno sempre e comunque garantiti e lo stesso vale per il nostro settore. Senza una forte motivazione economica e un ampio mercato per i combustibili rinnovabili, il rischio di un rapido disimpegno degli operatori e di una fuga degli investimenti verso altre regioni del mondo non dovrebbe essere sottovalutato. Si
FUELSEUROPE È DISPOSTA, E IN GRADO, DI TRASFORMARE
LE NOSTRE ATTIVITÀ CON INVESTIMENTI PER DIVERSI MILIARDI E DARE COSÌ UN CONTRIBUTO SIGNIFICATIVO
NEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI, GARANTENDO
L’APPROVVIGIONAMENTO
ENERGETICO E LA PRESENZA DI UN'INDUSTRIA INNOVATIVA E COMPETITIVA IN EUROPA

metterebbe a rischio non solo la sicurezza degli approvvigionamenti a breve e medio termine, ma anche gli obiettivi climatici. È quindi essenziale garantire la competitività delle infrastrutture esistenti.
Quale ruolo vede per l’Associazione nel prossimo futuro?
Lo vedo come parte integrante del percorso verso la neutralità climatica al 2050. Siamo disposti, e siamo in grado, di trasformare le nostre attività con investimenti per diversi miliardi di euro e dare così un contributo significativo nel raggiungimento degli obiettivi, garantendo, al contempo, l’approvvigionamento energetico e la presenza di un’industria innovativa e competitiva con sede in Europa. Non abbiamo solo dei piani, stiamo facendo. Per cominciare, alcune delle nostre raffinerie in Europa sono già state convertite in bioraffinerie, sostituendo al 100% la materia prima fossile con biomasse sostenibili. In altre, sono stati realizzati impianti di co-processing, ossia in grado di lavorare un mix di materie prime fossili e biomasse e ridurre l’impronta carbonica dei prodotti. Si stanno poi effettuando investimenti significativi in tecnologie alternative, come punti di ricarica per veicoli elettrici, elettricità rinnovabile o produzione di idrogeno verde. La nostra Associazione è pronta a dare il suo contributo per garantire un futuro sostenibile per l’Europa e i suoi cittadini.
Si sente di fare un bilancio di questi primi mesi di attività in qualità di DG?
In questi primi mesi di attività, mi sono concentrata sulle iniziative strategiche volte a preparare il prossimo ciclo istituzionale europeo, promuovendo allo stesso tempo una cultura di cooperazione e fiducia. Ho cercato di costruire relazioni forti, basate sul rispetto reciproco e sulla trasparenza. Sono molto entusiasta e impegnata a promuovere cambiamenti positivi per l’Associazione.
LA DECARBONIZZAZIONE DEI TRASPORTI
IL RUOLO CENTRALE DELLE AUTOSTRADE
di Antonio Liccardo, Responsabile Transformation Office e CEO Office - Autostrade per l’Italia e Federico Di Gennaro, Responsabile Innovazione, Centro Studi e Progetti Europei - Autostrade per l’Italia
Dietro ogni rivoluzione c’è un costo, e la rivoluzione innescata dall’invenzione e la diffusione del motore a combustione interna, benché abbia avuto evidenti e indiscutibili benefici per il nostro progresso, ne ha sicuramente prodotto uno, piuttosto elevato, per l’ambiente e l’aria che respiriamo. Se pensiamo al tema delle emissioni di gas serra, nel 2019, l’anno prima che il mondo venisse colpito dalla pandemia di Covid, i soli trasporti europei ne erano responsabili per il 26%. Il 72% di queste emissioni proveniva proprio dal trasporto su strada. In Italia, la situazione non era, e non è tuttora, molto diversa: con il 27% delle emissioni totali associate ai trasporti e il 92% di queste connesse al sistema stradale. Oggi, per fortuna, la questione ambientale è
sicuramente più sen tita del passato, vede l’impegno del mondo delle imprese ed è al centro di un acceso e continuo dibattito po litico e mediatico, che supera, e deve giu stamente superare, i singoli confini nazio nali: il problema delle emissioni di gas serra, infatti, non è una questione locale, ma globale (la CO₂ emessa a Roma è un problema per Pechino e viceversa). È per questo che l’Unione europea si è posta ambiziosi obiettivi attraverso il programma Fit for 55, prevedendo la riduzione di tali emissioni entro il 2030, e la neutralità carbonica entro il 2050. Inoltre, i cambiamenti


modale (2019)
Graf. 1 – Ripartizione modale (2019)
Fonte UE, Germania, Francia, Spagna: EU, Transport in figures: Statistical pocketbook, 2022.
Fonte Italia: elaborazioni su dati CNT, Cluster Trasporti e ASPI
climatici connessi a tale situazione stanno diventando sempre più evidenti e impongono di affiancare al complesso tema della decarbonizzazione anche una generale riflessione su come poter rendere le nostre reti di infrastrutture, vitali per il sistema Paese, sempre più resilienti. Tra queste ci sono proprio le strade e le autostrade. Occorre, però, partire dalla lettura del contesto e analizzarne i singoli aspetti così da superare qualsiasi bias percettivo di cui spesso siamo “vittime”. Si consideri, infatti, che secondo le proiezioni elaborate dalle stesse istituzioni europee, nel sistema di trasporto europeo la mobilità è prevista in crescita al 2030, anzi anche fino al 2050, e in esso la “gomma” è ancora destinata a mantenere un ruolo fondamentale nel mix modale tanto per il trasporto passeggeri che per quello merci. E ciò sia per l’effetto dell’andamento dei volumi di traffico, sia per lo sviluppo della logistica e dei sistemi produttivi sul territorio. Osservando, poi, le distribuzioni modali ad oggi rilevabili tra i principali Paesi europei, queste si mostrano stabili e pienamente confrontabili, anche se con un dato medio ancor più spinto sulla “gomma” per la Spagna e per l’Italia. In Italia, poi, sia per la struttura geomorfologica che per l’assenza di una reale sovrapposizione e dunque concorrenza tra le diverse modalità di trasporto, le autostrade giocano

un ruolo rilevante. Estese per circa 7.000 km e attraversate ogni giorno da circa 5 milioni di veicoli, pur rappresentando in estensione solo il 3% dell’intero sistema stradale, arrivano a servire il 20% della domanda passeggeri ed il 30% di quelle merci. Considerando, inoltre, che due terzi degli italiani vive in comuni da piccolissime a medie dimensioni, dove la “gomma” difficilmente ha una vera alternativa, ma che circa il 70% della popolazione risiede a meno di 20 km da uno svincolo autostradale così come l’80% degli addetti alla manifattura, è ben comprensibile che questo sistema, nato appena 100 anni fa con la Milano-Laghi e quasi completamente realizzato già alla fine degli anni ‘70, rappresenta un’infrastruttura vitale del nostro Paese e della nostra economia al pari di un’arteria del corpo umano. Un’infrastruttura che, mentre da un lato richiede di essere ammodernata e potenziata per ragioni di vetustà, complessità e volumi di traffico, che per alcune tratte hanno raggiunto ormai i livelli di saturazione, dall’altro
IN ITALIA LE AUTOSTRADE GIOCANO UN RUOLO RILEVANTE. ESTESE PER CIRCA
7.000 KM E ATTRAVERSATE OGNI GIORNO DA CIRCA 5 MILIONI DI VEICOLI, SONO SOLO IL 3% DELL’INTERO SISTEMA STRADALE, MA SERVONO IL 20% DELLA DOMANDA PASSEGGERI E PERSINO IL 30% DI QUELLE MERCI
lato può, in virtù della sua strategicità, svolgere un ruolo centrale in quella che è stata definita la settima rivoluzione dei trasporti, sperimentando le ultime innovazioni per la mobilità, come la guida connessa ed autonoma, e i nuovi vettori energetici, offrendo così il proprio contribuito alla decarbonizzazione del sistema stradale che dunque vareso “sostenibile”sesivoglionoraggiungereitargeteuropei.Ed èproprioquestoilfulcrodeldibattitoavviatoconlarecente pubblicazione dello studio promosso da Autostrade per l’Italia, edito da Il Sole24Ore, dal titolo evocativo “La rivoluzione della mobilità sostenibile parte dalle autostrade: sicure, digitali e decarbonizzate” in cui, grazie al lavoro in sinergia svolto da primari operatori industriali e soggetti accademici, si propongono alcuni scenari di simulazione sulla decarbonizzazione. Applicando il cosiddetto paradigma ASI (Avoid, Shift e Improve tecnologico), suggerito nei principali documenti programmatici di sviluppo sostenibile, e pur tenendo conto dell’incerto orizzonte geo-economico ed energetico inter-nazionale che oggi caratterizza tutte le variabili in gioco, si prevede che seguendo le politiche in corso nello scenario di massima decarbonizzazione tendenziale, difficilmente realizzabile, con ipotesi favorevoli alla decarbonizzazione del trasporto stradale, si raggiungerebbero riduzioni delle emissioni di CO₂ fino massimo al 28% nel 2030 rispetto ai valori del 2005. Valori insufficienti però a raggiungere gli obiettivi del Fit for 55 che impongono in questo caso un meno 43 % per l’Italia. Un risultato che conferma, dunque, l’utilità di un ulteriore confronto sui target formali delle direttive europee per renderli tecnologicamente neutrali, ma che dall’altro lato ha motivato la simulazione di scenari di decarbonizzazione accelerata che suggeriscono politiche ulteriori come, ad esempio, una diffusione incentivata di maggiori quantità di biofuels (HVO, biocarburanti liquidi e gassosi) in grado di sfruttare un’infrastruttura di distribuzione già capillare, iniziative di promozione di comportamenti sostenibili degli utenti della strada che riducano gli sprechi, favorire laddove possibile l’utilizzo del TPL, unito ad un’ottimale utilizzo delle auto private (es. carpo-
*European Parliament, Revising the Effort-sharing Regulation for 2021-2030: “Fit for 55” package – Europa ha fissato target di riduzione delle emissioni di gas serra all’interno del “Fit for 55”, pari per l’Italia al 43% al 2030 rispetto ai valori del 2005. TTW (Tank-To-Wheel), WTT (Well-To-Wheel)
oling). Combinando queste ipotesi agli scenari tendenziali, si raggiungerebbero nelle simulazioni effettuate livelli di riduzione delle emissioni dal “pozzo alla ruota” fino ad un massimo del 50%, con i seguenti contributi: 1/3 dovuto alla penetrazione dell’elettrico, 1/3 dovuto alla penetrazione dei biofuel e il restante 1/3 legato alla domanda e ai comportamenti eco-razionali. Una ricetta che ben chiarisce che la decarbonizzazione richiede un approccio olistico, in quanto nessuna politica da sola può consentire di raggiungere in pochi anni gli ambiziosi obiettivi individuati dalla UE, e che occorre coordinare una strategia volta a ridurre l’incertezza del risultato globale, secondo la maturità delle tecnologie, incluso favorire una cultura della sostenibilità alla base dei comportamenti di acquisto, di shift-modale e di guida degli utenti.

RAPPORTO 2024
GLOBAL AUTOMOTIVE CONSUMER
sintesi a cura di Unem
Spesso sul mondo dell’automotive (e quindi anche dei carburanti che alimentano le vetture) si fanno i conti senza l’oste. E l’oste – come sempre – invece andrebbe ascoltato. In questo caso lo scettro delle decisioni è nelle mani dei consumatori, dei potenziali acquirenti a ben vedere poco ascoltati. Stavolta a sondare i loro umori ci ha pensato Deloitte con il rapporto “Global Automotive Consumer Study 2024”, che analizza le tendenze e le tecnologie che avranno il maggiore impatto sull'industria automobilistica nel prossimo anno. L’analisi è frutto di più di 27.000 interviste a consumatori in 26 Paesi su una serie di questioni critiche, tra cui l'interesse dei consumatori per i veicoli elettrici (EV), la percezione dei marchi e l'adozione di tecnologie connesse. Lo studio si concentra in particolare sulle tendenze emergenti che influenzano l'ecosistema della mobilità globale: elettrificazione, prospettive dei veicoli del futuro, connettività, mobilità condivisa e abbonamenti. E il risultato, per nulla scontato, dovrebbe essere tenuto da conto anche da parte di chi su questo universo si prepara a legiferare. La prima cosa che si nota sfogliando il rapporto è che la spinta verso l’elettrico – che pure è stata molto sollecitata con specifiche norme e generosi incentivi – è in difficoltà anche in rapporto al combinato disposto di prezzi ancora alti e tassi di interesse cresciuti. Così, nonostante le riduzioni dei prezzi dei produttori
di automobili e gli incentivi statali pensati per renderli più convenienti, una serie di altre sfide continuano a ostacolare il percorso, tra cui l’ansia da autonomia, i tempi di ricarica e la disponibilità delle infrastrutture di ricarica. E questo è vero innanzitutto in questo pezzo di mondo. La domanda posta agli intervistati era molto semplice: che tipo di auto sarà la prossima che acquisterete? Pensando alla prossima macchina, il 67% guarda a veicoli a combustione interna, solo il 6% all'elettrico e il 21% all'ibrido. Guardando ad un paese europeo come la Germania (dove pure la sensibilità ambientale ha una lunga storia), il 49% è indirizzato verso benzina e diesel, il 21% all'ibrido e il 16% all'elettrico. Solo in Cina e in India le percentuali dell’elettrico si avvicinano o addirittura superano quelle a combustione interna: in Cina elettrico e combustione interna sono pari al 33% e l'ibrido al 31%. A dire il vero, sorprende un po’ il “pareggio” elettrico-motore a combustione della Cina che proprio sull’elettrico ha puntato tutte le sue fiches al punto che lo scorso anno ha superato la Tesla in termine di vendite e resta è il più grande produttore di batterie. Il Giappone si conferma il "regno dell'ibrido" con il 41 % delle scelte, i motori endotermici con il 34%, mentre l'elettrico si ferma al 6%. Approfondendo possiamo vedere le motivazioni e le preoccupazioni dietro queste scelte. Chi si esprime a favore dell’elettrico lo fa soprattutto per una questione di costi
Più comunemente citato
La somma delle percentuali supera il 100% poiché gli intervistati possono selezionare più opzioni.
D19. Quali sono i fattori più importanti che guidano la scelta del marchio per il tuo prossimo veicolo? Seleziona tutto ciò che si applica.
Campione d’esempio: n= 817 [Cina]; 1.273 [Germania]; 864 [India]; 667 [Giappone]; 912 [Corea], 4.985 [Sud-est asiatico]; 969 [USA]
Le aspettative per l’autonomia dei BEV variano in modo significativo a seconda dei mercati globali esaminati. Solo il 40% dei consumatori intervistati in India si aspettano più di 400 km, mentre il 67% dei consumatori in Germania si aspettano lo stesso come prerequisito per considerare un BEV come una valida opzione per il loro prossimo veicolo.
Aspettative dei consumatori sull’autonomia del BEV (Veicolo Elettrico a Batteria)
Nota: La somma delle percentuali potrebbe non arrivare a 100 a causa degli arrotondamenti.
D44. Quanta strada dovrebbe percorrere un veicolo elettrico a batteria completamente carica per poterne prendere in considerazione l'acquisto?
Campione d’esempio: n= 551 [Cina]; 1.112 [Germania]; 775 [India]; 627 [Giappone]; 778 [Corea], 4.469 [Sud-est asiatico]; 907 [USA]
delle ricariche (sempre che i prezzi restino quelli di oggi) e solo al secondo posto ci sono le preoccupazioni per l'ambiente; in quasi tutti i paesi (dalla Cina alla Germania) un ruolo prevalente lo riveste la presenza di incentivi all’acquisto visto che il prezzo è il driver principale che guida la scelta. Tra i punti deboli dell'elettrico c’è in primis l’autonomia, legata ad una rete di ricarica ritenuta insufficiente, seguita dai tempi di ricarica (40%). A preoccupare molti degli intervistati (tra il 60% degli statunitensi e il 90% degli indiani) è anche l’impatto ambientale “gradle to grave” legato alla produzione e smaltimento delle batterie. Sui tempi di ricarica l'opinione pubblica non si fa troppe illusioni, soprattutto quella europea: solo il 4 % ritiene che i tempi potranno ridursi a meno di
10 minuti, mentre la grande maggioranza il 60% ritiene che le ricariche si manterranno tra i 20 minuti e un'ora. Gli altri temi della ricerca riguardavano la propensione a cambiare marca della propria auto, una “fedeltà” che nei paesi occidentali è ancora abbastanza presente (40-50%), meno negli altri (in India 8 intervistati su 10 si dicono pronti a cambiare marca). E poi due argomenti particolarmente attuali: il peso della connettività e dei servizi ad essa legati (dai sistemi di sicurezza a quelli di guida) che sta aumentando. Altro tema caldo è la proprietà o meno dell’auto. Secondo il rapporto, sono i consumatori più giovani ad essere interessati a forme diverse dalla proprietà, come canoni di abbonamenti ai veicoli anche se persistono preoccupazioni sulla di-
sponibilità dei veicoli, sul costo totale di proprietà e sulla percezione di canoni mensili più elevati.

RASSEGNA STAMPA
Presentiamo una rassegna stampa sull’attualità delle ultime settimane.

20 febbraio 2024, Celestina Dominelli Distribuzione carburanti, un quinto della rete eroga appena il 2,5%
A tenere banco – nel mercato italiano dei carburanti - non è solo la questione dei prezzi, ma anche il nodo dell’estrema frammentazione della rete con 21.700 impianti distribuiti sul territorio tra stazioni convenzionate (il 30%), in mano cioè a operatori privati che hanno siglato una convenzione con una compagnia, pompe bianche (un altro 30%), cioè quelle senza logo, e distributori sociali (il 39%), che fanno capo direttamente alle compagnie. A documentarlo sono i numeri raccolti dall’Unem (l’Unione energie per la mobilità) che evidenziano come il 21% della rete (poco più di 4.300 impianti) eroghi solo il 2,5% dei volumi totali. La vendita media per singolo impianto è di 1.350 metri cubi su base annua (1,35 milioni di litri): un terzo di quello dei principali Paesi europei. Ora, su questo fronte, si attende una risposta dal tavolo voluto dal ministro delle Imprese e del Made In Italy, Adolfo Urso, e coordinato dal sottosegretario Massimo Bitonci. «Al tavolo di confronto che Unem ha avviato insieme alle altre componenti del settore, retisti e sindacati dei gestori, abbiamo lavorato con impegno per arrivare a una proposta da sottoporre a Governo e Parlamento. Siamo alle fasi finali con la necessità di chiudere la quadra su alcuni punti ma sono convinto che siamo sulla strada giusta», spiega al Sole 24 Ore il presidente Gianni Murano. «La rete di vendita dei carburanti è un mercato complesso che negli anni è molto cambiato, non sempre in meglio. Abbiamo una rete estremamente parcellizzata, con una presenza crescente di diversi operatori sul mercato anche con pochissime stazioni di servizio. Una situazione che rende impossibile vincolare questa nuova realtà a pochi schemi contrattuali».

22 febbraio 2024, Gilda Ferrari Intervista a Gianni Murano: “Carburanti? Domanda globale in crescita. Gli aumenti? Colpa delle rotte sotto attacco”
«A gennaio i prezzi di benzina e gasolio erano più bassi di 15-20 centesimi al litro rispetto ai picchi di ottobre, la tendenza si è interrotta quando sono cominciati gli attacchi degli Houti alle navi in transito nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden». Gianni Murano, il nuovo presidente dell’Unione energie per la mobilità (Unem, ex Up) dice che gli ultimi rincari dei carburanti sono «inevitabili».
Per quali ragioni? «Molti dei prodotti raffinati arrivano in Europa attraverso le rotte sotto attacco, sono quindi costretti a vie alternative più lunghe e costose, come la circumnavigazione dell’Africa. Vale soprattutto per il gasolio, di cui l’Europa è “corta”: prima dell’embargo importava dalla Russia, ora da Arabia Saudita, Emirati, India e Singapore».
I prezzi italiani rientrano nella media europea? «I nostri prezzi industriali sono tra i più bassi d’Europa, fino a 5-6 centesimi in meno rispetto a Francia e Germania, stando all’ultima rilevazione della Commissione».. La domanda globale è prevista aumentare, ma a un ritmo meno forte dell’anno passato. L’incertezza rimane nel quadro geopolitico».
Al netto di Eni, nella raffinazione di italiano è rimasto poco. È un problema? «Non ne farei un problema di proprietà, ma di tenuta di una filiera industriale strategica. Gli operatori entrati negli ultimi anni hanno dimostrato di essere affidabili e attenti alle esigenze dell’Italia. Lo abbiamo visto con le raffinerie di Augusta e di Priolo, che hanno cambiato proprietà ma hanno continuato a garantire l’approvvigionamento anche nei momenti più difficili. L’ingresso di società straniere lo leggerei come un segnale di fiducia sul nostro mercato e, più in generale, un interesse al Mediterraneo. Oltre a un’evidente conferma della qualità tecnologica dei nostri asset».
C’è un tavolo europeo su mobilità e biofuel: come si sta muovendo il governo e cosa vi aspettate? «Direi che l’Italia ha evidenziato subito come, insieme alla sostenibilità ambientale, vadano tenute in conto anche quella economica e sociale. Il ruolo avuto sui biocarburanti è stato cruciale ed è significativo anche apprezzare il continuo confronto con tutte le parti interessate. Credo si debba continuare con questa determinazione e convinzione, perché ci sono segnali che anche certi atteggiamenti troppo ideologici stanno cambiando».
25 marzo 2024, Fausta Chiesa e Ferruccio De Bortoli
Svolta green le risorse ci sono. Il conto è salato vietato sbagliare
Investire di più nella transizione energetica è indispensabile. Ma investire meglio è assolutamente vitale. La direzione è chiara, il percorso meno. Se c’è un’illusione ottica in questa campagna elettorale per le elezioni europee, nella quale nessuno sembra assumersi la paternità delle politiche green, è proprio questa. Ci si deve allontanare il più possibile dalle fonti fossili, ma petrolio, carbone e gas rimarranno centrali e decisivi nel mondo per svariati decenni. E, dunque, smettere di investirvi può essere pericoloso (altri choc) e controproducente. Le rinnovabili vanno sicuramente incentivate, ma i sussidi non possono trasformarsi in un sostegno occulto (e non meritato) al reddito degli imprenditori del settore. Gli investimenti in infrastrutture, fondamentali, sono l’aspetto più delicato e nascosto della transizione. Se sono destinati a finire nella bolletta degli utenti — che in parte si accollano, senza saperlo, il rischio di capitale degli azionisti — sarebbe utile saperlo e discuterlo per tempo. La trasparenza fa crescere la sensibilità ambientale e rende i cittadini più forti e consapevoli lungo la strada impervia della transizione energetica. L’inganno li rende sospettosi e refrattari. Industria 5.0 Oltre agli investimenti per la transizione previsti dal Pnrr e dal RepowerEu, ai finanziamenti della Bei, la Banca europea degli investimenti, e la miriade di sussidi e incentivi, un ruolo significativo lo avranno gli interventi privati. E la collaborazione tra privati e istituzioni pubbliche. Il passaggio più significativo degli ultimi giorni è quello della cosiddetta Industria 5.0, che sfrutta le risorse messe a disposizione dal progetto RepowerEu. Il criterio di fondo è quello di dimostrare l’impatto degli investimenti agevolati sul processo di transizione energetica. E qui sta il grande interrogativo. I soldi ci sono, ma li stiamo spendendo bene?
Forse è il caso di chiederselo, anche perché una grande fetta finirà nelle nostre bollette o nel debito pubblico.
31 marzo 2024, Diego Longhin Incentivi auto non solo per le elettriche. Il contributo arriverà fino a 13.730 euro
Manca solo il passaggio a Palazzo Chigi e la firma di Meloni dopo l’ok del ministro Giancarlo Giorgetti. Ci vorrà ancora almeno un mese per il debutto reale dei contributi. Si tratta di sussidi più ricchi di quelli del governo Draghi: fino a 13.750 euro per comprare un mezzo a batteria se si ha un Isee sotto i 30 mila euro e se si rottama una vettura in categoria Euro 0, 1 e 2. È il massimo previsto dal nuovo meccanismo. Se l’Isee è sopra i 30 mila il contributo scende a 11 mila. Provvedimento atteso da mesi dalle case automobilistiche, ad iniziare da Stellantis, visti i problemi di mercato rispetto alle vetture con la spina, come la 500 elettrica a Mirafiori. Fondi a disposizione? In tutto 950 milioni, recuperando quelli non spesi nel 2022 e 2023. Per l’acquisto o il leasing di auto elettriche, emissioni fino a 20 grammi di CO2 per km, vanno 240 milioni. Un quarto del totale. Con 402 milioni, più del 40%, viene finanziato l’acquisto di modelli con motore termico o full hybrid (61-135 CO2/km). Alle ibride plug-in, che hanno una batteria da ricaricare e un’emissione di CO2/km che va da 21 a 60 grammi, vanno 140 milioni, il 15%. 20 i milioni per le auto usate, a patto che si acquisti un Euro 6 con emissioni fino a 160 grammi CO2/km e che costi meno di 25 mila euro. Soldi destinati anche ai veicoli commerciali, 53 milioni, al noleggio a lungo termine, 50 milioni, e per l’installazione di impianti Gpl e metano sulle auto, 10 milioni.
8 aprile 2024, Ezra Dyer
Le auto del futuro sono noiose
Siamo a un punto di flessione nell’ottimismo sulle auto elettriche. Negli ultimi anni, quando le vendite di veicoli elettrici sono aumentate notevolmente e le case automobilistiche hanno annunciato un assalto di nuovi modelli alimentati a batteria, sembrava che le auto elettriche fossero una inevitabilità a breve termine. Ma nonostante tutte le inebrianti promesse, l’entusiasmo per i veicoli elettrici sembra raffreddarsi. Ci sono molti ostacoli evidenti per i veicoli elettrici: costi, autonomia e infrastrutture di ricarica (o la loro mancanza). Ma c’è in gioco anche un problema più sottile, che non sarà facilmente risolto: le auto elettriche sono troppo noiose. So che sembra una denuncia assurda e sono d'accordo. Tuttavia, credo anche che l’esperienza anestetica di guidare un’auto elettrica sia un vero ostacolo all’adozione diffusa della tecnologia. La guida, come la conoscevamo tutti prima dell’arrivo delle auto elettriche sul mercato di massa, poco più di dieci anni fa, implicava rituali familiari che hanno scavato un posto nella nostra psiche collettiva. Per le persone che amano le auto, e anche per quelle che non le amano, questo flusso di feedback sensoriale viscerale viene associato alla libertà e ai viaggi su strada, ai primi appuntamenti e alle corse a fare la spesa. Le auto elettriche danno un taglio netto a tutto ciò. Sali su un'auto elettrica e spesso non c'è la chiave da girare o il pulsante di avviamento da premere: è semplicemente accesa. C'è poco rumore. Alcuni di essi hanno una modalità “un pedale” che non richiede nemmeno di toccare il pedale del freno per la maggior parte del tempo. È come guidare una camera di deprivazione sensoriale. Per i passeggeri è lussuoso. Per i conducenti è noioso.

10 aprile 24, Angela Zoppo Benzina green, la risposta dei petrolieri all'e-mobility
In cima all’agenda dell’Unem (l’ex Unione Petrolifera, ora Unione Energie per la Mobilità), che rappresenta una filiera da 80 miliardi di euro di fatturato, c’è la tagliola Ue che fissa al 2035 l’addio ai motori a combustione a favore della mobilità elettrica. Il tema è stato anche al centro dell’audizione di ieri al Senato per chiedere «un approccio programmatico e neutrale sulle diverse tecnologie che concorreranno alla decarbonizzazione del trasporto stradale». Come spiega il presidente Gianni Murano a MF-Milano Finanza, «la direttiva Ue dovrà essere sottoposta a revisione nel 2027, e ci auguriamo un cambio di passo già col nuovo Parlamento che uscirà dalle elezioni europee di giugno. Gli strumenti per abbattere le emissioni di CO2 ci sono, bisognerebbe promuovere l’utilizzo dei carbon neutral fuels nella mobilità pubblica ma anche in quella privata, per esempio attraverso incentivi fiscali, invece che obbligare di colpo milioni di automobilisti a spendere decine di migliaia di euro per acquistare veicoli elettrici. Il rallentamento della produzione di auto elettriche registrato da molti big dovrebbe far riflettere, mentre assistiamo a una domanda crescente di autovetture ibride, con un grande ricorso al mercato dell’usato». Gli effetti della maggior propensione a muoversi in autonomia non si mitigano imponendo la mobilità elettrica: non ci sono le condizioni economiche perché questo possa accadere. In Europa circolano 300 milioni di veicoli, come si può ragionevolmente pensare di sostituirli tutti?».

10 aprile 2024, Sara Deganello Benzina oltre quota 1,90, rischio rincari a cascata. Difficili ribassi imminenti
Tocca la soglia di 1,90 euro al litro il prezzo medio della benzina registrato dal Ministero dell’Ambiente nella sua rilevazione settimanale (+1,3 centesimi). Non succedeva dalla settimana del 16 ottobre 2023, sei mesi fa. Sale invece a 1,80 euro al litro il prezzo medio settimanale del gasolio (+0,6 centesimi). Secondo i dati del Ministero delle Imprese, il prezzo medio della benzina sulle strade ieri è stato di 1,907 euro al litro (era a 1,906), mentre sulle autostrade di 1,987 euro al litro (era a 1,985). Le prospettive non sono semplici, spiega il presidente di Unem Gianni Murano: «L’acuirsi delle crisi in Medio Oriente e sul fronte russo-ucraino sta avendo impatto sulle dinamiche dei prezzi petroliferi che sono comunque influenzate decisamente da una domanda sostenuta e dai tagli imposti dall’Opec+. Dall’inizio dell’anno i prezzi del Brent sono aumentati di oltre 15 dollari, superando i 90 dollari al barile, di cui 9 solo nell’ultimo mese. Aumentati anche i prezzi dei prodotti raffinati sui mercati internazionali. Dall’inizio dell’anno le quotazioni internazionali (Platts Cif Med) della benzina sono cresciute di oltre 11 centesimi al litro (tornando molto vicine ai valori massimi del 2022) di cui circa 7 solo nell’ultimo mese. È difficile fare previsioni, ma di certo l’imminente driving season e la situazione internazionale ancora molto critica non fanno sperare in imminenti ribassi. Resta l’incognita delle decisioni di giugno dell’Opec+ che potrebbe ritenere esaurito il periodo dei tagli forzati».

11 aprile 24, Fausta Chiesa Carburanti, dagli aumenti lo Stato incassa 6 miliardi di accise e Iva tra gennaio e febbraio (ma non ci saranno sconti)
Ben sei miliardi di euro. È quanto ha incassato lo Stati italiano in soli due mesi grazie alla tassazione sui carburanti. Tra gennaio e febbraio 2024, secondo una stima dell’Unem, il gettito fiscale è stato pari a circa 6 miliardi (4 miliardi per le accise più 2 miliardi di Iva), cioè 270 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2023. L’aumento è legato in larga parte ai consumi, cresciuti del 6 per cento su anno. Ma a che cosa si devono i rincari alla pompa? «I mercati petroliferi internazionali – spiega Gianni Murano, presidente di Unem - stanno attraversando una fase di marcata volatilità. Ciò è dovuto sia a un quadro geopolitico che rimane estremamente incerto, sia a fondamentali che vedono una domanda in continua crescita, anche oltre le attese (la stima per il 2024 è di superare i 103 milioni barili al giorno), e un’offerta molto stretta per effetto dei tagli Opec+ prorogati fino a giugno. A ciò si aggiunge l’emergere di un corto per i prodotti raffinati, in particolare la benzina, anche per l’imminente avvio della cosiddetta driving season americana.

11 aprile 2024
Unem : Murano su auto, Vitol e razionalizzazione
Gianni Murano, presidente Unem, è intervenuto ieri al Senato nell'ambito dell'indagine sul settore automotive nata dopo le polemiche su Stellantis e gli incentivi, ma il tema caldo non è solo questo. A margine ha risposto alla Staffetta su tutte le questioni irrisolte. Di recente ha fatto discutere la cessione della raffineria Saras da parte della famiglia Moratti a Vitol, un trader internazionale. Di ieri è la notizia degli utili record della società anche nel 2023, e per Unem la compravendita non è stata un male: “quello che abbiamo visto negli ultimi anni è che, almeno per le grandi raffinerie, la strategia è stata la cessione e non la chiusura, e questo conferma la bontà degli asset italiani, collocati anche sulle isole e più portate ad essere merchant refinery. Da questo punto di vista l'interesse di Vitol è positivo per una raffineria strategica e forte come quella di Sarroch. Saras è associata e ci auguriamo che Vitol resti in Unem, che è la casa di tutti quelli che si occupano di raffinazione ed energia per la mobilità”.
DARE PIÙ VALORE AL RUOLO DI BIOCOMBUSTIBILI ED E-FUELS
Intervista a Enrique Enrich, Presidente e AD Scania Italia di Marco D’Aloisi
Secondo lei quali sono i driver che avranno maggiore impatto sulla domanda di trasporto merci nei prossimi anni?
Negli ultimi anni committenza e consumatori hanno sviluppato una sensibilità maggiore al tema della sostenibilità: da un lato, a causa delle crescenti conseguenze del cambiamento climatico sulla Terra, dall’altra, a seguito della decisione europea di rendere il trasporto indipendente dai combustibili fossili entro il 2050. Non è più una questione di sensibilità però. Esiste un’attenzione severa, un’esigenza reale di sostenibilità che è in grado di influenzare le nostre scelte di acquisto, sia all’interno delle aziende, sia nella vita di tutti i giorni. In quest’ottica, secondo me le dimensioni che guideranno la domanda di trasporto saranno tre, tutte tra loro in equilibrio: la sostenibilità economica, ambientale e sociale. In queste dimensioni Scania lavora da anni per essere alla guida di un mondo di trasporti sempre più sostenibile. Per raggiungere tale obiettivo, siamo fermamente convinti che si debbano sfruttare tutte le tecnologie a disposizione per rispondere in maniera efficace ed efficiente a specifiche esigenze operative.
Quali alimentazioni prevarranno?
Sicuramente per il decennio in corso il parco circolante italiano sarà costituito da un mix di tecnologie. Stiamo parlando di transizione in questo momento, ci sono diverse strade aperte e alcune saranno più adatte di altre per determinate applicazioni e contesti operativi. A lungo termine, però, vedremo una sempre più bassa percentuale di alimentazioni a combustibili fossili che lasceranno più margine a combustibili da fonti rinnovabili e all’elettrificazione. Grazie all’impegno e agli investimenti continui per sviluppare soluzioni diversificate, Scania risponde concretamente alle esigenze del mercato attraverso, ad esempio, l’ampliamento della gamma di veicoli elettrici e di mezzi compatibili con i biocarburanti e l’evoluzione delle soluzioni legate ai servizi finanziari, assicurativi e di manutenzione e riparazione.
Come si sta preparando Scania?
Stiamo investendo su diversi fronti all’interno della nostra organizzazione: in strutture, infatti a settembre 2023 abbiamo inaugurato una nuova fabbrica destinata all’assemblaggio delle batterie a pochi chilometri dalla sede

centrale in Svezia; nelle persone, in Italia stiamo offrendo una formazione continua ed aggiornata sulle innovazioni più recenti a concessionarie e officine autorizzate per essere competitive su tematiche come l’utilizzo di biocarburanti, l’elettrificazione e servizi collegati a prodotti sempre più all’avanguardia; nel portafoglio di prodotti e servizi, con l’ampliamento delle gamme di autocarri, bus e motori industriali e l’introduzione di servizi legati alle infrastrutture di ricarica di mezzi pesanti; infine, nella digitalizzazione e nella connettività dei nostri prodotti. In breve, stiamo cogliendo tutte le opportunità, sensibilizzando al contempo i nostri clienti e la committenza su un futuro dei trasporti più sostenibile già oggi attuabile.

A breve in Europa ci sarà un nuovo Parlamento e una nuova Commissione. Quale è il suo auspicio? Gli investimenti eseguiti ad oggi, mi riferisco in particolare a quelli legati all’elettrificazione del trasporto pesante, sono ad un punto di non ritorno. Pensare che l’Unione Europea inverta la rotta sarebbe insostenibile soprattutto a livello economico. Pertanto, mi auguro che la nuova Commissione sia coerente con la strategia di decarbonizzazione finora condivisa, con la speranza che venga dato più valore al ruolo dei biocombustibili ed e-fuels. L’orizzonte temporale e gli obiettivi imposti sono comunque troppo sfidanti, non solo per i clienti ma anche per le stesse case costruttrici che dovranno subire penali pesanti per i target di decarbonizzazione non raggiunti.

Lo sviluppo di nuovi pneumatici è uno dei settori di innovazione dell’automotive su cui si sperimentano soluzioni che spesso arrivano in strada, per il consumo diffuso, dopo essere state adottate e provate in pista. Pirelli, uno dei principali player globali del settore, che produce pneumatici per ogni tipo di mobilità, dalle auto da corsa alle biciclette, segue questo processo da tempo, con uno stretto legame, appunto, tra quello che arriva in strada e quello che viene adottato nelle competizioni ufficiali, a partire dalla Formula 1. Come sempre nei casi efficaci di innovazione, quello di Pirelli è un processo che unisce progettazione, prototipazione, uso di strumenti digitali, prove empiriche, coniugando lo sviluppo o l’uso delle migliori tecnologie con la professionalità e la competenza ingegneristica, imprescindibile sia nelle fasi progettuali che nell’interpretazione dei risultati dei test. Lo sviluppo e l’uso degli pneumatici per le competizioni permette di rafforzare e ottimizzare gli investimenti in modellazione digitale - con investimenti importanti nel software - che nel settore automotive è iniziata proprio dalla Formula 1 e si è diffusa poi anche al settore consu-
mer. A valle del processo, poi, ci sono i test indoor, che simulano caratteristiche e prestazioni in ambiente controllato per verificare le effettive performance, come la resistenza alla velocità, quella al rotolamento o l’impatto acustico. Con la crescita della diffusione di auto elettriche si è aggiunta negli ultimi tempi una complessità in più, dovendo adattare le performance degli pneumatici ad auto che a causa delle batterie hanno un peso maggiore e quindi comportano maggiore carico sulle ruote. L’esperienza della Formula 1 in questo senso risulta utile non tanto per il peso in sé - visto che le auto da gara sono più leggere - ma per le indicazioni utili che arrivano da un uso degli pneumatici in condizioni di forte sollecitazione aerodinamica e con la necessità di ridurre la resistenza al rotolamento. Questo ultimo fattore, incidendo sull’efficienza complessiva degli pneumatici, e quindi delle performance dell’auto, condiziona anche le emissioni di CO₂, che diminuiscono in condizioni di minore resistenza al rotolamento. Ecco dunque che l’innovazione, oltre ad accrescere le performance, in pista come in strada, permette anche di migliorare l’impatto ambientale.

LAVORAZIONE DELLE RAFFINERIE IN CRESCITA
Nei primi mesi del 2024 le lavorazioni delle raffinerie sono stimate in 11,5 milioni di tonnellate, con un deciso incremento (+7,3%) rispetto allo stesso periodo 2023 e superiore anche ai livelli pre-Covid. Tutte positive le singole voci, dai semilavorati esteri alle bioraffinerie. Il tasso di utilizzo degli impianti torna a superare il 77% rispetto al 72% del febbraio dello scorso anno. L’incremento è particolarmente rilevante anche se si va indietro negli anni. Dal lato bioraffinerie volumi quasi raddoppiati rispetto a quelli del bimestre 2023.
+7,3% nei primi 2 mesi del 2024 rispetto al 2023. Capacità di utilizzo degli impianti 77%
COSTO DEL GREGGIO IMPORTATO IN CALO
-4,3% a gennaio 2024 rispetto al 2023
A gennaio 2024 il costo che l'Italia ha sostenuto per rifornirsi di greggio dall'estero è stato pari a circa 545 euro/tonnellata, in calo del 4,7% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Il costo delle quotazioni espresse in euro è leggermente inferiore a quello espresso in dollari (-3,5%) grazie ad un lieve rafforzamento dell’euro pari all’1,3%. Nel 2023 il costo è stato pari a circa 588 euro/tonnellata, inferiore di oltre il 16% rispetto all’anno precedente. Si è trattato dell’undicesimo calo consecutivo del costo del greggio importato a riprova del forte calo dell’esborso per la fattura petrolifera del 2023 rispetto a quella record del 2022.
+0,8%
nel 2023 rispetto a 2022
Nel 2023 le esportazioni italiane di greggio, semilavorati e prodotti finiti sono stati pari a circa 28,5 milioni/tonnellate, in progresso dello 0,8% rispetto all’anno precedente. In calo quelle di prodotti finiti come benzina e gasolio, in ripresa quelle di jet fuel e virgin naphta. Nel 2023 le esportazioni petrolifere italiane hanno avuto come destinazione principale i paesi europei (in particolare la UE per circa il 42% del totale ma con una quota importante anche per i paesi extra UE); rilevante anche se in calo la quota dell’Africa (17%), mentre risultano in netta ascesa, anche se ancora con quote minoritarie, le esportazioni verso il Medio Oriente (Libano soprattutto) e i paesi dell’Estremo Oriente che hanno ricevuto notevoli quantitativi di virgin naphta, molto ricercata dalle raffinerie asiatiche.
ESPORTAZIONI DI GREGGIO, SEMILAVORATI E PRODOTTI FINITI IN CRESCITA

ITALIA SECONDA IN UE PER PESO % DEL FISCO
sul prezzo dei carburanti a fine marzo 2024
A fine marzo l’Italia figurava al secondo posto nella classifica dei paesi europei per peso della tassazione sul prezzo dei carburanti, seconda solo alla Finlandia. Su un litro di benzina il peso delle tasse è stato pari a 1,069 euro/litro rispetto ad una media area euro di 0,992, mentre sul gasolio a 0,941 euro/litro rispetto ai 0,826 della media area euro. Nello stesso periodo il prezzo medio al consumo della benzina è stato pari a 1,887 euro/litro, mentre quello del gasolio a 1,793 euro/litro.
DALLE ASSOCIATE
AFRY firma accordo quadro con Copperstone - AFRY ha firmato un accordo quadro biennale con Copperstone Resources AB per continuare ad essere partner di fiducia nel raggiungimento dell'obiettivo di diventare uno dei produttori di rame più sostenibili al mondo. AFRY contribuirà con competenze attraverso un'ampia gamma di servizi nell'ambito dell'ingegneria multidisciplinare, in ambito ambientale, geotecnica, di processo, meccanica e tubazioni, elettrica, automazione, digitalizzazione, civile, edilizia e servizi di sostenibilità. L'accordo, informa una nota, è valido dal 2024 al 2026.
Enilive, nuovo store “ALT Stazione del Gusto” a Ostia - Enilive ad inizio febbraio ha inaugurato a Ostia, nella storica stazione di servizio in Piazzale della Posta, un nuovo store del progetto “ALT Stazione del Gusto” realizzato in collaborazione con Accademia Niko Romito. Si tratta della seconda apertura dopo quella del settembre scorso a Roma. Nei prossimi mesi ne seguiranno altre a Roma, in corso Francia, poi in Circonvallazione Trionfale e, probabilmente entro la fine dell'anno, in Via Aurelia. “ALT”, si legge in una nota, “è un progetto che nasce per parlare di cibo di qualità a quante più persone possibile. E per questo trova la sua ideale collocazione su strada, perché le strade sono di tutti”. .
Greenthesis S.p.A. si consolida - Greenthesis S.p.A ha comunicato di aver perfezionato l’acquisizione dell’80% del capitale sociale delle società Euro Veneta S.r.l., Ecorex S.r.l., Elite Ambiente S.r.l., Emme Trasporti S.r.l. ed Execo S.r.l., facenti parte del Gruppo industriale Ethan ed attive principalmente nel Nord-Est Italia nell’ambito della gestione di diverse tipologie di rifiuti, pericolosi e non, con forte vocazione al recupero di materiali. L’acquisizione di queste società operative, spiega una nota, consente a Greenthesis di espandere la propria presenza nel settore e consolidare la propria posizione come leader nel campo della gestione dei rifiuti industriali e urbani.
“Adotta un Istituto” fa visita alla Iplom - La regione Liguria e Confindustria Liguria hanno dato vita ad un progetto denominato “Adotta un Istituto” volto a far comprendere l’importanza degli studi tecnici ai giovani studenti e alle loro famiglie. La fase sperimentale, che vede coinvolte due classi terze dell’Abba-Gastaldi di Genova, si svolge in quest’anno scolastico e prevede visite e incontri in numerose realtà produttive. Tra queste, la Raffineria Iplom che lo scorso 8 febbraio ha ospitato i giovani partecipanti accompagnati dagli insegnanti e dai rappresentanti di Confindustria Genova.
Nasce “Neste Impact”, soluzione per ridurre le emissioni del trasporto aereo - Neste ha lanciato “Neste Impact”, la nuova soluzione di riduzione delle emissioni per le aziende che desiderano ridurre l’impronta di carbonio delle proprie attività di viaggio aereo e di trasporto. La soluzione si basa sull’acquisto del carburante per aerei “Neste MY Sustainable Aviation Fuel” con cui le emissioni di gas serra (GHG) possono essere ridotte fino all’80% durante il ciclo di vita del carburante rispetto all’utilizzo di carburante fossile.
Neste è il 2° marchio finlandese di maggior valore - Per il terzo anno consecutivo Neste si è classificata come il 2° marchio finlandese di maggior valore da Brand Finance, la società indipendente leader a livello mondiale nella valutazione dei marchi e nella consulenza strategica. Secondo la classifica “Brand Finance’s Finland 25 2024” pubblicata a febbraio, il valore del marchio Neste è aumentato del 13% raggiungendo i 3,2 miliardi di euro.
Accordo Neste-Amelia per la fornitura di “Neste MY Sustainable Aviation Fuel” - Neste e Amelia, una compagnia aerea regionale francese, hanno concluso un accordo per la fornitura di miscela Neste “MY Sustainable Aviation Fuel”. Questa collaborazione contribuisce alla strategia di Amelia di ridurre le emissioni di gas serra delle sue operazioni, consentendo alla compagnia aerea di utilizzare quasi il 5% di SAF come parte del consumo totale annuo di carburante.
Nuovi acquisti per NextChem - Nuovi acquisti per NextChem che ampliano e rafforzano la posizione di Maire Tecnimont nell’ambito della transizione energetica. A febbraio firmato un accordo vincolante per l'acquisizione dell'80% di HyDEP S.r.l. e del 100% di Dragoni Group S.r.l. per rafforzare le proprie soluzioni ingegneristiche per progetti basati sull’idrogeno verde, dal design meccanico e di processo, alla validazione e certificazione. Il prezzo di acquisto delle due quote, informa una nota, è pari a circa 3,6 milioni di euro. Il closing è previsto per il secondo trimestre del 2024. A marzo ha invece firmato un accordo vincolante per l'acquisizione del 100% di GasConTec Gmbh (GCT), azienda specializzata nello sviluppo tecnologico e nell'ingegneria di processo con un corrispettivo complessivo, informa ancora una nota, pari a 30 milioni di euro. Anche in questo caso il closing è previsto per il secondo trimestre 2024.
Nasce OMSIC, fusione tra SIC e Oil Meter System - SIC Servizi Integrati & Consulenze s.r.l. ha annunciato la fusione con Oil Meter Sistemi s.r.l, dando vita a una nuova realtà denominata OMSIC s.r.l. Questo passo, spiega una nota, rappresenta l’unione di competenze, esperienze e visioni in un unico grande progetto industriale e professionale, nel quale OMSIC s.r.l. si propone come un punto di riferimento ancora più solido e competente nel settore, pronto ad offrire servizi integrati e consulenze di altissimo livello.
Petronas, il museo Heritage Highlights compie un anno - Petronas Lubricants ha celebrato il primo anniversario del suo museo “Heritage Highlights” ospitato nella sede di Santena (Torino) dove sono custodite le testimonianze più significative, le innovazioni tecnologiche e i successi sportivi raggiunti in oltre cento anni di storia. Il primo Open Day si è tenuto il 15 marzo 2024 e ha dato ai visitatori l'opportunità di visitare non solo l'azienda ma anche di immergersi nell'esposizione di Giuliana Vaudano, artista di Pino Torinese, rinomata appassionata di Motorsport. Un secondo appuntamento si è tenuto il 12 aprile. Lo scopo di queste iniziative, si legge in una nota, è quello di avvicinare curiosi e appassionati alla storia delle automobili e alla loro evoluzione.
Q8 entrerà nel capitale sociale di Eco Fox - Grazie ad un accordo con la Fox Petroli, Q8 acquisterà, una volta ottenute tutte le autorizzazioni di legge, il 50% delle quote sociali della Eco Fox. Un accordo particolarmente significativo, informa una nota, in quanto consentirà al gruppo Q8 di entrare direttamente nella filiera della produzione di biocarburanti liquidi sostenibili che già oggi apportano un contributo concreto alla decarbonizzazione del settore trasporti. La Eco Fox, operatore pionieristico del mercato dei carburanti di origine biogenica in Italia sin dagli anni ’90, è proprietaria di uno stabilimento sito a Vasto con una capacità di 200.000 tonnellate annue, che produce una gamma di biodiesel avanzati e di sottoprodotti per uso industriale. Dispone di una logistica a supporto in grado di ricevere e spedire i prodotti via mare e via terra e di un deposito fiscale di 30.000 mc.
TradO, la piattaforma digitale di Saras - È operativa l’app TradO, una nuova piattaforma digitale che Saras ha messo a disposizione dei propri partner commerciali. La piattaforma, spiega un comunicato, consente alle aziende di trasporto e agli autisti di poter gestire, in maniera ancora più efficace, il ritiro via autobotte dei prodotti petroliferi. A valle della creazione degli ordini è infatti possibile, anche dallo smartphone, prenotare il turno di carico, ricevere notifiche e scambiare informazioni in tempo reale su eventuali variazioni. L’applicazione è device-indipendent e funziona sia da smartphone e tablet che da personal computer.

AMMODERNARE LA RETE DI VENDITA CARBURANTI E LE TIPOLOGIE CONTRATTUALI
Roma, 8 febbraio 2024
Il workshop organizzato da Faib Confesercenti a Roma presso la sede dell’International Institute for the Unification of Private Law (UNIDROIT), è stata l’occasione per fare il punto su un settore che avrebbe bisogno di un profondo processo di ammodernamento e ristrutturazione. Necessità ribadita dal Presidente di Unem, Gianni Murano, che nel suo intervento ha parlato anche di contratti e dell’impossibilità di vincolare i nuovi modelli a pochi schemi contrattuali. Fondamentale, ha detto, è definire i «confini» dei vari contratti per fissare requisiti minimi validi per tutti ed evitare il dumping contrattuale e fronteggiare l’illegalità.

IL SETTORE ENERGETICO NEL 2023 E LE PROSPETTIVE PER IL 2024

Roma, 7 marzo 2024
Il seminario organizzato dall’Aiee presso l’Auditorium GSE, è stata l’occasione per Unem di fare il punto sulla situazione del settore petrolifero. Nel corso del suo intervento, Rita Pistacchio, Responsabile dell’Ufficio rilevazioni e analisi, ha evidenziato come in Italia nel 2023 il petrolio sia tornato ad essere la prima fonte di energia, confermando la sua centralità nel soddisfare la domanda, nonché il ruolo che può avere nella transizione attraverso lo sviluppo dei low carbon fuels. Focus poi sulla domanda petrolifera mondiale che nel 2024 si stima in crescita sebbene in misura più moderata. Durante il convegno è stato ribadito quanto il permanere delle tensioni sull’offerta, i tagli produttivi dei Paesi Opec Plus, la crisi russo ucraina, e le ostilità del Medio Oriente, impattino sui flussi di greggi, di prodotti raffinati e di materi prime per i biocarburanti proveniente dai Paesi asiatici.
DECARBONIZZARE I PROCESSI INDUSTRIALI
CON L’IDROGENO
Milano, 15 marzo 2024

Il convegno “Decarbonizzare i processi industriali con l’idrogeno. Sfide tecnologiche ed economiche, opportunità per la manifattura nazionale e per la decarbonizzazione del settore”, organizzato da Anima e H2IT nell’ambito di MCE - Mostra Convegno Expocomfort, è stata l’occasione per ribadire l’importanza che sta assumendo l’idrogeno nel processo di transizione. Claudio Allevi di Saras, intervenuto per conto di Unem, ha sottolineato come ogni anno nel mondo si producano circa 75 milioni di tonnellate di idrogeno, quasi interamente utilizzate come materia prima all'interno delle industrie di raffinazione e della chimica e, più recentemente, nelle bioraffinerie. Il settore petrolifero è il settore industriale che oggi rappresenta le maggiori competenze e le maggiori esperienze nella produzione, trasporto, stoccaggio e impiego dell’idrogeno.
L’UNIONE FA LA FORZA, OLTRE LE IDEOLOGIE
Milano, 26 marzo 2024
Interessante confronto tra il Presidente Unem, Gianni Murano, e Francesco Naso, Segretario Generale di Motus-e, sul futuro della mobilità nel corso dell’evento “L’Unione fa la forza, oltre le ideologie” organizzato da #ForumAutomotive presso l’Hotel Enterprise di Milano. Due visioni differenti sulle soluzioni più efficaci per raggiungere il medesimo obiettivo: ridurre l’impronta carbonica della mobilità. In particolare, il presidente Murano ha ribadito che per decarbonizzare i trasporti abbiamo bisogno di tutte le tecnologie a nostra disposizione che consentano di abbattere le emissioni di CO₂. Solo in questo modo si possono offrire soluzioni accessibili a tutti consumatori, anche a quelli che non vedono nell’auto elettrica l’unica scelta. In questa logica, è necessario sviluppare politiche che premino la riduzione della CO₂ al minor costo.
PROGETTO WATER E LAND REMEDIATION


Roma, 20 febbraio 2024
Unem e la rete IMPEL - European Union Network for the Implementation and Enforcement of Environmental Law, a cui appartiene ISPRA - hanno organizzato presso la sede Unem un seminario in modalità ibrida sul “Progetto Water e Land Remediation” con l’obiettivo di illustrare quanto finora realizzato dal progetto che promuove, attraverso la condivisione di esperienze nei vari paesi europei, l'utilizzo di tecnologie ambientalmente sostenibili. Alla rete del “Progetto riqualificazione ambientale” di Unem sono stati chiesti “casi studio” su due Biopile (BP) e sulla In Situ Chemical Reduction (ISCR). Ad essere approfondite sono state anche le tecnologie relative a: Ossidazione chimica in situ (ISCO) e Soil Vapor Extraction (SVE), Soil Washing e Multi Phase Extraction, Desorbimento Termico e Phytoremediation.
INTERVENTI ED OPERE NEI SITI OGGETTO DI BONIFICA: ASPETTI NORMATIVI E TECNICI
Roma, 29 febbraio 2024

Il CeRAR - Centro di ricerca "Risanamento Ambientale e Recupero di aree degradate e siti contaminati" presso Università degli studi di Brescia - ha organizzato a Roma un convegno dal titolo “Interventi ed opere nei siti oggetto di bonifica: aspetti normativi e tecnici”. La giornata è stata un momento per approfondire la disciplina di semplificazione della valutazione delle interferenze tra interventi ed opere e attività di bonifica nei siti contaminati. Sono state messe a confronto la disciplina nei Siti di interesse nazionale di competenza del Ministero dell’Ambiente e quella che le Regioni devono emanare per i siti di competenza regionale. Unem ha confermato una riduzione complessiva dei tempi di risposta alle istanze, anche se in via indiretta, in quanto la maggior parte delle casistiche che riguardano il settore sono comunque soggette a valutazione delle interferenze.
MEZZI, SOLUZIONI, POLITICHE E TECNOLOGIE PER UN SISTEMA DI MOBILITÀ SOSTENIBILE
DELLE PERSONE: A MILANO L'EVENTO NEXT MOBILITY EXHIBITION
Dall’8 al 10 maggio 2024, presso la Fiera di Milano, si tiene la seconda edizione di NME - Next Mobility Exhibition, manifestazione dedicata a mezzi, soluzioni, politiche e tecnologie per un sistema di mobilità sostenibile. Al centro dell'attenzione l’innovazione tecnologica di mezzi e sistemi di trasporto chiamati a rispondere alle sfide poste dalla Comunità europea: transizione energetica, transizione digitale e la conseguente riorganizzazione della propria struttura organizzativa, con il fine ultimo di spostare una quota modale della mobilità privata al trasporto pubblico locale. Previsto un ricco palinsesto convegnistico che animerà le tre giornate di mostra. Grande attenzione sarà dedicata all’evoluzione dei servizi in chiave
digitale. Non mancheranno approfondimenti sulla transizione energetica, sui progetti di elettrificazione delle città e sulle tecnologie emergenti nel settore della mobilità. A dare il via al calendario di appuntamenti sarà l’evento inaugurale congiunto Next Mobility Exhibition-Transpotec Logitec che, grazie al contributo delle principali realtà dei due settori, offrirà un importante momento di riflessione sul presente e sul futuro del trasporto di merci e persone, due mondi paralleli che condividono molte sfide comuni. Non mancheranno approfondimenti sulla transizione energetica, i progetti di elettrificazione delle città, le tecnologie e le trazioni emergenti nel settore della mobilità.

Ad ogni uscita di Muoversi rivolgiamo la stessa domanda ad un'associata Unem, per raccontare come i protagonisti della filiera dei carburanti e della mobilità immaginano il futuro. Iniziamo con Raffaele Iollo, Consigliere di Amministrazione Q8 Italia, Direttore Renewable Energy & Supply Chain di Q8 e Vice Presidente Unem
IN UN MOMENTO STORICO DI PROFONDI E COSTANTI CAMBIAMENTI, CON SOCIETÀ ED ECONOMIE IMPEGNATE IN UNA COMPLESSA
TRANSIZIONE ENERGETICA E DIGITALE, RISULTA
DECISIVO SAPER IMMAGINARE IL FUTURO. DAL
SUO PUNTO DI VISTA, A PARTIRE DAL RUOLO CHE
RICOPRE IN UNA AZIENDA DELLA FILIERA DELLE
ENERGIE PER LA MOBILITÀ, COME IMMAGINA IL MONDO CHE VIVREMO NEI PROSSIMI ANNI?
In un momento storico e geopolitico come quello attuale, in cui sono in corso cambiamenti strutturali negli assetti e nei flussi del mercato energetico, Q8 continua a perseguire i propri obiettivi di crescita attraverso l’innovazione di prodotti e servizi per la mobilità con l’ambizione di svolgere un ruolo di leader nel processo di energy transition. L’obiettivo di lungo termine è sviluppare un’offerta di mobilità supportata dai vettori energetici che saranno disponibili e sostenibili nei prossimi anni e da investimenti mirati a creare il network multi-energy e multi-servizi del futuro grazie ad un’offerta di prodotti e di servizi sempre più innovativi. Il percorso della transizione energetica è iniziato sulla spinta delle riforme attuate dall’Unione Europea in tale direzione, ma certamente la progressiva decarbonizzazione dei trasporti sarà un processo che richiederà tempo adeguato per valutarne gli effetti economici e sociali e pianificare correttamente gli investimenti
necessari. Prevediamo uno scenario futuro energetico caratterizzato da una diversificazione di fonti a basso impatto carbonico, in cui ogni tecnologia avrà pari opportunità per apportare il proprio contributo alla riduzione di CO₂ e per non creare dipendenze nei flussi di approvvigionamento che mettano a rischio la sicurezza energetica. La nostra Vision è dunque sicuramente orientata verso una mobilità ambientalmente e socialmente più sostenibile, una transizione che sia equa ed essa stessa sostenibile: sentiamo infatti forte la responsabilità di fornire un mix di fonti energetiche che rispettino l’ambiente e che siano al tempo stesso anche economicamente accessibili per continuare a garantire il diritto alla mobilità di tutti. Seguendo questa strategia siamo stati in grado di trasformarci da oil company tradizionale a partner della mobilità sostenibile, continuando ad affermarci come uno dei principali player del settore energetico.





4 numeri - 40 articoli - 400 pagine
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