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MINISTERO FEMMINILE DELLA PAROLA E SINODALITÀ NELL’OPERA DI LUCA
María Concepción Tzintzún Cruz, FMVD
María Concepción Tzintzún Cruz è una suora della Fraternità Missionaria Verbum Dei. Ha lavorato come missionaria in Messico, Brasile, Italia e Spagna. Si è laureata in Teologia Biblica, conseguendo un dottorato nello stesso ambito presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.
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Il contenuto del presente articolo corrisponde alle conclusioni dell’opera: Las mujeres en el Evangelio según Lucas. Testigos y ministras de la Palabra, che sarà pubblicata prossimamente dalla stessa autrice.
La testimonianza e il ministero della Parola, esercitato tanto da uomini quanto da donne, è una realtà evidente nell’opera di Luca, che illumina la realtà attuale della nostra fede in Gesù Cristo.
Ho potuto sperimentare personalmente la ricchezza del ministero della Parola, tradotto in pratica da donne e uomini; è stata un’esperienza di grande forza per me, avvenuta circa 29 anni fa, quando ho conosciuto le missionarie della Fraternità Missionaria Verbum Dei e sono stata invitata da loro a partecipare ad alcuni esercizi spirituali silenziosi, gestiti da un sacerdote missionario e da due missionarie consacrate, che mi introdussero all’esperienza profonda dell’incontro con Dio attraverso la meditazione sulla sua Parola.
In questo affettuoso dialogo con la Parola, Dio mi chiamò a fare ciò vedevo fare a quelle persone: consacrare la mia vita ad annunciare la Parola di Dio in tutta la sua ricchezza, affinché tanti potessero sperimentare la pienezza della gioia che si prova attraverso il dialogo vivo con Lui e attraverso le Sacre Scritture. Quante prediche ho ascoltato! E quante ancora ne ho pronunciate io stessa! Mi sono lanciata in un’avventura che mi ha fatta entrare in contatto con persone di lingue, etnie, popoli e nazioni diverse, tutte accomunate dall’esperienza della forza della Parola di Dio, che trasforma radicalmente la vita delle persone e le pone in sintonia con la gioia del Vangelo. Mentre entravo sempre più a fondo in questo ambiente ecclesiale di evangelizzazione, sentivo crescere in me l’inquietudine e il desiderio di approfondire le mie conoscenze sui fondamenti biblici riguardanti il ministero della Parola, soprattutto per quanto riguardava i riferimenti al ministero della Parola messo in pratica dalle donne, un aspetto solitamente trascurato.
Le evidenze che appaiono nell’opera di Luca sottolineano la pari partecipazione di uomini e di donne, con eguale dignità, alla testimonianza e al ministero della Parola2 .
Come viviamo oggi ciò che sperimentarono le prime comunità cristiane?
La Chiesa sta gradualmente riconoscendo la gravità dell’aver estromesso le donne da molti ambiti che avrebbero richiesto e richiedono la loro presenza e azione3. Molte donne, che hanno potuto sperimentare l’efficacia salvifica della Parola di Dio nella propria vita e hanno trovato i mezzi per sviluppare le proprie abilità intellettuali, spirituali e decisionali, dedicano la propria vita a servire la Parola di Dio annunciandola, insegnandola, formando agenti pastorali, catechizzando, organizzando comunità evangelizzanti e molto altro ancora, consentendo così alla propria femminilità di apportare innumerevoli contributi positivi all’esercizio del ministero della Parola all’interno della Chiesa.
La Chiesa riconosce l’indispensabile apporto della donna nella società, con una sensibilità, un intuito e certe capacità peculiari che sono solitamente più proprie delle donne che
L’azione creativa e liberatrice della
Parola di Dio mostra la propria efficacia attraverso le parole e le opere di Gesù, che risolleva costantemente uomini e donne poveri, emarginati e oppressi, privati ingiustamente della propria dignità.
degli uomini. È il caso, per esempio, della speciale attenzione femminile verso gli altri, che si esprime in modo particolare, anche se non esclusivo, nella maternità. Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme ai sacerdoti, danno il loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi e offrono nuovi apporti alla riflessione teologica. Ma c’è ancora bisogno di ampliare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Perché «il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale; per tale motivo si deve garantire la presenza delle donne anche nell’ambito lavorativo» e nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella Chiesa come nelle strutture sociali.4
D’altra parte, l’esegesi attuale, sviluppata da una comunità di biblisti a cui sempre più donne stanno partecipando attivamente, sta sottolineando il ruolo della femminilità come parte della Rivelazione, fatto evidenziato e incluso nei Libri Canonici, ma che è stato tristemente ignorato nei secoli passati e ha profondamente danneggiato l’interpretazione teorica e pratica della Sacra Scrittura, con effetti negativi non solo per i membri femminili della Chiesa, a cui non è stato permesso di sviluppare appieno le proprie capacità nell’esperienza matura della propria fede, ma anche, come se non bastasse, per la comunità ecclesiale universale, che è stata privata di tutti i potenziali contributi delle donne. Le chiare evidenze contenute nell’opera di Luca, che mostrano le donne come testimoni e ministri della Parola, rivelano aspetti fondamentali che è necessario considerare per realizzare fedelmente la missione della Chiesa nel mondo attuale.
1. Le donne testimoni e ministre della Parola nel Vangelo secondo Luca Noi riconosciamo come le donne, nel Vangelo secondo Luca, vengano presentate come testimoni e ministri della Parola, fatto che getta alcune delle fondamenta riguardanti vari aspetti dell’annuncio della Parola, praticato dai Seguaci della Via (hodós), come si legge negli Atti degli Apostoli, realizzando la missione della proclamazione della Parola fino all’estremo confine della Terra.
Tutte le donne menzionate all’interno del Vangelo secondo Luca sono testimoni della Salvezza che Gesù gradualmente realizza: ascoltano la sua Parola, la mettono in pratica e la custodiscono, lo vedono, gli parlano, lo toccano, sperimentano le sue capacità salvifiche, ricevono il suo perdono, lo amano, lo servono, percepiscono la sua liberazione, sono riconosciute da lui con dignità, lo seguono, riconoscono i suoi miracoli, dei quali il più grande e importante è quello della resurrezione5. Alcune di loro arrivano anche a essere ministre6 della Parola, accompagnando Gesù nel proprio viaggio durante il ministero in Galilea e a Gerusalemme, essendo presenti al momento della sua passione, morte, sepoltura e resurrezione, venendo trasformate in perenni proclamatrici dell’annuncio della resurrezione, un annuncio che si estenderà fino ai confini della Terra, come mostra Luca negli Atti degli Apostoli.
Maria, madre di Gesù, è testimone fedele della sequenza di eventi che si succedono nella vita di Gesù, dal momento in cui ella accoglie la rhêma, la Parola-evento di Dio per la quale nulla è impossibile. Maria mette tutta la sua vita in funzione di questa Parola come serva del Signore, vive come ministra della Parola concependo (cf. Lc 1,26-38) e dando alla luce Gesù (cf. Lc 2,1-7), osservando e interpretando in chiave simbolica tutti gli avvenimenti della vita di suo figlio (cf. Lc 2,8-21; 41-52), ascoltando la sua Parola, mettendola in pratica (cf. Lc 8,19-21) e custodendola (cf. Lc 11,27-28), riconoscendo così la continuità delle promesse espresse fin dall’antichità al suo Popolo di Israele (cf. Lc 1,46-55), mantenute nella vita di Gesù, il figlio di Dio discendente di Davide e ampliate nella prima comunità cristiana in cui ella si trova (cf. Atti 1,12-14) come testimone, madre e ministra della Parola-evento di Dio che si promana nell’ascolto della preghiera e nella sua attuazione pratica.

Maria, madre di Gesù, insieme a Elisabetta e Anna, è testimone di come le promesse di Dio vengano mantenute in Gesù. Luca descrive queste donne come annunciatrici della speranza di redenzione, che vedono avverarsi nel bambino generato nel ventre di Maria. Elisabetta evidenzia caratteristiche tipiche dei profeti dell’Antico Testamento (cf. Lc 1,3945) e Anna è definita «profetessa» (cf. Lc 1,36-38); sono due donne che manifestano il ministero della profezia all’inizio dell’opera di Luca e, insieme a Zaccaria e Simeone, fanno parte della comunità di profeti presentata da Luca nella narrazione dell’infanzia di Gesù, come ponte tra la profezia dell’Antico e del Nuovo Testamento, che sottolinea l’inizio del compimento della profezia di Gioele sui figli e le figlie di Dio che profetizzeranno; questa profezia sarà poi proclamata da Pietro negli Atti 2,16-21, nel giorno di Pentecoste e, probabilmente, si trattava già di una realtà storica all’interno della comunità di Luca (cf. Atti 21,9).
Varie sono le donne di cui Luca parla come testimoni viventi dell’azione salvifica di Gesù durante il suo ministero in Galilea: la suocera di Simone guarita da Gesù dalla febbre (cf. Lc 4,38-39), la vedova di Nain, che ritrova suo figlio resuscitato da Gesù (cf. Lc 7,11-17), la donna peccatrice che viene perdonata da Gesù (cf. Lc 7,36-50), la donna che soffriva di emorragia guarita da Gesù e la figlia di Giàiro che viene resuscitata (cf. Lc 8,40-56).
Maria Maddalena, Giovanna la Mirofora, Susanna e molte altre donne ancora sono testimoni e ministre della Parola di Gesù predicatore, che annuncia il Regno di Dio in Galilea, in funzione del quale esse mettono tutti i loro beni (cf. Lc 8,1-3). Sono loro a formare la componente femminile della comunità itinerante di Gesù, della quale fanno parte insieme ai Dodici. Luca le pone in evidenza in un elenco ufficiale aperto, che include tre nomi propri e si trova in una breve relazione presente all’interno del racconto del ministero di Gesù in Galilea, come estremo iniziale dell’inclusione che trova il suo apice nel ministero di Gesù a Gerusalemme, all’interno della narrazione della resurrezione, nella quale Luca inserisce un altro elenco simile, ma caratterizzato da differenze che ne denotano alcuni significati specifici (cf. Lc 24,1-10). A partire dalla tradizione sinottica della narrazione della Passione (in cui troviamo elenchi simili, che fanno riferimento alla sequela di queste donne dalla Galilea e che le pongono come soggetto del verbo diakonéō cf. Mc 15,40-47; Mt 27,55-61), Luca definisce la propria narrazione, ampliando la presenza di queste donne e menzionandole già a partire dal ministero in Galilea.
Marta e sua sorella Maria sono testimoni che hanno conosciuto Gesù (cf. Lc 10,38-42) e rappresentano i fratelli e le sorelle che ascoltano la Parola di Dio e la traducono in pratica (cf. Atti 16,11-15). Luca mostra, in un episodio di vita fraterna, la diakonía o il ministero in forma di prolexis, trasmettendo così il significato fondamentale di ministerialità7 come identità propria della comunità dei discepoli del Signore Gesù, di cui egli è modello principale (cf. Lc 22,24-27).
Questa diakonía si sviluppa nella seconda parte dell’opera di Luca, che a essa fa riferimento per otto volte (cf. Atti 1,17:25; 6,1.4; 11,29; 12,25; 20,24; 21,19). Luca rappresenta nelle sorelle Marta e Maria, quasi come in un’epifania, i comportamenti necessari per poter vivere il ministero e le indicazioni del Signore sulla ministerialità, come essenza imprescindibile dell’identità cristiana. Filiazione e fraternità sono l’habitat propizio per l’esistenza di questa ministerialità. Luca 10,38-42 e Atti 6,1-6 sono due passaggi paralleli, collocati in parti diverse dell’opera, che trattano dell’importanza dell’ascolto della Parola come unica, autentica necessità che non è possibile abbandonare per dedicarsi alle altre necessità, di cui pure bisogna occuparsi per permettere al Regno di Dio di manifestarsi. La «Figlia di Abramo» è testimone della liberazione attuata dalla Parola e dell’azione di Gesù che le restituisce la propria dignità, rendendola degna delle lodi di Dio, a cui si unisce la moltitudine di coloro che scelgono di riconoscere e rallegrarsi per l’azione di Dio (cf. Lc 13,10-17). Nell’episodio della guarigione della donna curva nella sinagoga, avvenuta di sabato, Luca mostra la Parola di Salvezza di Gesù, che insegna a discernere responsabilmente l’ermeneutica adeguata alla volontà di Dio circa le opere che è consentito realizzare il sabato, sottolineando come il sabato sia il giorno adatto per liberarsi dalle pastoie di Satana e rigenerare la dignità dei membri del popolo di Dio. Gesù prosegue il suo ministero, predicando l’annuncio della Buona Novella del Regno di Dio e combattendo contro tutto ciò che ne impedisce la realizzazione, al fianco delle figlie e dei figli di Abramo (cf. Lc 19,1-10) che erano stati emarginati. Per questa donna, la Parola e l’azione di Gesù canalizzano la pienezza dell’azione creatrice di Dio, che si manifesta nel riposo sabbatico del settimo giorno e nella liberazione dalla schiavitù dell’Esodo di Israele.
La vedova povera è indicata da Gesù come modello e testimone, per i suoi discepoli, di dedizione superlativa, radicale e totale, conseguenza della sua fiducia assoluta in Yahveh alla maniera degli Anawim dell’Antico Testamento (cf. Lc 21,1-4). In questo passaggio, Luca mostra la connotazione assegnata ai poveri nella sua opera: coloro che donano tutto ciò che posseggono e lo condividono. Presenta il punto di vista di Gesù profeta sul tema della povertà, poiché è Gesù stesso a definire questa vedova come «povera», etichettandola come l’archetipo dei beati a cui appartiene il Regno di Dio (cf. Lc 6,21), del quale egli è l’umile sovrano. In Luca 21,3 troviamo l’ultimo caso di utilizzo del termine ptōchós nell’opera di Luca, nonché l’unico momento in cui l’autore utilizza questo termine al femminile e preceduto da articolo: hē ptōché. In sostanza, dopo aver descritto per tutto il Vangelo il significato dell’essere povero, che Gesù trasmette ai propri discepoli, Luca chiude il cerchio ponendo in evidenza «la povera» e, negli Atti degli Apostoli, mostra la vita di povertà nella prima comunità cristiana, formata dai discepoli poveri che condividono tutti i propri averi così da non lasciare nessuno in stato di necessità (cf. Atti 2,42-48; 4,3237).
È l’ideale di povertà della comunità cristiana che vive la comunione del cuore e dell’anima nella fede, concretizzandola chiaramente nella comunione dei beni materiali e mettendo in pratica quanto raccomandato dal Deuteronomio, 15,4: «Del resto, non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi; perché il Signore certo ti benedirà nel paese che il Signore tuo Dio ti dà in possesso ereditario».
Le «Figlie di Gerusalemme», ossia le donne che abitano questa città, personificata come una madre, sono testimoni dell’Alleanza che Gesù va rinnovando mentre sparge il proprio sangue durante il percorso verso il Calvario (cf. Lc 23,26-32) e che sarà concretizzata nel Regno di Dio (cf. Lc 22,14-18).
Queste donne ascoltano le Parole che Gesù rivolge loro, con l’interpretazione profetica degli eventi che il Padre pianifica nel suo progetto di Salvezza ed esortandole a trasformare correttamente il motivo del loro pianto: non perché egli è «albero verde» resusciterà dopo la morte, ma per loro e per i loro discendenti, che ancora devono affrontare molte vicissitudini. Tramite il riferimento all’immagine della gestazione e del parto, propria della fecondità femminile e presente in questo come in altri passaggi del suo Vangelo (cf. Lc 11,27-28; 21,23; 23,29), Luca presenta l’invito di Gesù, diretto a coloro che lo seguono, ad accogliere e custodire la Parola con tutto il proprio essere, così come lui sta facendo in quel momento.
Attraverso una vita interamente dedita, Gesù proclama che la gioia del ventre che genera e dei seni che allattano è inferiore solo a quella di ascoltare la Parola di Dio e custodirla (cf. Lc 11,27-28) e che è questa beatitudine a prevalere in lui durante la Passione e, per i suoi discepoli, durante le persecuzioni (cf. Lc 13,31-35; 19,41-44; 21,5-36; Atti 4,23-31; 8,1-13; 11,19-26; 13,44-52; 16,19-40; 17,10-15; 21,1-28,31).
Maria Maddalena e Giovanna sono ripetutamente presentate come testimoni e ministre della Parola, menzionate per la seconda volta all’interno di un elenco ufficiale che contiene i loro nomi, accanto a quello di Maria di Giacomo, e che si apre allo stesso modo ad altre donne, che sono insieme a loro testimoni e ministre della Parola, poiché hanno ascoltato Gesù quando predicava in Galilea (cf. Lc 24,6), da quel momento lo hanno seguito (cf. Lc 23,55), lo hanno visto morire a Gerusalemme (cf. Lc 23,49), hanno partecipato alla sua sepoltura (cf. Lc 23,55-56) e hanno ricevuto e trasmesso il messaggio di resurrezione, annunciandolo con costanza (cf. Lc 24,1-12). Luca le mostra nell’atto di primerear, prendere l’iniziativa8 della fede nella resurrezione all’inizio del processo comunitario (cf.
L’efficacia salvifica della Parola predicata da Gesù incide ugualmente sugli uomini e sulle donne che si vedono restituita da lui la propria dignità umana; questi uomini e queste donne diventano così i testimoni di Gesù e molti di loro assumono anche il ruolo di ministri e ministre dell’annunciazione della Parola.
Lc 24,1-53), proclamando la resurrezione agli Undici e agli altri membri della comunità. Sono queste donne a segnare il passaggio dalla fede nel sepolcro vuoto alla fede nella resurrezione, che sta trasformando la comunità di Luca. Il messaggio di resurrezione le trasforma in ministre della Parola, facendo loro annunciare continuamente ciò di cui sono state testimoni.
2. Un nuovo modello di ministerialità ecclesiale Senza dubbio, abbiamo constatato come l’opera di Luca abbondi di prove testuali a sostegno della partecipazione qualificata e variegata delle donne all’interno della prima comunità cristiana. Allo stesso modo, abbiamo compreso l’influenza della loro femminilità originale all’interno del modo in cui intendiamo le strategie con cui Dio continua a intervenire nella storia della Salvezza. Da ciò possiamo dedurre alcune basi importanti della Teologia dell’Annunciazione, presenti nel Vangelo.
La forma in cui viene mostrata l’incarnazione della Parola permette di comprendere l’importanza della capacità femminile di concepire e dare alla luce, rendendola modello del dinamismo che i discepoli di Gesù avrebbero dovuto imitare nell’ascoltare e mettere in pratica la Parola, trasformandosi così in terra feconda che genera frutti abbondanti, grazie alla diffusione della Parola stessa.
Il carattere profetico dei membri del Popolo di Dio viene messo in rilievo a partire dalla narrazione dell’infanzia, in cui si sottolineano chiaramente le azioni profetiche di donne e uomini in continuità con quelle dei profeti e delle profetesse che li hanno preceduti. La ministerialità, propria dei Seguaci della Via ed esercitata attraverso parole e opere secondo lo stile del Signore Gesù9 si evidenzia nei comportamenti sperimentati da due sorelle, che fungono da modello di apprendimento per l’integrazione del ministero della Parola e del ministero comunitario, che sono due aspetti fondamentali della ministerialità cristiana, sempre guidata dalla priorità della preghiera e del ministero della Parola, di cui i Dodici Apostoli sono garanti.
L’azione creativa e liberatrice della Parola di Dio mostra la propria efficacia attraverso le parole e le opere di Gesù, che risolleva costantemente uomini e donne poveri, emarginati e oppressi, privati ingiustamente della propria dignità.

La parola profetica di Gesù interpreta sempre gli avvenimenti della storia, comprese le sofferenze umane più crudeli, in tutto simili a quelle della sua Passione, riconoscendole come parte del progetto del Padre, che supera e va ben oltre le vicissitudini della storia. La capacità prettamente femminile della gestazione e dell’allattamento dei figli viene riconosciuta in modo sublime come una necessità fondamentale dei discepoli di Gesù, coinvolti con tutto il proprio essere nell’ascolto e nella tutela della Parola di Dio, che vanno a proclamare fino all’ultimo confine della Terra.
L’efficacia salvifica della Parola predicata da Gesù incide ugualmente sugli uomini e sulle donne che si vedono restituita da lui la propria dignità umana; questi uomini e queste donne diventano così i testimoni di Gesù e molti di loro assumono anche il ruolo di ministri e ministre dell’annunciazione della Parola.
Sulla base di quanto osservato, la prima comunità cristiana contava sulla partecipazione di uomini e donne impegnati nel ministero della Parola. Come si favorisce al giorno d’oggi l’esperienza di questa realtà mostrata dal Vangelo? La società in cui viviamo sta riconoscendo gradualmente l’importanza della partecipazione, tanto di uomini quanto di donne, all’interno di tutti gli ambiti dello sviluppo umano.
Se si osserva la società in generale e si fa riferimento agli anni ’60 del secolo scorso, quando le donne incominciarono a promuovere maggiormente la consapevolezza dell’importanza di vedere rispettata la propria dignità, si scoprirà come queste donne si resero gradualmente conto che la subordinazione sociale non era un fenomeno inevitabile, bensì un prodotto di processi sociali che non solo potevano essere esaminati e compresi, ma che era possibile contrastare e modificare10 .
Dopo circa mezzo secolo, nel corso del quale progetti molto concreti sono stati avviati per promuovere la partecipazione attiva delle donne nella società, possiamo già constatare il raggiungimento di alcuni risultati: donne impiegate in posti di lavoro importanti e coinvolte nella risoluzione delle problematiche scientifiche attuali, accanto a donne giornaliste, direttrici sanitarie di ospedali, imprese regionali, nazionali e transnazionali, governatrici di regioni e presidenti di Stati, e così via.
Anche all’interno della Chiesa, sebbene con evidenti ritardi, si sta cercando più seriamente di proseguire nel cammino avviato da Gesù di Nazareth, che passò su questa Terra compiendo il bene, tramite parole e opere, tanto a beneficio degli uomini quanto delle donne. Attualmente abbiamo molte donne che operano come agenti della pastorale profetica, ma anche come teologhe, docenti di Teologia, presidentesse di Famiglie Ecclesiali Internazionali11, consulenti di Congregazioni12, Dicasteri e Consigli Pontifici, segretarie e membri di Commissioni Pontificie, segretarie di Dicasteri13 e Consigli14, membri dei Dicasteri per i Vescovi15, e molto altro.
Se il cristianesimo è diffuso da almeno venti secoli, durante i quali la quasi interezza della società mondiale si è adattata comodamente a un certo modus operandi, all’interno del quale non vi era spazio per il contributo delle donne, risulta comprensibile come, dopo mezzo secolo di risveglio delle coscienze circa l’importanza del pieno sviluppo del potenziale femminile e dell’imprescindibilità della collaborazione delle donne, solo di recente si stiano iniziando a vedere i risultati di questi sforzi.
Elizabeth Schüssler Fiorenza, nell’introduzione al suo volume, pubblicato nel 2014, sull’esegesi femminista durante il XX secolo, descrive la nostra situazione come un cambiamento di paradigma e una trasformazione rinnovatrice16. Basti pensare che, di fatto, si tratta di progettare e realizzare un modello nuovo, basato sui principi di comunione e corresponsabilità, caratteristici del Vangelo, che si indirizzano parimenti a uomini e a donne. Inoltre, alla resa dei conti, l’esegesi ha molto a che vedere con questo rinnovamento, avendo influenzato le modalità in cui la Chiesa e la cultura si sono configurate nel tempo.
La figura di Maria di Nazareth, madre di Gesù, è stata ripetutamente presentata come archetipo della donna credente, servizievole e silenziosa, virtù che certamente la caratterizzano; senza dubbio, però, il Vangelo secondo Luca riconosce in lei altre virtù, come quella della profezia, che ella ha esercitato insieme a Elisabetta e Anna, e questo le mostra attivamente coinvolte nella trasformazione della società della loro epoca, impegnate a prendere iniziative che al tempo furono rivoluzionarie, come il fatto il proclamare, con la loro vita e le loro parole, la trasformazione dell’ordine sociale riconosciuto, a opera della forza della misericordia di Dio, incarnata in Gesù di Nazareth.
Se nelle devozioni mariane di tradizione popolare e nelle predicazioni relative a Maria, la madre di Gesù, si desse sempre maggiore risalto al suo coinvolgimento attivo ed efficace, così come evidenziato all’interno del Vangelo, sicuramente si svilupperebbe una pratica di fede molto più incisiva nella società, da parte dei credenti, nonché uno sviluppo e attuazione di abilità molto più efficienti per la trasformazione delle strutture sociali esistenti.
La partecipazione dei membri del popolo di Dio al carattere profetico di Gesù risulta ancora sconosciuta all’interno del vissuto della maggior parte dei cristiani. Sebbene ne trattino molti documenti conciliari, nella pratica è ancora ignorata da molti. A causa di questa ignoranza, la presenza dei cristiani all’interno di sfere sociali importanti è assai poco significativa, dal momento che, non esercitando il suddetto carattere profetico, la loro partecipazione al processo di evangelizzazione delle strutture sociali si riduce al minimo o, addirittura, è confinata all’esercizio esclusivo di pratiche di fede nell’ambito del culto. L’opera di Luca mostra apertamente la partecipazione di donne e uomini al ministero della profezia ed è questa che deve illuminare la pratica cristiana nei settori attuali della nostra società.
Con quanta creatività è possibile contribuire evangelicamente ai programmi educativi attualmente in via di sviluppo! Lo stesso vale per i progetti politici, che possono favorire autenticamente la dignità dell’essere umano così come riconosciuta dal Vangelo, che comprende allo stesso modo la sfera della fisicità e quella della spiritualità e della trascendenza. Anche l’economia ha bisogno di essere guidata dai parametri del Vangelo, proclamati dai discepoli del Signore Gesù e questo dovrà essere fatto attraverso proposte intelligenti, basate sui principi di solidarietà e ricerca del bene comune a beneficio della collettività. In definitiva, il riconoscimento della missione profetica di ciascun discepolo di Gesù potrebbe concretizzarsi in molti miglioramenti pratici, che andrebbero a rendere decisamente più umano il nostro mondo attuale.
Per quanto concerne le donne, all’interno dell’immaginario religioso si è posta moltissima attenzione sulle caratteristiche negative di varie donne che compaiono all’interno del Vangelo, poiché nei commentari scritti e nelle predicazioni orali era consuetudine menzionare le donne solo per metterne in evidenza le mancanze, senza alcun riferimento alle loro potenzialità: Anna viene identificata molto più come un’anziana vedova, che come una profetessa; Elisabetta è considerata prevalentemente come un’anziana sterile, più che come madre del precursore di Cristo; Maria Maddalena è vista come posseduta da sette demoni (anche da prostituta!) e non come una donna integralmente salvata da Gesù; la figlia di Abramo è vista come una donna curva e non come donna liberata da Gesù nel giorno del sabato; la vedova del tempio è vista come povera, più che come donna generosa e modello della fiducia in Dio; le figlie di Gerusalemme sono considerate «piagnucolone», più che testimoni della Nuova Alleanza di Dio con il suo popolo; le donne testimoni della passione, della morte e della resurrezione di Gesù sono viste come «sciocche», più che come ministre della Parola; in definitiva, pensiamo a come tutto questo non sia altro che un riflesso delle proiezioni negative che per secoli hanno adombrato le capacità delle donne all’interno della società e della Chiesa, manifestandosi persino nel linguaggio con il quale esse sono menzionate in quelle occasioni pubbliche in cui si trasmette la fede.
La nostra speranza è che, a poco a poco, possiamo evolverci in una nuova interpretazione e in un nuovo linguaggio.
Si potranno per esempio abbandonare interpretazioni come quelle che sono state assegnate al verbo diakonéō e che, ogni qualvolta questo verbo si riferisce alle donne del Vangelo, lo portano ad assumere sfumature di significato legate al servizio domestico e che hanno generato una mentalità sottomessa in tante donne di buona volontà, che desideravano consacrare la propria vita al Signore e che hanno finito per vedersi assegnare questo ruolo come unica alternativa possibile alla santità.
Inoltre, nella maggior parte delle interpretazioni relative ai versetti 8, 1-3 di Luca, si dà per scontato che i destinatari del servizio delle donne siano Gesù e i Dodici, giustificando così a livello istituzionale i ruoli subordinati delle donne rispetto agli uomini. Senza dubbio, analizzando con maggiore attenzione questo passaggio, possiamo riconoscere come le donne compiano il proprio ministero in funzione di Gesù, è lui il destinatario delle loro azioni. Le donne aiutano Gesù mentre predica e annuncia il Regno di Dio e questa azione viene realizzata da loro insieme ai Dodici, essendo tutti membri dello stesso gruppo “itinerante”, che segue Gesù con pari dignità, come ministri e ministre della Parola. Attenzione: parliamo qui di pari dignità, come ministri e ministre della Parola, niente più niente meno, poiché è questo che vediamo riflesso nella comunità originale che Luca ci mostra nel Vangelo ed è questo il fatto più sorprendente! All’interno del Vangelo si vede riflessa la pari dignità dei discepoli e delle discepole di Gesù, di uomini e di donne: non c’è spazio per rivendicazioni da parte dell’uno o dell’altro sesso. I versetti 24,1-12 del Vangelo di Luca sono un passaggio che è stato spesso considerato sfavorevole nei confronti delle donne, poiché, secondo l’interpretazione predominante, gli Undici considererebbero sciocche le parole con le quali viene annunciata la resurrezione.
Senza dubbio, andando a fondo nel significato di questo passaggio, possiamo riconoscere come venga collocato all’interno della prima parte del trittico, presentato nel 24° capitolo del Vangelo, che mostra il dinamismo della comunità dei discepoli di Gesù, che gradualmente assimilano la realtà della resurrezione, mentre sono alcune donne le prime a credere e annunciare questa notizia, trasmettendo il messaggio agli uomini, che ebbero invece bisogno di tempo per comprenderlo gradualmente, fino a riconoscere, tutti insieme, Gesù Risorto all’interno dell’intera comunità a cui partecipano gli uomini e le donne che credono in Lui. Non si tratta qui né di maschilismo né di femminismo, ma di una comunità cristiana in cui tutti siamo uniti in Cristo per far arrivare la Parola di Dio fino all’ultimo confine della Terra, esercitando la diversità all’interno dei ministeri, assumendo ruoli diversi senza che il criterio obbligato di queste distinzioni debba essere l’appartenenza al genere maschile o femminile. Si tratta, invece, di una ministerialità sinodale.
Ritengo che quello in cui viviamo ora sia un buon momento per continuare a sviluppare elaborazioni teologiche più fedeli al Vangelo, che pongano in evidenza la partecipazione efficiente di donne e uomini all’evoluzione della comunità cristiana.
La partecipazione delle donne al ministero della Parola, riflessa nel Vangelo secondo Luca, illumina il cammino del nostro modus operandi attuale in quanto Chiesa. Di fatto, in termini pratici, molte donne già compiono il proprio ministero della Parola, collaborando alla soddisfazione delle necessità pastorali emergenti che sono andate sviluppandosi nel corso della storia. Riteniamo che sarebbe di enorme beneficio per la Chiesa e per la società attuale che si permettesse alle donne, debitamente formate allo scopo, di partecipare maggiormente al ministero della Parola a livello pubblico e ufficiale all’interno della Chiesa, poiché il loro modo di interpretare la realtà e di intendere la Parola di Dio arricchirebbe il punto di vista maschile che tanto si è diffuso nelle sfere pubbliche più rilevanti all’interno della Chiesa.
1 Il contenuto del presente articolo corrisponde alle conclusioni dell’opera: Las mujeres en el Evangelio según Lucas. Testigos y ministras de la Palabra, che sarà pubblicata prossimamente dalla stessa autrice.
2 «All’interno della vasta tradizione del Nuovo Testamento, è possibile riconoscere la presenza attiva dei battezzati che esercitarono il ministero della trasmissione in modo più organico, stabile e vincolato alle diverse circostanze di vita e alla dottrina degli apostoli e degli evangelisti (cf. Conc. Ecum. Vat. II, Const. dogm. Dei Verbum, 8). La Chiesa ha voluto riconoscere questo servizio come espressione concreta del carisma personale, che ha molto favorito l’esercizio della propria missione evangelizzante. Uno sguardo allá vita delle prime comunità cristiane, che si impegnarono alla diffusione e allo sviluppo del Vangelo, spinge ancor’oggi la Chiesa a comprendere quali potrebbero essere le nuove espressioni con cui continuare a essere fedele alla Parola del Signore, per far giungere il proprio Vangelo a tutte le creature». Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Antiquum Ministerium, Con la quale si istituisce il ministero di catechista, Città del Vaticano 2021, 2.
3 Cf. Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Spiritus Domini. Sulla modifica del Canone 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico circa l’accesso delle persone di sesso femminile al ministero istituito del Lettorato e dell’Accolitato, Città del Vaticano 2021.
4 Esortazione apostolica ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, Evangelii Gaudium, Città del Vaticano 2013, 103.
5 S. Pellegrini («Donne senza nome nei Vangeli Canonici» en M. Navarro Puerto – M. PerroNi, ed., I Vangeli. Narrazioni e storia, Trapani 2012, 414. 424) analizza le figure delle donne senza nome presenti nei Vangeli Canonici e sottolinea che il loro carattere positivo nei confronti di Gesù costituisce il comune denominatore della sua funzione narrativa. In accordo con quanto studiato sulle donne all’interno del Vangelo di Luca, riconosciamo che anche questo può essere considerato un comune denominatore dei suoi personaggi femminili, che compaiano con il proprio nome o siano anonimi.
6 Ministre con il significato biblico presente nell’opera di Luca, che si riferisce all’essere intermediarie, realizzare un compito, essere inviate a nome dell’altro a compiere una missione, servire. Non utilizziamo questo termine con la connotazione tecnica che è andato acquisendo nella tradizione ecclesiastica successiva ai Libri del Nuovo Testamento.
7 «Fin dai suoi inizi la comunità cristiana ha sperimentato una diffusa forma di ministerialità che si è resa concreta nel servizio di uomini e donne i quali, obbedienti all’azione dello Spirito Santo, hanno dedicato la loro vita per l’edificazione della Chiesa. I carismi che lo Spirito non ha mai cessato di effondere sui battezzati, trovarono in alcuni momenti una forma visibile e tangibile di servizio diretto alla comunità cristiana nelle sue molteplici espressioni, tanto da essere riconosciuto come una diaconia indispensabile per la comunità.».
Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Antiquum Ministerium. Con la quale si istituisce il ministero di catechista, Città del Vaticano 2021, 2.
8 Utilizziamo il neologismo inventato da papa Francesco, riferendosi alla missione dei cristiani nel paragrafo 24 dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium.
9 Cf. M. Grilli, Una sfida per la Chiesa, Milano 2022, 62. En este libro, el autor hace ver que a la luz de la obra de Lucas el camino de la Iglesia (sínodo) tiene como única referencia el camino de Jesús.
10 Cf. J. Plaskow, «Movimento e inizio della ricerca», en e schüssler FioreNza, ed., Feminist Biblical Studies in the Twentieth Century. Scholarship and Movement, Atlanta 2014, 31.
11 La Fraternità Missionaria Verbum Dei, che ha ricevuto l’approvazione pontificia il 15 aprile del 2020, alterna ogni sei anni alla sua presidenza un uomo o una donna. La prima donna presidentessa è stata Isabel María Fornari Carbonell (2000-2006), mentre la seconda è stata Lucía Aurora Herrerías Guerra (2012-2018).
12 Nuria Calduch-Benages, nominata consulente della Congregazione per la Dottrina della Fede il 29 ottobre 2021 e già precedentemente nominata segretaria della Pontificia Commissione Biblica il 9 marzo 2021.
13 Il 23 aprile 2022, Alessandra Smerilli è stata nominata segretario ad interim del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale.
14 Charlotte Kreuter-Kirchhof, numero due del Consiglio per l’Economia Vaticano, ha ottenuto la sua carica il 6 agosto 2020.
15 Raffaella Petrini, F.S.E., segretaria generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, insieme a Yvonne Reungoat, F.M.A., superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice e Maria Lia Zervino, presidentessa dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, sono state nominate membri del Dicastero per i Vescovi il 13 luglio 2022.
16 Cf. e schüssler FioreNza, ed., Feminist Biblical Studies in the Twentieth Century. Scolarship and Movement, Atlanta 2014.