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L’INCARNAZIONE PROFONDA COME CHIAMATA

RADICALE: ECOLOGIA, VITA CONSACRATA E AMORE

Il testo è stato presentato al primo Simposio delle Religiose Teologhe, organizzato a Roma dalla UISG, dal 12 al 19 giugno 2022.

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Introduzione

Alla luce delle due crisi globali che stiamo vivendo ora, quella dei cambiamenti climatici e del COVID-19, le grida della Terra e dei poveri della Terra non sono mai state così urgenti. In Australia, gli incendi boschivi della primavera e dell’estate 2019/2020, preceduti da una prolungata siccità, seguiti da inondazioni e dalla pandemia mondiale, da ulteriori inondazioni diffuse, da altri incendi e ora da una piaga di topi, ci hanno fatto sentire in modo viscerale la sofferenza della Terra e dei suoi abitanti. 1 Come religiose, in questi tempi, l’azione giusta, l’amore tenero e il cammino umile con la comunità della Terra che soffre potrebbero essere considerati un’autentica espressione dei consigli evangelici e una risposta al dono di Dio della vita e dell’amore.

Accompagnati da una teologia dell’incarnazione profonda e da una forte consapevolezza del fatto che siamo immersi nella comunità delle relazioni ecologiche del creato, con questo elaborato vogliamo esplorare l’invito a nuovi modi di vivere, amare e rispondere agli incontri di grazia con la Terra sofferente e i suoi abitanti. Questa chiamata radicale ci costringe ad ampliare l’orizzonte delle nostre relazioni, ad accogliere la vita umana e non umana come dono e a rispondere con generosità e coraggio alle sfide che ci si presentano.

Contesto australiano

L’Australia è un paese dal clima prevalentemente caldo e secco. Ci sono però vaste aree verdeggianti, abitate da una prolifica varietà di fauna esotica e da magnifiche piante e alberi. In circostanze normali, queste aree sono bellissime e in grado di supportare molto bene la vita umana e non. Questo è un ambiente straordinario dove vivere come Suora della Misericordia nel XXI secolo. Purtroppo, a volte questa esperienza di bellezza e di vita produttiva viene colpita da incendi e inondazioni, il che fa parte della sequenza naturale della rigenerazione ed è una circostanza che gli australiani si aspettano. Tuttavia, nessuno poteva immaginare gli ultimi incendi boschivi estremi che hanno colpito l’Australia, denominati “The Black Summer”, né per estensione dell’area coinvolta nell’incendio né per intensità degli incendi stessi e la durata di otto mesi della stagione degli incendi. Scrive Andrew Sullivan “Ritrovarsi nel bel mezzo di in un incendio boschivo è come vivere l’inferno sulla terra: temperature così da alte da fondere il metallo, flussi di calore che vaporizzano letteralmente la vegetazione e pennacchi di fumo così densi che il giorno diventa notte” (Sullivan 2015). “Nel marzo 2020, gli incendi della Black Summer hanno bruciato quasi 19 milioni di ettari, distrutto oltre 3.000 case e ucciso 33 persone” (Filkov et al. 2020, 44). Nel Queensland, su una costa tipicamente tropicale, le foreste pluviali, che sono solitamente troppo umide per bruciare, sono state devastate dagli incendi. Le aree metropolitane non direttamente colpite dagli incendi sono state ricoperte per mesi da aria piena di fumo. Stiamo iniziando a capire solo ora gli effetti a lungo termine di questi livelli nocivi di inquinamento atmosferico, non solo sulla specie umana. La Commissione reale australiana sugli incendi della “Black Summer” riferisce che altre 445 persone sono morte a causa del fumo degli incendi della “Black Summer”, che ha colpito l’80% della popolazione. (Hitch 2020).

Che cosa ha causato gli incendi? L’Australia ha vissuto gli anni più secchi e caldi prima dell’evento, che hanno portato ai più alti livelli di evaporazione mai registrati, creando una prolungata e diffusa siccità. La sicurezza idrica è stato un problema reale in zone dove non lo era mai stato in passato, con molte comunità che hanno dovuto importare acqua potabile. Gli scienziati parlano di un “meteo da incendi” che differisce in modo significativo nei parametri dal meteo usuale. L’Australia ha registrato un aumento senza precedenti di condizioni meteorologiche favorevoli agli incendi che gli scienziati attribuiscono ai cambiamenti climatici. (CSIRO 2020). La perdita di vite umane e di mezzi di sussistenza, di infrastrutture comunitarie e di senso di appartenenza continua a essere avvertita dalle persone colpite.

Possiamo immedesimarci tutti con la sofferenza e la perdita umana, ma che cosa dire delle creature diverse dall’uomo, la flora e la fauna, gli ecosistemi e l’ambiente? Secondo una stima prudente, oltre un miliardo di animali sono morti negli incendi della “Black Summer” (Dickman e Tein 2020) e l’aumento del rischio di estinzione per centinaia di specie è un problema reale. (Filkov et al. 2020). Inoltre, interi habitat sono stati distrutti dall’intensità degli incendi, con una rigenerazione minima fino a otto mesi dopo l’evento, quando il calore generato era più che estremo. È stato straziante vedere nei notiziari e nei media immagini della compassione dell’uomo verso queste povere creature. I vigili del fuoco raccontano di come abbiano sentito le urla degli animali mentre tentavano di contenere gli incendi, urla che ancora li tormentano. La riabilitazione degli animali feriti continua ancora dopo diciotto mesi.

In concomitanza con la fine della stagione degli incendi della “Black Summer” c’è stato il tentativo di comprendere l’attuale pandemia mondiale di COVID-19, la sua origine, la natura e gli effetti. In termini relativi, l’esperienza australiana diventa insignificante rispetto alla situazione di altri paesi. Oltre alla sofferenza generata dalla perdita di vite umane e agli effetti a lungo termine del Covid-19, la recessione economica e la perdita di fonti di sostentamento toccano molte più persone a causa delle chiusure e delle restrizioni—una recessione economica in molte comunità australiane già colpite dagli incendi della “Black Summer” e da altri eventi devastanti dal punto di vista ecologico.

Celia Deane-Drummond spiega che la causa di fondo della crisi climatica, del COVID-19 e di patologie analoghe trasmesse da specie animali, è lo sfruttamento umano delle risorse naturali e delle altre creature per soddisfare i desideri umani, desideri che sono ecologicamente insostenibili per tutta la comunità del creato. (Deane-Drummond 2020).

Creano uno squilibrio nei delicati ecosistemi in cui viviamo, incidendo sulla biodiversità necessaria per la salute di aria, suolo, piante, animali e persone. Pertanto, il modo in cui scegliamo di vivere come esseri umani ha un enorme impatto sulla capacità di esistere di tutta la creazione.

Riflessione teologica

Per aiutarci a riflettere su queste problematiche, Papa Francesco afferma in Laudato Si’(di seguito LS) che: Come parte dell’universo, […] noi tutti […] siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile… “Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione (LS 215).

Grazie a una “comunione sublime”, generata nella relazione trinitaria di amore condiviso con tutte le creature, gli elementi della vita e gli ecosistemi dell’universo, Papa Francesco ritiene che “siamo tutti uniti da legami invisibili” di amore. In precedenza in LS, egli spiega come questa unione sia il risultato dell’Incarnazione: “Una Persona della Trinità si è inserita nel cosmo creato, condividendone il destino fino alla croce” (LS 99). Per Francesco, l’Incarnazione di Cristo stabilisce una connessione relazionale con tutto il creato che è così intima da inserire dal punto di vista relazionale Dio all’interno di ciò che Dio ha creato. All’interno del materiale microcellulare dell’universo, l’incarnazione profonda di Dio unisce tutto il creato a Dio in una comunione sublime.

Se noi, come religiose, aspiriamo a essere in comunione con Dio, riusciamo ad accettare e promuovere la comunione con tutto il creato? Francesco riconosce che quando il nostro abbraccio è realmente ampio e profondo, iniziamo a sentire il dolore e la sofferenza di tutta la creazione, l’intera comunità della Terra, all’interno del nostro stesso essere. La chiamata è quella a espandere la nostra comprensione della comunione con Dio, l’Incarnazione di Cristo e le nostre relazioni come consacrate, per abbracciare questa comunione globale e permetterci di sentire compassionevolmente il dolore e la sofferenza della Terra e dei poveri della Terra e cercare risposte appropriate ed efficaci. Contemplare una teologia dell’incarnazione profonda può aiutare la nostra riflessione come religiose e la chiamata radicale di impegno a cui siamo invitate.

Incarnazione profonda

Il concetto di “incarnazione profonda” è un termine elaborato per la prima volta da Niels Gregersen, che propone una riflessione sul dolore e sulla sofferenza nella vita dell’uomo e delle creature in questo mondo e sul significato che la croce di Cristo porta ai costi dell’evoluzione. (Gregersen 2001). Da allora poi gli eco-teologi hanno iniziato ad approfondire questo concetto. Denis Edwards afferma che: “In una teologia di incarnazione così profonda, si intende Dio come se diventasse per sempre un Dio di carne e materia... Il Verbo si fa carne e la materia e la carne sono irrevocabilmente portate a Dio e radicate per sempre nella vita della Trinità divina”. (Edwards 2018, 68). Una teologia dell’incarnazione profonda non riguarda solamente l’evento della nascita di Gesù in questo mondo e la sua salvezza dell’umanità. Essa comprende l’intero mistero pasquale—la nascita, la vita, la morte, la risurrezione e l’ascensione—del Verbo, il Logos—Dio che si fa carne attraverso l’azione dello Spirito e l’esperienza di vita di Dio come membro umano della comunità del creato. Elizabeth Johnson afferma: “La carne che il Verbo di Dio è diventato come essere umano fa parte del vasto corpo del cosmo” (Johnson 2014, 196). Secondo Johnson e altri, l’incarnazione profonda amplia il ben noto insegnamento della Chiesa sull’Incarnazione fino a includere tutta la carne. Afferma che: “La carne assunta in Gesù Cristo si collega a tutta l’umanità e a tutta la vita biologica, a tutto il suolo, all’intera matrice dell’universo materiale fino alle sue stesse radici”. (Johnson 2014, 196).

Nel sottolineare il valore intrinseco di tutti gli elementi della creazione, Francesco considera tutto l’universo, compresi gli esseri umani, come in cammino verso Dio, in una già presente sperimentazione della pienezza di Dio grazie a Cristo risorto, che “abbraccia e illumina tutto” (LS 83). Egli afferma che “lo scopo finale delle altre creature non siamo noi” (LS 83). Esse hanno il loro valore e scopo specifico in Cristo. Edwards riassume questa visione di valore intrinseco in LS, affermando: “Dio tiene con sé ogni creatura nell’amore; Dio è presente interiormente a ciascuna di esse; e ciascuna di esse deve partecipare con gli esseri umani alla trasformazione finale di tutte le cose da parte di Dio” (Edwards 2019, 128).

Nel suo ultimo libro, Edwards riflette sul lavoro di diversi teologi relativo alla risposta teologica alla crisi ecologica. Una citazione in particolare risuona con la sofferenza che ho delineato in relazione alla realtà australiana; facendo riferimento a Christopher Southgate (Southgate 2014), afferma Edwards: “Non solo la creatura non è sola nei momenti di sofferenza, ma anche la creatura, ‘in qualsivoglia senso, sa questo e che questa consapevolezza fa la differenza.” (Edwards 2019, 15). Johnson fa eco a questa fiducia affermando che la certezza che Dio accompagni la creatura sofferente “è una delle cose più significative che la teologia possa dire. Apparentemente assente, Colui che dona la vita è silenziosamente presente con tutte le creature nel loro dolore e morte. Rimangono connessi al Dio vivente nonostante ciò che sta accadendo; in realtà, nel profondo di ciò che sta accadendo.” (Johnson 2014, 206). Johnson suggerisce che una teologia dell’incarnazione profonda debba includere una teologia della “risurrezione profonda” perché la promessa di Dio non finisce con la croce. (Johnson 2014, 207).

L’Incarnazione di Cristo stabilisce una connessione relazionale con tutto il creato che è così intima da inserire dal punto di vista relazionale Dio all’interno di ciò che Dio ha creato. All’interno del materiale microcellulare dell’universo, l’incarnazione profonda di Dio unisce tutto il creato a Dio in una comunione sublime.

Per chi tra di noi in Australia ha dovuto sopportare la prolungata siccità, gli incendi della “Black Summer” e gli effetti della pandemia COVID-19, sapere che Dio accompagna chi soffre con la promessa della resurrezione fa la differenza.

Una chiamata radicale alle religiose attraverso i voti Propongo che l’incarnazione profonda, così intesa, offra un invito alle religiose ad aumentare la capacità di amare per rispecchiare quella di Dio—un amore che accolga tutta la comunità della Terra. Il contesto di questo invito è, credo, contenuto nei consigli evangelici, nei voti che facciamo.

Lumen Gentium (Concilio Vaticano II, 1964) (di seguito LG) cita i consigli evangelici come “castità consacrata a Dio, della povertà e dell’obbedienza… I consigli sono un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal [suo Signore] e con la sua grazia [di Dio] sempre conserva.” (LG 43) I consigli evangelici sono considerati voti interpretati con la guida dello Spirito Santo (LG 43-44). A partire dal Concilio Vaticano II, i religiosi hanno continuato a interpretare questi tre voti in base al contesto.

L’arrivo del nuovo millennio ha visto la pubblicazione delle riflessioni sulla vita religiosa di Sandra Schneiders, IHM e Barbara Fiand SNDdeN. Fiand mette in questione la comprensione del significato di “consacrarsi con dei voti” presentando un nuovo paradigma che abbandona la concezione dualistica che ci limita a ciò che dobbiamo o non dobbiamo fare. Afferma che questo nuovo paradigma “ci invita a riflettere su chi siamo e come siamo consacrati. Si chiede cosa significhi consacrarsi con dei voti, essere consacrati. Sottolinea come la vita consacrata sia un modo di essere—una disposizione lasciando la dimensione della prescrizione o del divieto su un piano secondario” (Fiand 2001, 55). Queste domande rimangono rilevanti vent’anni dopo, perché ne ampliamo il contesto di riferimento per includere tutto il creato. In che modo questo nuovo contesto cambia il modo con cui concepiamo i tre consigli evangelici?

L’approfondimento di Schneiders sul voto di castità propone l’espressione “celibato consacrato” come una più valida alternativa per molte ragioni. Afferma: “Un voto di amore universale e/o inclusivo o un voto per la relazione sembrerebbe di maggiore ispirazione”. (Schneiders 2001, 119). L’autrice sostiene che il celibato consacrato sia il voto definitivo, quello che definisce la scelta di vita e l’impegno per la relazione con Dio che “è un carisma non dato a tutti” (Schneiders 2001, 126). E spiega che “la caratteristica costitutiva della vita religiosa, non come cristiani ma come religiosi, è l’impegno dei religiosi verso Gesù Cristo nel celibato consacrato per tutta la vita.” (Schneiders 2000, 125). L’attenzione alla relazione d’amore con Cristo riguarda il “per” del voto piuttosto che le rinunce che questo comporta. Afferma: “Il celibato consacrato... riguarda... chi e come si sceglie di amare.” (Schneiders 2001, 127). Alla luce della teologia dell’incarnazione profonda, vivere questo voto apre il nostro orizzonte d’amore per Gesù Cristo, in Dio, fino a racchiudere l’intera comunità della Terra e interpella ogni aspetto del nostro modo di vivere e amare che scegliamo.

Quanto al voto di povertà, secondo Schneiders non avere una casa per Dio e la Chiesa in questa vita (LG 44) pone qualche difficoltà in termini ecologici. Afferma “chi pensa di essere solo ‘di passaggio’ in un luogo non se ne sente responsabile, arriva perfino a disprezzarlo o come minimo a trattarlo come una semplice merce (Schneiders 2001, 266). Anche se ritiene che i religiosi abbiano talvolta percorso questa strada, le “regole per gli ordini religiosi hanno sempre incoraggiato la frugalità e il rispetto nell’utilizzo dei beni materiali, l’attenta custodia delle risorse, la condivisione comunitaria e il rispetto per la creazione come manifestazione e dono di Dio” (Schneiders 2001, 267). Afferma che le religiose hanno vissuto una coscienza ecologica, guidando la Chiesa in una sensibilità ecologica. Questa leadership è vera ancora oggi. Spostare l’attenzione dalla prospettiva antropocentrica alla povertà vissuta mette in luce il valore intrinseco delle creature non solo umane, ecosistemi e habitat. Allargare l’orizzonte della nostra povertà a tutta la comunità della Terra, alla luce della teologia dell’incarnazione profonda, è un lieve ma significativo cambiamento.

“Fedeltà Creativa” è il titolo che Fiand dà al suo capitolo sul voto di obbedienza (Fiand 2001). Sottolinea la visione di Schneiders dell’obbedienza religiosa come di un “impegno volto alla ricerca della volontà di Dio… e al suo compimento con completa dedizione… per estendere il regno di Dio in questo mondo” (Schneiders 1986, 140). La fedeltà creativa consiste nell’ascoltare lo Spirito, sia come singolo sia come comunità, circa i timori e le questioni che Dio vuole rivelare. Quanto alla chiamata di incarnazione profonda, si tratta di ascoltare i poveri sofferenti della Terra e di rispondere con obbedienza alla chiamata di Cristo. Vivere una teologia dell’incarnazione profonda ci invita a vivere i consigli evangelici attraverso un’azione giusta, un amore tenero e una vita umile (Michea 6:8) che riflettono la nostra consapevolezza dell’interconnessione e dell’interdipendenza di tutta la vita e la crisi ecologica e la speranza che l’essere persone di risurrezione può portare. Dire azione giusta significa dire apertura ad ascoltare le grida della Terra e, in uno spirito di obbedienza, dare una risposta appropriata. Sperimentare Dio in tutte le cose comporta “un’esperienza sentita” della sofferenza della Terra, che è centrale per “amare teneramente” o “amare la misericordia”. Amare teneramente è un modo di esprimere il voto di castità o di celibato consacrato. Queste esperienze ci ricordano la nostra umile esistenza e ci richiamano a valutare la nostra vita quotidiana e i nostri stili di vita in uno spirito di povertà.

Nella sua spiegazione sul processo di incarnazione profonda, Johnson afferma che “l’enorme slittamento dalla forma divina alla forma umana sul crocifisso traccia un arco di umiltà divina… la capacità di svuotare se stesso, limitare se stesso, offrire se stesso, vulnerabile, fare dono di sé, in una parola, Amore creativo in azione. (Johnson 2014, 202). Pertanto, vivere umilmente, in un’epoca di coscienza ecologica, per noi religiose significa seguire l’esempio di Gesù come inteso nella teologia dell’incarnazione profonda, per svuotarci di noi stessi, limitarci, offrire noi stessi, vulnerabili e facendo dono di noi stessi in relazione a tutta la comunità del creato, non meramente in relazione alla nostra esistenza umana.

Mi domando quale risposta potrebbe avere la fondatrice delle Suore della Misericordia, Catherine McAuley, in questi tempi difficili mentre approfondiamo il nostro carisma di misericordia per oggi. Il suo esempio di amore tenero per i poveri di Dublino esprimeva la vera povertà di spirito, l’umiltà e l’obbedienza a Dio attraverso l’azione pratica. Il modo in cui scegliamo di vivere la nostra vita ordinaria dà testimonianza di una vita giusta, amorevole e umile? Accettando, in vera umiltà, l’amore che Dio ci dona, possiamo accogliere tutto quello che possiamo fare per vivere uno spirito di profonda incarnazione in ogni aspetto della nostra vita di religiose. Questa chiamata biblica del profeta Michea si adegua di più a un abbraccio esteso ai poveri sofferenti della Terra, racchiudendo tutto il creato come espressione dei voti perpetui che abbiamo fatto.

Implicazioni pratiche

Questa chiamata a vivere le nostre vite nello spirito dell’incarnazione profonda è radicale perché riguarda essenzialmente come comprendiamo l’Incarnazione e culmina in una trasformazione e un’azione globale nella nostra vita quotidiana. Richiede un ripensamento totale della nostra concezione di umanità, strettamente collegata a tutto il creato e la volontà di apportare i necessari cambiamenti. Questo cammino radicale è stato intrapreso da alcuni anni dalle religiose, che hanno, in molti modi, aperto la strada per l’appello alla giustizia per i popoli indigeni, gli emarginati e i milioni di persone colpiti dalle crisi ecologiche. Ampliare il nostro raggio d’azione fino a includere le specie diverse da quella umana— animali, piante, ecosistemi e sistemi che rendono possibile la vita sulla Terra—non è che un altro passo in avanti. La teologia dell’incarnazione profonda ci invita a sentire in modo viscerale la sofferenza della Terra e a trovare modalità per rispondere. Questo tipo di amore tenero comporta un accompagnamento consapevole della sofferenza nella preghiera e nella solidarietà attraverso questa esperienza vissuta come una risposta. Una volta fatta questa esperienza, potremmo voler trovare modi per vivere con più umiltà e leggerezza sulla Terra, in modo che tutto fiorisca. Come religiosa in un paese occidentale del “primo mondo”, la mia vita è molto confortevole. Come molti altri in Australia, la nostra congregazione sceglie come investire le risorse, optando per investimenti sostenibili e il disinvestimento dai combustibili fossili. Ove possibile, stiamo installando sistemi solari sui tetti, serbatoi per la raccolta dell’acqua e sostituendo gli impianti di illuminazione con opzioni più sostenibili. Laddove è necessario acquistare automobili, optiamo per soluzioni con motori ibridi o modelli più sostenibili. Le suore scelgono di vivere in modo più semplice, di riciclare, di fare il compost, di fare sforzi consapevoli per utilizzare l’energia in modo attento e di acquistare in modo etico a livello personale. Dal punto di vista politico, molte di loro sono attivamente impegnate nell’incoraggiare azioni contri i cambiamenti climatici, l’estrazione del carbone e del metano da carbone e nella promozione di energie rinnovabili nelle loro aree locali. Per molti anni abbiamo avuto suore impegnate in eco-teologia, eco-giustizia ed ecospiritualità.

Stiamo anche riflettendo con le Suore della Misericordia a livello internazionale nel processo di Mercy Global Presence, che presta attenzione alle grida dei poveri della Terra, tiene conto delle implicazioni della teologia dell’incarnazione profonda e tenta di affrontare la sofferenza umana e non solo della Terra. Come Suore della Misericordia dell’Australia e della Papua Nuova Guinea, stiamo cercando di integrare la nostra coscienza ecologica in ogni aspetto della nostra vita personale e comune, dei nostri ministeri e delle nostre pratiche spirituali, così da concentrarci sulla rigenerazione, non solo sulla sostenibilità, promuovendo la fioritura di tutta la vita su questo pianeta. Questa azione è un’iniziativa nuova che sarà continua. Al centro del suo successo ci sarà la nostra visione di chi siamo come consacrate, che vivono in un’epoca di coscienza e di crisi ecologica. L’incarnazione profonda è uno dei doni della teologia che può aiutarci a vivere con umiltà, ad amare la misericordia e a fare giustizia.

Conclusione

Alla luce dei cambiamenti climatici globali, il degrado ecologico e la pandemia del COVID-19, non c’è mai stato un momento più urgente per fermarsi, riflettere sulle nostre relazioni con tutta la comunità della Terra e apportare i cambiamenti necessari. Come religiose, questa è la possibilità che abbiamo per rinnovare la nostra consacrazione a Cristo, considerando la profonda incarnazione di Dio che unisce tutto il creato a Dio in una comunione sublime. Questa chiamata radicale ci costringe ad ampliare l’orizzonte delle nostre relazioni, ad accogliere la vita umana e non come dono e a rispondere con generosità e coraggio alle sfide che ci si presentano.

1 Terra come nome proprio è una contrapposizione ecologica intenzionale all’oggettivazione e al maltrattamento da parte dell’umanità.

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