Topolino e il fumetto Disney italiano. Storia, fasti, declino e nuove prospettive

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AVVENTURE ITALIANE

Il valore pedagogico di operazioni come questa ha, naturalmente, trovato sostenitori e detrattori. L’articolo di Guido Tiberga «Ripubblicato l’“Inferno” con Topolino del ’49. Zeri: La parodia è un’aberrazione. Il professor Disney ritorna in cattedra. Faeti: Insegnai con quelle tavole. Il fumetto può essere una bomba pedagogica»32 offre un riassunto delle diverse posizioni: «Il mondo Disney è universale», dice Franco Fossati […]. «La generazione dei quarantenni cresciuta con Topolino ha raggiunto i vertici nei giornali e nelle aziende, e questi personaggi si ripropongono anche come strumenti di insegnamento. Sono ottimi maestri: rivisitano le grandi opere della letteratura con simpatia, e lasciano una traccia nella memoria del giovane lettore, che da grande si avvicinerà con affetto ai testi originali». […] Ma non tutti accettano il valore della pedagogia Disney. Roberto Denti, direttore e fondatore della «Libreria dei Ragazzi» di Milano, è perplesso: «Queste non sono operazioni culturali – dice – soprattutto non sono fatte per i bambini. Sono fatte bene, con competenza e ironia, ma si rivolgono al pubblico adulto, che conosce la letteratura e la matematica e si diverte a ritrovare in parodia le cose che ha studiato da giovane». Lo riconosce lo stesso Fossati che è stato per cinque anni responsabile delle sceneggiature italiane di Topolino. «Chi scrive una storia Disney – spiega – deve affrontare il problema della doppia lettura. Il settimanale ha sei milioni di lettori e più di 3 milioni sono adulti. D’altra parte Disney diceva di non lavorare per i bambini, ma per il bambino che è dentro di noi». […] E ai bambini che cosa rimane? «È vero, sono storie scritte con un occhio agli adulti – dice Antonio Faeti, professore di Letteratura per l’infanzia all’Università di Bologna […] – Guido Martina è un inesplorato intellettuale del nostro tempo, la sua Commedia a fumetti ha un potenziale pedagogico deflagrante. Ma è destinata a nero reclutati da altri ambiti, in seguito si dedicarono per motivi economici e di tempo quasi esclusivamente a questi personaggi, fino a quando la fondazione di un’Accademia Disney non permise alla Disney Italia di, per così dire, «allevare» dei disegnatori-tecnici, altamente specializzati, ma forse meno capaci di innovare perché privi di esperienze di natura diversa dalle quali attingere. Difficilmente si vedono, oggi come da qualche anno a questa parte, disegnatori «anomali» (anche se perfettamente in grado di calarsi nel ruolo di portavoce dello «spirito Disney») come Bioletto ma anche Giorgio Rebuffi, famoso per aver creato il lupo Pugacioff, o Luciano Bottaro. 32 La Stampa, 9 ottobre 1992, p. 18.


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