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La fantasia sbrigliata di due fratellini sulla festa che avvince più di tutte
Il vero Babbo Natale e un pranzo da favola
Ho visto Babbo Natale Mi chiamo Mario, ho 9 anni e mezzo e vi racconto cosa è successo l’altro ieri e ieri. Ero in cortile quando ho visto il mio amico Lorenzo; ho chiesto alla mamma se potevo andare a giocare da lui, ma lei mi ha detto di no. Sono tornato in cortile triste, ma subito emozionato: perché, cosa ho visto? Babbo Natale in persona! Gli ho detto: “Salve, Babbo Natale!”. Lui col suo vocione mi ha risposto: “Ciao Mario”.
“Come fai a sapere il mio nome?”, gli ho chiesto; e lui: “Io sono Babbo Natale, so tutto!”.
“Ah, è vero! Allora sai anche che regali chiederò per Natale? Perché domani è l’8, si fanno l’albero, il presepe e la letterina”. “No, non lo so; è per questo che dovete scrivere!”, mi ha detto. “Ma non dire a Lorenzo che sono venuto a trovarti, se no pensa che io venga da tutti i bambini”.
“OK”, risposi. Ma quando Babbo Natale se ne andò, vidi Lorenzo che mi fissava stupito. Gli dissi solo “Ciao”.
Il giorno dopo, a scuola, Lorenzo disse a tutta la classe che io avevo incontrato Babbo Natale.
In quel momento, Babbo Natale apparve nei miei occhi, ma gli altri non lo vedevano!
“Tutto bene, Mario?”, chiese Lorenzo. Gli risposi di sì, sempre guardando Babbo Natale. In questo modo passò tutta l’ora di lezione.
Anna, 7 anni
Un Natale esagerato Per il pranzo di Natale andammo a casa della nonna: una villa di 150 ettari con attorno un parco grande circa come il Molise. Per arrivarci si percorre un vialetto di un km abbondante che ogni venti metri ha delle fontane ornate da statue di Policleto.
Entrati in casa, attraversammo una decina di corridoi e almeno una dozzina di stanze, ognuna delle quali ornata da festoni rossi e verdi e almeno tre alberi di Natale, con alla base presepi di ogni tipo, e di un metro quadrato l’uno. Infine arrivammo nel salone: in stile gotico con colonne corinzie a cerchio che sostenevano una gigantesca cupola.
Al centro della tavola circolare stava un enorme albero di Natale con palline grandi più di quelle da basket, di colori accesissimi; alla base dell’albero, un presepe con statue a grandezza naturale scolpite da Fidia. L’albero era alto una cinquantina di
arcon
L’ARCON
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pendenti e partenoni interamente di frutta. Infine, fece il suo ingresso un grattacielo Burj Khalifa fatto di semifreddo al torrone.
I regali scartati dopo il pranzo furono soddisfacenti per tutti, tranne che per il presidente Macron: era una limousine senza niente made in France; con somma gioia di re Carlo, era una Rolls Royce! Paolo, 11 anni
metri e arrivava a toccare il tetto del salone, fino alla cupola.
A tavola eravamo tantissimi: tutti e quattro i nonni, i quattro zii, i dodici cugini della mamma e i due di papà coi rispettivi genitori, ovvero i fratelli dei nonni. Poi c’eravamo noi sette cugini, la nostra famiglia di cinque persone e qualcuno del vertice politico: il sindaco di Modena Muzzarelli e quello di Roma Gualtieri, Sergio Mattarella e Mario Draghi, col contorno di Emmanuel Macron, di Filippo VI di Spagna, di Rishi Sunak primo ministro inglese, a braccetto col suo re Carlo III. Arrivò il momento di mangiare: la nonna trionfante portò a rate cinque pentoloni che insieme contenevano due quintali di tortellini in brodo; riempiti i piatti, ci volle almeno un chilo di parmigiano grattugiato per insaporire. In tavola c’erano venti cesti di pane e altrettante bottiglie di vino. Come aperitivo stap-
pammo lo champagne, e cominciò la mangiata.
Ai tortellini seguirono vassoi traboccanti di cotechini e zamponi, accompagnati da cappone e manzo lesso, fondue bourguignonne e formaggi di ogni tipo. Come contorno furono servite patate al forno, e fagioloni per non lasciare soli cotechino e zampone.
Arrivò la frutta: vassoi grandi come taglieri da sfoglia, su cui stavano piramidi, colossei, torri
Nina-nana bel putéin. in dla gròta in da tê nê la mitraglia l’à cantê. La not Santa la s’è ràta; lè d’un misil, la cumàta; l’anzel biànc inspavintê; i pastór i-éin scapê. Àn ghè pês su tót la tera: fio d’Erode, seimpr’r’ in guera. Cuma psàmia vivr’ achsè ?! Bel putein, torna zò tè. Vin’s a der di sculazòun, vin’s a-insgnèr a èser bòun, vin’s a dir c’as vlàma bèin. Nina-nana, bel putèin.
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ININA-NANA (di Romolo Levoni 2000)
Auguri di BUONE FestE
Speciale Natale 2022 Dicembre 2022 Pagina 2
Modena guadagna posizioni, o almeno così dicono
Come ogni anno, tra novembre e dicembre i due giornaloni economici, il giallo “Italia oggi” (di Roma) e il roseo “Il Sole 24 ore” (di Milano), divulgano le loro classifiche sul benessere, appoggiandosi ai calcoli delle rispettive università territoriali (la Sapienza per Roma, Bicocca per Milano), da cui appare che la statistica non è una scienza esatta, specialmente se i presupposti sono incerti. Voglio dire che una statistica seria sul 2022 si potrà cominciare a fare, grosso modo, da fine gennaio 2023 (quando le banche ci manderanno a casa l’estratto conto dell’ultimo trimestre 2022, e arriveranno le bollette di novembre e dicembre); mentre i giornaloni ammanniscono le cifre del 2021 (in qualche caso, addirittura, del 2020, e perfino anteriori), aggiungono una spolveratina del primo semestre corrente gabellando il tutto per il consuntivo del 2022. Dati ripresi frettolosamente ed acriticamente dai media locali, che ci ricamano pagine a novembre (quest’anno il 7, quando era uscita “Italia oggi”) e poi a dicembre (il 12, in corrispondenza al “Sole”), senza nemmeno mettere in rapporto le due risultanze, e spesso equivocando tra provincia e città: nel senso che le due statistiche sarebbero orientate sulle 107 province italiane (incluse quelle dai nomi-macedonia come Verbano-Cusio-Ossola, Barletta-Andria-Trani, e la new entry Sud Sardegna che prende il posto di altre curiose denominazioni abrogate, quali Medio Campidano e non solo), ma si prestano alla confusione con i rispettivi capoluoghi (cosa oltretutto non facile quando i capoluoghi sono tre per la gioia di tutti i ras locali).
Non metteremo dunque la mano nemmeno su un caminetto spento per asserire la veridicità di quanto troviamo scritto: faremo un po’ come quel papà a cui il figlio chiese se gli asini volano, sulla base dell’asserzione di un certo giornale, e per cavarsela rispose: “Bè, insàmma, i svulazen”. E per confrontarsi con un altro tipo di classifica, quella del campionato di calcio, diremo che lì i numeri sono certi e il campione d’Italia è uno solo: tranne che cento anni esatti fa, nel campionato 1922, quando la FIGC assegnò il titolo alla Novese, mentre la Confederazione Calcistica Italiana, una specie di Superlega con tutte le squadre migliori, proclamò campione la
solita Pro Vercelli. Qualcosa di simile (intendo, nell’associazione dello scudetto del welfare) accade ogni anno tra le pagine gialle e quelle rosa, cosicché ogni anno del titolo di campione si possono gloriare due province (ovvero i sindaci dei capoluoghi, chiamati a vantarsi di meriti non tutti loro): nel 2022, secondo “Italia Oggi”, vanno sul podio Trento, Bolzano e Bologna (con retrocessione al 7° posto di Parma vincitrice del 2021), mentre il “Sole” premia Bologna, Bolzano e Firenze, azzerando totalmente i medagliati 2021 che erano TriesteMilano-Trento.
E Modena continua a stare sull’altalena, seppure segnalando progressi nell’una e nell’altra graduatoria: “Italia oggi” ci mette al 10° posto, più 5 rispetto al 2021, addirittura più 24 sul 2020 (una facile battuta porterebbe a dire che il Covid ci ha rilanciato). Più severo il “Sole”, che ci dichiara 17° seppur regalandoci 7 posizioni sull’anno scorso (ma nel 2020 ci aveva messo al 15° posto).
A questo punto, possiamo andare a piluccare sulle centinaia di tabelle (entrambi i giornali si basano su una novantina di parametri, che in buona parte si assomigliano ma talvolta sono all’insegna del famolo strano , per esempio nelle tabelle sul clima). Anche quest’anno il “Sole” (che nel 2020 aveva soppresso gli indicatori climatici, ripristinandoli l’anno dopo), nella sezione “Ambiente e servizi” riporta un “indice del clima” desunto da dieci misteriosi parametri: nel 2022 rivince Imperia, con damigelle d’onore Bari e Pescara; la peggiore sarebbe Belluno, la cui provincia comprende le Dolomiti meridionali, Cortina, Misurina, Alleghe e via dicendo. Alzi la mano (residenti esclusi) chi preferirebbe vivere nel barese piuttosto che nel bellunese. Quanto poi all’aggiornamento dei dati, uno degli indicatori più nuovi e bizzarri è quello dei “Giorni consecutivi senza pioggia”, con cui il “Sole” premia Genova: solo 13 giorni al secco, ma su dati del 2021. Quando arriveranno i dati del 2022, l’ottobre completamente asciutto a Modena ci dovrebbe spingere nel fondo classifica, oggi occupato da Sicilia e Sardegna: ma siamo sicuri che ci sarà ancora questo parametro?
Comunque la si pensi, la pagina ambientale spinge Modena parecchio in basso: da decima assoluta in Italia per il “Sole” del
2020, andò al 36° posto nel 2021, al 62° (ultimo in Emilia-Romagna) oggi; pesa (in senso letterale) la qualità dell’aria, appena mitigata dall’inclinazione dei modenesi per il verde attorno alle proprie abitazioni (secondi in Italia). Va appena meglio secondo “Italia oggi” che ci colloca al 44° posto, ma con un calo pazzesco dalla 6^ posizione del 2021: come retrocedere di due serie in un campionato solo. Siamo peggiorati perfino nella raccolta differenziata dei rifiuti nel capoluogo (61° contro il precedente 55° secondo “Italia oggi”, ma con dati addirittura del 2020).
Per noi modenesi è più gratificante scorrazzare in altre sezioni, come gli “Affari e lavoro”: “Italia oggi” ci promuove ancora, dal 16° al 7° posto (dietro a Bologna in regione, e tallonati da Reggio e Parma); promozione più contenuta da parte del “Sole”, che dalla 20^ posizione ci innalza alla 16^.
Nello stesso settore sta la classifica che il “Sole” chiama “ Ricchezza e consumi”, mettendo Modena 15^, e “Italia oggi” denomina “ Reddito e ricchezza ”, confermandoci il 6° posto dell’anno scorso: in regione abbiamo superato Parma ma siamo stati scavalcati da Piacenza, e restiamo stabilmente dietro a Bologna. Le risultanze migliori vengono dallo stipendio medio di un lavoratore dipendente, che però è calato di circa 1250 euro annui attestandosi sui 24500 (ma i dati sono del 2020!); e dal valore del patrimonio pro-capite, che sarebbe di 228mila euro a cranio secondo il giornale giallino. Ma i dati sono addirittura del 2017, epoca del governo Gentiloni, praticamente un’altra era geologica. Sembra più aggiornato il “Sole”, che però ci fa perdere una posizione dal 14° posto di prima, sia pur confermando il nostro primato quanto alla spesa in beni durevoli con 3482 euro l’anno, 400 in più che nel 2021.
Va ancora meglio, sempre per il quotidiano della Confindustria, nella graduatoria “ Demografia
società e salute ”, un pentolone dove si stipano diplomati o laureati, gli immigrati ed emigrati all’estero, i casi di Covid e l’età della mamma quando mette al mondo il primo figlio: l’ascesa costante di Modena la porta dall’11^ alla seconda posizione nazionale, in regione dietro la sola Bologna scudettata, e con 19 piazze guadagnate sul 2020. In “Italia oggi” bisogna invece mediare tra due categorie, “Popolazione”, dove risultiamo promossi dal 31° all’11° posto (ma sono cambiati gli indicatori, e ad esempio il numero dei figli per donna ci colloca al 9° posto, sebbene colla cifra lacrimevole di 1,36 nel 2021) e poi “Istruzione e formazione”, che ci vede al 12° posto: col risultato migliore costituito dalla percentuale di bambini nelle scuole d’infanzia (28,6%, sesta posizione nazionale), e dati peggiori provenienti dalla scuola dell’obbligo, dove i nostri ragazzi risultano solo al 38° posto per le “competenze numeriche”, e 48° per le “competenze alfabetiche”. Insomma, a scuola ci andiamo, ma qualcuno soprattutto a scaldare i banchi. Va comunque molto peggio per gli altri parametri, a cominciare da un’eccellenza conclamata in regione, quella del “Sistema salute”, dove “Italia oggi” ci fotografa in caduta libera assegnandoci la piazza 76, sette posizioni peggio del 2021 e con la sola Reggio Emilia a starci dietro in regione (il “Sole” non ha una classifica a sé per la salute, unendola al calderone della “Demografia”). Risultiamo stabili al posto numero 42, secondo “Italia oggi”, nella sezione “Tempo libero ”, che mette insieme alberghi, bar, ristoranti, palestre, cinema e librerie: accorpamenti discutibili, che ad esempio quanto alle librerie non tiene conto delle dimensioni e del numero di libri disponibili (comunque Modena conserva il 68° posto). Ci consoliamo girando gli occhi al “Sole”, che per “Cultura e tempo libero ” giudica 26^ la nostra provincia (44^ nel 2021), e nella classifica di
tendenza del “Benessere delle donne”, vinta da Monza-Brianza (effettoBerlusconi?!?), pone Modena al 22° posto, in regione dietro a Bologna e Ravenna ma molto davanti a tutte le altre province. Il foglio roseo aggiunge un’altra classifica, “ La soddisfazione dei cittadini” (qualche anno fa la chiamava “Sentiment”, forse è intervenuta la Crusca): non ci sono numeri, ma solo la divisione in sette gruppi (anzi, “cluster”, parola che nei tempi del Covid indicava i focolai epidemici) a seconda del grado di “felicità” esternata: e se il gruppo di testa, capeggiato da Cuneo Chieti e Terni, vede la presenza di Ravenna e Forlì, mentre nel gruppetto degli immediati inseguitori ci sono Bologna, Reggio, Parma e Piacenza, Modena è nel terzultimo gruppo, ultima dell’Emilia-Romagna (ma il tabellone ha dimenticato Ferrara, ci starebbe bene una protesta dell’ex ministro Franceschini). Facciamoci tuttavia coraggio, per finire, coi lievi progressi nei campi dei “Reati e sicurezza” (per “Italia oggi”), alias “Giustizia e sicurezza” del “Sole”: dal 90° ovvero 86° posto di un anno fa siamo passati rispettivamente all’81° e 80°. Il peggio lo diamo nel riciclaggio di denaro, che almeno stando alle denunce presentate ci vede terzultimi in Italia per il “Sole” (bè, eravamo penultimi). Il terzultimo posto invece “Italia oggi” ce lo assegna per i furti in appartamento, e il sestultimo per gli “altri furti”; per scippi e borseggi invece abbiamo dietro ben 10 province, e ci piazziamo
in zona anche per “lesioni e percosse” (94° posto su 107 disponibili), e per reati sessuali (92° piazzamento, 6 posizioni guadagnate –ma i dati risalgono al 2020). Ma una parte di questi dati sono collocati, da “Italia oggi”, nella sezione, o meglio pastone, della “Sicurezza sociale”, che quanto a reati sessuali considera solo quelli contro i minori “promuovendo” i modenesi al 64° posto. In compenso, siamo al penultimo posto quanto a infortuni sul lavoro (quasi 45 ogni 1000 occupati): abbiamo qualche dubbio sul fatto che il podio sia occupato da AvellinoCaserta-Benevento, ma è meglio non indagare. Sorprende invece in positivo che, pur avendo il Covid picchiato duro dalle nostre parti (393 ammalati ogni 1000 abitanti, 81° posto in Italia), la mortalità tra gli over 65 sia cresciuta in numero trascurabile rispetto al pre-pandemia: solo un 6% in più, ciò che colloca Modena al 24° posto nazionale. Restano inarrivabili i piacentini: malgrado siano stati i primi in regione a patire il contagio, registrano soltanto 330 casi su 1000, e una mortalità addirittura diminuita rispetto al 201519; e anche i coetanei di Bologna, Ferrara e Parma hanno patito meno di noi. Ma facciamoci coraggio: i nostri vecchietti, temprati nelle gelide case dei tempi andati e dalle decine di km pedalati per andare a scuola o al lavoro, a 65 anni ne aspettano altri 21 di vita (11° posto in Italia, primo in regione), e quanto a pensioni, le hanno proporzionalmente abbastanza alte per consentirsi un’esistenza dignitosa. E così sia.
Fabio Marri
Dicembre 2022 Pagina 3 Speciale Natale 2022
“Qualità della vita”: solita grandinata di cifre sparate un tanto al braccio
Pagina 4 Dicembre 2022 Speciale Natale 2022
A quarant’anni dalla scomparsa di Romano Guerzoni
L’antivigilia di questo Natale saranno passati quaranta anni dalla scomparsa, improvvisa nell’umida notte del 23 dicembre 1982, di Romano Guerzoni, a cinquantatré anni, fondatore di questo giornale, giornalista d’assalto che mai ebbe paura di dire la sua anche quando, dalle nostre parti, poteva essere perlomeno scomodo.
Una franchezza, chediceva - gli aveva prodotto pure un incremento delle multe e delle rimozioni della sua auto, ma gli aveva tuttavia mantenuto amicizie sincere anche dall’opposto schieramento politico, “da vuèter ca stee indu’a gh’è fredd”, come diceva lui alludendo alla Sibe ria col collega “dell’al tra sponda” Giancarlo Gatti. di una inimicizia alla Peppone e don Camillo) gli tributavano attesta ti di stima: ad esempio, Franco Minelli, diret
tore della pagina locale dell’“Unità” e poi del mensile del Comune di Modena, fu uno dei primi a piangere la sua morte. Anche uno spirito anticonformista come Franco Focherini, accesa penna socialista e ipercritico sulle qualità tecniche dei giornalisti modenesi, tuttavia includeva ai primi posti di quelli buoni “il Guerzo”, aggiungendo semmai “quando ne ha voglia”. E proprio nella polemica sulle migliori o peggiori penne modenesi, divampata nel 1979, Guerzoni intervenne in una specie di editoriale pubblicato come lettera aperta al sottoscritto, da cui vale la pena di estrarre qualche riga perché lì dentro
noti bene, non rosso!] e ti espello dal campo. Benedetto ingenuo, se “Modena Flash” tira avanti da 27 anni senza beccare una lira da partiti o sovvenzioni dallo Stato o dalla Regione, se non avesse lettori e pubblicità come andrebbe avanti?.... Invece, di lettori ne abbiamo parecchi, ne abbiamo anche di quelli che non vorremmo… [seguiva l’allusione al beota di turno che gli aveva fatto l’ennesima telefonata minatoria per un articolo sulle squillo]. Per concludere, ti avverto che non pubblicheremo in futuro nessun intervento sull’argomento giacché rischiamo di annoiare la maggioranza dei lettori. So che una imposizione simile dà conforto a chi afferma che non sono democratico… ma tu lo sai come intendo io la democrazia.
Questo giornale l’aveva fondato nel 1962, congedandosi dal suo impiego alla Bonifica Burana (dove qualche volta dimenticava perfino di ritirare lo stipendio che il paziente ingegner Lino Boldrini gli faceva comunque elargire); originariamente riservato alle vicende del Modena calcio appena risalito in serie A (era infatti un foglio giallo stampato a caratteri blu), il settimanale presto si aprì alla cronaca, all’arte, alla battaglia politica: “Portoni di bronzo e facce di bronzo”, un titolo ancora degli ultimi anni del Fondatore, che ne esprimeva con evidenza il giudizio sulla vicenda delle porte del Duomo, dove un lascito testamentario aveva permesso di sostituire
le vecchie porte di legno con eleganti portoni in bronzo, cosa che però fu proibita con motivazioni storico-artistiche sotto cui si celavano, almeno da parte di qualcuno, rivendicazioni “politiche”. Ora le porte contestate fanno mostra di sé alla chiesa dello Spirito Santo in via Rosselli. Della redazione di “Modena Flash” fecero parte i migliori e i più bizzarri giornalisti nella Modena dell’epoca: Nazario Boschini e Michele Fuoco per la critica d’arte, Mario Morselli, Silvio Fauché, Sandro Bellei, Gherardo Braidi, Velello Muratori (“il più bravo di tutti noi”, diceva Romano), il disegnatore Alvarez (Alvaro De Pietri), o giovani come Renato Cerulli e Luigi Mattiello; condiretti dal grande Peppino Sogliani, la cui abitazione “tra la via Emilia e il West”, oltre a risuonare degli accordi del figlio Victor e dei suoi amici Vandelli, Guccini & C., negli anni Settanta divenne quasi la sede principale di “Modena Flash” (in aggiunta a quella storica di via Sgarzeria 30, inondata dai profumi dei tabacchi che tanto piacevano a Romano). E Giorgio Boschini (fratello di Nazario, scuola dell’Avvenire d’Italia), che nel suo libro di ricordi Rasoterra (2003) lo ricordava “la redazione di ‘Modena Flash’ era nella tasca destra della giacca del Direttore. Nella tasca sinistra della giacca dell’editore c’era l’amministrazione”; ed “era inutile fare ricerche: c’era di tutto, tranne che soldi”. I giornalisti si trovavano a cena da Pippo, in fondo a via Vignolese, di fronte all’Istituto, allora dell’Infanzia e oggi degli Anziani; oppure da Mario al San Silvestro di San Prospero (gli unici osti, diceva Romano, che ci danno da mangiare a credito): e malgrado le cambiali da onorare ad ogni fine mese, Romano contribuì alla nascita dell’Associazione dei giornalisti emiliano-romagnoli e al Circolo della Stampa in corso Canalgrande. Fu specchio di una voglia di fare, di esprimersi, di abbattere gli ostacoli che oggi resta un ricordo svanito in quella nebbia del 23 dicembre di quarant’anni fa.
Fabio Marri
Nella foto Guerzoni riceve un’ importante onoreficenza dall’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone.
Una serie di libri con un fondo comune di affetti e nostalgie
L’amore per la Bassa e le nostre radici più vere
La pausa natalizia, una volta cessata la caccia compulsiva al regalo (e prima che scatti quella alle liquidazioni…) può essere utile anche per sedersi con calma su una poltrona, allontanando il telefonino, e sfogliare un libro di carta: oggetto che sta diventando piuttosto insolito, oppure - se acquistato sotto la pressione di un talk show televisivo che abusa dell’aggettivo “imperdibile” e dispensa applausi a comando - finisce a impolverarsi su un ripiano e dopo qualche anno su una bancarella, quando non in discarica.
Dei libri che ci è capitato di leggere in queste settimane non diremo che sono “imperdibili”, ma semplicemente che sono capaci di far riflettere, evocare sentimenti, invogliare ad aprire altri libri, arricchire un po’ il nostro Natale o magari le altre feste più o meno comandate. È il caso per esempio di una raccolta di saggi di Umberto Casari, già preside di scuola superiore a Mirandola, che mostra l’amore per la terra natia con una pubblicazione affidata al benemerito Gruppo Studi Bassa Modenese: I luoghi della memoria nella Bassa modenese e mantovana (Finale Emilia, tip. Baraldini, novembre 2020, 10 euro: 94 pagine aperte da una efficace presentazione di Guido Ragazzi da Rivara, enciclopedico studioso di altre glorie locali).
Ci sono classici riconosciuti, a cominciare dal grande letterato allievo di Pascoli, Vittorio Lugli da Novi, e altri meno noti come un collega e amico di Lugli, Giovanni Zibordi da Poggio Rusco, che ricordò la patria in un libretto oggi totalmente dimenticato, Il cavallo rosso del 1933 (e Casari fa bene a riportarne alcune pagine, su “La vecchia fiera del mio paese”, altrimenti quasi introvabili).
Altri autori prediletti da Casari sono il mirandolese Giovanni Cavicchioli, di cui è trascritto un lungo capitolo del 1932 su La città della Fenice, voluto equivoco tra il soprannome di Pico della Mirandola e uno scalcinato alberghetto del vecchio centro cittadino; coi più celebrati Arturo Loria, carpigiano, e Antonio Delfini da Disvetro, ricordati entrambi nei nomi delle biblioteche comunali delle rispettive città. Compare anche il prolifico autore finalese Giuseppe Pederiali, morto tragicamente nel 2013, per una ricostruzione fantasiosa sull’origine della “Motta di Montalbano”, singolare altura presso Medolla che dovrebbe celare addirittura le spoglie di un drago. Con lui, è la volta del narratore contadino e ferroviere da Pavignane (San Felice), Armando Bozzoli, accomunato nel ricordo a don Zeno Saltini, fossolese ma mirandolese adottivo, benemerito per molto più che la letteratura: in questo caso, per il cinema attrattivo ed insieme educativo. Ma il capitolo più lungo è quello conclusivo, dedicato a “Umberto Bellintani: il poeta di San Benedetto Po” (morto nel 1999), scultore di vocazione ma costretto dalle necessità economiche ad entrare nell’amministrazione scolastica, coltivando in privato la poesia che gli valse riconoscimenti significativi, di poeti come Vittorio Sereni e Maurizio Cucchi: e dalla scelta di poesie proposte da Casari ci facciamo un’idea della tristezza esistenziale di Bellintani, “seguendo il mesto tramontare della luna”, e ricordando “il tempo dei galli e dei cavalli – e di altro che non è – o non sarà tra un breve – volgere di anni mai più”. Un altro figlio della Bassa mirandolese, Giampaolo Chiarelli, che dopo tanti anni a Milano ha finalmente trovato una residenza più tranquilla in Una terra di bassa pianura (ferrarese), come dal titolo del suo diario del 2021, rivive ora le esperienze della metropoli lombarda coi racconti Luci e ombre milanesi (Roma, Albatros-Il Filo, ottobre 2022, 76 pagine, € 13,90). C’è la Milano frenetica dello shopping, ma anche dei costi sempre meno sostenibili; la Milano dei turisti tedeschi che pian piano ne scoprono i segreti, e delle ragazze dall’aria un po’ equivoca che distribuiscono volantini per opere di bene; e pure la città del piccolo lavoratore dipendente che sacrifica l’antivigilia di una grande festa per mettere a posto il sito web della sua ditta. Ma anche l’agglomerato dove vive Leda, cui non manca niente e invece sogna “quella casetta non lontana dal mare con un po’ di terreno intorno per metter su un piccolo allevamento di polli”: e alla fine sembra che riesca a coronare il suo sogno, un po’ come ha fatto l’autore che l’ha descritta.
Il percorso inverso, da tanto tempo ormai, l’ha fatto Lia Cucconi, carpigiana trapiantata a Torino ma con un buen retiro ad Albenga, che alla serie ormai lunga dei suoi minuscoli libretti di poesie, tra il 2020 e il ’21 ne ha aggiunti altri due: Oltre il silenzio (Torino, Neos Edizioni, 64 pagine, € 11) e il dialettale Al sel dla vitta (28 pagine prodotte da Amazon) dedicato “A me surela Paola - Fin che me srò viva tel sarê anca te”. Poesie difficili, quelle in italiano, in versi che spesso arieggiano l’endecasillabo classico o (diciamo) alla Montale. Quasi sempre i testi si chiudono con un punto interrogativo: “il desiderio svela – giorni dove avevo pensieri verdi – come le foglie che mai misi al vento - … Ma poi arriva la sera, specchio nero… - È il mio credo la vera speranza?”. Interrogativi ed esclamativi angosciati punteggiano la poesia dal titolo “Non più?!?”: “non più io ci sarò? Nell’orizzonte?... – Ma il tempo umano è solo vento?!? – Esiste qualcosa dopo il non più?!?”.
Il dolore per il “non più” della sorella Paola, scomparsa a 76 anni nel 2020, ha dettato l’altra raccoltina: “In dl’orba dal teimp mut ti andeda, là – in dal vôd dla nostra vitta, andò, tè – ti dvinteda arcôrd ‘d lûs e dulôr d’amôr”.
Eppure la sorella c’è ancora, rimane “in dal s’ciflèr di usé – chi han vistì i dè pin ‘d celest e veint”, quando si andava per campagna verso le santèli, le chiesette agresti, o in cerca di “Madonne povere”, magari inchiodate a un olmo come ex-voto o rivendute ai mercatini; e Paola le prendeva per metterle “atach i noster mur e a i noster cantòun / e per protesiòun, anch a incrȏs dal stredi”. Piccoli gesti di grande senso spirituale ed umano.
Speciale Natale 2022 Pagina 5 Dicembre 2022 Il 23 dicembre di
fa
il fondatore del nostro giornale
tanti anni
moriva improvvisamente
Fabio Marri
di ricambio, telecomandi, lampeggiatori, selettori, schede etc.
Portoni - Serrande - Porte basculanti - Portoni sezionali Barre mobili - Motorizzazione infissi (es: tapparelle) C
Auguri a tutti di felici feste
Speciale Natale 2022 Dicembre 2022 Pagina 6
Una grandissima finale, ma dietro troppi interrogativi
Fra scandali e polemiche Consumate le manifestazioni di giubilo, fra disordini e arresti, dopo la storica finale vinta dell’Argentina di Lionel Messi contro la Francia di Kylian Mbappé che ha consegnato ai sudamericani la loro terza Coppa del Mondo, a “bocce ferme”, o meglio a pallone fermo, nascono spontanee alcune domande. Interrogativi inquietanti che non mancano di suscitare critiche per le numerose, a volte clamorose vicende che l’hanno caratterizzata che con lo sport hanno ben poco a che fare. Ne hanno sofferto l’immagine del mondo del pallone, lo spettacolo e, non di rado, anche lo svolgimento delle gare in campo. Sì, critiche, per la sequela di scandali, di polemiche, di dispute che hanno interessato ben noti personaggi della realtà sportiva, dell’economia e della politica internazionale. Un’esagerazione? No! Si tratta, infatti, di eventi che, ancor prima dell’inizio della competizione (20 novembre-18 dicembre), hanno animato le prime pagine della stampa sportiva e non soltanto di essa.
La verità è che il calcio in questi ultimi tempi è enormemente peggiorato subendo mutamenti che rischiano di stravolgerne i connotati. Da sport, nel senso più stretto e puro della parola, si è trasformato in occasione per promuovere e favorire operazioni poco chiare portando il pubblico a guardarlo con scetticismo e con
sempre maggiore disaffezione. Un primo preoccupante risultato lo ha rivelato una recente ricerca di marketing: i nati fra il 1997 e il 2012 stanno dimostrando sempre meno interesse per questo sport che, nonostante tutto, rimane il più bello del mondo. E’ un fenomeno in crescita che, considerato in proiezione futura, non manca di preoccupare.
Marcia indietro. È bene ricordare che i Mondiali 2022 furono assegnati al Qatar ben 12 anni fa, nel 2010 scartando, non senza malumori, la candidatura degli Stati Uniti. Quattro anni più tardi, scoperto un caso di corruzione per favorire quella assegnazione, l’allora presidente della Federazione mondiale del Calcio, lo svizzero Sepp Blatter fece marcia indietro e dichiarò pubblicamente le proprie perplessità. Il 2015 fu l’ultima stagione che lo vide al vertice della Fifa. Venne, infatti, interrotta, suo malgrado, da una denuncia di corruzione per frode. Assolto dopo sei anni, tornò a parlare di Qatar 2022.
“Affidare il mondiale al Qatar –ebbe occasione di dichiarare – fu un errore: una nazione troppo piccola per uno spettacolo troppo grande”. Una retromarcia che non mancò di sorprendere visto che il meccanismo di assegnazione lo aveva architettato proprio lui. Ad arricchire i contorni di tale delicata vicenda ci pensò Nasser Al Khelaifi, un politico che si era gettato nel mondo del calcio diventando presidente del
Paris St. Germain, squadra con la quale da dieci anni sta cercando di vincere la Champions League.
Il suo ruolo fu tale da sollecitare la Francia a condurre indagini proprio sul suo operato. Non solo lui ma anche Tamim bin Hamad, attuale emiro del Qatar, scese in campo per sostenere con fervente e immediato entusiasmo la candidatura qatariota. Raggiunto l’obiettivo si mise a costruire senza risparmio, senza badare a spese. A chi aveva obiettato, scandalizzandosi, che la Fifa aveva affidato la sua massima competizione a un regime liberticida venne risposto che già nel 1978 il campionato era stato disputato in Argentina quasi a glorificare e legittimare la giunta dispotica e sanguinaria dei generali quando alla guida dello Stato c’era un “certo” Jorge Rafael Videla coinvolto nello scandalo dei desaparecidos. Chi si è proposto il non semplice compito di ridare alla Fifa l’autorevolezza, il decoro e il prestigio che le compete, non disgiunto da una buona dose di onestà di comportamento, è l’attuale presidente, Gianni Infantino, anch’egli svizzero. Nel suo taccuino compare prioritario il profondo rinnovamento del calcio attraverso un severo ripulisti. Un compito certo non facile che sta svolgendo con grande determinazione. Anche lui però è stato interrogato dai giudici francesi ma la cosa non sembra averlo turbato o aver scalfito il suo proverbiale ottimi-
smo. Alla conferenza stampa di presentazione del Mondiale si era limitato a liquidare l’argomento definendolo frutto di «ipocrite critiche»
La clamorosa assenza dell’Italia, almeno all’inizio, ha colpito di più, com’era prevedibile, della sua più logica e attesa qualificazione. Ma gli azzurri non è la prima volta che steccano costringendo i loro sostenitori a delusioni del genere. Nel 1966 ci pensò la Corea del Nord, nel 2002 quella del Sud, nel 2014 provvide il Costa Rica, la Svezia nel 2017 e, appunto, la Macedonia del Nord nello scorso aprile. Figuracce che hanno costellato la storia della nostra nazionale, in parte edulcorate dalla conquista del campionato europeo un anno e mezzo fa, che non è riuscito a cancellare l’onta dell’esclusione. Non prevedendo un evento del genere, il 9 aprile dello scorso anno la Rai aveva messo sul piatto circa 200 milioni di euro per assicurarsi l’esclusiva dell’evento. Un rischio “non rischio” visto che l’avversario da battere in fase di qualificazione era “nientemeno” che la Macedonia del Nord. Nessuno, neppure il meno esperto in fatto di pronostici calcistici, avrebbe scommesso sulla vittoria macedone. Gli azzurri furono sconfitti per uno a zero e la Rai dovette sopportare la cocente delusione di non poter svolgere a pieno il suo ruolo di “servizio pubblico”. Per ospitare l’evento l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani si mise al lavoro per tempo e per dimostrare la potenza economica qatariota, undici anni or sono aveva previsto un imponente piano di costruzioni. Furono realizzati sei stadi faraonici, due vennero rimodernati, in uno spazio di 70 chilometri, e poi importanti infrastrutture di servizio come strade, trasporti pubblici, hotel, un aeroporto e addirittura una città artificiale, Lusail. Un impegno ciclopico che oltre a un fiume di miliardi, comportò il sacrificio di 6500 lavoratori immigrati. Consuntivo. Tirando le somme cosa resta di Qatar 2022? Allo stato dei fatti di positivo ci sarà che nel 2026 (la Coppa si giocherà in Canada, Messico e Stati Uniti) si passerà da trentadue a quarantotto squadre con la speranza che l’Italia possa superare le qualificazioni. Non può mancare doverosamente un accenno al fatto sportivo, alle partite, ai suoi protagonisti. A parte il brutto spettacolo estetico offerto dai tatuaggi della maggior parte dei giocatori e il gestaccio del portiere argentino Martinez all’atto della premiazione, si sono potuti ammirare giovani che saranno i campioni del futuro. In più si è anche assistito al tramonto di atleti che non si rassegnano ad appendere le scarpette al chiodo. Ronaldo (37anni), per esempio. Doveva riscattare la sua deludente stagione nel Manchester United. O meglio, avrebbe voluto, dato che alla fine il trentasettenne bel Cristiano (guadagna 336.370 euro a settimana), ha dovuto assaggiare l‘”onta” della panchina. E’ indubbio: le sue evanescenti
esibizioni in Qatar hanno fatto scemare l’interesse delle più blasonate squadre internazionali. Ciononostante pare che l’Arabia Saudita, pur di accaparrarselo, abbia fatto un’offerta al Manchester United di 30 milioni di euro e proposto a lui un contratto da 250 milioni di euro per due stagioni. La dimostrazione questa che, nonostante tutto, lui e la sua classe continuano ad affascinare. L’altra stella, l’argentino Lionel Messi, invece, pur non giovanissimo (35 anni), si è confermato come il più forte giocatore del mondo nel segno dell’ormai mitico fenomeno del pallone, Diego Armando Maradona. Nel corso della cerimonia di premiazione la sua maglia è stata coperta dal mantello grigio degli emiri che, con questo gesto, hanno voluto significare a tutto il mondo la riverenza dell’Occidente di fronte al mondo islamico. Soldi a gogo. E poi? Poi, a campionato concluso, si continua a parlare di Qatar, o meglio di “Qatargate” o ancor meglio (o peggio) di “Euroscandalo”.
Un affaraccio nel quale sono coinvolti oltre al Qatar, Europa, Marocco e fors’anche altre nazioni. Un intricato imbroglio di soldi, anzi di valige di soldi, che hanno compromesso pesantemente il mondo della politica e della finanza internazionale. Insomma un brutto affare con poche luci e molte ombre non ultime quelle che hanno riguardato l’”operazione Coppa del Mondo”. Ora si sta verificando se siano veri i sospetti che, per eliminare ogni problema di assegnazione, molti parlamentari europei hanno ricevuto beni di lusso e fiumi di denaro. Una strategia scellerata favorita dal silenzio di chi doveva sorvegliare, di chi doveva prendere provvedimenti, di chi doveva stoppare, sia a livello morale sia legale, questo meccanismo perverso. Va bene, anzi malissimo! Una vicenda, dunque, molto triste dagli sviluppi imprevedibili, clamorosi, molti dei quali ancora tutti da scoprire. Ma questa è un’altra (brutta) storia.
Giovanni De Carlo
Un clima di festa al quale i tifosi canarini non erano abituati
Modena, si respira un’aria diversa...
Il Modena è tornato in serie B dopo un entusiasmante testa a testa con la Reggiana e un finale mozzafiato che ha visto i canarini volare in cadetteria. Così si è chiuso uno dei campionati più belli e appassionanti degli ultimi anni di storia gialloblù.
La situazione strettamente successiva al campionato 2020/2021 è complicata, il mondo del calcio deve ripartire, gli stadi saranno pienamente agevoli solo in corso d’opera e allo stadio la mascherina ostruisce il canto dei tifosi; ma per il Modena c’è un obiettivo in più: riportare i cuori gialloblù a riempire il Braglia, ridare speranza a chi ha sofferto il fallimento societario di quattro anni prima, e non ha avuto la forza di seguire la propria squadra nella ripartenza dalla Serie D.
L’inizio di stagione spaventa, nel Girone B il Modena si trova a dover giocare due derby diversi: con il Cesena, storica rivale, e con la Reggiana, scomoda pretendente al titolo, con cui sarà scontro continuo per il primo posto. Non ci mettono molto però, gli uomini del neo arrivato Attilio Tesser, a convincere i tifosi a pagare il biglietto.
Dal 16 ottobre al 22 dicembre il Modena colleziona 36 punti in 12 partite, solo vittorie, entrando nella storia della Serie C come la squadra che ha vinto più partite consecutive. Dal rientro dalla sosta fino alla fine del campionato i canarini danno tutto, ma non riescono mai a staccare sulla Reggiana. Ormai è uno scontro a due per la promozione, e nessuna si accontenta dei play-off. Ad avere la meglio, ad aprile, è il Modena, che chiude con uno schiacciante 4-1 in casa, contro il Pontedera. Il Braglia è sold out, solo bandiere gialloblù, ed un clima di festa che non si vedeva da tanto.
L’inizio nella nuova lega è atteso con euforia, più di 5.000 abbonamenti venduti. Già dalle prime partite lo stadio è pieno e sempre carico, ma le difficoltà di un campionato nuovo e sicuramente più ricco di squadre ostiche si fanno sentire. I gialloblù raccolgono 3 punti nelle prime 6 partite, ma riescono poi a tirarsi su con qualche vittoria, che li porta, alla pausa post mondiale, fuori dalla zona salvezza, non molto lontani dai play-off. L’obiettivo dei canarini quest’anno è salvarsi e rimanere in Serie B anche l’anno prossimo, anche se i tifosi sognano un posto tra le prime 8. Secondo qualcuno la squadra ha bisogno di innesti, secondo altri il Modena ha bisogno di ritrovare continuità e sicurezza persa. Ad oggi quello che manca forse è la mentalità vincente che guida le migliori squadre sulla vetta della classifica.
Uno degli avvenimenti che ha fatto sorridere e ben sperare i tifosi gialloblù è stata la convocazione del CT Mancini per uno stage con la nazionale italiana di tre giocatori: Cittadini, Panada e Bonfanti, che si sono dimostrati sul campo un buon prospetto per il futuro del Modena.
È intuitivo pensare che forse non sarà questo l’anno della promozione in Serie A, e che ad oggi si debba dare il massimo per restare e riprovarci l’anno prossimo, ma una cosa è certa, i tifosi gialloblù sono pronti a sventolare le bandiere e lottare con la propria squadra affinché il gruppo faccia il massimo, perché da quest’anno a Modena si respira un’aria diversa.
Cristian Nadalini
Dicembre 2022 Pagina 7 Speciale Natale 2022
Si è appena concluso il ‘Mondiale del Qatar’ molto criticato: con poche luci e molte ombre
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L’estate 2022 ha visto la nostra città diventare set cinematografico
Modena terra di motori anche per il cinema americano
Per buona parte dell’estate, Modena e provincia sono state la scena ideale per il nuovo film sulla vita di Enzo Ferrari, girato e prodotto sotto la regia del quattro volte candidato all’Oscar Michael Mann (autore delle serie televisive Miami Vice e Crime Story, poi di lungometraggi come Insider - Dietro la verità , elogiato dalla critica ma poco premiato dagli incassi). Nel ruolo del protagonista (che non credo sarà chiamato Drake come spesso si usa in analogia al pirata inglese, dato che in lingua originale la parola sta per il ‘papero’ o maschio dell’anatra) c’è Adam Driver, che con Modena ha già un po’ avuto a che
fare nel ruolo di Maurizio Gucci per il film House of Gucci del 2021, e nel nuovo film è “marito” di Penelope Cruz (Laura Garello Ferrari).
Molto umanamente, l’azione è collocata nel 1957, uno degli anni peggiori nella vita di Ferrari, allora quasi sessantenne, in crisi economica e provato dalla morte del figlio Alfredo (Dino), dell’anno prima, e del pilota Eugenio Castellotti in prova a marzo nel nuovo autodromo cittadino. A questo punto Enzo scommette il tutto per tutto, puntando sulla Mille Miglia in programma a maggio, e su un vecchio pilota, Piero Taruffi “la volpe argentata”, che con questa gara
darà l’addio alle corse. Taruffi vincerà in quella che sarà anche l’ultima Mille Miglia della storia, a causa del grave incidente che coinvolse un’altra Ferrari e provocò nove vittime tra gli spettatori.
Sono insomma le “gioie terribili” di una biografia ormai leggendaria, e insieme un’altra eccellente occasione per portare il nostro territorio alla ribalta mondiale. Come molti modenesi, sono stato varie volte a curiosare (cercando di non interferire con la lavorazione, rispettando le meticolose e a volte un po’ seccanti prescrizioni degli steward), e per quanto posso ricordare da quelli che erano gli anni dell’in-
fanzia, ho confrontato un po’ quello che vedevo con quanto mi veniva in mente, con attenzione alle vicende storiche. In questi anni in cui ci si diverte a trovare i bloopers, gli errori, le incongruenze nei film (siamo sotto Natale, e il sito www.bloopers.it ci ricorda per esempio che nel filmone Natale al campo del 1947, con De Sica, Girotti, Fabrizi, Campanini, Peppino de Filippo e tanti altri, la mezzanotte era festeggiata dagli italiani, nel campo di prigionia americano, alle ore 20, perché - come spiegava Peppino - Gesù Bambino nasce con la mezzanotte italiana. Ma facendo i conti col fuso orario, il campo di prigionia americano avrebbe dovuto essere… in Russia), è auspicabile che la produzione aggiusterà o taglierà certe inquadrature, quanto meno nella versione per l’Italia. Non so se Mann sia maniacale nei dettagli come dicono fosse Luchino Visconti, né so se abbia anche uno storico modenese tra i suoi consulenti: in caso positivo, spero abbia eccepito qualcosa soprattutto circa le scene ‘ferroviarie’. Nella finzione scenica, l’azione si sarebbe svolta alla stazione “Grande”, anche se il traffico di quest’ultima ha costretto a spostare i treni alla stazione “Piccola” (lo stesso fu fatto nel 1973 per Libera amore mio di Bolognini). Le stazioni sono state attrezzate con orari ferroviari ricostruiti come se fossero autentici d’epoca, dai quali sembrerebbe che dalla stessa stazione (Grande) partissero sia i treni delle linee Milano-Bologna e MantovaVerona (che è vero), sia quelli delle linee provinciali per Sassuolo (cui si aggiungerebbe una linea di corriere Modena-Maranello-Sassuolo, appaiata nella gestione e nella sede di partenza a una linea Modena-Moglia): trenini “dal cócc” che invece notoriamente sono sempre partiti (fino al recente collegamento suburbano) dalla vecchia Sefta; mentre le corriere partivano dall’autostazione inaugurata nel 1953.
Mi è sembrato pure strano che l’orario stampato fosse unico, senza distinzione tra le corse FS e quelle provinciali, e senza ricordare che nel 1957, oltre alla Modena-
Sassuolo e alla ModenaVignola, la Sefta gestiva anche la Modena-Mirandola/Finale (ignorata negli orari, che comunque avrebbero dovuto essere separati). Curioso anche l’elenco delle stazioni attraversate: sulla Modena-Mantova troviamo una fermata a “Quattro Ville”, che è la denominazione attuale del nuovo scalo, mentre storicamente il treno fermava a Villanova-San Pancrazio e a Soliera, e dopo Carpi a Rolo, Reggiolo, Suzzara (“Modena Modena stazione di Modena, per Carpi Suzzara Mantova si cambia!” era l’avviso dell’altoparlante, ricordato anche da Guccini nella sua autobiografia modenese). Quanto al trenino per Vignola, si dimentica almeno la stazione di San Donnino. Curiosa poi, per tutti i treni, la classificazione di “omnibus”, che porta ai tempi di De Amicis… nell’Italia del Novecento si chiamavano “accelerati”. Uscendo dalla stazione, la sceneggiatura ha previsto il filobus 7 con direzione “Policlinico”: ma il Policlinico fu aperto nel 1963, quando venne appunto creata l’apposita linea filoviaria che esiste tuttora. E il filobus usato per il film (nume-
rato 33, con guida a sinistra) era più moderno di quelli in voga negli anni Cinquanta e durati per buona parte dei Sessanta, con guida centrale, senza separazione tra le due parti del parabrezza. Spero poi che ci sia ricordati di metterci anche il bigliettaio, presenza obbligatoria fino a metà degli anni Sessanta.
Inoltre alcune delle automobili d’epoca usate, sebbene indubbiamente esistenti nel 1957, risentono degli adeguamenti imposti dal successivo codice del 1959: non ho notato ad esempio la “freccia” per i cambi di direzione, e in qualcuna (come una 1100 bicolore targata Milano) ho visto accendersi le luci posteriori dello stop, che credo siano entrate in vigore appunto due anni dopo. Circolava poi un furgoncino verde tipo “giardinetta”, apparentemente targato BO 67012, ma in realtà 67Q12, tipo di numerazione cui a Bologna non credo siano mai arrivati.
All’uscita del film vedremo se ci sarà ancora qualche ragione per brontolare: ma in genere i critici dei giornali modenesi sono indulgenti, o distratti…
Fabio Marri
Speciale Natale 2022 Dicembre 2022 Pagina 8
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