T&C nr.32 AEROMETROPOLI

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81 L’AEROPORTO VISTO DA UNO SCRITTORE

Rivista quadrimestrale gennaio-aprile 2012 anno XII, numero 32 Direttore responsabile Laura Facchinelli Direzione e redazione Cannaregio 1980 – 30121 Venezia Via Venti Settembre 30/A – 37129 Verona e-mail: info@trasportiecultura.net laura.facchinelli@alice.it per invio materiale: casella postale n. 40 ufficio postale Venezia 12, S. Croce 511 – 30125 Venezia Comitato Scientifico Giuseppe Goisis Prof. Ord. di Filosofia Politica, Università Ca’ Foscari, Venezia Cristiana Mazzoni Parigi - Prof. HDR, Ecole Nationale Supérieure d’Architecture, Strasburg Marco Pasetto Prof. Ord. di Strade, ferrovie e aeroporti, Università di Padova Franco Purini Prof. Ord. di Composizione Architettonica, Università La Sapienza, Roma Enzo Siviero Prof. Ord. di Tecnica delle costruzioni, Università IUAV, Venezia Maria Cristina Treu Prof. Ord. di Urbanistica, Politecnico di Milano La rivista è sottoposta a referee Traduzioni in lingua inglese di Olga Barmine La rivista è pubblicata on-line nel sito www.trasportiecultura.net

di Laura Facchinelli

5 AEROMETROPOLI di Laura Facchinelli

7 AEROPORTO E TERRITORIO, OPPURE TERRITORIO E AEROPORTO? di Marco Pasetto e Stefano Damiano Barbati

15 EVOLUZIONE DEI TERMINAL AEROPORTUALI: FUNZIONI, SPAZI E TECNOLOGIE COSTRUTTIVE di Maria Antonietta Esposito

29 NUOVI AEROPORTI SULLA SCENA INTERNAZIONALE. RACCONTATI IN UN LIBRO di Laura Facchinelli

33 GRANDI AEROPORTI: LE RICADUTE ECONOMICHE SUL TERRITORIO di Oliviero Baccelli

39 L’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI DUBAI di Marco Pasetto e Giovanni Giacomello

47 IL PROGETTO DI ESPANSIONE DELL’AEROPORTO BAO’AN DI SHENZHEN di Oriana Giovinazzi

55 MARCO POLO, SVILUPPO DELL’AEROPORTO E PROGETTI DI TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO VENEZIANO di Laura Facchinelli

2012 © Laura Facchinelli Norme per il copyright: vedere a pag. 101 Editore: Laura Facchinelli C.F. FCC LRA 50P66 L736S Pubblicato a Venezia nel mese di aprile 2012 Autorizzazione del Tribunale di Verona n. 1443 del 11/5/2001

67 IL FENOMENO LOW COST: EVOLUZIONE E IMPATTO SUL TERRITORIO di Giuseppe Siciliano

71 PICCOLI AEROPORTI: RUOLO ATTUALE E POSSIBILITÀ DI SOPRAVVIVENZA di Paolo Lio

75 LA SECONDA VITA DEGLI AEROPORTI ISSN 2280-3998

di Sara Favargiotti

85 PAESAGGI FUTURI, DUE CONVEGNI A VENEZIA SULLE TRASFORMAZIONI DEL PAESAGGIO, FRA CULTURA E TECNICA di Laura Facchinelli

IL PAESAGGIO DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO di Giuseppe Goisis

LE TRASFORMAZIONI DEL PAESAGGIO NELLA PITTURA FRA ‘800 E ‘900 di Laura Facchinelli

LA TRASFORMAZIONE CULTURALE DELLA FAMIGLIA di Matilde Caponi

L’INFLUENZA DELLO SPAZIO VISIVO SUL BENESSERE PSICOFISICO di Mirella Siragusa

IL CINEMA, SPECCHIO DELLA NOSTRA IDENTITÀ, NELL’ERA DEL MUTAMENTO di Carlo Montanaro

PAESAGGIO E INFRASTRUTTURE, DUE PONTI PEDONALI A ISTANBUL di Enzo Siviero

VENEZIA, LA CITTÀ E LA LAGUNA, UN RAPPORTO SMARRITO? di Piero Pedrocco

IL PORTO IN CITTÀ: LO SVILUPPO DEL PORTO DI VENEZIA di Nicola Torricella e Alberta Parolin Questo numero della rivista è stato realizzato in collaborazione col dr. Giuseppe Siciliano del CERTeT, Università Bocconi di Milano. La foto di copertina è di Laura Facchinelli



TRASPORTI & CULTURA N.32

Aerometropoli di Laura Facchinelli

Un grande aeroporto costituisce una realtà complessa, che si evolve rapidamente, rispondendo allo sviluppo delle tecnologie e agli incrementi di traffico. È una realtà dove la funzione del trasporto costituisce, evidentemente, la conditio sine qua non della sua esistenza: tuttavia la configurazione degli spazi all’interno dell’aerostazione e il progetto degli spazi esterni tengono conto anche e soprattutto delle funzioni “altre”: commercio e servizi. Funzioni che all’interno si traducono in una molteplicità di attività come negozi, locali di ristorazione, servizi per il lavoro e il tempo libero e analogamente, all’esterno, fanno sorgere alberghi, sedi direzionali, centri commerciali, luoghi di intrattenimento. In questo modo un aeroporto costituisce una formidabile opportunità di sviluppo economico, ma diventa anche un polo attrattore di traffico, determinando l’infittirsi delle arterie stradali e la realizzazione o il potenziamento dei collegamenti ferroviari. Tutto questo non è certo indifferente per la vivibilità dell’area circostante l’aeroporto, in termini di occupazione di suolo, inquinamento ecc., e non sempre i progetti di ampliamento del terminale possono essere subordinati alla salvaguardia del paesaggio. Questi ed altri elementi entrano in gioco in questa panoramica riguardante gli scali di grandi dimensioni, che si fanno città. “Aerometropoli”, appunto. Aeroporti e territori. In apertura della sezione “Trasporti”, si affronta proprio la relazione fra le due realtà: il sistema dei trasporti e l’area circostante. L’evoluzione dei terminal aeroportuali viene presa in considerazione nel secondo articolo con riguardo alle funzioni, alla scansione degli spazi, alle tecnologie costruttive. Segue una panoramica ampia, a livello internazionale, degli aeroporti realizzati o ampliati negli anni recenti, e che sono stati presentati, con ricco corredo di immagini, in un libro. L’impatto economico di un aeroporto è di vaste proporzioni, sia considerandolo come attività economica, che come infrastruttura di supporto all’economia regionale. In alcuni casi si presentano difficoltà nello sviluppo, e l’autore prende in esame il caso di Malpensa. Alcuni esempi concreti vengono analizzati nei dettagli. Per primo l’aeroporto di Dubai, una delle più grandi infrastrutture aeroportuali del Medio Oriente e una delle più rilevanti del mondo come traffico. Un grande aeroporto è in costruzione sul confine orientale della Cina, a servizio di una città industriale, ma con potenzialità nel turismo: a progettarlo è stato, con un disegno molto creativo, un architetto italiano. In Italia un esempio di aeroporto in rapida crescita è il Marco Polo di Venezia, con un Masterplan che prevede l’ampliamento dello scalo, ma anche la creazione di un vero e proprio nodo intermodale. Non solo: tutt’intorno, in un’area in gran parte agricola, si prevedono insediamenti del terziario che, da un lato, promettono sviluppo economico, dall’altro sono contestati temendo che stravolgano la fisionomia del territorio. Gli interessi in gioco sono molteplici, arduo trovare una conciliazione. Per ampliare l’orizzonte, vengono presi in considerazione anche i piccoli aeroporti, e in particolare quelli secondari generalmente scelti dalle compagnie low cost: l’autore dell’articolo analizza questo fenomeno, nato negli USA circa quarant’anni fa e cresciuto vorticosamente negli ultimi anni. Non meno interessante, e poco noto, il fenomeno degli aeroporti situati all’interno di centri urbani che vengono gradualmente dismessi e abbandonati. Con la prospettiva, però, di una nuova vita, grazie a interventi di pianificazione urbana che li ripensano, per esempio, come preziose aree verdi. Nella sezione “Cultura” vengono presentati - con alcune delle relazioni svolte - due convegni organizzati dal nostro gruppo di studio Paesaggi Futuri. Due convegni dedicati alle trasformazioni del paesaggio, dal punto di vista della cultura e della tecnica. Il nostro duplice sguardo di sempre.

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Aeroporto e Territorio, oppure Territorio e Aeroporto? di Marco Pasetto e Stefano Damiano Barbati

Gli aeroporti rappresentano una componente importante del sistema dei trasporti di una nazione moderna. Essi influenzano direttamente lo sviluppo economico e sociale di tutte le comunità che collegano. Allo stesso tempo però subiscono gli effetti delle variazioni del tessuto urbano e delle connessioni che si instaurano nell’area di influenza dello scalo. Esiste quindi una forma di impatto reciproco tra un aeroporto ed il territorio che lo ospita, ed in effetti si può dire che essi siano complementari [1][2]. La forza di questo legame è un indice che descrive il modello economico e i fattori di stimolo del sistema locale: in alcuni casi è il territorio a giustificare l’esistenza dell’infrastruttura, in altri casi accade il contrario [3]. Comunque sia, gli scenari economici e sociali si intrecciano in modo eterogeneo con l’obiettivo di rendere questi sistemi dinamici commercialmente sostenibili a qualsiasi livello geografico (regionale, nazionale ed internazionale) [4]. Quanto sia difficile descrivere queste interazioni è ampiamente dimostrato dalla letteratura internazionale.

Modelli di interazione In una comunità economica attiva le produzioni sono ben strutturate e radicate nel territorio. Lo sviluppo è sostenuto da tutti gli attori politici, economici, sociali e culturali. Sono presenti fabbriche importanti che creano una ramificazione di produzioni indotte e, quando le condizioni geografiche lo permettono, distribuiscono in modo omogeneo i servizi alle imprese. In questo contesto non privo di piccole diseconomie, le produzioni cercano nuovi punti di approdo e l’infrastruttura, con le sue rotte, rincorre e sostiene le fluttuazioni economiche con opzioni di scambio efficaci [4][5][6]. In questo modello, le merci e le persone chiedono di essere movimentate dentro ed oltre i margini della comunità. Si raggiunge una condizione tale che, per sostenere lo sviluppo, è necessario coordinare le infrastrutture di trasporto e migliorarle laddove ciò sia possibile. La scelta dipende dalla struttura del sistema e può coinvolgere tutti i modi di trasporto: si decide di investire sul sistema aeroportuale quando è tecnicamente possibile, utile e conveniente. L’espansione economica locale è il motore che esercita una pressione sullo sviluppo della rete dei collegamenti. L’aeroporto viene sviluppato sulla base delle esigenze della comunità locale. In questo scenario è probabile che la crescita globale del “sistema territoriale” sia associata ad una funzione di attrazione dei servizi: si completano le rotte della rete, sia quelle esistenti e sottoutilizzate, sia cercando nuove direttrici. Oppure si

Territory and Airports by Marco Pasetto and Stefano Damiano Barbati Airports are an essential factor in the social and economic development of the territory they serve. At the same time, they are affected by the modification of urban patterns and by the connections that occur within their catchment area. There is a sort of mutual impact between airports and territories, and the strength of this mutual impact is an index of the development model for the area. The evolution of the market has fostered a trend for airports to adopt flexible management strategies, because market needs evolve rapidly and must be met quickly. Such flexibility does not coincide with the nature of public investments; generally, it can be a stimulus for private investments. In many cases, the territory displays different dynamics, evolving on parallel, slower tracks, especially in the field of infrastructures and intermodality.

Nella pagina a fianco:, in alto: distribuzione degli Aeroporti Internazionali e Nazionali attivi (rif. Fonte: www.google. com); in basso: agli europei piace viaggiare, rotte aeree nazionali ed internazionali. (rif. http://blog.spaziogis.it). In questa pagina: aereo in volo.

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1. Voli operativi alle ore 12:00 del 22/03/2012 (fonte: www. flightradar24.com)..

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cercano nuovi percorsi per soddisfare la domanda di trasporto. Il ciclo di crescita funziona, se si attenuano gli effetti delle diseconomie (sostenibili dall’intero sistema economico) e si gestisce il mercato in modo coerente con le regole. In antitesi al modello proposto, accade che un’area produttiva attiva sia bloccata da un tessuto economico disperso e frammentato, sotto il profilo logistico e geografico [7]. Il sistema non è in grado di sostenere le ragioni dell’esistenza di uno scalo aeroportuale e tuttavia, senza di esso, non avrebbe modo di svilupparsi. Un aeroporto può produrre effetti variabili, ma la differenza sostanziale con il sistema precedente riguarda il fatto che deve creare una domanda di trasporto: è costretto a re-inventare l’offerta con nuovi servizi che possono stimolare il territorio. In questo contesto, se si decide di investire in una infrastruttura di trasporto aeroportuale, si impone al tessuto esistente una decisione quasi sempre di svolta e di apertura verso i nuovi mercati: nuovi servizi alle imprese che provengono dal settore terziario e da quello logistico; nuove risorse finanziarie. Tutta la rete dei trasporti dovrebbe subire

uno stimolo positivo verso l’efficienza: strade, ferrovie, aeroporti, collegamenti intermodali, reti e servizi bancari e multimediali, reti di comunicazioni, tutti insieme dovrebbero evolvere insieme al territorio [14].

Un sistema equilibrato La parola chiave che regola le sorti di questi modelli socio-economici di sviluppo territoriale è nel concetto stesso di “sistema”. Sebbene sia importante conoscere le ragioni che giustificano l’esistenza di uno scalo aeroportuale, non si può prevedere una sana evoluzione del sistema economico se tutta la rete dei trasporti non procede attraverso strategie di sviluppo concordi ed integrate. In un sistema economico lo scalo aeroportuale introduce nuovi spunti di sviluppo; occorre comprendere se questi stimoli intervengono positivamente sugli equilibri esistenti, per il breve ed il lungo periodo. Nella migliore delle ipotesi e nel breve periodo si può osservare nell’aeroporto una funzione di catalizzatore economico. Tutti i sistemi produttivi


TRASPORTI & CULTURA N.32 sono indotti a valutare l’opportunità di nuovi modi di trasporto delle persone e delle merci; anche lo scambio intermodale viene stimolato purché sia opportuno e conveniente. Quindi, i nuovi equilibri riguardano la domanda di spostamenti all’interno della rete dei trasporti locali e, allo stesso tempo, la domanda per un modo di trasporto alternativo a quelli normalmente utilizzati. Nel lungo periodo, il sistema dovrebbe superare le diseconomie interne ed esterne, con l’obiettivo di consolidare i nuovi equilibri ed eventualmente crearne altri più efficienti. Quando questo accade, gli altri modi di trasporto sono concorrenti positivi ed è ragionevole pensare che l’indicatore del sistema sia nello scambio intermodale. Nella maggior parte dei casi, aeroporti ed altri modi di trasporto sono soggetti alle politiche di diversi attori governativi. I governi locali hanno la responsabilità per decretare requisiti di zonizzazione adatti, per assicurare uno sviluppo nuovo e compatibile. La posizione dell’aeroporto ed anche i collegamenti con esso possono mettere in pericolo gli equilibri urbani e suburbani di quartieri vicini. Allo stesso modo possono mettere in

competizione le città presenti nell’area metropolitana. I “governatori” dovrebbero evitare i conflitti tra i modi di trasporto con piani di integrazione, che aiuteranno a prevenire il bisogno di una mitigazione costosa nel futuro. Per esempio, le proprietà ed i terreni prossimi ad un aeroporto non dovrebbero sviluppare usi residenziali, ma commerciali. Questo perché nel primo caso le opere di urbanizzazione sarebbero a carico dei governi locali, i quali sarebbero chiamati a mitigare i conflitti senza un ritorno economico, diretto ed indiretto. L’alternativa commerciale-finanziaria porterebbe conflitti minori, se confrontati con il caso residenziale, e maggiori risorse per l’amministrazione del territorio.

Un equilibrio sbagliato: quando il sistema perde un’occasione I sistemi economici reali hanno una capacità di reazione agli stimoli che postpone la risposta ad

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TRASPORTI & CULTURA N.32 uno stimolo. Quindi, anche le novità che possono essere introdotte da un aeroporto, impiegano un tempo variabile prima di avere degli effetti. Questa capacità di reazione è strettamente legata sia alla struttura dei collegamenti, da e per ciascun modo di trasporto, sia alle reali potenzialità espansive. Gli scenari che possono presentare caratteristiche che disturbano una espansione coordinata non sono numerabili, poiché tra loro si dovrebbe indicare tutto ciò che semplicemente rende il sistema poco propenso al cambiamento, oppure non conveniente. In questi casi, investire sullo scalo aeroportuale può rappresentare una scelta sbagliata, fatta nel momento sbagliato. In particolare perché nel territorio si realizzano frammenti di sub-sistemi economici: due o più comunità che coesistono nel territorio, ma lavorano, producono e si sviluppano con velocità diverse. Il sistema dinamico più attivo ed allettante segue la spinta dello scalo aeroportuale e ne diventa il partner ideale. Gli altri frammenti

2 - Voli operativi dalle ore 5:00 alle ore 13:00 del 22/03/2012 (rif. Fonte: www. flightradar24.com).

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mostrano invece una diversa tolleranza al cambiamento; tra questi alcuni possono anche essere totalmente insensibili al nuovo assetto socio-economico. In questo contesto si aprono scenari in cui è difficile stabilire una tendenza ed una velocità di progressione delle produzioni; nelle condizioni peggiori il territorio contrasta lo scalo aeroportuale e ciò che si lega ad esso si può bloccare. In Europa ed in Italia sono numerosi i casi di aeroporti regionali sottoutilizzati perché il territorio non ha risposto adattando, alcuni direbbero “sfruttando”, le offerte del trasporto aereo.

Fattori essenziali di uno sviluppo coordinato In tutti i casi è possibile rappresentare un quadro sintetico dei fattori che possono distinguere le possibilità di sviluppo di un territorio, quando


TRASPORTI & CULTURA N.32 questo investe nel rapporto con un aeroporto [15] [16][17] - In tutti i sistemi reali coesistono fattori legati al contesto urbano che possono attivare lo sviluppo, o bloccarlo. Non è possibile tener conto di tutti i fattori concomitanti che influenzano uno scalo aeroportuale. - Alcune realtà locali, e alcune città, sono culturalmente o economicamente strutturate in modo da evolvere con uno scalo aeroportuale. In altre realtà accade che il servizio aereo resti slegato e non attragga nuovi mercati. - In generale sono pochi gli scali che riescono a saturare le rotte disponibili, ancora meno sono quelli che riescono a completare un quadro temporale per i movimenti aerei omogeneo nell’arco dell’anno. Di conseguenza si ha che un aeroporto ha sempre bisogno di cercare di attirare nuovi mercati. - Una posizione geografica allettante può rappresentare la fortuna sia del territorio sia del-

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feriche. Gli aeroporti ed il territorio evolvono nella misura in cui le regole stabilite dalle autorità di governo lo consentono. Liberalizzazioni, così come azioni protezioniste, possono modificare i rapporti tra sub-sistemi economici e territoriali confinanti. A questo proposito, in Europa ed in Italia si deve l’attuale assetto del trasporto aereo agli interventi di finanziamento pubblico, quindi alle strategie degli organi di governo. Le privatizzazioni e le specializzazioni degli scali producono fortune alterne che dipendono dal tessuto economico e dalle fluttuazioni congiunturali. In ogni caso la privatizzazione di uno scalo è ponderata in base alla redditività dell’investimento, valutata rispetto ad altre alternative contemporanee. Per questo motivo una privatizzazione ben ponderata si inserisce in un contesto che è predisposto all’evoluzione positiva.

3 - Ripartizione dei movimenti di passeggeri negli aeroporti principali italiani (fonte dati: asso aeroporti).

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lo scalo aeroportuale. Ciò vale a tutti i livelli e riguarda contemporaneamente le esigenze locali come quelle globali. Le città poste nella zona centrale dell’Europa saranno sempre favorite rispetto a quelle periferiche. Le città d’arte ed i territori con forti caratteristiche di richiamo turistico saranno ugualmente attraenti, sebbene subordinate rispetto alle località centrali, o più accessibili. Il tempo è un fattore determinante per lo sviluppo, sia per i trasferimenti dal territorio allo scalo, sia dall’aeroporto ai margini della comunità servita. Servizi altamente innovativi possono riequilibrare i flussi di traffico a favore delle aree peri-

Incentivi allo sviluppo dei rapporti territorio-aeroporto Poiché il quadro economico è molto variabile si deve considerare l’ipotesi che non esista una ricetta generale in grado di sanare le diseconomie che bloccano le interazioni tra territorio e scalo. Una soluzione potenzialmente positiva è rappresentata dalle città-aeroporto, cioè da quelle strutture urbanistiche che trasformano l’aeroporto in una città, fornendo agli avventori tutti i servizi e tutte le condizioni di soggiorno che si associano a un centro abitato. Questo tipo di intervento è

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TRASPORTI & CULTURA N.32 molto più radicato nel territorio di una semplice trasformazione del terminal degli arrivi/partenze in un centro commerciale o in un outlet griffato. Si tratta di interventi su larga scala che intergrano abitazioni, hotel, centri congressi, centri commerciali, biblioteche e librerie, musei, banche e molto altro ancora.

4 - In questa pagina, in alto: merci generiche movimentate nel periodo 2005-2010, in migliaia di tonnellate (fonte dati: asso aeroporti; Enac). 5 - In questa pagina, in basso: evoluzione dei movimenti nazionali di passeggeri (fonte dati: asso aeroporti).

6 - Nella pagina a fianco, in alto: merci movimentate nel periodo 2005-2010 con servizi postali, in migliaia di tonnellate (fonte dati: Assoaeroporti; Enac). 7 - Nella pagina a fianco, in basso: evoluzione dei movimenti nazionali di passeggeri (fonte dati: Assoaeroporti).

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Gli scali aeroportuali sono generalmente sottoutilizzati, oppure inefficienti. Questo avviene per ragioni intrinseche al rapporto con il territorio e per ragioni estrinseche, ad esempio interventi delle Autorità di Governo. Gli scali che servono il territorio nell’ottica economica dell’offerta dei servizi minimi, o essenziali, hanno in genere una maggior margine di sviluppo se sono confrontati con gli scali che lavorano nell’ambito dei servizi pubblici obbligatori. Anche in questo caso, la chiave del sistema è l’efficienza, ma è difficile suggerire delle strategie generali; in questo campo, ogni scalo è unico. La tendenza attuale suggerisce l’adozione di servizi low-cost a margine dei servizi normali. Diverse ricerche hanno dimostrato che questo tipo di servizio produce utili generalmente negli scali regionali, principalmente come incentivo al turismo. Le compagnie low-cost permettono allo stesso modo di ridistribuire i flussi nell’orario grafico dello scalo, sia a livello stagionale che a livello settimanale. Gli utenti serviti sono generalmente sensibili alle fluttuazioni delle tariffe ed utilizzano in modo efficace gli scambi intermodali. Per questo motivo il successo di questa strategia è legato ad una struttura territoriale poco dispersa, cioè alla città-aeroporto e agli aeroporti regionali. Una ricerca italiana [18] ha dimostrato che una possibile chiave del successo di uno scalo aeroportuale consiste nell’intermodalità del sistema dei trasporti locali: la presenza di un efficace collegamento con altri modi di trasporto influenza notevolmente le scelte di viaggio.

Conclusioni Il collegamento tra aeroporto e territorio è mutevole sotto diversi aspetti, perché dipende dalla variazione dei fattori intrinseci ed estrinseci di numero-

si sistemi dinamici. Ciascuno scalo ha un proprio rapporto con il territorio servito e questo legame viene costruito in tempo reale attraverso equilibri economici, sociali e culturali, che per loro natura sono delicati e sensibili alle interazioni. Sia gli aeroporti che il territorio sono soggetti ad Organi di Governo che attuano strategie di sviluppo, che spesso falliscono nel coordinamento. Per natura e per come sta evolvendo il mercato, gli aeroporti sono portati ad adottare strategie di gestione molto flessibili, questo perché le richieste del mercato devono essere evase rapidamente. Questa flessibilità si sposa male con gli investimenti pubblici; in generale può essere un forte stimolo per gli investimenti privati. In molti casi il territorio mostra dinamiche diverse: si viaggia su binari paralleli con velocità decisamente più lente, in modo particolare nell’ambito delle infrastrutture e della intermodalità. In un territorio mediamente povero di materie prime e indirizzato alla esportazione dei prodotti, l’aeroporto è cruciale, sia per lo sviluppo locale, sia per la ricerca di nuovi mercati. Lo sviluppo di strategie che regolano le tariffe sulla base delle potenzialità della domanda, come quelle le-


TRASPORTI & CULTURA N.32 gate ai servizi low-cost, è ormai a regime. Tuttavia vi sono ancora settori in cui è possibile investire risorse, come nel caso dei voli intercontinentali e delle rotte verso le “nuove economie”. Questi investimenti richiedono un supporto da parte del territorio; in particolare è necessario stabilire i contatti commerciali e attirare investimenti internazionali. Riproduzione riservata ©

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Evoluzione dei terminal aeroportuali: funzioni, spazi e tecnologie costruttive di Maria Antonietta Esposito

Advisory Council for Aeronautics Research in Europe (ACARE) proponendo la Strategic Research Agenda n.2 (SRA) sottolinea l’importanza del trasporto aereo sia per la capacità di creare valore, che per l’incidenza sul prodotto lordo, per l’occupazione e mobilità delle persone. L’aeroporto è un impianto produttivo: una fabbrica d’imbarchi. Tale funzione principale è integrata con servizi commerciali e di trasporto terrestre. L’aumento della percorrenza media, che si accompagna alla costante crescita dei flussi, pone nuove esigenze di sicurezza, salute, qualità e ambiente. I trend in crescita evidenziano la criticità dei livelli di servizio aeroportuale: la capacità, la sicurezza agli allarmi terroristici e pandemici, il comfort per l’aumento dei passeggeri con età avanzata. Con la liberalizzazione dei cieli si è verificato il ribasso delle tariffe di trasporto e con il low cost si è avuto anche l’aumento delle motivazioni di viaggio. Considerato che i tempi medi d’imbarco dagli anni ‘70 ad oggi sono raddoppiati, dal punto di vista del passeggero la questione della qualità appare centrale. Inoltre l’aumento dei flussi pone problematiche ambientali nei territori serviti dall’infrastruttura. La Commissione Europea, nella sua Comunicazione del 2011 al Parlamento, propone obiettivi per le politiche comunitarie riguardo a capacità, qualità e ambiente per lo sviluppo dello Spazio Aereo Comune al 2030 e per promuovere la crescita economica, la connettività e la mobilità sostenibile. Eurocontrol ha definito KPI (Key Performance Indicators) per la capacità concertandoli con ACI dal 2002 anche in relazione ai KPI ambientali del settore. La IATA (International Aviation Transport Association) ha definito, già nella metà degli anni ‘70, i cosiddetti LOS (Level of Services) per regolare lo sviluppo e la valutazione degli aspetti spaziali funzionali dei terminal passeggeri per gli aeroporti in tutto il mondo. Non sono state elaborate indicazioni specifiche per i terminal in Europa, dove non esiste una base comune per progettare e valutare gli aeroporti in accordo con gli indirizzi espressi nelle politiche europee anche su altri aspetti della qualità e dell’ambiente. Si stima che la domanda del trasporto aereo crescerà in futuro più velocemente, in particolare nell’area dell’Asia e del Pacifico, raggiungendo valori doppi rispetto a quelli osservati negli ultimi 20 anni in occidente, a causa dell’aumento del reddito pro-capite in quelle aree. Nel 2050 Eurocontrol prevede per l’Europa un volume di traffico di tra 16.5 e 22.1 milioni di voli, ma nonostante il fatto che la capacità totale aumenterà già nel 2030 in 138 aeroporti europei (+ 41%), la domanda eccedente la capacità dello spazio aereo

The evolution of airport terminals: functions, spaces and construction technology by Maria Antonietta Esposito Airports are primarily transportation terminals, whose primary nature is that of a “boarding facility”: to let passengers embark on and disembark from airplanes, and to allow airplanes to land and take off. The evolution of the market and of strategies has determined the development of commercial areas and retail services within these “boarding facilities”. This has brought both positive effects (the profitability increase of terminals) and negative ones (higher complexity and lower quality for passengers). This article illustrates the scenario in which the design of airport terminals is evolving, as well as their transformation in terms of capacity, functions, spaces and consequent passenger satisfaction. The main innovations in the areas of functional planning, technology and construction, and architectural image are presented, demonstrating that the future of airport projects will have to address the challenge of capacity but especially the increasing segmentation of passenger targets, finding ways to improve comfort and make the airport experience better despite the stringent security requirements.

Nella pagina a fianco, in alto: Londra, aeroporto di Heatrow (LHR) nel1969; http:// www.halcrow.com/Who-weare/History/Building_Heathrow_Airport/; in basso: Londra, aeroporto Heathrow (LHR,) galleria commerciale in area sterile.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 europeo sarà pari a 7.1 milioni di voli. I trasporti aerei, pur comportando un minore utilizzo di risorse territoriali e materiali da costruzione, sono stati pionieri nella definizione del modello della valutazione d’impatto ambientale, che anche oggi caratterizza le metodologie di svilup-

mento dell’aeroporto” (De Botton, 2010). La stessa sala dopo poco può essere utilizzata anche da un fedele ebreo, cattolico o mussulmano. Oltre ad arredi sacri generici la sala è attrezzata, ovviamente, con un pannello digitale che riporta in voli i partenza tanto per non perdere il senso dello scopo di

po progettuale. Il problema dello sviluppo aeroportuale è affrontato focalizzando il progetto soprattutto su efficienza e capacità. Così mentre osserviamo che la gamma dei servizi che un aeroporto offre oggi è sempre più ricca e sofisticata, in realtà il ricordo di una esperienza confortevole a terra, oltre che efficiente dal punto di vista del volo, rimane il principale metro di giudizio del passeggero. Questo obiettivo comporta una maggiore complessità ed articolazione in termini di requisiti funzionali ed ambientali del terminal. Per poter adattare il terminal a nuove esigenze si deve aumentare la flessibilità dei progetti sia sul piano funzionale-spaziale sia sul piano delle tecnologie costruttive. L’esempio più evidente è la comparsa negli aeroporti asiatici di aree dove si può dormire per qualche ora, fare una doccia e riprendere il volo, senza far ricorso al servizio offerto dagli hotel dell’area aeroportuale. Altri servizi innovativi sono gestiti da compagnie alberghiere, ma sono stati sviluppati appositamente per gli aeroporti. Nell’aeroporto di Londra Heathrow è stata realizzata una sala multireligiosa dove “una famiglia del sud dell’India venne a porgere i propri omaggi a Ganesh, la divinità hindu che protegge i viaggiatori, prima di salire a bordo del volo BA035 delle tredici per Chennai. Il dio ricevette alcuni pasticcini e una candela al profumo di rosa, che però la famiglia non potè accendere a causa del regola-

quel luogo: servizio accessorio del terminal. Anche la stazione ferroviaria di Santa Maria Novella a Firenze progettata dall’architetto G. Michelucci (1933) ha una cappella. Gli obiettivi di progetto del terminal per quanto riguarda le soluzioni spaziali, funzionali e tecnologiche, sono definite in relazione ai target commerciali dell’aeroporto. Assume grande importanza la metodologia per recepire e strutturare, nella fase preliminare del progetto, le esigenze di tutti gli operatori, in particolare quelli commerciali che hanno sempre maggiore interesse nello sfruttare i flussi aeroportuali nel terminal (Tab1).

1 - Grafico 1: soddisfazione dei passeggeri. Fonte: Trasportation Research Board 2010 National Academy of Sciences Washington D.C.

2 - A sinistra: Tabella 1, superficie commerciale negli aeroporti di Londra (fonte dati: BAA/Donaldson). 3 - A destra in alto: Tabella 2, comparazione delle vendite per m² in aeroporti, musei e mall in USA (elaborazione TxP Research da varie fonti dati). 4 - A destra in basso: Tabella 3, aumento della superficie commerciale negli aeroporti in Europa (fonte dati: A.T. Kearney).

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L’offerta commerciale è ampia sia nella gamma


TRASPORTI & CULTURA N.32 merceologica sia come numero di negozi e superficie totale di vendita, perché gli aeroporti offrono condizioni particolarmente ben chiare e redditizie. Secondo BAA sono disponibili ogni tipo di dati sui passeggeri come clienti: numero esatto, età, profilo, genere e destinazione. I dati sono raccolti sia nei processi che l’aeroporto gestisce sia dalle compagnie aeree, e poi sono offerti di corredo all’affitto di uno spazio commerciale per dimostrarne la redditività, che non ha eguali in altri tipi di localizzazione. I negozi in aeroporto portano alle imprese commerciali un volume maggiore di 2.5 volte di vendita rispetto ad altre localizzazioni, inoltre qui possono applicare prezzi più alti di circa il 15%, che compensano gli affitti sostenuti che devono pagare per gli spazi. Tuttavia i passeggeri-compra-

Soddisfazione dei passeggeri Studi recenti dimostrano che nella percezione del passeggero la qualità del servizio aeroportuale emerge in relazione agli aspetti funzionali-spaziali, tecnologici ed architettonici del terminal. Questi aspetti risultano determinanti per il successo di uno scalo, o per il suo insuccesso. Gli standard spaziali sono stati definiti, proprio sulla base d’indagini qualitative dirette sui passeggeri, e continuamente aggiornati dalla IATA dal 1975 ad oggi. Per ogni area funzionale sono state definite unità spaziali del terminal (UAT) i cui spazi, calcolati in base ad algoritmi sulla base del numero dei passeggeri nell’ora di punta del mese più affollato,

5 - Grafico 2, Londra. Aeroporti di Stanstead, Heathrow e Gatwick: superficie e spesa per pax/anno. Fonte dati: BAA/Donaldson.

tori, poiché in Europa possono recuperare l’IVA dei prodotti acquistati, percepiscono lo shopping in aeroporto come conveniente. Le prestazioni che gli spazi commerciali del terminal devono offrire riguardano soprattutto la loro qualità progettuale: assicurare un percorso chiaro ed un facile orientamento. Questo requisito deve essere ottemperato per diminuire lo stress del passeggero che, rilassandosi e godendo l’esperienza del viaggio aereo, si trasforma in compratore ponendo maggiore attenzione all’offerta commerciale. Un esempio interessante di evoluzione di questo concetto è il progetto di Gebr. Heinemann per il Berlin Brandenburg Airport, con apertura programmata nel 2012.

producono valori in m² per pax, che servono di riferimento per la progettazione del terminal. I risultati in alcuni casi sono sur-dimensionati, infatti per raffinare il calcolo si deve operare in funzione della dimensione e tipologia dei flussi con strumenti di analisi appropriati. I valori risultanti dai calcoli debbono essere modulati in relazione alla valutazione del rischio di affollamento in certe aree e dell’incidenza dello spazio considerato rispetto ai processi di imbarco/sbarco previsti.

Gli aeroporti dell’Asia superano ogni aspettativa da questo punto di vista: nell’aeroporto di Mumbay l’area commerciale da sola occuperebbe i 3/4 di un campo di calcio. I profitti derivanti da queste attività negli aeroporti indiani come Mumbay e Delhi vanno dal 50% al 70% (dati KPMG) e sono a totale vantaggio del gestore, creando maggiori risorse per mantenere competitivo il terminal. Tale influenza può essere limitata soltanto dalle direttive tecniche emesse dagli Enti di controllo dell’aviazione civile nazionale che in alcuni paesi contrastano tale tendenza ad articolare ed arricchire eccessivamente i servizi del terminal, in altri meno (USA) o affatto (paesi emergenti dell’Asia).

Nell’anno 2000 si contavano negli Stati Uniti circa 38 milioni di persone sopra i 65 anni, nel 2025 saranno ben 65 milioni. In India, seconda dopo la Cina, avrà in assoluto il maggior numero di persone che viaggiano in aereo oltre i 65 anni: questo segmento di mercato riguarda il 10.7% della popolazione, pari a 853 milioni di persone. In termini percentuali però l’India non è tra i 25 paesi più vecchi a causa della fetta di popolazione la cui aspettativa di vita (circa 60 anni per entrambi i sessi) è più bassa della media. Età e disabilità sono spesso correlate. Dal censimento del 2001 risulta che l’incidenza delle persone disabili in India sia pari al 2,1% (21.906.796 persone).

Capacità e qualità

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TRASPORTI & CULTURA N.32 Tuttavia i dati del censimento non coprono ancora tutta la popolazione e si stima che invece la disabilità possa riguardare quasi 80 milioni di persone e quindi rappresentare l’8% della popolazione che comunque permangono in condizione di povertà ed esclusione dai servizi di trasporto veloce. Il caso dell’India è un caso tra i più interessanti per la forte propensione alla mobilità aerea dei baby boomers della crescita economica e dato che le loro condizioni di salute da anziani rimangono buone ci si attende una duplicazione dei viaggi in questa fascia. Alcuni studi americani stimano che la domanda da parte di questa classe demografica genererà da 30 a 60 milioni di viaggi e circa 300 milioni di USD e 3 bilioni di USD di impatto finanziario su aeroporto e compagnie aeree (dati ACRP). I problemi progettuali da fronteggiare nel rinnovo degli aeroporti riguardano soprattutto le distanze

la configurazione spaziale sia i supporti all’orientamento forniti dalla segnaletica mediante la grafica normalizzata, con indicazioni chiare e semplici. I cartelli direzionali devono essere ben riconoscibili per facilitare l’orientamento del passeggero.

dei percorsi a piedi, i tempi di attesa, e la possibilità di orientarsi facilmente. Inoltre si debbono considerare i vari problemi che pone anche la presenza di passeggeri diversamente abili che in ottemperanza alla direttiva EU1107/2006, non vogliono essere considerati incapaci ed esclusi dall’esperienza di viaggio aereo, ma si aspettano che le strutture possano accoglierli come gli altri passeggeri. Si dovrebbe considerare quindi che: - gli ascensori siano preferiti alle scale (anche mobili); - siano diminuite o evitate le attese prolungate, sia sulla banchina di accesso, al check-in, o per i controlli di sicurezza; - l’illuminazione sia adeguata alle esigenze di persone ipovedenti; - siano disponibili sedute accanto ai punti d’attesa; - siano disponibili le informazioni necessarie per il recupero dei bagagli ed i tempi limitati, - siano disponibili dispositivi per il trasporto di bagagli; - i trasporti di connessione siano vicini alle aree di recupero dei bagagli. Per migliorare questi processi sono importanti sia

rea pubblica (P) e nell’area sterile sterile (S) sono le seguenti: - Banchina d’accesso (P) - Atrio partenze (P) - Area di coda check-in (P) - Banchi delle biglietterie e check-in (P) - Controllo passaporti – partenze (P) - Controllo sicurezza centralizzato (P) - Sala partenze (S) - Controllo di sicurezza attesa gates (S) - Sala di attesa gates (S) - Controllo sanitario arrivi (S) - Area di coda controllo passaporti arrivi (S) - Controllo passaporti arrivi (S) - Consegna bagagli (S) - Dispositivi consegna bagagli (S) - Area di coda controllo doganale (S) - Controllo doganale (S) - Atrio arrivi (P) - Banchina di uscita (P) - Ristorazione, in caso di irregolarità di servizio (P) - Unità ambientali per servizi aggiuntivi non aviazione: a. Aree in concessione commerciale (P/S), b. Servizi Sanitari (P), c. Posto di polizia (P), d. Uffici (P/S).

Funzioni e spazi Le UAT standardizzate IATA sono 19, e si riferiscono ai due processi fondamentali (imbarco e sbarco), alle due aree (quella pubblica e quella sterile) in cui sono operate, ed alle 5 funzioni fondamentali dell’aeroporto: atrio, biglietterie, banchi di checkin, sala d’attesa e concessioni, controllo di sicurezza, sala imbarchi, e funzioni di accesso all’aeromobile. Le UAT standardizzate (da 1 a 19) e che si sono aggiunte per migliorare il servizio devono essere progettate per il terminal passeggeri nell’a-

6 (a sinistra) - Grafico 3, layout funzionale di un aeroporto. 7 (a destra) - New York, Transportation Hub al Financial District. http://rion.nu/v5/ archive/000178.php.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 I servizi igienici sono ovviamente presenti nelle due aree, non hanno standard specifici per gli aeroporti e sono molto simili a quelli che troviamo negli autogrill autostradali, ma forse proprio per questo, soprattutto sul piano ergonomico, sono spesso carenti. Soprattutto si nota come non sia considerato il bagaglio a mano (per la regolamentazione non può essere affidato ad altri). Spesso il problema funzionale è aggravato dalla presenza di bambini ed infanti che debbono essere accompagnati o passeggeri in sovrappeso. Si nota in questi casi che la disfuzionalità di tali spazi provoca code e situazioni sgradite ai passeggeri. Le altre funzioni e servizi innovativi recentemente introdotti per connotare lo scalo sul mercato (per esempio presenza di una specifica catena commerciale o di cura alla persona) sono invece progettate sulla base dei requisiti direttamemte stabiliti dai fornitori dei servizi interessati.

Nella competizione per il posizionamento di uno scalo sul mercato, basata sulla capacità di attirare le rotte, la sua configurazione in termini spazialifunzionali sarà sempre più importante con l’aumento della domanda.

Innovazione nella progettazione funzionale La principale innovazione negli aeroporti riguarda l’integrazione di tecnologie che rendono l’esperienza di viaggio più semplice e piacevole nonostante la sua complessità. Analizzando alcuni casi studio tra le più recenti realizzazioni sono state evidenziate alcune innovazioni nella progettazione dei terminal passeggeri che riguardano: - la velocizzazione dei processi (anche diminuendo il personale addetto evidenzia passeg-

8 - Denver, aeroporto internazionale: involucro tessile su tensostruttura in acciaio. http://allcity7.com/showthread.php?t=26772.

9 - Chattanooga, aeroporto: airside. http://www.flickr. com/photos/vfr_photography/4533145282/

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10 - Le 19 Unità Ambientali del terminal secondo lo standard IATA (immagini di vari aeroporti). Elaborazione grafica TxP Research. Fonte immagini: archivio wikimedia commons e flickr.

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geri maggiormente soddisfatti); il terminal visto come un nodo intermodale (sia da parte dei gestori aeroportuali che delle comunità locali); il check-in mediante chioschi automatici che i passeggeri sembrano gradire per non effettuare code; involucro dell’edificio concepito in modo autonomo rispetto all’interno in modo da aumentare la flessibilità nel ciclo di servizio previsto (5-10 anni sembra ormai un periodo troppo lungo rispetto ai cambiamenti nelle esigenze sempre più rapidi); molte funzioni importanti del terminal sono poste a livello di sbarco dei mezzi di trasporto di massa in Europa e del parcheggio auto negli USA: banchina di accesso, check-in, controllo bagagli, consegna/restituzione autonoleggio

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(se allontanati generano traffico in ampie aree intorno all’aeroporto); orientamento migliorato con l’uso di luce naturale, percorsi dritti, spazi pubblici molto ampi; hotel inclusi nell’area aeroportuale e collegati direttamemte al terminal; attenzione all’area di recupero bagagli che offre la prima impressione ai passeggeri in arrivo; circolazione in accosto al terminal divisa per modi di trasporto, invece che per flussi passeggeri (in arrivo o partenza); people mover utilizzati non solo per il trasporto all’interno dell’aeroporto, ma anche all’esterno per connettere i passeggeri al trasporto regionale e nazionale, al noleggio, ai parcheggi remoti (dove in alcuni aeroporti i passeggeri possono anche effettuare il check-in).


TRASPORTI & CULTURA N.32

Innovazione tecnologica e costruttiva Considerando l’aspetto tecnologico e costruttivo: possiamo dire che il terminal rappresenta un ambito di sperimentazione innovativa tesa a trovare soluzioni tecniche sempre più efficaci. Ciò considerato in relazione sia alla gestione, al service life dell’infrastruttura ed al suo linguaggio architettonico. Riguardo al primo aspetto va detto che l’aeroporto è forse l’unico tipo d’infastruttura che ha un ciclo di vita programmato e variabile nelle sue diverse parti: - il terminal (5-10 anni), - la pista (20 anni). Le tecnologie costruttive sono scelte in funzione

della fase di dismissione pianificata, prevista anche in relazione alle pratiche green building. Le modifiche che la normale evoluzione del progetto aeroportuale richiede nel tempo principalmente per l’adeguamento di capacità, devono essere gestite senza interrompere l’operatività del servizio, con tempi molto rapidi e senza prevedere attrezzature cantieristiche incompatibili con la sicurezza aerea (p. es. gru molto alte). Sistemi e componenti costruttivi debbono essere smontati, a fine ciclo di servizio, senza creare rischi per la sicurezza del volo, la salute (con la valutazione ex-ante delle emissioni di sostanze tossiche o polveri), e la possibilità di riciclato con percentuali superiori al 70% per le soluzioni correnti. Ormai negli aeroporti certificati si attestano sul 95% di riciclaggio dei materiali. Per ottenere questi risultati la gamma delle tecno-

11 - Pisa, aeroporto Galileo Galilei: galleria commerciale in area pubblica.

12 - Roma, aeroporto di Fiumicino: galleria commerciale in area sterile.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 logie adottate si concentra sui sistemi costruttivi leggeri, sulle stratigrafie a secco in particolare metallo e vetro ad alta prestazione. Si fa ricorso a materiali certificati su standard ambientali rispondenti ad un approccio Life Cycle Thinking e che hanno un raggio di provenienza regionale e siano riciclabili o riciclati (es. il rame, l’acciaio, il vetro). Questi sono richiesti in alcuni protocolli di certificazione delle costruzioni adottati anche per gli

chitettura del XX e XXI secolo. Il terminal aeroportuale ha, per il settore delle costruzioni, un ruolo simile a quello che la F1 ed i campionati mondiali di vela svolgono per altri settori industriali: innovazione e prova sul campo, nella continua ricerca di soluzioni e tecnologie avanzate per l’architettura attraverso il confronto tra soluzioni tecniche ad alta prestazione che porteranno a soluzioni industriali diffuse nel mondo delle costruzioni.

aeroporti come il LEED®, GREEN AIRPLANES, ecc. (v. di seguito).

1ª generazione: l’hangar degli anni ‘20-‘30 - Semplici strisce di terreno servite dalle più basilari attrezzature.

Architettura

2ª generazione: il terminal degli anni ‘40-‘60 - Piste in cemento, terminal ad un solo piano e torri di controllo bene evidenti.

13 - Hong Kong, aeroporto internazionale (HKG): copertura con parti trasparenti ed illuminazione naturale.

Un’immagine architettonica significativa, in un luogo inventato per prendere il volo, rappresenta una delle istanze per la vendita del servizio. La connotazione architettonica del terminal ha una valenza comunicativa e commerciale, l’aeroporto si definisce come una meta di per sé. Si preferisce un aeroporto anche per poterlo utilizzare nelle sue funzionalità che anticipano soluzioni future. L’ architettura dell’aeroporto ha un po’ la funzione che ebbero nei secoli scorsi le esposizioni universali: dimostrare lo stato dell’arte della tecnologia dell’architettura e prefigurare le innovazioni. In un certo senso il terminal è figlio di quella esperienza ottocentesca che ha prodotto concetti ancora alla base di questo tipo di costruzioni come modularità, strutture leggere, prefabbricazione, montaggio a secco, flessibilità. La breve cronistoria che segue ci dà un’idea di come l’evoluzione del terminal abbia in qualche modo anticipato e proposto soluzioni architettoniche, spaziali e tecnologiche che connotano l’ar22

3ª generazione: il terminal degli anni ‘70-‘80 - Sistema complesso a 3-4 piani con distribuzione separata e verticale dei flussi (il concetto del dimensionamento in base ai flussi). 4ª generazione: i terminal degli anni ’90 sono caratterizzati dall’intermodalità (treni, metro e bus) e dalla presenza sempre piu determinate di servizi (le tipologie del terminal in base alle modalità d’imbarco). 5ª generazione: il terminal dopo il 2001 - La parallela evoluzione di hub che generano flussi di passeggeri di lunga distanza da distribuire su scala regionale, infrastrutture caratterizzate da significative problematiche ambientali a causa del consistente traffico che essi generano fanno emergere anche le buone pratiche per mitigarne gli impatti. L’attentato alle torri gemelle del WTC di New York pone in luce le carenze della sicurezza e vengono affronta-


TRASPORTI & CULTURA N.32 te sia sul piano delle procedure che su quello del layout, delle attrezzature e delle tecnologie. 6ª generazione: Il terminal dopo il 2003 – La 6ª generazione si manifesta segnando una maggiore accelerazione una nuova discontinuità evolutiva il modello dell’aerotropoli. Si manifesta nel progetto aeroportuale un salto di scala che vede l’aeroporto come l’elemento centripeto di uno sviluppo urbano di tipo gravitazionale, basato sull’aggrega-

dentali, ma risulta conveniente, soprattutto per la sua caratteristica di cost shifting, anche nei paesi emergenti, dove si sono affermati vari standard di certificazione ambientale promossi in occidente. In questo campo emergono a livello mondiale: - Energy Star (USA), - LEED (USA, Italia, India, Cina), - BREEAM (UK), - SB Tool (Czech Republic, Italy, Portugal and Spain),

14 - Berlino, aeroporto Tempelhof: piazzale e pista in cemento. http://www. berlin-airport.de/images/ Presse/Flughaefen/THFLuftaufnahme.jpg.

zione di alcune funzioni strategiche per l’industria aeroportuale ma anche nel real estate. Funzioni che si alimentano dei flussi generati dai business globali ma che sono collocate fuori del terminal in un sedime aeroportuale che ha ormai il perimetro di una città. Contemporaneamente con l’aumento della consapevolezza ambientale emergono le migliori strategie e soluzioni progettuali e tecnologiche per fronteggiare la sfida della sostenibilità. Questi aeroporti però non sono solo hub, ma aeroporti regionali (da 10 a 40 Mpax) collocati in aree di forte sviluppo economico soprattutto in Asia. Sul modello si discute però anche in occidente ponendolo al centro di una riflessione sui nuovi modelli insediativi compatibili con l’ambiente e sostanzialmente basati sulla riconfigurazione spaziale della città mediante connessioni intermodali. I temi emergenti nell’evoluzione del terminal saranno: nuovi servizi nell’area commerciale e green building.

Futuro Per quanto riguarda l’approccio progettuale il green building connoterà senza dubbio le soluzioni aeroportuali del futuro. Il green building è incentivato in molti paesi occi-

- Green Airplanes (USA), - Green Globes (Canada, USA), - CASBEE (Japan), - Green star (Australia), - Green Mark (Singapore), Gli aeroporti certificati offrono contemporaneamente modelli virtuosi ed anche molto innovativi sul piano concettuale e costruttivo. Proprio grazie all’innovazione progettuale tali progetti offrono anche nella gestione aeroportuale elementi di forte innovazione, contribuendo all’abbattimento dei costi nel ciclo di servizio ed aumentando la redditività dell’investimento. Un gran numero di attenzioni progettuali e costruttive contraddistinguono questi progetti. Essi includono ad esempio le seguenti strategie: - edifici con involucro neutro o che integra comportamenti positivi rispetto all’energia solare, raccolta dell’acqua e la diminuzione dell’uso di acqua pura; - edifici aeroportuali che utilizzano materiali riclabili e certificati nel ciclo di vita; - piani di gestione energia zero o positiva, con la produzione di circa 1MW/anno di energia pulita (principalmente solare); - riciclo dei rifiuti; - forniture locali; - sistemi di mobilità alternativa sia per raggiun23


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gere l’aeroporto sia per i trasporti interni al sedime; irrigazione del verde con acqua raccolta e/o recuperata; misure per il risparmio di acqua pura; uso di essenze native.

Innovazione di metodi e strumenti

15 - Chicago, aeroporto O’Hare: accesso land side al terminal passeggeri. http:// www.ask.com/wiki/O’Hare_ International_Airport.

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Per conseguire gli obiettivi di sostenibilità di un aeroporto è necessario definire con metodi specifici i requisiti di riferimento del progetto già nella fase di masterplan (documento di pianificazione preliminare) e concept (progetto preliminare), rinnovandoli radicalmente. L’approccio basato sulle prestazioni è quello prevalente in questo campo e, con esso, si sono affermate anche pratiche costruttive che rispondono meglio alla natura evolutiva del progetto aeroportuale ed al modello Life Cycle Thinking. Si possono indicare alcuni elementi d’innovazione sia per quanto riguarda i metodi di sviluppo e gestione prestazionale del progetto che possiamo così riassumere: - individuazione sistematica delle classi di prestazione, definizione dei requisiti ambientali, dei controlli di progetto e collaudi della infastruttura costruita; - individuazione delle classi di prestazione, definizione dei requisiti ambientali e delle specifiche dei sistemi, componenti e materiali riciclabili, atossici e certificati; - definizione del modello d’informazione condiviso dai diversi specialisti del progetto e delle procedure e tecnologie per gestirlo parametricamente (es. Building Information Model); - definizione, gestione e controllo dei processi collaborativi di comunicazione del progetto in accordo con l’approccio parametrico; - adozione del modello d’informazione sviluppato per il progetto come strumento di successiva gestione del ciclo di servizio del terminal e per la gestione del future trasformazioni e per la fase di dismissione. A tale ambito si associa l’evoluzione delle metodologie di sviluppo progettuale che alla tradizionale razionalità associano, in modo sempre più sinergico, processi pianificati e controllati di comunicazione interna ed esterna al gruppo di progetto. Tali metodi coinvolgono nei processi di definizione, sviluppo e controlllo delle prestazioni dell’infrastruttura, le parti interessate non solo industriali, ma anche socio-economiche come la popolazione e le attività che vivono e si sviluppano nei dintorni, ri-definendo i confini del distretto aeroportuale. Queste tecniche, ampiamente trattate in letteratura, si sono straordinariamente diffuse in campo aeroportuale proprio grazie all’estrema razionalità e standardizzazione alla base di questi progetti. I terminal con le loro architetture leggere si calano nei paesaggi spesso caotici ed imperfetti delle aree urbanizzate come oggetti logici ed eleganti, frutto di soluzioni tecniche prive di ridondanza ed enfasi stilistica, generati da un’ottimizzazione prestazionale delle soluzioni. Non sempre purtroppo è così, per ottenere questo risultato non solo sono necessari architetti ed ingegneri specializzati, ma anche il metodo giusto

per non tralasciare nessuno degli aspetti che creano criticità nei processi che dovranno essere svolti nell’impianto. Il concetto che sembra più adatto è appunto quello della “fabbrica d’imbarchi”, come definito dal motto del progetto di uno studente risultato tra i vincitori di un concorso promosso dal Corso di Architectural Project Management che, unico in Italia, si dedica a questi temi nella Facoltà di Architettura di Firenze che laurea architetti specializzati per l’Industria Aeroportuale.

Conclusioni L’evoluzione dei terminal ha portato allo sviluppo di aree commerciali e servizi di trasporto a terra associati alla fabbrica d’imbarchi. Questo ha portato sia aspetti positivi, con l’aumento della redditività dei terminal, sia elementi negativi, come l’aumento di complessità e la perdita di chiarezza nei percorsi dei passeggeri. La soddisfazione dei passeggeri è condizionata soprattutto dalle caratteristiche spaziali funzionali e dai servizi offerti, perché contribuiscono alla percezione del livello di servizio più della fluidità dei processi di imbarco e sbarco. Capacità e qualità coniugati ad obiettivi di resilienza ambientale sono le strategie prevalenti nei progetti aeroportuali che tendono sempre in maggior numero a conseguire certificazioni anche in questo ambito. L’innovazione nella progettazione funzionale, tecnologica e costruttiva e nell’immagine architettonica fanno dei terminal un luogo di sperimentazione avanzata. Il futuro dei progetti aeroportuali dovrà fronteggiare la sfida della capacità, ma anche il cambiamento di composizione e la maggiore segmentazione dei target passeggeri.


TRASPORTI & CULTURA N.32 Con il raddoppio dei viaggiatori anziani nuovi requisiti progettuali dovranno trovare efficaci soluzioni per diminuire lo stress, migliorare il comfort e rendere piacevole l’esperienza del viaggio nonostante le rigide procedure aeronautiche e di sicurezza. L’innovazione di metodi e strumenti per lo sviluppo e gestione del progetto sono introdotti e diffusi nell’ambito della progettazione del terminal.

Green Terminal certificati: alcuni esempi O’Hare International Airoport Chicago, USA (ORD) Dal 2003 lo sviluppo si basa sul SDM (Sustainable Design Manual) definito da USGBC (US Green Building Council) negli USA, nel 2009 è stato implementato sulla base del nuovo Sustainable Airport Manual (SAM) che incorpora le migliori pratiche adottate nei sei anni di esperienza applicativa di progettazione e costruzione. Prevede un piano di gestione del terreno escavato per il suo trattamento e riuso in loco: sono stati riciclati circa il 95% di tutti i materiali da costruzione-demolizione (cemento, asfalto, terreno sporco) e sono stati riutilizzati in loco evitando di asportarli; i materiali nuovi sono stati acquistati entro 500 miglia dal cantiere. Sono state così evitate emissioni per i trasporti e applicando modalità di contenimento dell’uso delle risorse naturali, la riduzione delle miglia percorse e delle emissioni CO² prodotte di oltre 70.000 tonnellate. Il Guard Post 1 e l’edificio base del North Air Traffic Control Tower di O’Hare Airport sono dotati di un tetto verde ed i due edifici conseguono il certificato LEED silver. L’aeroporto ha trasformato, trasferendo le specie viventi da 154 acri di terreno di bassa qualità, 450 acri di aree umide rendendole disponibili per il tempo libero delle comunità locali. È stato imposto l’uso di mo-

tori diesel a basso contenuto di zolfo (ULSD) sia nei mezzi di cantiere sia per tutti i veicoli con motori di potenza maggiore di 50 hp. I trasporti interni utilizzano solo veicoli di nuova costruzione a basso impatto ambientale e con marmitte catalitiche. Inoltre l’aeroporto ha previsto misure di risparmio (60% dal 2005) e riuso dell’acqua. Chattanooga, USA (CHA) - L’aeroporto ha ottenuto la certificazione LEED Platinum dal US Green Building Council. Il nuovo terminal di 9.000 sf ha un comportamento energetico positivo. L’aeroporto inoltre ha istallato, con un finanziamento della FAA (Federal Aviation Agency) 4.000 pannelli solari per 1MW/anno, 95% di rifiuti riciclati, forniture di materiali regionali e mobilità alternativa di dipendenti e clienti con il sistema CARTA, con veicoli a basso consumo, parcheggi di biciclette e spogliatoi per abbattere le emissioni dei trasporti, riuso dell’acqua ed uso di essenze indigene per il verde). L’aeroporto è il primo da molti anni tra i 52 interventi green renovation supportanti da FAA che ha ottenuto la riduzione delle emissioni GHG (Green House Gas) negli USA. Suvarnabhumi Airport, Bangok (BKK) - L’involucro del terminal principale dell’Aeroporto Internazionale Suvarnabhumi, il quarto al mondo per flusso passeggeri e dimensione, è stato progettato con le caratteristiche green building. È costituito da elementi strutturali con ampie arcate per farlo sembrare galleggiante come una barca sampam sul sottostante concourse. Il riferimento ai corsi d’acqua è motivato dal fatto che il terreno è stato bonificato dalla palude per poter costruire l’aeroporto che è circondato da dighe di terra alte 3 m per 25.5 km di lunghezza. L’aeroporto ha previsto diverse misure di protezione dalle inondazioni: l’acqua viene pompata dall’area e riversata in 2 canali, uno dei quali corre lungo la diga, tutto il sistema alimenta 6 riserve d’acqua per oltre 4 milioni

16 - Bangkok, aeroporto Suvarnabhumi: vista del terminal e sistemazione area verde landside. http:// en.wikipedia.org/wiki/ File:Suvarnabhumi_Airport_ Bangkok_Inner_Courtyard. jpg.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 di m³ d’acqua. L’involucro del terminal è costituito da un’innovativa membrana tessile poggiata su 8 grandi capriate di 2.700 tonnellate. Questo terminal è il più esteso mai costruito in un’unica fase (563,000 m²). Per il 2016 il piano di espansione di Airports of Thailand (AOT) prevede una seconda fase di espansione che comporta anche la costruzione di una terza pista di decollo/ atterraggio. In totale BKK arriverà ad una capacità di 103 Mpax (73 internazionali e 30 nazionali). Heathrow, London UK (LHR) - Il terminal 5 è progettato su un’estensione di 240 ettari per 35 Mpax, la costruzione è stata iniziata nel 2002 ed è operativo dal 2008, ha contribuito ha portare Heathrow nella posizione leader in Europa per accessibilità intercontinentale raggiungendo complessivamente i 64.5 milioni pax/anno nel 2011 (dati CERTET). L’aeroporto è anche il secondo cargo terminal al mondo: vi lavorano 70.000 persone. Il terminal 5 ha uno dei sistemi BHS più estesi che esistano lungo 11 miglia. Per la costruzione di T5 sono stati deviati due fiumi ottenendo anche il Civil Engineering Environmental Quality (CEEQUAL) che certifica in UK la qualità ambientale nella progettazione e costruzione del progetto. Sono state messe a dimora molte piante autoctone e condotta una campagna archeologica che ha prodotto oltre 80.000

17 - Innovazione nella progettazione funzionale dei terminal (immagini di vari aereoporti). Elaborazione grafica TxP Research. Fonte immagini archivio wikimedia commons e flickr. 18 (pagina a fianco) - Aeroporto di Dubai, area per il riposo.

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reperti, sono state costruite anche molte opere di mitigazione dell’impatto ambientale e miglioramento della qualità della vita per le comunità del circondario ad iniziare dalla presenza di una offerta intermodale completa. La cantierizzazione è stata studiata per poter costruire (soprattutto le coperture) senza violare lo spazio radar e senza interrompere l’operatività. L’infrastruttura a terra, poiché il settore costruzioni è imputato per il 50% riguardo ai consumi energetici e per il 25% per la produzione di rifiuti e 30% circa per i GHG (dati ECTP, 2011), può giocare un ruolo determinante nell’abbattere le emissioni complessive dell’aeroporto. Treni espressi (gratuiti), metro e bus collegano l’aeroporto con il centro di Londra ed è stato inserito anche l’innovativo personal transit system (ULTra), una vettura automatica che collega con il parcheggio business. Non sono stati trascurati percorsi e parcheggi per raggiungere il terminal in bicicletta. Il traffico aereo dell’aeroporto dopo gli insuccessi dell’avvio (un volo su due in ritardo in partenza o in arrivo sui 1300 voli/giorno) ha portato a scegliere l’esperienza previsionale della F1 per adottare un software che offre visibilità sugli scenari possibili e che permette di prevedere cosa si sta per verificare nell’aeroporto dentro quattro finestre


TRASPORTI & CULTURA N.32 di tempo consecutive, una da 0 a 30 minuti, una da 30 a 60, un’altra da 1 ora a 2, l’ultima da 2 a 3 ore fornito dalla McLaren Applied Technologies. È la tecnologia del Circus a favore dell’ambiente, la formula verde anche oltre i confini del paddock: i ritardi oltre a incidere sui costi e sulla reputazione di LHR gravano pure sull’ambiente: ogni giorno le code fanno produrre fino a 600 tonnellate di CO², dal momento che quello di Heathrow è uno degli aeroporti più affollati del mondo. Riproduzione riservata ©

Bibliografia ACARE 2010 Aeronautics and Air Transport beyond 2020 vision 2020 (towards 2050). Commissione Europea COM (2011) 823 Final Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee of the Regions, Airport policy in the European Union - addressing capacity and quality to promote growth, connectivity and sustainable mobility.

Esposito MA Macchi I (in printing), Low Carbon Airport projects development using the Design Gap Risk Threshold approach, “International Journal of Design Science and Technology”, Europia Production, Paris. Esposito MA 2008 1st Ed 2010 2nd Ed Tecnologie di progetto per la progettazione del Terminal Aeroportuale, Firenze University Press, Firenze. Esposito MA 2010 Dettagli per l’involucro del terminal verde - Envelope’s details for the green airport terminal, Firenze University Press, Firenze. Esposito MA Palumbo E 2010 PM e valutazione dei progetti nel settore delle costruzioni, “Qualità”, Marzo, AICQ, Torino. Esposito MA Macchi I 2009 Communication in Design, Results of a Field Research, ITcon vol.14 Special Issue “Next Generation Construction IT: Technology Foresight, Future Studies Roadmapping and Scenario Planning”, pg.328-352 http://www. itcon.org/2009/22. Esposito MA Macchi I 2009 I processi di comunicazione del progetto, “Qualità”, Gennaio-Febbraio, AICQ, Torino.

European Commission 2009 TREN, The Future of Transport Focus Groups Report .

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TRASPORTI & CULTURA N.32

Nuovi aeroporti sulla scena internazionale. Raccontati in un libro di Laura Facchinelli

“La fitta ragnatela delle linee aeree che senza soluzioni di continuità avvolge il nostro pianeta è agganciata attraverso gli aeroporti ai nodi delle reti terrestri che consentono di collegare migrazioni globali con flussi locali”. Apre così il racconto di Giulio De Carli, autore del volume New Airports, edito da 24 Ore Cultura. L’architetto Giulio De Carli è partner della società di progettazione aeroportuale One Works, che ha fondato con Leonardo Cavalli nel 2007. Il volume offre una panoramica di 33 aeroporti che sono stati costruiti o potenziati nell’ultimo decennio. Per far meglio comprendere le finalità progettuali dei singoli interventi, gli aeroporti sono suddivisi in varie sezioni riferite all’ampiezza: così abbiamo nove aeroporti XLarge, nove Large, sette Medium, sette Small, uno XSmall. Vi sono luoghi nel mondo dove l’aeroporto funziona con la sola pista per i decolli e gli atterraggi e una stazione di pochi vani – spiega l’autore nel saggio di apertura – e luoghi dove, invece, l’aeroporto è una vera e propria città, popolata ogni giorno da migliaia di persone fra passeggeri, visitatori e addetti. L’aeroporto è un punto di collegamento fondamentale: si pensi alle funzioni svolte in caso di emergenza, e allo sviluppo economico e sociale portato nelle regioni povere, grazie all’accesso alle reti degli scambi commerciali, culturali e sociali. È una realtà globale di dimensioni enormi, quella legata al trasporto aereo, se si tien conto che ogni anno partono quasi cinque miliardi di passeggeri. Il primo volo internazionale di linea fu quello da Londra e Parigi nel 1919, il primo collegamento transoceanico risale al 1927. In meno di un secolo l’architettura aeroportuale si è trasformata radicalmente per dimensioni e tecnologia, per rispondere all’aumento del traffico, che negli ultimi dieci anni si è fatto vertiginoso: più 50% nel mondo (più 210% nella sola area del Golfo). Prima impostati su schemi geometrici rigorosi e ordinati, i principali aeroporti si sono saturati di molteplici attività e servizi rivolti ai passeggeri. “Nessun altro impianto costruito sul territorio comprende più ibridazioni tipologiche di infrastrutture ed edifici”. Attrezzature pubbliche convivono con spazi e servizi privati e logiche diverse si integrano e dialogano col territorio circostante. I vari elementi di un aeroporto si sviluppano incessantemente. Si sviluppano le piste e gli spazi di manovra e sosta degli aeromobili, che entrano in conflitto, inevitabilmente, col territorio, e comunque devono ora puntare su un minore e più efficiente impegno di territorio, su una riduzione dell’impatto ambientale e dei consumi e costi dell’energia. Si sviluppano gli accessi per strada, ferrovia, me-

New international airports. Described in a book by Laura Facchinelli Giulio De Carli’s book New Airports, published by 24 Ore Cultura, offers an overview of 33 airports that have been newly built or expanded over the past decade, subdivided into various sections classified by size. There are places in the world where the airport features a single runway for both landing and take-off and a terminal with a small number of spaces, and places on the contrary where the airport is practically a city, populated by thousands of people every day. The various elements of an airport are constantly developing. The runways and spaces for airplanes to maneuver and to park, must now strive for a lesser and more efficient use of the land, reduced environmental impact and smaller energy consumption and costs. The access routes by road, railway and subway are developing: the transportation infrastructure is an essential factor. The passenger terminal is the heart of the system: the architecture varies, from globalized forms to versions in the local style, and from the very planning stages, inevitable future additions must be duly taken into consideration.

Nella pagina a fianco, in alto: interno dell’aeroporto di Orio al Serio; in basso: aeroporto di Roma Urbe. Per entrambi, progetto One Works. Le foto che accompagnano questo articolo sono di ORCH_Orsenigo.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 tropolitana ecc: quello delle infrastrutture di trasporto è un aspetto essenziale per un aeroporto e per il mantenimento e l’evoluzione del suo bacino di traffico. Ma un aeroporto modernamente concepito deve puntare, oggi, su un nodo intermodale, che renda veloce e comodo il passaggio dall’una all’altra modalità di trasporto. L’aerostazione passeggeri è il cuore del sistema, quello che mette in relazione air side e land side e che rappresenta, visivamente, la città di riferimento. L’architettura varia, dalle forme globalizzate alle declinazioni nello stile locale. Soprattutto negli ultimi anni, si è puntato spesso sulla relazione con i caratteri del luogo. Si pone, fin dal momento della progettazione, la previsione dei futuri, inevitabili ampliamenti. Un terminal è strutturato secondo parametri fissi e percorsi obbligati, e spesso l’architetto “è chiamato a vestire con una carrozzeria, che comprende spesso spazi aulici e dimensioni giganti, il motore funzionale che può essere cambiato quando le evoluzioni tecnologiche e operative lo richiedono, anche senza modifiche rilevanti dell’involucro che lo contiene”. Ma alla “macchina” funzionale si sono aggiunte, in tutto il mondo, negozi e ogni genere di altri servizi, che guardano, come tipologia di allestimento, ai corrispondenti negozi e servizi esistenti negli spazi urbani, fino alle configurazioni dei grandi centri commerciali. Un aeroporto è un motore economico che si riverbera sul territorio circostante determinando la nascita di nuovi insediamenti con uffici, attività commerciali e alberghi: vere e proprio airport city, delle quali abbiamo già molti esempi in Europa e nel mondo. “Conciliare esigenze che cambiano, regole e grandezze dei flussi, con il progetto urbanistico, architettonico e impiantistico è la sfida con la quali ingegneri e designer si cimentano in tutto il mondo”, scrive De Carli. In una gara fra continenti e nazioni, per le dimensioni e il prestigio dei loro aeroporti. Le 33 realizzazioni recenti, selezionate a cura di Caterina Frisone, costituiscono un campionario delle modalità di ampliamento di un aeroporto, dal progetto architettonico degli edifici alle connessioni intermodali col territorio. Vediamo alcuni esempi.

1 - L’aerostazione di Orio Al Serio.

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Beijing Capital International Airport - Fra gli aeroporti XLarge, il primo ad essere illustrato è quello della capitale cinese, progettato dallo studio Foster + Partners per accogliere atleti e visitatori di tutto il mondo in occasione delle Olimpiadi del 2008. È considerato l’aeroporto più grande del mondo e quello più all’avanguardia. Ma è anche l’esito di un programma ambizioso, che puntava al prestigio internazionale, anche in termini di coerenza con una cultura millenaria: l’aerostazione, con la forma a drago e il tetto slanciato evoca, infatti, colori e simboli della tradizione cinese. London Heathrow Airport, T5 - Sempre nel 2008 è diventato operativo il Terminal 5 dell’aeroporto di Heathrow, progettato da Richard Rogers Partnership (ora Rogers Stirk Harbour + Partners). L’edificio presenta – come spiega la scheda nel libro – un involucro senza peso con una “flessibilità degli spazi interni concettualmente simile al design antecedente la costruzione per il Centre Pompidou di Parigi”. Le varie aree operative, gli spazi commerciali e i vari servizi sono contenuti in strutture autoportanti in acciaio collocate nell’edificio: possono essere smontate e riconfigurate, realizzando la massima flessibilità. New York John F. Kennedy International Airport Dell’aeroporto statunitense vengono presentati il Terminal 4 e il Terminal 5 Jetblue Airways. Il primo è stato costruito (ed entrato in funzione nel 2001) sull’area dell’edificio Arrivi Internazionali costruito negli anni ’50 e poi demolito per fasi (progetto SOM, Skidmore, Owings & Merril). Si tratta di un edificio a tre livelli che serve sette milioni di passeggeri all’anno. Il Terminal 5, progettato dallo studio Gensler e caratterizzato da un’estetica minimalista, è stato invece realizzato (2008) partendo da zero secondo un paradigma che mette in primo piano l’efficienza e il comfort dei viaggiatori. Madrid Barajas Airport, Terminal 4 - Il nuovo terminal della capitale spagnola (Rogers Stirk Hrbour + Partners, Estudio Lamela Arquitetos, 2006) è stato progettato, col suo satellite, per un traffico di 35 milioni di passeggeri all’anno. Costituisce il più grande progetto di ampliamento mai realizzato. Il


TRASPORTI & CULTURA N.32 design punta su una sequenza di onde formate da grandi ali di acciaio prefabbricate; all’interno, il tetto è rivestito di canne di bambù, che dà un effetto di calore, esaltato dalla voluta massimizzazione della luce naturale. Seoul Incheon International Airport - Fra gli aeroporti classificati come Large, quello di Seoul presenta un Terminal Passeggeri (2001) che è il più grande edificio della Corea del Sud. Dista 50 km dal centro della capitale ed è situato su un ponte, creato con terreno bonificato, fra due isole del Mar Giallo. Da notare il radicamento nella cultura locale e il senso di calore e accoglienza ricercati dall’architetto Curtis Fentress, che ha operato con Korean Architects Collaborative International. Questo aeroporto nel 2009 ha vinto il titolo di “Miglior Aeroporto del mondo” agli Skytrax’s World Airport Awards e si è classificato al primo posto, dal 2005 al 2009, per la qualità del servizio reso ai passeggeri. Mumbai Chhatrapati Shivaji International Airport - Il nuovo terminal, la cui apertura è stata programmata in varie fasi entro il 2013, servirà sia le operazioni nazionali che quelle internazionali. Progettando il doppio uso delle strutture, lo studio SOM (Skidmore, Owings & Merril) ha ridotto l’area del terminal e garantito la flessibilità. Il design rielabora in chiave contemporanea alcuni elementi dell’architettura indiana. È interessante anche l’inserimento, nell’edificio, di numerose opere d’arte. Vienna International Airport, Skykink Terminal - Con l’espansione e il progetto del nuovo aeroporto, in via di ultimazione, la città di Vienna vedrà aumentata la capacità da 13 a 20 milioni di passeggeri all’anno. Cuore del nuovo aeroporto sarà l’aerostazione Skylink (progetto Itten + Brechbühl), un edificio a forma arcuata “trasparente, traslucido, luminoso”, ben strutturato per guidare e controllare i flussi dei viaggiatori.

no le fabbriche veneziane, risale al 2002. Il Masterplan recentemente predisposto da One Works trasformerà lo spazio compreso fra la facciata landside dell’edificio e la viabilità a doppio livello. Il nuovo corpo di fabbrica servirà a connettere gli arrivi e partenze per via aerea con people mover, ferrovie regionali e Alta Velocità. Queen Alia International Airport - Questo aeroporto, classificato come Small, è appena stato ultimato ad Amman in Giordania. Progettato da Foster + Partners, richiama, nella forma, la tradizionale architettura araba: questo grazie alla copertura a baldacchino, che ricorda le tende beduine e i bazar mediorientali. È stata valorizzata al massimo la luce naturale. Olbia-Costa Smeralda Airport, Passenger Terminal, General Aviation Terminal – Questo piccolo aeroporto sardo presenta una nuova aerostazione (Willem Brouwer architetti) ultimata nel 2004 su uno schema molto semplice e l’uso di materiali e colori ispirati al Mediterraneo. Non lontano è stato realizzato il nuovo terminal per l’Aviazione Generale (Archigroup con l’architetto Didier Lefort), che punta su un’architettura lontana dal consueto stile aeroportuale, con spazi interni valorizzati da sculture e giardini esterni. Roma Urbe Airport – L’unico aeroporto Xsmall è quello realizzato nella capitale con funzioni di city airport per l’aviazione generale e soprattutto per i collegamenti con elicotteri. Progettato da One Works, presenta dimensioni minime, con una hall a doppia altezza che si affaccia sulla pista. Il volume presenta un ampio corredo iconografico. In chiusura, i diagrammi dei terminal, messi a confronto, danno un’idea della molteplicità di dimensioni e conformazioni adottate. Riproduzione riservata ©

Venice Marco Polo Airport, Passenger Terminal Extension Masterplan - L’aeroporto, costruito nel 1960, nell’ultimo decennio ha avuto una rapida espansione dei traffici. L’aerostazione, progettata dallo studio Architetto Mar con linee che richiama-

2 - La copertina del volume. 3 - L’aerostazione di Roma Urbe.

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Grandi aeroporti: le ricadute economiche sul territorio di Oliviero Baccelli

In un mondo sempre più globalizzato, dove le grandi distanze non sembrano più rappresentare un ostacolo all’accesso a nuovi mercati e la competitività di un’area viene determinata dalla sua accessibilità, è fondamentale sottolineare l’impatto economico di un aeroporto sul territorio circostante. A differenza del passato, gli scali aeroportuali non devono essere più considerati solamente in un’ottica funzionale, ma bisogna mettere in risalto la loro natura di strumenti di politica economica per la realizzazione di piani di sviluppo nazionali, regionali e locali.

Gli effetti economici derivanti dalla presenza di un grande aeroporto Molteplici risultano essere le motivazioni che spingono gli esperti ad intraprendere lo studio dell’impatto economico degli aeroporti. In particolare, si ricorda l’indagine effettuata da York Consulting (1998) che individua gli obiettivi di un simile studio in tre punti: - fornire informazioni corrette per orientare la discussione su futuri ampliamenti dell’aeroporto; - focalizzare l’attenzione su particolari progetti di sviluppo dell’aeroporto (nuove piste o nuovi terminal); - fornire dati e analisi per una corretta valutazione delle scelte da parte di coloro che pianificano il traffico aereo e, in particolare: devono pensare la ripartizione tra aeroporti facenti parte di un medesimo sistema territoriale; devono inoltre assumere le scelte in relazione ai futuri assetti proprietari dell’aeroporto nell’attuale fase di progressiva liberalizzazione e privatizzazione. L’aeroporto può essere considerato sia come attività economica che come infrastruttura di supporto all’economia regionale. Nel primo caso, l’aeroporto genera valore economico in quanto impresa che effettua grossi investimenti e determina una domanda di lavoro, di beni e di servizi. Per circostanziare questa affermazione, è interessante notare che, sulla base di uno studio effettuato da Gruppo CLAS nel 2006 e riferito a dati del 2005, all’interno dell’aeroporto di Malpensa operano 308 soggetti, con un’occupazione complessiva pari a 14.188 unità, rappresentando così il principale sito produttivo della Lombardia. Nella seconda accezione, l’aeroporto è uno strumento

Large airports: the economic returns for the region by Oliviero Baccelli The evolution of airports, and of the market strategies related to airport development, makes the impact of their operations on the surrounding territory more and more relevant. This article describes the main types of economic effects deriving from the presence of a large airport; the actual assessment effects are essential to provide correct information in order to fuel the debates on the future expansion of these airports and on the planning of transport systems in general. The article also presents the case of Malpensa, illustrating the various types of difficulties that the development of a large airport can run up against.

Nella pagina a fianco e in questa pagina: immagini di aarei, in volo e a terra.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 in grado di aumentare l’accessibilità per le persone e per le imprese determinando una maggiore competitività dell’area. Quindi l’esistenza di infrastrutture aeroportuali e una giusta quantità e qualità di collegamenti aerei generano effetti positivi per il territorio circostante. Sembra, però, che nelle aree poco sviluppate prevalga l’effetto attivante consumi di tipo keynesiano, mentre in quelle più industrializzate si manifestino maggiormente esternalità legate ai benefici derivanti dal servizio di trasporto offerto. Nelle aree più ricche, il trasporto aereo diventa sia un efficace strumento di marketing territoriale che un elemento di politica economica in grado di: - promuovere l’immagine del territorio interessato; - trattenere le imprese già esistenti e di attrarre, come un magnete, quelle aziende il cui assetto produttivo è orientato alla produzione ed esportazione di servizi; - aumentare la competitività dell’aerea; - determinare la crescita del turismo e l’attivazione di eventi culturali e sportivi internazionali; - facilitare gli spostamenti delle persone di medio-lungo raggio per motivi di lavoro o svago. La presenza di un aeroporto genera altri due tipi di effetti: innovation effect e skills effect. Con il primo termine si indica il ruolo svolto dall’aeroporto nell’avviare processi di innovazione sia delle aziende fornitrici di beni e servizi all’intero siste-

1 - Gli effetti economici derivanti dalle attività aeroportuali. Fonte: Gruppo CLAS (2010).

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ma, sia di quelle che usufruiscono del servizio di trasporto merci e passeggeri. Il secondo effetto consiste nel dotare le persone che lavorano nelle vicinanze dell’aeroporto di nuove competenze. Ciò è reso possibile dalla crescente domanda di professionalità e di tecnologie avanzate da parte dell’aeroporto.

Difficoltà di sviluppo di grandi aeroporti: il caso di Malpensa Lo sviluppo di Malpensa è stato contraddistinto da un’incredibile altalena di eventi, che nel corso degli ultimi due decenni hanno evidenziato una seria difficoltà da parte del Sistema Italia nella pianificazione strategica delle infrastrutture e dei territori. Infatti, dopo essere stato inserito nella lista dei principali progetti europei del programma Trans-European Network (TEN-T) nel 1994, sulla base di un ambizioso programma di integrazione fra più modalità di trasporto e di una specifica regolazione dei traffici aerei fra Malpensa e Linate, l’obiettivo governativo era di creare le condizioni affinché potesse divenire l’hub di riferimento per i traffici del Sud Europa. Questo obiettivo era condiviso dagli esperti europei del Christophersen Group, che aveva vagliato i diversi progetti provenienti dai Paesi appartenenti alla Comunità Europea, sulla base della verifica oggettiva che il


TRASPORTI & CULTURA N.32 bacino di traffico di riferimento di Milano è il terzo dopo Londra e Parigi. In sintesi, nel 1994 e nel 1995, quando l’aeroporto movimentava meno di 5 milioni di passeggeri l’anno, è stato certificato dal Consiglio Europeo e dal Governo Italiano che Malpensa aveva un potenziale di primaria infrastruttura aeroportuale in grado di poter svolgere il ruolo di hub intercontinentale e che sulla base di queste ipotesi poteva accedere a finanziamenti agevolati dalla Banca Europea degli Investimenti ed un contributo a fondo perduto di 60 miliardi di lire da parte della Commissione Europea, su un totale di 2.000 miliardi di lire di investimento, equamente ripartiti fra finanziamenti pubblici e fondi della società di gestione aeroportuale. Nei mesi precedenti l’inaugurazione, avvenuta il 25 ottobre 1998, una serie di ritardi nella realizzazione delle infrastrutture di accesso hanno fornito le motivazioni per rivedere le normative ministeriali che prevedevano la concentrazione del traffico aereo del sistema aeroportuale di Milano su Malpensa, limitando l’operatività di Linate al solo collegamento con lo scalo di Fiumicino. La battaglia legale fra Governo Italiano e Commissione Europea, incentrata sulle interpretazioni delle norme comunitarie delle regole di ripartizione del traffico fra Linate e Malpensa ha messo a nudo i forti interessi economici che vedevano contrapposte le compagnie aeree, con Alitalia schierata in difesa dell’ipotesi di sviluppo di Malpensa, sebbene in una logica di hub complementare con Fiumicino,

e tutte le altre compagnie europee concordi nel sostenere la necessità di mantenere il maggior numero di voli diretti verso il proprio hub da Linate. Solo nel gennaio 2001, dopo altri tre decreti ministeriali emessi da tre diversi ministri in ciascuno dei tre anni precedenti, viene messa la parola fine alle incertezze normative in merito all’assetto regolatorio del sistema aeroportuale milanese, con un compromesso complesso che ha permesso allo scalo di Linate di recuperare un numero di voli tali da poter raggiungere oltre 9 milioni di passeggeri, rispetto alle ipotesi iniziali che prevedevano per Linate un traffico di solo 2,5 milioni di passeggeri. Nel frattempo queste incertezze avevano minato l’alleanza strategica avviata nel 1998 fra Alitalia e il vettore europeo con le maggiori complementarietà in Europa, l’olandese KLM. L’esito di questa situazione è stato che dal 30 aprile del 2000 Alitalia e la SEA sono state costrette a rivedere i propri piani industriali e le prospettive strategiche del sistema aeroportuale di Milano. Nell’arco temporale di meno di due anni dall’inaugurazione, lo scenario di sviluppo previsto per Malpensa è stato completamente rivisto e le aspettative di un ruolo quale hub del Sud Europa rimangono frustrate dall’incapacità da parte del vettore di riferimento di offrire un modello organizzativo in grado di competere realmente sui mercati intercontinentali. Il colpo di grazia arriva dopo molti segnali di difficoltà da parte di Alitalia, che nella primavera del 2008 trasferisce i pochi voli

2 - Istantanea in aeroporto.

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3 - Aerostazione di Venezia Tessera. 4 - Aereo in pista.

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intercontinentali rimasti a Malpensa a Fiumicino, cancellando così l’originale progetto di dotare il Paese di un grande aeroporto con funzione di porta di accesso ai mercati mondiali per una elevata percentuale di passeggeri in transito provenienti o diretti alle regioni periferiche dell’Italia. Ma se il progetto iniziale è tramontato e il numero di passeggeri in transito si è ridotto al lumicino, non è sicuramente venuto meno il ruolo di volano dell’economia lombarda per un aeroporto che nel

TRASPORTI & CULTURA N.32 2011 ha gestito oltre il 50% del traffico passeggeri della Lombardia e oltre il 50% dell’air cargo da e per l’Italia. Infatti il principale presupposto iniziale del progetto, che la Lombardia è il terzo bacino di mercato per potenzialità di traffico e che deve poter avere un adeguato sistema aeroportuale per poter rispondere alla domanda, è evidenziato dai numeri dei passeggeri con origine e destinazione nei tre aeroporti del sistema aeroportuale lombardo, pari a oltre 36 milioni di unità nel 2011.


TRASPORTI & CULTURA N.32 Sottraendo i passeggeri solo in transito dai dati di traffico degli aeroporti dell’area di Francoforte, di Madrid e di Amsterdam, il dato relativo alla rilevanza della Lombardia viene confermato. Inoltre tenendo conto delle difficoltà tecniche di Linate e di Orio al Serio a poter superare la soglia dei dieci milioni di passeggeri, a causa delle limitazioni imposte da infrastrutture (numero di piazzali di sosta degli aeromobili, dimensioni dei terminal, numero di piste) che non è ipotizzabile poter superare, Malpensa ha il ruolo di dover accogliere la gran parte dei futuri sviluppi del traffico aereo in Lombardia nei prossimi decenni. L’esperienza europea, con i casi di Monaco di Baviera (1996), Oslo (1998), Berlino (2012), ha evidenziato che la realizzazione di nuovi grandi aeroporti comporta la chiusura degli scali minori nella stessa area, questo per permettere di valorizzare le economie di scala e di rete per le compagnie aeree e per le società di gestione aeroportuale. Nel caso del sistema aeroportuale lombardo, questo non è avvenuto, pertanto la valorizzazione degli effetti territoriali degli aeroporti deve avvenire in una logica multipolare, che, se ben gestita, potrebbe portare vantaggi importanti in termini di competizione fra compagnie aeree e differenziazione del servizio per far fronte alle sempre più complesse e articolate esigenze della clientela degli aeroporti. In caso di mancata pianificazione con logica sistemica o peggio ancora, con continui cambi delle strategie di regolazione dei traffici, come avvenuto in Lombardia, il rischio è l’incertezza per gli operatori, la duplicazione dei servizi offerti ed effetti territoriali complessivamente minori di quanto ci si potesse attendere. Riproduzione riservata ©

Bibliografia Airports Council International, (2007) Leading, Serving, Representing The Global Airport Community, Airports Council International Ginevra. Baccelli O., Senn L., (2004) Il trasporto aereo in Italia, le imprese e le politiche, Egea Milano. Baccelli O., Zucchetti R., (2001) Aeroporti e Territorio: Conflitti e opportunità di sviluppo, Egea Milano. Borel G., (2006) Aéroports: Impact économique et social, ACI Europe Parigi.

5 - Panoramica dell’aeroporto Marco Polo di Venezia. Foto Daniele Resini.

Di Palma P., Paviotti R.S. (2008), Dossier Malpensa, Procom, Roma. Sinatra A. (a cura di), (2001) Lettura dei sistemi aeroportuali: strategie e indicatori, Edizioni Angelo Guerini e Associati Milano.

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L’aeroporto internazionale di Dubai di Marco Pasetto e Giovanni Giacomello

L’aeroporto internazionale di Dubai, situato a soli 4 km dal centro della città, rappresenta oggi una delle più grandi infrastrutture aeroportuali del Medio Oriente ed uno degli scali a maggior traffico internazionale nel mondo. Dubai è un emirato governato dalla famiglia Maktoum ed è il secondo più grande dei sette che costituiscono gli Emirati Arabi Uniti (UAE). La popolazione è pari a circa 2 milioni di persone (2010), di cui la maggioranza proviene tuttavia dall’estero. Forza naturale di Dubai è la sua secolare tradizione commerciale. Gli Emirati Arabi Uniti stanno puntando in questi ultimi anni a diventare una metà turistica, commerciale e finanziaria, ospitando diversificate conferenze, manifestazioni ed eventi (di tipo sportivo, culturale, scientifico), anche per compensare il potenziale calo delle riserve di petrolio, destinato a ripercuotersi negativamente sull’economia, che nel greggio ha la principale fonte di sostegno. Dubai, quindi, si sta gradualmente trasformando in un polo turistico, implementando progetti sempre più accattivanti, quali, la realizzazione di penisole a forma di palma, di isole che riproducono la forma del “mondo”, la costruzione di un parco di divertimenti “Dubailand”, lo sviluppo del parco sciistico invernale, l’edificazione di opere ambiziose come il Burj Khalifa (edificio attualmente più alto del mondo, con i suoi 828 m). Questi e altri progetti stanno trasformando il piccolo Emirato che, nel panorama mediorientale, pare destinato nei prossimi 20 anni a proporsi come uno dei ricettori turistici mondialI di punta (con un aumento del 6,7 %, rispetto al 4,1 % della media mondiale). L’investimento nei progetti turistici di Dubai è animato dall’aumento del reddito pro capite (che si prevede raggiungerà 69.500 $ nel 2013) [2]. Dal punto di vista politico, lo sceicco Ahmed bin Saeed Al Maktoum controlla la compagnia aerea “Emirates Airways” (che quindi è completamente di proprietà del governo ed è la compagnia di bandiera dell’emirato di Dubai) ed, essendo il ministro responsabile del Dipartimento dell’Aviazione Civile, controlla l’Autorità Aeroportuale e l’Autorità dell’Aviazione della regione. Questo tipo di gestione permette a Dubai un’azione sinergica su spese ed investimenti, agendo anche negli interessi della compagnia aerea dell’Emirato[3] [4]. All’interno del gruppo “Emirates” l’entità principale è l’azienda “Emirates Airlines”, ma vi sono molte altre società collegate al gruppo che coprono molti altri comparti dell’aviazione e del turismo (come i servizi a terra per i passeggeri e gli aeromobili, la loro gestione e distribuzione, le merci e la loro movimentazione). Ciò comporta che la compagnia, sfruttando la sua posizione di monopolio all’interno dell’aeroporto e la presenza di tasse aeropor-

The international airport of Dubai by Marco Pasetto and Giovanni Giacomello The international airport of Dubai is one of the largest airport infrastructures in the Middle East. Dubai is developing into a tourist hub, with increasingly attractive projects. To service the 70 million passengers estimated yearly, an expansion programme was instituted in 2002, divided into three important projects: the first involved the construction of the passenger terminals (Terminal 3, Concourses 2 and 3), the second the construction of a cargo terminal, the third involved the extension of the infrastructures. The first two projects were built in 2008, while the third was completed only recently. The Concourses and the Terminal are divided into different levels, to which the passengers gain access by means of panoramic elevators, and which contain: duty-free shops, various types of waiting rooms, wellness clubs, hotels, restaurants and meeting rooms. Given the current rapid increase in traffic, investments have been planned to expand the existing facilities and to build the new “Dubai World Central” international airport, which is destined to be the largest in the world.

Nella pagina a fianco: riproduzione della copertura (in alto) e del progetto d’insieme (in basso) del Terminal 3.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 tuali molto basse, abbia un enorme guadagno [3] [4]. La compagnia aerea “Emirates Airways”, come molte altre del Golfo Persico, non avendo un bacino naturale di utenza che sostenga i suoi volumi di traffico, è stata costretta a sviluppare una forte rete di servizi di collegamento tra vari aeroporti e a conquistare quote sempre maggiori di flussi tradizionali di traffico tra gli aeroporti asiatici ed europei [3] [4]. In definitiva si è presentata la necessità di una crescita della capacità aeroportuale mediante il potenziamento dell’aeroporto esistente e la costruzione di una nuova infrastruttura, determinata, oltre che dalle ragioni sopra riportate, da: - l’attitudine della compagnia aerea di bandiera a coprire nuove rotte e ad incrementare il proprio parco aeromobili; - l’aumento della capacità degli aeromobili e, quindi, dell’offerta; - l’orientamento prevalente a realizzare nuovi scali in grado di soddisfare le esigenze di volumi di traffico previsti nel futuro prossimo; - l’esistenza di un mercato altamente competitivo, sia all’estero, che in ambito locale.

1- Tabella 1: sviluppo dell’aeroporto Internazionale di Dubai.

2 - Tabella 2: classifica del traffico passeggeri degli aeroporti più importanti del mondo.

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La storia L’aeroporto Internazionale di Dubai nasce nel 1959, con la costruzione di un piccolo terminal, un piccolo edificio a servizio degli aeromobili, una pista di decollo/atterraggio e un piazzale di sosta in sabbia compattata. Nel 1965 lo sceicco Sheikh Rashid richiese che la pista fosse ricostruita in calcestruzzo, a causa delle molte buche presenti nella pista di sabbia. Nel 1970 venne costruito un nuovo terminal e venne ricostruito anche il piazzale di sosta per gli aeromobili. Tra il 1980 e il 1990 l’aeroporto divenne base d’appoggio per voli intercontinentali. Nel 1997 venne, quindi, predisposto un nuovo master plan, che portò all’apertura nel 1998 del Terminal 2 (con la capacità di aggiuntivi 36 banchi di check-in). Il Concourse 1, aperto nel 2000 e rinominato terminal “Sheikh Rashid”, è lungo 800 m ed è collegato all’area dei check-in tramite delle passerelle pedonali poste in un tunnel lungo 300 m. Il terminal “Sheikh Rashid” ha 189 check-in e al suo interno


TRASPORTI & CULTURA N.32 hanno sede: il Dubai International Hotel (con 340 stanze da 5 stelle), 2 centri benessere, 14 ristoranti, un centro medico e sale d’attesa di diverso tipo [6]. Già nel 2006 l’aeroporto di Dubai si collocava al 27° posto nella classifica del traffico passeggeri (tabella 2) ed al 13° in quella del traffico merci mondiale.

I recenti sviluppi Attualmente l’aeroporto Internazionale di Dubai può raggiungere una capacità di 60 milioni di passeggeri e dispone di quattro terminal: uno per le merci e tre per i viaggiatori. I terminal 1 e 3 sono collegati tra loro: il 3 è utilizzato esclusivamente dalla compagnia aerea Emirates, mentre il Terminal 2 è separato dagli altri ed utilizzato soprattutto per i voli charter regionali. Un servizio di bus navetta collega il Terminal 2 con i rimanenti. Nel 2002, il Dipartimento dell’Aviazione Civile di Dubai, sotto le direttive dello sceicco Hamdan bin Mohammed bin Rashid Al Maktoum (presidente del consiglio esecutivo di Dubai), con un pro-

gramma di espansione da 4,5 miliardi di dollari, progettò di portare la capacità dell’aeroporto a 70 milioni di passeggeri, aggiungendo un terzo terminal (destinato esclusivamente alla compagnia aerea di bandiera), due Concourse, un padiglione VIP per la Dubai Royal “AirWing”, un parcheggio e un terminal cargo. L’espansione è stata suddivisa in tre grandi progetti: il primo ha visto la costruzione delle strutture passeggeri (Terminal 3, Concourse 2 e 3), il secondo ha portato alla realizzazione del terminal merci, e il terzo ha riguardato l’ampliamento delle infrastrutture aeroportuali (i piazzali a nord e a sud e le piste di rullaggio circostanti il Concourse 2, le strade per i mezzi di servizio a terra sull’area aeroportuale, le luci delle piste di rullaggio e del piazzale, il tunnel per i passeggeri e i servizi di connessione tra il Concourse 2 e il Terminal 3). I primi due progetti sono stati realizzati nel 2008, mentre il terzo è stato da poco completato. I Concourses e il Terminal sono divisi in diversi livelli, a cui i passeggeri possono accedere spostandosi per mezzo di ascensori panoramici, nei quali sono presenti: duty-free, sale d’aspetto di vario

3 - Foto dal satellite dell’aeroporto internazionale di Dubai. Fonte: Google Maps 2012 .

4 - La posizione geografica dell’emirato di Dubai. Fonte: Google Maps 2012.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 tipo, club benessere, hotel, ristoranti e sale per meeting. Il Terminal 3 - Progettato da Aéroports de Paris [9], ha la forma di un’ala d’aereo e una lunghezza di 1 km. Il Terminal 3, situato al di sotto della pista di rullaggio e collegato direttamente con il Concourse 2, favorisce con la sua architettura un facile passaggio dei passeggeri (in entrata e in uscita) e riduce i percorsi di movimentazione a terra. Questo differenzia fortemente il Terminal 3 dal Terminal 1 esistente, che è collegato al Concourse (chiamato “Terminal Sheikh Rashid”) attraverso un tunnel. Le sale di arrivo e di partenza, poste a differenti livelli e progettate per essere un unico grande spazio pubblico, sono situate ad una quota di 10 m al di sotto del livello del piazzale e delle piste di rullaggio. I passeggeri possono orientarsi mantenendo il contatto visivo, da un lato con l’area aeroportuale, e dall’altro con il Concourse 2 attraverso due atri con facciate completamente di vetro. Per l’arredamento delle sale d’attesa del Terminal 3 è stata scelta un’azienda italiana leader nella lavorazione del cuoio e della pelle, che ha già arredato alcuni tra i più grandi aeroporti internazionali. Poiché il Terminal 3 è uno spazio “sotterraneo”, in caso di incendio, è stato progettato un sistema di ventilazione per assicurare l’uscita del fumo e per garantire la sicurezza dei passeggeri. I movimenti a terra, tra il piazzale e il Terminal 3, sono garantiti tramite una serie di tunnel e rampe a più livelli per l’entrata e l’uscita dei mezzi di servizio. Gli elementi strutturali sono stati progettati in modo da resistere alle vibrazioni e agli effetti del passaggio di aeromobili Boeing B747 e Airbus A380 sul piazzale sovrastante. A causa della grandezza e della profondità dello scavo al di sotto del livello della falda (23,5 m), la tensione sui pilastri è utilizzata per contrastare l’enorme spinta idraulica. Il parcheggio per auto a due livelli è posto all’interno di un’area panoramica, consentendo di vedere dalla strada sia il Terminal 3 che il Concourse 2. Il terminal, inaugurato alla fine del 2008, comprende: un centro medico, un grande duty-free, 14 ristoranti, coffee shops, sale d’attesa e 2 hotel. Alcuni dati del Terminal 3. La superficie complessiva ammonta a 1.000.000 m² (incluso il parcheggio in sotterraneo e in superficie con 2.600 posti auto), per una capacità di 6 milioni di passeggeri all’anno (13.500 passeggeri all’ora), garantita da 185 checkin e 14 nastri per i bagagli (caroselli). Sono presenti negozi e duty-free (per una superficie totale di 15.000 m²). La struttura sotterranea multipiano presenta una dimensione di 450 m x 500 m, per 21,7 m di profondità [6]. È anche presente una stazione (4.800 m²) della metropolitana (“Light Rail Transit”), la quale collega l’aeroporto al resto della città.

4 , 5 e 6 - L’aeroporto di Dubai nel 1960 (in alto), nel 1970 (al centro) e nel 1980 (in basso).

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Il Concourse 2 - Direttamente connesso al Terminal 3, il Concourse 2, è lungo 950 metri ed è dedicato esclusivamente alla compagnia aerea “Emirates”. Inaugurato nel 2008, il Concourse è stato progetto dal gruppo Dar Al-Handasah (Shair e partners). L’edificio include una struttura a più livelli per gli arrivi e le partenze, e dispone di 59 ponti mobili per l’imbarco dei passeggeri direttamente sull’aereo; di questi, 5 sono dedicati ad aeromobili Airbus A380. Il Concourse 2 è collegato al Terminal 1 (“Sheik Rashid”) e alla torre di controllo. All’interno della nuova struttura vi sono gli uffici di alcune autorità di Dubai: quella per l’Aviazione

Civile, quella per la Sicurezza dell’Aviazione Civile, i servizi per il traffico aereo, la Società Aeroportuale, una società di progettisti e di ingegneri e il Club di Aviazione di Dubai. Trovano collocazione inoltre: outlet, ristoranti, centri commerciali, duty-free (15.000 m2), negozi, hotel (con 300 camere da 5 e da 3 stelle), club di benessere. I negozi sono organizzati come se fossero su una strada, per una lunghezza di 450 m [6] [10]. Anche nel Concourse 2, come nel Terminal 3, per l’arredamento delle sale d’attesa la scelta è caduta su un’azienda italiana. Il Concourse 3 - Il terzo Concourse, progettato dal gruppo Dar Al-Handasah (Shair e partners) e aperto nel 2009, è stato sistemato in modo da poter accogliere un più grande numero di passeggeri ed è interamente dedicato ai voli dell’Airbus A380. È una versione in scala ridotta del Concourse 2 e, con una larghezza di 90 m e una lunghezza di 645 m, copre un’area di 528.000 m2. Possiede 20 ponti di imbarco, 18 dei quali sono riservati all’Airbus A380, e 6 uscite per accedere a piazzole “remote”. I Concourses 2 e 3 sono collegati tra di loro tramite treni elettrici, che a loro volta assicurano gli spostamenti verso la nuova rete della metropolitana di Dubai. Il Concourse 3 è anche collegato ai livelli pubblici del Terminal 3 grazie ad un “people mover” automatizzato e ad un servizio di trasferimen-


TRASPORTI & CULTURA N.32 to bagagli via tunnel. Il Concourse 3 ha 11 piani con sportelli di 50 compagnie aeree, delle sale climatizzate, un’area di vendita di 11.000 m², un hotel a 5 stelle con 32 camere, un hotel a 4 stelle con 170 camere e 2 ristoranti [6] [10]. Il Mega Terminal Cargo - Il parco merci all’aeroporto internazionale di Dubai è uno dei più grandi del mondo. Nel 2004 le previsioni di crescita indicarono un futuro aumento della domanda e, quindi, la necessità di un ampliamento delle strutture esistenti. Il nuovo terminal, aperto nel 2008, ha una superficie di 115.000 m² e ha toccato quota 1,9 milioni di tonnellate di merci nel 2009, ma sarà in grado di raggiungere una capacità di 2,4 milioni di tonnellate nel 2012 e di 3,6 milioni nel 2015. Il Mega Terminal Cargo comprende gli uffici per i servizi (operatori merci, sicurezza e compagnie aeree), collocati al piano superiore rispetto al piano di smistamento merci, un parcheggio multipiano con una capacità di circa 600 automobili e un ponte (superficie di 35.000 m²) di connessione tra il terminal e il parcheggio. Il terminal è costituito da due livelli: uno dove avviene la movimentazione delle merci ed un altro, superiore, dove queste vengono immagazzinate. Al centro del terminal vi è anche una sala riservata allo stoccaggio di merci speciali (materiali deperibili, oggetti preziosi, ma-

teriale pericoloso e animali) [10]. Il Flower Center - Il centro per l’importazione e l’esportazione dei fiori, aperto nel 2006, è stato costruito per effettuare un trattamento speciale dei prodotti (negli ambienti dell’intera struttura viene mantenuta una temperatura tra i 2°C e i 4°C). L’edificio, con un design innovativo e all’avanguardia, è situato in posizione centrale rispetto alla configurazione dell’aeroporto ed occupa una superficie di circa 100.000 m², che include le aree di esportazione e gli uffici. La capacità produttiva del centro può raggiungere le 180.000 tonnellate all’anno [6] [10]. I piazzali di sosta e le piste di rullaggio - La superficie del piazzale di sosta attorno al Concourse 2 è stata ampliata nel 2003 e l’area dispone, dopo l’intervento, di 27 stalli per aerei di grandi dimensioni, di cui 5 riservati per accogliere l’Airbus A380. Le piste di rullaggio sono state allargate (per dare la possibilità all’Airbus A380 di transitare) ed è stata costruita una seconda pista di decollo e atterraggio. Anche il piazzale attorno al Terminal 2 è stato ampliato, per fornire ulteriori stands e consentire il rullaggio degli aeromobili. L’aumento della superficie dei piazzali e delle piste è un vantaggio per un aeroporto già trafficato, perché i movimenti a terra degli aerei devono essere coordinati con la

7 - Riproduzione del progetto della “Light Rail Transit Station”.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 stessa precisione con la quale viene controllato il traffico in aria [6]. La Royal “Airwing”- Con una superficie di 17.000 m2, l’hangar è dimensionato per la sosta e la manutenzione di 8 aeromobili Boeing B747 e Airbus A380, di altre tipologie di aeromobili di piccole dimensioni e di elicotteri. La struttura dispone anche di: un sistemi di trasporto bagagli e merci, ponti di imbarco per passeggeri, un piazzale con superficie di 250.000 m2 e sale di imbarco per VIP con superficie di 1.200 m2 [10]. La metropolitana - Dal 2002, anno in cui è iniziata la costruzione della nuova metropolitana di Dubai, sono state realizzate due stazioni: una nel Terminal 1 e l’altra nel Terminal 3. La linea verde, inaugurata nel gennaio del 2012, dall’aeroporto di Dubai giunge fino all’ospedale cittadino ed è la più lunga metropolitana completamente automatizzata del mondo [10].

8 - Riproduzione del progetto del Concourse 2.

9 - Sezione trasversale del Concourse 2.

10 - Foto del Concourse 2 in costruzione.

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Il prossimo futuro Le previsioni sullo sviluppo del sistema aeroportuale di Dubai indicano che entro il 2020 il traffico passeggeri e merci crescerà con un tasso medio annuo rispettivamente del 7,2 % e 6,7 %; in quella data si prevede che il numero di passeggeri possa raggiungere i 98,5 milioni. In vista di questo significativo aumento della domanda, sono stati previsti cospicui investimenti, sia per l’ampliamento dell’impianto esistente, che per la realizzazione di un nuovo aeroporto: l’aeroporto Internazionale “Al Maktoum”, noto come “Dubai World Central”. Questo aeroporto è destinato a diventare il più grande del mondo, paragonabile per numero di passeggeri e per dimensione alla combinazione degli aeroporti di: Chicago “O’Hare”, New York “JFK” e Los Angeles International. Il nuovo aeroporto potrà gestire 160 milioni di passeggeri all’anno a regime e avrà: sei piste parallele (di 4,5 km di lunghezza), permettendo l’atterraggio simultaneo di quattro


TRASPORTI & CULTURA N.32 aerei; sei Concourses e tre terminal, di cui uno più piccolo per vettori “low cost” e per voli charter. La struttura per le merci è destinata a gestire 12 milioni di tonnellate all’anno. L’aeroporto Al-Maktoum, che ha aperto nel 2010 per le operazioni cargo e nel 2012 per il servizio passeggeri, è stato costruito nella regione di Jebel Ali, pressoché equidistante da Dubai e Abu Dhabi, e sarà completato nel 2015. Il vettore Emirates ha in programma di spostare la sua base e la sua enorme flotta di Airbus A380 nel nuovo aeroporto già nel 2016. Nel 2020 l’ampliamento dell’aeroporto Internazionale di Dubai porterà la capacità a 80 milioni di passeggeri per anno, per una capacità combinata dei due scali dell’Emirato di 240 milioni di passeggeri [1] [12].

Conclusioni L’aeroporto di Dubai è riuscito negli ultimi anni a divenire uno dei principali aeroporti del mondo e la costruzione del nuovo scalo lo porterà ad essere anche uno dei più grandi. Lo sviluppo di un nuovo aeroporto di grandi dimensioni, vicino alla vecchia infrastruttura, ha dei precedenti. Dopo la seconda guerra mondiale, per esempio, l’aeroporto “La Guardia” di New York fu ampliato e, allo stesso tempo, fu costruito l’aeroporto Internazionale “John F. Kennedy” a 17 km di distanza, pur continuando entrambi ad operare quasi a piena capacità. In realtà, se per la New York del primo dopoguerra (l’area metropolitana più popolosa e il centro finanziario per antonomasia) gli aeroporti erano un riflesso della sua importanza, per la Dubai del 21° secolo (seppure centro finanziario e imprenditoriale) gli aeroporti sono strumenti per rendere

la città una destinazione turistico-commerciale importante [8]. Secondo alcune previsioni, nel 2020 gli aeroporti di Dubai opereranno al solo 36% della loro capacità totale, ciò evidenziando che Dubai potrebbe adottare la stessa strategia di altre città, che hanno chiuso il vecchio aeroporto e spostato tutte le operazioni sulla nuova struttura [1]. Riproduzione riservata ©

Bibliografia e sitografia [1] www.google.com (2012). [2] Marion Murel e John F. O’Connell, Potential for Abu Dhabi, Doha and Dubai Airports to reach their traffic objectives, “Research in Transportation & Management”, 1, 36 - 46, Elsevier (2011). [3] John F. O’Connell, The rise of the Arabian Gulf carriers: An insight into the business model of Emirates Airline, “Journal of Air Transport Management”, 17, 339 - 346, Elsevier (2011). [4] www.dubaiasitusedtobe.com (2008). [5] Guilherme Lohmann, Sascha Albers, Benjamin Koch, Kathryn Pavlovich, From hub to tourist destination - An explorative study of Singapore and Dubai’s aviation-based transformation, “Journal of Air Transport Management”, 15, 205 - 211, Elsevier (2009). [6] www.airport-technology.com (2012). [7] John T. Bowen and Julie L. Cidell, Mega-Airports: The Political, Economic, and Environmental Implications of the World’s Expanding Air Transportation Gateways, “Engineering Earth”, Chapter 50, 867 - 887, Springer Science (2011). [8] www.dubaiairport.com (2012). [9] www.adp-i.com (2012). [10] www.dargroup.com (2012). [11] www.emirates.com (2012). [12] www.dwc.ae (2012).

11 e 12 (al centro della pagina) - Riproduzione della passerella fra Terminal Cargo e parcheggio (in alto) e dell’insieme del Ternubak Cargi (in basso). 13 - Riproduzione e foto (riquadro in alto a destra) del Royal “Airwing”.

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Il progetto di espansione dell’aeroporto Bao’an di Shenzhen di Oriana Giovinazzi

Shenzhen è una delle maggiori realtà industriali e una delle principali località turistiche della Cina. La città, interessata da un processo di rapido sviluppo, occupa una posizione geografica strategica, è infatti situata nella parte meridionale della Provincia di Guangdong, in prossimità di Hong Kong e sulla riva orientale del Pearl River Delta. Il Shenzhen Bao’an International Airport, 32 km a nord-ovest del centro della città, è il quarto aeroporto cinese per dimensione dopo Pechino, Shanghai e Guangzhou; l’infrastruttura è interessata da un processo di espansione che ha portato alla costruzione di una seconda pista e che procede da alcuni anni con la realizzazione del nuovo Terminal 3 la cui conclusione è prevista per il 2035. Negli ultimi anni la Cina è impegnata nella costruzione di nuove infrastrutture aeroportuali in diverse regioni. Sono attualmente in fase di realizzazione oltre 40 aeroporti, che quando saranno completati ed entreranno in servizio consentiranno al Paese di disporre di diversi hub in grado di competere con i grandi aeroporti asiatici. Il Shenzhen Bao’an International Airport è destinato ad essere una di queste infrastrutture all’interno di una regione che registra un’intensa crescita economica ed urbana; l’aeroporto, inaugurato nel 1991, è gestito dalla Shenzhen Airport Authority e occupa attualmente una superficie di 558.000 m². Con una pista di 3.400 m di lunghezza e 45 m di larghezza e con i suoi 57 gate, l’aeroporto di Shenzhen ha gestito nel 2011 circa 28.245.738 passeggeri e 809.363 tonnellate di merci, attestandosi come il 24° aeroporto a livello internazionale. Il masterplan per l’ampliamento dell’aeroporto è stato elaborato con la finalità di incrementare la capacità dell’infrastruttura e di offrire servizi di trasporto di alto livello, operando su tre diverse scale: - globale: è destinato a posizionarsi come gateway internazionale tra la Cina e il resto del mondo; - nazionale: in quanto collocandosi al quarto posto per dimensione tra gli aeroporti cinesi è destinato non solo ad essere un hub per i voli nazionali, ma anche a potenziare i servizi di trasferimento tra voli internazionali e interni; - regionale: oltre 40 città con una popolazione di oltre un milione di residenti si collocano ad una distanza di circa 3,5 ore di volo da Shenzhen, che si attesta quindi ad occupare una posizione strategica in quanto hub regionale e che potrebbe garantire la connessione con i voli a lunga distanza su altre città asiatiche. Il progetto per l’estensione del Shenzhen Bao’an International Airport è il risultato di un concorso

The project to expand the Bao’an airport in Shenzhen by Oriana Giovinazzi The Shenzhen Bao’an International Airport is the fourth largest Chinese airport after Beijing, Shanghai and Guangzhou. The infrastructure, which is located 32 km northwest of the city centre, is currently involved in an expansion process that has led to the construction of a second runway and which is proceeding with the completion of the new Terminal 3, planned for the year 2035. The project is the result of a design competition by invitation – won in 2008 by Italian architects Massimiliano and Doriana Fuksas – for the realization of Terminal 3, which will become the new gateway to Shenzhen and an architectural icon for the Chinese city. The project, which occupies a privileged site on the coast, began after a landfill project completed by the municipal government of Shenzhen, which made it possible to reclaim a surface of 11.89 square kilometers, some of it stolen from the sea. The terminal features an extensive view onto the outdoors and a double enclosure of steel and glass with great visual impact, the unifying element of the entire architectural work. When construction is completed, the new terminal will have a capacity of 45 million passengers.

Nella pagina a fianco: rendering del progetto elaborato dallo studio Fuksas Associati e vincitore nel 2008 del concorso per il Terminal 3 del Shenzhen Bao’an International Airport.

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1 - Rendering del progetto elaborato dallo studio Fuksas Associati per il Terminal 3 del Shenzhen Bao’an International Airport. 2 - Veduta dell’aeroporto attuale. L’aeroporto di Shenzen inaugurato nel 1991 e attualmente oggetto di un processo di espansione, destinato a posizionarsi come gateway internazionale tra le Cina e il resto del mondo.

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di progettazione ad inviti (Fuksas Associati, Foster, FOA, Reiser + Umemoto, Kisho Kurokawa, GMP_von Gerkan, Marg and partner) - vinto nel 2008 dagli architetti italiani Massimiliano e Doriana Fuksas - per la realizzazione del Terminal 3, che sarà la nuova porta di accesso a Shenzhen e un’icona architettonica della città cinese. Il progetto, che occupa una posizione privilegiata sulla costa, è stato avviato dopo un intervento di bonifica gestito del governo municipale di Shenzhen, che ha consentito di recuperare circa 11,89 km² di aree, in parte sottratte al mare. L’apertura della seconda pista - il cui progetto è stato avviato nel 2002 e completato nel luglio 2011 permettendo di risolvere numerosi problemi legati alla saturazione della sua capacità - indica che l’aeroporto entrerà presto in una nuova era per quanto riguarda sia il trasporto passeggeri che quello merci. Parte integrante del progetto di estensione, la pista è stata realizzata parallelamen-

te a quella esistente ed è molto più ampia (3.600 m di lunghezza e 1.600 m di larghezza), tuttavia la sua capacità risulterà ridotta fino alla conclusione dei cantieri per il nuovo terminal. La scelta di progettare la nuova infrastruttura aeroportuale con un’elevata flessibilità per far fronte alla natura imprevedibile del settore, consente di risolvere alcune complessità legate al trasporto aereo che deve unire ad una chiara logica spaziale elevati standard di servizio. Il programma di espansione sarà quindi articolato in diverse fasi temporali in modo da garantire una serie di vantaggi non solo dal punto di vista costruttivo, ma anche dal punto di vista funzionale. Alla fase iniziale (2008-2012), che ha portato alla conclusione del concorso di progettazione e alla realizzazione della seconda pista, ne seguiranno altre tre, fino al completamento del progetto previsto per il 2035.


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La Fase 1 che dovrebbe concludersi nel 2015 (capacità iniziale di 24 milioni di passeggeri l’anno) prevede la realizzazione delle strutture principali del terminal con i suoi primi 36 gates, l’avvio del cantiere per la costruzione di un people mover automatico (APM), di un parcheggio e di un centro commerciale, l’elaborazione di un piano del traffico, alcuni interventi per l’inserimento paesaggistico dell’infrastruttura. L’espansione dell’aeroporto proseguirà con la Fase 2 (2025) secondo le indicazioni fornite nel masterplan, verrà quindi realizzata la prima grande hall e sarà incrementato il numero dei gates, si renderà operativo il terminal satellite (capacità di 36 milioni di passeggeri l’anno) ed entreranno in servizio la stazione ferroviaria e il people mover. Lo sviluppo del lato ovest dell’aeroporto proseguirà fino al 2035 circa, quando il Terminal 3 dello Shenzhen Bao’an International Airport

sarà completato. La Fase 3 seguirà il processo guidato dallo sviluppo della domanda. Il terminal satellite potrebbe infatti essere nuovamente sottoposto ad un processo di espansione e potrebbero essere aggiunti ulteriori ingressi nel corso del decennio successivo; con ogni probabilità procederà inoltre l’espansione del terminal principale, dando continuità ai volumi in termini di materiali e sistemi costruttivi utilizzati. Al termine dei cantieri - con i suoi 62.339 m² di superficie, di cui 26.248 m² utilizzati per uffici e stoccaggio merci - il nuovo terminal avrà una capacità di 45 milioni di passeggeri e di 375.000 spostamenti l’anno, potrà avvalersi di un’area di stazionamento di 902.275 m² che consentirà la sosta di ulteriori 24 aeromobili e garantirà livelli di prestazione di servizio paragonabili a quelli dei grandi aeroporti internazionali.

3 - Fase del cantiere per la costruzione della copertura del terminal aeroportuale. 4 - L’area interessata dal progetto di espansione dell’aeroporto di Shenzhen ed oggetto di un importante intervento di bonifica sul Pearl River Delta.

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5 - Un dettaglio degli elementi in acciaio che caratterizzano la struttura del terminal.

6 - Il Shekou Ferry Terminal, in prossimità del molo Fuyong di Shenzhen, che garantisce un servizio di traghetti veloci con Kowloon, Macao e l’aeroporto internazionale di Hong Kong.

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Il nuovo terminal aeroportuale Il progetto punta a garantire agli utenti alte prestazioni di servizio e un comfort elevato. La percezione che i viaggiatori avranno dell’aeroporto è strettamente legata alla fruibilità e all’immagine del terminal passeggeri e della grande hall. I fattori che più di altri esercitano una certa influenza sulle impressioni degli utenti sono la facilità di orientamento, le distanze di spostamento, i tempi di elaborazione, l’affollamento e la disponibilità di servizi attesi. Ad ognuno di questi aspetti è stato dato particolare rilievo nell’elaborazione dell’idea progettuale. Il terminal è dotato di una vista aperta sull’esterno e di una copertura di grande impatto visivo che costituisce l’elemento unificante dell’intera architettura. La forma è estremamente semplice, ma elegante, studiata anche in funzione della potenziale espansione futura dell’aeroporto. Una certa fluidità caratterizza lo spazio interno. Due aspetti sono determinanti per la progettazione dello spa-

zio, il movimento e la sosta, generati anche dalla presenza di sale di attesa e locali per la vendita al dettaglio. L’atrio è articolato su tre diversi livelli: il piano terra destinato agli arrivi dei passeggeri, il primo piano riservato alle partenze, la piattaforma superiore dedicata ad una serie di servizi complementari. Gli spazi vuoti nella grande hall consentono non solo un collegamento visivo, ma anche il passaggio della luce naturale tra i diversi livelli. L’air-side fornisce gli accessi per quanto riguarda la movimentazione dei bagagli, le postazioni per il check-in, le sale per le partenze e gli arrivi, nonché i caffè e i ristoranti, gli uffici, gli spazi informativi, le strutture destinate ai meeting e a servizi complementari. La sala delle partenze è caratterizzata da spazi molto ampi delimitati da travi di grosse dimensioni, elegantemente illuminati attraverso la diffusione della luce che penetra dalla copertura e crea un’atmosfera interessante e piacevole. Scelte architettoniche e caratteristiche strutturali -


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L’intera struttura del terminal utilizza tecnologie avanzate ed è collocata al di sotto di un’unica copertura a doppio involucro realizzata in acciaio e vetro. La trama in acciaio è connessa ad una serie di colonne che consentono di ripartire i carichi pesanti sulla struttura sottostante in calcestruzzo e sulle fondazioni. L’idea progettuale è quella di una scultura dalla forma organica. L’architettura ondulata e fluida è generata da un sistema strutturale a doppio strato che sostiene luci anche di 80 m di lunghezza. Sistemi computerizzati innovativi hanno permesso di determinare le misure specifiche di ogni singolo pannello metallico e degli infissi vetrati di forma esagonale che coprono una superficie di circa 300.000 m². Il rivestimento esterno utilizza un modulo a nido d’ape ed è collegato ad un telaio interno a capriate articolate indipendentemente dalla forma esterna, ma che genera un’unica unità di supporto. Il tema del nido d’ape, sviluppato nella struttura so-

spesa, viene riproposto all’interno e ripreso a diverse scale in tutto l’edificio (aree per la vendita al dettaglio, atrio, spazi pubblici, controsoffitto). L’involucro permette di filtrare e schermare l’illuminazione naturale, creando interessanti giochi di luce. Le scelte operate per quanto riguarda il design ottimizzano le prestazioni dei materiali selezionati in rapporto alla disponibilità, funzionalità, capacità locale e consentono una riduzione dei costi.

7 - Un dettaglio dell’involucro esterno dell’edificio caratterizzato da un modulo a nido d’ape che permette di filtrare e schermare l’illuminazione narturale, creando interessanti giochi di luce all’interno.

Prestazioni tecniche e ambientali - Il Terminal 3 è stato progettato per diventare un’icona dell’architettura cinese, per garantire comfort e un’esperienza unica ai suoi 45 milioni di passeggeri l’anno, ma anche un’efficienza operativa altamente competitiva ottenuta perseguendo un approccio sostenibile. Grazie alla consulenza dello studio di ingegneria Arup, che ha studiato attentamente le specifiche caratteristiche dell’edificio, è stato possibile elaborare una progettazione in grado di garantire elevati standard di prestazione.

8 - La Airport East Metro Station.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 Le soluzioni proposte e adottate consentono di superare la grande sfida legata alla complessità architettonica della struttura e alla sicurezza degli utenti (sistemi antincendio, piano di evacuazione, etc.), nonché di ridurre significativamente i costi e le operazioni di manutenzione. 9 - Un altro particolare degli elementi di acciaio.

In risposta alle condizioni climatiche che caratterizzano le estati e gli inverni di Shenzhen, l’edificio dispone di un’unica copertura a doppio strato

in vetro e acciaio. Questa soluzione garantisce la resistenza alle intemperie, l’isolamento acustico e termico dell’involucro esterno e funge da barriera per il rumore aereo e l’eccessivo scambio termico, mentre le alte prestazioni dei pannelli di vetro riducono il calore solare. La superficie parallela interna non solo costituisce la struttura per la distribuzione dei servizi, ma utilizza sistemi di riflessione e di ombreggiatura che consentono di ridurre l’impatto visivo e di proteggere gli ambienti dalla luce e dal calore solare, garantendo allo stesso tempo un’abbondante luce artificiale all’interno del terminal e della grande hall. Il design incorpora inoltre ulteriori concetti di sostenibilità e tecnologie innovative, tra cui un deposito di acqua refrigerata, zone di aria condizionata, sistemi per il recupero di calore e di acqua 52

calda dall’energia solare. La finalità è di ottenere una riduzione del 25% l’anno dei costi energetici. Il terminal sarà il primo aeroporto certificato dal National Green Building Star Label in Cina e definirà nuovi standard per gli edifici “verdi” aeroportuali cinesi in termini di riduzione del consumo energetico e dei costi, nonché di utilizzo di prestazioni elevate e di soluzioni innovative per quanto riguarda la sicurezza, i sistemi costruttivi e i materiali impiegati.

Collegamenti e sistemi di trasporto integrati La linea Luobao del metrò collega attualmente Shenzhen con la stazione Airport East, mentre autobus e servizi di minibus garantiscono il collegamento diretto dell’aeroporto con il centro urbano. Sono disponibili inoltre trasporti interurbani che effettuano un servizio dedicato su alcune città vicine (Huizhou, Dongguan, Zhongshan, Zhuhai, Hong Kong e Macao) che nel 2011 hanno gestito lo spostamento di circa 2.100.000 passeggeri. L’aeroporto è dotato di alcune linee ferroviarie per l’aeroporto internazionale di Hong Kong, sul quale i passeggeri possono transitare senza passare


TRASPORTI & CULTURA N.32 il servizio di controllo, come accade per il transito tra due voli. È inoltre operativo un servizio di traghetti veloci con Kowloon, Macao e l’aeroporto internazionale di Hong Kong in prossimità del molo Fuyong. Il progetto di espansione dell’aeroporto prevede la creazione di un nuovo nodo di interscambio e di sistemi di trasporto integrati che serviranno anche il Terminal 3, consentendo un facile accesso a taxi, autobus e metropolitana per spostamenti a breve e lunga distanza.

minuti, e successivamente anche la linea 10 sarà integrata con il nuovo terminal. Riproduzione riservata ©

10 - Particolare dei cantieri sull’esterno.

In particolare è prevista la realizzazione di un ponte e di un collegamento con l’autostrada Guangzhou-Shenzhen che i passeggeri potranno utilizzare per spostarsi da Shenzhen all’aeroporto in 20 minuti. Il Terminal 3 sarà dotato di un nuovo sistema di trasporto in sotterranea e di collegamenti che consentiranno di raggiungere l’aeroporto di Shenzhen in soli 30 minuti dalla città e in aereo da altre località, tra cui Hong Kong, Guangzhou, Dongguan. Una volta terminato il progetto di espansione, il nodo di interscambio servirà il nuovo Terminal T3, l’aeroporto esistente e la metropolitana per il trasporto rapido. La linea 11 della metropolitana collegherà il Futian Central Business District al Terminal 3 passando per la stazione di interscambio di Qianhai in soli 30

11 - Rendering.

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TRASPORTI & CULTURA N.32

Marco Polo, sviluppo dell’aeroporto e progetti di trasformazione del territorio veneziano di Laura Facchinelli

L’aeroporto Marco Polo di Venezia Tessera è posizionato lungo il Corridoio V della rete transeuropea di trasporto. Una recente proposta della Commissione europea relativa alla rete TEN T 2014-2020 colloca il Marco Polo fra i 37 aeroporti della rete centrale europea (core network), ai fini dello sviluppo delle interconnessioni tra le diverse modalità di trasporto. A livello nazionale la strategicità del Marco Polo è confermata dallo “Studio per lo sviluppo futuro della rete aeroportuale nazionale” che pone lo scalo veneziano tra i tre gates intercontinentali del Paese insieme a Fiumicino e Malpensa. Nel 2011 gli aeroporti italiani hanno movimentato oltre 149 milioni di passeggeri. L’Italia è al quarto posto in Europa per volume di traffico. La previsione è di possibile raddoppio (circa 300 milioni di passeggeri) entro il 2030. Il Piano Nazionale degli Aeroporti indica 3 Gate Intercontinentali: Milano Malpensa, Roma Fiumicino e Venezia Tessera. Ci sono altri 13 Aeroporti Strategici: Bari, Bergamo, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Lamezia Terme, Milano Linate, Napoli, Palermo, Pisa e Torino. Gli Aeroporti Strategici sono gli aeroporti che rispondono alla domanda di trasporto aereo di ampi bacini di utenza e sono in grado di garantire nel tempo tale funzione: il Piano Nazionale individua le infrastrutture da realizzare per garantire capacità e livelli di servizio rispetto al traffico atteso. Ci sono poi 8 Aeroporti Primari – Alghero, Brindisi, Ciampino, Olbia, Trapani, Treviso, Trieste e Verona – che attualmente presentano limitazioni allo sviluppo quali vincoli ambientali, accessibilità inadeguata, ostacoli allo sviluppo delle infrastrutture. Seguono, nella classificazione, gli aeroporti di nuovo impianto, atti alla delocalizzazioni del traffico da altri scali. Guardando alle aree geografiche, si rileva che nell’area del Nord Est ricadono gli aeroporti di Venezia, Treviso, Verona, Bolzano e Trieste, per i quali si è registrata complessivamente una delle crescite più rilevanti del traffico aereo: in dieci anni, infatti, il traffico è passato da 7 a 12 milioni di passeggeri: un tasso di crescita annuo del 7,1%, con forte prevalenza del sistema Venezia-Treviso. Il traffico è prevalentemente internazionale, con rotte verso le principali città europee e una rilevante offerta di voli verso i paesi dell’Europa orientale. Si conferma pertanto la vocazione del Nord Est come porta di ingresso all’Italia dai paesi dell’Est. Concentrando l’attenzione sull’aeroporto Marco Polo, si rileva che questo ha segnato, nel 2011, un traffico passeggeri di 8,6 milioni di unità. Nello

Marco Polo, development of the airport and the projects to transform the territory of Venice by Laura Facchinelli The Marco Polo airport in Venice Tessera, a Strategic Airport, faces two distinct challenges: the first is the development of the airport complex to respond to the growth of both the passenger and cargo traffic; the second is the realization of a “traffic hub”, that will make it the largest “gateway” for the mobility network of Northeastern Italy, connected to every means of transportation along the Transeuropean Corridor V. Therefore SAVE, the company that manages the airport, intends to expand the tarmac with a new runway; it has also initiated a feasibility study for an intermodal hub. The key element is the building known as the “Interchange”, which will connect the passenger terminal with the underground station, which will be linked to a complex of transportation infrastructures: the Regional Metropolitan Railway System, the High-Speed railway line, the possible underwater subway to Venice, the People Mover. Around the airport plans include the construction of a large new hub containing sports facilities, shopping, office and residential areas. The “Tessera City” project, which is extremely controversial, is included in the Piano di assetto del territorio (PAT – regional master plan) currently under discussion.

Nella pagina a fianco: due vedute dell’aerostazione dell’aeroporto Marco Polo di Venezia Tessera (foto fornite da SAVE).

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TRASPORTI & CULTURA N.32 scenario del 2030 si prevedono da 12 a 16 milioni di passeggeri. Il Piano Nazionale ha indicato la necessità, per questo aeroporto, di un processo di sviluppo per realizzare un vero e proprio nodo intermodale. Il processo deve avvenire attraverso a realizzazione di importanti infrastrutture di collegamento, di competenza di diversi Enti nazionali, regionali e locali, fra i quali si impone un grande sforzo di coordinamento nelle fasi di pianificazione, progettazione e attuazione futura.

Piano di sviluppo dell’aeroporto Il Marco Polo di Venezia Tessera, Aeroporto Strategico, è chiamato ad affrontare due sfide. La prima sfida è lo sviluppo del complesso aeroportuale per rispondere alla crescita del traffico sia passeggeri che merci. La seconda è la realizzazione di un “nodo di traffico”, così da qualificarsi come primo “gate” nella rete della mobilità del Nordest, collegato a tutte le modalità di trasporto lungo il Corridoio Transeuropeo V. Per realizzare il primo obiettivo la SAVE - società privata che gestisce l’aeroporto - ha predisposto un nuovo Masteplan puntando su standard di sicurezza, efficienza del servizio, ambiente, collaborazione col territorio. Per realizzare il secondo obiettivo, è stato elaborato un disegno nell’area vasta che accoglie l’aeroporto, così da mettere in relazione i collegamenti aerei intercontinentali con le reti ferroviarie e stradali a livello europeo, regionale e locale. Il Masterplan aeroportuale - attualmente all’esame dell’ENAC e pertanto non ancora ufficiale - ha assunto come quadro di riferimento i volumi di traffico previsti, all’incirca 15 milioni al 2030. Il programma prevede l’ampliamento del piazzale aeromobili anche oltre la strada Triestina, collegandosi alla progettata nuova pista: si tratta della terza pista, che si aggiungerà alle due già esistenti (che però non possono operare simultaneamente). Questo ampliamento è molto discusso e anche apertamente contestato, per i temuti effetti negativi sull’abitato circostante per la contiguità con l’area archeologica di Altino. I responsabili della progettazione sottolineano l’irrinunciabilità dell’ampliamento, dato che si tratta di un aeroporto che è anche gate intercontinentale e deve funzionare anche con gli aeromobili di classe più elevata: l’esigenza della seconda pista nasce da questo fatto, più che dal volume del traffico. Il Masterplan aeroportuale prevede, inoltre, la realizzazione del previsto nodo intermodale.

Il masterplan del nodo intermodale

1 - Atterraggio all’aeroporto Marco Polo (foto SAVE).

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SAVE, insieme al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, nel 2008 ha ottenuto il riconoscimento di un co-finanziamento di 2,5 milioni di euro nell’ambito del programma comunitario TEN T, per lo sviluppo nell’arco di un triennio di uno studio di fattibilità per il nodo intermodale dell’aeroporto. I soggetti coinvolti sono: il Ministero (soggetto proponente), SAVE (soggetto attuatore), Regione Veneto, Comune di Venezia, Provincia di Venezia, RFI, ANAS, gestori delle strade e delle autostrade,

enti locali, aziende di trasporto pubblico. Il progetto, denominato “Masterplan finale del nodo intermodale”, ha approfondito la fattibilità tecnica, economica e gestionale del polo di interscambio fra i modi di trasporto aria, ferro, gomma, acqua nell’ambito aeroportuale, come previsto dal Masterplan dell’aeroporto. Ha inoltre verificato la compatibilità delle nuove infrastrutture con l’ambiente e il territorio circostante, delineando i passi per la successiva attuazione dei progetti, con l’identificazione dei fabbisogni di risorse sia pubbliche che private. La pianificazione si è sviluppata nel corso di tre anni con la partecipazione di SAVE, SAVE Engineering e il team di consulenti composto da: OneWorks (studio che da anni è consulente tecnico per SAVE e ha curato il coordinamento), Arup (studio che ha progettato l’ampliamento dell’aerostazione, la stazione ferroviaria, il terminal della metropolitana sublagunare, il people mover), Idroesse Infrastrutture con Steam (che hanno progettato


TRASPORTI & CULTURA N.32 il terminal acqueo e i parcheggi), Net engineering con i tedeschi Ingenhoven Architects (per la stazione ferroviaria ipogea). Fra gli aeroporti già esistenti, è stato assunto come modello l’aeroporto di Berlino Brandenburg, che ha prestazioni e dimensioni analoghe all’aeroporto Marco Polo ed è anche il più recente che sia stato realizzato. Uno studio preliminare è stato presentato nel luglio 2010. Da quel momento è partita la seconda fase, con gli studi di fattibilità - effettuati dai vari consulenti - relativi ai singoli componenti del nodo intermodale. Il Masterplan finale è stato ultimato a giugno 2011. Il Masterplan finale del nodo raccoglie, pertanto, in un quadro unitario i risultati degli studi di fattibilità di ciascun componente del nodo intermodale. Lo schema concettuale ha privilegiato prossimità, densità, migliore livello di accessibilità, puntando su un layout compatto per risparmiare spazio e

una differenziazione di funzioni, disposte in fasce parallele, accessibili autonomamente. Elemento chiave è l’edificio denominato “Interchange”, che collegherà il terminal passeggeri con la stazione ipogea, alla quale si connette un complesso di infrastrutture di trasporto: - Sistema Metropolitano Ferroviario Regionale (previsto entro il 2020); - linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità Venezia-Trieste (prevista entro il 2030); - eventuale metropolitana sublagunare per Venezia; - People Mover di collegamento fra la darsena (Venice Gateway), i parcheggi, l’aerostazione, - sistema dei parcheggi di interscambio e servizi complementari. Il nodo intermodale di Venezia Tessera sarà l’unico caso in Italia e fra i pochi in Europa che potrà connettere, con distanze pedonali inferiori a 300 metri e senza barriere architettoniche, il terminal aeroportuale e la nuova stazione ferroviaria ipogea con

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TRASPORTI & CULTURA N.32 l’intero sistema dei trasporti. Nelle conclusioni, il Masterplan del nodo intermodale indica che, con il completamento delle opere, nel 2030: - 3,8 milioni di passeggeri/anno potranno utilizzare l’Alta Velocità; - 6,6 milioni di passeggeri/anno potranno arrivare in aeroporto con il tram/sublagunare, la linea ferroviaria regionale SFMR, la linea ferroviaria AV;

2 - La futura rete delle connessioni. Le immagini in queste due pagine sono state fornite da SAVE; progetto coordinato da One Works.

3 - Il Masterplan aeroportuale a lungo termine (2030).

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-

9,3 milioni di passeggeri/anno potranno transitare nella Stazione, diretti alle varie modalità di trasporto collegate; - 13 milioni di passeggeri/anno potranno utilizzare il terminal aeroportuale; - 19 milioni di passeggeri/anno in totale transiteranno nell’area, diretti alle varie destinazioni presenti nel Nodo Intermodale. Lo studio stima che la ripartizione modale di arrivo in aeroporto subirà una graduale trasformazione


TRASPORTI & CULTURA N.32 nel tempo, registrando un progressivo incremento della modalità su ferro e la conseguente riduzione delle modalità su gomma. Una volta ultimati gli interventi di potenziamento previsti, l’aeroporto Marco Polo potrà svolgere ottimamente le sue funzioni di terzo gate intercontinentale, con vocazione all’aerea nord-est ampia, comprendente anche Lombardia ed Emilia Romagna. Secondo i progettisti, la prevista connessione con l’Alta Velocità ferroviaria costituisce

un’opportunità unica in Italia (si considera che sia stato un grave errore non collegare, a suo tempo, l’aeroporto di Malpensa). Complesso è stato il disegno dell’area circostante l’aeroporto, finalizzata a consentire gli sviluppi previsti a breve, medio e lungo termine delle varie funzioni. Trattandosi di organizzare un efficiente nodo intermodale, si è avvertita l’esigenza di riorganizzare il sistema degli accessi viabilistici all’area aeroportuale, con percorsi autonomi di collega-

4 - Programma funzionale del complesso del nodo intermodale. 5 - Vista d’insieme del nodo intermodale.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 mento con i principali attrattori di traffico. Il Masterplan ha previsto la salvaguardia, da realizzazioni in futuro incompatibili, dell’area compresa fra la bretella di raccordo autostradale e il fiume Dese, considerata ottimale per la costruzione della prevista nuova pista, che sarà parallela all’esistente.

6 - Le fasi di sviluppo per Terminal Passeggeri (foto SAVE; progetto coordinato da One Works).

Una volta approvato il Masterplan, i progetti verranno avviati. Il cronoprogramma prevede, nel 2013, le valutazioni di impatto ambientale; nel 2014 l’approvazione di progetti e appalti; nel 2015 l’avvio dei cantieri. Cinque anni dopo, nel 2020, è previsto l’avvio dei servizi SFMR in aeroporto1.

Verso Tessera City L’area del Marco Polo non è interessata solo dai piani di potenziamento delle scalo e dalla realizzazione del nodo intermodale. Intorno all’aeroporto è prevista, infatti, la realizzazione di un nuovo grande polo di attività sportive, commerciali, terziarie e residenziali, che andranno a occupare – se 1 Per le informazioni sul potenziamento dell’aeroporto e sul Masterplan per il Nodo Intermodale si ringraziano l’ing. Alessandro Nencha di SAVE e l’arch. Giulio De Carli di One-Works.

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il progetto verrà attuato – un’ampia porzione di terreni agricoli. Il progetto, denominato “Tessera City” è inserito nel Piano di assetto del territorio (PAT)2, attualmente in discussione. Vediamo, brevemente, quali sono i precedenti dell’attuale documento di programmazione, con attenzione all’area aeroportuale, ma anche con un cenno alle trasformazioni subite dal centro storico in tema di mobilità3. Il Primo Piano Regolatore Generale (PRG) di Venezia risale al 1963. Negli anni successivi resta come principio di base, sul piano urbanistico, la tutela della specificità della città storica, garantendo la permanenza dei residenti, a

favore dei quali andavano potenziati i servizi. La formazione, negli anni ’60, dell’isola artificiale del Tronchetto con l’insediamento dei nuovi garage doveva servire ad offrire ai veneziani un servizio efficiente, ai turisti un rapido collegamento acqueo con la terraferma, evitando di impegnare piazzale Roma. Ma la testa di ponte automobilisti2 Il PAT è pubblicato nel sito http://portale.comune.venezia.it/ pat/dvd. 3 Utile, con la sua sintesi molto precisa e aggiornata, il libretto di Stefano Boato, Tessera City, collana Occhi aperti di Venezia, Corte del Fontego, Venezia, 2011. Della stella collana si segnala: Fare a meno dell’acqua, di Maria Rosa Vittadini.


TRASPORTI & CULTURA N.32 ca attrae attività terziarie, commerciali e turistiche. Per porre rimedio al crescente traffico del terminal automobilistico veneziano, nel Piano Comprensoriale del 1979 viene avanzata la proposta dei “terminal”, luoghi di terraferma, lungo la gronda lagunare, scelti per l’insediamento di grandi parcheggi per l’interscambio fra mezzi terrestri e mezzi acquei. Il terminal di Fusina è destinato a raccogliere i traffici provenienti da ovest, il terminal di Tessera, in corrispondenza dell’aeroporto, a raccogliere i traffici da est: entrambi i flussi verranno condotti nel centro storico mediante trasporti acquei. Ma il sistema dei terminal viene attuato solo in parte.

Il Tronchetto viene collegato a piazzale Roma col people mover, mezzo di trasporto pubblico su rotaia; ben presto gli spostamenti vengono incrementati anche dal ponte di Calatrava, fra piazzale Roma e l’adiacente zona della stazione ferroviaria. Come soluzione per “evitare” il terminale e il ponte automobilistico, ha ripreso quota il progetto di una metropolitana sublagunare. L’idea di collegare Venezia alla terraferma con un percorso sotterraneo è, naturalmente, molto discusso, dal punto di vista tecnico-funzionale (a fronte di un costo assai rilevante) e dal punto di vista ambientale (si tratta di incidere su un tessuto urbano prezioso e fragile

7 - Veduta aerea della città di Venezia. Sullo sfondo, l’aeroporto Marco Polo (foto fornita da SAVE).

Negli anni ’90 si trasferiscono nell’isola del Tronchetto uffici privati e pubblici, le cui sedi nel centro di Venezia vengono vendute. Intanto prosegue l’esodo inarrestabile dei veneziani verso la terraferma (oggi i residenti in centro storico sono meno di 60 mila), mentre l’area marciana sempre più si specializza in attività rivolte esclusivamente al turismo. Da notare che uno studio elaborato nel 1989 da COSES e Università su incarico del Comune individuava, per l’afflusso giornaliero medio dei turisti, un limite massimo di 24 mila unità, oltre il quale si sarebbe determinato uno stravolgimento nella vita della città; vent’anni dopo, lo stesso COSES rilevava un afflusso medio di 59 mila unità.

come quello di Venezia). Sta di fatto che, più volte ripresa e poi accantonata (un collegamento sublagunare tra Tessera e l’Arsenale era previsto nel PRUSST del 1999, ripreso nel 2003 nel programma triennale dei lavori pubblici, e riconosciuta di pubblico interesse da parte della giunta comunale), oggi la sublagunare si accompagna al progetto di Tessera City ed è inserita nel Piano di Assetto Territoriale (PAT). E quindi l’ipotesi riprende vigore. Sempre nel 2003 si avvia la redazione di un nuovo piano urbanistico per il terminal acqueo di Tessera. A poca distanza era previsto anche il nuovo stadio, poi allontanato di qualche centinaio di metri, 61


TRASPORTI & CULTURA N.32 tenuto conto dei collegamenti tramite SFMR (Servizio Ferroviario Metropolitano Regionale). Se il piano approvato in precedenza prevedeva 25 mila m² di aree edificate, il piano del 2003 le aumenta a oltre 157 mila m², con destinazione ad alberghi, uffici, attività commerciali, ma senza affaccio sull’acqua della darsena. L’anno successivo si adotta la variante parziale al PRG denominata “Quadrante Tessera” che prevede un ulteriore incremento delle aree urbanizzabili, destinando ad alberghi e attività commerciali-direzionali l’area originariamente individuata per lo stadio. Nel 2007 Società Marco Polo (Casinò) e SAVE presentano alla Regione una “osservazione” alla variante adottata nel 2004, dove si prevede uno scambio delle aree di pertinenza del Comune (già urbanizzate) con aree agricole ad est della bretella aeroportuale di Tessera (da urbanizzare). Le aree edificabili risultano quadruplicate. Si configura quella “Tessera City” alla quale si è già fatto cenno, dove si prevede di costruire, oltre allo stadio, anche alberghi, immobili direzionali e commerciali, con un incremento di oltre un milione di m³.

Uno sguardo al PAT

8 - Marco Polo Venice International Airport, connessioni “seamless” tra i componenti. Immagine fornita da SAVE; progetto coordinato da One Works.

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Attualmente è in discussione un nuovo Patto di Assetto del Territorio (PAT). Nella “Carta della trasformabilità” è presente la grande area destinata a formare Tessera City: l’area, definita “contesto territoriale destinato a programmi complessi”, è indicata come urbanizzabile ed edificabile. Tra questa area e la statale Triestina si vede un’ampia zona libera, destinata al raddoppio delle piste aeroportuali. Nelle cartografie è inserito un tracciato della TAV che corre lungo la fascia di gronda lagunare. È indicata inoltre una “Linea di forza del trasporto la-

gunare”: non è specificato, ma il riferimento è alla sublagunare. Rispetto al PRG vigente si prevedono 2 milioni di m³ in più per attività commerciali, uffici, attrezzature turistiche. Esaminando il documento di programmazione si legge che, per il Quadrante di Tessera, il Comune ha interesse a dotare la città di un nuovo moderno stadio e quello di ampliare la sede di terraferma del Casinò Municipale, oggi a Ca’ Noghera, trasferendolo nell’area della società Marco Polo adiacente al previsto stadio, dove verranno inserite altre attività destinate al tempo libero e attività connesse, con attrezzature a scala territoriale per la logistica. Analizzando più in dettaglio la Carta della trasformabilità comprende le azioni che orientano le trasformazioni e le tutele del territorio ritenute strategiche per raggiungere gli obiettivi di miglioramento del suo assetto. Il territorio del Comune diviso in 12 aree territoriali omogenee; l’aeroporto Marco Polo è inserita nell’area 5 Dese-aeroporto, destinata alla realizzazione di Programmi complessi, nei quali si richiede l’azione integrata e coordinata di una pluralità di attori, sia pubblici che privati. Nell’area vengono individuati due sistemi: - il sistema lungo fiume Dese, corridoio ecologico che comprende bosco di Mestre e spazi liberi: ci sono aree con valenza ambientale che si intrecciano con quelle a valenza storico monumentale del Terraglio; - il sistema lungo l’asse autostradale fino all’aeroporto, che comprende insediamenti e servizi dello scalo aeroportuale, l’ambito di estensione dei servizi del terminal di Tessera, gli ambiti di sviluppo per attività produttive e terziarie. Il PAT prevede il completamento della cintura verde a nord di Mestre, compreso il Bosco di Mestre,


TRASPORTI & CULTURA N.32 sottolineando la necessaria tutela e valorizzazione per il sistema ambientale del fiume Dese. Ma il PAT dichiara di maggiore rilevanza il sistema produttivo, delle attrezzature e dei servizi lungo l’asse infrastrutturale, conferma le attività economiche già previste tra l’autostrada e la ferrovia per Trieste e il forte ruolo del Quadrante Tessera come “sistema di attività di servizio per lo sport e l’intrattenimento e per attività terziarie e direzionali; assume particolar rilievo lo stesso scalo aeroportuale con una maggiore accessibilità dovuta alla connessione ferroviaria e il terminal di Tessera per diversificare gli accessi a Venezia”. Il PAT individua, in coerenza con il Piano Urbano della Mobilità (PUM) il sistema della mobilità e delle principali infrastrutture, in riferimento anche allo scenario internazionale e nazionale che, per il territorio di Venezia, punta sul “Corridoio plurimodale 5” Lisbona-Kiev. Si prevedono diversi interventi di scala regionale e sovra regionale. In particolare si prevede una linea ferroviaria AV/ AC Torino-Venezia. Per la prosecuzione verso il Friuli è necessario individuare, nel territorio mestrino, modalità per creare una linea passante ma anche in grado di servire il territorio mestrino: l’ipotesi progettuale prevede la realizzazione di una linea in galleria lungo la gronda lagunare con una stazione ipogea all’aeroporto Marco Polo. Trasporto pubblico e sistema di accessibilità a Mestre e Venezia sono due sistemi cui viene assegnato un ruolo nuovo. Anzitutto c’è il Servizio Ferroviario Metropolitano Regionale, un nuovo sistema di organizzazione del trasporto ferroviario in grado di ottimizzare la potenzialità delle linee esistenti mediante implementazione dell’orario cadenzato, regolarità di esercizio, interscambio ottimizzato tra le diverse linee, istituzione di nuove fermate.

C’è inoltre il Sistema Tranviario su Gomma (STG) a guida vincolata, con realizzazione di due linee di connessione tra le diverse parti della terraferma e tra questa e la città lagunare. Si prevede inoltre di potenziare il sistema di parcheggi scambiatori, di ristrutturare il servizio pubblico su gomma, di accrescere pedonalità e ciclabilità. Riguardo ai trasporti su Venezia, si constata che i servizi di navigazione da Tessera e Fusina non sono sufficienti per il trasferimento di notevoli quantità di persone: mentre su Fusina si punta ad intensificare il trasporto acqueo, per Tessera si pensa a un collegamento sublagunare per garantire una maggiore accessibilità alla città storica e alle isole della laguna nord. Il PAT, pur individuando la direttrice della sublagunare come linea di fascia del sistema, non assume quella scelta tecnologica come strategica; constata invece che SFMR e STG già comportano una riduzione nel numero di autobus sul ponte ed in piazzale Roma.

Dubbi e preoccupazioni Il programma Tessera City viene contestato da più parti: associazioni culturali e ambientalisti, docenti universitari, commercianti e albergatori. Un attacco molto deciso e documentato è quello di Italia Nostra. In un dossier dal titolo “Venezia, città sotto attacco”, presente nel sito dell’associazione, si accusa il Comune: “il PAT usa il proprio territorio per fare cassa (oneri di urbanizzazione) e inventa, in un territorio fino a oggi agricolo, una nuova città in gronda lagunare… 1.800.000 m³ di cemento .. Quest’operazione, puramente speculativa, è certamente a favore della società aeroportuale SAVE, che ha comperato i terreni a prezzi agricoli e ora

9 - Un’altra veduta dell’aerostazione (SAVE).

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10 - Schema del people mover.

11, 12, 13 e 14 - Rendering del people pover. 15 (a centro pagina) - Veduta panoramica dell’aeroporto (foto Daniele Resini). 16 (nella pagina a fianco, in alto) - Terminal acqueo nel Venice Gateway. Le immagini in queste due pagine sono state fornite da SAVE; progetto coordinato da One Works.

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può farne valere la plusvalenza, apprestandosi anche a costruire una inutile seconda pista per aerei altamente inquinante”. Italia Nostra esprime parere negativo anche sulla linea ad Alta Velocità e sulla sublagunare. Il WWF regionale veneto afferma che alberghi, centri commerciali e sale congressi esulano del core business aeroportuale; inoltre il progetto sarebbe in netto contrasto con il PALAV, piano di area laguna e area veneziana. La stampa locale segue con molta attenzione e senso critico il PAT e, in particolare, gli interventi programmati per l’area di Tessera. “È un grande imbroglio, cementificherà Tessera”, titola il Gazzettino in uno dei tanti articoli pubblicati sul tema: il concetto viene ripreso anche da altre testate, riferito al territorio dell’intera regione. Esplicito il titolo di un articolo della Nuova Venezia: “Veneto sommerso dalla Cemento Spa”. Risulta urbanizzato l’11% della regione, contro il 7.6 medio in Italia. Legambiente dichiara: troppi cantieri, favoriti gli


TRASPORTI & CULTURA N.32 Legambiente dichiara: troppi cantieri, favoriti gli abusi e le mafie. Le preoccupazioni per Tessera City, che occupano le pagine dei giornali da mesi, si inquadrano in un più ampio dissenso per alcuni progetti (e alcune opere già in corso) che riguardano il centro storico di Venezia. Una decina di associazioni ambientaliste si è mobilitato, in questi mesi, per ottenere un deciso cambiamento di rotta perché “Venezia e la laguna sono un bene comune del mondo intero e non una merce”. Riproduzione riservata ©

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Il fenomeno low cost: evoluzione e impatto sul territorio di Giuseppe Siciliano

Il modello low cost nel trasporto aereo nasce negli Stati Uniti d’America nel 1971 quando Southwest Airlines cominciò ad operare con tre Boeing 737 all’interno dello Stato del Texas, espandendo successivamente la propria attività alle regioni sud-occidentali e in seguito all’intero perimetro federale. In Europa la prima a recepire il modello di Southwest fu la piccola compagnia irlandese Ryanair, fondata nel 1985 per effettuare voli di linea dal piccolo aeroporto di Waterford, nel Sud Ovest dell’Irlanda all’aeroporto di Gatwick a Londra. Nell’arco di circa vent’anni Ryanar ha conquistato il mercato europeo, diventando la quinta compagnia al mondo e la prima per passeggeri trasportati su traffici di tipo internazionale, ovvero 71,2 milioni. L’ascesa di queste compagnie è stata possibile grazie alla liberalizzazione dei mercati e al conseguente scardinamento dei vecchi sistemi di privilegi che favorivano le compagnie di bandiera, ma anche grazie alla gestione di manager brillanti, che hanno adottato un modello di business basato su paradigma “low fares, no frills” (basse tariffe, niente fronzoli). Oggi, grazie alle low cost, volare è diventata un’esperienza alla portata di tutti, democratica, di massa.

Gli elementi del successo Per inquadrare gli elementi di successo delle low cost bisogna in primo luogo ricordare che tutto ciò che è stato prodotto in Europa da Ryanair, Easy Jet e altri vettori a basso costo ha avuto il carattere di “novità” e per questo potenzialmente “rivoluzionario”. Questo assioma iniziale permette di comprendere meglio quali sono le differenze rispetto ai traditional carrier e quali sono gli elementi di sofferenza di quest’ultimi nel confronto con le low cost. Iniziando dalla clientela, vero carattere distintivo delle low cost è la non-segmentazione del passeggero e dunque la non-diversificazione del servizio in base alle preferenze di volo. Il servizio di Ryanair o Southwest è standardizzato e non divide i viaggiatori in cluster di riferimento (prima, seconda, business, economy). Per quanto riguarda il network, l’offerta low cost si caratterizza per la scelta di aeroporti secondari, non congestionati dai traffici delle compagnie tradizionali e che garantiscono un maggiore livello di produttività, attraverso la riduzione dei tempi di sosta a terra. Conseguenza immediata sul lato aria è il maggiore sfruttamento del velivolo, le minori perdite di tempo durante le soste in aeroporto (elevato turn around), arrivando a volare fino a

The low cost phenomenon:

evolution and impact on the territory by Giuseppe Siciliano This article describes the evolution of the low cost phenomenon in the air transport market. The main characteristics of the business model are illustrated along with the elements of success that allow the low cost share to grow even in times of market crisis. The impact of low cost carriers on the territory is also analysed, showing how some airports that rely heavily on the operations of low cost carriers can be seen as triggers for the development of their area; correspondingly, attention must be paid to undifferentiated subsidy policies, because in certain cases incentives to low cost operations can be seen as a very inefficient use of public spending that only supports the importation of tourist services.

Nella pagina a fianco, in alto: display con gli aerei in partenza; in basso: il momento dell’imbarco. In questa pagina: veduta dall’aereo in volo.

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1 - Particolare della segnaletica.

2 - Aereo in fase di decollo o atterraggio.

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11/12 ore al giorno (Southwest 16 voli, ovvero fino a 8 stecche giornaliere per il breve raggio), contro le 8/9 dei velivoli delle compagnie tradizionali. La scelta di aeroporti secondari garantisce alle low cost un maggiore potere negoziale nei confronti dei gestori aeroportuali, che molto spesso si traduce nell’erogazione di sussidi e sconti per i servizi di terra, a fronte della garanzia di trasferimento sull’aeroporto di un certo volume di traffico. Sempre in relazione al network, le low cost fanno ricorso al modello di esercizio point to point su scala regionale (internazionale di breve-medio raggio e domestico), che garantisce semplicità organizzativa ed elimina i costi legati alla gestione del passeggero in transito. Questo può comportare una minor capillarità del network, ma offre vantaggi in termini di presidio del territorio. Il carattere distintivo delle operazioni riguarda la flotta, standardizzata attraverso il ricorso a pochi modelli, anzi generalmente ad un unico modello di aeromobile di dimensioni ottimali per il trasporto di breve raggio. È così per Southwest, che dispone di 567 Boeing 737, per Ryanair la cui flotta si compone di 294 Boeing 737, mentre Easy Jet ricorre a 150 Airbus A319 e 33 A320. I vantaggi sono evidenti: la standardizzazione delle operazioni di terra e di aria, i risparmi legati all’addestramento del personale, la possibilità di acquisto a stock dei velivoli, con strategie di negoziazione con i fornitori estremamente aggressive, finalizzate alla ricerca del margine di sconto più elevato. Inoltre il modello organizzativo del servizio low cost è quello di tipo virtuale, concentrandosi solo sul core business delle operazioni di volo e ricorrendo a soggetti esterni a monte e a valle della filiera per l’erogazione del servizio. Per quanto riguarda le politiche del personale, le low cost adottano sistemi contrattuali basati sulla flessibilità, i cui premi e rendimenti sono legati alla produttività. Inoltre si elimina il più possibile l’overnight, ovvero la gestione della risorsa in trasferta in caso di fine turno. Le politiche di marketing, assistenza al cliente e distribuzione delle low cost si caratterizzano per l’eliminazione della pre-assegnazione del posto a bordo (opzione possibile a pagamento), della possibilità di through check-in, dei programmi di fidelizzazione Frequent Flyer, dei servizi di catering gratuiti (c.d. no frills) di ogni intermediazione nella distribuzione al cliente, che viene effettuata solo via web, evitando il ricorso ai CRS (Computer Reservation Systems, ovvero complessi sistemi utilizzati dalle agenzie di viaggio per effettuare le prenotazioni). Questi i principali elementi operativi che hanno garantito il successo delle low cost e che ne caratterizzano l’offerta. Pare comunque limitante ascrivere solo a queste categorie e, più in generale, al controllo dei costi, la forza dirompente che questi new comers hanno avuto su mercati consolidati, come quelli del trasporto aereo negli Stati Uniti e in Europa rispettivamente fino agli anni ’70 e ’90. Ampliando il raggio di osservazione, possiamo ritenere che le low cost abbiano realmente modificato la psicologia della clientela del trasporto aereo, stressando l’idea di servizio quale scambio tra cliente e compagnia, dove a benefici (basso costo) corrispondono sacrifici (scomodità). Sottostà a questo modello di business la necessità di una più ampia collaborazione tra tutti i soggetti che intervengono nella catena di trasporto con l’obiettivo di creare un sistema di valore allargato, dove ognuno mette a disposizione le risorse di cui di-

spone per aggiungere valore ad un prodotto finale da cui tutti possano trarre beneficio.

L’impatto delle low cost Abbiamo già accennato alla clientela, segnalando come il modello di business low cost si caratterizzi per la non-segmentazione del passeggero. In realtà a questo modello di trasporto corrisponde una netta categorizzazione della clientela, in price sensitive e quality sensitive. Con le low cost la variabile dominante nella scelta del servizio diventa il costo del biglietto. Se prima i passeggeri potevano essere divisi in business e leisure, adesso conta solo la scelta del prezzo o della qualità del prodotto. Si produce così una tendenza alla commoditizzazione del servizio, trasformando il trasporto aereo in un bene di massa, accessibile a tutti. Vengono attratti dalla low cost non solo viaggiatori leisure ma anche quei passeggeri business che ridimensionano le proprie pretese in relazione al viaggio di lavoro, diventando anch’essi price sensitive, con l’obiettivo di rendere le trasferte lavorative meno incisive nei bilanci aziendali. Inoltre si genera nuova domanda: i passeggeri che prima non avrebbero volato adesso valutano le offerte, sono disposti a volare, anche se il viaggio presenta notevoli scomodità. Le low cost hanno un effetto induttivo sulla domanda. Secondo stime IATA l’apertura di una nuova rotta da parte di uno di questi vettori genera un ritorno di traffico che per il 75% è indotto, ovvero non avrebbe volato in assenza di una connessione a basso costo. Ciò significa che si è passati da un mercato guidato dalla domanda ad uno guidato dall’offerta (viene da domandarsi quale ricerca di mercato dimostrerebbe, per esempio, la profittabilità del volo Trapani-Tampere). Inoltre, prima dell’avvento delle low cost, le compagnie aeree


TRASPORTI & CULTURA N.32 si trovavano in posizione di debolezza nelle negoziazioni con i gestori aeroportuali (tradizionalmente considerati “monopoli territoriali”). Oggi invece i vettori low cost scelgono le rotte anche in base alle tariffe aeroportuali, potendo garantire al gestore dell’infrastruttura notevoli ritorni in termini di tariffe e spese sul territorio, grazie proprio all’effetto generatore di traffico. Tutto ciò comporta un ridimensionamento del gestore aeroportuale, che a fronte della possibilità di aprire rotte low cost con ritorni assicurati in termini di volumi di traffico, può arrivare anche a sussidiare la compagnia e a concedere notevoli sconti per i servizi aeroportuali. Tali dinamiche si accentuano in presenza di una frammentazione dell’offerta aeroportuale, come quella che caratterizza il sistema italiano, che infatti è uno dei principali mercati europei per concentrazione di voli low cost. Non a caso tra gli aeroporti che hanno registrato negli ultimi anni la maggior crescita figurano per lo più scali legati allo sviluppo dei vettori low cost: Roma Ciampino, Bergamo, Treviso e Pisa. Questa esplosione di offerta e il corrispondente aumento di passeggeri transitati hanno inevitabilmente provocato anche un impatto rilevante sul territorio. Possiamo quindi dire che la presenza di questi aeroporti costituisce un’opportunità per “accendere” il motore economico del territorio. L’incremento, o semplicemente la presenza di un servizio di trasporto aereo presso un aeroporto, genera effetti su differenti aspetti del territorio nel quale si trova l’aeroporto che possiamo classificare in: - impatto economico, - impatto ambientale, - impatto sociale. L’impatto ambientale è la combinazione dell’impatto generato dalla presenza stessa dell’aeroporto (ecologico, geologico, idrologico ecc.) e di uno di tipo marginale, cioè provocato da ogni singolo movimento (decollo/atterraggio, operazioni di handling, flussi di traffico) che è principalmente acustico e atmosferico. L’avvento delle compagnie low cost ha dato un impulso notevole alla crescita del trasporto aereo e con esso si sono incrementate inevitabilmente le emissioni inquinanti complessive del settore. Prendendo però come fattore esogeno la crescita del traffico aereo, l’entrata nel mercato delle compagnie low cost ha migliorato le prestazioni medie della flotta grazie all’utilizzo di aeromobili più performanti, tecnologicamente avanzati e con un’età inferiore rispetto all’età media delle flotte delle compagnie tradizionali (2,2 anni contro 11 anni); inoltre l’utilizzo di una politica di massima efficienza ha portato un più razionale utilizzo delle risorse. Servendosi di aeroporti secondari i costi (ambientali) dovuti a congestione, attesa e rullaggio sono inferiori; inoltre, utilizzando una più efficiente configurazione dei posti e un più alto load factor, il costo ambientale per pax-km è sicuramente inferiore rispetto alle compagnie tradizionali. In più, dal punto di vista economico, a parità di emissioni sonore e di inquinanti (il cui effetto può considerarsi “locale”, quindi non la CO²) il costo dell’esternalità provocata è mediamente minore per le LCC, in quanto generalmente interessano aeroporti localizzati in aree poco abitate. Tuttavia è da considerare l’impatto che provoca la minor accessibilità di questi aeroporti, che si traduce in un utilizzo di modi meno efficienti per raggiungerlo (es. auto). La presenza di un aeroporto che ospita un servizio aereo di tipo schedulato, quale il servizio offerto

dalle compagnie low cost, soprattutto in aree difficilmente accessibili, può portare anche dei benefici sociali. In particolare questo effetto è tanto maggiore quanto più il servizio offerto è a basse tariffe, in quanto più le tariffe sono basse tanto maggiore sarà la popolazione interessata all’incremento di accessibilità. Una maggiore accessibilità riduce il costo della perifericità di un’area, inducendo così investimenti privati sul territorio che prima non erano convenienti e creando le condizioni per più facili scambi sia per motivi business sia per motivi leisure: non è azzardato considerare il fenomeno low cost come uno dei più efficaci fattori di integrazione della “nuova Europa” negli ultimi anni. L’impatto sociale e ambientale generato da un aeroporto e dal relativo traffico accolto sono comunque generalmente meno centrali rispetto all’impatto economico, la cui valutazione è oggetto di analisi più diffuse e per un disamina dei quali rimandiamo all’articolo di Oliviero Baccelli. Come accennato in precedenza, le compagnie low cost, grazie all’ampliamento del network e alle basse tariffe, hanno dato un forte impulso alla crescita della mobilità aerea incrementando il tasso di mobilità medio; le persone effettuano in media più voli durante l’anno e come risultato si ha un incremento della frequenza dei viaggi. Questo implica, a parità di spesa destinata al turismo, permanenze medie più basse e viaggi più distribuiti durante l’anno: i cosiddetti short break o city break. Tutto ciò implica il cambiamento del pattern della domanda turistica per motivi leisure che, da fortemente concentrata in alcuni periodi dell’anno, è andata distribuendosi più uniformemente, portando rilevanti benefici al settore del turismo. La destagionalizzazione della domanda permette un utilizzo delle strutture turistiche e dell’aeroporto durante tutto l’anno, quindi un’allocazione delle risorse più efficiente, rendendo convenienti investimenti che prima non lo erano e creando nuove opportunità commerciali. Alla luce delle considerazioni fatte, si registrano sempre più casi di cooperazione tra aeroporti e regioni, e tra tour operator e aeroporti. Nella maggior parte dei casi, trattandosi di interventi pubblici, esiste il rischio che vengano sussidiati nel lungo periodo vettori e rotte strutturalmente in perdita finanziando così il turismo all’estero dei contribuenti locali; si verifica pertanto il paradosso per il quale, con l’intento di migliorare l’accessibilità di un’area, si finisce in realtà per sussidiare con denaro pubblico locale le esportazioni degli operatori turistico/ricettivi esteri. Importante, quindi, è assicurarsi che si finanzino rotte potenzialmente fruttuose che attraggano flussi di turismo incoming in grado di generare benefici per lo sviluppo del territorio e che il territorio sia pronto ad accogliere e attirare flussi turistici anche nel lungo periodo, visto che il traffico low cost è altamente “volatile”, in virtù del fatto che togliere dal network di un vettore low cost una destinazione comporta una spesa praticamente nulla. Riproduzione riservata ©

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Piccoli aeroporti: ruolo attuale e possibilità di sopravvivenza di Paolo Lio

In Italia gli aeroporti aperti al traffico commerciale di linea sono poco meno di una cinquantina; a questi però dobbiamo aggiungere altri 47 scali, considerati come aeroporti civili minori, non orientati al trasporto passeggeri di linea, ma con funzioni prevalenti di Aviazione Generale. Con questo termine si indicano tutte quelle operazioni di aviazione civile che non sono comprese nel trasporto aereo commerciale ovvero nel trasporto di persone e cose a pagamento. Questi scali hanno un ruolo complementare nel sistema di trasporto aereo nazionale, ma ne rappresentano un rilevante patrimonio in grado, come vedremo, di rispondere a specifiche esigenze del territorio. Recentemente (potremmo anche dire: finalmente!), l’Italia si è dotata di un Piano nazionale degli Aeroporti che quantomeno ha suddiviso gli scali tra strategici e non. I primi sono aeroporti che rispondono efficacemente alla domanda di trasporto aereo di ampi bacini di traffico e che sono in grado di garantire nel tempo tale funzione, per capacità delle infrastrutture, sostenibilità ambientale e grado di accessibilità1. Gli scali non strategici sono suddivisi tra: - 10 aeroporti primari2 che, a prescindere dal volume di traffico, non risultano possedere i requisiti di scali strategici a causa di limitazioni fra le quali: vincoli ambientali, accessibilità inadeguata, ostacoli allo sviluppo delle infrastrutture; - 24 aeroporti complementari3 che, per la ridotta estensione dei bacini di traffico, risultano rispondere ad una domanda di traffico di scala locale, in zone remote o non adeguatamente servite da altri scali e che pertanto svolgono un servizio complementare nella rete. A questi 48 aeroporti aperti al traffico commerciale, dobbiamo appunto aggiungere tutta la rete dei piccoli aeroporti, che, come vedremo, è in realtà abbondantemente sottodimensionata rispetto agli scali commerciali. D’altra parte forse possiamo ritenere che molti dei 24 scali oggi classificati 1 Gli scali strategici sono: Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Venezia (con ruolo di scalo intercontinentale): si aggiungono poi: Bari, Bergamo, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze (condizionato), Lamezia Terme, Milano Linate, Napoli Capodichino Grazzanise, Palermo e Pisa. 2 Gli aeroporti considerati primari sono: Alghero, Brindisi, Genova, Olbia, Torino, Trapani, Treviso, Trieste, Verona e Viterbo (considerato in questa categoria come riserva di capacità per il traffico da/per Roma nel medio periodo). 3 Sono considerati aeroporti complementari: Aosta, Albenga, Ancona, Brescia, Bolzano, Comiso, Crotone, Cuneo, Foggia, Forlì, Grosseto, Lampedusa, Elba, Pantelleria, Parma, Perugia, Pescara, Reggio Calabria, Rimini, Roma Ciampino, Salerno, Siena, Taranto e Tortolì.

Small airports: current role and possibilities for survival by Paolo Lio In Italy the airports open to commercial passenger traffic number about fifty, which do not include the 47 minor civilian airports, that cater prevalently to General Aviation. Most of these minor airports are located in small-to-medium size cities, and in many cases feature grass runways, rarely over one thousand meters long. They serve various functions, prevalently for sports and tourism, but can also be used for training, education, support for civil protection and air rescue operations. The role in the protection of the territory is fundamental, for natural calamities and firefighting but more generally to control the territory. The network of minor airports may be considered as a valid support to the national airport system and to the development of the local economy, but only on condition that these realities are part of the government policies for the transformation of the territory. Italy counts many, perhaps too many commercial airports, while the network of small airports is definitely weak compared to those of the other major European countries.

Nella pagina a fianco: aerei in volo e a terra.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 come complementari potrebbero essere inclusi, visto lo scarsissimo traffico commerciale presente (e gli alti costi di gestione per tenere aperto uno scalo come aeroporto commerciale), nella rete dei piccoli aeroporti. Questi scali minori sono in prevalenza un lascito storico risalente agli anni venti, quando l’allora Ministero della Guerra stabilì che ogni provincia dovesse essere dotata di un “campo di atterraggio”. La gran parte di questi aeroporti minori è situata in cittadine di medio-piccole dimensioni, ed in molti casi è caratterizzata da piste in erba, la cui lunghezza difficilmente supera i mille metri. Le funzioni svolte su questi piccoli scali sono molto diversificate; prevalentemente si tratta di attività a carattere sportivo e turistico, ma anche di addestramento, di formazione, di supporto alla protezione civile e di soccorso aereo. Da sottolineare inoltre il ruolo fondamentale che i piccoli aeroporti hanno in materia di protezione del territorio, non solo nelle situazioni di calamità naturali e nella lotta agli incendi ma più in generale considerando tutte quelle forme di controllo del territorio finalizzate a verificare e ad impedire fenomeni quali l’abusivismo edilizio, le discariche non autorizzate o altre forme di aggressione del territorio. Oltre a ciò gli scali minori sono utilizzati anche per le emergenze sanitarie, come ad esempio il trasporto rapido di organi da trapianto. Le funzioni sociali di queste infrastrutture sono dunque assolutamente rilevanti, ma tali scali svolgono anche un ruolo importante per l’economia locale del ter-

Su questi piccoli aeroporti si svolgono tutte le attività definite come “Aviazione Generale”. Secondo le statistiche dell’ICAO (International Civil Aviation Organisation), l’88% di tutti gli aeromobili civili immatricolati al mondo viene utilizzato per attività di Aviazione Generale; di questi il 57% riguarda viaggi d’affari o di trasporto privato mentre il rimanente 43% copre attività di addestramento, lavoro aereo, protezione civile, soccorso aereo e attività sportive. Dunque in molte realtà mondiali l’Aviazione Generale è un fattore notevole per l’economia e i sistemi di trasporto interni alle singole nazioni in quanto complementare al trasporto aereo commerciale e a quello di superficie per provvedere a collegamenti rapidi ed efficienti in zone remote. La flessibilità è probabilmente il fattore che riveste la maggiore importanza nel successo dell’Aviazione Generale: in molte parti del mondo, si utilizzano gli aeroporti minori proprio al fine agevolare servizi aerei di interscambio con il trasporto aereo regolare. Tuttavia il presente dell’Aviazione Generale in Italia non è affatto roseo. Infatti tale attività non si è mai sviluppata adeguatamente nel nostro Paese, anzi con il passare degli anni ha visto ridurre la sua importanza: nel 1930 risultavano iscritti all’Aero Club di allora tre volte il numero di velivoli presenti oggi (circa 3 mila contro gli attuali mille; in Francia sono circa 15 mila).

ritorio che li ospita, con particolare riferimento alle attività legate al turismo, essendo terminali di un segmento turistico non di massa ma estremamente qualificato. Questa rete di aeroporti minori può costituire dunque un valido strumento di supporto al sistema aeroportuale nazionale e di sviluppo dell’economia locale, a patto che tali realtà siano integrate nelle politiche di governo e trasformazione del territorio comprendendo quelle che sono le loro specificità ed i loro limiti rispetto agli aeroporti di categoria superiore. La tabella elenca gli scali minori attualmente censiti dall’ENAC (Ente nazionale Aviazione Civile).

Mentre nel nostro Paese abbiamo assistito all’aumento delle restrizioni ed alla scomparsa di molti aeroporti, nel resto dell’Unione Europea gli aeroporti minori, pur non essendo aumentati, si sono mantenuti a un livello di 5-10 volte superiore al nostro. Se andiamo a vedere la situazione nel resto del mondo, senza considerare gli Stati Uniti che dispongono di 12.000 aeroporti minori, giustificati dall’enorme superficie, vediamo che in Francia ve ne sono circa 440, in Germania circa 360, in Inghilterra circa 500. Il confronto con i nostri 47, considerando anche la situazione orografica del nostro paese, rende evidente l’inadeguatezza della nostra rete. Con una battuta potremmo dire che il famoso slogan utilizzato dall’AOPA (Aircraft Owners Pilot Association, l’associazione che raggruppa piloti e proprietari di aeromobili che da anni si batte per il riconoscimento dell’importanza dell’aviazione generale), “un chilometro di strada non porta da nessuna parte, un chilometro di pista porta in tutto il mondo”, in Italia è un po’ meno vero che altrove.

1 - Gli scali minori attualmente censiti dall’ENAC (Ente nazionale Aviazione Civile). 2 - Torre di controllo (in questa pagina, a destra). 3 - Aereo in pista (nella pagina a fianco).

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Per completezza, all’elenco andrebbero aggiunti altri 8 aeroporti militari aperti al traffico civile: Cervia, Frosinone, Grazzanise, Guidonia, Latina, Piacenza San Damiano, Sarzana Luni e Viterbo.


TRASPORTI & CULTURA N.32 I motivi di questo parziale o mancato sviluppo sono molteplici: sicuramente la tassazione fiscale (visto che il velivolo è considerato un bene di lusso, qualunque sia il suo uso), la scarsa accessibilità degli aeroporti e degli spazi aerei, la scarsa trasparenza nell’applicazione delle tariffe. Non dobbiamo inoltre dimenticare che le aviosuperfici e i piccoli aeroporti sono a volte anche vittime dell’urbanizzazione e della speculazione: si tratta, infatti, di aree pianeggianti vicine a centri urbani, il che ne determina un valore immobiliare spesso appetibile per l’edilizia residenziale e/o commerciale. E dire che per sviluppare questo settore non servono particolari risorse, quanto piuttosto una semplificazione normativa che adegui l’Italia al resto d’Europa. Un discorso molto complesso è ad esempio quello riguardante l’applicabilità della normativa vigente in materia di servizi antincendio. Questo deriva dal fatto che la sicurezza nel volo con aeromobili di piccole dimensioni è assicurata dalle capacità del pilota, che si assume la piena responsabilità di quanto può accadere; nel caso invece di trasporto passeggeri, la presenza di terzi sull’aeromobile impone, secondo la legge, una sicurezza a terra data da servizi antincendio, assegnati al Corpo dei Vigili del Fuoco. Tale regolamentazione segue la crescita degli aeroporti e, nel momento in cui attribuisce questo servizio ad un corpo statale, indirettamente sta ponendo a carico della collettività il suo relativo costo: dunque tale servizio deve essere presente ogniqualvolta si abbia a che fare con una movimentazione

aeroportuale significativa e rilevante da un punto di vista pubblico; il problema nasce quando un velivolo intende atterrare su un aeroporto e il servizio antincendio non è disponibile: infatti se un aeromobile parte e atterra su un’aviosuperficie il mezzo antincendio non è obbligatorio visto che la piena responsabilità di eventuali incidenti è affidata al pilota, ma se lo stesso aereo con lo stesso pilota intende atterrare su un aeroporto, questo può essergli impedito per motivi di sicurezza. La legislazione qui è quantomeno confusa, in quanto i problemi di sicurezza, se sono legati alle caratteristiche dei mezzi dell’Aviazione Generale e alle capacità dei piloti, dovrebbero esistere sempre ed in ogni luogo. Le statistiche dicono invece che, negli ultimi cinquant’ anni, non si è a conoscenza di incendi accaduti a velivoli di Aviazione Generale. Dunque l’obbligatorietà del servizio antincendio per l’agibilità degli aeroporti da parte dei velivoli al di sotto delle cinque tonnellate (gli aeroplani da turismo) non impiegati in attività di trasporto pubblico passeggeri può apparire, in alcuni casi, una misura troppo restrittiva. Non si tratta dunque

di semplificare la normativa chiudendo un occhio sulla sicurezza, quanto piuttosto di avvicinare la normativa alla realtà, visto che, date le dimensioni degli aeromobili, è praticamente inefficace l’intervento in tempo utile ai fini della salvaguardia della vita umana, in caso di incendio a causa della benzina fuoriuscita dai serbatoi di bordo per la rottura degli stessi a seguito di impatto col terreno od ostacoli. Rileviamo che le circostanze in cui il servizio antincendio ha, non solo evitato, ma anche limitato i danni alle persone e/o ai mezzi coinvolti in incidenti avvenuti nell’ambito del proprio raggio d’azione istituzionale sono praticamente nulle se rapportate al numero totale dei movimenti di tale settore nel medesimo intero periodo considerato. Per meglio comprendere quanto detto, si prenda ad esempio la sistemazione lungo le strade dei sistemi di ritenuta; è ovvio che, se un veicolo fuoriesce dalla sede stradale, può esserci un rischio per l’incolumità degli occupanti del mezzo e di eventuali terzi. A fronte di tale rischio, il legislatore ha imposto l’utilizzo dei sistemi di ritenuta, non definendo però un unico sistema che, in qualunque caso, sia idoneo: sono state, invece, individuate delle classi di pericolosità a cui far corrispondere dei rischi diversi, per cui in funzione del tipo di strada, della sezione stradale e del tipo di traffico veicolare, sono stati definiti dei sistemi di ritenuta minimi accettabili. Tornando all’Aviazione Generale, una cosa è considerare che su ogni piccolo aeroporto debba essere presente un presidio dei Vigili del Fuoco come su aeroporti aperti al traffico commerciale, diverso è invece prevedere che in ogni aeroporto o aviosuperficie sia disponibile un minimo di attrezzatura, che può essere attivata dagli operatori presenti sul posto in caso di emergenza. Senza derogare alla sicurezza si potrebbe stimolare un settore che - come abbiamo detto - è in grado di generare crescita e sviluppo sul territorio. In Italia siamo in presenza di una situazione nella quale si dispone probabilmente di molti, forse troppi, aeroporti commerciali, mentre la rete dei piccoli aeroporti è decisamente asfittica se paragonata con quelli degli altri principali paesi europei. Per fare in modo che l’Aviazione Generale possa intraprendere nuovamente un percorso di sviluppo nel nostro Paese, da un lato è necessario un adeguamento della normativa alle esigenze dei piccoli aeroporti ma dall’altro è assolutamente opportuno fermare le velleità di gigantismo che hanno alcuni scali minori, o meglio alcuni amministratori locali che vedono nel piccolo aeroporto un simbolo più che un’infrastruttura utile all’Aviazione Generale. In realtà spesso tali velleità portano verso un’unica destinazione: conti in rosso insostenibili e disavanzi economici per la collettività. È importante invece che i piccoli aeroporti mantengano il loro ruolo, svolgendo quelle attività “di nicchia” comunque importanti per il tessuto locale. Mai come in questo caso è proprio opportuno ribadire che “piccolo è bello!”. Riproduzione riservata ©

Bibliografia Enac, Autorità per l’Aviazione Civile, Rapporto 2010, Roma, giugno 2011. Pinna, Annunziata, Gestione e pianificazione degli aeroporti minori in Italia: problemi e possibili sviluppi, Convegno SIIV Cagliari, 1999.

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La seconda vita degli aeroporti di Sara Favargiotti

L’aeroporto di Lleida-Alguaire è operativo dal 5 febbraio 2010. Un anno dopo, entrambe le compagnie di volo più importanti hanno cancellato le loro attività di volo dall’aeroporto di LleidaAlguaire. Alguaire, cittadina situata a 15 km da Lleida e con una popolazione di 3000 abitanti, è stata scelta dal governo catalano tra altre venti località candidate per ospitare questa infrastruttura aeroportuale, rappresentativa della Generalitat della Catalogna. Dopo 23 anni di dibattito sulla sua localizzazione, questo aeroporto di piccola scala ha iniziato un processo che voleva connettere Lleida e il suo territorio circostante al mondo. L’aeroporto di Lleida-Alguaire è stato pertanto configurato come infrastruttura fondamentale per promuovere e stimolare l‘economia e lo sviluppo della provincia di Lleida, dei Pirenei e dell’Andorra. Si prevedeva che tale infrastruttura avrebbe notevolmente incrementato il turismo e avrebbe altresì promosso diversi servizi logistici ed economici. Questo non è mai accaduto. Due anni dopo la sua inaugurazione ufficiale, l’aeroporto di Lleida-Alguaire accoglie alcuni piccoli aerei privati che saltuariamente utilizzano la sua pista di atterraggio durante la settimana. Nessuna compagnia aerea esegue più servizi di atterraggio o partenza da qui. Pochi sono gli operatori e i tecnici che lavorano all’interno della struttura aeroportuale, impegnati a costruire due nuovi ampliamenti della sala di attesa come due strutture completamente aliene dalla sublime architettura dell’edificio. Un enorme gregge di pecore è l’unica presenza che vive e pascola nell’immensa distesa di erba e grano che circonda la pista di atterraggio. Ora l’aeroporto di Lleida-Alguaire è un aeroporto on hold, un’infrastruttura in attesa del suo futuro, una cattedrale nel deserto.

Per realizzare l’aeroporto di Lleida-Alguaire è stato organizzato un team di progetto guidato da Fermin Vazquez (b720 Architects) che ha saputo elaborare un progetto dal design unico e riconoscibile ed è stato capace di risolvere i requisiti tecnici e funzionali del programma con un raffinato esercizio d’integrazione della struttura architettonica e dell’edificio stesso nel contesto. L’aeroporto rappresenta un elegante equilibrio che elude l’effetto di artefatto architettonico atterrato sulla terra ma, allo stesso tempo, non fa perdere all’aeroporto il carattere di punto di riferimento, riconoscibile in lontananza. L’indiscutibile qualità architettonica dell’edificio, l’integrazione con il paesaggio e i sistemi ecologici intelligenti e sostenibili rendono l’aeroporto di Lleida-Alguaire uno dei più interessanti e ben pro-

The second life of airports by Sara Favargiotti Airports currently play a vital role in the life of cities. They are both an architectural structure and an urban function. This notwithstanding, they are still marginal and peripheral in the debates and processes of urban planning, and in most cases they lack a physical and spatial integration with their urban context. This element also becomes relevant in the case of their re-use, in which the fundamental objective is the correct assessment of the sustainability of interventions for adaptive re-use, so that “post-airports” do not become problematic “black holes” but can exploit their potential as catalysts, and as generators of a new image for themselves and the surrounding territories.

Nella pagina a fianco, in alto: aeroporto di Lleida-Alguaire, Catalogna, Spagna (2009), interno; in basso: Tempelhofer Park, Berlino, Germania (2010). In questa pagina: in volo fra le nuvole.

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1 - High Tech Aerospace in Airport, Liege Airport, Wallonie.

gettati tra gli aeroporti regionali di recente costruzione. Più discutibile è la sua funzione operativa: era davvero necessario costruire questo aeroporto? Nella speranza di migliorare le attività dell’aeroporto di Lleida-Alguaire, recentemente è stato firmato un contratto della durata di cinque anni con l’Inghilterra che provvederà a garantire voli per le prossime cinque stagioni invernali. Si suppone che tale accordo darà una spinta all’aeroporto di Lleida-Alguaire e migliorerà l’utilizzo dell’area sciistica spagnola da parte dei turisti inglesi. Il governo catalano ha affermato che questo significherà, quindi, un nuovo impulso per il futuro dell’aeroporto e lo sviluppo della sua area di influenza, dando avvio ad una proposta voluta da parte di tutte le istituzioni già dai primi tempi dopo la sua apertura1 . L’aeroporto di Lleida-Alguaire potrebbe davvero rivelarsi un’infrastruttura fondamentale per promuovere e sviluppare le economie locali e il settore turistico della provincia di Lleida. Rimangono pertanto irrisolti interrogativi sui quali molti sono i dubbi in sospeso: quali sono gli scenari futuri possibili per questa infrastruttura appena nata e già in declino?

Strategie per il riciclo degli aeroporti Gli aeroporti non hanno mai avuto un ruolo così centrale nella vita delle città come oggi, tuttavia essi rimangono ancora marginali e periferici in molte discussioni nella pianificazione urbana e nella progettazione delle città stesse. Gli aeroporti sono una struttura architettonica e, al tempo stesso, una funzione urbana: nella maggior parte dei casi sono privi di un’integrazione fisica e spaziale con il loro contesto urbano. 1 Tratto da: Alguaire multiplica su capacidad para recibir a pasajeros internacionales, in «El Mundo», 29 Luglio 2011.

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«Gli architetti e gli urbanisti del mondo stanno sempre più trattando l’aeroporto non come un’entità separata ma solo come un’altra parte della condizione urbana. […] Il dovere è ora quello di progettare in modo efficace l’intera esperienza fisica, emozionale ed ambientale dell’aeroporto su una vasta area.» (Pearman, 2008, p. 236)2

Gli hub aeroportuali operativi, sia di piccola che di grande scala, generano un’immagine iconica che marca la loro presenza nel territorio e che li definisce come centralità della loro nuova condizione urbana. Tuttavia esiste una diffusa condizione di strutture aeroportuali sottoutilizzate e potenzialmente obsolete che non sono mai riuscite a raggiungere un ruolo di centralità, causandone una parziale o totale perdita del loro uso. La questione principale rimane l’individuazione di strategie per il riciclo delle strutture aeroportuali esistenti. Si deve porre l’attenzione non solo a quegli aeroporti abbandonati e in disuso da anni, in cerca di una nuova identità, ma anche a quelle infrastrutture aeroportuali che sono ancora attive ma scarsamente operative e produttive nei servizi di volo, come l’Aeroporto di Lleida-Alguaire. La diffusione delle compagnie aeree low-cost sta promovendo la rivitalizzazione di piccoli aeroporti regionali o secondari. Queste infrastrutture, solitamente nate per scopi militari, nel corso degli anni sono state sottoutilizzate o persino abbandonate, compromettendo lo sviluppo del territorio circostante. Dalla fine degli anni ’90 diversi aeroporti secondari sono stati inglobati nel network delle compagnie low-cost, con un conseguente rinnovamento sia a livello infrastrutturale sia a livello funzionale e di attività anche legate al terziario, alla cultura, all’istruzione, alla sanità, all’agricoltura, all’high tech o all’energia. Il riuso dei piccoli aeroporti diventa fondamentale alla scala locale 2 Traduzione di Sara Favargiotti. Testo originale: «The world’s architects and planners are increasingly treating the airport not as a separate entity but as just another part of the urban condition. (…) The task now is to design effectively for the whole physical, environmental and emotional experience of the airport over a wide area.» (Pearman, 2008, p. 236).


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poiché genera una rapida trasformazione degli usi del suolo e nella rete delle infrastrutture legate al trasporto via terra: l’aeroporto diventa un punto di riferimento nel territorio e importante elemento per l’economia locale. Processi di recupero sono già avvenuti in aeroporti abbandonati o rimasti inutilizzati per anni. I processi di ri-uso delle strutture aeroportuali dismesse possono essere raccontati attraverso casi studio emblematici, suddivisi in tre macro-gruppi: - da aeroporti dismessi all’espansione urbana con aree verdi (Stapleton, Denver, CO; München Riem, Germania); - da aeroporti dismessi a parchi urbani (Crissy Field, San Francisco; Tempelhof, Berlino, Germania); - aeroporti postmoderni (Skavsta Airport, Svezia; Liege Airport, Vallonia).

Da aeroporti dismessi all’espansione urbana con aree verdi Molti aeroporti utilizzati come basi militari dopo la loro dismissione rimasero in uno stato di abbandono per anni. In conseguenza ad un aumento della popolazione e ad una elevata richiesta di nuove residenze, molti di questi aeroporti sono stati ri-progettati come una nuova parte della città, un ampliamento della conurbazione urbana. Iniziando dalla trasformazione delle parti più direttamente collegate alle operazioni di aviazione, quali la pista di volo o le strade di collegamento interno in strade e via principali di scorrimento urbano, è stato pianificato un nuovo ampliamento urbano caratterizzato da case, servizi pubblici, aree commerciali e di affari estremamente connesse con le principali città limitrofe. I parchi urbani aggiungono valore al graduale rinnovo delle strutture esistenti e alla nuova area di sviluppo urbano.

Stapleton, Denver, CO - Inaugurato il 17 Ottobre 1929 come Denver Municipal Airport, il suo nome è cambiato in Stapleton Airfield dopo l’espansione del 1944. Fin dagli anni ’80 Stapleton è stato tormentato da numerosi problemi riguardanti l’inadeguatezza delle strutture fisiche e tecniche per gli aerei (piste di atterraggio, scarsità o totale assenza di spazi per altre compagnie aeree) e problemi d’inquinamento acustico e ambientale. Nel frattempo venne ufficialmente inaugurato il nuovo Aeroporto Internazionale di Denver (DIA) nella zona nord est di Denver. La pista di atterraggio di Stapleton fu marcata con una grande scritta gialla “Xs” che indicava che non era più legale o sicuro per nessun aereo atterrare su quella pista. Mentre l’aeroporto internazionale di Denver era in fase di costruzione, urbanisti e progettisti iniziarono a considerare come l’area di Stapleton potesse essere ri-trasformata. Nel 1990 si riunì la società privata Stapleton Development Foundation e nel 1995 propose un masterplan per la ri-pianificazione dell’area. A differenza di molti altri piani proposti che attribuivano maggior importanza alla circolazione veicolare, questo progetto poneva la figura del pedone e le sue esigenze come centrali nella ri-progettazione dell’area: quasi un terzo dell’area dell’aeroporto è stata riqualificata attraverso la riconversione a parco pubblico. Il sito aeroportuale rimasto abbandonato per anni e dalle vaste dimensioni (4.700 ettari / 19 km²), a 10 minuti dal centro di Denver, viene ora ri-disegnato secondo il progetto Forest City Enterprises. La costruzione è iniziata nel 2011 con case unifamiliari, case a schiera e condomini. Il nuovo quartiere urbano è suddiviso in zone residenziali e commerciali che comprendono uffici, parchi e un big box, un grande centro commerciale.

2 - Forest City Enterprises project , Denver (2001-2008).

München Riem, Germania - La costruzione dell’aeroporto è iniziata nel 1936. Il primo aereo atterrò il 25 Ottobre del 1936, segnando l’inizio del traffico aereo. A quel tempo era considerato uno degli aeroporti più moderni e all’avanguardia nel mondo. Nel 1992 fu completamente abbandonato. 77


TRASPORTI & CULTURA N.32 Dopo la dismissione ospitò grandi manifestazioni ed eventi, come rave e concerti, all’interno delle strutture aeroportuali che tuttavia rimanevano utilizzabili. Riem era ben noto a livello internazionale nella scena musicale techo, alternativa e rock. La ri-conversione dell’aeroporto dismesso nella Messestadt Riem (il quartiere fieristico della città di Riem) rappresenta uno dei più grandi progetti di pianificazione urbana intrapreso dalla città di Monaco tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del XXI secolo. Costituito da un centro congressi, residenze e parchi, le uniche strutture che ancora oggi restano dell’aeroporto sono la torre di controllo e l’edificio originale destinato a terminal passeggeri, il Wappenhalle (sala degli stemmi). Entrambe le strutture sono valutate patrimonio monumentale da preservare. Inoltre è ancora conservato un piccolo tratto di pista di atterraggio nell’estremità orientale. Nel 2005 l’aeroporto dismesso è stato sede del Bundesgartenschau (Mostra Federale del giardinaggio), organizzata in Germania con cadenza biennale, ogni volta in una località diversa.

3 - Aeroporto di LleidaAlguaire, Catalogna, Spagna (2009), allevamento di pecore.

4 - Aeroporto di LleidaAlguaire, Catalogna, Spagna (2009), copertura.

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Da aeroporti dismessi a parchi urbani Molti aeroporti che, per la loro localizzazione o per la fatiscenza delle loro strutture, risultavano essere problematici, a distanza di anni dalla loro dismissione si rivelano come potenziale area di espansione urbana. Questi aeroporti, che un tempo si trovavano in una condizione di perifericità legata alle loro attività aeroportuali, negli anni sono stati inglobati dal contesto urbano, diventando così centralità fisiche per la città stessa e semplificando la loro ri-conversione in strutture urbane. I casi studio presentati mostrano come la soluzione ideale per il ri-utilizzo e la ri-conversione di questi aeroporti dismessi sia la trasformazione in parchi pubblici urbani. Crissy Field, San Francisco - Crissy Field è un parco in San Francisco. In origine era un campo d’aviazione nell’ambito della base militare degli Stati Uniti (Presidio Army base). Negli anni ’90 la base


TRASPORTI & CULTURA N.32 ha cessato tutte le operazioni militari ed è diventata parte dell’area federale pubblica Golden Gate National Recreation Area. Ri-disegnato dallo studio associato Hargreaves Associates nel 1994, Crissy Field si è ri-trasformato: da un aeroporto militare a spazio pubblico aperto. Oggi fa parte dell’area nazionale protetta Golden Gate National Recreation Area. È diviso in sei zone naturalistiche più importanti: la ri-abilitazione in parco naturale del campo di aviazione in erba del 1920, una passeggiata/promenade lunga un miglio, l’area delle zone umide, la spiaggia e le dune, l’area pic-nic, la East Beach. Queste sono le parti che ri-animano l’aeroporto Crissy Field in un parco, un grande spazio pubblico, nuovo polmone verde di San Francisco. Tempelhofer Park, Berlino, Germania - L’aeroporto di Tempelhof, spesso chiamato City Airport, ha ufficialmente cessato di operare nel 2008, a seguito del processo che ha portato ad affermare l’aeroporto di Schönefeld come l’unico aeroporto commerciale e turistico di Berlino. Nel corso della sua fase di utilizzo post-aeroportuale è stato utilizzato per ospitare numerose fiere ed eventi, a livello nazionale ed internazionale. Ufficialmente ri-aperto nel maggio 2010 come parco urbano, oggi viene visitato da più di 200.000 berlinesi che frequentano i suoi ampi spazi aperti per dedicare il loro tempo libero ad attività di ciclismo, pattinaggio, baseball, volo di aquiloni, barbecue e relax.

Aeroporti postmoderni La maggior parte di questi aeroporti dalle piccoli e medie dimensioni, a partire dall’inizio del secolo XX sono stati campi di aviazione bellica. Dopo la loro dismissione da attività di volo connesse alle guerre, sono rimasti inutilizzati per anni, fino a quando le amministrazioni locali hanno riposto le loro attenzioni, logistiche e politiche, su queste strutture per trovare soluzioni di utilizzo alternative. Nel frattempo la proliferazione delle compagnia low-cost si stava diffondendo in tutti i paesi europei e aveva iniziato a promuovere il rilancio degli aeroporti secondari come loro sedi. In questo contesto, i piccoli e medi aeroporti dismessi dalle attività belliche si ri-convertono in aeroporti low-cost, fondamentali infrastrutture aeroportuali sulla scala locale ed europea: la loro dimensione moderata ma, allo stesso tempo, molto ben connessa con il territorio urbano circostante ne avvalora il ruolo fondamentale di nodi strategici nei flussi low-cost. Essi generano una rapida trasformazione dell’uso del territorio e della rete infrastrutturale connessa al trasporto via terra. L’integrazione di nuove attività economiche, culturali e ricreative in queste strutture aeroportuali ha permesso di rendere il territorio più dinamico e di implementare l’attività economica e produttiva locale, nonché di aumentare l’attrazione turistica per territori fino a poco prima marginali ai traffici turistici. In questo senso, gli aeroporti secondari low-cost sono diventati un punto di riferimento nel territorio e un importante elemento per la ri-vitalizzazione dell’economia locale. Skavsta Airport, Svezia 3- Base aerea durante la seconda guerra mondiale, è stato utilizzato come

aeroporto militare fino al 1980, anno in cui fu dismesso da tutti i suoi servizi di volo. Oggi l’aeroporto Stockholm-Skavsta è un aeroporto internazionale vicino a Nyköping in Svezia, a circa 100 chilometri a sud ovest di Stoccolma. Le compagnie aeree low-cost e gli operatori cargo effettuano il loro servizio in questo aeroporto. All’interno delle sue strutture aeroportuali si trovano anche le sedi di circa 40 compagnie e aziende (banche, assicurazioni, ecc.) consolidate con approssimativamente 1300 impiegati in loco. L’aeroporto di Skavsta e il suo Business Park rappresentano le potenzialità che un aeroporto può assumere come ecosistema produttivo, nel quale diverse attività industriali possono trarre vantaggio dall’utilizzo dell’infrastruttura logistica dell’aeroporto stesso. La possibilità, quindi, di accostare il trasporto di passeggeri con il trasporto delle merci è il punto centrale di questo aeroporto che implica una rigorosa valutazione sia dei punti di forza che delle debolezze della produzione industriale nelle città circostanti e che realmente può beneficiare l’innovazione del mercato logistico. Liege Airport, Wallonie - L’aeroporto di Liegi, collegato all’Euro Space Centre, è un centro di innovazione tecnologica e aerospaziale. La rete generata nella regione della Vallonia dall’aeroporto di Liegi, dall’aeroporto di Charleroi e dalle differenti sedi dell’ Euro Space Centre diffuse nella regione, mostra le attività relative alla progettazione di prototipi per l’industria aeronautica, l’impulso alla conoscenza dell’universo ai fini educativi, l’insegnamento e la divulgazione delle problematiche legate alla ricerca spaziale e, infine, i vantaggi che derivano dall’utilizzo del turismo culturale, sociale e legato alle attività economiche e commerciali nell’ambito dell’istruzione, dell’intrattenimento e della realizzazione di progetto innovativi. Il ri-uso degli aeroporti secondari, proiettando il territorio all’interno del network europeo della mobilità, offre potenziali di sviluppo interessanti. Fondamentale è la gestione dell’uso del suolo: un aeroporto operativo a livello internazionale attira altre funzioni e attività non strettamente legate al traffico aereo, in quanto input per l’economia del territorio. Nasce perciò l’esigenza di capire la natura di queste trasformazioni, per poterle governare coerentemente con le situazioni contestuali in cui queste si sviluppano, arrivando a rendere la presenza di un aeroporto regionale un’energia positiva per lo sviluppo territoriale e quindi per la collettività e non causa di esternalità negative. L’attenzione deve essere posta sulla strutturazione del polo aeroportuale, ovvero quali siano le dinamiche di localizzazione di nuove imprese, le strutture di servizio ed infrastrutture di trasporto, le conseguenze per l’inquinamento, l’occupazione di suolo agricolo, la compromissione di aree naturali. Pertanto l’obiettivo prioritario rimane quello di valutare sensibilmente quale sia la sostenibilità di tali interventi per le città e per i territori, affinché i post-aeroporti non diventino solo dei problematici buchi neri ma piuttosto valorizzino le potenzialità che l’aeroporto presenta come agente catalizzatore, generatore di una nuova immagine per se stesso e per il territorio circostante. Riproduzione riservata ©

3 Fonte: sito ufficiale dell’aeroporto di Stockholm-Skavsta (www.skavsta.se).

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L’aeroporto visto da uno scrittore di Laura Facchinelli

Uno scrittore riceve una proposta insolita, quella di trascorrere una settimana nel Terminal 5 dell’aeroporto londinese di Heathrow. La proposta arriva dal direttore generale delle BAA, l’azienda che gestisce lo scalo, che da un po’ di tempo ha sviluppato un certo interesse per la letteratura e vorrebbe disporre di un altro punto di vista (“il mondo ha molti aspetti che forse soltanto uno scrittore, ormai, potrebbe descrivere utilizzando le parole giuste”). Lo scrittore è Alain de Botto, svizzero ma residente a Londra, autore di vari libri dal taglio molto personale, fra gli ultimi: L’arte di viaggiare e Architettura e felicità, che hanno una qualche attinenza col temi del luogo, o non-luogo, come viene di solito intesa una stazione ferroviaria o, appunto, un aeroporto. Il risultato di quella proposta inaspettata, ma subito accettata, è un piccolo libro, Una settimana all’aeroporto, edito da Guanda. Non un capolavoro, questo è certo, ma una trascrizione minuziosa e fedele di piccole sensazioni quotidiane, di esperienze, di suoni, luci, ritmi, persone che transitano e, per qualche ora, vivono, appunto, un grande aeroporto. Con spunti utili per tralasciare gli stereotipi e approfondire un po’ la conoscenza. Per una settimana, De Botton occupa una camera nell’angolo ovest in cima all’edificio e si muove liberamente all’interno dell’ampio perimetro del terminal, mangia nei ristoranti, chiacchiera, fa interviste. Soprattutto osserva: dai menù (anche le parole usate per presentare le pietanze) agli aerei in sosta nel buio della notte, ai movimenti degli uomini e donne e delle attrezzature per l’imbarco e lo sbarco dei passeggeri. Che talvolta descrive con toni epici: “Un finger avanzò lentamente e chiuse la bocca di gomma schioccando un bacio esitante sul portellone anteriore sinistro…”, talvolta d’un realismo sorridente: “Gli addetti al carico e scarico aprirono la stiva e tirarono fuori casse piene di bistecche argentine surgelate e crostacei dalle forme merlate che solo il giorno prima marciavano tranquilli dal di là dello stretto di Nantucket…”. Decisamente più interessanti le osservazioni sull’architettura del Terminal, un edificio il cui tetto “pesa diciottomila tonnellate, ma le colonne d’acciaio che lo sostengono non lasciano neanche lontanamente immaginare la pressione a cui sono sottoposte. Sono dotate di una bellezza, o meglio di una sottocategoria della bellezza che potremmo definire eleganza e che si manifesta quando l’architettura è così pudica da non attirare l’attenzione sulle difficoltà che ha affrontato e superato”. Poi ci sono osservazioni simil-psicologiche del tipo… “il fascino dell’aeroporto si concentrava soprattutto negli schermi sistemati qui e là per tutto il terminal, che annunciavano, in caratteri deliberatamente accurati, gli itinerari degli aerei pronti

The airport as seen by a writer by Laura Facchinelli Writer Alain De Botton has received from the BAA, the company that manages Heathrow Airport in London, a proposal to spend a week in Terminal 5 and to write his impressions. The author accepted, and the result is the book A Week at the Airport, published in Italy by Guanda. Everything is observed and noted, from the behaviour of the travelers to the menus in the restaurants, from the architectural spaces of the terminal to the security operations, with psychological notes about the fear of flying, or buying habits in the shopping areas. With situations that are alternately interesting, sweet, curious, angry, irritating, multiplied by the thousands of people who pass through the airport every day.

Nella pagina a fianco: due immagini tratte del libro di Alain De Botton: in un negozio (in alto) e l’aerostazione vista dalla pista (in basso). In questa pagina: intermodalità all’interno di un aeroporto.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 N.31 al decollo. Questi schermi davano una sensazione di possibilità infinite e immediate: suggerivano la facilità con cui avremmo potuto, d’impulso, avvicinarci a una biglietteria e, nel giro di poche ore, imbarcarci per un paese ….”. Per cercar di ottenere gentilezza e buone maniere nel servizio, sembra che la British Airways curi con una certa attenzione il benessere psicologico dei dipendenti, organizzando seminari di training motivazionale, accesso libero in palestra ecc. Ma se è possibile creare competenza, è assai difficile ottenere risultati in termini di umanità. Fine osservatore degli stati d’animo, De Botton si guarda intorno e, per sette giorni, registra situazioni interessanti, tenere, curiose, speranzose, deluse, rabbiose e così via all’infinito dei viaggiatori in transito nell’aeroporto. Gira qua e là, oppure sta seduto alla sua scrivania, collocata proprio in mezzo all’atrio partenze. E attorno alla scrivania si coagulano persone (oltre ai viaggiatori, anche gli addetti delle compagnie aeree, oppure il lustrascarpe o la donna addetta alle pulizie), che talvolta si fermano e si raccontano. Lo scrittore prende appunti per il suo libro, mentre il fotografo riprende le immagini. Fin qui la sezione “Partenze”; segue quella “Oltre il check-in”. Dove a occupare la scena sono anzitutto le operazioni per la sicurezza, con gli atteggiamenti degli incaricati dei controlli e quelli dei viaggiatori. Che talvolta reagiscono in un modo inatteso che viene analizzato dallo scrittore in chiave psicoanalitica. “Se molti passeggeri si agitavano o si arrabbiavano per le numerose domande e perquisizioni, era perché quel tipo di indagini poteva essere facilmente scambiato, anche se solo a livello inconscio, per un’accusa, e quindi avallare una tendenza preesistente al senso di colpa”. Vice-

1 - La copertina del volume. 2 e 3 (in questa pagina) - Fase dei controlli (in alto) e aggancio del finger al velivolo (In basso). 4 e 5 (a centro pagina) - Aereo in sosta visto dall’aerostazionoe (in alto) e segnaletica (in basso). 6 (nella pagina a fianco, a destra) - Il Big Ben.

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versa “oltrepassare liberamente i detector muti mi permise di provare un sentimento simile a quando si esce da una chiesa dopo la confessione, o da una sinagoga il giorno dell’Espiazione, momentaneamente assolti e sollevati, in parte, dal peso dei nostri peccati”. Oltrepassati i controlli, c’è la descrizione fin troppo minuziosa del centro commerciale. Interessante l’interpretazione delle critiche rivolte dai frequentatori di aeroporti all’invadente consumismo. “Il problema sembrava nascere da una contraddizione tra l’acquistare e il volare, in qualche modo collegata al desiderio di mantenere una certa dignità di fronte alla morte”. Anche se l’ingegneria aeronautica ha conquistato una notevole sicurezza del trasporto aereo, tuttavia statisticamente – nota l’autore – è più probabile che si prepari una catastrofe nelle ore prima del volo, piuttosto che in una giornata tranquilla passata davanti alla televisione. Questo ci induce a riflettere su come sarebbe meglio passare il tempo nell’attesa dell’evento fatale. C’e poi da aggiungere che il rituale del volo resta in qualche modo legato alle ascensioni, al mondo degli angeli: alla religione, insomma. “L’idea sottintesa del divino, dell’eterno e del simbolico ci accompagnano sull’apparecchio e restano presenti dietro la lettura ad alta voce delle norme di sicurezza, le osservazioni sul clima del capitano e, soprattutto, le maestose vedute delle sinuose curvature terrestri”. Lo scrittore incontra il potente capo della British Airways, descrive la sala di controllo al piano superiore del terminal, visita l’hangar per la riparazione degli aeromobili. Poi si passa alla sezione “Arrivi”. Se è vero che l’architettura non ha mai dato il dovuto rilievo il momento dell’arrivo, il Terminal 5 di Heathrow, progettato da Richard Rogers “possie-


TRASPORTI & CULTURA N.32 de la prerogativa di tutte le architetture ambiziose: creare, e non riflettere un’identità” illustrando “ciò che il Regno Unito sarebbe potuto diventare, e non ciò che troppo spesso è”. Le dimensioni sono gigantesche: basta pensare al meccanismo per il trasferimento dei bagagli: sotto il terminal si sviluppano 17 chilometri di nastri trasportatori, che possono consegnare 12 mila pezzi all’ora, con 140 computer che lungo il percorso leggono le etichette, determinano la destinazione controllando, nel frattempo, che le valigie non contengano esplosivo. Dopo aver recuperato i propri bagagli, il passeggero raggiunge il luogo che rappresenta il picco emotivo dell’aeroporto: l’uscita lato arrivi, quando ciascuno spera di essere accolto da una persona amica. Una condizione di incertezza che crea un imbarazzo svelato dall’espressione del volto. Nella speranza di un abbraccio che spesso non c’è. “Per quanto i voli frequenti ed economici siano un beneficio – scrive De Botton – dovremmo maledirli per avere sottilmente minato ogni nostro tentativo di utilizzare il viaggio come strumento per apportare cambiamenti duraturi nelle nostre esistenze”. Riproduzione riservata ©

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Paesaggi Futuri, due convegni a Venezia sulle trasformazioni del paesaggio fra Cultura e Tecnica di Laura Facchinelli

Nel 2012 l’analisi all’interno di Paesaggi Futuri si è concentrata proprio sul tema che dà il nome al gruppo: il paesaggio. Ampliando lo spettro di possibili agganci interdisciplinari e seguendo il filo conduttore di sempre: quello del collegamento fra l’area umanistica (arte, letteratura, psicologia, cinema e teatro, musica) e le specializzazioni tecnico-progettuali (lo slancio inventivo dell’architettura, ma anche il rigore dell’ingegneria. Questa l’impronta dei due convegni che si sono svolti nel mese di marzo a Venezia. Con idee nuove, come quella di invitare gli artisti a pronunciarsi sulle trasformazioni del territorio e, in senso più ampio, sui mutamenti radicali che stanno coinvolgendo, e spesso disorientando, il nostro modo di vivere. Senza dimenticare un paesaggio urbano unico e prezioso, quello di Venezia. Il primo convegno si è svolto il 16 marzo presso l’Università Ca’ Foscari, Palazzo Malcanton Marcorà. Il convegno, dal titolo Paesaggio e trasformazioni. Il punto di vista della Cultura, è stato coordinato dal prof. Giuseppe Goisis. Fra ‘800 e ‘900 il progresso tecnologico ha portato a un radicale mutamento del territorio; negli ultimi 50 anni speculazione e incultura stanno sempre più consumando, in molti casi devastando il paesaggio. Ma la collettività ha diritto alla bellezza, all’armonia del proprio ambiente di vita; ha il diritto di veder tutelato il paesaggio come bene prezioso di storia e cultura, da tramandare alle generazioni future. Per approfondirne la consapevolezza, di paesaggio hanno parlato artisti e interpreti della cultura umanistica. Giuseppe Goisis, docente a Ca’ Foscari, ha proposto una lettura filosofica, mentre Laura Facchinelli ha sintetizzato le trasformazioni del paesaggio viste attraverso la pittura. Con Matteo Balduzzi, fotografo, è entrato in scena un fotoromanzo, con Gaetano Mainenti dell’Accademia di Belle Arti, il punto di vista di un artista. Matilde Caponi, saggista, ha rivissuto la trasformazione della famiglia dal dopoguerra. Mirella Siragusa, da psicologa ha sottolineato l’influenza dell’ambiente sul benessere psicofisico. Carlo Montanaro ha proiettato brani di Antonioni, a testimonianza del cinema specchio della nostra identità. In chiusura Enzo Siviero, docente IUAV e progettista di ponti, ha puntato alla conciliazione fra ingegneria, paesaggio e cultura. Partendo dai contenuti del primo convegno, si conferma il ruolo degli intellettuali, e degli artisti in particolare, come “sensori” delle trasformazioni in corso, nell’interesse della collettività. Il secondo convegno, dal titolo Paesaggi e trasformazioni. Il punto di vista della Tecnica, si è svolto invece il 22 marzo nella sede del Collegio degli In-

Paesaggi Futuri, two conferences in Venice about the transformation of the landscape, between

Culture and Technique by Laura Facchinelli In 2012 the attention of the Paesaggi Futuri Group focused on the theme of landscape, following its traditional orientation: the connection between the humanities and technical specializations. Two conferences were held during the month of March in Venice. In the first, Landscapes and transformation. The Cultural Point of View, the topics of the landscape as a place for emotion, and the collective right to beauty, were discussed by a philosopher and an art historian, an artist and a photographer, an author of essays and a psychologist, a film expert and a bridge designer. The second conference, Landscape and transformation. The Technical point of view, concentrated on Venice as an extraordinary city, in search of a balance between the preservation of its beauty and identity, and the need for modernization. The topics included the islands of the lagoon and the project for the underwater subway; the expansion of the port with the critical issues involving the large ships in the heart of the city, but also the planned ‘Veneto City’ office-shopping center, a highly controversial project that risks overwhelming part of the mainland. Some of the speeches are published in the magazine.

Nella pagina a fianco: un canale a Venezia.

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1 - La locandina del convegno del 16 marzo. 2 e 3 - A centro pagina, in alto: veduta di Venezia dall’alto; in basso: un momento del convegno del 16 marzo. 4 - Nella pagina a fianco: la locandina del convegno del 22 marzo.

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gegneri della provincia di Venezia. È stato il prof. Enzo Siviero a coordinare i lavori. Punto focale del convegno è la conciliazione fra infrastrutture e paesaggio, fra centro storico e interventi di modernizzazione. Con lo sguardo rivolto alle trasformazioni previste a Venezia. Dopo il saluto di Vittorio Drigo, presidente del Collegio ospitante, il convegno è stato aperto da Enzo Siviero, docente IUAV, che ha presentato alcune interessanti esperienze progettuali: l’obiettivo era quello di dimostrare che fra paesaggio e infrastruttura può non esserci un conflitto, anzi si può creare una relazione di armonia. Tutto dipende dalla qualità progettuale dell’opera e dal suo inserimento, che deve rispettare bellezza e identità del luogo. Avvincente l’esempio presentato: quello di un ponte sul Bosforo. Maria Giovanna Piva, ingegnere, partendo dall’esperienza maturata negli anni di presidenza del Magistrato alle Acque di Venezia, ha illustrato un’ampia serie di interventi di valorizzazioni delle isole della laguna. Del fondamentale legame fra la città di Venezia e la sua laguna ha parlato Piero Pedrocco, ingegnere. Come costruire in un centro storico, in una città d’arte? Va mantenuto intatto il contesto esistente o si possono (debbono) inserire segni nuovi? L’architetto Giovanni Battista Fabbri ha illustrato le proposte

progettuali per la realizzazione della sublagunare, opera assai discussa, alla quale verrebbe affidato il compito di garantire un collegamento più rapido ed efficiente fra la Venezia insulare e la terraferma. C’è un altro intervento che vede interessi e pareri opposti: si tratta di Veneto City, un complesso commerciale-direzionale la cui realizzazione determinerebbe profonde trasformazioni nella zona al confine fra la provincia di Venezia e quella di Padova: ne ha parlato il giornalista Francesco Furlan. L’attenzione è tornata a rivolgersi a Venezia con Nicola Torricella, direttore tecnico dell’Autorità Portuale di Venezia, che ha illustrato l’evoluzione del porto in città, che ha visto un rapido incremento del traffico passeggeri, non privo di criticità per il potenziale pericolo legato al transito delle grandi navi. Il confronto tecnico si è concluso con alcune notazioni di Giuseppe Goisis, che hanno ricondotto questo convegno al disegno di un ampio dibattito culturale sul tema del paesaggio. Nelle pagine seguenti ospitiamo i testi di alcune delle relazioni presentate nei due incontri di studio. Riproduzione riservata ©


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Il paesaggio dal punto di vista filosofico di Giuseppe Goisis

Il paesaggio è di grande interesse per la cultura umanistica. Ricorderò anzitutto il filosofo che si è occupato per primo il tema del paesaggio, Simmel, che nei suoi Saggi sul paesaggio, configura questa esigenza che anche per noi è fondamentale, legata all’idea che si rischia una grande distruzione, un grande impoverimento, qualcosa che rischia di ferire questo rapporto fondamentale fra l’uomo e questo ambito che ci circonda, che ci dà nutrimento: il mondo della natura. È vero che, se si considerano le cose attentamente, una natura integra, non modificata dall’uomo non è mai esistita. Basta guardare al nostro Veneto, dove l’agrimensura ha segnato i campi, una serie di figure geometriche che segnano quello che vuol dire coltivazione dei campi, agricoltura. Il libro Addio, natura, che è uscito di recente, pone questo problema: c’è una certa concezione dell’ambiente che è archeologia, che non è proponibile. L’uomo, da sempre, è homo faber, e quindi ha trasformato l’ambiente attorno a sé. Però quello che è accaduto in Europa, nel nostro Paese, e nel Veneto in particolare, è molto di più: c’è stata una ferita, talvolta selvaggia, che è distruzione dell’ambiente, un impoverimento molto grande. Il punto fondamentale è che il paesaggio è una risorsa, ed è anche una ricchezza, sul piano umano, ma anche come turismo, e quindi come fatto economico. È dunque un elemento dal quale dovremmo ripartire. Quindi il futuro è forse legato ad una rielaborazione e alla valorizzazione equilibrata, ragionevole, sapiente del nostro passato. Questa è un’intuizione, una possibilità. L’archeologo Carandini ha detto di recente: “forse il passato dell’Italia conta, perché è il suo patrimonio”. Se volete una testimonianza sulle ferite inferte, in questo senso, al Veneto, il poeta Zanzotto, scomparso di recente, ha forse scritto le pagine più importanti. Con grande intuizione, nel libriccino In questo progresso scorsoio, titolo molto significativo, viene messo in discussione proprio il progresso inteso solo come dittatura del PIL, del Prodotto Interno Lordo. Ora se è vero che gli ambientalisti spesso sono piuttosto chiusi e non si intendono con gli economisti, è evidente che c’è qualcosa di importante, sotto: c’è un certa idea di sviluppo legata solo a certi indici quantitativi. Questo libro è una conversazione con Marzio Breda. Il punto più traumatico è la scomparsa della bellezza, l’eclissi della bellezza. La domanda che ci dobbiamo porre è questa: noi umani possiamo vivere in un deficit molto forte di bellezza? In fondo la nostra vita non è resa più difficile da uno sguardo che dovunque si posa e vede solo un’infinita serie di capannoni di cemento, spesso abbandonati, di grandi ponti, di grandi strade entro un paesaggio che sembra

spettrale, devastato? Proprio in questi giorni, se voi percorrete certe strade rimanete colpiti dall’aridità del terreno: certo questo è legato alla siccità, ai cambiamenti della meteorologia, ma questo ci dà uno sguardo preoccupato, allarmato. Leggo anche un articolo di Stella che, rifacendosi a Zanzotto, dice: “cercate con lo sguardo: ovunque vedete edifici che hanno meno di una cinquantina di anni, ed è difficile trovarne uno, uno solo, davvero bello”. C’è poi Salvatore Settis che ha scritto spesso e lo ripete in ogni suo incontro: “l’idea del bello, che era quasi incorporata nei nostri nonni, nei nostri avi, si è andata via perdendo, nella pratica sociale. Peggio, è stata smontata pezzo su pezzo”. Vi dico questo piccolo episodio che si riferisce alla vita universitaria. Qualche mese fa Salvatore Settis è stato invitato per l’inaugurazione dell’anno accademico per presentare il problema. Ha tenuto, in maniera molto motivata ed entusiastica, una relazione sul paesaggio, una relazione che poi è stata pubblicata su Belfagor, la prestigiosa rivista fondata da Luigi Russo. All’improvviso, come se fossero colpite da un’ondata travolgente, le persone si sono trovate tutte in piedi e, all’unisono, hanno applaudito, una cosa che ha sorpreso gli stessi organizzatori. Questo vuol dire che c’è una profonda voglia di cambiamento e che le cose dette sembravano essenziali. La bellezza non va considerata come qualcosa di secondario. Uno scrittore del Rinascimento scriveva: “ma perché ci dorremmo noi dei Goti e dei Vandali e di altri perfidi nemici, se quelli che, come padri e tutori, dovevano difendere queste reliquie di Roma, essi medesimi hanno lungamente atteso a distruggerle”. Qui c’è un rimprovero che balza nei secoli e si prolunga fino a noi. La domanda è se i barbari, per quanto riguarda il paesaggio (per barbari si possono intendere quelle persone che non si curano di un equilibrio, non si preoccupano di un decoro, che non si preoccupano delle persone future), se non siano loro i barbari di cui si parlava. C’è un’autrice, Chiara Santoniero, ha scritto un libro dal titolo Le parole e la bellezza per vincere la mafia. E scrive queste parole che mi hanno molto colpito: “la prima cosa che si nota, arrivando in certe zone della Calabria è il disordine edilizio. Ti accorgi della mancanza di un piano regolatore, delle spiagge non curate. La bellezza della natura fa risaltare ancor più la disarmonia fra ciò che la creazione ha fatto e ciò che l’uomo non è stato in grado di costruire. Colpisce in molte zone: nella Calabria e anche nella Sicilia. È come la prova di uno scacco: è come se la bruttezza dei luoghi esprimesse tragicamente quel desiderio di violazione che c’è nel cuore della criminalità organiz-

Nella pagina a fianco: due momenti del convegno del 16 marzo.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 zata. Infatti i paesi più brutti sono quelli segnati da queste caratteristiche. La trascuratezza diffusa diventa allora il primo punto su cui far leva per opporsi all’intimidazione e alla violenza”. Pensiamo ai templi greci soffocati dall’abusivismo edilizio, dallo sfiguramento del paesaggio. Questo dà molto da pensare. Abbiamo qualcosa che è stato progettato da un architetto, che però si è ben guardato dal venirci a vivere: qualcosa dunque progettato per altri ed evitato con altrettanta cura. Ci sono due indici della difficoltà della nostra Italia di riprendersi. Il primo è questo scempio che viene fatto del paesaggio; il secondo è lo stato di degrado della parola. Non è il problema più della sintassi: è il problema anche della logica, della coerenza interna di ogni discorso. Un poeta come Zanzotto, in questa conversazione con Marzio Breda, ha dei passi molto interessanti. Sentite questo punto: “in questo progresso scorsoio, non so se io vengo ingoiato o se mi danno qualcosa da ingoiare. C’è un volano infernale che gira ed esaspera una cerca idea di onnipotenza. Una pseudorivoluzione che invade i pensieri, che inquieta, alla quale bisogna opporre resistenza”. Il poeta, per quanto anziano, per quanto provato, non si rassegna. E io credo che ci sia anche una questione di lealtà: se adesso emerge tutta la complessità della questione, noi non dobbiamo essere rassegnati. Dobbiamo essere persone che esprimono correttamente un dissenso profondo rispetto a certe cose. Dicevo che dal punto di vista filosofico, non solo umanistico in generale, il primo autore che ha posto questo problema (il suo saggio è del 1911) è stato Simmel. Simmel ha preso alcuni temi che venivano ritenuti, prima, frivoli e li ha trattati invece in maniera profonda. Faccio l’esempio della moda: Simmel è stato il primo filosofo a occuparsi in modo profondo della moda. E perché si è occupato del paesaggio? Perché prima aveva compreso a fondo la metropoli, la città. Simmel è l’autore che ha studiato tutte le variazioni che nella modernità si attuano, a partire dalla centralità della grande città. Mi sia lecito, nel breve tempo a disposizione, ricordare soltanto questo passo, di carattere intensamente autobiografico. “Mi trovavo sulla riva di un laghetto gelato e assistevo agli esercizi di un pattinatore. Avevo cominciato già da un certo tempo e con un’abnegazione, come viene messa in pochi sforzi della vita per amore di obiettivi ideali, e vedevo il pattinatore che si sforzava in mutevole giravolte e serpentine, circonvoluzioni e curve all’indietro, ma non gli riuscivano ancora né facili né sicure. Le ginocchia si piegavano e si irrigidivano in una ingloriosa inclinazione. Le braccia si aggrappavano all’aria e tutt’intorno come a un immaginario contrappeso. Dopo un certo tempo, tornando indietro, trovai la pista libera e discesi anch’io. Vidi che le tracce incise da quel pattinatore sul ghiaccio erano le più incantevoli ed aggraziate forme, di uno slancio e di una libertà come quella delle linee che traccia un uccello nell’aria. A quel punto sopraggiunse in me come una felicità, per il fatto che qualcosa del genere fosse possibile. Che noi, pur con la goffaggine, l’inettitudine, l’oscillazione del nostro movimento, possiamo tuttavia realizzare, con un’estrema propaggine acuminata, una linea, la cui traccia sottile e leggera non sa nulla del nostro aspetto d’insieme”. Ecco, noi uomini moderni saremmo, per Simmel, pattinatori su questo ghiaccio sottile che minaccia continuamente di rompersi. E quindi siamo alla metafora suggerita di una condizione instabile, perché in ogni momento questo equilibrio 90

può rompersi, in una direzione o nell’altra. La modernità sarebbe proprio questa condizione del camminare su una specie di crinale, e quindi una condizione continuamente critica. La filosofia del paesaggio, ben introdotta dalla studiosa Monica Sassatelli, consiste proprio nel cercare di vedere come questo equilibrio con la natura si sia incrinato e come possa, invece, essere rivolto in maniera positiva. Ci sono molti aspetti sull’opera dell’uomo, ci sono le ambiguità: la categoria è quella dell’ambivalenza, per cui ci sono aspetti positivi e negativi. Per esempio leggiamo questo giudizio: “dove effettivamente vediamo un paesaggio, e non una somma di semplici elementi naturali, abbiamo un’opera d’arte nel momento stesso del suo nascere. Se capita molto spesso proprio nell’ambito di impressioni di paesaggio e si sente che si vorrebbe essere pittori per fissarne l’immagine, questa esclamazione non esprime certo l’idea di fissare un ricordo, ma piuttosto c’è un desiderio che potrebbe verosimilmente indirizzarsi a tante altre impressioni di tipo diverso. E poi via via fino a dire che il paesaggio è essenzialmente gestalt, forma. Gestalt è l’espressione magica, all’inizio del ‘900. Gli psicologi sono affascinati da questa idea, gli artisti sono affascinati, i filosofi, come Simmel, sono decisamente afferrati da questa idea della forma. Ecco perché l’incrinamento del paesaggio è così importante. Il paesaggio non è solo il guardare, ma è soprattutto l’esperienza del paesaggio. E questa esperienza del paesaggio è esperienza della vita: è una stimmung con l’ordine, un legame con l’ordine. È una glednis, un’esperienza. Certo lo stato attuale della nostra estetica a stento consentirà di fare qualcosa di più che stabilire questi elementi di principio. Poiché le regole che la pittura di paesaggio ha stabilito per la scelta dell’oggetto e il punto di vista, per la luce e l’illusione spaziale, per la composizione e l’armonia dei colori, si potrebbero senz’altro indicare, ma esse riguardano, per così dire, la traccia dello sviluppo che si svolge dalla prima singolare impressione della cosa fino al quadro del paesaggio. Fatto che si trova al di là dello stadio della visione generale del paesaggio stesso. Qui interviene il secondo passaggio. Dopo aver identificato l’idea del paesaggio come forma, è quello che supera l’idea che il paesaggio sia solo spazialità. Il paesaggio è spazialità, ma non solo. Questo contributo è approfondito nel testo Filosofia del paesaggio di Paolo D’Angelo, dove l’idea della spazialità è riferita al tempo. Proprio perché esperienza profonda, il paesaggio non è semplicemente qualcosa di estrinseco rispetto all’uomo, ma si riferisce ad una scansione profonda della temporalità. Questo è molto interessante. Il paesaggio diventa un banco di prova dell’estetica, ma in qualche modo interroga molte altre dimensioni: ecco perché interessa la filosofia. E soprattutto il rapporto, la relazione molto travagliata fra estetica ed ecologia. E qui poi, nell’ultima parte, si esamina il quadro normativo, nella legislazione italiana del paesaggio, dalla legge del 1922 al Codice dei Beni Culturali. L’idea è che la natura non sia qualcosa di estrinseco, ma qualcosa che fa parte della cultura profonda dell’uomo. Quindi esperienza, quindi cultura nel senso più vero Volevo segnalare infine il bel volume di Gianfranco Perulli Paesaggio negato. Dal paesaggio letterario al paesaggio del diritto. Negli interventi si trovano non solo riflessioni filosofiche, ma impossessamento da parte della grande dimensione poetica


TRASPORTI & CULTURA N.32 e letteraria. Non è un caso che Zanzotto si sia occupato, lottando e sperando, per la non-distruzione del paesaggio. Il paesaggio è lo sfondo in cui l’uomo si muove, vive, di cui si nutre. A tal punto che, in una visione sfigurata – questo era anche di autori come Ruskin, come Morris ecc. – lo stesso uomo rischia di venire soffocato e spento. Vivere in una megalopoli del tutto priva di ogni riferimento con l’uomo, con le sue consuetudini più care, con la sua dimestichezza, con la capacità di familiarizzare, è una ferita inferta all’umanità. Ma qui si deve passare da questo tema del paesaggio come fatto filosofico e letterario e poetico al paesaggio del diritto, a ciò che in qualche modo è possibile normare attorno a questi temi e facendosi alcune domande. Il paesaggio è qualcosa di comune? È un bene a cui l’uomo tende? O invece è una merce che può essere semplicemente divisa, spezzettata, commercializzata? A me pare che, almeno fino a un certo punto, questo tema del paesaggio debba essere anche trattato come un bene comune. Al di sotto di certe soglie, la negazione o distruzione completa del paesaggio comporta dei rischi molto radicali per l’uomo. Poniamoci questo problema: come l’uomo possa vivere quando lo sfondo in cui si trova viene disintegrato, frantumato. E come, oltre un certo limite, questa distruzione, questa alienazione del paesaggio possano comportare anche una alienazione dell’umano. Riproduzione riservata ©

1 - Immagine che evoca l’armonia della natura.

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Le trasformazioni del paesaggio nella pittura fra ‘800 e ‘900 di Laura Facchinelli

Quando si pensa al paesaggio nell’arte, si pensa, immediatamente, a dipinti che mostrano la natura incontaminata (distese marine, campagne), o che colgono i luoghi urbani più rappresentativi, gli scorci più armoniosi ed equilibrati e, quindi, più belli: il pensiero va ai vedutisti veneziani del Settecento (es. Canaletto). Ma dai primi anni dell’Ottocento la città cambia per effetto dell’industrializzazione, mentre la campagna è solcata dalle infrastrutture di trasporto, prima fra tutte la ferrovia, che muta le relazioni spazio-temporali e le modalità stesse di vita. La trasformazione prosegue – travolgente, irreversibile – nel Novecento: protagonista l’automobile, che contribuisce a plasmare nuovi abitudini e interessi. Il dopoguerra segna un’era nuova, che ai valori del passato sostituisce nuove dinamiche mentali, nuove forme. Le tappe della trasformazione, per certi aspetti brutale, si possono cogliere attraverso le rappresentazioni pittoriche fra 800 e 900.

Ottocento Il percorso che vorrei delineare prende avvio da alcuni vedutisti dell’Ottocento come Angelo Inganni che, con precisione prospettica coglie le trasformazioni della città di Milano. La città, prima con Napoleone, poi con gli Austriaci, subisce una trasformazione architettonica e urbanistica che viene puntualmente registrata da uno stuolo di pittori: protagonisti delle tele di Inganni non sono soltanto i monumenti illustri, ma anche taluni scorci periferici, colti nella vivacità della vita quotidiana. Alle scenografie del vedutismo veneziano è debitore anche Ippolito Caffi, che dipinge soprattutto fra il Veneto e Roma. Famose le inquadrature lagunari, dove l’impianto prospettico talvolta sfuma, lasciando spazio alla levità di effetti cromatici e luminosi che richiamano le suggestioni di William Turner il più famoso pittore romantico inglese, che in quegli anni rivoluziona il modo di rappresentare gli spazi urbani dissolvendone le forme in emozionanti effetti di colore e luce. In Italia, fin dall’inizio del secolo, ha avuto grande fortuna la pittura di storia, che tende a relegare la città sullo sfondo. Ma alcuni paesaggisti francesi (es. Camille Corot), soggiornando in Italia, portano una sensibilità in senso naturalistico che è maturata in Francia con la pittura en plein air. Una significativa svolta in tal senso inizia, alla metà del secolo, in ambiente napoletano, tuttavia il fulcro del rinnovamento si colloca a Firenze con i Mac-

chiaioli. Fra i protagonisti di quel movimento, che si sviluppa al di fuori degli schemi tradizionali e accademici, sono sensibili al paesaggio Raffaello Sernesi e in particolare Telemaco Signorini, che si dedica al tema della veduta urbana, cogliendo innovativi tagli prospettici d’angolo. Nell’Italia di metà Ottocento si lavora, in molte vallate e città, alla costruzione della ferrovia. É un’impresa grandiosa che deve essere celebrata con solennità, ed ecco che il progettista della prima linea ferroviaria d’Italia, Arnaud Bayard de la Vintgrie, nel 1839 incarica il pittore Salvatore Fergola di rappresentare il treno inaugurale, sullo sfondo della stazione. Qualche anno più tardi il governo del Regno di Sardegna chiama il giovane Carlo Bossoli per riprendere una serie di vedute lungo il percorso della linea Torino-Genova. La stazione è un elemento nuovo, di grande interesse come spazio pubblico, che nelle grandi città acquista importanza anche sotto il profilo monumentale. Le inquadrature di Claude Monet nella stazione parigina di Saint-Lazare (sono una dozzina e risalgono al 1877) colgono le locomotive sotto il profilo a punta della tettoia in differenti condizioni di luce nell’arco della giornata: così un luogo legato alla funzione tecnica acquista respiro e assume quasi il ruolo di cattedrale della vita collettiva. Alla composizione di Monet si ispira in modo evidente Angelo Morbelli, che dieci anni più tardi dipinge la stazione centrale di Milano. Ferrovie e strade favoriscono la migrazione dalla campagna alla città, dove sorgono nuovi quartieri popolari per accogliere i lavoratori dell’industria. La città dunque cambia, e cambia anche il modo di rappresentarla: mentre la fotografia si assume il compito di una registrazione puntuale, alcuni pittori si lasciano tentare dalla modernità, costruendo le vedute con rapidi guizzi di colore (Mosè Bianchi, Vecchia Milano; altri preferiscono cogliere figure di popolani, lasciando le case e le strade sullo sfondo. La pittura italiana, poco a poco, perde terreno rispetto alle novità che emergono in Europa, e in particolare alla rivoluzione portata dall’Impressionismo. Fra i pittori italiani che si recano a Parigi per respirare l’aria nuova, De Nittis, Boldini e Zandomeneghi si fanno veicolo di aggiornamento per gli artisti rimasti in Italia. É in particolare Giovanni Boldini ad amare le vedute urbane, che compone con molta libertà, animando la prospettiva mediante elementi posti enfaticamente in primo piano.

Nella pagina a fianco, in alto: Giacomo Balla: Automobile + velocità + luce, 1913; in basso, a sinistra: Mario Sironi, Periferia: il tram e la gru; in basso a destra: un momento del convegno del 16 marzo.

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Novecento Nelle città d’inizio Novecento, il centro storico convive con le fabbriche, con le case popolari delle periferie sempre più dilatate, col traffico. Mentre entrano in crisi le certezze del passato, gli artisti mettono in discussione i modelli della tradizione e cercano nuove modalità espressive. Nascono movimenti d’avanguardia, e la città è elemento importante della riflessione artistica, soggetto che meglio di altri è in grado di esprimere le contraddizioni di un’epoca in rapido mutamento. Entrano in scena i Fauves, il movimento Die Brücke, il Cubismo con Pablo Picasso; fra gli artisti più innovatori pensiamo a Wassily Kandinsky. In Italia il movimento d’avanguardia che, ad inizio Novecento, scardina la tradizione è il Futurismo, che pone al centro dell’attenzione la macchina, il movimento e la città, intesi come elementi pulsanti della modernità. “Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido” proclama il Manifesto della pittura futurista. Tommaso Marinetti vorrebbe demolire le vecchie città legate alla tradizione, per promuovere lo sviluppo delle metropoli industriali. Umberto Boccioni dapprima documenta le nuove costruzioni e le fabbriche con ciminiere della periferia milanese, poi rende la città come impulso dinamico, visualizzato con un moto ascensionale rapidissimo. Gino Severini mostra onde sonore che vibrano nell’aria. Fra gli altri interpreti di quel vitalismo dinamico sono Giacomo Balla e gli artisti dell’Aeropittura come Gerardo Dottori, che rende omaggio alle nuove prospettive legate al volo. Di grande interesse, per la relazione arte-città, la figura di Antonio Sant’Elia, che progetta metropoli concepite come immensi cantieri con enormi edifici, strade sotterranee, intrecci di strade, ferrovie, metropolitane, anticipando gli sviluppi futuri dell’architettura e dell’arte del Novecento. Giorgio De Chirico apre il capitolo della Metafisica, creando immagini dal sapore onirico, con personaggi enigmatici che si muovono negli spazi irreali e inquietanti delle Piazze d’Italia. Attento alla cupa realtà delle periferie, delle fabbriche, dei caseggiati popolari è il pittore Mario Sironi. Diverso il temperamento di Ottone Rosai, che dipinge vicoli con figure di popolani. Negli artisti della Scuola Romana (Scipione, Mario Mafai) c’è un racconto paesaggistico dai toni cupi, che registra anche le demolizioni dell’era fascista. Fra i pochi nomi dello scenario internazionale che ricordiamo in questa sede, non può mancare l’americano Edward Hopper, straordinario interprete della civiltà dell’automobile, dell’alienazione in città, della solitudine. A partire dagli anni ’60 troviamo l’Iperrealismo americano, che con esasperante precisione mette in scena le strade, le insegne dei negozi, le automobili, il consumismo, la banalità del vivere quotidiano. Ed ecco la condizione urbana attuale, col traffico opprimente, le periferie imbruttite dal degrado. Tornando all’Italia, nel dopoguerra della ricostruzione, della crescita economica, della diffusione rapidissima dell’automobile e delle strade, anche l’arte si rinnova, a partire dall’attività del Fronte Nuovo delle Arti. Da ricordare almeno Renato Gut94

tuso. Fra gli artisti rivolti all’astrazione ricordiamo le figure di Emilio Vedova e Afro.

Duemila Non sono molti, nei recenti anni delle sperimentazioni multimateriche e multimediali, gli artisti che hanno prestata un’attenzione specifica al paesaggio. Tuttavia proprio grazie alle esperienze di materiali e di linguaggi, combinate con l’acquisita consapevolezza delle trasformazioni (talvolta devastazioni) subite da città e campagna, anche nel nostro paese alcuni artisti hanno saputo interpretare in modo interessante i luoghi contemporanei. Fra gli artisti che usano le tradizionali tecniche della pittura, pensiamo a Luca Pignatelli che su dipinge strade urbane, veicoli e montagne su vecchi teloni di camion, strappati e ricuciti; e ricordiamo Marco Verrelli che con precisione iperrealista riproduce viadotti e tram di periferia. Nel caso di Piero Guccione la resa paesaggistica confina con l’astrazione. Internet costituisce una dimensione nuova anche per la creazione artistica: non soltanto perché la rete consente di collocare le opere preesistenti in una specie di galleria virtuale aperta a un pubblico sempre più vasto, ma in particolare perché ha origine una vera e propria “arte della rete”, un’arte che si serve di internet come mezzo di produzione e, al tempo stesso, come luogo di fruizione dell’opera. I creatori sono spesso ingegneri informatici che “giocano” con risorse in continua evoluzione e in uno spazio solo virtuale. Ci sono altre vie possibili? Ma certamente. Per esempio, l’incontro fra culture diverse ci consente nuove esperienze. L’egiziano Medhat Shafik, usando materiali semplici come carta e legno, ci fa assaporare la città come luogo di emozioni, di percezioni sensoriali minime, eppure ricche di significati. Travolti da un moto incessante e rumoroso, inebriati della ricchezze “materiali”, abbiamo perduto, fra le altre cose, la capacità di “sentire” lo spazio attraverso i cinque sensi. Così rischiamo di perdere, poco a poco, quello che davvero ha un senso. Proprio gli artisti, e forse proprio gli artisti di altre culture, possono intuire e farci capire tutto questo. Riproduzione riservata ©


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La trasformazione culturale della famiglia di Matilde Caponi

In principio – del Novecento – era ancora il patriarcato, una struttura verticistica della famiglia alla cui sommità si trovava il padre, il patriarca, in posizione subalterna i figli e infine numerosi nipoti. Il patriarcato era una istituzione familiare che si era andata erodendo nei secoli precedenti con il nascere dell’industrializzazione, ma rimaneva ben salda in alcune regioni d’Italia a carattere prevalentemente agricolo, come il Veneto. Testimonianze incisive di questo tipo di famiglia sono offerte da La nostra polenta quotidiana dello scrittore veneto Dino Coltro che le ha raccolte dalle voci stesse delle protagoniste. Sebbene il capo della famiglia fosse il padre, essa si reggeva per tre punti sulla madre, che amministrava i pochi beni familiari, costituiti dalle riserve di cibo che richiedevano delle straordinarie capacità di risparmio. Tra le quattro storie, nella più antica la madre dello scrittore, racconta di come era costretta a badare ai figli, a preparare in fretta i pochi “mangiari” e a lavorare nei campi, dormendo poche ore di notte e non avendo sosta di giorno: “si lavorava per mangiare e si mangiava per lavorare”. L’autorità del padre era indiscussa: ”parlava poco, ma quando apriva bocca, le sue parole erano sentenze”. Se tale era il peso del patriarca, importante era anche l’apporto dei figli: più erano numerosi, più si assegnavano loro, anche da piccoli, tante incombenze in casa e nei campi. Nel sistema di vita sostanzialmente statico del mondo agricolo prevale la tradizione: i padri tramandano ai figli saperi e pratiche di vita insegnando sia i valori sia i lavori. Così per generazioni si trasmette di padre in figlio tutto quanto è necessario conoscere. Oggi è completamente diverso: gli anziani, spesso vengono messi da parte, come vuoti a perdere, quando non sono più in grado di dare alla propria famiglia e alla società. Ciò dipende in gran parte dalla metamorfosi degli anni recenti per l’introduzione e la rapida diffusione delle nuove tecnologie informatiche che hanno generato un nuovo concetto dello spazio e del tempo e quindi anche nuovi rapporti relazionali. Nell’era del Pc, di Internet e dei cellulari, spesso sono figli e nipoti a insegnare ai più anziani l’uso di strumenti tecnologici per non sentirsi isolati dal mondo e sono stati addirittura istituiti dei corsi in cui i docenti sono gli alunni sin dalle elementari e gli studenti sono gli adulti dai 60 in su. Gli anziani non hanno più autorità, non vengono considerati artefici e protagonisti della realtà, ma solo degli emarginati. Nei racconti successivi di Coltro si avverte che le vicende raccontate sono avvenute negli anni tra le due guerre - con l’intermezzo della guerra d’Africa - e dopo la seconda guerra mondiale, durante

la quale le donne spesso sostituiscono gli uomini in tutti i lavori. Perciò la loro posizione in parte si trasforma ed esse avvertono con dolore che la loro funzione è legata esclusivamente alla procreazione e al mantenimento della famiglia: nella loro condizione di povertà. Devono ancora andare a zappare, allevare i bachi da seta, mietere grano, raccogliere bietole, seguire la raccolta e la cura del tabacco, provvedere al pollaio. Alcune hanno cominciato a frequentare la scuola, ma appena conclusa la quinta elementare - o la terza - devono andare a lavorare nei poderi come le loro madri o a fare gli arelini per i bachi da seta. E continuano con lavori anche pesanti, ma con differente retribuzione: “lavoro da uomo, paga da donna”, senza potersi lamentare, perché il posto è a rischio. La situazione ancora oggi nel terzo millennio - lo afferma la sociologa Chiara Saraceno - non è del tutto cambiata: la crisi in atto penalizza peraltro, prima di tutto il lavoro delle donne - disoccupazione giovanile in Italia nel I° trimestre 2011 al 29,6% con un picco del 46% per le donne nel Mezzogiorno. In passato, alcune, da adolescenti, cominciano ad allontanarsi da casa per lavori stagionali, come quello della mondina nelle risaie del Piemonte o della Bassa Padana. Così possono guadagnare un po’ di soldi che serviranno per la dote. Da quando la Austen scrisse Senso e sentimento (inizio Ottocento) alla metà del Novecento il matrimonio era quasi l’unica prospettiva per molte donne. In compenso altre invece andranno in città a servizio da

1 - Mondo contadino all’inizio del Novecento.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 famiglie benestanti e apprenderanno abitudini e costumi diversi. Nel terzo racconto appare un padre che manda le figlie a scuola, ma solo fino alla terza classe, e dice che “le donne sul lavoro devono menare le mani non la lingua, per le storie e le cante avanza tutto l’inverno, a filò avete tempo per le storie”. Qui si ricorda la tradizione del filò che era l’incontro serale delle famiglie contadine nella stagione invernale. Inizialmente erano solo le donne a riunirsi nella stalla, calda per la presenza degli animali, per trasformare in filo la lana tosata dalle pecore e gli steli di canapa e di lino con cui confezionavano calze, maglie, guanti e tutti gli indumenti per la famiglia o tessevano la biancheria da letto o per la cucina. Poi anche gli uomini cominciarono a partecipare a queste riunioni riparando o costruendo arnesi di lavoro o intrecciando ceste e cestelli. per proteggere fiaschi e damigiane e insegnando ai giovani le attività artigianali tradizionali. Il Filò si mantiene vivo fino al secondo dopoguerra quando i soldati, al loro ritorno da altri paesi del mondo, raccontano le loro avventure di guerra e di prigionia. Scompare negli anni ’50 quando si lasciano le attività delle aziende agricole per recarsi a lavorare nelle industrie del triangolo Milano, Torino, Genova. Intanto per i giovani, maschi, che non avevano potuto completare la scuola per la guerra si aprono le scuole popolari pubbliche serali, perché, per trovare lavoro nell’industria, occorreva almeno aver completato con profitto il ciclo elementare. La scolarizzazione e la meccanizzazione dell’agricoltura trasformano il modo di vivere. In passato: molto influenti erano le credenze religiose e soprattutto le parole dei sacerdoti che raccomandavano sempre alle donne di essere sottomesse al marito. Solo nel maggio del 1975 arriva la riforma del diritto di famiglia che sancisce l’uguaglianza tra i coniugi, la tutela dei figli nati fuori del matrimonio, la comunione dei beni, la patria potestà attribuita a entrambi i genitori ecc. – rispetto alla legge del 1942 che anche legalmente subordinava la moglie al marito e ammetteva altre disuguaglianze. Altra influenza sui rapporti coniugali è venuta dalle idee del femminismo. Anche le donne che non hanno partecipato attivamente al movimento, hanno assimilato una maggiore consapevolezza dei propri diritti e la valorizzazione delle proprie possibilità. Senza dubbio a cambiare i costumi e i comportamenti ha contribuito anche una progressiva laicizzazione dovuta allo spostamento dalle campagne alle città: dove i comportamenti individuali diventano meno visibili e quindi si esercita una maggiore libertà. Riguardo alla composizione della famiglia, gli studi demografici, sin dagli Anni Settanta, quando le condizioni economiche migliorano, evidenziano la tendenza a fare un minor numero di figli. Nel mondo agricolo i figli sono forza lavoro, braccia per aiutare i genitori nelle loro pesanti attività e sono un’assicurazione di essere mantenuti nella vecchiaia, mentre oggi i genitori devono prendersi carico dei figli e mantenerli per il maggior numero di anni possibile facendoli studiare fino al diploma o addirittura alla laurea e negli anni di avviamento al lavoro. Insomma più benessere meno figli per assicurare a tutti lo stesso benessere. Ecco la grande “fioritura” di figli unici nelle famiglie nucleari, composte dai soli genitori e da uno o due figli: il tasso di natalità in Italia è al momento i 1,4 figli a donna, comprese le donne straniere che fanno più figli delle nostre. Inoltre, per ragioni economiche e sociali si verifica un ritardo nel matrimonio e nella 96

maternità. I giovani – in specie le donne – studiano più a lungo,si diplomano, si laureano e cercano, con difficoltà, di entrare nel mondo del lavoro. Per questo spesso si sposano dopo i trent’anni e aspettano ancora, per fare figli, di avere la sicurezza del posto di lavoro, di acquistare la casa, insomma di avere una situazione economica stabile. E spesso accade anche che il figlio, infine desiderato, tardi ad arrivare o non arrivi tanto da dover ricorrere alla procreazione assistita. La maggiore presenza di madri che lavorano a tempo pieno in impieghi o professioni qualificati ha trasformato anche il ruolo dei padri con la condivisione dei lavori, specie nelle famiglie giovani e di classe media. Il padre contribuisce alla cura dei figli piccoli più di un tempo o, più raramente, sostituisce la madre nella loro cura dei figli piccoli – vedi congedi parentali anche agli uomini. Inoltre, mentre fino al secondo dopoguerra la famiglia, in genere stabile e omogenea, era l’unica o quasi a fornire gli elementi di socializzazione primaria e secondaria, ora le c.d. agenzie formative sono costituite sin dalla prima infanzia dagli asili nido, dalle scuole materne e da tutti gli altri gradi di istruzione. In Italia però, dove sono assenti o meno numerosi gli asili nido e le scuole materne istituzionali, i nonni sopperiscono ai bisogni dei piccoli con la loro presenza che, però, non è più quella all’interno della famiglia – con la coabitazione o convivenza patriarcale – ma dall’esterno, poiché spesso costituiscono una famiglia di due o anche di un solo membro. Ancora da notare: più che di famiglia bisogna considerare le famiglie alla luce della scomposizione e ricomposizione di nuclei familiari. La famiglia viene definita da Daniele Marini – Fondazione Nord Est – la famiglia plurale costituita da coppie sposate – molte solo civilmente – da convivenze, da single, da coppie ricostituite. Altra situazione ancora: la famiglia monoparentale costituita da uno solo dei genitori e da uno o più figli per separazione, divorzio (arrivato in Italia con la legge 1° dicembre 1970) o per scelta femminile di tenere figli nati fuori del matrimonio anche se la legge 194 del 22 maggio 1978 ha sancito la legalità dell’interruzione volontaria della gravidanza. Esiste anche la famiglia c.d. allargata , in cui uno o tutti e due i genitori hanno avuto un precedente vincolo coniugale e con la convivenza o il nuovo matrimonio hanno costituito un nuovo nucleo familiare (figli della precedente unione di entrambi e i nati dalla nuova). Da sottolineare che sulle abitudini familiari forte è stata l’influenza della televisione: dapprima ancora era il capofamiglia a decidere i programmi da vedere e a imporre il silenzio durante quelli da lui preferiti. Era comunque un modo per tenere riunita la famiglia pur con la rinuncia alla conversazione o alla lettura. Con le migliorate condizioni economiche ormai spesso ogni componente della famiglia possiede un proprio televisore nella propria camera e quindi si isola completamente dai familiari. Ciò che accade adesso ancora più spesso con l’uso del Pc per seguire i social network: la frammentazione degli interessi individuali rispetto alle scelte familiari. Riproduzione riservata ©


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L’influenza dello spazio visivo sul benessere psicofisico di Mirella Siragusa

Cerco di delineare il mio pensiero attraverso il contributo di vari professionisti che hanno abbinato alla loro professione specifica un interesse per il futuro e il benessere psicofisico dell’uomo. Oggi c’é più consapevolezza sul fatto che la costruzione di un’opera é una testimonianza che rimarrà alla storia e lascerà un segno permanente; di conseguenza c’é una maggior attenzione alle sue qualità formali e una disponibilità a modificarla per adeguarla alle necessità del paesaggio, dell’ambiente e delle persone che lo occupano. È quindi importante essere aperti a quell’insieme di stimoli che, attivando sensazioni ed emozioni, ci renda consapevoli che quanto ci circonda può determinare oppure no il nostro benessere psicofisico. Esiste un ramo della Psicologia, la Psicologia dell’Architettura, che studia i requisiti dell’ambiente in relazione ai luoghi, affinché questi possano dare e trasmettere benessere e un sentimento di appartenenza. Il nostro corpo e la psiche sono due entità in relazione fra loro e l’ambiente psico-fisico-socioculturale che le circonda. Il corpo può essere inteso come il luogo e lo specchio dell’affettività più profonda, quell’affettività che entra a far parte del nostro Sé su cui si struttura l’identità. L’Io che si specchia nel proprio corpo, lo percepisce, lo riconosce e si riconosce in esso, fa di questo oggetto un corpo sensibile e vissuto da cui prende forma il Sé corporeo e quindi l’Identità corporea. Il corpo quindi come primo spazio visivo, mano a mano che entra in relazione con l’ambiente e la cultura si trasforma in un luogo dotato di un suo linguaggio che, attraverso un insieme di simboli e significati, cerca di comunicare con il mondo esterno. (L. Peirone, “L’identità corporea in crisi”). Antonio Di Benedetto nel suo saggio Prima della Parola afferma che la prima esperienza di bellezza fatta dal bambino, si verifica durante le fasi di allattamento e di accudimento, mentre osserva il volto della madre e sperimenta, nel contempo, una profonda sensazione di gioia e di appagamento. Questo evento, lo spazio visivo identificato nel volto materno, diventerà una delle esperienze fondamentali per l’integrazione del Sé e sarà il precursore di ogni esperienza futura di bellezza. L’autore evidenzia quanto lo stimolo estetico sia importante, anche se può sconvolgere, perché va a sovvertire l’ordine posto dalla coscienza ma proprio per questo ci aiuta a relazionarci con quella parte della nostra mente di cui non siamo consapevoli. Di conseguenza possiamo prendere una distanza emotiva da esso per avvicinarci però alla nostra realtà psichica e ritornare quindi alla realtà esterna con uno spirito e una visione rinnovata dall’elaborazione della nostra esperienza soggettiva. A volte possiamo essere consapevoli di star male,

senza capire che cosa ci sta accadendo, come se avessimo perso la capacità di cogliere la malinconia di un paesaggio o l’assenza di un movimento. Lo psicoanalista C. Gaillard, nel suo saggio Malinconia e Prospettive, afferma che la bellezza, essendo un avvenimento che ci sorprende, sollecita il dispiegamento dell’anima e la gratitudine. La bellezza apre al mondo, all’altro e a se stessi. Essa può comportare una parte di tristezza in quanto pone l’uomo di fronte alla sua incompiutezza, ma l’altro aspetto e cioé la gratitudine é il passo per mezzo del quale noi ci volgiamo verso l’altro e verso l’alterità che alberga dentro di noi. Come lo spazio visivo può influenzare il nostro benessere o malessere psicofisico? Un bosco, per esempio, situato sul lato esterno della strada produce una sensazione di benessere che rende più gradevole il viaggio. Delle piante opportunamente disposte lungo il margine, alimentano sia la vivacità del panorama e il livello di gradimento, ma possono fungere anche da guida ottica, delineando in anticipo l’andamento della strada. Questa funzione determina un senso di sicurezza che si associa ad una sensazione di tranquillità, favorendo la conoscenza di quanto osserviamo, che ne siamo consapevoli o no. (A. Moretti, Le strade, un progetto a molte dimensioni). Le strade contribuiscono a definire sia l’identità di una città, in quanto costituiscono gli spazi in cui si integra la vita sociale della popolazione con le esperienze che essa vive, sia il livello di comunicabilità di un luogo. L’incremento del traffico all’interno delle città ha dato alla strada una sensazione d’inospitalità e disadattamento, per cui rischia di perdere il suo carattere di spazio conosciuto, in cui vivere le esperienze di scambio comunicativo e relazionale e diventare un luogo disagevole ed estraneo. C. Day nel suo saggio La casa come luogo dell’anima afferma che l’Architettura é l’Arte che nutre i nostri sensi e, se questo nutrimento estetico viene a mancare, é la parte emotiva dell’uomo a

1 - La relatrice.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 soffrirne di più. È grazie a questa sensibilità estetica se possiamo cogliere i rischi che provengono dal degrado ambientale e/o attribuire il giusto valore alle identità locali. E sono i luoghi più vivi, che offrono stimoli, in cui la gente s’incontra e svolge delle attività a dare un senso stabile di continuità e di appartenenza e trasmettere una sensazione rilassante dello spazio. Tutti gli spazi fisici, anche quelli di passaggio, dovrebbero essere valorizzati. Oggi molti di essi sono trascurati, trasformandosi in frammenti di desolazione; nessuno spazio dovrebbe essere visto come inutile ma divenire luogo da vivere in sintonia con l’essere umano. Un ambiente abbandonato o spersonalizzato non causa solo del malessere ma può favorire anche un incremento della criminalità. T. Hall nel suo libro La dimensione nascosta affronta il tema dello spazio come la realtà in cui viviamo, affermando che ogni cultura ha modi differenti di viverlo e di attribuirgli un significato. Oltre ad interessarsi del senso dello spazio all’interno delle relazioni interpersonali e professionali, si é interessato all’organizzazione degli spazi urbani, il cui significato cambia con il mutare delle distanze e dei modelli culturali. La nostra società é caratterizzata dalla velocità, a cui viene associata la dimensione spazio-tempporale come il modo che abbiamo di viverla. Oggetto privilegiato, in cui s’identifica il mondo moderno, é l’automobile. Strade e autostrade sono il simbolo di questo mondo in quanto favoriscono la velocità, incidono sul territorio ed evocano un’immagine di prestigio. L’autostrada, favorendo l’incremento della velocità, accorcia le distanze e fa guadagnare tempo. In questo senso il paesaggio può essere vissuto come uno spazio da percorrere e le strade come il mezzo più veloce per conoscere il territorio. La velocità però, evidenzia l’autore, impoverisce la sensazione del movimento attraverso lo spazio, isola i viaggiatori e contrae il campo visivo, per cui i particolari più vicini risultano più sfuocati, alterando il rapporto con quanto osserviamo. Sollecitando una concezione della modernità come una nuova visone del mondo, dotata di suoi simboli, valori e significati, l’Architetto Virano, nel suo libro Parole sulla strada considera l’autostrada oltre il suo valore d’uso in quanto rappresenta la modernità non solo per la sua efficienza tecnologica ed economica ma perché é il prodotto, attraverso il quale aumenta la sicurezza, rende il traffico compatibile con l’ambiente e le persone che vivono. È fulcro di molteplici servizi oltre che mezzo di comunicazione. La strada é un’opera e fa parte del paesaggio, quindi acquisisce un significato in rapporto al luogo di appartenenza e all’insieme di motivazioni socio-economiche-culturali che ad essa fanno riferimento. Ma l’autostrada stessa può essere vista come generatrice di paesaggio per cui si dever tener conto delle sue qualità formali, del legame con l’ambiente e del ruolo che svolge. A questo proposito ho evidenziato alcune immagini del Viaduc du Millau, che attraversa la Valle del Tarn ed é il più alto ponte veicolare del mondo. È considerato un’opera d’arte per la sua integrazione al paesaggio “Des Grands Causses” e molti altri luoghi turistici sono stati visitati grazie all’attrazione esercitata da quest’opera. Per J. Hillman alcuni disturbi come depressione ed aggressività non sempre derivano da difficoltà personali o dal fallimento delle relazioni ma anche dalle violenze quotidiane che il nostro senso estetico subisce. Molti mali della nostra società sono dovuti alla repressione della bellezza, intesa 98

come “cura e interesse dei luoghi in cui viviamo”. Senza bellezza l’Eros si spegne e lascia come conseguenza una psiche depressa. Il malessere può manifestarsi da disturbi psicologici individuali alla devastazione dell’ambiente, dall’indifferenza verso la propria città, all’insignificanza dei luoghi, che perdono il loro senso storico e simbolico. Quando noi percepiamo un luogo come alienante e poco accogliente, questo può trasformarsi in un non-luogo. L. Kohr nel suo saggio “La città a dimensione umana”, afferma che una città, per mantenere la propria identità e le persone il loro benessere psico-fisico, deve essere dotata di “Bellezza Urbana”. Con questo termine l’autore fa riferimento sia alla bellezza architettonica quanto all’armonia del paesaggio, ma estende questo concetto all’insieme di risorse estetiche, sociali, spirituali di un luogo, più ancora che a quelle economiche. Anche R. Ammann, architetto e psicoanalista, si é interessata all’impatto che gli spazi abitativi hanno sulla condizione psicologica delle persone. Affronta questo tema mettendo in luce l’importanza degli spazi che abitiamo sin da quando siamo bambini e quale influenza significativa possono avere nel successivo sviluppo del bimbo, che fin da piccolo necessita di uno spazio tutto suo, per sviluppare la propria creatività in solitudine. Nel suo saggio Gli spazi che abitiamo evidenzia come le case e le persone siano lo specchio le une delle altre e la relazione, che si instaura fra esse, diventa l’espressione emblematica della società. La trascuratezza e la bruttezza feriscono l’animo perché hanno a che fare con lo squallore, la miseria e l’abbandono: in breve con la mancanza di vita. “Più amore, relazione, cura e bellezza devono fluire nell’abitazione dell’uomo”. Per concludere possiamo dire che una brutta architettura come un ambiente degradato o arido possono creare problemi alla salute psicofisica oppure un senso di alienazione o desensibilizzazione o ancora un incremento di comportamenti devianti o antisociali dovuti alla mancanza di quel nutrimento estetico che ferisce la parte emotiva dell’uomo, per cui potrebbe cercare soddisfazioni alternative e nocive. Riproduzione riservata ©

Bibliografia AA.VV Christian Gaillard, Malinconia e prospettive, in “Per sentieri nascosti” (a cura di) Francesco Donfrancesco, Moretti & Vitali Ed. Bergamo 2001 (p. 9/26). AA.VV Ammann R. Gli spazi che abitiamo”, in “Per sentieri nascosti” Moretti & Vitali Ed. Bergamo 2001 (pp. 59/84). AA.VV Moretti Anna Le strade, un progetto a molte dimensioni, FrancoAngeli, Milano 1996). Day C. La casa come luogo dell’anima, Red Edizioni Como, 1993.

Di Benedetto A. Prima della parola, Franco Angeli, Milano, 2000. Hall E. T. La dimensione nascosta, Bompiani, Bergamo 2001. Hillmann J. Politica della bellezza, Moretti & Vitali, Bergamo, 1999.

Kohr L. La città a dimensione umana, Red Edizioni, Como, 1992. Peirone L. L’identità corporea in crisi, Giuffré. Milano, 1991. Virano M. Parole sulla strada Daniela Piazza Ed. Torino, 2002.


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Il cinema, specchio della nostra identità, nell’era del mutamento di Carlo Montanaro

Il cinema “è” paesaggio. Nel senso che lo spettacolo, con l’acquisizione tecnologica di un “sistema” come quello dell’immagine in movimento derivata dalla realtà, ha ottenuto una doppia valenza in più. Da un lato, infatti, ha conseguito la “verosimiglianza”, dato che nella riproduzione proposta allo spettatore quello che appare è derivato, o tratto direttamente o “ricostruito”, dal vero. Tanto che lo spettatore si ritrova a partecipare riconoscendo un mondo riprodotto a lui noto. Dall’altro lato, invece, grazie al racconto e agli espedienti linguistici che lo sottendono, lo “sfondo”, ovvero il “paesaggio” cambia non per l’essenza ma per la sua rappresentatività, diventando un valore aggiunto psicologico. Si era sempre provato, nella storia della comunicazione, ad alludere al mondo percepito. Non essendo possibile rappresentarlo così com’è, l’invenzione della drammaturgia è andata quasi di pari passo con la identificazione dei sistemi scenografici basati, al di là del contenuto che poteva essere più fantastico che verosimile, sulle leggi della prospettiva. Nell’800 espedienti tecnologici complessi, in aggiunta al superamento, dal punto di vista luministico, della penombra derivata da candele o gas, con l’introduzione della luce elettrica, avevano ampliato l’immaginario rappresentato consentendo una maggiore aderenza alla realtà. Poi, nei teatri, la rappresentazione prospettica divenne “automatica”, nell’applicazione prima con le lastre fisse e poi con la celluloide in movimento, dei principi foto-cinematografici. In un telone bianco da sovrapporre o collocare in alternativa al sipario, ogni immagine per il principio stesso che consentiva (e consente…) la loro formazione , l’occhio poteva (e continua a…) percepire dettagli o totali proporzionati e verosimili. E nell’invenzione, che viene giustamente attribuita ai fratelli Lumière

per la semplicità e l’affidabilità del loro sistemacinématographe, è proprio “il mondo” e rivelarsi. Man mano che gli operatori inviati per diffondere il loro ritrovato, proiettavano immagini ormai di repertorio ma nel contempo anche (essendo l’apparecchiatura reversibile, cinepresa e proiettore, oltre che, con poche modifiche, anche adattabile alla stampa delle copie dal negativo) filmavano i luoghi dove si erano temporaneamente stabilizzati, la conoscenza di quelle che nel ‘700 venivano definite “lontananze e prospettive” aumentava perché era la natura libera o interpretata o alterata dalla mano dell’uomo a palesarsi. Quasi sempre con lui, l’uomo presente, che permette la visione proporzionale dell’esistenza e dell’eventuale evoluzione (o involuzione) di manufatti e luoghi. Nei primi anni è la stessa “eccezionalità del vedere” che fa spettacolo. Riempiendosi di nuovi contenuti quando l’intuito di personaggi geniali (Georges Méliès in primis) introducono nelle nuove visioni quello che veniva rappresentato nel chiuso dei teatri. Potenziandolo, però: rendendolo più fantastico e recuperando quella allusività che era stata codificata attraverso la prospettiva della scenografia di palcoscenico. Il passaggio successivo è avvenuto quasi in automatico: ritrovare anche per la finzione la verosimiglianza. Ed ecco che gli “esterni” dei film cominciano a non essere più “pitturati” ma filmati dal vero. L’ambientazione, quindi, oltre alla spettacolarità e alla suggestione paranaturalistica se non semplicemente (o banalmente) turistica, lentamente ma con certezza diventa uno degli elementi fondamentali del racconto cinematografico. Un rafforzativo o una chiave di interpretazione per la vicenda narrata che spesso, lo si sa, va oltre la fisicità e l’interscambio di azioni e sentimenti tra i personaggi, per diventare, in qualche caso, il vero e unico protagonista. Cercherò di dimostrare tutto questo, perfino nella valenza del mutamento, presentando 8 brevi sequenze tratte da 7 opere di Michelangelo Antonioni (1912–2007), uno dei registi più sensibili e attenti all’ambientazione dei suoi film, sia per valori estetici che, soprattutto, per la parte evocativa che dall’ambientazione trova conferma nella progressione psicologica dei caratteri e degli eventi. Il grido (1957) ha come sfondo la bassa padana, la terra natale di Antonioni, ferrarese. È un film che a suo tempo fece molto discutere per lo spessore psicologico che il regista, con i suoi sceneggiatori Elio Bartolini ed Ennio De Concini, ha attribuito ad un operaio che, incerto nel lavoro ma anche sentimentalmente, finisce per uccidersi. Siamo alla fine degli anni ’50 e l’industrializzazione sta sostituendosi anche come segnale urbanistico forte all’agri-

1 - Un altro momento del convegno.

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1 - Nella pagina a fianco: ponte pedonale Gezi, a Istanbul.

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coltura. Ed è proprio una fabbrica “di periferia” in stato di sciopero che Aldo sceglie, in un momento di totale depressione, per togliersi la vita. L’avventura (1960) apre la trilogia della cosiddetta “incomunicabilità”, e lo fa in modo assolutamente esemplare, narrando della misteriosa scomparsa di una giovane da un’isola deserta, e oggettivando quasi, nella piccola isola, e di seguito in una Sicilia baroccamente immobile e arroccata in una socialità repressa, qualsivoglia possibilità di scambio sentimentale. Una disperata impossibilità d’amare non riscattata nemmeno nel sesso che, nel successivo La notte (1961), sclerotizza uno stanco rapporto matrimoniale testimoniato, visivamente dall’incapacità di cogliere, nel centro di Milano, il passaggio architettonico tra una stanca, sporca e violenta periferia e le nuove costruzioni, essenziali ed asettiche, che solo in apparenza danno l’idea del rinnovamento. Trilogia che finisce con L’eclisse (1962) con la borderline dei quartieri dormitorio medioboghesi in costruzione che rimangono testimoni dell’impossibilità di rapporto tra l’uomo e la donna. Dopo questa esperienza di grande coerenza tematica, Antonioni va all’estero alla ricerca di segnali alternativi e, magari universalizzabili. E trova nella “swinging London” (Blow Up, 1966) degli anni sessanta la possibilità di indicare l’ambiguità del vivere, l’incapacità di discernere tra l’oggettività e l’apparenza. Lo stesso scenario muta costantemente e la presunta realtà si ribalta ad ogni approfondimento, offrendo disarmante stupore più che sconforto. Ci sono anche parecchi riferimenti pittorici (perfino l’esasperazione dell’ingrandimento fotografico che, nella grana della sua composizione di sali derivati d’argento, arriva ad assomigliare alla pittura astratta) in questa fase di grande maturità visiva di Antonioni. Il sole della Spagna, le superfici scabre e chiaroscurali di Antoni Tapies,

la fantasmagorica visionarietà dell’architettura di Gaudì (il deserto contrappuntato alle guglie dall’equilibrio impossibile), esemplificano visualmente il dramma dell’uomo che spera di ricominciare cambiando identità di Professione reporter (1975). Mentre la protesta sessantottina che non impedisce l’autenticità dei rapporti, in un’America tutta emergenze pop, pare poter superare perfino la violenza di una società regolata dalle leggi del denaro. La ricca erede disillusa non può che sognare, alla fine, la distruzione sistematica degli emblemi del capitalismo più sfrenato: Zabriskie point (1970). Chissà cosa avrebbe riportato dalla lussureggiante foresta amazzonica Antonioni se fosse andato a buon fine un progetto di quegli anni di cui si sa poco o niente, Tecnicamente dolce. Pare che prima di abbandonarlo avesse tentato di adattarlo ad una località isolata della Sardegna: ma non se n’è fatto niente. Come a dire che, quando un progetto nasce con uno sfondo, un sapore, una luce, tutto questo ne è parte integrante, tanto da impedirne la trasformazione. Sì, il cinema dipende dal paesaggio, il cinema usa, il paesaggio: spesso il cinema è la sublimazione del paesaggio. Riproduzione riservata ©


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Paesaggio e infrastrutture, due ponti pedonali a Istanbul di Enzo Siviero

Taksim Square a Istanbul, il ponte pedonale Gezi: un nuovo luogo nell’antico luogo - Due parchi-giardino separati da una via densa di un traffico frettoloso quando disattento. Le emergenze storiche di palazzi di pregio che ivi si affacciano, mal si accompagnano alle recenti edificazioni il cui anonimato contrasta palesemente con le stratificazioni culturali di questo angolo di città che tutto il mondo conosce. Il verde ben curato attrae i cittadini che nell’attraversamento della piazza quasi fuggono da un traffico veicolare fastidioso quanto assurdo. La vicinanza della Scuola di Architettura della prestigiosa Istanbul Technical University vede uno sciame continuo di studenti che, addestrati alla lettura della città, sembrano interrogarsi di continuo se si trovano veramente in un luogo denso di cultura per lo loro storia millenaria ovvero in un anonimo ambito privo o quasi di qualsiasi identità. In effetti i contrasti sono palesi e chiedono a gran voce di essere finalmente superati per re-interpretare gli spazi chiaramente disarticolati. Un pregevole torrino di pietra, antico serbatoio d’acqua, lascia intendere un passato semisepolto, sopito ma non spento. Nel variegato saliscendi collinare che connota Istanbul, la strada in tricea è marcata ai lati da due muri laterali non privi di una loro dignità. A questo si accompagna una scalinata ben disegnata nella sua spazialità. Al di sopra dei muri, la continuità dei percorsi nel verde è garantita da un ponte pedonale in calcestruzzo, di non recente realizzazione, e che non fa bella mostra di sè. I suoi evidenti segni di degrado materico e strutturale ne fanno certamente presagire una vita non lunga. È chiara dunque la necessità di una sua sostituzione a breve, cogliendo anche l’occasione per disegnare un brandello di luogo, re-identificarne la qualità e farne un nuovo punto di accumulazione. Nasce così l’idea di spiccare un volo leonardesco tra le due sponde. Tracciare un vero e proprio cammino sull’aria. Definire una sinuosità verticale che, nell’attraversamento pedonale, emotivamente tende a spingerti verso il cielo per riportarti dolcemente verso il suolo. Un ponte che senti tuo, nel percorrerlo lambendone le arcate lignee fluttuanti tra le due parti ora riconnesse. In legno è anche la pavimentazione. Un leggero saliscendi ti incuriosisce non poco. Tra i due archi un percorso verde da forma alla continuità spaziale del parco. Ecco dunque che il luogo ridiventa se stesso con piena e compiuta naturalezza. Ad un tempo ti senti all’aria aperta così come, altresì, nell’intimità di casa propria. Lo scopo è raggiunto. Una piena riappropriazione del parco verso i suoi non effimeri utenti. Il verde stesso che mantiene la sua continuità anche “sull’aria” ti dà un’ulteriore misura dell’attenzione

ad un paesaggio ri-scoperto nel suo umanesimo. Il percorso non più frettoloso è l’occasione per rallentare il passo. Vedere, fermarsi, guardare, osservare. Dal dettaglio all’insieme. Non si è più soli. La sosta porta al pensare. Un nuovo, inatteso incontro induce al discorrere anche tra sconosciuti. Nuove amicizie. Nuove fratellanze. Nuove condivisioni. Nuovi amori. La vita continua ora migliore di prima perché percepita e vissuta. Tutto questo sarà, forse già è. Non improbabile sogno, ma vera e propria realtà. Già si può immaginare come e quando tutto questo vivrà. Già si intravvede anche chi lo farà vivere. Il ponte non più oggetto staticamente immobile, ma soggetto dinamicamente vibrante per le suggestioni che sarà capace di trasmettere a chi saprà e vorrà cogliere il vero senso dell’essere. E se il “dentro” lo vivi nella sua piena intimità, non da meno il “fuori” saprà parlare direttamente al cuore. Nel suo dialogo continuo con la storia di questo luogo, anche il torrino di pietra oggi rivive se stesso. Sentinella attenta nel vigilare che il brutto non prevarichi il bello e l’incultura dell’oggi non sia nebbia per coprire la cultura di ieri acciocché il domani sia perseguito per la centralità dell’homo sapiens e non per la violenza dell’homo homini lupus. Per questo da tempo io stesso amo ripetere, anche a me stesso, che il “pontificare” deve essere considerato un vero e proprio privilegio dell’Uomo volto ad amare, amarsi, vivere e viversi. Cosicchè non sembra inutile affermare che Mimar Sinan così come Leonardo e lo stesso Michelangelo hanno qui, come altrove, lasciato il loro segno! L’architettura dei ponti è simbolo di Vita nella storia dell’Umanità. Sirinevler pedestrian bridge: un punto di accumulazione multidimensionale nella città di Istanbul - Il brusio della folla che vive tumultuosa il suo tempo nell’attraversare quel che, forse, viene percepito come “non luogo”. Il fastidioso rumore di un traffico veicolare sottostante che non ti da tregua alcuna. Il frettoloso andirivieni tende ad ignorare gli altri da sè rendendo reciprocamente alieni da se stessi. Non più viandanti che vivono il percorso verso una mèta interiore, ma soggetti indifferenziati quasi impossibilitati al dialogo. L’anonimo ponte pedonale è ormai solo uno strumento la cui evidente utilità è misurata dall’improbabile fretta nel raggiungere il nulla. Le stesse bancarelle, un tempo simbolo di vita, sembrano ora far mostra di sé, ben poco funzionali alla sosta vera. Un crocevia aereo dove si concentra il massimo dell’ingorgo come negazione dell’incontro. Il saliscendi continuo della folla palesa un brulicare senza fine ove l’interazione delle genti è 101


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2 - Sirinevler pedestrian bridge, a Istanbul.

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puramente casuale, quanto, molto, forse troppo, spesso indice di un rapporto inconsapevolmente indesiderato se non addirittura negato. Un luogo emotivamente “neutro” ancorché, da sempre, caratterizzato da una piccola e graziosa Moschea ora, ahimè, soffocata tra il bordo strada e l’ampia scalinata di accesso all’attraversamento pedonale. All’insufficienza del groviglio di funzioni per le varie necessità di raggiungere i mezzi pubblici, fa eco un bisogno palesemente percepito di rigenerare il luogo urbano. Ecco quindi la necessità e l’urgenza di una possibile, quanto inedita risposta! Riordinare le funzioni e far partecipe la folla di un inatteso intersecarsi di suggestioni emotive. Un “dentro” e un “fuori” capaci di rigenerare il luogo trasformandone l’evidente inurbanità in punto di attrazione per la ritrovata urbanità, ora densa di vita. L’intrecciarsi continuo di sguardi e di gesti rende familiare, anche se solo per un breve istante, chi ti sta vicino. All’improvviso sembra che tutto sia cambiato! Un tocco di magia? Un sogno del ri-vivere se stessi? Un tocco di umanità nel dis-umano vivere dell’oggi? Sì! Tutto questo, anche. Ma molto ancora... La sosta è ora quasi un dovere di civiltà e lo si sente fin dentro il cuore. Un nuovo spirito aleggia nel luogo. Un ritrovare se stessi di cui molti percepivano il desiderio inespresso. La cultura dell’amicizia e della fratellanza riemerge ora con forza nel percorrere il nuovo ponte che ora ti appartiene come tu appartieni a lui. Ne sei avvolto e protetto! Tanto che lo sgradevole rumore del traffico veicolare sottostante è ormai quasi sopito. Comunque incapace di scalfire il sentirsi finalmente vivi e partecipi. Un’inversione di polarità: ora è l’Uomo-Pedone che sovrasta il Guidatore-Automa nel non vissuto della propria auto. Un ritrovato piacere nell’attraversamento pedonale, ora non più subìto per la sola funzionalità verso il frettoloso raggiungimento della propria destinazione, ma goduto per la gioia di essere in un “luogo” che nella propria intimità dice molto di sé e moltissimo degli altri. Quegli altri che egli è ora capace di scrutare anche da molto vicino. Una continua interazione del vivere per essere parte del tutto e che ti invita a fermarti... pensare e ripensare se stessi e gli altri, il luogo e il suo intorno: questo luogo e l’urbanità ri-generata! Un luogo ora finalmente ri-trovato e, forse, pure percepito come fosse a casa propria, all’interno delle mura “domestiche”. Un progetto che marca l’intero quartiere, non solo fisicamente ma nella sua percezione oserei dire antropicamente psicosomatica, tanta è l’energia positiva che promana dal “bello” per sé e per ciò che esso significa. Per questo, la scelta planimetrica dell’arco orizzontale scandito dalla spazialità strutturale della concezione progettuale d’insieme. Allungare di poco il percorso nella sua geometria reale, per accorciarne virtualmente le distanze, inconsapevolmente percepite come geometrie

frattali, per le variegazioni caleidoscopiche della gente in un continuo divenire. Ecco dunque che, pur nella fretta quotidiana che ti allontana dagli altri e da te stesso, ora, avvolti dal nuovo ponte, non ci si sente più soli! Perché anche gli altri interagiscono con un intorno ora non più neutro.... Questo nuovo “spirito del luogo” l’antico “genius loci” ora riscoperto, si trasmette anche all’automobilista: viaggiatore evanescente, spesso distratto, che sta percorrendo la strada sottostante. Egli, pur aduso all’anonimato di ponti e viadotti falsamente “moderni”, di cui è costellata la nostra quotidianità, sente ora il “diverso” come ritorno alla verità. Il racconto di un passato ben caratterizzato dalla solidità culturale che ora viene, con piena consapevolezza, reinterpretato con i nuovi e altrettanto solidi canoni della contemporaneità. Il dantesco “non ti

curar di lor ma guarda e passa” dell’iniziale “non luogo”, viene ora parafrasato in “fermati... ascolta, guarda, senti, pensa e vivi”. Un oggetto-soggetto: un ponte del vivere e tra il vivere. Il risultato emotivo è finalmente raggiunto. L’evento-ponte è un nuovo accesso alla città non più neutro luogo di transito, ma punto multidimensionale fortemente attrattivo. Percezione non effimera di una architettura strutturale ad un tempo forte e pura, così come essenziale e raffinata. Un’Opera dell’Uomo per l’Uomo. Questo è ciò che scandisce l’essere cittadini partecipi. Il nuovo Ponte come vero e proprio “punto di accumulazione” di suggestioni, sentimenti ed emozioni, di attese e di speranze, di meticciamenti e ibridazioni virtualmente desiderati appieno. Una nuova misura del “luogo” per la qualità della vita che sa infondere. Ancorché immerso nell’apparente contrapposizione con l’inusuale molteplicità delle varie funzioni cui è destinato egli finalmente “è”! E anche chi, frettolosamente uscito dall’aeroporto vuol raggiungere velocemente la città, sarà ora, inevitabilmente, attratto dal nuovo ponte. Un vero e proprio “portale di accesso” capace di dare un inedito, suggestivo ed emozionante benvenuto a Istanbul. Questa straordinaria Città che qui ti accoglie con un forte segno di modernità per farti meglio apprezzare la sua storia, la sua cultura, le sue genti, il suo saper vivere e farti vivere a misura d’Uomo. Un ponte-simbolo tra ragione e cuore: l’essenza del vivere....per sè, per gli altri, per tutti noi...un ponte verso l’Uomo. Riproduzione riservata ©


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Venezia, la città e la Laguna, un rapporto smarrito? di Piero Pedrocco

La Laguna è stata determinante per lo sviluppo della città di Venezia e per il suo mantenimento come mercato fondamentale dal Medioevo al mondo Moderno. Difesa militare, risorsa alimentare e porto protetto, la Laguna di Venezia è stata oggetto di un vero e proprio processo di urbanizzazione diffusa basata sulle rotture di carico merceologico tra l’Europa e l’Oriente. Bizantina di nascita, e per ciò privilegiata in partenza nei rapporti con l’Oriente, Venezia, evolvendosi e liberandosi dal giogo imperiale, trovava a cavallo del filtro lagunare tra terra e mare un luogo ideale e simbiotico con la stessa natura dei traffici dell’epoca, per favorire agglomerazioni urbanistiche impensabili per quei tempi. Nel convegno L’Ottavo Sestiere - la Laguna come matrice di connessione, recentemente promosso da Ordine e Collegio degli ingegneri della provincia di Venezia, in collaborazione con il Centro provinciale di studi urbanistici della provincia di Venezia, il tema delle problematiche della Laguna nei confronti della città, e viceversa, è stato affrontato con una angolazione relativamente nuova, nella quale ci si è posti sia il problema di una rilettura del significato della Laguna nei confronti della città del passato, sia il problema della reinterpretazione contemporanea e futura delle dinamiche simbiotiche tra le due faccie di questa stessa medaglia. Mai la Laguna della Serenissima diventò veramente un territorio retrostante, un perì, ove solamente ricoverare le cose scomode e sporche, come in una cantina: né città, né campagna rispetto a Venezia, ma nemmeno periferia o “città di mezzo”, perché la Laguna è Venezia e Venezia è la Laguna, e tanto è tale, che il Dogado non basterà ben presto a controllare le sacre acque che la irrorano. La Laguna pertanto, che è Venezia, ben si estende all’interno del territorio veneto, risalendo i fiumi e i canali navigabili in una vera gemmazione di tipo metropolitano classico, quanto ben si estende all’interno del Mare Adriatico, non a caso Golfo di Venezia. Il ruolo di questi spazi lagunari, come degli spazi fluviali retrostanti e marittimi antistanti, si è in realtà sempre modificato con il modificarsi della ragione economica, politica e sociale. La Laguna non è tanto spazio geografico correlato alla cittàmetropoli, quanto elemento urbano in continua trasformazione, connaturato, percepito e vissuto come spazio cittadino di diritto e di fatto. Se questa tesi fosse vera, allora l’Ottavo Sestiere non sarebbe che una riscoperta di ovvia intrinsecità. Quell’elemento naturale senza il quale la vicenda veneziana non avrebbe potuto svolgersi nella sua dinamica artificiale. Una sorta di mentore delle dinamiche evolutive urbane. Se muore il

suo spirito muore la città e con essa la dinamica teleologica che ha retto il messaggio anfibio della comunità veneziana per 14 secoli. Ma proprio per questo, al tempo stesso, la Laguna non può essere confusa con elemento naturale tout court. Dalla deviazione dei fiumi, a mille altre fattispecie, la Laguna è un fenomeno di continua riconformazione ambientale, in cui l’elemento naturale gioca un ruolo di fondamentale supporto architettonico alle ragioni insediative, essendo intrinseco alle stesse ragioni fondative della “città”. Noi abbiamo già avuto, quindi, più Venezie possibili: del mercantilismo, del Rinascimento, del formarsi dei primi stati nazionali, dell’enfasi industriale, con una realtà urbana ormai decaduta, ma pur sempre in grado di generare il grande sbarco attorno alla Laguna e non più soltanto in essa. Tutte queste “Venezie possibili” sono state grandi: si sono rigenerate come l’araba fenice su differenti presupposti al contorno, sui principi di sostituzione1 che le differenti società che le reggevano, di volta in volta, consentivano. Tutte queste Venezie sono state mercato fondamentale per l’Europa e per il mondo. Come pensare ad un rilancio di civiltà nell’area padano veneta senza riferimento al fenomeno che ha retto le sue sorti per così tante volte? Come pensare ad una significativa, anziché banalmente pervasiva ed invasiva urbanizzazione della pianura veneta, senza più alcun riferimeno a Venezia e alla Laguna? Collocate dunque il Settimo sestiere dove vi pare e dove più vi aggrada. Questa è una prerogativa che abbiamo fin dall’inizio voluto lasciare ai nostri interlocutori. L’Ottavo, tautologico ossimoro, c’é sempre stato. Esso veicola, attraverso le sacre acque, il daimon lagunare in ogni dove. Su queste riflessioni il convegno si è posto il problema dell’uso indiscriminato del termine “città”, sempre più aggettivato da formule indicative di fenomeni complessi che con i significati originari del diritto medievale poco hanno a che vedere. Industriale, terziaria, globale, storica, diffusa, rurale, la cosiddetta “città” si dissolve nelle forme megalopolitane di Gottmann e tenta di ridefinirsi su logiche metropolitane che spesso non tengono conto del fatto che l’urbanesimo contemporaneo, con i suoi più recenti effetti sulla forma urbis, non promana più dal centro verso la periferia, né, come nelle tidal waves di Brian Berry, con onde di 1 Per il principio di sostituzione si veda: Walter Isard, Localizzazione e spazio economico. Una generale teoria relativa alla localizzazione industriale, aree di mercato, uso della terra, commercio e struttura urbana, Istituto Editoriale Cisalpino, MilanoVarese, 1962, (tit. orig.: Location and space-economy, The M.I.T. Press, 1956).

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TRASPORTI & CULTURA N.32 ritorno della controurbanizzazione, ma da forme di coalescenza tra centri minori e addirittura da densificazioni e servizi avulsi al concetto di agglomerazione urbana in senso tradizionale. Il porsi il problema della forma della nuova urbanità lagunare nel contesto metropolitano veneto, ed ancor più nel contesto della megalopoli padana retta dai corridoi plurimodali trans e pan europei di recente visitazione o rivisitazione, tradisce l’ambizione alla riconquista di ruoli sopiti negli equilibri nazionali e internazionali recenti, ma riemergenti, soprattutto per necessità economica, nel posizionarsi reciproco delle regioni produttive della globalizzazione. In quest’ottica identitaria globalizzante, la riscoperta della dimensione metropolitana lagunare, pur nel quadro del Linear metropolitan system che si stende da Torino a Trieste lungo la parte più produttiva del Paese2, non può essere sottaciuta. Essa rappresenta uno dei cardini fondamentali della storia d’Italia e d’Europa. Ma la Laguna di oggi sembra essere dimenticata in questa sua fonda-

stema. Una Venezia ristretta dentro alla Laguna non serve a nessuno, nemmeno ad un dinamico evolversi del turismo verso forme più articolate rispetto al banale turismo di massa delle città d’arte. Il primo passo non può che essere pertanto rivolto ad una nuova apertura degli spazi urbani al loro naturale contesto insediativo. Dall’intorno di esso e dal suo interno, la città e le acque, lungo i fiumi e i canali debbono ricominciare a dialogare più strettamente. Ovvio che il Convegno sull’Ottavo sestiere si ponesse pertanto il problema dei trasporti urbani translagunari come tramite fondamentale per una rilettura dei rapporti metropolitani dell’area. Senza opportune linee di forza nel trasporto collettivo di persone al livello regionale3 e metropolitano, con linee di forza veloci in grado di servire senza soluzione di continuità le parti di città collocate a cavallo dell’ambito lagunare e la Laguna stessa4, e senza le interazioni tra queste per comoda frequenza che generino corrispondenze spontanee e

mentale funzione innervante e di tramite tra le acque e le terre. Essa diventa al più uno spazio di banale fruizione turistica, senza riuscire a riproporsi come elemento culturale e sostenziale trainante del modello anfibio che ne ha retto le sorti, mentre la metropolizzazione retrostante delle Terre ferme, provincialissima e poverissima per livelli di organizzazione intrinseca, e a rischio di colonizzazione, avviene sul ridefinirsi dei nodi del trasporto. Ciò impoverisce ineluttabilmente le città storiche e storicizzatesi su sè stesse, incapaci di dialogare con le trasformazioni in atto delle nuove centralità e dei nuovi nodi autostradali, ferroviari, portuali ed aeroportuali. La megalopoli dei nodi delle infrastrutture, sovrapponendosi a metropoli, città e villaggi, ai vari livelli, sostituisce così le “città” con “cittadelle”, cattedrali di un divenire inarrestabile che va cavalcato e orientato, non subito passivamente, né banalmente negato. Ecco che la Laguna urbana ritorna, o può ritornare, con la sua significatività sistemica e con i suoi valori ambientali, culturali, identitari e materiali, a giocare un ruolo fondamentale per l’area del Nord est italiano, a patto che si sappia, ancora una volta, reinterpretarne il genius loci in una visione contemporanea di interazione con le parti del si-

cadenzate, con tariffazioni integrate con i trasporti urbani e di quartiere da Padova a Treviso fino ai lidi, non pare logico ipotizzare un ritorno allo spazio ampio della laguna urbana che non sia velleitariamente utopistico. Ma la Laguna vissuta, nelle visioni date dall’Ottavo sestiere, va ben al di là del semplice richiamo trasportistico. Essa si rigenera attorno alle fruizioni alte di un turismo morfogenetico, che uscendo dagli schemi tradizionali, trova negli spazi lagunari, vuoi per la necessità diportistica degli abitanti residenti, vuoi per nuove funzioni di supporto ai city users, vuoi per nuove specializzazioni del turismo, proficuamente decongestionanti l’area marciana e i centri storici, una nuova vocazione all’uso che ri-genera “città” ed identità urbana. E con esse rigenera immagine fondativa e identificazione regionale di un urbanesimo mutato ormai da tempo nelle forme, nelle dimensioni e nelle ragioni sociali del suo divenire. Ne sono tramite le innumerevoli isole riqualificabili, i numerosi spazi di sistemi di-

1 - Studio di un sogno: skyline per una nuova metropoli, Cristiano Perale, Valerio Lastrucci ed altri.

2 Una città di 500 km. Letture del territorio padano, Roberto Busi e Michéle Pezzagno (a cura di), libro conclusivo nazionale della Ricerca Prin 2007: Dalla città metropolitana al corridoio metropolitano: il caso del corridoio padano, Gangemi Editore, Roma, 2011.

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3 SFMR ed eventuale metromare lungo costa, evocativi delle schnellbahnen, delle ferrovia di cercania o della RER parigina. 4 Attraverso tram veloci, metropolitane leggere e sublagunari, che nell’ambito veneziano potrebbero proficuamente integrare il sistema tramviario con passanti sotterarnei fino ai lidi, per riemergervi e ridiventare tram urbani in grado, con poca spesa ed un unico modo di trasporto, di generare una vasta rete di forza, in grado di legare stabilmente l’area urbana senza soluzione di continuità, e su cui innestare le reti trasportistiche più leggere o di quartiere, quali autobus, vaporetti, people moovers e finanche gondole, e sistemi di trasporto individuale quali taxi e risciò.


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smessi e da riqualificare (portuale, sanitario, difensivo, non da ultimo il Campo trincerato di Mestre che trova prosecuzione nei forti storici lagunari), l’utilizzabilità pluristagionale delle immense dotazioni immobiliari turistiche della costa, abbandonate per troppi mesi all’anno. La rinascita di grandi progetti sostenibili, ma soprattutto di una visione condivisibile di Venezia, che da troppo tempo manca di progettualità complessiva, non può a tal punto essere avulsa dalle problematiche tradizionali di una teoria della base economica che sottenda le dimensioni dell’urbanesimo contemporaneo. Con essa le visioni della città di domani dovranno confrontarsi, e l’Ottavo sestiere non è ovviamente avulso da questo tema: Porto Marghera industriale, Porto Marghera come nuova insula urbana, alleata di una Marghera Verde, o Porto Marghera come totale ambito di dedizione al transhipment di una rinata portualità adriatica off shore, non sono temi a prescindere dalla perseguibilità reale ancor più che formale di ciò che nell’economia rappresenta la base, trascinandosi appresso i settori indotti e dei servizi. Quali tra queste Porto Marghera sono tra loro compatibili e come? Quali trainanti? Nè la domanda ambientale di un’epoca può essere dimenticata o giocata su uno sfondo vago di intenti plurivoci, senza una visione dell’utilità intrinseca di recuperi e progetti che nell’Ottavo sestiere trovano soluzioni originali e non date, che spaziano dalle passerelle ciclopedonali lungo il ponte translagunare, alle visioni di continuità e

permeabilità delle fronti lagunari, per esempio dal dorso delle insule di Cannaregio verso Tessera e Campalto. È qui, in tutti questi spazi di ambiente anfibio, che la grande architettura può proporre il salto qualitativo nella figurazione, sulle acque, di nuovi waterfront, un concetto chiarissimo nelle simbologie processinali della Serenissima dogale e oggi smarrito. Non si tratta allora, ed è ovvio, di semplici abbellimenti o di contorno. La forma diventa sostanza. La molteplicità delle fronti lagunari, spazio emblematico nella ritrovata metropoli veneta, risulta per il momento in attesa di autori, per la riconfigurazione di una capitale regionale in grado di rendersi nuovamente interprete visibile e credibile di relazioni sopite con il mondo e con la storia5.

2 - Annalisa Ippoliti, Tesi di laurea, Progetto di un quartiere modello sull’isola di Sant’Erasmo, Facoltà di Ingegneria, 2005. Sulla rilettura delle tessiture medievali si innesta, sulla base delle invarianti dell’isola, un quartiere per 30-50000 abitanti di architettura contemporanea: una nuova Venezia, di cui sono state studite le procedure di attuazione urbanistica nei minimi dettagli, in grado di riequilibrare parte degli squilibri demografici tra città d’acqua e di Terraferma, riportando i Veneziani verso il mare.

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5 Che attendono nuovamente di essere stupiti, come bambini che aspettano i balocchi.

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Il porto in città: lo sviluppo del porto di Venezia di Nicola Torricella e Alberta Parolin

Per comprendere l’evoluzione del Porto di Venezia è necessario partire dalla sua conformazione territoriale. Il porto infatti è composto da due sezioni: quella storica che, da Rialto e dall’Arsenale si è trasferita e consolidata a partire dal XX secolo nella zona ovest della città e quella più recente, a vocazione tipicamente industriale/commerciale di Porto Marghera. È doveroso ricordare che l’esistenza di un’efficiente industria navale, legata sia alla necessità di difesa della Repubblica che allo sviluppo dei traffici mercantili via mare, è stata uno degli elementi cardine per l’affermazione della cultura e dell’economia veneziana in campo internazionale. La città infatti, sin dalla sua nascita, ha legato la sua storia e il suo sviluppo ai settori della cantieristica e del commercio marittimo. Nel susseguirsi delle vicende storiche, periodi di opulenza si sono alternati a momenti di ristrettezze, ma Venezia non hai mai separato il proprio destino da quello dell’economia marittima. Anche oggi, in un momento storico particolarmente difficile, parte dell’economia cittadina e della sviluppo urbano è legato al suo porto, sia per quanto riguarda la terraferma che per il centro storico. In quest’ottica l’Autorità Portuale di Venezia ha intrapreso numerose azioni volte a migliorare il territorio assegnatole per legge e a sviluppare nuovi servizi per l’economia portuale. Si è delineata così un’ulteriore opportunità di sviluppo per l’Ambito Portuale che, con la sua consolidata rete di sottoservizi ed infrastrutture e grazie agli ingenti investimenti da parte dello Stato (più di 900 milioni di euro), può diventare un asset fondamentale per nuove iniziative ed imprese ad alto valore aggiunto, confermando la sua vocazione di polo produttivo - commerciale legato ai traffici marittimi. Da un punto di vista progettuale sono 3 i macrolivelli su cui l’Autorità Portuale si è mossa: - Accessibilità (nautica, stradale e ferroviaria); - Riqualificazione ambientale e funzionale del territorio a fini portuali; - Sviluppo di terminal e di nuovi progetti. Per quanto riguarda il tema dell’accessibilità nautica, l’Autorità Portuale dal 2004 ha avviato ingenti lavori di escavo per garantire la sicurezza al transito del traffico commerciale. Vale la pena ricordare che la collaborazione tra i tecnici dell’Autorità Portuale (APV), il Magistrato alla Acque di Venezia, il Commissario delegato per l’emergenza socioeconomica-ambientale dei canali di grande navigazione di Porto Marghera, la Capitaneria di Porto e i Piloti è stato fondamentale per una regolamentazione della navigazione capace di bilanciare adeguatamente la salvaguardia dell’ambiente lagunare con lo sviluppo delle attività portuali.

Sul fronte dell’accessibilità stradale sono stati condotti numerosi interventi per la separazione del traffico pesante dal traffico urbano, che hanno portato alla realizzazione di opere infrastrutturali di messa in sicurezza della circolazione nelle arterie di entrata/uscita al porto. Oltre ad aumentare la sicurezza, si è cercato di liberare le strade urbane dal traffico pesante per recuperare parte della sezione stradale ad uso “cittadino”. L’obiettivo è stato quello di agevolare la circolazione del traffico commerciale, eliminando gli impatti negativi che molto spesso vengono percepiti come disagi nel territorio urbano. La maggior parte di questi progetti sono stati sviluppati in accordo con gli enti locali e alcuni di essi sono stati oggetto di finanziamenti da parte dell’Unione Europea. Allo stesso modo l’Autorità Portuale lavora per il potenziamento dell’accessibilità ferroviaria. Tra i progetti già avviati bisogna citare: l’ampliamento dell’attuale scalo ferroviario di Marghera (7 binari di cui 3 elettrificati); il raddoppio del binario di entrata/uscita di via dell’elettronica, per il futuro terminal intermodale Autostrada del Mare; la progettazione di un nuovo scalo in Penisola della chimica con un collegamento diretto alla linea Venezia-Milano, bypassando il nodo ferroviario di Mestre. La prospettiva di metter mano ad un riordino infrastrutturale ed organizzativo delle attività portuali è stata quindi l’occasione per migliorare le condizioni ambientali delle aree all’interno dell’ambito portuale. L’Autorità Portuale infatti risulta essere il principale soggetto bonificatore di Porto Marghera e della laguna circostante, con interventi che interessato i suoli, i sottosuoli, i fanghi di dragaggio, la sistemazione delle reti fognarie e la messa in opera degli impianti di raccolta e trattamento delle acque di prima pioggia. La rilevanza di questo intervento è ben rappresentata dall’impegno economico affrontato da APV, che nel triennio 2008-2011 ha stanziato 124 milioni di euro per le opere di bonifica. In quest’ambito una delle azioni più importanti è stata l’escavo dei canali di grande navigazione, a tutt’oggi in fieri, che grazie al coordinamento fra diversi soggetti istituzionali ha portato alla bonifica della quota parte di fanghi pericolosi e al riutilizzo di sedimenti non pericolosi all’interno della laguna. Gli interventi di riqualificazione funzionale interessano anche la manutenzione e l’ammodernamento delle opere portuali, come ad esempio la realizzazione di nuovi piazzali di stoccaggio, il potenziamento della portata delle banchine, la messa in funzione di nuovi impianti di illuminazione a basso consumo energetico lungo i canali di grande navigazione o nelle aree demaniali. Tutti i lavori

Nella pagina a fianco, in alto: porto di Venezia; in basso: l’area di Marittima dove hanno sede anche gli uffici dell’Autorità Portuale.

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TRASPORTI & CULTURA N.32 ordinari contribuiscono a migliorare la competitività del porto e contemporaneamente a valorizzare le aree su cui esso si sviluppa. Per quanto riguarda i nuovi interventi infrastrutturali in aree dismesse, sono tre i progetti di rilievo già avviati da APV. Il primo interessa una delle aree più a sud del porto, occupata fino agli anni ’60 da un’azienda che lavorava l’alluminio. L’opera rientra in un quadro più ampio di programmazione europea, dal momento che diventerà uno dei nuovi snodi delle Autostrade del Mare (così come individuato nelle reti TEN-T). Per questo potrà beneficiare per la sua realizzazione di un cospicuo finanziamento dall’Europa, superiore a 10 milioni di euro. Il terminal è pensato come una piattaforma intermodale per l’approdo di traghetti e navi RoRo e per la gestione logistica delle merci. Il terminal si estenderà su una superficie di 36 ettari, con 4 accosti lungo i suoi 1.250 metri di banchina. Al suo interno saranno ospitati locali per servizi, parcheggi e magazzini per la movimentazione logistica, nonché binari ferroviari per lo scambio intermodale. Il terminal darà la possibilità di gestire in modo separato i traffici Shengen ed extra-Shengen. La bonifica della prima darsena, a carico di APV, è in fase di avvio, mentre la progettazione delle opere, a cura del concessionario (a cui è stato affidata la realizzazione e gestione in project financing) è attualmente alla progettazione definitiva. Si preve-

fibre-Syndial, che si estende per circa 90 ettari lungo il lato sud del Canale Industriale Ovest. In questo caso il terminal sarà interamente dedicato al traffico contenitori, con approdi tradizionali e altri specifici per il traffico via chiatta proveniente dalla futura piattaforma d’altura. Il nuovo terminal Montesyndial sarà progettato per una capacità massima di 1.4 milioni di TEU e ad esso sarà collegato un nuovo parco ferroviario, per uniformarsi alle direttive di potenziamento dell’intermodalità dettate dal Libro Bianco dell’UE. Attualmente sono in fase di demolizione i vecchi impianti delle industrie chimiche ed anche in questo caso è già stata avviata la bonifica. Il terminal MonteSyndial sarà parte integrante del sistema “Offshore”, un nuovo porto d’altura a 8 miglia dalla costa di Malamocco1. Di fronte alle rinnovate strategie delle compagnie di navigazione, volte ad utilizzare navi con pescaggi superiori ai 12 metri, l’Autorità Portuale, con la piena condivisione del Magistrato alle Acque di Venezia e del Ministero Infrastrutture e Trasporti, ha ritenuto opportuno avviare gli studi per un’opera portuale in acque profonde 20 metri, capace di salvaguardare l’ambiente lagunare e, nel contempo, porre le basi affinché Venezia possa confermare la sua storica vocazione portuale nel lungo periodo. La nuova soluzione progettuale nasce con l’intento di coniugare diverse esigenze, tutte espresse dalla

de che, una volta acquisite tutte le autorizzazioni necessarie, i lavori siano portati a termine entro quattro anni. In questo modo si potrà trasferire completamente il traffico traghetti, che oggi approdano a Marittima, alla nuova piattaforma, dirottando anche il traffico pesante dal Ponte della Libertà alla nuova viabilità prevista dall’Accordo Moranzani. Il secondo intervento riguarda l’area ex Monte-

Legge speciale per Venezia (L. 798/1984), quali l’estromissione del traffico petrolifero dalla laguna e la necessità di garantire l’ulteriore sviluppo socioeconomico del porto. In un’ottica più ampia, che

1 - Aree di bonifica a Marghera.

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1 I nuovi progetti della piattaforma d’altura e dell’area Montesyndial AS siano già stati riconosciuti come strategici dagli organismi dello Stato e sono attualmente in fase di studio e progettazione.


TRASPORTI & CULTURA N.32 vede nell’interoperabilità e nella creazione di veri e propri nodi logistici due aspetti fondamentali per la sostenibilità del traffico merci, la Piattaforma d’Altura non sarà un semplice intervento puntuale, ma sarà concepita come un sistema a servizio dell’area vasta, con collegamenti verso Chioggia, Porto Levante e, attraverso l’asta fluviale del fiume Po, fino a Mantova. L’altro grande progetto riguarda la sezione portuale di Venezia Centro Storico con la costruzione di un nuovo Garage Multipiano, nell’area dismessa dell’ex deposito locomotive delle Ferrovie dello Stato. Il complesso, pensato come una struttura polifunzionale a servizio del traffico crocieristico e della città, sarà un nuovo gate per i passeggeri in arrivo a Marittima. Il Garage Multipiano si compone due volumi principali costituiti dai due corpi parcheggi, da cui emergono gli altri volumi tra i quali spiccano l’edificio degli uffici, con prospetto a forma di “T”, e l’edificio dell’albergo caratterizzato da una struttura “a ponte”. Parte integrante del complesso saranno due parchi pubblici, pensati per essere attraversati da cittadini e turisti, con appositi spazi per ospitare grandi installazioni della Biennale e spazi “filtro”. I due parchi avranno infatti il compito di mediare fra le aree aperte che caratterizzano la stazione portuale e la città storica, dal tessuto più denso e consolidato. Questo processo di connessione fra porto e città,

che già da anni rientra negli obiettivi dell’Autorità Portuale, interessa anche le aree di Santa Marta e San Basilio, che sono le più vicine alla città storica. L’intento è quello di rinnovare i vecchi edifici portuali e di rendere permeabili alcuni spazi, permettendo ai cittadini di avere una relazione diretta con il proprio porto. Come già detto infatti, il porto a Venezia è sempre stato intimamente connesso al tessuto cittadino, stabilendo con esso un rapporto essenziale di intensa integrazione tra le diverse attività economiche e sociali. Il restyling dei magazzini portuali, nei quali oggi sono insediate attività istituzionali e di tipo imprenditoriale-marittimo, rappresenta quel “continuum storico” che vede il Porto di Venezia intimamente legato al territorio che lo circonda. Questo rapporto, che non sempre può essere idilliaco per l’ubicazione stessa dei due attori che si trovano ad agire in una commistione di spazi e di funzioni, ha però un aspetto positivo, ovvero la spinta al rinnovo e al miglioramento del territorio veneziano, senza distinzioni di tipo amministrativo o funzionale. Riproduzione riservata © 2 - Un’immagine suggestiva di Venezia dal campanile di San GIorgio.

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Autori

Marco Pasetto - Prof. Ordinario, docente di Strade, ferrovie e aeroporti, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale, Università di Padova Stefano Damiano Barbati - Dottore di ricerca, Assegnista di ricerca, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale, Università di Padova Maria Antonietta Esposito - Professore Associato, Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design “Pierluigi Spadolini”, Università di Firenze Oliviero Baccelli - Vicedirettore CERTeT- Università Bocconi, Milano Giovanni Giacomello - Dottorando di ricerca, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale, Università di Padova Oriana Giovinazzi – Dottore di ricerca in Pianificazione territoriale, Università IUAV, Venezia Giuseppe Siciliano - Docente al Master MEMIT (Economia e Management dei Trasporti e della Logistica) dell’Università Bocconi; ricercatore del CERTeT-Bocconi. Paolo Lio – Docente al Master MEMIT (Economia e Management dei Trasporti e della Logistica) dell’Università Bocconi; ricercatore del Certet-Bocconi Sara Favargiotti – Dottore di ricerca, Università IUAV, Venezia Giuseppe Goisis - Prof. Ordinario di Filosofia Politica, Università Ca’ Foscari, Venezia Matilde Caponi - Saggista, Venezia Mirella Siragusa - Psicologa psicoterapeuta, Venezia Carlo Montanaro - Storico del cinema, Venezia Enzo Siviero - Prof. Ordinario di Tecnica delle costruzioni, Università IUAV, Venezia Piero Pedrocco - Presidente Centro Provinciale Studi Urbanistici, Venezia Nicola Torricella - Direttore tecnico Autorità Portuale di Venezia Alberta Parolin - Autorità Portuale di Venezia

Copyright Questa rivista è open access, in quanto si ritiene importante la libera diffusione delle conoscenze scientifiche e la circolazione di idee ed esperienze. Gli autori sono responsabili dei contenuti dei loro elaborati ed attribuiscono, a titolo gratuito, alla rivista Trasporti & Cultura il diritto di pubblicarli e distribuirli. Non è consentita l’utilizzazione degli elaborati da parte di terzi, per fini commerciali o comunque non autorizzati: qualsiasi riutilizzo, modifica o copia anche parziale dei contenuti senza preavviso è considerata violazione di copyright e perseguibile secondo i termini di legge. Sono consentite le citazioni, purché siano accompagnate dalle corrette indicazioni della fonte e della paternità originale del documento e riportino fedelmente le opinioni espresse dall’autore nel testo originario. Tutto il materiale iconografico presente su Trasporti & Cultura ha il solo scopo di valorizzare, sul piano didattico-scientifico i contributi pubblicati. Il suddetto materiale proviene da diverse fonti, che vengono espressamente citate. Nel caso di violazione del copyright o ove i soggetti e gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, si prega di darne immediata segnalazione alla redazione della rivista - scrivendo all’indirizzo info@trasportiecultura.net – e questa provvederà prontamente alla rimozione del materiale stesso, previa valutazione della richiesta. 111


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