Rivista "Tradizione Famiglia Proprietà", dicembre 2017

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Anno 22, n. 76

Dicembre 2017 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova

Gloria in excelsis Deo!


S

Gloria in Excelsis Deo!

otto tanti profili, il 2017 è stato un annus horribilis.

Una serie di uragani come non si erano mai visti prima ha devastato interi paesi, compreso il Sud degli Stati Uniti. I cicloni sono arrivati fino all’Irlanda e all’Inghilterra, dove hanno provocato il fenomeno del “cielo rosso”, facendo esclamare a molti che sembrava l’Apocalisse.

Questi, però, sono venticelli a confronto di ciò che sta accadendo nella Santa Chiesa.

Smentendo chi volesse salvare l’Esortazione apostolica Amoris Laetitia, dandogli una lettura accomodante, nel 2017 si è diffusa la lettura più sovvertitrice, quella che ritiene che il documento, di fatto, modifichi la dottrina morale della Chiesa, rompendo con duemila anni di Magistero. Un teologo indicava che si è passati alla “fase 2” del Pontificato di Papa Bergoglio. Mentre nella prima si era posto l’accento sulla pastorale a scapito della dottrina, adesso si confessa apertis verbis che si vuole proprio manomettere la dottrina. Questa manomissione rischia di toccare perfino ciò che abbiamo di più centrale nella Fede: la sacra liturgia.

Concedendo ampia libertà alle Conferenze episcopali nella traduzione dei testi liturgici nelle lingue volgari – finora prerogativa della Santa Sede – il motu proprio Magnum Principium rischia di aprire la strada al caos liturgico. Il cardinale Robert Sarah, prefetto del Culto Divino, ha cercato di preservare l’autorità della Santa Sede in questo campo, salvo poi essere seccamente smentito dallo stesso Pontefice.

Tutto ciò mentre va avanti il progetto di stilare una “Messa ecumenica”, accettabile anche dalle sette protestanti. Non sono mancate voci autorevoli che, per realizzare una tale “Messa”, propongono di cambiare la dottrina – dogmatica – della transustanziazione, una pietra d’inciampo per l’ecumenismo.

Il 2017 ha segnato anche il centenario della Rivoluzione bolscevica, che diede inizio alla diffusione degli “errori della Russia” denunciati dalla Madonna a Fatima nel 1917. Sarebbe stata una bella occasione per rinnovare le condanne al comunismo, aggiornandole per colpire anche l’odierno marxismo culturale. 2 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017

Niente! Le stesse celebrazioni per il centenario delle apparizioni di Fatima hanno lasciato più di uno perplesso, per la quasi totale mancanza di riferimento ai contenuti del messaggio stesso. Chi scrive è stato quest’anno a Fatima per ben cinque giorni. In una sola occasione, alla fine di una Santa Messa, è stato menzionato il messaggio della Madonna di Fatima. L’auge, però, doveva ancora arrivare.

Il 2017 ha segnato il cinquecentesimo anniversario della cosiddetta “Riforma” protestante. Un po’ ovunque il monaco apostata Martino Lutero è stato celebrato dagli eretici, e lodato per il “gesto coraggioso” di aver sfidato la Chiesa di Roma. Ahimè. Gettando nello sgomento milioni di fedeli, tali celebrazioni si sono estese anche a molti ambienti di Chiesa, compreso il Vaticano. Abbiamo così visto l’eresiarca, il lascivo, il guerrafondaio Lutero festeggiato ufficialmente da quella stessa istituzione che egli voleva distruggere. Si è arrivati all’estremo di emettere un francobollo vaticano commemorativo di Martino Lutero, lui che è morto esclamando: “Muoio odiando il Papato. Vivo io ero la tua peste, morto sarò la tua morte, o Papa!”.

In duemila anni di storia non si era mai vista una manifestazione tanto devastante di quella voglia di “autodemolizione” denunciata da Paolo VI nel 1968.

Contro tale lugubre panorama, nel quale sembra che tutte le tenebre si siano scatenate, si staglia la luce di un Bambino! Un neonato piccolo, apparentemente debole e indifeso, e che, invece, avrebbe cambiato per sempre la storia dell’umanità. La luce diffusa da quella culla a Betlemme conteneva già tutti gli splendori della Civiltà cristiana: tutta la bellezza delle cattedrali gotiche, tutta l’epopea delle crociate e della Contro-Riforma, tutta la santità dei santi a venire, compresi quelli che hanno lottato contro l’eresia protestante.

Se a volte rischiamo di perdere la speranza, sopraffatti dal cupo panorama, guardiamo verso la mangiatoia di Betlemme, da dove ci viene ogni salvezza. Un messaggio di tranquillità, di forza e di fiducia in mezzo alle tenebre odierne. Una voce che, da allora e per tutti i secoli, proclama: “Non abbiate paura, Io ho vinto il mondo!”


Sommario Anno 22, n° 76, dicembre 2017

Editoriale La ditattura della moda Sesso con robot Un “11 settembre” ogni mese: le nuove droghe Nota storica sulla “Supplica Filiale” Intervista al cardinale Joseph Zen Madonna di Dong Lu Lo scambio di lettere Madame Louise-Marie de France: principessa e monaca Venerabile Maria Clotilde di Savoia Fatima: la Lourdes portoghese Zagabria: centenario di Fatima La donna nel Medioevo Natale Il mondo delle TFP Adveniat Regnum Tuum!

2 4 5 6 7 12 17 18 19 27 29 32 33 37 46 48

Copertina: Natività, Bicci di Lorenzo, Firenze (1358-1452).

Tradizione Famiglia Proprietà Anno 22, n. 76 dicembre 2017 Dir. Resp. Julio Loredo

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Direzione, redazione e amministrazione: Tradizione Famiglia Proprietà - TFP, Viale Liegi, 44 — 00198 ROMA Tel. 06/8417603 Fax: 06/85345731 Email: info@atfp.it Sito: www.atfp.it CCP: 57184004 Aut. Trib. Roma n. 90 del 22-02-95 Sped. in abb. post. art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 — Padova Stampa Tipolito Moderna, via A. de Curtis, 12/A — 35020 Due Carrare (PD) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 3


Attualità

La dittatura della moda

L’

orecchio, il sopracciglio, la mascella, il naso, la lingua, le parti intime… non esiste limite. Si direbbe che la moda di ferire il proprio corpo bucandolo per introdurvi oggetti metallici – nota come piercing – è il grido disperato di una generazione sopraffatta dal dolore e dall’infelicità. Il buon senso è brutalmente urtato da una stravaganza così repulsiva. Più grave ancora, però, è la deformazione morale e psicologica soggiacente a tale pratica.

Uno storico francese dell’arte, Denis Bruna, ha pubblicato nel 2001 il risultato delle sue ricerche riguardo all’uso del piercing nel mondo cristiano. In diversi dipinti medievali egli ha trovato individui con il viso perforato da anelli, catene, fermagli e via dicendo. Erano sempre personaggi spregevoli. In altre parole, i medievali contrassegnavano questo tipo di personaggi proprio col piercing.

In una Via Crucis del pittore fiammingo Hieronymus Bosch (14501516) gli aguzzini di Nostro Signore Gesù Cristo portano il piercing, come marchio d’infamia. Nei secoli scorsi, certi crimini particolarmente infamanti e degni di esecrazione venivano puniti col piercing alla lingua o al naso. In altri casi, era segno di servitù. È veramente spaventevole constatare che, duemila anni dopo la Redenzione, dopo aver rigettato la Civiltà cristiana, l’umanità si compiace nel lacerare le proprie carni con segni che, fino a non molto tempo fa, erano considerati marchio d’infamia o prova di squilibro mentale.

Interessante da notare anche il cappello della strega nel dipinto di Bosch: nientemeno che l’arcobaleno…

Denis Bruna, Piercing. Sur les traces d’une infamie médiévale, Textuel, Paris 2001.

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Sesso con robot: la nuova frontiera della rivoluzione morale

I

modi del piacere sessuale possono cambiare col tempo. Cambiano le mode, l’estetica, gli atteggiamenti. L’essenza, però, resta sempre la stessa. E non potrebbe essere diversamente, trattandosi della natura umana, immutabile per definizione.

La rivoluzione culturale oggi in corso sembra, invece, puntare alla demolizione della natura stessa, cambiando perfino il modo in cui si attua la nostra sensualità. Inizialmente aveva promesso libertà totale. Ed ecco la “rivoluzione sessuale” degli anni Sessanta. Poi si è imbizzarrita nell’inondare la società con pornografia sempre più accessibile e sempre più maniacale. Oggi non c’è perversione sessuale che non sia alla facile portata di chiunque sappia utilizzare un computer o uno smartphone.

A questo punto, la sessualità è cominciata a diventare sempre più “virtuale”, tendendo a rompere ogni vincolo diretto con la sensualità reale, naturale. È il cosiddetto “cybersex”, che comunque richiede l’interazione con un’altra persona, tramite internet. E adesso vogliono andare oltre.

È sorta una corrente che propone di dotare i robot con certe caratteristiche materiali e una “intelligenza” che permetta loro di fungere da partner sessuali. Sarebbero macchine ricoperte di pelle sintetica. Hanno perfino un nome: “sexbots”. Un recente sondaggio pubblicato dal “The Times” di Londra rivela che ben il 40% degli uomini britannici sarebbe disposto a provare questo tipo di sessualità. Uno studio della Foundation for Responsible Robotics indica che il 66% degli intervistati maschi e il 34% delle femmine sarebbe aperto a tale possibilità.

Gli esperti stanno cominciando ad allertare sui rischi. La psicologa spagnola Sylvia de Béjar, pur favorevole alla libertà sessuale, avverte che utilizzare

macchine per soddisfare la propria libido “cancella qualsiasi rapporto interpersonale, facendo perdere lo stesso senso d’intimità”. Si dichiara, comunque, favorevole, soprattutto per le persone con problemi affettivi.

I commentatori sollevano poi altre questioni: cosa resterebbe dei sentimenti umani come la generosità, l’amore e la tenerezza? E dei valori religiosi e morali? Ci si può sposare con un sexbot? Fare sesso con un robot costituirebbe infedeltà coniugale? Si disumanizzano i rapporti fra le persone? Nel libro «Love and Sex with Robots: The Evolution of Human-Robot Relationships» (2008), lo scienziato David Levy prevede che, già nel 2050, i sexbots faranno parte della vita quotidiana delle persone: “Abbiamo già robot che ci fanno compagnia. I sexbot sono la continuazione naturale” Lo scopo è “stabilire con i robot un rapporto umano”.

E noi ci domandiamo: a questo punto, cosa resta della creazione preposta da Dio? TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 5


Attualità

USA: un “11 settembre” ogni mese

L

’Amministrazione Trump ha costituito la President’s Commission on Combating Drug Addiction and the Opioid Crisis per investigare e suggerire soluzioni all’epidemia di consumo di droghe oppioidi che sta devastando il Paese, provocando più di 30mila morti all’anno, cioè l’equivalente di un “11 settembre” ogni mese.

Gli oppioidi sono composti chimici psicoattivi che producono effetti farmacologici simili a quelli della morfina o di altre sostanze morfinosimili. Sempre presenti nel mondo della tossicodipendenza, il loro consumo è quasi quadruplicato dal 2000, inducendo il governo degli Stati Uniti a parlare di “epidemia”. Diversi Stati hanno già dichiarato lo stato di emergenza sanitaria. Thomas Frieden, direttore dei Centers for Disease Control and Prevention (foto sin.), avverte: “Gli Stati Uniti sono inondati da oppioidi. Questa è la peggiore crisi della nostra storia. Nei prossimi dieci anni potrebbro morire mezzo milione di persone”. Ormai l’abuso di sostanze è la prima causa mortis tra gli under-50. L’impatto sull’economia è altrettanto devastante: 75,5 miliardi di dollari persi ogni anno.

Krokodil: la droga che ti mangia vivo

L

a chiamano Krokodil. Dopo aver spopolato in Russia, dove i consumatori hanno superato il milione, si sta diffondendo anche nell’Occidente. Si tratta di una droga low cost, che chiunque può fabbricare a casa, mescolando benzina, olio, codeina e altre sostanze facilmente reperibili. È trenta volte più potente dell’eroina.

Gli effetti sono devastanti: la persona letteralmente impazzisce per periodi più o meno lunghi. Dopo poche dosi, la droga comincia a mangiarsi il corpo della persona, trasformandola in una sorta di zombie. La carne comincia a cadere a pezzi, provocando dolori lancinanti. La morte avviene dopo alcuni mesi, per totale collasso dell’organismo.

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La maggior parte dei consumatori di Krokodril afferma di aver iniziato con l’abuso di sostanze attraverso le cosiddette droghe “leggere”.


Chiesa

Nota storica sulla “Supplica Filiale” di Juan Miguel Montes

I mezzi di comunicazione hanno dato ampio spazio alla “Correctio Filialis”, una lettera aperta indirizzata da un autorevole gruppo di fedeli a Papa Francesco. Il documento si pone sulla scia di altre simili iniziative: dalla “Supplica Filiale” sottoscritta da quasi un milione di fedeli, ai celebri “Dubia” presentati da quattro cardinali. Ripercorriamo il panorama che ha portato a questi documenti.

Verso un “cambiamento di paradigma”

Sandro Magister, forse il più noto vaticanista in attività, in un articolo del 1 marzo 2014 sull’Espresso online ricordava cosa disse Papa Francesco a proposito dell’intervento tenuto dal cardinale Kasper nel Concistoro di pochi giorni prima:

“Ieri, prima di dormire, ma non per addormentarmi, ho letto – ho riletto – il lavoro del cardinale Kasper e vorrei ringraziarlo, perché ho trovato profonda teologia, anche un pensiero sereno nella teologia. È piacevole leggere teologia serena. E anche ho trovato quello che sant’Ignazio ci diceva, quel ‘sensus Ecclesiae’, l’amore alla Madre Chiesa. Mi ha fatto bene e mi è venuta un’idea – mi scusi, Eminenza se la faccio vergognare –, ma l’idea è che questo si chiama ‘fare teologia in ginocchio’. Grazie. Grazie”.

Di anticipazioni ne giravano molte ma ancora nessuno conosceva esattamente quali fos-

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Chiesa “Siamo di fronte a un ‘cambiamento di paradigma’ nella teologia morale”

Sandro Magister, vaticanista

ha trovato una vertiginosa accelerazione dagli anni Sessanta del secolo scorso.

sero le parole che avevano tanto colpito il Pontefice. Fu sempre Sandro Magister a illustrare altri particolari:

“Nel corso della sua relazione, Kasper ha detto di voler ‘porre solo delle domande’ perché ‘una risposta sarà compito del sinodo in sintonia con il papa’. Ma a leggere quanto egli ha detto ai cardinali, le sue sono molto più che domande, sono proposte di soluzione già solidamente congegnate. Alle quali papa Francesco ha già mostrato di voler aderire. E sono proposte forti, un vero ‘cambiamento di paradigma’. In particolare su quello che lo stesso Kasper ritiene il problema dei problemi, la comunione ai divorziati risposati, alla quale ha dedicato più di metà delle due ore del suo discorso”.

“Standing ovation” dei grandi media. Silenzio perplesso del popolo fedele

Ciò fu sufficiente perché tutti i grandi media del mondo si lanciassero in una sorta di standing ovation alla nuova “apertura” della Chiesa cattolica.

Al contempo, milioni di cattolici in tutto il mondo rimanevano in perplesso silenzio, interrogandosi sulla necessità e l’opportunità di una tale misura, collegandola giustamente a tutto il processo di relativismo morale e secolarizzazione imperanti nella società, specialmente in quella occidentale, a partire dal divorzio civile fino alla rivoluzione sessuale, che 8 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017

Innumerevoli sono i fedeli che ancora hanno presenti nella memoria gli sforzi degli ultimi Papi per mettere un argine alla valanga rivoluzionaria che minaccia seriamente di travolgere l’istituzione della famiglia, in particolare con l’enciclica Humanae Vitae di Papa Paolo VI, col Catechismo della Chiesa Cattolica, con i documenti di Giovanni Paolo II come Evangelium Vitae, Familiaris Consortio e Veritatis Splendor, con l’enunciato dei “principi non negoziabili” da parte di Benedetto XVI.

In effetti, tra i fedeli erano ormai in tantissimi a chiedersi perché giungesse in quel momento una proposta che sembrava voler assecondare la vasta corrente culturale e mass-mediatica, già confutata dal Magistero perenne - peraltro ribadito recentissimamente -, sull’ammissione all’Eucaristia dei divorziati risposati civilmente. Come mai alte autorità ecclesiastiche sembravano non avvertire ciò che un semplice ma sicuro sensum fidei associava in modo immediato a una sorta di “divorzio cattolico”, aprendo nella Chiesa le stesse piaghe che il divorzio civile aveva aperto nella società secolarizzata?

Come non vedere che così si sarebbe avviato nella vita della Chiesa un processo analogo a quello della società civile, iniziando la stessa rapida discesa nello scivolo della “rivoluzione culturale” sessantottina? Come non insospettirsi del vasto clamore mediatico in favore della “proposta Kasper” da parte dei grandi promotori della rivoluzione culturale?

Un Sinodo truccato?

Al rullare frenetico dei tamburi mediatici sull’inattesa “apertura” fece eco immediatamente una serie di convegni e articoli da parte di teologi “à la page”, volti a dare un avallo accademico e/o pastorale alla “proposta Kasper”.


“Il Sinodo vaticano straordinario sulla famiglia è stato truccato”

Edward Pentin, vaticanista

Era ormai chiaro che questa proposta avrebbe aleggiato sull’incombente Sinodo straordinario sulla Famiglia condizionandone i risultati. E così fu. La supposta urgenza di risposta pastorale ai “nuovi problemi” delle “nuove famiglie” che permettesse alla Chiesa di “non perdere il contatto con l’uomo contemporaneo” dominò sia il dibattito pre-sinodale sia quello sinodale.

Per la maggioranza dei padri sinodali convocati a Roma nell’ottobre 2014 la “proposta Kasper” non era certo la preoccupazione più incalzante sul tema famiglia. Anzi, molto probabilmente era l’esatto opposto: come difendere il gregge affidato loro da Cristo dalle insidie crescenti di una rivoluzione sessuale che finiva per allontanarlo dalla fede e dalla pratica religiosa.

Molto è stato scritto e detto sulle contorte procedure di elaborazione dei preparativi e dei risultati delle discussioni sinodali. Ci sono dei fatti certi: dopo la “Relatio post disceptationem” del primo Sinodo sulla famiglia, scoppiò una forte e clamorosa protesta nell’aula sinodale alla presenza del Papa.

Il Cardinale Erdö, presidente del Sinodo, si sentì in dovere di prendere le distanze dal segretario Mons. Forte davanti a una nutrita platea di giornalisti di ogni dove, perché quest’ultimo di propria iniziativa aveva inserito nella Relatio un’estensione dell’“apertura” anche alle coppie omosessuali.

L’autorevole vaticanista del National Catholic Register, Edward Pentin, ha denunciato le manovre per truccare quel Sinodo in un libro che ha fatto scalpore (The Rigging of a Vatican Synod, appunto La manipolazione di un Sinodo vaticano).

L’onda tellurica della confusione

Dall’epicentro della “proposta Kasper” iniziò a espandersi, a mo’ di onda tellurica, un’immane confusione e sconcerto in tutta la Chiesa. Nonostante le rassicurazioni fornite nella seconda parte del Sinodo

straordinario del 2014, non era più possibile nascondere che si era aperta una breccia e che da quella breccia sarebbe potuta passare non solo la “proposta Kasper”, bensì tutto un nuovo “cambiamento di paradigma” della morale cattolica. Forse le uscite in libertà alla mons. Bruno Forte sarebbero state calibrate meglio in futuro, ma non c’erano più dubbi sugli scopi dell’agenda della nuova teologia morale. Oggi i fatti confermano eloquentemente questo andazzo.

A meno di quattro anni dal concistoro del 2014 in cui risuonò la “proposta Kasper”, non c’è settimana che non si senta parlare non già soltanto di comunione ai divorziati risposati ma persino di benedizioni e Messe celebrate per l’ambiente LGBT e per coppie dello stesso sesso; di un consigliere della Santa Sede, il gesuita James Martin, che giustifica e promuove tale “pastorale”; della necessità del “superamento del contesto storico” in cui s’inseriva l’enciclica Humanae Vitae, ecc. Il “cambiamento di paradigma” ormai scende sulla Chiesa in modo torrenziale.

Fu appunto nel contesto della perplessità generalizzata dopo il primo Sinodo sulla Famiglia dell’ottobre 2014 che un gruppo di laici, fortemente incoraggiati da illustri pastori, decise di riunirsi per elevare al Sommo Pontefice una “Supplica Filiale”, la TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 9


Chiesa

quale in modo rispettoso già metteva in guardia dallo sbocco prevedibile del processo che si era aperto.

Che cosa chiedeva la Supplica Filiale?

Davanti alla confusione creatasi già a quel punto del dibattito, la Supplica Filiale a Papa Francesco sul futuro della Famiglia chiedeva al Sommo Pontefice “una parola chiarificatrice” che dissipasse il “generalizzato disorientamento causato dall’eventualità che in seno alla Chiesa si apra una breccia tale da permettere l’adulterio in seguito all’accesso all’Eucaristia di coppie divorziate e risposate civilmente”.

La lettera era motivata dall’apprensione che produceva una tale prospettiva visto che, asseriva, dalla “cosiddetta Rivoluzione del ’68 assistiamo a una imposizione graduale e sistematica di costumi morali contrastanti la legge naturale e divina, in modo talmente implacabile da rendere per esempio possibile in molti paesi l’insegnamento della aberrante ‘ideologia del gender’ fin dalla più tenera infanzia”.

I supplicanti chiedevano anche una “parola chiarificatrice” perché se fino a quel momento l’insegnamento cattolico sul Sesto Comandamento del Decalogo era “come una fiaccola che brilla dinanzi a questo oscuro disegno ideologico”, con le discussioni pre-sinodali e sinodali del 2014-15 quella stessa fiaccola “sembra vacillare”.

Consegna della Supplica Filiale

Il 29 settembre 2015, festività dei Santi Arcangeli, questa “Supplica Filiale sul futuro della Famiglia” sottoscritta da 790.190 cattolici di 178 Paesi, fra cui 8 cardinali, 203 arcivescovi e vescovi e innumerevoli sacerdoti fu consegnata alla Segreteria di Stato di Sua Santità. Giorni dopo furono consegnate altre 89.261 adesioni, totalizzando quindi 879.451 firmatari.

È triste dirlo ma tuttora il coordinamento della “Supplica Filiale”, che rappresenta una coalizione di oltre 60 organizzazioni pro-famiglia e pro-vita dei 5 continenti, non ha ricevuto nemmeno una nota di avvenuta ricezione da parte della Santa Sede. Un’omissione che risulta paradossale, dal momento che Papa Francesco ha manifestato più volte il desiderio di una Chiesa vicina ai problemi dei fedeli e del popolo in genere, aperta al dialogo e al franco dibattito. 10 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017

Ciò nonostante la “Supplica Filiale” ha avuto una vasta ripercussione internazionale, sia nella stampa religiosa che in quella laica, e ha contribuito a dare avvio al movimento di opinione pubblica cattolica che si configura sempre più nitidamente come una legittima resistenza al “cambiamento di paradigma” morale e di fedeltà al magistero perenne della Chiesa.

La prosecuzione della resistenza: una dichiarazione di fedeltà

Dopo il secondo Sinodo sulla Famiglia e la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, gli organizzatori della “Supplica Filiale” hanno predisposto una “Dichiarazione di fedeltà all’insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina”, ricevuta dagli apostoli, attendendo così ad un suggerimento di alte sfere ecclesiastiche. Non disponendo degli stessi mezzi logistici della prima iniziativa e trattandosi questa volta di un documento significativamente più esteso, il coordinamento della “Supplica Filiale” ha pubblicato detta “Dichiarazione di fedeltà” nel suo sito internet il 29 agosto 2016.

La “Dichiarazione di Fedeltà” ha superato le 35 mila firme, fra le quali si contano 3 cardinali, 9 vescovi, 635 fra sacerdoti diocesani e religiosi, 46 diaconi, 25 seminaristi, 51 fratelli religiosi, 153 religiose claustrali e di vita attiva, ai quali si devono aggiungere 450 laici fra accademici in genere, professori di teologia, insegnanti di religione, catechisti e agenti pastorali.

Cosa affermano i firmatari della Dichiarazione di Fedeltà?

Come già indica il titolo, essi ribadiscono in modo esplicito e formale la loro “fedeltà all’insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina”, e questo perché “errori circa il vero matrimonio e la famiglia sono stati molto diffusi in ambito cattolico, in particolare dopo il Sinodo Straordinario ed Ordinario sulla famiglia e la pubblicazione di Amoris Laetitia”.

In questo contesto generale, la Dichiarazione “esprime la volontà dei firmatari di restare fedeli agli insegnamenti immutabili della Chiesa sulla morale e sui sacramenti del matrimonio, della Riconciliazione e dell’Eucaristia, e alla sua perenne disciplina per quanto riguarda quei Sacramenti”.


Un documento ancora in attesa di risposta...

Fra l’altro, i firmatari desiderano esprimere che “tutte le forme di convivenza more uxorio (come marito e moglie) al di fuori di un matrimonio valido sono gravemente contrarie alla volontà di Dio; che le unioni irregolari contraddicono il matrimonio voluto da Dio e non possono mai essere consigliate come un prudente e graduale adempimento della Legge Divina”.

Affermano pure che una coscienza ben formata non può giungere alla conclusione • che la sua permanenza in una situazione oggettivamente peccaminosa può costituire la sua migliore risposta al Vangelo, né che questo è ciò che Dio le sta chiedendo;

• che il sesto comandamento e l’indissolubilità del matrimonio sono semplici ideali da perseguire;

• che a volte non sia sufficiente la grazia per vivere castamente nel proprio stato, il che darebbe ad alcuni il “diritto” di ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia;

• che sia sufficiente una coscienza soggettiva per auto-assolversi dal peccato di adulterio.

Insegnare e aiutare i fedeli a vivere in conformità a queste verità – aggiungono i firmatari – costituisce in se stessa una “eminente opera di misericordia e di carità”. Se la Chiesa consentisse l’accesso all’Eucaristia a chi si trova manifestamente in uno stato oggettivo di peccato grave, si comporterebbe come “proprietaria dei sacramenti” e non come la loro “fedele amministratrice”, incarico affidatole da Nostro Signore.

Iniziative analoghe e convergenti

Sebbene diversa da altre iniziative tese a chiedere chiarimenti per porre fine all’anomala situazione di confusione e perplessità imperante nella

Chiesa, la “Dichiarazione di Fedeltà”, col suo nutrito e qualificato numero di firmatari ecclesiastici e civili, si costituisce come un’ulteriore voce nel coro di quanti esprimono preoccupazione per l’ottavo capitolo di Amoris Laetitia e per le contraddittorie interpretazioni che l’hanno seguito.

La perplessità di innumerevoli fedeli di tutti i continenti trova un’autorevole risonanza nei cinque Dubia presentati da quattro cardinali nel settembre 2016. I porporati hanno sollecitato fraternamente il Papa di chiarire se, dopo la suddetta esortazione apostolica, è da ritenersi ancora vigente l’insegnamento circa l’esistenza di norme morali assolute, valide senza eccezione, che proibiscono di compiere atti intrinsecamente cattivi come l’adulterio, e se sia ora possibile concedere l’assoluzione nel sacramento della Penitenza e, dunque, ammettere all’Eucaristia, una persona che, unita in un vincolo matrimoniale valido, convive in adulterio senza che si siano adempiute le condizioni previste dalla morale tradizionale e dal Codice di Diritto Canonico.

Il Santo Padre ha deciso di non rispondere e con grande sconcerto tra i fedeli - non ha nemmeno concesso l’udienza privata chiesta dai porporati in una lettera del 25 aprile scorso per trattare questo tema, viste le “numerose dichiarazioni di vescovi, cardinali e persino conferenze episcopali che approvano ciò che il Magistero della Chiesa non ha mai approvato”, cosicché “ciò che è peccato in Polonia è buono in Germania e ciò che è proibito nella arcidiocesi di Filadelfia è lecito a Malta”.

La più recente manifestazione della volontà di Papa Francesco di restare in silenzio, permettendo così l’aggravarsi del clima di confusione, è stata la reticenza mostrata davanti alla “Correzione filiale per la propagazione di errori”, elevata a Sua Santità lo scorso 11 agosto da un gruppo di pastori di anime e accademici. Gruppo al quale ogni giorno si aggiungono nuovi e qualificati aderenti. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 11


Chiesa

Il Vaticano non deve lasciarsi ingannare dai comunisti cinesi Intervista al cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong

Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, è convinto che se Papa Francesco conoscesse meglio il regime comunista cinese e le persecuzioni che muove contro i cattolici, non favorirebbe i negoziati con Pechino. Il cardinale Zen è stato intervistato da Krystian Kratiuk, della rivista “Polonia Christiana”, dalla quale riprendiamo il pezzo, con autorizzazione.

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Perché il Vaticano vuole firmare l’accordo col governo comunista di Cina?

È ovvio che il Santo Padre non abbia molta conoscenza diretta dei comunisti cinesi. In America Latina, i perseguitati ed esclusi sono i comunisti. Capisco, quindi, che egli possa avere una simpatia naturale per i comunisti. Ma non conosce i comunisti quando sono al potere. Molte persone in Vaticano conoscono teoricamente il comunismo, ma non so quante ne abbiano un’esperienza diretta, personale. Sono dunque preoccupato che possano essere raggirati dai comunisti cinesi. I comunisti

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cinesi sono intelligenti, sono maestri nell’uso delle mezze parole. Che cos’è in realtà il comunismo?

Il comunismo è un regime totalitario. Soltanto chi ha avuto un’esperienza personale può capire cosa significhi vivere in un regime totalitario, sia esso nazista o comunista. Papa Giovanni Paolo II lo sapeva. Pure Papa Benedetto. Credo che gli italiani non conoscano veramente il totalitarismo, perché Mussolini non fu un totalitario molto duro. Il governo totalitario vuole tutto. Vuole controllare tutto. Non


accetta compromessi. Vuole la resa di qualsiasi opposizione. Vuole fare tutti schiavi. È terribile! Quante persone in Vaticano hanno questa percezione dei comunisti cinesi? Ecco dunque che vanno a negoziare. Quando si negozia, tutti sono gentili e usano belle parole. La realtà, però, è molto diversa. Nel caso in cui sia firmato un accordo, come inciderà questo sulla libertà della Chiesa?

Nella Lettera ai cattolici cinesi, Papa Benedetto spiegò molto bene la dottrina cattolica sulla Chiesa. Certamente Papa Francesco e altre persone in Vaticano concordano con tale posizione. Quando si negozia, però, bisogna anche conoscere come la pensa l’altra parte. Scrivendo sugli accordi fra l’Ungheria comunista e il Vaticano, negli anni ‘50, un autore hegeliano scrisse: “A volte, formalmente, sulla carta, si rispetta l’autorità del Papa. Nella pratica, però, si concede un potere eccessivo al governo”. Noi, cinesi, non conosciamo il testo integrale degli accordi. Certe informazioni le conosciamo appena per “sentito dire”, un pezzo di qua un altro di là.

Ciò che possiamo dire è che si tratta di un accordo simile a quello commentato dall’autore sopra citato. In superficie sembrerebbe che l’autorità del Papa sia rispettata, poiché dicono “Il Papa ha l’ultima parola”. In realtà questo non succederà. Il governo avrà sempre in mano il potere di decisione finale. Ecco che, sulla carta, loro accettano l’elezione di nuovi vescovi, che chiamano “elezione democratica”, accettano che la Conferenza Episcopale scelga i candidati e li proponga al Papa, che avrebbe dunque l’ultima parola. In realtà né l’elezione sarà libera né

la Conferenza Episcopale avrà libertà di proporre candidati. Nella Cina comunista nessuna elezione è autentica, nemmeno la più solenne, quella per i deputati del Congresso del Popolo. È tutto pianificato a priori.

Vorrei parlare della Conferenza Episcopale. Non posso credere che in Vaticano nessuno sappia che non esiste una Conferenza Episcopale Cinese. Esiste sulla carta, di nome, ma non realizza mai incontri, conferenze, discussioni. I vescovi cinesi si riuniscono solo quando sono convocati dal governo comunista. Il governo dà loro le istruzioni, e loro ubbidiscono. Papa Benedetto disse che questa Conferenza non è legittima. Essa annovera vescovi illegittimi. I vescovi della chiesa clandestina non ne fanno parte. Non può, dunque, essere chiamata Conferenza Episcopale Cinese. La verità è che non vi è una Conferenza Episcopale in Cina. Che cosa esiste? I vescovi della Chiesa detta Patriottica, ufficiale, scelti dal governo comunista, entrano a far parte della Conferenza Episcopale. Come funziona? Prima di tutto, non è autonoma. Deve lavorare sempre insieme alla cosiddetta Associazione Patriottica. Chi convoca le riunioni? Il governo comunista. Chi le presiede? La persona indicata dal governo comunista. Loro nemmeno si preoccupano di nascondere questo. È tutto fatto alla luce del sole. Possiamo vedere le foto, per esempio, del sig. Wang Zuoan, capo della Segreteria degli Affari religiosi del Partito Comunista, presiedere la riunione della Conferenza Episcopale mentre il presidente della Conferenza, insieme a tutti gli altri vescovi, sono seduti ad ascoltarlo. Tutto è stato già deciso dal governo. Il sig. Zuoan sta semTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 13


Yu Zhengsheng, del Comitato permanente del Bureau politico del Comitato centrale del Partito Comunista della Cina, porge i saluti ai membri dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese, nel corso del IX Congresso nazionale della Chiesa cattolica cinese: le parole d’ordine vengono sempre dal Partito Comunista

plicemente impartendo gli ordini. Ricordatevi, dunque: quando si parla di Conferenza Episcopale, stiamo parlando in realtà del governo comunista. Ogni iniziativa, dalla nomina dei vescovi alle decisioni, proviene dal governo.

Qualcuno dirà: “Il Papa, però, avrà l’ultima parola”. Non è sufficiente. Ritengo, dunque, che questo sia un accordo inadeguato. Come possiamo lasciare l’iniziativa di scegliere i vescovi a un governo ateo? È incredibile! Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma durante la storia il potere di indicare i vescovi è stato dato a re e imperatori”. Sì, ma almeno erano re e imperatori cristiani, non comunisti atei. Costoro vogliono distruggere la Chiesa. Se non ci riescono, vogliono almeno indebolirla. I comunisti, però, dicono che il rifiuto del dialogo ci allontanerebbe dalla Chiesa.

Il dialogo è necessario, è importante, ma va orientato da solidi principi. Non possiamo abbandonare i principi per dialogare. Nel messaggio ai vescovi asiatici, Papa Francesco parlò del dialogo. Disse due cose. La prima, nel dialogo dobbiamo essere fedeli alla propria identità e coerenti con essa. Non posiamo negare la propria identità solo per piacere all’interlocutore. Se siamo cattolici, allora siamo

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cattolici! La seconda, dobbiamo aprire il cuore per sentire l’altra parte. Quindi, nel dialogo nessuna parte può tirare una conclusione unilaterale. Se l’altra parte ci propone di diventare schiavi, non possiamo rispondere semplicemente “OK”. L’autorità del Papa è data a lui come Papa. Non è un attributo personale. In nome del dialogo, un Papa non può rinunciare alla propria autorità. Credo che, in alcuni casi, dobbiamo avere la fermezza di dire: “Scusate, ma non possiamo accettare questa conclusione. Quindi, arrivederci. La prossima volta, quando avrete qualcosa di nuovo da dire, forse potremmo riprendere il dialogo”.

La Cina vuole avvicinarsi al Vaticano per mostrare che è un Paese aperto?

Nel corso dei negoziati, i comunisti cinesi non hanno mostrato nessuna cordialità, né buona volontà. Non dimostrano nessuna apertura. Vogliono appena dimostrare chi è il capo.

Per esempio, i vescovi illegittimi, scomunicati, vogliono essere perdonati dal Vaticano. Ma stanno facendo cose terribili contro la disciplina della Chiesa. Sono illegittimi, scomunicati, e si permettono di ordinare sacerdoti. Incredibile! Loro si riuniscono ogni cinque anni nell’Assemblea dei rappresentanti dei cattolici cinesi, la più palese manifestazione del ca-


Chiesa

I comunisti cinesi temono la Madonna di Fatima perché ha previsto il crollo del comunismo

rattere scismatico di questa chiesa. Sono più di trecento rappresentanti, tra cui i vescovi. È da anni che chiediamo al Vaticano di proibire ai vescovi la partecipazione a questa Assemblea. Purtroppo, il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione afferma: “Possiamo benissimo capire che voi partecipate, poiché siete costretti”. E si esime dall’esternare un giudizio negativo. Come possiamo negoziare se loro si ostinano a seguire questa linea scismatica? Noi insistiamo perché rientrino sotto l’autorità di Roma. Ed essi si ostinano nel volere una Chiesa “indipendente”. Possiamo chiamare questo “dialogo”? È vero che i comunisti temono la Madonna di Fatima?

È vero. È molto curioso. In principio accettano la devozione alla Madonna, ma non alla Madonna di Fatima. Perché? Dicono che Lei sia anticomunista… Perché dichiarò che il comunismo sarebbe crollato in Russia. Si può portare in Cina un’immagine della Madonna, ma non quella di Fatima. È curioso, perché la Madonna è una. Una volta raccontai questo a Papa Benedetto. Egli rispose: “Ma non conoscono Maria Ausilio dei Cristiani? Lei è ancora più terribile perché è andata in guerra!”. L’invocazione Ausilio dei Cristiani ha origini nella battaglia di Lepanto (1571) e in quella di Vienna (1683). È la Madonna guerriera! I cattolici cinesi sono ancora perseguitati, arrestati e uccisi per la loro Fede?

Ci sono stati dei cambiamenti rispetto all’inizio del regime comunista. Dopo aver preso il potere nel 1949, i comunisti cominciarono a espellere i missionari e a chiudere le scuole cattoliche. Molti sacerdoti finirono in prigione, dove non pochi perirono. Nel 1955 ci fu una grande persecuzione. Vari vescovi finirono in carcere, compreso quello di Shangai, dove morirono. Fu ancora peggiore dopo il 1967, con la Rivoluzione culturale. Perfino molti comunisti furono perseguitati e uccisi dalle Guardie Rosse. Fu un tempo durissimo.

Passata la Rivoluzione culturale, i comunisti cambiarono strategia. Alcuni seminari furono riaperti. Dopo aver aspettato quattro anni la risposta alla mia domanda, io stesso potei insegnare in vari seminari, compreso quello di Shangai. Sono stato profes-

sore per sette anni, dal 1990 al 1996. Era una cosa totalmente nuova. Fui trattato con molta gentilezza, per un motivo. Poco prima, nel 1989, era successo la protesta della Piazza Tienanmen. Mentre molti cinesi fuggirono all’estero, io, al contrario, sono rimasto perché credo nella Cina. Perciò mi hanno trattato bene. A quell’epoca io trascorrevo sei mesi a Hong Kong e sei in Cina, insegnando nei seminari della Chiesa ufficiale. Era molto triste vedere come il governo trattava i nostri vescovi. Senza nessun rispetto. Li prendevano letteralmente per il naso. Erano schiavi! Era un’esperienza terribile. Chi non l’ha vissuta non sa com’è il governo comunista.

Quindi, qualche cambiamento c’è stato. Ci sono meno vescovi e sacerdoti in prigione. Ma ce ne sono ancora. Alcuni muoiono in prigione. I comunisti, però, hanno sempre il controllo totale. Da un certo punto di vista la situazione è ancora peggiore, perché la Chiesa si è indebolita.

Mi rattrista dirlo, ma nell’essenza il governo comunista cinese non è cambiato. La Santa Sede sta facendo una politica sbagliata. I vertici del Vaticano vogliono dialogare ad ogni costo. E allora ci chiedono di restare zitti, di fare compromessi, di obbedire al governo. Di conseguenza, le cose vanno sempre più giù. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 15


Chiesa

I cattolici cinesi si oppongono al dialogo con i comunisti?

Alcuni giornalisti vengono in Cina e tornano strombazzando che qui esiste libertà di espressione. Non è vero. In Cina non esiste libertà di parola. Alcuni sacerdoti possono venire a Hong Kong a parlare con me in privato. Possono parlare con le autorità vaticane. Ma non possono esprimersi pubblicamente. Se parlano pubblicamente, sono immediatamente arrestati. Perfino gli avvocati dei diritti umani sono imprigionati dai comunisti quando difendono gli oppressi. In altri casi, la persona è costretta a presentarsi in televisione per fare un pubblico mea culpa. Sono umiliati davanti a tutti! Di conseguenza le persone hanno paura di parlare. A volte, lo stesso Vaticano ci chiede di non parlare. Sua Eminenza crede che la situazione del laicato cambierà dopo la firma degli accordi col Vaticano?

I rapporti fra laici e clero funzionano in due modi. Spesso, è il clero a dirigere il popolo. Ma, a volte, è il popolo a dirigere il clero. Nella Chiesa ufficiale vi sono bravi vescovi. Ma non possono fare nulla a livello nazionale, nella Conferenza Episcopale. Nelle loro diocesi, però, riescono a fare tante cose. I fedeli apprezzano e li seguono. Altri vescovi non sono buoni, e molti cattolici più anziani sono scontenti di loro. I cattolici più giovani, però, nulla capiscono di certe cose. Non sanno, per esempio, la differenza fra la Chiesa ufficiale, legata al governo comunista, e la Chiesa sotterranea, fedele a Roma. Semplicemente vanno in chiesa per pregare e cantare.

Prima, i sacerdoti clandestini erano più severi. Per esempio proibivano, sotto pena di peccato mortale, di frequentare le chiese patriottiche. E i fedeli più anziani obbedivano. Oggi, però, il Papa dice: “Non c’è nessun problema. Tu puoi frequentare qualsiasi chiesa perché i fedeli hanno il diritto di ricevere i Sacramenti”. Siccome nelle catacombe c’è sempre un rischio, allora un crescente numero di fedeli sta andando nelle chiese patriottiche, anche se poi tornano. Nella Chiesa ufficiale, molto spesso i fedeli agiscono meglio dei sacerdoti, e anche meglio dei vescovi. I vescovi sono più sottomessi dei laici alle pressioni del governo. In questo caso, sono i fedeli ad avere una buona influenza sui vescovi, richiamandoli a una maggiore fedeltà alla Chiesa. D’altronde, a causa della Lettera del Papa, vi sono sacerdoti clandestini che vorrebbero regolarizzare la propria situazione unendosi alla Chiesa ufficiale. La situazione è molto complicata. Oggi c’è più confusione, più divisione. C’è speranza per i cattolici cinesi di riacquistare la libertà?

Veda ciò che è successo nell’Europa centrale. All’epoca del dominio comunista, nessuno poteva pensare a un crollo repentino del regime, pacificamente. Quando le persone mi chiedono: “Lei ha speranza?”, io rispondo: “Forse dovremo aspettare cinquanta anni, forse cinque settimane. Ma, perché non sperare?”. Siamo nelle mani di Dio. Occorre pregare per la conversione.

Il cardinale Zen (col pastorale), con parte del clero di Hong Kong 16 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017


Madonna di Dong Lu, Imperatrice della Cina

N

el 1900, durante la rivolta dei Boxer, ai 10mila guerrieri che stavano attaccando il villaggio di Dong Lu per sterminare i 700 cristiani lì raccolti, apparve nel cielo una bellissima Donna circondata da una luce celestiale.

I cattolici implorarono la Madonna di proteggerli dai nemici e di salvare la loro città dalla distruzione. Il sacerdote rincuorava ed esortava i fedeli dicendo che in quella circostanza l’unica cosa che si poteva fare era invocare la Madonna. Un giorno, durante uno scontro cruento, videro una Signora vestita di bianco, sfolgorante, apparire nel cielo sopra la chiesa. I guerrieri presero a spararle contro e ad insultarla senza alcun risultato. Gli invasori furono respinti ed i fedeli salvati. Durante lo stesso attacco, gli anziani e le donne che erano rimasti in chiesa a pregare, videro che l’immagine dell’Immacolata Concezione raffigurata su un dipinto che si trovava sull’altare a un certo punto scomparve, la tela divenne come un foglio bianco. Quando finalmente i Boxer si allontanarono e il villaggio fu salvo, l’immagine della Madonna ritornò come prima. Tutti quindi furono subito convinti che fosse stata proprio la Madonna ad andare sul fronte di battaglia per salvare il villaggio cattolico di Dong Lu.

Finita la rivolta, una splendida chiesa è stata costruita per ringraziare la Madonna della protezione. Il pastore di quel tempo si procurò un’immagine dell’imperatrice vedova Ci Xi in abiti imperiali e la fece usare come modello per ritrarre la Madonna col Bambino. L’immagine è nella chiesa di Dong Lu, che è diventata una meta popolare di pellegrinaggio dal 1924. Il primo pellegrinaggio ufficiale è avvenuto nel 1929 e dal 1932 è così popolare che papa Pio XI lo ha approvato come santuario ufficiale della Madonna.

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Plinio Corrêa de Oliveira

Lo scambio di lettere

A

proposito del libro «In Difesa dell’Azione Cattolica», ampiamente trattato nel precedente numero della nostra rivista, mons. Giovanbattista Montini, allora Sostituto della Segreteria di Stato di Sua Santità, scrisse al prof. Plinio Corrêa de Oliveira una lettera di encomio in nome di papa Pio XII (foto a sin.). Pochi giorni dopo, il leader cattolico brasiliano rispose al Pontefice, sempre tramite mons. Montini (sotto, la bozza manoscritta: Eccellenza Reverendissima,

Con i miei più sinceri saluti, vengo a ringraziare l’Eccellenza Vostra per la lettera che Ella ebbe l’onore di scrivermi, trasmettendo gli augusti sentimenti di benevolenza del Santo Padre in relazione al mio libro «In difesa dell’Azione Cattolica».

Ho scritto il mio lavoro con l’unico desiderio di rendere note le sagge direttive della Santa Sede riguardo all’Azione Cattolica, difendendola da interpretazioni veramente pericolose. Niente, perciò, mi poteva toccare più profondamente come sapere che il mio libro è stato onorato con l’augusta approvazione del Sommo Pontefice.

Prego l’Eccellenza Vostra di depositare ai piedi del Vicario di Gesù Cristo i miei sentimenti di riconoscenza molto umili e molto filiali. Dio mi conceda la grazia di servire il Santo Padre in ogni momento della mia vita, e di spargere il mio sangue per Lui, se si presentasse l’occasione. Mi affido alle Sue preghiere, e colgo l’occasione per presentare all’Eccellenza Vostra i miei sentimenti di elevato rispetto. Di Sua Eccellenza Reverendissima, In Nostro Signore,

Plinio Corrêa de Oliveira

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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

Madame Louise-Marie de France, principessa reale e monaca carmelitana

di Plinio Corrêa de Oliveira

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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

Il 23 dicembre si celebra la memoria della venerabile suor Teresa di Santo Agostino, nata Madame Louise-Marie de France, figlia di Luigi XV. Combatté la Rivoluzione quando viveva a Corte, e anche dopo nel Carmelo. Morì avvelenata dai rivoluzionari, ma il suo esempio continua a dare frutti ancora oggi.

I

l 23 dicembre si celebra la festa della venerabile Teresa di Santo Agostino, vergine, figlia del re Luigi XV di Francia. Leggo qualche brano del libro dell’abbé E. Daras «Les Vies des Saints et fêtes de toute l’année» (Louis Vivés Libraire-Éditeur, Paris 1856, t. XII, pp. 409-452): “La principessa Louise-Marie de France, figlia del re Luigi XV e della regina Maria Leczinska, principessa di Polonia, nacque a Versailles il 15 luglio 1737. Fu educata nell’abbazia di Fontevraud, all’epoca retta da Madame de Rochechouart.

“Ancora molto piccola, soffrì un incidente che quasi le fece perdere la vita. Impaziente perché la sua cameriera tardava a occuparsi di lei, si arrampicò sulla parete del lettino e cadde per terra. La caduta le lasciò una deformità fisica e la condusse

in punto di morte. In questa circostanza, le religiose del monastero fecero un voto alla Vergine Maria per la salute della principessa ed ella guarì miracolosamente. Mai più dimenticò a chi doveva la vita, cosa che la segnò profondamente. “Sin dall’infanzia mostrò un’inclinazione per la vita di pietà, mai stancandosi della recita dell’Officio divino. Un giorno pianse amaramente perché una dama di servizio le parlò di un principe straniero che sarebbe diventato il suo sposo. Tuttavia, era fiera della sua posizione. In una circostanza, ritenendosi offesa da una dama, le disse risentita: ‘Non sono forse la figlia del vostro Re?’ – ‘E io, Madame – rispose la signora – non sono una figlia del vostro Dio?’ – ‘Avete ragione – rispose la principessa toccata dalla risposta – ho sbagliato e chiedo perdono’.

“Era oltremodo liberale con i poveri. A Corte, dava loro il denaro che riceveva per le sue spese personali, nulla riservando per sé. La damigella d’onore incaricata delle sue spese si abituò a donare ai poveri ciò che riceveva per Louise Maria, persino senza consultarla. Un giorno, tuttavia, la principessa si permise, a scapito dei poveri, l’acquisto di un piccolo capriccio e non ebbe il coraggio di chiedere la somma di un luigi alla damigella, per saldare il debito.

A sin., Madame Louise-Marie bambina Sotto, l’abbazia di Fontevraud, dove fu educata

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Il re Luigi XV, padre di Madame Louise Uomo lascivo, tuttavia ebbe una figlia e una nipote che hanno meritato gli onori degli altari

“Escogitò, dunque, uno stratagemma: compose lei stessa un biglietto per Madame Louise, che avrebbe dovuto essere consegnato alla damigella, con la richiesta di una persona che necessitava urgentemente della somma. La damigella consegnò il denaro. Questa astuzia, però, le causò un grande rimorso.

“Dotata di un carattere vivace, le piacevano gli esercizi pesanti. Un giorno, cacciando nella località di Compiègne, il suo cavallo si imbizzarrì scaraventandola per terra. Quasi cadde sotto le ruote di una carrozza apparsa all’improvviso. Ridendosene dello spavento, ordinò al suo scudiero che le riportasse il cavallo, lo montò, dominò l’animale nervoso e continuò la passeggiata. Rientrata a Versailles, andò a ringraziare la Vergine Maria per quello che chiamò il secondo salvataggio della sua vita. “Assistendo un giorno alla presa d’abito nel Carmelo della contessa di Rupelmonde, maturò l’idea di diventare religiosa. Iniziò quindi a prepararsi studiando la regola di Santa Teresa, e astenendosi a poco a poco dal conforto che la circondava.

Per esempio, era solita allontanarsi dal riscaldamento durante i periodi di freddo. Infine, ottenne il consenso del Re e, il 20 febbraio del 1770, entrò a far parte delle carmelitane di Saint Denis. La Francia rimase ammirata da questo esempio e papa Clemente XIV scrisse alla principessa per esprimerle la felicità che provava nel vedere il suo pontificato segnato da un evento così confortante per la Religione. “Nel convento, lottò strenuamente affinché le sue compagne la smettessero di trattarla diversamente dalle altre. Si adoperò anche per vincere la sua difficoltà a rimanere per lunghi periodi in ginocchio, conseguendo questa grazia dopo una novena fatta a san Luigi Gonzaga. Ricevette l’abito il 10 settembre del 1770. Rivestita del mantello di Santa Teresa, che le carmelitane di Parigi possedevano, prese il nome di sorella Teresa di Santo Agostino.

“Nominata Maestra delle novizie, si distinse notevolmente in questo incarico, manifestando constante allegria in mezzo alle difficoltà. In seguito, fu eletta unanimemente Superiora. Quando il visitatore generale delle carmelitane portò la notizia al Re, lo informò che soltanto un voto era stato espresso contro Suor Teresa. ‘Dunque – rispose Luigi XV – tuttavia c’è stato un voto contro di lei?’ – ‘Sì, Sire – rispose il prelato – proprio quello di vostra figlia’.

“Come Superiora, fu piena di carità verso le sue consorelle e molto severa con se stessa, cercando di La regina Maria Leczinska, nata principessa di Polonia, madre di Madame Louise, donna di una virtù esemplare TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 21


Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

Il delfino Luigi, figlio di Luigi XV, e sua moglie Maria-Jose di Sassonia Pii e devoti, capeggiavano il partito cattolico nella corte di Versailles. Si sospetta che siano morti avvelenati

seguire con massima fedeltà lo spirito della Regola. Si preoccupava anche di ottenere presso suo padre e, più tardi, presso Luigi XVI, tutti i benefici possibili per la Chiesa. Fu grazie a lei, per esempio, che le carmelitane dei Paesi Bassi austriaci furono accolte in Francia quando Giuseppe II le scacciò dalle sue terre. Suor Teresa contribuì inoltre alla fondazione di un monastero di stretta osservanza per i carmelitani scalzi, la cui pratica della Regola si era rilassata. Severamente contraria a usare la propria influenza per le questioni mondane, la utilizzava invece per la salvezza delle anime.

“Lontana dai problemi di Stato, si interessava tuttavia per la Francia, cercando di risolverne i problemi attraverso la preghiera. Pregava per suo padre, per la conservazione della fede nel regno, la restaurazione dei costumi, la salvezza dei popoli, la pace e la tranquillità pubblica. Verso i francesi aveva lo stesso amore del suo antenato san Luigi. Tutto ciò che riguardava la Patria era oggetto della sua pietà. Luigi XVI la riveriva come l’angelo custode della Francia. Senza dubbio, fu per allontanare l’influenza che esercitava su Luigi XVI, che i malvagi decisero di ucciderla. È quasi certo che Maria Louise morì avvelenata. “Nel novembre del 1787, un mal di stomaco si aggravò violentemente con dolori lancinanti. Peg-

22 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017

giorando, si preparò a morire. La sua morte fu magnifica per il coraggio con cui la affrontò. Le sue ultime parole furono: ‘È tempo, andiamo! Alziamoci, affrettiamoci ad andare in Paradiso!’. Era il 23 Dicembre del 1787, alle quattro e mezza della mattina”. * * *

La prima cosa da dire è che questa narrazione, molto interessante sotto il punto di vista biografico, illustra appena un aspetto della vita di Madame Louise di Francia. In realtà, la sua azione a Corte fu molto più ampia di quanto riportato dall’abbé Daras. Come sapete, suo padre Luigi XV conduceva una vita lasciva, essendo stato concubino prima di Madame de Pompadour e, dopo, di Madame du Barry.

Il concubinato del Re suscitava a Corte un atteggiamento contrastante. Ai tempi in cui Luigi XIV conduceva una vita immorale, la quasi totalità della Corte lo appoggiava e neppure pensava di fargli opposizione. Quando Luigi XV iniziò a condurre una vita lasciva, nella Corte di Francia i campi erano invece divisi. Sia l’influenza dell’empietà, sia quella della religione erano cresciute. Rispetto ai tempi di Luigi XIV, i nobili erano, da una parte, più empi e dall’altra più cattolici. Si erano così formate due correnti antagoniste.


Una corrente appoggiava la regina Maria Leczinska, persona di una virtù esemplare che, a causa di ciò, ordiva ogni sorta di trame e sabotaggi nei confronti delle concubine, fingendo di non vedere, cercando di non ricambiare le formalità, di non visitarle, di non informarsi sulla loro presenza a Corte. L’altra corrente era sostenuta dall’empio Voltaire, dagli enciclopedisti, da ogni sorta di gente vile, per compiacere il Re ma, soprattutto, per far avanzare la depravazione nella corte francese, che era alla testa di tutto il popolo di Francia. Tutta la famiglia reale era contro le concubine. A capo di questa “congiura” anti-concubine, quindi di spirito contro-rivoluzionario, c’erano il figlio del Re, il delfino Luigi, sua moglie Maria José di Sassonia, e anche le figlie del Re, le Mesdames de France.

Ma accade che, per motivi ai quali il sospetto di omicidio non è estraneo, il delfino Luigi morì con trentasei anni, seguito poco dopo da sua moglie, e le figlie del Re rimasero sole a capeggiare il partito contro-rivoluzionario, naturalmente con molto meno forza rispetto all’erede al trono, che era un uomo molto pio e di buoni costumi.

les era un crogiolo, dove a fianco delle virtù più ammirevoli si sviluppavano anche i vizi più abominevoli. Cosa c’era nell’ambiente di Versailles, nella sua architettura, nell’atmosfera della Corte che produceva allo stesso tempo effetti tanto opposti? Questo è un punto di partenza per una critica all’Ancien Régime che sarebbe molto interessante fare.

L’idea di Madame Louise di andare in convento era molto bella. Sapeva che avrebbe pregiudicato la resistenza a Corte, perché sarebbero rimaste appena le sorelle a guidare il buon partito. Lei, però, capiva molto bene che la preghiera e la penitenza valgono molto di più dell’azione. Capiva che un esempio vivo vale molto più di mille parole, di mille contatti, di mille rapporti sociali. Madame Louise volle dare al mondo di quel tempo, e in modo speciale alla corte francese, una lezione che li scuotesse.

Bisogna conoscere Versailles per comprendere fin dove arrivò la raffinatezza della corte francese. Non esisteva un solo dettaglio dell’architettura, dei mobili, della decorazione, non c’era un solo dettaglio dell’etichetta di Corte, dello stile di vita dei principi, che non rappresentasse la raffinatezza più squisita e più elevata Luigi XV – il ladell’arte del vivere bene. scivo, l’immondo – ebbe Il gusto era portato al due discendenti che gomassimo grado. La musica Venerabile Clotilde di Savoia, dono oggi degli onori degli nipote di Luigi XV, era magnifica, la tavola sumoglie di Carlo Emanuele IV altari: una figlia, carmeliperba, il conforto straordire di Sardegna tana illustre, della quale nario, la bellezza incomstiamo parlando, e una niparabile, lo splendore della pote che fu duchessa di Savita meraviglioso. La vita di una principessa a Vervoia e regina di Sardegna, la venerabile Madame sailles era quanto di più affascinante, di più conforClotilde, moglie di Carlo Emanuele IV. Una dopo tevole, di più opulento si possa immaginare. Perfino l’altra capeggiarono la reazione contro l’impurità a le più grandi imperatrici del passato si sarebbero senVersailles. Madame Louise era la colonna della rea- tite rozze a confronto con una principessa francese zione contro-rivoluzionaria a Corte, stimolando la dell’Ancien Régime. nobiltà alla pratica della virtù e, nel contempo, rideEbbene, Madame Louise di Francia volle dare stando i destini del Regno. un esempio: abbandonare quello stile di vita per anVedete dunque fiorire a Versailles, allo stesso dare a seppellirsi in un Carmelo, con uno stile comtempo, un cumulo di vizi e un’auge di virtù. Versail- pletamente opposto. Immaginatevi i tessuti di seta, i TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 23


Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

Suor Teresa di Santo Agostino in abito carmelitano. A dx., mentre riceve il padre, Luigi XV

broccati, i pizzi che lei vestiva, e comparateli con l’abito di lana grezza di una carmelitana. Immaginate i piatti d’oro, i vassoi d’argento, le porcellane di Sèvres, le tazze di cristallo, a confronto dei piatti e i bicchieri in creta.

Immaginatevi la stanza della principessa, il suo letto magnifico, a confronto del letto di legno nella cella di una carmelitana, alla quale non era concesso avere nemmeno una panca. Immaginatevi i saloni di Versailles e comparateli con il convento, dove non c’erano nemmeno sedie perché la carmelitana si siede sui propri talloni. Immaginatevi la mensa a Versailles, il fiore all’occhiello della gastronomia francese, vertice della gastronomia mondiale, e considerate i digiuni, le penitenze, le mortificazioni di una carmelitana.

Tutto ciò è nulla in confronto al seguente aspetto: la principessa era abituata a impartire ordini, a stare in prima fila in ogni circostanza. Passare da questa situazione a quella di una carmelitana, paragonabile a una schiava, senza una volontà propria, 24 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017

non potendo fare ciò che voleva perché aveva consegnato la propria volontà nella mani della Superiora. Immaginatevi una principessa che, in obbedienza, lavava il pavimento, raccoglieva la spazzatura, cuciva, rammendava…

Potete immaginare come tutto questo scosse l’Europa di quel tempo. Avete sentito che Papa Clemente XIV scrisse una lettera a Madame Louise in cui si rallegrava che il suo pontificato fosse stato glorificato con un tale avvenimento. L’esplosione che questo fatto produsse a Versailles fu immensa: un pugno in faccia all’empietà! Da questo momento, l’empietà cominciò a languire, non riuscì più a risollevare la testa, perché demoralizzata. L’esempio era stato troppo forte. Nel Carmelo, suor Teresa di Santo Agostino avrebbe potuto facilmente scegliere di vivere nella tranquillità della clausura. Tuttavia, non lo fece. Il biografo menziona, senza darne dettagli, che lei continuò a intervenire negli affari del Regno, e soprattutto in quelli ecclesiastici. A quel tempo il Re aveva


il diritto di proporre al Papa la nomina dei vescovi, aveva quindi un’ampia ingerenza negli affari ecclesiastici. Madame Louise di Francia era a conoscenza, sin nei minimi particolari, attraverso i suoi informatori, di tutto quanto accadeva a Corte. E non mancava mai di intervenire con il Re quando questi sbagliava mossa. La sua azione continuò sotto Luigi XVI.

Per capire chi fu Luigi XVI, basta guardare la sua faccia in questo eccellente dipinto, nel quale è rivestito con l’abito della consacrazione. Il mantello è superbo, l’abito è magnifico, il velluto è stupendo, la posa è stilizzata, di un’eleganza regale e di una forza senza pari. La faccia è di un idiota... Basta fissarla per capire il perché di tutte le follie che quest’uomo commise durante il suo regno e che condussero la Francia fin dove è arrivata. Ciononostante, Luigi XVI venerava sua zia, e quando lei gli mandava messaggi, frequentemente cambiava orientamento. Madame Louise lottava per allontanare gli empi anche dalla Chiesa. Voi sapete che, quando scoppiò la Rivoluzione Francese, c’erano quattro vescovi rivoluzionari che non si vergognavano di dichiararsi atei. Uno di loro era il famoso Talleyrand (1). Madame Louise si sforzava enormemente di difendere la religione, cercando in questa maniera di evitare la tempesta che vedeva approssimarsi. La Francia, però, scivolava sulla via del crimine e non si fermava davanti a nessuno. Il primo sangue regale che la Rivoluzione versò non fu quello di Luigi XVI. C’è il forte sospetto che il delfino Luigi, padre di Luis XVI, sia stato avvelenato. Poco dopo moriva anche sua moglie in modo sospetto.

potere, fece tremare la Rivoluzione, la quale avvertì la necessità di avvelenarla per poter andare avanti. La sua vita fu offerta in olocausto alla Francia. Fu la fine gloriosa di una principessa, degna sotto ogni aspetto di essere considerata figlia di San Luigi IX. *

*

*

A cosa è valsa l’esistenza della venerabile Louise di Francia? Qualcuno potrebbe obiettare: “La Rivoluzione scoppiò, il trono cadde, il laicismo entrò in Francia, l’egualitarismo invase il Paese avviando una lenta corrosione che oggi lo prepara per il comunismo. Vita persa, sforzi vani, speranze smentite”. Quanto è sbagliata una tale considerazione!

Gli storici concordano nel dire che la reazione cattolica dinanzi alla Rivoluzione francese fu sorprendente. Riconoscono che la guerra dei vandeani fu degna di ammirazione. Mostrano sorpresa di fronte all’elevato numero di vescovi e sacerdoti che si negarono a prestare il Giuramento civile. Leg-

Ci sono poi tutti gli elementi per sospettare che Madame Louise sia stata assassinata (2).

L’empietà gridava che i re erano cattivi ma, allo stesso tempo, allontanava dal trono gli uomini virtuosi e santi. È questa l’ipocrisia della Rivoluzione. E li allontanava perché prevedeva che potessero ostacolarla. Ecco la gloria di Madame Louise: seppellita nel profondo di un Carmelo, era talmente attiva che la Rivoluzione la temeva. Una semplice carmelitana, spogliata di tutti gli onori, di tutte le prerogative, di ogni “Sono convinto che l’immolazione di Madame Louise non sia estranea alla grazia che suscitò la Contro-Rivoluzione in Francia e, poi, nel mondo intero” A dx., Henri de la Rochejacquelein, comandante dell’Armée Catholique et Royale

TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 25


Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

“Esiste una genealogia spirituale di cattolici che hanno combattuto la Rivoluzione: da Madame Louise ai vandeani, poi agli ultramontani, e dagli ultramontani alla TFP”

gendo con attenzione certi storici anticattolici, possiamo scorgere fra le righe un senso di sgomento: la reazione contro la persecuzione religiosa fu molto più forte rispetto a quella suscitata dalla persecuzione contro la monarchia. Alcuni riconoscono che fu un errore della Rivoluzione francese aver attaccato simultaneamente la monarchia e la religione. Sarebbe stato più intelligente, dicono, costruire la repubblica senza perseguire la religione, con la quale avrebbero fatto i conti dopo. In altre parole, dividere per dominare.

A cosa dobbiamo attribuire questa rinascita religiosa? Sono convinto che l’immolazione di Madame Louise di Francia non ne fosse estranea. La morte dei giusti è preziosa agli occhi di Dio. Sono convinto che, nell’ordine della comunione dei santi, la morte di Madame Louise avesse un grande peso. E la sua vita era già stata di un così grande peso davanti agli uomini.

Ci fu la contro-rivoluzione dei vandeani. Grazie a questa, nacque il movimento ultramontano francese nel secolo XIX. Il suo spirito raggiunse poi il mondo intero, spargendosi come un profumo eccellente in tutta la Chiesa. Arrivò anche in Brasile. Fu proprio questo profumo che io incontrai nella mia infanzia, negli ambienti in cui nacqui. Ne fui affascinato, estasiato, entusiasmato. E feci il proposito di raccogliere nella mia anima, nella mia intelligenza, nella mia volontà, nella mia sensibilità, tutte le vestigia ancora pulsanti dello spirito ultramontano. 26 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017

Esiste una genealogia spirituale di cattolici che hanno combattuto nella corte francese contro l’influenza della Rivoluzione, alla cui testa c’erano Madame Louise e poi Madame Clotilde; da loro ai vandeani, da questi agli ultramontani e dagli ultramontani alla TFP. Un poco delle lacrime di Madame Louise – e soltanto Dio sa se siano state poche – le ritroviamo nelle enormi grazie che abbiamo ricevuto nel movimento ultramontano brasiliano, da cui è nata la TFP.

Ragione per la quale è più che giusto che noi la ricordiamo questa sera con emozione e con rispetto. E che chiediamo a lei, come anche a Madame Clotilde, cosi come a tutti coloro che pregarono, soffrirono, combatterono e morirono per la sconfitta della Rivoluzione francese prima che questa si manifestasse, mentre questa durò e dopo che essa iniziò a espandersi in tutto il mondo, che ci ottengano la grazia di un fervore straordinario, di uno spirito di militanza acceso, di una compenetrazione suprema con lo spirito della Contro-Rivoluzione. (Riunione per soci e cooperatori della TFP brasiliana, 22 dicembre 1966. Tratto dalla registrazione magnetofonica, senza revisione dell’autore) 1. Principe Charles Maurice de Talleyrand-Périgord (1754-1838). 2. Quello che per Plinio Corrêa de Oliveira era una certezza morale, oggi è un fatto storicamente comprovato. Si veda: Monastero Carmelitano di Concenedo, «Dalla Reggia al Carmelo – Louise di Francia», Mimep-Docete, Pessano con Borgano 2002.


Nobiltà e santità

La venerabile Maria Clotilde di Savoia, Regina di Sardegna

M

aria Clotilde Adelaide di Borbone nacque a Versailles il 23 settembre 1759. Era figlia del Delfino Luigi, e quindi nipote di Luigi XV. A Corte, la principessina era come un raggio di luce. Scrivendo a sua madre, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, la regina Maria Antonietta, cognata di Clotilde, si espresse così: “Clotilde è la dolcezza fatta persona, sensibile e sempre con un sorriso sulle labbra”. Era anche molto pia. A tre anni, leggeva ogni giorno il Catechismo. Quando sua zia, Madame Louise, abbandonò la reggia per il convento, manifestò il desiderio di imitarla. La Provvidenza, però, aveva altri progetti.

Nel 1775 sposò Carlo Emanuele di Savoia, Principe del Piemonte, e si trasferì a Torino. Le memorie dell’epoca sono unanimi nel segnalare la sua grande raffinatezza, unita a una non meno grande umiltà e spirito di mortificazione. Quando la giovane principessa usciva in carrozza per le strade della città, il popolo la acclamava: “Ecco che passa la nostra santa!”. Suo marito, anche lui uomo molto pio, chie-

deva alle persone di affidarsi a lei poiché “è illuminata e sostenuta dal Cielo”. A ventiquattro anni, avendo ormai perso qualsiasi speranza di avere un figlio, d’accordo col marito, fece un voto perpetuo di castità.

“Tanta spiritualità in una principessa e regina non ci deve meravigliare – scrive un biografo della santa, P. Giovanni Parisi – l’alta aristocrazia e la nobiltà in generale conservano, anche nel fausto indispensabile alla vita di Corte, integri i principi di moralità, rettitudine e devozione per la Chiesa. Ciò è largamente dimostrato dal lungo elenco dei santi e beati delle case reale d’Europa. A questo riguardo, Casa Savoia non è affatto fra le ultime”.

La via crucis della principessa iniziò nel 1789. La Rivoluzione francese cominciò a perseguitare la sua famiglia e a lavorare per la rovina della monarchia. Profondamente devota e fedele al Trono, Clotilde soffriva sulla propria carne gli assalti dei giacobini in Francia. Ricevuta la notizia dell’esecuzione del fratello, re Luigi XVI, si ritirò alla sua abi-

Palazzo Reale, Torino TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 27


Nobiltà e santità A sin., Carlo Emanuele IV, Re di Sardegna Sotto, in abiti gesuiti quando viveva nella chiesa di Sant’Andrea al Quirinale

francescano. Papa Pio VII la dichiarò “Venerabile” nel 1808. Il suo processo di beatificazione andò avanti veloce fino a che, nel 1854, fu interrotto per motivi politici riconducibili al ruolo che Casa Savoia ebbe nell’unità d’Italia.

La causa fu ripresa nel 1972. Dieci anni dopo, il Vaticano promulgò il decreto sull’eroicità delle sue virtù, aprendo quindi la strada per la sua beatificazione. Il prof. Plinio Corrêa de Oliveira era membro del Comitato d’Onore per la beatificazione di Maria Clotilde di Savoia, che raccoglie illustri membri della nobiltà partenopea.

tazione per piangere da sola. Pochi mesi dopo, la notizia della morte della cognata Maria Antonietta, e poi della sorella Madame Elisabeth, la prostrarono nel più profondo dolore.

Nel 1796 morì Vittorio Amedeo III e la pia coppia salì sul trono del Regno di Sardegna, scosso per i contraccolpi della Rivoluzione francese. Carlo Emanuele scampò miracolosamente a diversi attentati. L’8 dicembre 1798, cedendo alle logge liberali e alla minaccia delle truppe rivoluzionarie francesi, Carlo Emanuele IV dovette abdicare e lasciare la capitale nel bel mezzo dell’inverno, dopo aver messo in luogo sicuro la Sacra Sindone. A Firenze, trovò Papa Pio VI, anche lui sulla via dell’esilio dopo la proclamazione delle Repubblica romana. Cadendo ai piedi del Pontefice, il Re esclamò: “Santo Padre, benedette le nostre sciagure che ci hanno portato ai piedi del Vicario di Cristo!”.

L’esilio finì a Napoli, dove la reale coppia fu accolta da Re Ferdinando, rientrato nella sua capitale dopo i moti rivoluzionari che lo avevano costretto a rifugiarsi a Palermo. Anche i napoletani cominciarono a venerare Maria Clotilde come santa, chiamandola “il nostro angelo”. Indebolita fisicamente, intimamente scossa nel vedere la vecchia Europa naufragare nella voragine rivoluzionaria, la regina rese l’anima a Dio il 7 marzo 1802. Aveva appena quarantadue anni. Fu seppellita nella chiesa di Santa Caterina a Chiaia, retta dal Terz’Ordine Regolare 28 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017

Dopo la morte della moglie, Carlo Emanuele IV si recò a Roma, e visse una vita di nascondimento e di pietà presso i gesuiti della chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, dove morì e fu sepolto nel 1819.


Centenario di Fatima

Fatima: la Lourdes portoghese

di João Alves

TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 29


Centenario di Fatima

P

Nel numero di giugno abbiamo parlato di un aspetto poco conosciuto delle apparizioni della Madonna di Fatima: le fonti miracolose.* Molti lettori ci hanno scritto per saperne di più.

er soddisfare il bisogno di acqua potabile, nel 1921 il vescovo di Leiria ordinò che fosse scavato un pozzo di fronte alla capelinha costruita sul luogo delle apparizioni della Madonna. Contro ogni attesa – il luogo era, infatti, arido – l’acqua sgorgò abbondante e cristallina. Si parlò di miracolo. Nel 1922, per raccogliere l’eccesso di acqua invernale, si trivellò un secondo pozzo. Sorpresa! L’acqua zampillò pure da questo pozzo. Oggetto di devozione popolare per decenni, le fonti miracolose di Fatima man mano scomparirono, inghiottite dal moderno impianto architettonico. Oggi ne restano appena un paio di rubinetti ai piedi della statua del Sacro Cuore.

Essendomi stato richiesto di darne più informazioni, le traggo direttamente dall’opera «Documentação Crítica de Fátima - Seleção de documentos (1917-1930)», messa online dallo stesso Santuario. Si tratta di una raccolta di documenti dell’epoca.

“In un raggio di molti chilometri da Fatima, non si era trovata nemmeno una goccia d’acqua, oltre a quella piovana, insufficiente per i bisogni dei pellegrini. Dietro ordine del vescovo, un gruppo di abitanti del paese iniziò a sondare il terreno adiacente alla cappella. Il primo sondaggio fu fatto il 9 novembre 1921, dopo una Messa campale. Avendo iniziato i lavori la

mattina, già a mezzogiorno i lavoratori poterono saziare la sete con l’acqua che sgorgò abbondante dalla roccia viva. (…) “Nel 1922 si scavò un secondo pozzo a fianco al primo, per ricevere le acque in eccesso che, in inverno, traboccavano. Cosa sorprendente! Era estate, non avrebbe dovuto esserci acqua in eccesso. Eppure, appena terminato il pozzo, zampillò così tanta acqua che lo riempì in un paio di ore.

“Molte persone che non credevano al carattere soprannaturale delle apparizioni, tra cui anche sacerdoti, rimasero allibite. Non potevano credere che da quella terra arida fosse sgorgata l’acqua, com’era apparsa a Lourdes nella grotta di Massabielle. L’avverarsi di un fatto che ritenevano impossibile scosse profondamente la loro incredulità. Molti diventarono devoti della Madonna di Fatima e apostoli ardenti del suo culto” (pp. 442-444).

“Se l’augusto Santuario di Fatima è stato, ormai da tredici anni, una fonte generosa di grazie e di benedizioni spirituali, non ha smesso di essere anche una fonte di salute per il corpo, una fonte inesauribile di guarigione veramente meravigliosa. Già all’epoca delle apparizioni, molti malati avevano recuperato la salute. Ma soprattutto dopo le apparizioni, e specialmente dal momento della comparsa della prima sorgente d’acqua, le cure straordinarie attribuite alla sua intercessione si moltiplicarono sorprendentemente, rendendo Fatima anche sotto questo punto di vista, una seconda Lourdes non meno meravigliosa della prima” (pp. 496-497). A sin., anni Trenta, i pellegrini si abbeverano alle fonti

Pagina precedente, il cardinale Cerejeira, Patriarca di Lisbona, fa il suo ingresso solenne a Fatima, il 13 maggio 1946 Al centro si vede la rotonda con le fonti miracolose 30 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017


Sin., anni Quaranta, le fonti erano ancora al centro della spianata Sotto, anni Cinquanta, con la costruzione del santuario, le fonti sono sparite

“Le cure avvengono durante o alla fine delle novene in onore della Madonna. Altre volte, avvengono dopo aver applicato sui malati terra del luogo delle apparizioni, oppure dopo l’uso, interno o esterno, dell’acqua della sorgente di Cova da Iria. Molti pazienti di entrambi i sessi e di tutte le età e condizioni, ormai ritenuti incurabili, le cui malattie avevano resistito a ogni sorta di cure e trattamenti, hanno così recuperato la salute, talvolta in pochi giorni o in poche ore, oppure improvvisamente. Queste cure hanno avuto un’enorme ripercussione in tutto il paese e anche all’estero” (p. 498). Seguono tre pagine con l’elenco di trentanove persone guarite, con tanto di attestato medico, relativo al periodo 1924-1929. Menziono un paio di casi: “10° caso: Maria Augusta Dias, di Alter do Chão (Alentejo). Atrofia dei nervi ottici, con un occhio completamente cieco e l’altro appena capace di percepire la luce, ritenuta incurabile dai più celebri specialisti di Lisbona. Guarigione immediata, 13 marzo 1929. (…)16° caso: Emília de Jesus Marques, di Lousada. Paralisi completa del braccio e gamba sinistra. Attestato del dott. Joaquim Hermano Mendes de Carvalho, 13 agosto 1929”.

Le guarigioni miracolose a Fatima richiamarono perfino l’attenzione della politica. Il Portogallo era allora governato da una classe dirigente voltairiana e massonica, che perseguitava la devozione alla Madonna di Fatima. Il 18 maggio 1923 un’intera sessione del Senato fu dedicata all’analisi degli avvenimenti a Fatima. Nel suo intervento, il senatore liberale Dias Andrade si scagliò contro “gli stregoni della regione” che “guariscono con l’uso di acqua benedetta”. Ovviamente si riferiva all’acqua delle fonti. Tuttavia riconobbe che i pellegrinaggi attiravano più di centomila persone il 13 di ogni mese. Egli finì il

discorso proclamando: “Non dobbiamo avere paura dell’acqua benedetta!”. Gli atti della sessione furono trasmessi al Presidente (pp. 283.286).

Per non restare indietro, il 1° giugno 1923, un gruppo liberale distribuì nelle piazze di Lisbona un pamphlet con siffatto tenore: “Andiamo, liberali! Non dobbiamo cedere all’apatia criminale. Dobbiamo senza indugio combattere, non il sentimento religioso del popolo portoghese, razza di eroi, ma lo sfruttamento che il clericalismo sta realizzando del popolo, facendolo bere un’acqua ritenuta miracolosa, ma in realtà acida, sporca, piena di pus e di microbi pestiferi. E dicono che i pazienti lasciano lì le piaghe dopo il lavaggio!” (p. 289).

Come ho accennato sopra, di queste fonti miracolose oggi c’è poco più del ricordo, appena un paio di rubinetti che i turisti assetati prendono d’assalto come se fosse un servizio in più. Ed io mi domando: quale motivo avrà portato i successivi responsabili del Santuario a silenziare un aspetto talmente potente e apostolico delle apparizioni della Madonna a Fatima? * João Alves, Un aspetto poco conosciuto di Fatima: le fonti miracolose, “Tradizione Famiglia Proprietà”, giugno 2017, pp. 38-39. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 31


Centenario di Fatima

Zagabria: Cento anni di Fatima

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avanti a un attento auditorio di quasi duecento persone, si è realizzato a Zagabria il convegno “Cento anni delle apparizioni di Fatima: tragedia o speranza?”. Organizzato dalla Fondazione Vigilare, consorella croata delle TFP, e dall’Istituto Mariano croato della Facoltà teologica cattolica dell’Università di Zagabria, l’evento ha avuto luogo nell’auditorio dell’Istituto Pastorale, annesso alla Curia diocesana. Una statua della Madonna di Fatima, portata a spalla da un gruppo di giovani volontari di Vigilare, ha presieduto la sessione, aperta da canti mariani eseguiti dal coro della Cattedrale. Presentato da Vice Batarelo, presidente di Vigilare, ha aperto i lavori S.E. Mons. Walter Zupan, vescovo emerito di Krk. “Non pensate che il messaggio di Fatima sia una cosa del passato – ha esordito il presule – finché non avvenga il trionfo del Cuore Immacolato di Maria la profezia non può essere considerata compiuta”. Ha quindi preso la parola Fr. Ivan Karlić, direttore dell’Istituto Mariano. Con solida base teologica, il religioso francescano ha spiegato un punto centrale del messaggio di Fatima: la visione dell’inferno.

Il salesiano don Damir Stojic, animatore di gruppi giovanili e parroco a Zagabria, ha toccato un tema di grande attualità: “Sono già finiti gli errori della Russia?”. La risposta è, ovviamente, no. Al comunismo sovietico è subentrata la rivoluzione cultu32 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017

rale, che fa tante o più stragi del bolscevismo. Una realtà che egli deve affrontare ogni giorni, specie con i giovani.

Citando estesamente Papa Benedetto XVI, Suor Nela Gaspar, docente di teologia dogmatica alla Facoltà teologica, ha dimostrato come siamo nel bel mezzo del compimento della profezia della Madonna.

L’intervento principale è stato affidato a Julio Loredo, presidente della TFP italiana. Dopo aver spiegato il senso teologico di una apparizione della Madonna – una rivelazione privata a carattere profetico – Loredo è entrato nell’analisi del messaggio della Madonna, con speciale enfasi nel segreto: un messaggio di avvertimento per i peccati dell’umanità seguito da un richiamo alla conversione. Alla luce del messaggio stesso, la conversione richiesta dalla Madonna assume un carattere concreto: “Oltre il suo significato generico, valido per tutti i popoli in tutti i tempi della storia, la conversione a cui la Nostra Signora di Fatima chiama l’umanità assume oggi un carattere molto specifico: la conversione delle anime individuali, rifiutando lo spirito rivoluzionario dell’egualitarismo e del liberalismo; e la conversione della società, rifiutando il processo rivoluzionario e avanzando, invece, verso il ripristino della civiltà cristiana”.


Civiltà Cristiana

La donna nel Medioevo: regina non solo del focolare di Raffaelle Citterio

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Tra le tante bufale sulla Cristianità medievale vi è quella di una supposta situazione d’inferiorità della donna. Niente di più lontano dalla realtà. La sottomissione della donna è cominciata con la modernità.

ra le tante bufale sulla Cristianità medievale vi è quella di una supposta situazione d’inferiorità della donna. La donna soggiogata dal marito, intenta esclusivamente ai lavori domestici e a fare figli, senza presenza sociale né, tantomeno, politica. Insomma, una cittadina di seconda classe in una società dominata dai maschi. Ogni anno, in occasione della Giornata internazionale della donna (8 marzo), abbondano le esclamazioni del tipo: “Meno male che abbiamo ormai superato tutti quei preconcetti medievali!”. Ovviamente, attribuiscono alla modernità il merito di aver “liberato” la donna da una tale sudditanza.

Il fatto è che gli studi storici sulla situazione della donna nel Medioevo sono assai recenti. Fino agli anni Settanta, infatti, in assenza di studi autorevoli, il mito della modernità “liberatrice della donna” faceva da padrone, perfino in ambienti accademici. Una delle prime a studiare la situazione della donna nel Medioevo è stata la storica francese Régine Pernoud (1909-1998). Curatrice degli Archives nationales e del Musée de l’Histoire de France, Pernoud ha potuto consultare i documenti originali, producendo nel corso della sua carriera ben cinquantatré libri e centinaia di testi accademici. Prendo spunto dal suo

libro «Pour en finir avec le Moyen Âge» (Éditions du Seuil, Paris 1977).

Pernoud apre, polemicamente, ricordando che nel Medioevo le regine di Francia erano incoronate a Reims, dalle mani dell’arcivescovo, nella stessa cerimonia del marito. Non venivano incoronate “Regina consorte”, bensì “Regina di Francia”. L’ultima a essere incoronata in questo modo fu Maria de’ Medici, nel 1610, e non a Reims. “Lungo il secolo XVII – scrive Pernoud – la figura della Regina man mano sparisce, sostituita con quella della favorita. Basti evocare il destino di Maria Teresa o di Maria Leszcynska. E quando l’ultima Regina ha voluto riprendere una parcella del potere, glielo hanno fatto pagare carissimo. Si chiamava, infatti, Maria Antonietta”.

Una società fondata sulla famiglia

La società medievale era fondata sull’istituzione della famiglia. “Per capire veramente la società medievale – afferma Pernoud – bisogna studiare l’organizzazione della famiglia: è questa la chiave del Medioevo, ed è la sua caratteristica più originale”. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 33


Civiltà Cristiana Nel Medioevo, donne come Bianca di Castiglia, Regina di Francia, hanno dominato il proprio secolo A sin., Bianca educa il figlio, futuro Re san Luigi IX

Diritto romano

Lungo il Medioevo, le varie funzioni famigliari sono man mano evolute fino a diventare cariche pubbliche. Per esempio, l’economia della famiglia era mantenuta dalla moglie, che faceva i conti su un tavolo diviso in riquadri, chiamato scacchiere: le linee per le entrate, le colonne per le uscite. L’economia della famiglia si identificava con quella del feudo. Era, dunque, spesso la donna a gestire le finanze feudali. Da qui proviene la figura del Ministro delle Finanze, che in Inghilterra si chiama tuttora Cancelliere dello Scacchiere (Chancellor of the Exchequer).

Così come in una famiglia, in assenza del marito è la moglie che tiene la casa, in assenza del signore feudale era la signora che governava il feudo. “Le nobildonne nel Medioevo – scrive Pernoud – esercitavano il potere senza contestazione. Molte avevano il proprio gabinetto di assistenti, il proprio cancelliere, il proprio segretario delle finanze e via dicendo”. Nel caso delle mogli di grandi feudatari, questo governo poteva assumere proporzioni molto importanti. Ecco perché donne come Eleonora d’Aquitania o Bianca di Castiglia hanno potuto dominare il proprio secolo. È solo dal Cinquecento che le donne hanno cominciato a perdere il diritto a governare, riconquistato solo nel secolo XX. Oggi ci meravigliamo di una Theresa May o di una Angela Merkel. Nel Medioevo cristiano, ciò era assolutamente normale. 34 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017

La Pernoud attribuisce la perdita di rilevanza pubblica della donna, fra le altre cause, all’introduzione del Diritto romano con l’Umanesimo. Nel Diritto romano, la situazione della donna era limitata da una lunga serie di divieti. La supremazia maschile era totale: dalla gestione del patrimonio, all’educazione dei figli alla conduzione della res pubblica. Era un diritto diverso da quello consuetudinario medievale, creatosi organicamente. “L’influenza della donna – secondo Pernoud – diminuisce parallelamente all’introduzione del Diritto romano”. Non è coincidenza che le prime leggi che coartavano i diritti delle donne in Francia siano state emanate da un Re ritenuto precorritore della Modernità: Filippo il Bello. Quello che, con lo schiaffo di Anagni, ha distrutto l’ordine medievale.

La diffusione del Diritto romano ha anche modificato profondamente il concetto di proprietà. Nel Medioevo la proprietà era cumulativa e feudale. I giuristi, invece, hanno introdotto il concetto romano di ius utendi et abutendi, in contraddizione col diritto consuetudinario. Nel Medioevo, il genitore aveva l’amministrazione dei beni famigliari, non la proprietà, che restava sempre con la famiglia. Per esempio, egli non poteva diseredare i propri figli. Nel caso di morte senza eredi diretti, le proprietà passavano per parti uguali alla famiglia paterna e a quella materna. Nel Medioevo, la maggior età era di dodici anni per le ragazze e quattordici per i ragazzi. Nel secolo XVI, in Francia la maggior età viene fissata ai venticinque anni, come nella Roma antica. “Ciò ha costituito una regressione – constata Pernoud – mentre che nel diritto consuetudinario i ragazzi e le ragazze acquisivano precocemente una certa autonomia, adesso restano sotto l’autorità paterna fino all’età adulta. La stessa gestione della proprietà diventa sempre più un monopolio del padre”. L’ultimo chiodo sulla bara lo mette il Codice Napoleonico.


Nel Medioevo molte donne gestivano in proprio attività commerciali, senza obbligo di autorizzazione né del padre né del marito A dx., illustrazione di Les femmes artistes du Moyen Âge

Favorendo i proprietari, soprattutto terrieri, il Diritto romano facilitò anche la centralizzazione del potere. Il primo a introdurre lo studio del diritto romano fu l’imperatore Federico II, nell’Università di Napoli, l’unica che i suoi sudditi italiani fossero autorizzati a frequentare. In Francia il Diritto romano si diffonde soprattutto dal Meridione, precocemente influenzato dall’Umanesimo.

La Chiesa ostile alla donna?

Mentre che nel Medioevo la donna poteva scegliere il proprio nome, dal secolo XVII è costretta ad assumere quello del marito. Il consenso paterno per il matrimonio diventa obbligatorio dalla fine del secolo XVI. È vero che molti matrimoni erano combinati, specie nelle grandi famiglie, ma ciò per motivi superiori: sigillare un trattato di pace, unire due feudi, ravvicinare due famiglie e via dicendo. In ogni caso, rileva Pernoud: “Una potenza ha sempre lottato contro i matrimoni imposti: la Chiesa. Mentre moltiplicava i casi di nullità nel Diritto Canonico, richiamava la libertà di scelta per i matrimoni. È un fatto storico che la diffusione della libera scelta del proprio coniuge coincide con la diffusione del cristianesimo. Perfino oggi, i paesi di tradizione cristiana si vantano di tale libertà, mentre che essa manca totalmente nei paesi musulmani e orientali”.

La Chiesa ha onorato le donne sin dall’inizio. I primi martiri venerati non erano uomini bensì donne. Alcune sono menzionate perfino nel Canone della Messa tridentina. Risale all’inizio del III secolo la prima raffigurazione della Madonna col Bambino, nelle catacombe di Priscilla. Poi, se c’è una devozione che abbia caratterizzato il Medioevo, è proprio quella della Madonna, alla quale sono state dedicate molte chiese e cattedrali. Régine Pernoud ricorda, poi, che nel Medioevo molte donne hanno esercitato un potere considerevole nella Chiesa. Per esempio, molte Badesse erano anche “signori” feudali. Alcune portavano il pastorale e la croce pettorale, come un vescovo. In alcuni ordini religiosi misti, cioè con rami maschili e fem-

minili, a volte erano le badesse ad avere il potere anche sul ramo maschile. Cosa assolutamente impensabile ai giorni nostri.

A partire del secolo XVI, avanzando sulla strada della centralizzazione politica, i Re di Francia iniziano a prendere in mano la nomina degli abati e delle badesse, cancellando in pratica l’autonomia dei monasteri. Col risultato che, con l’eccezione delle Carmelitane e delle Clarisse, verso la fine dell’Ancien Régime, gli ordini femminili erano diventati luoghi di socializzazione.

Nel Medioevo non era diffusa la clausura, cioè la separazione dal mondo. I monaci e le monache intervenivano normalmente negli affari temporali. Fu solo alla fine del secolo XIII che papa Bonifacio VIII impose la clausura ad alcuni ordini femminili, come le cisterciensi e le certosine.

Colpisce anche, secondo Pernoud, il numero di religiose altamente istruite, che avrebbero potuto rivaleggiare con le grandi intelligenze dell’epoca. In molte abbazie femminili si insegnava latino, greco ed ebraico. In altre si componevano opere di teatro o di letteratura. La badessa Hrotsvitha del monastero di Gandersheim, per esempio, ebbe una grande influenza sulla letteratura germanica medievale. I monasteri fungevano anche da scuole. Un decreto dell’imperatore Carlo Magno aveva, infatti, imposto che ogni chiesa e ogni monastero avesse una scuola pubblica e gratuita. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017 - 35


Civiltà Cristiana “Per capire veramente la società medievale bisogna studiare l’organizzazione della famiglia: è questa la chiave del Medioevo, ed è la sua caratteristica più originale”

Régine Pernoud

“feu”, cioè per focolare, rappresentato dal padre di famiglia. Normalmente era nominale, comprendendo quindi le donne, dalla maggior età che, come abbiamo visto, avveniva a dodici anni. Ciao ciao, dunque, al mito che il voto femminile e giovanile sia una conquista della modernità.

L’enciclopedia più consultata dagli eruditi nel Medioevo – l’Hortus deliciarum – è opera di una donna: la badessa Herrad di Landsberg. Altrettanto importante era l’opera di santa Hildegarda di Bingen. Notevole anche il numero di donne che, seguendo studi accademici, otteneva la laurea in teologia. Gertrude di Helfta, per esempio, celebrava in una lettera di essere passata da “grammarienne” a “théologienne”. “I monasteri femminili medievali – scrive la Pernoud – erano focolari di preghiera ma anche di scienza religiosa, di esegesi, di erudizione. Vi si studiavano tutte le materie del sapere religioso e profano”. E conclude: “Durante il periodo feudale, il posto della donna nella Chiesa era diverso da quello degli uomini, ma era eminente”.

Donne del popolo

La storica francese passa quindi a trattare la situazione della donna nelle classi più umili. Per questo si avvale dell’enorme massa di documenti di epoca che ha potuto consultare: memorie, lettere, atti notarili e giudiziari, ecc. E soprattutto le celebri Enquêtes ordinate da san Luigi IX, una sorta di censimento generale, che fornisce una “fotografia” assai fedele della società francese del secolo XIII: “È con documenti di questo tipo che, a mo’ di mosaico, possiamo ricostruire la vera storia”.

Il quadro che ne risulta è molto diverso dalla vulgata. Per esempio, i registri elettorali mostrano che le donne avevano diritto al voto, sia nelle assemblee cittadine sia nelle comunità rurali. Solo in pochissimi casi, secondo usanze locali, il voto era per

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Colpisce anche il numero di donne, anche sposate, che gestivano in proprio attività commerciali, senza obbligo di autorizzazione del padre o del marito. L’elenco delle professioni esercitate dalle donne è esteso: insegnante, farmacista, medico, sarta, copista, rilegatrice e via dicendo. Questo finisce nel 1593, quando un decreto del Parlamento proibisce alle donne la gestione di attività commerciali, nonché l’esercizio di qualsiasi funzione pubblica nello Stato. È ancora il Codice Napoleonico a mettere l’ultimo chiodo, togliendo loro anche il diritto di gestire il proprio patrimonio. Mentre nel Medioevo alcuni testi scolastici erano opere di donne, come quello di Dhouda, scritto nell’841, dal secolo XVII tutti i trattati di educazione sono scritti da uomini: da Montaigne a Rousseau.

La celebre storica francese chiude affermando: “Potrei moltiplicare all’infinito i casi che attestano la degradazione della situazione della donna dalla fine della società feudale”. Solo ai tempi nostri le donne hanno riavuto alcuni diritti di cui godevano nel Medioevo. Ma anche in questo caso, dice la Pernoud, è triste vedere che debbano lottare per acquisire per vie legali “diritti” che dovrebbero provenire dall’ordine naturale e consuetudinario. “D’altronde – conclude – è lecito domandarsi se le donne oggi non siano mosse da un’ammirazione, forse subcosciente e certamente eccessiva, del mondo maschile, che vogliono imitare a ogni costo. (…) A quelle che si vantano di ‘essere finalmente uscite dal Medioevo’ io dico: avete ancora molto da riprendere prima di ritrovare il posto che avevate ai tempi della regina Eleonora o della regina Bianca…”.


S

Natale!

e è vero che, in ogni epoca, il Santo Natale apre una schiarita di allegrezza e di pace nel duro affanno della vita quotidiana, ai giorni nostri la tregua natalizia assume un significato eccezionale perché equivale a un grande e universale sursum corda, proclamato a un’umanità tumultuata e sofferente, che s’inabissa acceleratamente nel caos della più completa dissoluzione morale e sociale.

Nelle varie sedi delle TFP e Associazioni affini, diffuse in tutto il mondo, il Natale è celebrato con grande gioia. Ogni TFP cerca di perpetuare le tradizioni natalizie del proprio Paese, in aperto contrasto col laicismo strisciante.

In occasione del Natale, la Fédération pro Europa Christiana, che raggruppa le TFP europee, realizza una “Portes Ouvertes” nella propria sede della a Creutzwald, in Lorena, sul confine con la Germania. Centinaia di persone partecipano alle celebrazioni che comprendono visite al presepio, conferenze su temi di attualità, concerti di musica natalizia, oltre a un ameno programma per i bambini, con tanto di distribuzione di regali da parte di “San Nicola”.


L

La raffigurazione più antica

a raffigurazione più antica della Vergine con il Bambino in braccio si può ammirare nella catacomba di Priscilla a Roma, in via Salaria. Il disegno, sulla parete, in colore sanguigno, si può far risalire all’anno 230-240. Emerge ben visibile la figura della Madonna, immortalata nella delicatezza del gesto materno di accogliere il Figlio al seno. Ella è coperta in testa da un manto e sembra indossare una stola. Di fianco ad Ella, alla sinistra di chi guarda, vi è ritratta una figura maschile, nell’atto di indicare la Stella, al centro della scena. Gli studiosi propendono verso l’ipotesi che costui sia un profeta (forse Balaam) in quanto, nell’iconografia della Natività, san Giuseppe appare in era successiva, a partire dalla prima metà del V secolo. Nella stessa catacomba troviamo la raffigurazione più antica dei Re Magi mentre portano i doni al Bambino Gesù, tenuto sulle ginocchia dalla Madonna. Da notare che già allora si riteneva che fossero rappresentanti di tre razze diverse.

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Il primo presepio L’amore di S. Francesco d’Assisi per Nostro Signore Gesù Cristo e il conseguente anelito di imitarLo in modo perfetto, conformando tutto il suo essere a quello del Divino Salvatore, erano tali che egli giunse ad assomigliarGli perfino fisicamente. Il suo era un amore fatto di tenera ammirazione, di profonda consonanza spirituale, intellettuale e perfino temperamentale. Questo portava il Poverello d’Assisi a voler non solo conoscere, amare e servire Gesù ma, possiamo dire, a voler quasi “sentirLo” in modo tangibile.

Proprio per poter vivere il Santo Natale in questa profondità, egli ebbe l’idea di riprodurre la scena di Betlemme nella città di Greccio. Siamo nell’anno 1224. Ecco come racconta l’episodio suo biografo fra’ Tommaso da Celano:

L

a sua (di s. Francesco) aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.

Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.

A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo

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realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.

C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

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E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.

Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati


cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.

Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole. Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa

discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.

Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima e santificazione del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.

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P

Arrivano gli zampognari! È Natale a Roma

di Alfredo Monteverdi

arlare delle tradizioni natalizie della città di Roma richiederebbe troppo tempo. La Città Sacra per eccellenza, la sede del Romano Pontefice, festeggia la Nascita di Nostro Signore in maniera solenne. Tutto il mondo segue e conosce la benedizione Urbi et Orbi che il Papa impartisce il 25 dicembre a mezzogiorno dal loggiato principale della Basilica vaticana. Tutti conoscono l’albero di Natale e il presepe che troneggiano nel centro di Piazza Sa Pietro, attorno all’obelisco.

Ma oltre a ciò, vi è forse un aspetto delle arcaiche tradizioni natalizie romane che non tutti hanno presente. Pensiamo ad esempio agli zampognari, detti anche “pifferari”. Si trattava di pastori che erano soliti cantare davanti alle

edicole sacre della città. In genere gli zampognari cantavano le cosiddette novene, per la durata quindi di nove giorni. Arrivavano a Roma il 25 novembre, giorno di Santa Caterina, e venivano invitati nelle case, dove ricevevano cibo e denaro. Spesso erano chiamati anche “orsanti”, perché si spostavano portando animali che danzavano, come orsi, scimmiette, cani o uccelli. La novena prevedeva un’introduzione, la cantata, la pastorale ed infine il saltarello. Nella Roma papalina, alcune famiglie erano per generazioni clienti abituali di zampognari. Purtroppo, con l’invasione e occupazione delle truppe sabaude, le autorizzazioni ai pifferari vennero negate e così la tradizione della novena scomparve, nonostante le proteste dei romani e dei giornali del tempo. Roma poi è anche la città dei presepi. Nella Basilica di Santa Maria Maggiore si conserva quello che viene ritenuto il presepio più antico fatto con statue. Si tratta di un’Adorazione dei Magi in pietra, opera di Arnolfo di Cambio su commissione di Papa Niccolò V nel 1288. Tuttavia, le origini di questo tipo di sacra rappresentazione risalgono al 432, quando Papa Sisto III creò nella primitiva basilica una “grotta della Natività” simile a quella di Betlemme. Non è un caso peraltro che proprio a Santa Maria Maggiore si veneri la Sacra Culla, ovvero la mangiatoia dove la Madonna depose il Bambino Gesù subito dopo la nascita.

Passando poi a tempi più recenti, non si può non ricordare il Presepe dei Netturbini, che alcuni chiamano anche Presepe dei Romani o Presepe dei Papi, uno dei più celebri di Roma. Giovanni Paolo II si recava a visitarlo ogni Natale e da quando, nel 1972, è stato allestito la prima volta, ha ricevuto oltre due milioni di visitatori. L’opera è composta di 100 casette tutte illuminate co-

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Roma, un presepio ambientato nella murgia materana

struite in pietra di tufo e sampietrini, 54 strade, 3 fiumi lunghi complessivamente 9,5 metri, 7 ponti e 4 acquedotti. L’acquedotto più piccolo è realizzato in tufo romano, gli altri tre con frammenti di marmo del colonnato e della facciata della Basilica di San Pietro donati nel 1979 dal cardinale Virgilio Noè in occasione del restauro del colonnato del Bernini. E ancora vi sono 4 sorgenti d’acqua, 2 pareti umide che formano stalattiti, 1 pozzo con acqua sorgiva, 730 gradini, dei quali oltre 400 realizzati con il marmo proveniente dal colonnato di San Pietro e i restanti con pietre della Birmania, di Betlemme e degli storici Santuari di Greccio e di San Giovanni Rotondo. Poi 24 grotte scavate nella roccia, adibite a stalle o ripari per i pastori con le loro greggi e a magazzini contenenti damigiane di vino e di olio; 50 sacchi colmi di cereali, sale e farina; 270 personaggi, 163 pecorelle, 12 cammelli, 8 asinelli, 8 buoi e 4 cani. Più un sistema che fa scendere gli angeli e alterna il giorno con la notte. Inoltre, sopra la grotta della Natività nel 2009 è stato collocato

un frammento del sacro Scoglio, ove Santa Rita da Cascia si inginocchiava in preghiera.

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I mille Natali delle Marche

di Federico Catani

N

elle Marche vi sono tanti modi di festeggiare il Natale. In ossequio allo stesso nome della Regione, declinato al plurale, le tradizioni natalizie, anche e forse soprattutto dal punto di vista gastronomico, variano non solo da provincia a provincia, ma da città a città e quasi da famiglia a famiglia. A tavola comunque, tra i piatti più diffusi c’è il brodetto di pesce, tipico dell’anconetano, per la sera della Vigilia, mentre per il pranzo della festa si mangiano cappelletti in brodo e cappone bollito.

Altra usanza che accomuna un po’ tutto il territorio è quella dei mercatini di Natale, che si svolgono nella molteplicità dei vari contesti paesaggistici marchigiani: dai castelli, come a Frontone o a Gradara (dove si consumò la triste vicenda di Paolo e Francesca raccontata da Dante nel Canto V dell’Inferno), ai borghi medievali dell’entroterra, sino ad arrivare al mare, come ad Ancona, Pesaro o Senigallia. Il brodetto marchigiano

Le città d’arte si illuminano a festa ed è un incanto contemplare le luminarie per esempio nei centri storici di Fermo o Ascoli Piceno.

Da qualche parte si accendono anche alberi di Natale particolari: a Castelbellino (Ancona) l’albero luminoso è disposto su tutta la superficie del lato a nord della collina del paese ed è il più grande albero natalizio delle Marche.

Un modo originale di prepararsi al Natale è poi la manifestazione “Candele a Candelara” (in provincia di Pesaro). Si tratta di un mercatino che si svolge… a lume di candela. Per alcuni giorni, di sera, a intervalli tutte le luci del piccolo borgo medievale si spengono lasciando il posto alle candele, creando così un’atmosfera suggestiva e unica, quasi un ritorno al passato, quando non esisteva l’illuminazione artificiale.

E poi non mancano i presepi viventi, secondo la più pura tradizione francescana, così radicata nelle Marche. Quello di Genga (provincia di Ancona), ad esempio, è per estensione il più grande al mondo; occupa infatti una superficie di circa 30.000 metri quadrati all’interno della Gola di Frasassi, dove si trovano le celebri Grotte, una delle mete turistiche più frequentate della Regione. L’idea di allestire il presepe risale al 1981. La rappresentazione sacra coinvolge ogni anno circa 300 figuranti che sono impegnati a far rivivere le tradizioni che hanno sostenuto ed animato la vita quotidiana di questo territorio, che peraltro ha dato i natali a papa Leone XII, che regnò dal 1823 al 1829. La manifestazione finora è stata visitata da oltre 380.000 persone. E se quello di Genga è il presepe vivente più grande al mondo

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Il mercatino di Natale a Gradara

per estensione, quello di San Severino Marche (Macerata) è probabilmente quello marchigiano più antico, perché venne allestito per la prima volta nel 1957. Degno di nota è inoltre il presepe vivente di Urbino, che ricrea la Natività inserendola nel contesto rinascimentale, di cui il Palazzo Ducale della

città è una delle più splendide testimonianze. Nell’ambito degli eventi della Festa del Duca d’Inverno, nella patria dei Montefeltro, oltre al presepe che ripropone l’ambiente del XV secolo, si svolgono anche rievocazioni storiche, sfilate, concerti, spettacoli di tamburi e fuochi e ovviamente i mercatini di artigianato.

Presepio vivente a Genga

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Il mondo delle TFP

I

Austria: centomila Rosari

n occasione del centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima, la campagna Österreich braucht Mariens Hilfe (l’Austria ha bisogno dell’aiuto della Madonna), della TFP austriaca, ha già distribuito centomila Rosari in tutto il Paese. L’iniziativa si prefigge favorire la recita del Santo Rosario, soprattutto nelle famiglie. Dalla capitale fino ai paesini sperduti sulle Alpi, le richieste di Rosari sono piovute, mostrando che gli austriaci non si sono dimenticati delle grazie elargite al loro Paese dalla Madonna di Fatima. Fu, infatti, grazie alla Madonna di Fatima, attraverso la Rosenkranzsühnenkreuzzug (Crociata riparatrice del Santo Rosario) che il Paese si liberò dai sovietici nel 1955. Un prodigio riconosciuto anche dalle autorità politiche.

Irlanda: contro le bestemmie

N

on contenti con l’introduzione dell’aborto e dell’ideologia del gender, i promotori della rivoluzione culturale stanno mettendo la scura alle radici del cattolicesimo in Irlanda. Come un’epidemia, si

sono moltiplicati gli spettacoli blasfemi, che fanno beffa di Nostro Signore, la Madonna, la Chiesa e i Santi. Immediata la reazione dell’Irish Society for Christian Civilisation, la TFP irlandese, che ha promosso una serie di manifestazioni pubbliche di protesta, davanti ai cinema e teatri che propongono tali spettacoli. È frequente che persone del pubblico si associno alla manifestazione. 46 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2017


Olanda: No alla islamizzazione della Polizia

P

er accogliere il crescente numero di musulmani, uomini e donne, che cercano lavoro con le Forze dell’Ordine nei Paesi Bassi, la Polizia ha varato una serie di norme “Muslimfriendly”, che vanno dalle divise islamiche al cibo speciale ad appositi luoghi di culto nelle caserme. In una lettera pubblica al Capo della Polizia Nazionale, Erik Akerboon, la TFP olandese ha manifestato perplessità di fronte all’islamizzazione delle Forze dell’Ordine, specie mentre si perseguita ogni esternazione di fede cristiana, come l’uso del crocifisso al collo. La lettera adesso sta raccogliendo l’appoggio del pubblico, avendo già raggiunto più di centomila firme.

Paraguay: No al gender

“R

ispettiamo la diversità, ma questo non significa che dobbiamo sostenere l’ideologia gender”. Con queste parole, il ministro dell’Istruzione del Paraguay, Enrique Riera, ha presentato un decreto ministeriale che vieta la diffusione di materiali didattici che contengano l’ideologia gender. L’ideologia gender, secondo il ministro, era stata introdotta nel Paese ai tempi del precedente governo del vescovo apostata Fernando Lugo, seguace della Teologia della liberazione. Questo in palese violazione dell’articolo 52 della Costituzione che recita: “L’unione nel matrimonio di un uomo e una donna è una componente fondamentale nella formazione di una famiglia”.

Adesso le cose sono cambiate. Una fortissima reazione popolare – alla quale ha partecipato attivamente la Sociedad Paraguaya de defensa de la Tradición Familia y Propriedad, ha indotto al governo a prendere misure per al difesa della famiglia paraguayana. Ciò si inserisce nella straordinaria reazione conservatrice che si fa sentire un po’ ovunque nell’America Latina, nella quale le TFP del continente sono fortemente impegnate.

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Adveniat regnum tuum

a

di Plinio Corrêa de Oliveira

on c’è essere umano più debole di un bambino. Non c’è dimora più povera di una grotta. Non c’è culla più rudimentale di una mangiatoia. Eppure quel Bambino, in quella grotta, su quella mangiatoia, avrebbe modificato il corso della storia!

Se è vero che, in ogni epoca, il Santo Natale apre una schiarita di allegria e di pace nel duro affanno della vita quotidiana, ai giorni nostri la tregua natalizia assume un significato eccezionale perché equivale a un grande e universale sursum corda, proclamato ad un’umanità in tumulto e sofferente, che s’inabissa acceleratamente nel caos della più completa dissoluzione morale e sociale.

La nostra epoca è come una valle oscura fra due sommità: la civiltà del passato, dalla quale siamo decaduti attraverso successive catastrofi iniziate con la Pseudo-Riforma e culminate con i totalitarismi di destra e di sinistra; e la civiltà del futuro,verso cui avanziamo. Proprio perché viviamo gli ultimi momenti di un mondo in agonia e già ne intravediamo le avvisaglie di un altro che sorge, la lezione del Natale assume per noi un significato profondo.

Secondo la testimonianza degli storici dell’Antichità, in un modo o nell’altro tutti i popoli gemevano per un Messia che avrebbe portato rimedio a un mondo ormai logorato. E così, come per l’umanità ai tempi di Augusto il rimedio non fu altro che Cristo, così ai nostri tempi è solo nella Chiesa Cattolica, il Corpo Mistico di Nostro Signore Gesù Cristo, che dobbiamo concentrare le nostre speranze. Se il mondo contemporaneo vuole veramente uscire dal caos nel quale si trova, esso deve anzitutto rivolgersi alla Santa Chiesa.

Ma c’è di più. Tutti i teologi concordano che la preghiera onnipotente della Madonna anticipò l’alba della Redenzione. Anche ai nostri giorni, è dalle anime elette, dai cattolici impegnati che, sul piano umano, può dipendere l’anticipo o il ritardo del regno sociale di Nostro Signore. Consapevoli di questa eccelsa missione noi dobbiamo far nostra questa supplica presso il presepe del Nostro Divino Salvatore: Domine, adveniat regnum Tuum!

Signore, venga il tuo regno! Che esso si realizzi prima di tutto in noi affinché poi, con il Vostro ausilio, lo possiamo attuare anche intorno a noi!


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