The Trip N°21 - Toscana edition

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MOSTRE CONFERENZE LETTURE PORTFOLIO WORKSHOP CIRCUITO OFF PREMIO Happiness ONTHEMOVE PROIEZIONI

FESTIVAL INTERNAZIONALE DI FOTOGRAFIA CORTONA 16 LUGLIO 4 OTTOBRE

2015

© ALEJANDRO CHASKIELBERG

#COTM2015 | www.cortonaonthemove.com | info@cortonaonthemove.com MAIN SPONSOR

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intervista

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Studio Rufus | Cavalli & Poli Handmade Frames

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editoriale

illustrazione Alessandro Rességuier

Un passo alla volta

Trecentonovantaquattro chilometri. Quindici tappe. Un solo obiettivo: camminare. Verso Roma, Canterbury, Gerusalemme, Mont Saint Michelles, non importa. L’importante è mettere un piede dopo l’altro e andare avanti, senza girarsi, concentrandosi sul fiato, entrando in sintonia con il proprio corpo, ascoltando la mente che ossigena i pensieri e tutto ciò che di incredibile si disegna intorno. Il tratto della Francigena che attraversa la regione Toscana per noi di the Trip non è stato un semplice pellegrinaggio. Nessuno cercava dio anche se forse qualcuno l’ha trovato dopo qualche chilometro. La nostra è stata una ricerca di luoghi, persone e leggende da raccontare insieme a voi. Nelle pagine di questo numero, che si presenta nella sua nuova veste grafica, troverete le storie di chi ha deciso di cominciare a camminare e ora non riesce più a farne a meno. Scoprire la Via che dalla Britannia porta a Roma è stato anche un viaggio attraverso il tempo. Abbiamo incontrato Sigerico, l’abate di Canterbury che per primo descrisse la via Romea così come la conosciamo oggi. Siamo stati rapiti dai briganti per poi essere liberati dai Cavalieri del Tau, che proteggono queste strade dal primo Medioevo. Abbiamo parlato con Ghino di Tacco, il Robin Hood del Belpaese, che ci ha condotti all’interno della sua Rocca alle pendici del Monte Amiata. Siamo balzati nel virtuale a San Gimignano grazie al personaggio di uno dei videogiochi più venduti al mondo. Abbiamo assaggiato lo zafferano della Val d’Orcia dove un piccolo produttore rende omaggio a questa spezia che fiorisce solo durante la luna crescente di ottobre. Continuando a camminare, contando i ciottoli di pietra, guardando il sole e ascoltando i suoni della natura, il tempo si è dilatato trasformandosi in Labirinto. Un concentrato di pensieri, odori ed emozioni ci ha accompagnato da Acquapendente fino a Passo della Cisa, facendo di noi, instancabili viaggiatori e inguaribili sognatori, dei moderni pellegrini. Valentina Diaconale

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sommario 2 editoriale

Un passo alla volta Valentina Diaconale

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28 curiosità

64 personaggio

30 racconto di viaggio

65 archeologia

intervista

I Cavalieri del Tau Riccardo Melito Peregrinazioni amorose Claudia Bena

33-48

reportage

Pietro Vertamy Valeria Ribaldi

11-20

Matilde di Canossa Orso di Pietra

Lost in Luni Riccardo Melito

66 culinaria

Lo zafferano della Val d’Orcia Federica Araco

67 libri

myTrip

In itinere Ilaria Di Biagio

Il luogo degli dei sulla terra Claudia Bena

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animal house

50 racconto di viaggio

Rose Cormon Fotografie di Cristina Vatielli

56 curiosità

58-61 racconto di viaggio

22 curiosità

Paradiso segreto Damiano Mencarelli

Taccuini illustrati Sara Rambaldi

I miei colleghi e altri animali Claudia Bena

L’anfibio dai mille colori Valeria Ribaldi

70 eventi

Francesca Rosati

72 distribuzione

24-27 racconto di viaggio

A cavallo nel Padule Federica Araco Fotografie di Francesco Van Straten

La Manhattan del Medioevo Maria Celeste Meschini Fotografie di Gabriel Stabinger

62 fujifilm

Marco Tortato, Yorick

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°21 — 2015 direttore responsabile Valentina Diaconale valentinadiaconale@thetripmag.com direttore editoriale Lorenzo Verrecchia lorenzoverrecchia@thetripmag.com direttore artistico Andrea Biagioni andrea.biagioni@thetripmag.com responsabile di redazione Federica Araco federica.araco@thetripmag.com

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photo editor Annalisa D’Angelo annalisa.dangelo@thetripmag.com Valeria Ribaldi valeria.ribaldi@thetripmag.com coordinatore tecnico Damiano Mencarelli damiano.mencarelli@thetripmag.com responsabile marketing Luca Salice lucasalice@thetripmag.com responsabile T.R.I.P. Veronica Gabbuti veronicagabbuti@thetripmag.com

editore The Trip s.r.l. Via Apollo Pizio 13 - Roma sede legale Via Gasperina 188 - Roma Registrazione Tribunale di Roma n. 329 del 6 ottobre 2009 contatti info@thetripmag.com thetripmag.com hanno collaborato Claudia Bena, Leon Chiro, Orso Di Pietra, Federico Marchi, Maria Celeste Meschini, Riccardo Melito, Damiano Mencarelli, Giampiero Celani Piendlbach, Sara Rambaldi, Francesca Rosati, Ippolito Simion, Valerio Vinnotti

centro stampa Cartografia Toscana s.r.l. via Luccio, 15 – 51019 Ponte Buggianese (PT) fotografie Federica Araco, Claudia Bena, Ilaria Di Biagio, Luciana Massaro, Gabriel Stabinger, Marco Tortato, Francesco Van Straten, Cristina Vatielli, Pietro Vertamy In copertina foto di Ilaria Di Biagio L’illustrazione dell’editoriale è di Alessandro Rességuier


PIETRO VERTAMY Cinquantanove tappe, millequattrocento chilometri e due mesi di cammino. Viaggio slow tra parole e fotografie alla ricerca di piccoli e grandi dettagli lungo l'antica via Romea che attraversa mezza Europa testo Valeria Ribaldi fotografie Pietro Vertamy

o Pietro con bastone e zaino, Gruissan, 2 settembre 2014 l una scultura sulla piazza centrale, Pietrasanta, 12 luglio 2014 l aereo, Plage du Jai, 23 agosto 2014 l campo di grano all'alba, Campagnano, 22 giugno 2014 l le terme, Bagno Vignoni, 2 luglio 2014

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intervista

Pietro Vertamy fotografo e viaggiatore incallito, nasce a Cuneo nel 1979. Vive tra Forlì e Bologna prima di approdare a Roma per studiare fotografia presso ISFCI. Negli anni si è dedicato all’attività fotografica professionale sia nell’ambito del fashion style advertising che in quella del fotogiornalismo e del reportage d'autore, sue autentiche passioni. Dal 2009 fa parte del corpo docente dell'Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma (ISFCI). Attualmente è editor e responsabile per i progetti speciali del collettivo Ulixes e collabora con la scuola di fotografia Apab di Firenze e con Officine Fotografiche a Roma. All’attività fotografica affianca la sua grande passione per la montagna e il camminare, percorrendo lunghi itinerari a piedi, naturalistici, urbani e suburbani.

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Cinquantanove tappe, per un totale di mille e quattrocentocinquanta chilometri percorsi. Perché hai intrapreso questo cammino? Perché me l'ero promesso e perché lo dovevo a me stesso. Avvicinandosi i cinque anni di attività dell'agenzia fotogiornalistica da me diretta, volevo trovare un modo originale e comunicativamente forte per festeggiare l'evento e ho pensato di unire le mie due grandi passioni, il cammino e la fotografia, raccogliendo le mie impressioni in un blog pubblicato dalla rivista Marie Claire che mi ha seguito e aiutato in questa impresa. Il caso ha poi voluto che mi trovassi anche in quello che, forse, è stato uno dei momenti più difficili della mia vita, con una serie di eventi personali e di grandi delusioni da gestire al meglio, in totale solitudine e


Conosco molto bene quel mondo della fotografia giornalistica che quasi sempre ha la voglia, il coraggio e, a volte, la velleità di essere "utile". La rispetto, la stimo e la studio, ma non credo di farne parte nemmeno lontanamente come autore.

«Il viaggio è cambiare punto di vista, farlo a piedi è quasi sempre illuminante, l'ho imparato dalla mia famiglia in particolare da mio padre» silenzio. E con delle decisioni importanti da prendere. Il viaggio è stato salvifico per questo, per cambiare punto di vista e percorrere nuove piste anche una volta portato a termine. Viaggiare a piedi è quasi sempre illuminante. L'ho imparato dalla mia famiglia, in particolare da mio padre. La fotografia è il mezzo che molti usano per viaggiare da fermi. Quali sono i mondi a cui si accede attraverso le tue immagini? Non so se riesco a fare tanto. Senza dubbio l'idea da un lato mi lusinga, mentre dall'altro mi riempie di ansia. In confindenza ho il terrore di non essere all'altezza delle aspettative altrui. In ogni caso quando fotografo, lo faccio in primis per il vecchio e sano gusto di farlo, in una forma assolutamente privata che spero non risulti autoreferenziale o stucchevole.

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intervista

Le tappe della Francigena che attraversano la Toscana sono quindici, quale ti ha sorpreso di più e quale di meno? Bisogna innanzitutto tener presente che non ho percorso la Via in modo romeo, perché ho risalito l'Italia verso le Alpi e non il contrario. La Val d'Orcia con le sue colline pettinate, i cipressi e le strade bianche è una sorta di cliché che a volte pare quasi essersi fatto stilema. Senza dubbio è un portato comune per quelli a cui è toccato vivere in questo bizzarro Paese. Ecco, camminare nella Val d'Orcia è immergersi in questo infinito paesaggio della mente. Diventare piccoli personaggi di un quadro collettivo cinquecentesco. Le elucubrazioni esistenziali sono d'obbligo, sia laicamente che religiosamente, e si ha l'impressione di non avere abbastanza occhi e cuore per tutto ciò che ci si srotola davanti, passo dopo passo. In Toscana, invece, la tappa meno esaltante è quella da Altopascio a Lucca. Strade e stradine asfaltate, magazzini, una periferia tonta priva di interesse. Di sicuro la noia però, viene ripagata dall'arrivo in una città incredibile per storia e bellezza. Lo stesso dicasi per la tappa seguente e cioè Pietrasanta, che è una sorta di gioiello avvinghiato a un'atipica piazza centrale e disseminato di gallerie d'arte, nel segno della tradizione dei laboratori artistici legati alla scultura e alle cave di marmo. Pontremoli infine, pur non essendo un paese memorabile, regala due curiosità: la prima è la copia originale del Labirinto (nella chiesa di San Pietro) che è un il simbolo caro ai pellegrini in viaggio e che ritorna come bassorilievo in moltissimi luoghi sacri per i camminanti soprattutto tra Francia e Italia (si trova anche sulla facciata della Basilica di San Martino a Lucca). L'altra è una bizzarra scultura dedica a Walt Disney raffigurante Pippo, Pluto e Topolino. L'accostamento mi ha molto divertito.

«Imparare a vivere i piccoli, enormi dettagli. Cercare l'infinito nelle pieghe della vita e non nelle parti piane. E farne tesoro» Qual è stato l'incontro che ricorderai anche tra vent’anni? Difficile a dirsi. Per me è come parlare del libro o del disco che si vorrebbero salvare dall'incendio. Dopo un po’ che si viaggia a piedi, ci si accorge di come si sia recettivi e sensibili verso l'argomento "incontri" e soprattutto di come ognuno di noi lo sia in maniera diversa. C'è chi lo attende e chi lo cerca. C'è chi non ci pensa proprio. C'è anche chi non se ne accorge quando arriva. Per me, ogni viaggio ha un momento alto e uno basso e questi sì che li potrei individuare e raccontare con precisione. Gli incontri, invece, sono molteplici, importanti e profondi in maniera diversa, difficile fare una scaletta. Almeno per me funziona così ed è molto soggettivo. A pensarci bene, però, la signora Carmen e il suo gatto Nina avranno di sicuro un posto speciale nel mio cuore. Bevendo Coca Cola tiepida (con buona probabilità del 1997), riparati dalla canicola estiva ligure sotto la sua pergola, mi ha spiegato che «stare fermi in Patagonia è come stare su un aereo, la testa la puoi piantare in cielo». E che «anche questo è viaggiare, anche stare fermi». Mi ha dato da pensare. Che cosa ti ha lasciato la Francigena? Perchè dovremmo farci tutti questi chilometri a piedi!? Mi ha lasciato due mesi fra i più belli della mia vita. Semplice. Sul perché farlo potrei elencare un miliardo di motivi: la bellezza dei paesaggi, il camminare nella storia, l'essere ecosostenibili e slow. Di sicuro, anche l'aspetto spirituale e di ricerca non sono da sottovalutare e moltissimi camminanti sono pellegrini in senso stretto. Per quanto riguarda me sto cercando di imparare l'arte della contemplazione. Del godere della luce che muta. Del verde di quell'albero che sembra cambiare soltanto per me. Del farmi emozionare respirando con calma. Dello stare a fissarci su un sentiero di notte, io e un tasso, curiosi l’uno dell'altro, in un istante esistenziale unico, infinito e irripetibile. Imparare a vivere i piccoli enormi dettagli, insomma. Cercare l'infinito nelle pieghe della vita e non nelle parti piane. E farne tesoro.

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Qual è l'immagine di questo percorso a cui pensi mentre ne parli? L'immagine del sottoscritto letteralmente smarrito in mezzo a Villa Ada, a Roma, alle cinque del mattino, appena partito. Dopo un'ora a girare in tondo, e dopo aver tirato giù l'intero calendario, ho pensato seriamente che fosse un segno per farmi desistere dall'impresa. Del tipo: «Cominciamo bene». Sbucato su via Panama e ritrovata la direzione, la disavventura era già un ricordo lontano. Il tuo prossimo viaggio a piedi dove ti porterà? Al momento sto lavorando su due progetti diversi di arte e fotografia in cammino. Studio carte, leggo guide e faccio ipotesi. La prima dai Pirenei al Marocco, lungo la Costa Brava e poi a scendere. La seconda va dalla Puglia alla Calabria tagliando la penisola. Senza dubbio da anni lavoro e fantastico su un Roma-Pechino attraverso la Mongolia, chissà...

«Sto cercando di imparare l'arte della contemplazione, del godere della luce che muta» n Welcome to legoland, Lucca, 12 luglio 2014 q rana, lago di Bolsena,

28 giugno 2014

CREDITI Pietro Vertamy, sito web: ulixespicture.com


Ombre nella nebbia

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Francigena

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testo Rose Cormon fotografie Cristina Vatielli

cristinavatielli.com

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Mi lascio Roma alle spalle, pesante più per quello che ho visto che per le responsabilità che ho acquisito. Sono Arcivescovo, questo pallium che mi veste lo dimostra, di una Chiesa che vorrebbe toccare il cielo ma che in realtà ha i piedi ben saldi su questa terra.

salita verso l’entrata al borgo di Proceno

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Le colonne di ogni singola casa di Dio che ho visitato, le stesse che prima appartenevano a una fede falsa e bugiarda, hanno radici conficcate in questo mondo, che dovrebbe essere attraversato solo con la leggerezza della nostra anima.

Ma al mondo, si sa, le radici non bastano: si è preso lo stelo e ora non si vede più neanche il fiore. Abbiamo chiodi ai nostri piedi, gli stessi che hanno condannato il figlio di Dio, svelando la sua natura umana. Perché è qui che vuole stare, qui e ora, e non nel cielo per l’eternità. Il Papa, ogni singolo Vescovo e Cardinale e tutte le famiglie patrizie romane ambiscono al potere temporale di questa potenza spirituale. Quattro mesi per attraversare le millecentosei miglia che separano Canterbury da Roma, e dopo tre giorni fuggo. Partendo da San Pietro, decido di raccontare il mio ritorno per indicare ai nuovi che verranno le strade, gli ostacoli, gli ospizi, i paesi e le chiese più belle. Una guida che permetta di raggiungere facilmente la città e che altrettanto facilmente agevoli la fuga. Mi vengono in mente le parole di Giovanni Crisostomo, noto, come testimonia il suo nome, per la sua splendida eloquenza, quando cercò di opporsi alla prima associazione creata dai Vescovi sotto Costantino, le samaritane. Questa associazione aveva il compito di ospitare le persone che venivano a visitare Roma, fino ad allora accolte in alloggi privati. Disse appunto Crisostomo: «Non create questi xenodochia (case per stranieri)! Asse-

verso Acquapendente

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gnando il dovere di comportarsi in questo modo a un’istituzione, i cristiani perderanno l’abitudine di riservare un letto e di avere un pezzo di pane pronto in ogni casa, e le case cesseranno di essere delle case cristiane». Venne così a mancare quello spirito di libertà che, secondo Gesù Cristo, era l’essenza della carità, sostituito dal tentativo di gestire questo amore con la sua istituzionalizzazione, trasformandolo in legge. E nello stesso tempo la Chiesa poté dare un fondamento giuridico e morale alla sua sete di denaro. Sono passati circa seicento anni e ormai si è arrivati addirittura a uccidere per questo. Oggi il cammino del pellegrino è reso meno rischioso per l’evidente povertà, simbolo della sua scelta di vita, ma queste strade, che riempiono gli occhi della perfezione del Creato e della grandezza dell’uomo, nascondono anche bassi esempi di umanità. Nove tappe ho fatto finora, sono ad Acquapendente e sto per entrare in Toscana. Una lunga discesa tra boschi e ruscelli per poi risalire fino a Proceno, attraversare San Casciano dei Bagni per uscirne puliti e raggiungere Radicofani. Sembrava bello il tempo alla partenza, ora il cielo si abbassa, la visuale si accorcia e tutto si fa meno nitido. Una nebbia fitta mi


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nel bosco dei Monti Volsini verso San Casciano dei Bagni

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l il fiume Paglia al passaggio di Ponte a Rigo k il grande Ospizio per accogliere i pellegrini nel giardino pubblico del Maccione di Radicofani

avvolge, perdo i miei compagni di viaggio e due voci contrastanti mi parlano. La prima giunge dal passato e mi invita ad attendere in questa oscurità invocando colui che amo, perché «Se mai lo vedrai o sentirai in questa vita, sempre sarà in questa nube e questa oscurità». La seconda voce, più vicina, più reale, mi chiede chi sono e dove sto andando. Mi giro in direzione di quel suono e una figura si staglia dalla nebbia. Parla una lingua simile al latino che fatico a comprendere, veste gli abiti del brigante ma pare di nobile stirpe. Non sembra né morto né vivo. Passato, presente e futuro abitano in quest’uomo, e un leggero terrore mi coglie. Chi sono e dove vado è presto detto, ma chi mi trovo davanti? «Sono colui che si opporrà al giogo della tua Chiesa su queste terre, progenitore di Pio VII, condannato e perdonato in vita per le mie gesta, signore di Radicofani, reso immortale nei versi dei due sommi poeti. Sono Ghino di Tacco, il brigante buono, e ti invito con la forza nella mia rocca». Mentre lo seguo mi accorgo che le misure della mia percezione sono modificate: lo spazio da percorrere è tutto intorno a me, sono immobile e le immagini mi avvolgono come in un vortice. Se avessi il coraggio di voltar-

r la critpa nella chiesa del Santo Sepolcro di Acquapendente

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mi probabilmente mi rivedrei all’infinito ripetere i miei passi. Il tempo è invece una retta interminabile e scorre veloce durante il percorso ma si interrompe quando parliamo, per permettere al nostro dialogo di protrarsi all’infinito. Qui dove sono la Chiesa non ha potere sul tempo dell’uomo, in questa dimensione onirica è la mia guida che comanda e la curiosità di conoscere il perché di questo viaggio prende il posto della paura. Avvolti in questa nube attraversiamo come fantasmi Radicofani fino a raggiungere la Rocca. Un lampo di sfida attraversa lo sguardo di Ghino mentre mi invita ad affacciarmi e io osservo da quassù la strada che mi ha portato fino a Roma. Vedo pellegrini e mercanti assaliti dai briganti, vedo colonne di eserciti che portano sul petto il simbolo di Cristo già tinto di quel sangue di cui si andranno a macchiare. Vedo Papi che fuggono, cercando di modificare i confini della loro Chiesa espandendoli sul mondo invece che innalzandoli verso il cielo. Riesco a riconoscere menti povere ricoperte da ricche vesti e menti scaltre con poveri panni che otterranno grandi poteri. Tutto inizia e finisce con Roma, ma lo sguardo di Dio è rivolto altrove, poiché questa realtà non può coincidere con la sua presenza,


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con la sua giustizia. «Se vi accompagnassi, non fosse che per un momento, vi sterminerei» (Esodo 33, 3 e 5). Mi chiedo se mai riusciremo a vedere dietro la ragione la passione del giusto, dietro la scienza che tanto condanniamo la sete del vero, e dietro la critica che presto o tardi ci condannerà per le nostre gesta la ricerca del meglio. Improvvisamente una fiera attraversa il cammino con la sua preda stretta tra le fauci. Non c’è orrore nei gesti più crudeli della natura, così come non c’è errore nella ribellione. Ora ho compreso il significato di questa deviazione durante il mio viaggio. Ritorno sui miei passi. Ghino procede al

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buio, un lume alle sue spalle fa luce sul mio cammino. All’improvviso sono di nuovo avvolto dall’oscurità, ma mi basta sollevare le palpebre per riconoscere immediatamente ciò che mi circonda. Sdraiato sotto un albero, ho di nuovo il mio seguito accanto a me: siamo pronti per ripartire. Abbiamo ancora molta strada da percorrere, tante tappe da registrare, strade, ostacoli, ospizi, paesi e chiese. Ma questa interruzione, questo mio viaggio nel viaggio, non lo troverete nei miei diari, perché spero che ognuno di voi possa viverlo personalmente, e non solo su questo tragitto, ma durante tutta la propria vita, se il vostro animo sarà predisposto ad affrontarlo.

n la Rocca di Radifocani, la fortezza di Ghino di Tacco o interno della Rocca di Radicofani

l lungo la Francigena entrando a Proceno

k la statua in pietra basaltica di Ghino di Tacco eseguita dallo scultore locale Aldo Fatini nei giardini del Maccione, Radicofani

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PONTE GREGORIANO PROCENO

Acqua Pendente

PONTE A RIGO

La tappa della Francigena che da Acquapendente arriva a Radicofani è considerata la numero 15 sulla Via che percorre tutta la regione Toscana. È l’ingresso di Sigerico in Toscana. lunghezza totale: 31.8 chilometri percorribilità: a piedi, in mountain bike tempo di percorrenza a piedi: 7 ore (minimo) dislivello in salita: 352 metri dislivello in discesa: 752 metri quota massima: 780 metri difficoltà: impegnativa strade pavimentate: 51% strade sterrate e carrarecce: 49% ciclabilità: 100%

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RADICOFANI

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quindicipunti

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Sigerico di Canterbury (950 circa-994) fu nominato vescovo a Roma nel 990 da papa Giovanni XV che gli conferì il pallium, il paramento liturgico simbolo dell’incarico arcivescovile. due

L’Itinerario di Sigerico è il diario di viaggio in cui sono per la prima volta descritte le 88 tappe della Via Francigena, usata dai pellegrini che ogni anno giungevano nella capitale per visitare la tomba di Pietro. tre

Quella percorsa da Sigerico era una delle antiche vie Romee che arrivavano a Roma dall’Europa centrale, in particolare dalla Francia, da cui il nome Francigena. quattro

Raggiunta Roma, il pellegrino proseguiva lungo la via Appia (Traiana) fino a Brindisi, per poi imbarcarsi verso la Terra Santa. cinque

Il brigantaggio era molto diffuso lungo le vie che portavano a Roma e le vittime erano spesso mercanti e prelati. sei

Ghino di Tacco fu un brigante toscano vissuto tra il XIII e il XIV secolo. Figlio di un conte ghibellino giustiziato a Siena, fuggì a Radicofani occupandone la Rocca. sette

Dal 1290 il bandito cominciò a derubare i pellegrini della Francigena, lasciandogli, però, sempre qualcosa per proseguire il viaggio. otto

Nel Decameron Boccaccio descrive Ghino come un eroe positivo, che curò, dopo averlo rapito, l’abate di Cluny guadagnandosi così il perdono del papa.

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Nel Purgatorio il brigante è descritto come l’assassino di Benincasa da Laterina, il giurista che aveva condannato a morte suo padre. Dopo averlo decapitato a Roma, Ghino ne espose la testa dalla Rocca di Radicofani. dieci

Bettino Craxi firmava gli articoli e gli editoriali che pubblicava sul quotidiano socialista l'Avanti! con lo pseudonimo "Ghino di Tacco" contribuendo alla sua riscoperta. undici

Da Acquapendente, attraversando il borgo di Proceno e superando il passaggio di Ponte a Rigo, si raggiunge Radicofani in circa 30 Km. dodici

Con una breve deviazione si può raggiungere San Casciano dei Bagni, un paese nella Valdichiana (SI), famoso per i suoi complessi termali. tredici

Il castello di Proceno, di proprietà della famiglia Cecchini (oggi Bisoni Cecchini) dal ‘700 è ora trasformato in Albergo Diffuso in Dimora d’Epoca arredato con mobili e oggetti medievali. www.castellodiproceno.it quattordici

Nella cripta della chiesa del Santo Sepolcro di Acquapendente sono custodite importanti reliquie portate dalla Terra Santa dai cavalieri di ritorno dalla prima crociata. quindici

Dalla cripta di Acquapendente si raggiunge l’edicola scavata nella roccia che riproduce nelle forme l’originario Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Scopri il mondo della fotografia Foto di Marco Rapaccini

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E RT PE IA ON IZI CR IS

SCUOLA BIENNALE DI FOTOGRAFIA GENERALE

Officine Fotografiche Roma associazione culturale via Giuseppe Libetta, 1 00154 Roma (metro B Garbatella) theTrip mag.com

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tel / fax + 39 06 97274721 of@officinefotografiche.org www.officinefotografiche.org


 curiosità

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Paradiso segreto alle pendici del Monte Amiata di Damiano Mencarelli

Da piccolo mi dicevano sempre: «Ricorda! Chi va piano va sano e lontano». Sinceramente, non ho mai trovato un valido motivo per non crederci. In un detto popolare si nasconde sempre qualche verità, almeno quella che riusciamo a vedere riflessa su di noi. In questo in particolare però mi è sempre sembrato che mancasse qualcosa. Perché mai dovrei andare piano, dopo tutto? È una vita che vado piano, faccio ogni cosa lentamente. A tavola mentre io sono ancora al primo gli altri stanno già finendo il secondo. C’è qualcosa di diabolico o di romantico in tutto questo e ho bisogno di capire che cos’è. Ho deciso di partire a piedi, così sarò costretto ad andare piano e avrò tutto il tempo per interrogarmi. Mi dirigo verso Nord con l’idea di arrivare in un posto che mi hanno sempre consigliato. Si trova da qualche parte nella Val d’Orcia: dicono sia un giardino misterioso, pieno di opere d’arte realizzate da un artista insieme ai suoi amici. Mentre cammino lungo questa strada che non conosco la mia mente si perde nella progettazione di quello che potrebbe essere il mio giardino. Sono lì a discutere con i miei compagni su come e dove posizionare quell’enorme scultura a forma di sasso. Io la vorrei più a destra mentre per gli altri è perfetta esattamente lì dove si trova. Chissà come sarebbe stato bello poterlo fare veramente. Continuo a camminare e li visualizzo tutti impegnati in animate conversazioni, un po’ geniali, un po’ubriachi, comunque intenti ad affrontare problemi. Usiamo il ferro per la struttura? No, io direi piuttosto il legno.... Non dimentichiamoci di mettere del Neon! Ottimizziamo questa luce. La differenza è simbolica, spesso minima, in base alla materia, al singolo effetto o a seconda della sensazione di chi osserva. Ma sono i dettagli che contraddistinguono un’opera, che la rendono unica. Quando si parla di arte, la collocazione di un pezzo in un posto preciso non è facile da ideare perché in genere, quando siamo immersi nel nostro processo creativo, non pensiamo mai al luogo dove poi la nostra opera verrà

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esposta. Siamo in continuo movimento, da un luogo a un altro e non troviamo mai il tempo di fermarci. Mi domando quanto avranno impiegato per realizzare quel giardino, chissà se sono andati lentamente oppure se tutto è stato progettato e realizzato in un lampo. Sono quasi giunto a destinazione quando mi fermo ad ammirare una quercia. La chiamano la quercia delle cecche, che qui in Toscana sono le gazze. Ha quattrocento anni. È davvero bellissima, enorme, tutta allungata. Dev’essere cresciuta anche lei pianissimo.

Proseguo, ormai il giardino è vicino. Lascio le indicazioni della Via Francigena per seguire quelle di Seggiano, mi guardo intorno e mi sento dentro il paesaggio che scorre davanti a me. Respiro odori diversi, sento suoni diversi: sto andando piano e riesco a gustarmi tutto. Poi leggo un cartello con su scritto Giardino di Daniel Spoerri, finalmente questa strada ha portato a un nome, ed entro. Mi guardo intorno e rimango estasiato: con un colpo d’occhio vedo le montagne, un tappeto infinito di ulivi e, in lontananza, il mare che brilla. «Si sono fatti fregare – penso – il panorama deve averli stregati e non hanno combinato più nulla» concludo, mentre il cancello dell’artista svizzero si chiude alle mie spalle. Ma non è così: sulla mappa inizio a individuare le centrotré opere dei cinquanta artisti che dagli anni Novanta hanno lavorato alla realizzazione delle opere sparse nel giardino e mi sento attratto da tutto, proprio come un bambino. Vedo delle oche di pietra che corrono verso di me, poi mi giro e resto incantato da un grande disegno di Nazca riprodotto sul terreno. Poco lontano, sculture di

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bronzo brillano illuminate dai raggi del sole, mi riposo su un divano imbottito di ferro e ricoperto d’erba mentre alcuni tubi suonano attraversati dal vento. Il giardino è grande e ti fa sentire un esploratore: ogni cosa va scoperta, toccata, ammirata, il panorama ti distrae ma poi scopri un’altra creazione ancora e tutto ricomincia. Tutto sembra sia stato generato naturalmente, senza l’intervento dell’uomo, e mi chiedo se sia un’opera anche lo stagno d’acqua che incontro. Spoerri e i suoi amici hanno fatto breccia dentro di me, insegnandomi come ogni luogo meriti di essere non solo curato e preservato ma anche usato, con rispetto e creatività. Andare piano è l’approccio indispensabile per poter avere attenzione, passione, sensibilità, estro e la possibilità di realizzare veramente qualcosa senza doverla semplicemente rincorrere. Oggi me ne sono reso conto.

m Kimitake Sako, La maschera di Zura danielspoerri.org

CREDITI le fotografie sono state scattate da Luciana Massaro


A cavallo nel Padule tra Altopascio e San Miniato nella zona depressa del Fucecchio Non perdere il treno per me è sempre una scommessa ma stavolta sono riuscita ad arrivare sui binari con ben quattro minuti di anticipo. Trascino soddisfatta il pesante trolley nella carrozza e, una volta seduta, socchiudo gli occhi lasciando sprofondare il mio corpo nel morbido sedile, aspettando la partenza. Sono emozionata come una bambina. Amo la natura, adoro cavalcare e già pregusto l’intensità e la bellezza di questo fine settimana di trekking lungo la Francigena. testo Federica Araco fotografie Francesco Van Straten

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racconto di viaggio

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Partiremo domani all’alba da Mosumanno, un piccolo centro a pochi chilometri da Montecatini Terme, per costeggiare l’antica Via di pellegrinaggio che attraversa la Toscana in senso longitudinale, collegando Roma alla Francia. Mentre il treno sferraglia ne approfitto per sonnecchiare un po’, riscaldata dal pigro sole primaverile che filtra dal finestrino. Il viaggio trascorre veloce e al mio arrivo a destinazione sono fresca e riposata, pronta a lanciarmi in questa nuova avventura. Riccardo e Marlene, le mie guide, mi accolgono nel loro paradiso: uno splendido casolare immerso nel verde dove allevano cavalli in modo naturale. Niente ferri agli zoccoli, né box o coperte, solo vita all’aria aperta e alimentazione a base di fieno. Salita in sella, mentre trotterello spensierata per familiarizzare con il mansueto quadrupede che mi è stato affidato, sperimento un modo completamente nuovo di cavalcare. La respirazione, spiega Riccardo, è fondamentale: si inspira espandendo l’addome e il torace per accelerare il passo e si espira, incurvando leggermente il busto, per rallentarlo, o fermarsi del tutto. «Il cavallo è una preda estremamente sensibile, capace di cogliere sottili sfumature energetiche», dice. «Più il cavaliere è connesso e rilassato più riuscirà a inviargli segnali chiari con il linguaggio del suo corpo e la relazione tra i due sarà fluida e armoniosa». Sono piacevolmente colpita dalle assonanze tra il loro approccio e la mia pratica di yoga, meditazione e bioenergetica, ormai decennale. E pensare che sono capitata qui “per caso”… Mi concentro sul respiro provando a entrare in

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racconto di viaggio

sintonia con il ritmo di un movimento che da lentissimo si fa più veloce, per poi rallentare di nuovo. «Sono pronta, sono quasi pronta», mi ripeto nel letto, mentre le immagini, i suoni e gli odori di quella natura incontaminata sfumano dolcemente lasciando spazio alla frenetica attività onirica del mio inconscio metropolitano. Mi sveglio cullata dal cinguettio festoso dei passerotti appollaiati tra i rami del glicine bianco, appena fuori la mia finestra.

n due barchini di cacciatori

lungo un canale del Padule del Fucecchio

o nel bosco vecchio di Chiusi

m Riccardo, la nostra guida dell'Agriturismo Il Bottaccino, insegnante di equitazione secondo il "metodo naturale"

Preparati i cavalli, procediamo in fila indiana su uno stretto sentiero che si snoda tra i campi per inoltrarci nel Parco Naturale del Padule del Fucecchio, l’area umida interna più estesa di Italia e tra le più importanti d’Europa. Un luogo magico e segreto, tra la provincia di Pistoia e quella di Firenze, nel cuore della Val di Nievole. Un sistema di canali comunicanti si dirama tra fitti argini erbosi punteggiati da piccolissimi fiori di campo e cespi di sarello, il materiale usato per impagliare le tipiche sedie toscane, i fiaschi di vino e le borse. Le palafitte in legno, qualche guardiola di avvistamento e piccoli porticcioli con le tipiche imbarcazioni, longilinee ed eleganti, testimoniano l’intensa attività venatoria che si svolge in queste zone. «C’è un’incredibile biodiversità», racconta Marlene, che qui è nata e cresciuta. Sulla rotta di alcuni uccelli migratori, il Padule è anche un luogo di nidificazione per molte specie, come la garzaia, la garzetta, l’airone bianco, il cenerino e la cicogna. La vegetazione è molto rigogliosa in primavera mentre d’inverno gran parte del territorio è sommersa dalle acque. «L’atmosfera diventa surreale, avvolta da una nebbia fittissima», ricorda Riccardo. «In passato, questo era un nascondiglio perfetto per i briganti dediti a commerci illeciti e per i malviventi in fuga che volevano sottrarsi ai controlli lungo la Francigena». Ci inoltriamo nel bosco nuovo di Chiusi e dopo circa tre ore raggiungiamo il lago dei Salici dove passeremo la notte. C’è un piccolo circolo sportivo che propone diverse attività ricreative ed eventi culturali. Il proprietario, Piero, è un ragazzone sulla quarantina dal sorriso docile e gli occhi allegri. Quando anche gli ultimi visitatori vanno via montiamo le tende e sistemiamo i cavalli in un piccolo giardino recintato. Il vociare dei bambini lascia gradualmente il posto a un silenzio denso e rilassante, interrotto solo dal canto di qualche civetta e altri uccelli notturni. Ne approfitto per avvicinarmi al lago, ipnotizzata dal suono dell’acqua che sbatte sulla banchina in legno, mentre il sole cala dolcemente dietro le colline incorniciate da una fila ordinata di cipressi. Ci rimettiamo in viaggio poco dopo mezzogiorno, dirigendoci verso il bosco vecchio di Chiusi. «La leggenda narra che qui vivesse uno stregone, Ramone, che curava con le erbe», racconta Riccardo indicandomi un casolare abbandonato vicino a un laghetto di ninfee. La grande piccionaia che domina il tetto appuntito conferisce alla costruzione, nota come Casina delle Fate, un aspetto vagamente sinistro. «Si dice che il fattucchiere, di notte, si trasformasse in uccello per muoversi più rapidamente e dedicarsi alla magia nera senza essere riconosciuto» prosegue legando i nostri cavalli alle ringhiere arrugginite. «Quando pernottiamo qui con le tende accadono cose strane», continua Marlene. «Ci svegliamo la mattina e gli alberi attorno a noi sembrano aver cambiato posizione, l’erba del prato ci appare cresciuta, l’atmosfera

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diversa, come animata». Non sono particolarmente coraggiosa, ammetto, e questi racconti non mi faranno dormire stanotte. Lascio cadere la conversazione, sperando che nessuno riprenda il discorso con altri agghiaccianti particolari, e provo a rilassarmi sotto un pruno selvatico sbirciando con la coda dell’occhio per accertarmi che rimanga esattamente lì dove si trova. Riprendiamo il viaggio tra stradine bianche e cespugli

di more, ginestre e biancospino. Il terreno in alcuni punti è smosso, rivelando la presenza di una nutrita comunità di cinghiali, lepri, volpi e caprioli. Proseguiamo in silenzio, avvolti dai suoni della natura: gli zoccoli sul selciato, il vento tra i rami, il rilassante cigolio delle nostre selle. Socchiudo gli occhi inspirando ed espirando per assorbire la quieta bellezza che mi circonda. Ne avrò un gran bisogno per riaffrontare la frenesia della vita romana: domani è già lunedì.

m cavalli in sosta nel parco

CREDITI Francesco Van Straten, sito web: francescovanstraten.com

m ritorno al Bottaccino, Monsumanno Terme (Pistoia)

per le vostre gite a cavallo: agriturismoilbottaccino.it


 curiosità

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Cavalieri del Tau paladini di Altopascio e difensori della Francigena di Riccardo Melito L’Ordine di San Giacomo d’Altopascio, o Ordine dei Frati Ospitalieri di San Jacopo, detto anche dei Cavalieri del Tau, è stata una delle più antiche istituzioni cristiane a combinare insieme i compiti di protezione e assistenza dei pellegrini, la cura degli ospedali e una chiara vocazione militare. Attiva tra il IX e il XIV secolo, secondo la leggenda sarebbe stata fondata da Matilda di Canossa o da un consiglio di dodici dotti cittadini lucchesi. Il suo simbolo è una croce tau bianca o argento su cappa nera, talvolta accompagnata da due conchiglie simbolo di San Giacomo, protettore dei pellegrini. Nel periodo di suo massimo fulgore, nel XII secolo, l’Ordine aveva molti possedimenti, alcuni anche al di fuori dell’Italia, e un notevole patrimonio monetario. La contesa tra guelfi e ghibellini e il diminuito interesse verso la Via Francigena minarono irreparabilmente e progressivamente la sua importanza, tanto che il 14 marzo 1587 papa Sisto V, su richiesta del Granduca di Toscana, fece definitivamente confluire i Cavalieri del Tau nell’Ordine di Santo Stefano, che ne assorbì i beni. La Compagnia è stata rifondata nel 2008. «Non avrei dovuto dare ascolto a quelle dicerie! Nelle locande un sacco di bugie passano di bocca in bocca e ora il sole è paurosamente basso, le ombre lunghe e dense e io sono ancora impelagato in questa boscaglia paludosa detta delle Cerbaie. Gli insetti mi stanno mangiando vivo e sono sfinito. Eppure ieri a Lucca, davanti alla reliquia del Volto Santo ero certo che il peggio fosse passato. Il peso che grava sulle mie spalle da molto tempo, si era fatto più leggero. Il segreto oscuro che mi ha spinto a fare questo voto era meno schiacciante. Ora, di nuovo, vedo nubi addensarsi all’orizzonte. Per quale motivo non avrei dovuto fidarmi di quei due, pellegrini come me, quando mi hanno raccontato della Smarrita? Una campana santa, che con il suo rumore permette come un faro di raggiungere l’Ospedale di

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Altopascio e i Cavalieri del Tau che lo amministrano. Dio ti prego, Cristo ti prego, non abbandonate una vostra anima smarrita. Non avrei mai dovuto tradire gli Antichi Dei, le vecchie tradizioni. No, è questa mia mancanza di fede a condannarmi. Non so più a chi rivolgere le mie preghiere! Spero solo in questo modo di alleviare la mia colpa… ma non è forse questo l’eco di una campana?»

Lazzaro Saggina, colui che ha fatto installare una campana santa, un capolavoro, ma che al tempo stesso ha lasciato i possedimenti dell’Ordine, la sua casa, nelle mani dell’imperatore antipapista?»

Io, al contrario, passo le mie giornate a suppurare piaghe dai piedi dei viandanti, a steccare gambe e braccia rotte per lo più in rovinose cadute. Pensavo di fare la cosa giusta, venendo nell’unico ospedale d’Europa, quello di Altopascio che Filippo Augusto, re di Francia verso la fine del 1100, ebbe a definire “L’ospedale”. Indubbiamente qui ho appreso come curare con l’alimentazione; a far tornare funzionante un arto rotto; al predire i malanni dall’ispezione delle urine; a realizzare impacchi e unguenti taumaturgici, ma ora le giornate si susseguono una uguale all’altra e i pellegrini sono sempre di meno, anche per via dello scontro che divide guelfi e ghibellini e che sta erodendo il potere e l’importanza di questo luogo. Come se non bastasse, ora, anche andar via da Altopascio è diventato piuttosto pericoloso, per via dei mercenari e dei briganti che si accompagnano agli eserciti. Non invidio assolutamente i poveri addetti al mantenimento della Via e del Ponte di Fucecchio, costretti a uscire in questi tempi d’incertezza e pericolo, pur di assolvere ai loro doveri di buoni cristiani».

Gran Maestro dei Cavalieri del Tau, Lazzaro Saggina, Anno Domini 1333

Aldighiero della Quercia, chirurgo dell’Ospitale di Altopascio, Anno Domini 1333

Pellegrinaggio di conversione dell’ultimo pagano Burkhard Sturlson, Anno Domini 1333 «Anno Domini 1333, feria terza dopo la seconda Domenica dell’ottavo mese. La fede in nostro Signore è ancora grande, ma gli eventi sono tristi. Castruccio Castracani, signore di Lucca, ha ancora il controllo della zona dopo aver sconfitto in una sanguinosa battaglia, qui sui nostri territori, le truppe guelfe fiorentine di Ramon Cardona. Il potere del papato e il nostro stanno scemando. Non sono passati neanche cento anni da quando Sua Santità Gregorio IX ha concesso la Regola a Magister Gallico. Per un secolo l’Ordine di San Giacomo d’Altopascio, detto Ordine dei Frati Ospitalieri di San Jacopo o meglio conosciuto come Ordine dei Cavalieri del Tau, il più antico ordine cavalleresco, ha controllato questa valle e il lago, ha garantito protezione, cura e ristoro ai pellegrini, ha amministrato la giustizia, coltivato i campi e mantenuto in buono stato i sentieri e la Via, l’Ospitale e i ponti. Adesso invece ci sentiamo come stranieri nella nostra casa, le forze ghibelline dell’esercito lucchese e pisano controllano il territorio, noi siamo costretti a rimanere all’interno della Magione, limitandoci ad accogliere chi viene a bussare e a chiedere conforto. È mai possibile che l’Altissimo abbia stabilito un destino così beffardo per me? Dovrò passare alla storia come il Gran Maestro

«Perché non sono fuggito anche io in Francia come Lanfranco da Milano prima di me? Notizie lo riportano come il fondatore della scuola chirurgica di Parigi.

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CREDITI l’illustrazione è stata realizzata da Giampiero Celani-Piendlbach con penna bic, pennino, fuliggine, base in acquarello


Peregrinazioni amorose Storie di ordinaria follia di una coppia metropolitana dispersa tra le strade bianche della montagnola senese. Diario on the road lungo la Francigena, da Monteriggioni a Porta Camollìa, passando per le terme di Bagno Vignoni, Pian del Lago e i castelli della Chiocciola e di Villa testo e fotografie Claudia Bena

—02 Contro ogni aspettativa, partiamo alle terme Partiamo senza rivolgerci la parola. Al secondo prosecco in autostrada iniziamo a scambiarci qualche osservazione. Alla vista della campagna toscana (con campari) iniziamo a distenderci. Arrivati alle terme di Bagno Vignoni smettiamo di odiarci. Si sta proprio bene alle terme. Il luogo è molto suggestivo: un micro borgo che al posto della piazza principale ha una piscina di acqua sulfurea, oggi non più balneabile, e due impianti termali. Uno più signorile, con vista sulla piazza/piscina, l’altro molto anni Ottanta, con una grande vasca all’aperto che si affaccia sulle verdi colline. Scegliamo il secondo. Siamo solo noi e una coppia di immancabili tedeschi. L’ho già detto che si sta proprio bene alle terme? —03 La legge di Murphy passeggiata notturna Il viaggio prosegue e mi rendo conto che per questa storia di doverlo mettere per iscritto non solo mi vengono delle ansie da prestazione, ma quasi niente va come dovrebbe andare. Riusciamo a litigare anche al ristorante e durante la passeggiata notturna per Siena sembriamo colpiti dalla sindrome di Tourette. Dormiamo male e la sveglia non suona come la solita sveglia delle vacanze. Il sole, però, splende alto nel cielo.

—01 Se cinque anni fa mi avessero detto che avrei organizzato un viaggio del genere, volontariamente… Roma Io sono pigra. Sono nata pigra. Ma adoro camminare. Questa cosa di mettere un piede davanti all’altro e continuare così mi viene proprio bene. E sono davvero poche le cose che mi vengono bene. Anche organizzare viaggi mi viene bene. Niente di più semplice. Due giorni di vacanza con Davide, il mio compagno. Ne abbiamo organizzati insieme tra partenze improvvise e semplici gite. Un anno e mezzo è volato. Posso dirlo: non sono mai stata meglio. Problemi, scontri, liti, angoli smussati, spigoli presi in pieno, eppure eccoci

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racconto di viaggio

qua, a sperimentare per la prima volta cos’è l’amore, quello reale, non quello delle favole, nemmeno quello dei libri, che pure insieme ne abbiamo letti tanti. Questo fine settimana lo trascorreremo camminando. Ma non quel camminare senza meta, con il cervello che ti frulla e il passo svelto e nervoso. Piuttosto un lungo tragitto che ci riempia lo sguardo e ci distenda la mente. C’è questo tratto della Francigena, da Monteriggioni a Siena, che dicono sia uno dei più belli. Passeggiando tra boschi e colline, in circa cinque ore si completa il percorso, l’undicesima tappa indicata da Sigerico. Domani si parte, è tutto organizzato, ma stamattina da una scintilla è scoppiato un incendio. C’è mancato poco che partissi da sola, e finché non saremo in macchina, tra qualche ora, avrò ancora dei dubbi sulla nostra partenza.

—04 Lei non sa chi sono io da Monteriggioni a Siena Arriviamo dentro le mura, un paio di minuti per visitare tutto il paese, e prima di partire proviamo a entrare nel centro di accoglienza del pellegrino, per avere qualche notizia in più. Dietro al bancone c’è una ragazza che parla al telefono e parla e parla e non smette neanche quando cerco di incrociare il suo sguardo per farle capire che vorrei delle informazioni. Esco indispettita. Respiro, rientro. Ancora al telefono, alzo la voce dicendole che vorrei sapere qualcosa in più sul percorso. Senza smettere di conversare strappa una cartina e me la porge, provo a chiederle delucidazioni e non mi risponde. «Complimenti – le dico – sono qui per scrivere un articolo su questa tappa della Francigena e non mancherò di riportare la sua professionalità». Esco mentre finalmente ha capito che esisto, sta dicendo qualcosa tipo telefonata di lavoro ma ora sono io a non ascoltarla. Ci incamminiamo e sulla faccia ho il sorriso compiaciuto della vendetta trasversale. Davanti a noi ci sono ancora venti chilometri ma ora so che andrà tutto bene: siamo una squadra e giochiamo in casa. Usciti da Monteriggioni, dopo una breve discesa

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si sale subito e ci inoltriamo nel bosco. Fa caldo ma siamo all’ombra. Davide ha le gambe molto più lunghe delle mie ma gli sto dietro, tengo il passo e ogni tanto ci fermiamo per fare qualche foto. Monitoriamo il percorso sull’iPhone, siamo un piccolo puntino blu che avanza lentamente. Il bosco finisce e intravediamo i castelli della Chiocciola e di Villa, purtroppo chiusi. Appartengono a privati che, scopriamo troppo tardi, sono disposti a farli visitare su richiesta. Sul percorso, proprio verso l’ora di pranzo, ci imbattiamo in una piccola zona ristoro allestita dal proprietario della casa accanto. Ci sono tavoli, sedie, acqua potabile anche per chi avesse dei cani, posate e un quaderno dove lasciare testimonianza del proprio passaggio. Poi la Via prosegue in discesa e troviamo il fango, che ci si attacca alle scarpe, a dimostrare che ne abbiamo fatta di strada. Nell’ultimo tratto, quello che ci dovrebbe portare fino a Siena, il bosco del Renai è chiuso, e ci ritroviamo a camminare lungo l’asfalto fino alla tangenziale. Siena è vicina ma il percorso è pessimo. Fermi in un bar decidiamo di prendere un taxi per gli ultimi tre chilometri fino a Porta Camollìa (con l’accento sulla i) e finalmente facciamo il nostro ingresso in città. Di nuovo a Siena, siamo stanchi ma decidiamo di rivederla, con occhi nuovi. Una piccola chiesa si affaccia su Via di Camollìa, poi una libreria che mostra in vetrina un raro volume di Franco Angeli Editore. Dopo tanta natura ci perdiamo nel nostro mondo, fatto di libri. Torniamo al Duomo e, infine, da Via di Città imbocchiamo una delle tante stradine che portano a Piazza del Campo, piena come sempre di turisti ma anche di giovani comodamente sdraiati sul selciato. Tra qualche giorno ci sarà il Palio, forse l’unica festa medievale sopravvissuta in Italia e non resuscitata a fini turistici. Un ultimo sguardo a trecentosessanta gradi ed è tempo di tornare. Non siamo dei pellegrini e questa non è solo una tappa, è il nostro traguardo. Siamo due cittadini che dormono poco perché di notte fanno danni e quando si svegliano la mattina per andare a lavoro non c’è neanche il tempo per pentirsi, spesso neanche il tempo per un caffè. Per questo ci piace perderci nella natura quando capita, non cerchiamo dio, ma il piacere di tornare a casa, e anche questa è fatta. Durante il ritorno in macchina siamo di nuovo, definitivamente noi due. Il nostro sguardo è riuscito a contenere tutto, la nostra memoria lavora oggi per farci riscoprire più in là, ancora una volta, le novità e gli aspetti imprevisti di chi ogni giorno abbiamo davanti agli occhi, accanto nel letto, e che sarà disposto a seguirti per mille e una Francigena ancora.

n Bagno Vignoni n verso l'antico borgo medioevale di Cerbaia


REPORTAGE

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In itinere

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testi e fotografie

Ilaria Di Biagio ilariadibiagio.com

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reportage

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Ci sono argomenti che ciascuno sente più affini di altri. La Francigena è per me uno di questi. Sento parlare dell’antica Via di pellegrinaggio sin da quando ero piccola e mia mamma, geografa storica del mondo antico, disseminava in giro per casa libri su questo argomento. Vent’anni dopo mi ritrovo, con la macchina fotografica e una certa emozione, a percorrere il tratto toscano di questa strada che ha visto passare tante genti e tanta storia sul suo selciato. Da via di pellegrinaggio a snodo di comunicazione e scambio, oggi la Francigena sta avendo una rinnovata e meritata attenzione. Il bisogno di lentezza, di riscoperta delle proprie origini, permette a tanti di intraprendere un viaggio che sarà senza dubbio anche una spirituale riscoperta di sé stessi. Perché camminare ci fa sentire liberi, riattiva uno sguardo assopito e ha anche a che fare con la forza di volontà che ci spinge a raggiungere una destinazione. Un passo dopo l’altro, ci accorgiamo di quanto sia variegato il paesaggio, di quanti piccoli borghi popolino il nostro territorio, di quanti scorci privi di senso visti da un finestrino diventino indelebili tracce di memoria quando ci si arriva affaticati da un’intera giornata a piedi. Chi cammina ha una meta quotidiana da raggiungere, durante le brevi pause cerca quindi di assorbire il più possibile dal posto, non c’è tempo di soffermarsi più del necessario. Ecco allora che i luoghi diventano, sì, soste ma anche passaggi, diventano l’obiettivo di una giornata, ma anche il punto di partenza di quella seguente. Tutto nostre grazie la Val 36

assume un altro sapore quando sono le gambe che ci fanno muovere, quando, solo al nostro corpo, possiamo raggiungere d’Orcia piuttosto che le Alpi Apuane. reportage

Parco di Pinocchio, Collodi, Lucca

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ÂŤLa coscienza europea nasce pellegrinandoÂť goethe

La Balena Bianca, Bagni San Filippo, Siena

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Bagni San Filippo, Siena

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ÂŤLe strade bianche sono gomitoli di luce: il colore chiaro dei ciottoli serviva ai pellegrini per non perdere la strada durante la notteÂť dott.ssa donatella bagnoli direttore artistico fondazione la rocca di staggia

m San Vivaldo, Certaldo, Firenze l Azzurra a San Vivaldo, Certaldo, Firenze

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Bagni San Filippo, Siena

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m Isola d'Arbia, Siena

l Castello di Spedaletto, Val d’Orcia, Siena

l La Villa, Monteriggioni, Siena

l Olmo a San Vivaldo,

l sulla Via Francigena da Aulla

Certaldo, Firenze

a Pontermoli, Massa e Carrara

l Eremo di San Leonardo al Lago, Monteriggioni, Siena

l Scorcetoli, Filattiera, Massa e Carrara

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l Castello della Chiocciola,

Monteriggioni, Siena

l Andrea a Ponte a Rigo, Radicofani, Siena l Rocca di Staggia, Siena

k Filattiera, Massa e Carrara k Oreste ed Erica sulla Via Francigena, nei pressi di Monteriggioni, Siena k Parco di Pinocchio, Collodi, Lucca

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Palio di San Lorenzo, Ponte a Elsa, San Miniato, Pisa

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Eremo di San Leonardo al Lago, Monteriggioni, Siena

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"Peragrare" percorrere per andare lontano: "per agros", ossia fuori città . Quindi pellegrinaggio nel senso di fare un viaggio in un paese lontano, di sradicarsi dalle proprie abitudini e dai propri luoghi d’origine.

m Rocca di Staggia, Siena l Bagno Vignoni, Siena m Scorcetoli, Filattiera, Massa e Carrara l Filattiera, Massa e Carrara

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Bagni San Filippo, Siena

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«Quando aprile con le sue dolci piogge ha penetrato fino alla radice la siccità di marzo, impregnando ogni vena di quell’umore che ha la virtù di dare vita ai fiori; quando anche zefiro col suo dolce fiato ha rianimato per ogni bosco e ogni brughiera i teneri germogli e il nuovo sole ha percorso metà del suo cammino in Ariete, e cantano melodiosi gli uccelletti che dormono tutta la notte ad occhi aperti: allora la gente è presa dal desiderio di mettersi in pellegrinaggio, e di andare per contrade forestiere alla ricerca di lontani santuari» i racconti di canterbury, g.chaucer

n sulla Via Francigena da Aulla a Pontermoli, Massa e Carrara m Lucca

Monteroni d'Arbia, Siena

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BIO Ilaria Di Biagio, nata a Firenze nel 1984, è cresciuta in una vecchia casa di campagna, dove vive tuttora. Ha studiato Antropologia Visuale e Giornalismo d’Inchiesta a Roma, seguendo nel frattempo corsi di fotografia prima a Firenze e Roma e poi in Danimarca presso la Danish School of Media and Journalism. L’interesse verso ciò che la circonda la porta a occuparsi di tematiche a lei vicine: dal suo passato in "The thin line", a "Fragile" in collaborazione con la sorella Gioia, a "Un miglio - I cavalli hanno già mangiato e l’oca non si trova", uno spaccato del chilometro intorno alla zona in cui vive nel Chianti. Attualmente lavora a progetti in Italia, interessata a rappresentare il proprio punto di vista su persone e luoghi a cui è legata. Per "the Trip" ha percorso 394km lungo il tratto toscano della Via Francigena.

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Dalla Lunigiana dei Liguri-Apuani fino alle dolci colline del Chianti, tra torri merlate, fossati, passaggi segreti e cinte murarie lungo la Via di pellegrinaggio più antica d’Europa. Molte sono le leggende legate a queste imponenti fortezze, ricchissime di storia e incastonate in paesaggi suggestivi e affascinanti. Alcune raccontano degli eredi di importanti casate, come i Malaspina e i Pallavicini, altre dell'invasione giacobina della Repubblica di Lucca, altre ancora dei fasti della città di Siena. Con schizzi, bozzetti e acquerelli realizzati a mano, l’artista riproduce scorci di grande bellezza sia naturalistica che architettonica, restituendo tutto l’incanto e la magia di un territorio che ha ancora tanto da rivelare

Taccuini illustrati castelli di carta da Fosdinovo a Pietrasanta illustrazioni Sara Rambaldi

l Castello della Chiocciola e di Villa, Monteriggioni

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racconto di viaggio

k Castello Malaspina, Fosdinovo provincia di Massa Carrara

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Castello Aghinolfi, Montignoso provincia di Massa e Carrara

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ruderi del Castello della Brina, Bassa Val di Magra comune di Sarzana

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 curiosità

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I miei colleghi e altri animali da Gambassi Terme a San Miniato di Claudia Bena

«Ogni passeggiata è piena di incontri, di cose che meritano d'esser viste, sentite. Di figure, di poesie viventi, di oggetti attraenti, di bellezze naturali brulica letteralmente, per solito, ogni passeggiata, sia pur breve. La conoscenza della natura e del paese si schiude piena di deliziose lusinghe ai sensi e agli sguardi dell'attento passeggiatore, che beninteso deve andare in giro ad occhi non già abbassati, ma al contrario ben aperti e limpidi, se desidera che sorga in lui il bel sentimento, l'idea alta e nobile del passeggiare» Questa è la storia di una libraia (che sarei io), del suo collega biologo naturalista e del suo ex collega scrittore che decidono di andare da Gambassi Terme fino a San Miniato percorrendo la Via Francigena. Le passeggiate che sto facendo per questo tratto di strada riscuotono molto interesse, ed eccomi quindi in partenza ancora una volta con un nuovo gruppo e sette ore di cammino davanti. Siamo partiti da dieci minuti e i miei compagni di viaggio già mi hanno abbandonato per inseguire un fagiano. Ecco la prima delle tante cose che ho imparato in questa giornata: ci sono aziende faunistico venatorie che allevano i fagiani per poi farli cacciare nelle stesse tenute dove hanno imparato a vivere senza timore dell’uomo. Voglio solo sperare che non abbiano avuto paura, un secondo prima dello sparo, ma che gioia vederne alcuni scorazzare ancora liberi nelle vicine aree protette. Vi siete salvati, non siete poi tutti fagiani! Ho imparato che tra le zolle smosse dagli aratri si trovano una quantità di conchiglie, coralli e tanto altro che in passato apparteneva al mare. Ho imparato perché si alternano coltivazioni di leguminose tra le lunghe file dei vitigni e perché all’inizio di ogni fila si pianta una rosa. Ho imparato che gli uomini all’incirca ogni dieci minuti devono discutere di calcio ma non si vergognano a parlare di matrimonio né di chinarsi per annusare un fiore, o emozionarsi scoprendo tra l’erba un’orchidea selvaggia. Ho ritrovato il piacere di chiedere cos’è a ogni singolo verso ascoltato in natura e ho scoperto che quello che mi serve è sempre una sfida: non avrei mai camminato

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sette ore se non fossi stata obbligata, eppure l’ho fatto. Federico, l’ex collega scrittore, dice che “sta cosa”, come non ha mai smesso di chiamarla dalle prime e-mail che ci siamo scambiati fino alla fine del percorso, è molto bella ma che probabilmente la rifarà tra dieci anni. Michele, con le gambe doloranti forse per il continuo chinarsi invano sopra ogni singola pozza d’acqua alla ricerca dei tritoni, piccoli anfibi a quanto pare difficili da scovare, si muove come se fosse nel suo habitat naturale ed è una meraviglia osservare con quale entusiasmo studia la natura, come se ogni volta scoprisse qualcosa di nuovo. Il suo è un approccio sicuramente molto contagioso e io sto già ipotizzando altri percorsi da affrontare in futuro. Se vi aspettavate di vedere foto della flora e della fauna locali avete capito male. Ho pensato che tanto, potendo farvi solo immaginare i profumi e i rumori che ho ascoltato e assaporato lungo il mio viaggio, allora riuscirò anche a raccontare i colori che ho incontrato passeggiando verso San Miniato. Immaginate colline di un verde intenso, l’erba alta mossa dal vento e i campi puntinati di giallo. Immaginate il blu e il viola della borragine pelosa, il marrone chiaro della terra ancora da arare alternato alle zolle scure della terra nuova, con il suo acre profumo. Il grigio della creta solidificato dal sole cosparso di conchiglie dello stesso colore, un leggero strato di polvere bianca che ricopre il tutto e che ti resta appiccicata alle dita quando la curiosità ti spinge a staccare dal suolo alcuni di quei frammenti. I fiori delle fave come tanti piccoli occhietti che ti guardano curiosi. Il polline giallo portato dal vento insieme ai versi dei fagiani, delle pernici, delle tante gazze, al rumore di un trattore in lontananza. Le voci di tre amici che non smettono mai di parlare e il suono cadenzato di sei piedi che si spostano nella stessa direzione. I saluti fatti ai tanti pellegrini incontrati durante il percorso. E poi la foresta, il sottobosco con i suoi ciclamini, e finalmente l’asfalto quando, dopo tanta fatica, arriviamo a San Miniato.

CREDITI le fotografie sono state scattate da Ilaria Di Biagio NOTE introduzione tratta da La passeggiata, di Robert Walser, Adelphi

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La Manhattan del Medioevo Non ho scelto io il mio destino. Sono io a essere stato scelto. All'inizio credevo che la vendetta sarebbe stata facile. Per trent'anni ho vissuto nell'ombra, donando la morte a chi la meritava e poi svanendo nel nulla. Non so chi ha dato inizio alla cospirazione, ma so chi vi porrĂ fine. Io sono Ezio Auditore da Firenze. E come mio padre prima di me sono un Assassino. testo Maria Celeste Meschini fotografie Gabriel Stabinger

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abilità aquisite in allenamento ora sono invisibile. Mi lancio in un carro pieno di foglie secche, sgattaiolo fuori e mi introduco in via del Quercecchio, proprio a ridosso dell’Arco dei Becci. Sono vicino al mio obiettivo. Qualcuno si avvicina, sento delle voci venirmi incontro ma in un attimo balzo al di sopra di un tetto e torno a mimetizzarmi nell’oscurità. Continuo dritto per via San Giovanni tenendo un occhio puntato sulla Porta Sud, che collega la città alla Francigena, la mia via di fuga a missione compiuta. Osservo un manipolo di uomini attraversare piazza del Duomo sotto la sguardo minaccioso della torre più alta. Non ho più paura, il timore ha lasciato posto all’adrenalina. Sono pronto per compiere la mia impresa. Vieri de’ Pazzi è di fronte a me, lo guardo attraverso il cappuccio che mi copre il volto. Lui riconosce la cicatrice che mi ha procurato in una lite di gioventù. L’infame urla il mio nome tentando di brandire la sua spada. Ma io sono più veloce. La lama celata donata da mio padre in un attimo scatta sulla gola di Vieri. I miei occhi gelidi sono su di lui. E con tutta la forza che mi rimane affondo la presa recidendogli la giugulare. E ora muori maledetto, muori per mano di Ezio Auditore. Un brivido attraversa le mie ossa al ricordo del sangue di Vieri de’ Pazzi che cola lungo gli scalini di San Gimignano.

Ricordo, come fosse passato un solo istante, il momento in cui la fune spezzò l’osso del collo di mio padre Giovanni Auditore, accusato di tradimento e giustiziato in piazza insieme ai miei fratelli per volere della famiglia de’ Pazzi in lotta da sempre contro i Medici, nostri alleati. Il Gonfaloniere da tempo tramava contro gli Auditore ma ero troppo giovane e ingenuo per sapere. Allora non conoscevo il mio destino e non sapevo che grazie al torto di Uberto Alberti, quel bastardo che trucidò i miei cari, avrei trovato la mia via. La sera prima di essere giustiziato mi arrampicai fino in cima alla torre dove era stato rinchiuso mio padre che mi parlò di un passaggio segreto all’interno del suo studio. «Usa il tuo istinto e scoprirai chi sei» mi disse, e non poteva avere più ragione. Fu grazie al buon Leonardo che riuscii a riparare la mia lama celata, un vecchio meccanismo che al tempo dei miei avi prevedeva l’amputazione dell’anulare per il corretto funzionamento e per la totale dedizione asserita all’arma. Ma quel pazzo di Da Vinci perfezionò il congegno e mi risparmiò il dito. Fu per proteggere lui che uccisi per la prima volta. Era una guardia, mi stava cercando, tutti a Firenze mi stavano cercando, per questo dovevo fuggire e portare in salvo mia madre e mia sorella, uniche sopravvissute al massacro. C’era solo un posto dove potevo andare, dove avrei trovato rifugio e la giusta preparazione per affrontare quelle imprese che di lì a poco avrebbero sconvolto il mio futuro. Trasformandomi in ciò che sono. Un Assassino. Fuggimmo di notte e, grazie all’arte della mimetizzazione

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racconto di viaggio

appresa dalle maliziose cortigiane fiorentine, riuscii a portare in salvo le mie donne nella casa di uno zio, in una villa situata nelle campagne limitrofe a Monteriggioni. Fu un periodo di duro allenamento, sia fisico che mentale. Lo zio mi istruiva costantemente all’arte del combattimento, all’uso delle armi e al perfezionamento delle mie doti acrobatiche. Aumenta la velocità. Picchia. Agguanta. Attacco Speciale. Scatta. Corsa acrobatica. Occhio dell’aquila. Spingi. A terra. E mi spiegava con rispetto la rivalità tra i Cavalieri Templari e la Confraternita degli Assassini, quest’ultima legata indissolubilmente alla mia famiglia e quindi al mio destino. Accarezzo la cicatrice che porto sul mio labbro e non posso fare a meno di sorridere beffardo al ricordo di Vieri de’ Pazzi che soccombe strozzandosi con il suo stesso sangue per mano della mia lama. Fu la mia prima vera missione. Dovevo introdurmi nella città di San Gimignano per stanare il rampollo della seconda famiglia più nota di banchieri fiorentini e mettere fine alla sua vita. Ricordo il rumore dell’erba calpestata dai miei passi veloci. Ricordo la collera che prende il sopravvento guardando la cima della Torre Grossa. Il mio saluto va alla Tomba dell’Assassino che lì riposa in pace. Forse anche io un giorno avrò una tomba dove poter riposare, o forse no. Ricordo la paura svanire al primo appiglio trovato sulla roccia, che mi permette di salire sempre più in alto fino al punto di osservazione migliore. Dalla Torre Cugnanesi osservo i movimenti dei miei nemici dall’alto, sapendo che grazie alle

Molte lune sono passate dall’impresa che mi consacrò alla Confraternità che ancora oggi onoro. Ho vissuto come meglio ho potuto, senza conoscerne fino in fondo lo scopo ma attrato come una falena da una luce distante. E qui, infine, scopro una strana verità. Sono solo un tramite per un messaggio che elude la mia comprensione. Ezio Auditore Ezio Auditore (Firenze, 24 giugno 1459 – Firenze, 30 novembre 1524) è un personaggio immaginario protagonista di Assassin’s Creed, una serie di videogiochi di avventura dinamica a carattere storico creata dalla Ubisoft che ha venduto oltre 76 milioni di copie in tutto il mondo. Nella II edizione Ezio compie diverse missioni in varie città italiane tra cui San Gimignano.

p in piazza del Duomo,

sullo sfondo le Torri dei Salvucci e la Torre Rognosa

myTrip multimediale

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p Piazza delle Erbe, che si trova all'incrocio all'asse Nord-Sud della Via Francigena q Ezio Auditore

CREDITI un grazie speciale a: Leon Chiro (cosplay), Cristina Vatielli e Ippolito Simion (concept), Federico Marchi e Valerio Vinnotti (multimedia)


 fujifilm presenta

Marco Tortato Yorick

«Quando decisi di intraprendere il cammino attraverso la Via Francigena da Firenze a Roma, il punto a cui ero arrivato con la mia fotografia era molto incerto. Avevo in corso un progetto personale sul ritratto, lavoravo per il Caffè Florian di Venezia per alcune catene alberghiere e occasionalmente Mondadori mi chiamava per qualche servizio. Ma la mia fotografia non aveva una direzione ben precisa. Allora, come ora, amavo quasi ogni ambito fotografico. Mi piaceva e mi piace sfidarmi, adoro trovare e superare i miei limiti. Il mio maestro, Harry De Zitter, mi disse tempo fa di non far mai passare un giorno senza aver imparato qualcosa di nuovo, e questo da allora è diventato il mio mantra. Il progetto della Via Francigena, che successivamente ha portato al blog zainidimegapixel.com, è diventato per me uno di quei momenti della vita che separa una fase da un'altra, che segna un profondo cambiamento. Fino ad allora non avevo mai pensato in maniera così cosciente alla fotografia. Mi ero sempre concentrato sull’aspetto comunicativo e su quello tecnico delle mie foto limitando la mia attenzione al singolo scatto. Il lungo camminare e le molte riflessioni lungo la Francigena mi hanno aiutato a prendere piena coscienza dello strumento “fotografia”, del suo linguaggio e della sua forza. E questo non solo in uno scatto, ma anche in più scatti, portandomi successivamente ad approfondire temi come lo storytelling che felicemente ritrovo dopo anni di letteratura e filologia, legati al mio passato accademico in Italia e USA. La foto che qui viene mostrata rappresenta un po' la metafora della mia evoluzione: la nebbia che si è diradata, da cui sono uscito, e la luce a cui tendo. In questo lungo percorso avere le giuste compagne di viaggio è stato fondamentale: X10 prima, X100 dopo, e poi X-T1 e infine la piccola XQ1 si sono dimostrate perfette per questo ruolo. La gamma di ottiche fisse è eccezionale per conferire coerenza ai racconti, grazie all’ottima qualità che questa tipologia di obiettivi può dare. X100 è maneggevole e leggera e nello zaino diventa fondamentale la questione del peso e dello spazio.

Biografia (Venezia 1971) Allievo del famoso fotografo pubblicitario belgaamericano Harry De Zitter, Yorick è fotografo professionista dal 2010. Ha sviluppato la sua tecnica e il suo gusto fotografico con lo studio e la collaborazione con alcuni fotografi molto conosciuti come Joe McNally, Adam Barker, David, duChemin, John Sexton e altri. È fondatore e collaboratore della Manfrotto School Of Xcellence e fotografo del famoso Caffè Florian di Venezia. Come fotografo editoriale lavora per Mondadori. Ha scattato numerose copertine di libri e CD e ha esposto le proprie opere in Italia e all'estero. Insegna in corsi e workshop in tutta Italia.

Quando mi trovo in condizioni estreme il modello XQ1, super compatto ma super potente in termini di qualità e potenzialità, è lo strumento perfetto sia per il reportage che per le foto di viaggio».

Via Francigena, tappa n.15 da Radicofani ad Acquapendente. Acquapendente (VT), agosto 2014

Yorick yorick-photography.com

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archeologia

 personaggio

Matilde di Canossa un'eroina moderna

Lost in Luni di Riccardo Melito

di Orso Di Pietra

La storia di Matilde di Canossa si è trasformata in leggenda grazie all’intreccio del suo nome con quello di papa Gregorio VII, il Pontefice che impone il predominio della Chiesa sull’Impero, e quello di Enrico IV, sovrano del Sacro Romano Impero che per tre giorni e tre notti, indossato il saio del penitente, invoca la clemenza del papa e il ritiro della scomunica davanti al portone del castello dove Matilde ospita Gregorio. Dopo la caduta del Regno Longobardo e grazie a una serie di matrimoni combinati tra i marchesi della Tuscia (Bonifacio di Canossa, l’ultimo dei marchesi, era il padre di Matilde) e una delle più importanti famiglie imperiali germaniche imparentate con i duchi di Borgogna (Beatrice di Lotaringia era la madre), il ducato dei Canossa era diventato il più esteso dell’Italia centro-settentrionale con una conseguenza fin troppo nota a chi studia geopolitica: quella di consegnare nelle mani di chi controllava

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la principale via d’accesso a Roma il potere di influenzare le sorti di chi governava la città dei papi. Chi voleva andare a Roma, in sostanza, doveva passare per le terre dei Canossa. Siamo nella prima metà del secondo millennio, quando lo scontro per l’egemonia tra papato e impero comincia a inasprirsi fortemente. La famiglia di Matilde, che controlla la strada da cui dipendono i destini del papato, diventa la prima sostenitrice della supremazia di Roma sugli imperatori germanici. I genitori della duchessa sono imparentati con Leone IX, sostengono il suo successore Benedetto X e il successivo Alessandro II. Matilde in particolar modo decide di fiancheggiare Ildebrando, il diacono poi eletto pontefice con il nome di Gregorio VII. Ildebrando, grazie all’aiuto e alla protezione della Duchessa, opera un’importante riforma della chiesa cambiando le modalità dell’elezione del papa che fino a quel momento era appannaggio di re, imperatori stranieri o nobili romani loro alleati, e impone le regole del Conclave tuttora in vigore. Ma Matilde non entra nella leggenda solo per il suo ruolo politico, seppur determinante per la storia della Chiesa e dell’intero Occidente cristiano. Vi entra anche, e soprattutto, per il suo esser stata una donna capace di imporre il suo marchio a una intera epoca non per il suo lignaggio ma per la sua fortissima tempra e la sua niente affatto nascosta femminilità. Data in sposa al figlio naturale del suo patrigno, un uomo che ha tali difetti fisici da essere passato alla storia come Goffredo il Gobbo, mette al mondo una figlia che muore subito dopo il parto. La

famiglia del marito condanna l’accaduto, Matilde viene tacciata di essere portatrice di malaugurio, umiliata e segregata in Lotaringia. Ma la ragazza fugge, torna in Italia e si nasconde dalla madre Beatrice nel castello di Canossa. Quando Goffredo il Gobbo scende a riprenderla offrendole terre e armate, lei lo respinge sdegnosamente. Dopo il suo assassinio, però, Matilde, giovane vedova, subentra alla madre Beatrice nella guida di un regno che dalla Toscana (per l’esattezza dall’attuale Tarquinia) giungeva allora fino al lago di Garda. La storia ufficiale racconta di Matilde che ospita a sostiene Gregorio VII incoraggiandolo a non cedere alla richieste di perdono di Enrico IV vestito da penitente fuori dal castello di Canossa. Quella ufficiosa racconta di una vedova giovane e ardente che si sarebbe legata a Gregorio non solo per questioni politiche ma anche con un rapporto più intimo e intenso. Fu per questo che Matilde donò al papato tutte le sue terre o solo perché Enrico IV, che era anche suo cugino, avrebbe potuto rivendicare il titolo per ottenere i suoi possedimenti? Anche questo interrogativo può avere risposte diverse. Di sicuro l’Imperatore cercò di vendicarsi dell’umiliazione subita da parte di Gregorio VII e Matilde, deponendo il primo e assediando a lungo la seconda nel suo castello. Ma alla fine l’indomita riuscì a ribaltare la situazione ottenendo la vittoria a Sorbara. La storia della Duchessa non si esaurisce con la sconfitta di Enrico IV. Ormai quarantenne, conclude un nuovo matrimonio d’interesse con Guelfo V, erede del regno di Baviera.

Ma Guelfo è un ragazzo di 19 anni, probabilmente impotente, che neppure di fronte a una Matilde che gli si offre completamente nuda nel talamo nunziale cede alla tentazione e consuma il matrimonio. La padrona della Francigena caccia Guelfo e riapre la partita contro l’Imperatore Corrado nel frattempo succeduto a Enrico. La conclusione di questa storia è come quella delle fiabe: Matilde costringe alla pace il nuovo imperatore, Enrico V e ottiene da lui la nomina a regina d’Italia e sua Vicaria. Cosa rimane, oggi, delle sue gesta? Di sicuro, il ricordo della sua personalità, oggi simile a quella di un’eroina da Trono di Spade. Ma anche la memoria della devozione che attraversava la Via Francigena. Prima dell’anno Mille quel percorso portava da Canterbury a Roma passando gli ostacoli naturali della Manica, delle Alpi e di quelle vie della costa tirrenica italiana che all’epoca erano infestate di predoni e dalla malaria diffusa fino alle porte della Città Eterna. Insieme al cammino per il Santuario di Santiago di Compostela e al viaggio in Terra Santa, era il pellegrinaggio che ogni cristiano medioevale avrebbe voluto compiere per emendarsi dei propri peccati. Il ravvivato interesse nei confronti della Francigena ha dato nuovo risalto alle tante storie che l'hanno attraversata, alla sua natura incontaminata e alla biodiversività che rappresentano un unicum del nostro Paese. Sempre nel segno di Matilde l’intrepida! Parmigianino, ritratto di Matilde di Canossa, XVI secolo. Per gentile concessione del Museo Diocesano di Mantova

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Risalendo lungo la via Francigena, nella tappa che va da Aulla ad Avenza, verso il confine con la Liguria, è d’obbligo sostare qualche ora nel sito archeologico di Luni, antico insediamento romano. La città, situata alla foce del fiume Magra, non distante da Sarzana, venne fondata nel 177 a.C. dai Romani, come avamposto per la campagna militare contro i Liguri. Originariamente chiamata Luna, ebbe il suo periodo di massimo splendore sotto l’impero di Augusto, quando divenne il principale porto del Mar Ligure. La sua crescita continua era stimolata dalla ricchezza di materie prime, soprattutto marmo e legno, e culminò nella costruzione di un grande anfiteatro da settemila posti, ancor oggi visibile. La fortuna della città continuò fino al VI secolo dopo Cristo, quando i barbari, attirati dalla sua opulenza, iniziarono a saccheggiarla. Pur rimanendo un centro importante, durante il Medioevo, i fasti di Luni volsero verso un costante declino. Ultima notevole dimostrazione della sua importanza è l’elogio che Dante Alighieri gli tributa nel Canto XVI del Paradiso. Ora Luni è divisa in tre località nella più classica tradizione italiana: Luni Mare, Luni Stazione e Luni Scavi, quest’ultima dedicata all’aera archeologica che comprende l’anfiteatro, parte dell’originaria città romana di Luna e un museo archeologico. Purtroppo la zona è piuttosto fatiscente e poco valorizzata. La città ha dato il nome alla zona geografica della Lunigiana, tornata agli onori della cronaca come possibile nuova regione italiana con il nome di Lunezia, che dovrebbe accogliere al suo interno le province di La Spezia,

Massa e Carrara, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Mantova, nonché una parte di quelle di Cremona e di Lucca. Si dice che ammirare il tramonto dalle rovine dell’originaria città romana sia un’esperienza unica dalle forti tinte psichedeliche e i più entusiasti si sbilanciano affermando che addirittura sia meglio che assistere a un concerto dei Pink Floyd a Pompei.

fotografie di Ilaria Di Biagio


d culinaria

 libri

Lo zafferano della Val d’Orcia

Il luogo degli dei sulla terra

di Federica Araco

di Claudia Bena

Racconta Ovidio che il dio Ermes, invidioso dell’amore tra il mortale Crocus e la ninfa Smilace, sua favorita, trasformò il bel giovane in un bulbo di zafferano (Crocus Sativus) e la dolce fanciulla in salsapariglia (Smilax Aspera). Diffusa sin dall’antichità in Asia e in Medio Oriente, questa pregiatissima spezia era usata dai sacerdoti per profumare i templi durante le cerimonie religiose, dalle spose per tingere i veli dell’abito nuziale e da medici ed erboristi per le sue proprietà afrodisiache, calmanti, digestive e tonificanti. Gli arabi, cui deve il nome di zaafran (giallo), la introdussero nel Magreb e in Andalusia finché il monaco Santucci di Navelli, inquisitore a Toledo, la portò a L’Aquila, dove nacquero molte coltivazioni. «Oltre all’Abruzzo e alla Sardegna, anche la Toscana in passato fu un’importante area di produzione di zafferano» spiega Egisto, titolare

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dell’azienda agricola Crocus Brandi di San Quirico d’Orcia. «Documenti contabili e amministrativi redatti tra il XII e il XIV secolo dimostrano che in particolare nella provincia di Siena, per le sue crete e il suo clima mite, si sviluppò un mercato molto fiorente». La città di San Gimignano, continua, trovandosi sulla Via Francigena ed essendo uno dei punti principali di smistamento della fortunata spezia, fu in gran parte costruita grazie ai proventi di questo commercio ma, a seguito di continue guerre, scorrerie e, infine, per la sconfitta di Siena da parte di Firenze, le coltivazioni furono abbandonate. Fino al 1995, quando Egisto decise di lanciarsi in questa avventura. Pioniere romantico e visionario, quest’uomo, non più giovanissimo, è diventato in pochi anni il principale produttore italiano di zafferano. «La semina dei bulbi si fa durante

la luna crescente di agosto e i fiori sbocciano con la luna crescente di ottobre», racconta. «E questo avviene contemporaneamente in Toscana, Sardegna, Abruzzo, Grecia e in tutti i Paesi dove è stato coltivato», aggiunge guardando soddisfatto il suo terreno, ora a riposo, incastonato tra le verdi colline della Val d’Orcia. I ricercatori hanno individuato finora diciassette varietà di zafferano, osservando che la pianta riesce ad attecchire solo nell’emisfero Nord del pianeta. «La specie originaria, il Crocus Sativus, rispetto a quelle spontanee, ha un corredo genetico moltiplicato, detto tetraploide» spiega versando dell’ottimo Chianti, in attesa che la moglie Claudia porti l’antipasto. «Ma la cosa straordinaria è che l’alterazione è avvenuta naturalmente, attraverso secoli di incroci e selezioni spontanee che hanno reso gli stigmi del fiore via via più grandi e ricchi di sostanze aromatiche e coloranti. Questo significa che la spezia che mangiamo oggi è geneticamente identica a quella menzionata nel Papiro di Tebe». Dopo aver assaggiato i magnifici crostini con pecorino aromatizzato, degustiamo delle ottime farfalle con prosciutto e piselli dal sapore avvolgente e delicato. «Il segreto – dice la cuoca – è tenere in ammollo gli stigmi per almeno un giorno in acqua tiepida piuttosto che aggiungerli a secco in cottura, come si vede in televisione o come si legge in alcune riviste». Autrice del libro De Croco. Lo zafferano in cucina, la signora Brandi racconta: «Ho sempre amato trafficare ai fornelli e ho deciso di rivisitare tutti i miei piatti,

dall’antipasto al dolce, aggiungendo questo ingrediente». Ogni autunno, dallo splendido fiore di colore violaceo si raccolgono a mano i tre pistilli che poi si lasciano essiccare lentamente, accanto a una fonte di calore. «In Grecia, in Asia e nei Paesi arabi li seccano al sole, alcuni li mettono sulla brace. Noi usiamo un forno elettrico a bassissime temperature», spiega Egisto, mostrando un grande contenitore in vetro colmo di filamenti vermigli. «La spezia deve restare qualche mese a riposo prima di essere utilizzata: più tempo passa dalla raccolta più il suo profumo diventa intenso». La fase della separazione degli stigmi dai petali è molto importante e delicata, conclude il nostro ospite: «Attorno a una grande tavolata disposta a ferro di cavallo le signore del posto, tutte rigorosamente sopra la settantina, estraggono da ogni fiore il prezioso ingrediente con cura e lentezza. Proprio come si faceva secoli fa».

Vivere in natura è un atto rivoluzionario che richiede forza, sia mentale che fisica, cinismo, lucidità. Vuol dire ritornare bambini, immergersi nel meraviglioso, risvegliare la consapevolezza della scoperta che nulla può essere dato per scontato. Significa fare i conti con dio, alla ricerca di prove a favore o contro la sua esistenza. Vivere in natura non è un lusso, ma una necessità dello spirito umano, un’espressione di fedeltà alla terra. Ma in che modo viverci sarà sempre argomento controverso, soprattutto se si parla di sfruttamento. Nel 1916 in America è stato creato il Park Service, con l’obiettivo principale di

n stigmi di zafferano, foto di Federica Araco, San Quirico d'Orcia m il fiore di zafferano colto dalle mani di Egisto Brandi nella sua azienda agricola in Val d'Orcia. crocusbrandi.it

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Desert solitaire di Edward Abbey Baldini&Castoldi 19,50€

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«garantire il godimento dei parchi attraverso pratiche e strumenti tali da lasciarli inalterati per il godimento delle future generazioni». Il dilemma è, dunque garantire il (loro) godimento o lasciarli inalterati. È proprio questo il punto su cui si è battuto per tutta la vita Edward Abbey, costante come la goccia di pioggia che nel tempo lascia il buco nella roccia, rumoroso come il vento che scolpisce le montagne. In una corsa contro il tempo per vedere i canyon prima che vengano irreversibilmente modificati dall’uomo, per cogliere l’eccellenza, tanto difficile quanto rara, prima che perda le proprie caratteristiche una volta eliminata la difficoltà di raggiungerla. Avete voluto asfaltare le strade dei parchi? Ora ditemi, riuscite a vedere di più viaggiando attraverso i sentieri asfaltati in macchina durante una settimana, o in una sola ora a cavallo per un percorso altrimenti sconosciuto? E poi: perché rendere accessibili ai vecchi e ai bambini questi luoghi? I primi ne hanno avuto di tempo per visitarli, per goderne quando erano ancora inalterati, i secondi ne avranno (se non saranno stirati prima da un’automobile, come dice l’autore). Ve lo avevamo detto che serve cinismo per vivere in natura. Erede letterario di Henry David Thoreau, precursore di tutti i movimenti a difesa dell’ambiente a ogni costo, il pensiero di Abbey che percorre tutto il libro ci mostra prima come ospiti della natura, poi come parte di essa, come un completamento, che però ha il suo ruolo, e deve obbedire alle sue regole. L’uomo è un sogno, il pensiero un’illusione, solo la roccia è reale.


animal house

L’anfibio dai mille colori di Valeria Ribaldi

Classe Amphibia Ordine Urodela Famiglia Salamandridae Genere Icthyiosaura Specie Icthyiosaura alpestris Sottospecie Icthyiosaura alpestris apuanus La parola greca αμφίβιος significa dalla doppia vita, e spiega il forte legame tra il mondo acquatico e quello terrestre. Gli anfibi, infatti, conservano le caratteristiche utili a sopravvivere in entrambi gli ambienti e per questo, in passato, si sono sviluppate leggende sul loro conto e sono spesso stati guardati con sospetto. L’area del Parco dell’Appennino tosco-emiliano è attraversata sia dalla Via del Sale che dalla Via Francigena. La prima è un intreccio di strade, sentieri e mulattiere su cui si svolgeva il commercio del sale attraverso l’Appennino, mentre la seconda è l’antica strada di pellegrinaggio che collegava Canterbury e Roma nel Medioevo, attraversata da migliaia di fedeli. Passeggiando proprio sulla Francigena, all’altezza di Sorano, nel territorio del comune di Filattiera entriamo in una zona che ospita varie specie endemiche. Siamo sulla riva sinistra del fiume Magra, nell’alta Lunigiana,

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in un territorio che si estende per quasi cinque chilometri in provincia di Massa e Carrara. Se in questa zona incontriamo quella che apparentemente potrebbe sembrare una lucertola, ma con una livrea più cangiante del solito, potremmo essere di fronte a una Ichthyosaura alpestris apuanus, comunemente detta tritone alpestre apuano. In effetti questi due piccoli animali, la lucertola e il tritone, conservano una lontana parentela e, ancora oggi, sono accomunati da una caratteristica molto utile: la capacità di rigenerare gli arti perduti e la coda. I tritoni sono dei salamandridi e fanno parte dell’ordine degli urodeli, hanno delle zampe piccole e corte e una coda lunga, entrambi utili a muoversi con agilità sia sulla terra che nell’acqua per catturare le loro prede come vermi, formiche, mosche, coleotteri, ragni, vespe, farfalle e lumache.

Questa sottospecie di tritone alpestre, inoltre, è particolarmente affezionata all’acqua dove svolge la maggior parte della sua vita e delle sue attività. In primavera, nei laghetti e nei piccoli stagni, l’Ichthyosaura avvia i suoi rituali di corteggiamento. È in questo particolare momento che il maschio si fa bello assumendo una livrea dai colori ancora più sgargianti del solito e la pelle si dota di creste e frangiature tra le dita degli arti, sul dorso e sulla coda. Il maschio inizia a danzare in apnea con lo scopo di sedurre e far avvicinare la femmina. Quest’ultima poi, una volta fecondate le uova, le lega tramite un collante speciale agli steli delle piante acquatiche. Oltre che come arma di seduzione, il tritone usa i suoi colori come avvertimento per intimorire avversari o predatori quando si sente in pericolo, mostrando tonalità più accese nel ventre.


y Eventi Segnalaci anche il tuo scrivi a: info@thetripmag.com a cura di Francesca Rosati aprile

FRANCIGENA IN FIORE

Una fiera primaverile dedicata al verde che ogni anno richiama migliaia di visitatori ad Altopascio (Lucca). Centinaia di esposizioni floreali colorano via Cavour e le piazze del centro, mentre vari eventi collaterali ed esibizioni arricchiscono questo importante evento della Via Francigena giunto quest’anno all’ottava edizione. ALTOPASCIO altopasciocultura.it comune.altopascio.lu.it

23 aprile - 30 novembre

LA VIA DI SANT’OLAV E LA VIA FRANCIGENA

Un progetto a dir poco ambizioso che ha come obiettivo quello di partire a piedi da Trondheim, in Norvegia, ad aprile, per arrivare a Gerusalemme a novembre. Probabilmente sei mesi sono pochi, ma l’idea è quella di coinvolgere tanti pellegrini provenienti da Norvegia, Svezia, Danimarca, Germania, Austria, Italia e altri Paesi per condividere un’autentica avventura. VIA FRANCIGENA picrobo.blogspot.no

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5 giugno - 6 settembre

CANTERBURY E LA MAGNA CARTA

Una delle copie ancora esistenti della versione originale della Magna Carta del 1215, esposta alla British Library di Londra, si pensa sia stata rilasciata dalla Cattedrale di Canterbury. Per celebrare questi ottocento anni di democrazia, sono previsti eventi prestigiosi per tutta l’estate: mostre, seminari, celebrazioni e tanto altro, con la regina Elisabetta come madrina.

urbano che tocca alcuni luoghi tra i più suggestivi e meno conosciuti della città del Palio, accompagnati da una guida esperta. SIENA comune.siena.it

LONDRA magnacarta800th.com

23 aprile - 20 luglio

14 - 17 agosto

SCONFINANDO NELLA WORD MUSIC…

I MESTIERI NEL BORGO

Fino al 20 luglio a Sarzana si terrà il Festival Internazionale di Musiche & Suoni dal Mondo. Riconosciuto ormai come uno degli appuntamenti più importanti nel panorama nazionale della World Music, prosegue il viaggio iniziato nel 1991 nei molteplici aspetti musicali e culturali che ci arrivano dal mondo della world music, del jazz e dai suoni dal mondo in generale. Anche quest'anno nomi di altissimo livello e prime assolute. SARZANA sconfinandosarzana.it

7 giugno - 1 novembre

9 - 24 agosto

8 - 13 settembre

5 - 11 dicembre 2015

LA SOFFITTA NELLA STRADA

MARATONA SULLA FRANCIGENA

SULLE ORME DEI BRIGANTI TRA TUSCIA E MAREMMA

A Sarzana, dal 9 al 24 agosto, si terrà la cinquantesima edizione del mercatino dell’antiquariato. È una data molto importante, sia perchè la Soffitta diviene a tutti gli effetti una delle manifestazioni di genere più antiche d'Italia, sia perchè continua la tradizione antiquaria della città di Sarzana. Il centro storico, dalle 16 alle 24, si riempirà di banchetti pieni di mobili pregiati, oggetti di modernariato e di design, accessori e gioielli d’epoca, bigiotteria, tappeti, pizzi, quadri, stampe e libri antichi.

fine agosto

PONTICELLO DI FILATTIERA borgoponticello.it

BORGO DI FILETTO terredilunigiana.com

MERCATO MEDIEVALE A FILETTO

Il secondo e il terzo fine settimana del mese nel borgo della Lunigiana tra mestieri medievali, prodotti gastronomici locali, costumi d'epoca e botteghe artigiane. Sarà possibile ammirare pregiate lavorazioni in legno, ferro, pietra, ceramica e cuoio e manufatti dell’antica arte della tessitura e del ricamo. E, per grandi e piccini, sarà possibile fare un viaggio nel tempo, perdendosi tra addobbi medievali, giocolieri, menestrelli e saltimbanchi.

#SIENAFRANCIGENA

Ogni domenica, dal 7 giugno al primo novembre, si svolgeranno escursioni guidate alla scoperta dei luoghi più seducenti di Siena: Porta Camollìa, San Pietro alla Magione, la casa dei Templari e poi dei Cavalieri di Malta, Banchi di Sopra, Piazza Duomo e il Santa Maria della Scala, il più antico ospedale di Europa. Un trekking

thesantrekking.it

30 - 31 maggio

CORTEO MATILDICO

16 ottobre - 27 ottobre

A PIEDI TRA MAREMMA E TUSCIA

Duecento chilometri in dieci giorni di cammino tra storie francigene e racconti medievali. Dal borgo di Proceno a San Lorenzo Nuovo, dal lago di Bolsena a Montefiascone, passando per la capitale della Tuscia. Si continua passando attraverso Vetralla, Capranica, Sutri, Monterosi, Montegelato, Formello fino a La Storta. La meta da raggiungere? Ovviamente la tomba di Pietro. Una scarpinata lunga ed emozionante, intervallata da cene in ristoranti tipici e notti in suggestive locande. LAZIO E TOSCANA thesantrekking.it

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A piedi, come antichi fuorilegge, lungo sentieri e strade poco battuti al confine tra Lazio e Toscana, alla scoperta di un territorio per lungo tempo rimasto in balìa delle scorrerie di predoni.

VIA FRANGIGENA volcanotrail.it

SARZANA leviedisarzana.it

Tutti gli anni si svolge ad agosto un evento diventato ormai storico nell'estate filattierese. Tre giorni e tre notti dedicati alla suggestiva rievocazione storica della vita quotidiana di una piccola comunità contadina della Lunigiana. Le cantine e i fondi del piccolo e pittoresco borgo in Provincia di Massa e Carrara ospiteranno le creazioni in pietra, vimini e legno degli artigiani locali, testimoni e depositari di antiche maestrie locali. La vita di un tempo viene riproposta con la filatura con rocca e fuso, la creazione di pizzi e merletti, il bucato con la cenere e la trebbiatura del grano.

Uno stage di trail-running in Toscana lungo l’antica Via di pellegrinaggio dedicato agli appassionati della corsa in natura intenzionati a migliorare la propria preparazione atletica. Dolci colline, strade bianche, ulivi, cipressi e piccoli borghi accompagneranno i runner per cinque giorni attraverso luoghi incantevoli come Firenze, Monteriggioni, Siena, Bagno Vignoni, San Quirico d’Orcia, Radicofani e Orvieto.

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Tra i numerosi cortei storici in costume che ricordano l’epopea matildica, il più pittoresco è quello di Quattro Castella. Guidato da Enrico V e Matilde di Canossa, un corteo in costume scende il colle di Bianello. Qui vengono riproposte scene di vita medievale, il gioco del ponte, la quintana dell’anello, ed esibizioni di sbandieratori, tamburini e musicanti. A 900 anni dalla morte di Matilde. QUATTRO CASTELLA corteomatildico.it


distribuzione

ROMA 40 GRADI Via Virgilio 1 ALTROQUANDO Via del Governo Vecchio 80

FRENI E FRIZIONI Via del Politeama 4/6

NECCI Via Fanfulla da Lodi 68

TREE BAR Via Flaminia 226

GALLERIA DOOZO Via Palermo 51/53

N’IMPORTE QUOI Via Beatrice Cenci 10

GALLERIA MUGA Via Giulia 108/9

OFFICINE FOTOGRAFICHE Via Giuseppe Libetta 1

ULTRASUONI RECORDS Via degli Zingari 61/A

ASSOCIAZIONE GRUPPO IDEE Casa Circondariale Rebibbia N.C.

IED Via Alcamo 11 & Via Giovanni Branca 122

BAR DEL FICO Piazza del Fico 26

IL BARETTO Via Garibaldi 27

BAR DUE FONTANE Piazza Perin Del Vaga 13

IMPACT HUB ROMA Via dello scalo di San Lorenzo 67

BARNUM CAFÈ Via del Pellegrino 87 BMW ROMA Via Barberini 94 BUCAVINO Via Po 45 CAFFÈ LETTERARIO Via Ostiense 95

IN-ES.ARTDESIGN Piazza della Suburra 6 JARRO IL QUATTORDICESIMO Piazzale di Ponte Milvio 32 KINCK KNACK YODA Piazza Risorgimento 11

OSTERIA DEGLI AMICI Via Nicola Zabaglia 25 PANAMINO BAR Parco Y. Rabin 23 & Via Panama PARIS Via di Priscilla 97/99 PASTIFICIO SAN LORENZO Via Tiburtina 196 PEAKBOOK Via Arco dei Banchi 3/A PIFEBO Via dei Serpenti 141 & Via dei Volsci 101/B

URBAN STAR Via Enrico Fermi 91/93 VILLA BALESTRA Via Ammanniti VOY Via Flaminia 496

MILANO BOND Via Pasquale Paoli 2 BITTE Associazione Culturale A.R.C.I. Via Antonio Pacinotti 7 CALIFORNIA BAKERY Piazza Sant’Eustorgio 4 Viale Premuda 449 Largo Augusto (Via Verziere ang. Via Merlo 1)

LET’sART Via del Pellegrino 132

RGB46 Piazza di Santa Maria & Liberatrice 46

CONTESTA ROCK HAIR Via del Pigneto 75 & Via degli Zingari 9/10

LIBRERIA DEL CINEMA Via dei Fienaroli 31

SANTA SANGRE TATTOO Via dei Latini 34

L'ISOLA DEL CINEMA Isola Tiberina

SOFA WINE BAR Via Cimone 181

DEGLI EFFETTI Piazza Capranica 79

LONDON CALLING Via XXI Aprile 2

DULCAMARA Via Flaminia 449

MAXXI (LIBRERIA MONDADORI ELECTA) Via Guido Reni 4/A

SUPER Via Leonina 42 THE MAGICK BAR Lungotevere Oberdan 2

FONDAZIONE STELLINE Corso Magenta 61

MONOCLE Via di Campo di Marzio 13

TIEPOLO Via Giovanni Battista Tiepolo 3

FONDERIE MILANESI Via Giovenale 7

CAFFÈ PROPAGANDA Via Claudia 15 CARGO Via del Pigneto 20

FABRICA Via Girolamo Savonarola 8 FOX GALLERY Vittorio Emanuele II 5

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S.T. FOTO LIBRERIA GALLERIA Via degli Ombrellari 25

CAPE TOWN CAFÈ Via Vigevano 3

F.R.A.V. Via Vetere 8 (ang. Corso Porta Ticinese) FRIP Corso di Porta Ticinese 16 GENIUS ACADEMY Viale Col di Lana 8 HANGAR BICOCCA via Privata Chiese 2 HUMANA VINTAGE Via dei Cappellari 3 INTRECCI Via Larga 2 JAMAICA Via Brera 32 LA FABBRICA DEL VAPORE Via Procaccini 4 LA SACRESTIA Via Conchetta 20 MC2 GALLERY Via Malaga 4 MiCamera Via Medardo Rosso, 19 PHOTOLOGY via della Moscova 25 SPAZIO FARINI via Farini 6

CENTRO CULTURALE DI MILANO Via Zebedia 2 – 20123

SPAZIO PROSPEKT Via Sartirana 2

CIRCUSTUDIOS Via Pestalozzi 4

THE HUB Via Paolo Sapri 8

EXPLOIT Via Pioppette 3

THE PHOTOGRAPHERS’ ROOM Piazza Fidia 3 UGO BAR Via Corsico, 12 WOK Viale Col di Lana 5/A

theTrip mag.com

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intervista


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