IL PERCORSO
Pizzi

Pizzo Vuturo
Pizzi
Pizzo Vuturo
LUNGHEZZA: 59,4 km
DIFFICOLTÀ: media
DISLIVELLO: SALITA 530 m DISCESA 513 m
FONDO: ASFALTO 98% STERRATO 2%
Stazione ferroviaria a Palermo, Isola delle Femmine, Capaci, Piraineto, Cinisi-Terrasini. Porto di Palermo, traghetti da/per Napoli, Genova, Livorno, Salerno, Cagliari.
Aeroporto Falcone-Borsellino a Palermo.
PALERMO: CIT Comune di Palermo, piazza Verdi 13, tel. 091-74.06.349, promozioneturismo@comune.palermo.it, turismo.comune.palermo.it.
TERRASINI: Museo Palazzo d’Aumale, lungomare Peppino Impastato, tel. 09188.10.989, museo.arte.riso.uo3@regione. sicilia.it, www.museoartecontemporanea.it/ museo_dAumale.
Assistenza bici
PALERMO: Prestigiacomo Bici, via Divisi
STRADA: PRINCIPALE 83% SECONDARIA 17%
55-57, tel. 091-61.62.443.
TERRASINI: Patrico Bike, via Perez 141, tel. 327-65.40.247.
PALERMO: Hotel Cortese, via Scarparelli 16, tel. 091-33.17.22, www.hotelcortese.info, €. Hotel Camplus, via dei Benedettini 5, tel. 091-77.89.000, €€.
ISOLA DELLE FEMMINE: Saracen Sands Hotel, via Libertà 128/A, tel. 091-86.71.423, info@saracenhotelpalermo.com, 237 camere, €€€.
CINISI: B&B Kunesias, via Badalamenti 246 (nei pressi dell’aeroporto), tel. 38077.16.432, kunesias@live.it, 15 posti, €€, servizio trasporto bici su richiesta.
Villa Rosa dei Venti, via Paolo Borsellino 107, tel. 392-15.43.706, bebvillarosadeiventi@ gmail.com, 15 posti, €€.
TERRASINI: B&B Le Oasi, via Santa Rosalia 34, tel. 091-86.86.544, info@ terrasinivacanze.it, 14 posti, €€.
B&B Zabbàra, via Calarossa 85, tel. 338-75.12.432, 13 posti, €€.
Tutte le avventure cominciano con la prima pedalata fuori dal cortile. Controlliamo bene il bagaglio, stringiamo la cinghia del caschetto, puntiamo i piedi ai pedali e partiamo! La prima tappa della nostra piccola odissea è iniziata. Lasceremo la frizzante e colorata Palermo utilizzando l’antica via costiera sulla quale incontreremo Vergine Maria, Arenella, Mondello, Addaura, piccoli
borghi marinari inglobati nell’hinterland palermitano. Le ruote scorreranno leggere sull’asfalto, con poche salite non particolarmente impegnative. Superato l’aeroporto, percorreremo parti di strada statale poco trafficate e frequentate da molti ciclisti. Le spiagge dorate ci tenteranno come canto di sirene.
Palermo L’uscita dalle grandi città non è mai agevole e Palermo non fa eccezione. Prestiamo attenzione al traffico veicolare e, soprattutto, allo stile di guida allegro e un po’ spregiudicato degli automobilisti palermitani. Utilizziamo la pista ciclabile sul lungomare del Foro Umberto I per giungere all’ingresso principale del porto, da qui parte l’antica strada costiera che attraversa tutti i borghi marinari della costa nord di Palermo. A breve distanza, per chi ha un bagaglio molto leggero o è pronto a una salita impegnativa, è possibile imboccare la strada [1.1] che raggiunge la cima del monte Pellegrino, molto amato dai ciclisti per l’acchianata, cioè la scalata.
Se invece non ci interessa questa deviazione e vogliamo conservare la gamba, proseguiamo sulla traccia. I borghi che incontriamo sono ormai inglobati nel tessuto urbano, quindi, possono essere caotici ma nascondono delle perle di una bellezza ancora oggi evidente. Continuiamo fino alla famosa SPIAGGIA DI MONDELLO dove possiamo fermarci per una pausa e riempire le borracce alla fontana a due passi dal mare.
Lasciandoci alle spalle la borgata di Mondello, per evitare la zona industriale, percorriamo qualche piccolo strappo, un paio di discese molto ripide e alcune sezioni su sterrato che, nella stagione delle piogge, possono presentare un fondo leggermente fangoso ma sempre percorribile [1.2]. Giungiamo infine all’intersezione con la SS113 che ci conduce a Sferracavallo, l’ultima frazione di Palermo.
Sferracavallo Prima di entrare nel piccolo borgo marinaro, possiamo fare una deviazione di pochi metri per visitare Punta Barcarello, uno sperone di roccia, sul mare, sul quale si trovano una serie di installazioni artistiche realizzate all’interno di un ex fortino borbonico.
Continuiamo poi, senza nessuna difficoltà, sulla strada panoramica che lambisce il porticciolo e che può essere molto trafficata, soprattutto nelle giornate di bel tempo e nei fine settimana. Un’ultima salita prima del belvedere, da cui è possibile scattare una foto sul golfo, segna l’uscita definitiva dal territorio della città di Palermo e l’immissione sulla spettacolare SS113 costiera.
Isola delle Femmine Seguiamo la SS113, con le sue dolci salite e discese, e prendiamo l’uscita a destra per Isola delle Femmine. Poco dopo raggiungiamo il porticciolo, vero centro della vita della città. Qui possiamo fermarci per una pausa presso uno dei bar che si affacciano sul mare. Riempite le borracce alla fontana imbocchiamo la lunga corsia ciclabile costiera che ci porta fino alla zona dei lidi.
Capaci Superata la zona dei lidi, comincia un rettilineo in leggera salita che culmina con l’arrivo al centro di Capaci, che si sviluppa sostanzialmente lungo la strada nazionale SS113. Il traffico in questo punto è sempre molto intenso e bisogna stare attenti, soprattutto, ai veicoli che si immettono dalle traverse, non sempre nel rispetto delle regole di precedenza.
Carini Superato il centro di Capaci, siamo di nuovo nel tratto extraurbano della SS113 che percorriamo, in discesa, fino a una grande rotatoria alla quale imbocchiamo la terza uscita in direzione di Carini. Prepariamo il fiato e le gambe per una salita mediamente impegnativa che termina con un muro di 1 km, con pendenze fino al 10%, in cui può essere necessario spingere la bici a mano, soprattutto se si è molto carichi. Alla fine della salita ci troviamo nella piazza centrale di Carini, con la spettacolare fontana monumentale, dalla quale sgorga acqua gelida anche nei mesi più caldi, e con numerosi bar ricolmi di deliziosi cannoli, ottimo rifornimento di calorie per proseguire nel viaggio.
Terrasini Ritemprate le forze e riempite le borracce, torniamo in sella uscendo da Carini sui divertenti tornanti in discesa. Non facciamoci distrarre dalla vista mozzafiato sulla piana di Carini e imbocchiamo, a metà di un tornante, la via Brindisi [1.3], un lungo budello in discesa delimitato da muretti a secco che proteggono aranceti e uliveti. Godiamoci gli oltre 8 km di discesa che ci fanno raggiungere di nuovo la SS113 [1.4], che imbocchiamo verso sinistra e percorriamo per circa 600 m prima di svoltare a destra seguendo l’indicazione per l’aeroporto. In prossimità di tale svolta, si trova la pizzeria di Giovanni Impastato, fratello di Peppino, vittima della mafia. Possiamo fare una pausa, mangiare qualcosa e rilassarci un po’ dato che mancano pochi chilometri alla fine della tappa.
Saltiamo di nuovo in sella e proseguiamo verso il mare dove incontriamo la pittoresca torre Pozzillo e l’aeroporto che costeggiamo a pochi passi dalla pista. Fra un rombo di motori al decollo e lo stridio dei copertoni all’atterraggio, planiamo sulla lunga discesa che ci porta prima alla spiaggia di Magaggiari e poi nel centro di Terrasini.
Palermo Elegante e trasandata, sofisticata e umile, grande ma composta da quartieri in cui la vita si svolge come in un borgo, Palermo è una città di contrasti, tutti sinonimi e contrari della bellezza. Una città che, seppur sfiori il milione di abitanti, profuma ancora di ricotta, pane caldo e soffritto all’ora di pranzo. Palermo però è anche la città con l’elegante centro storico in cui una folla oceanica di giovani si trova ogni sera nelle lunghissime zone pedonali di VIA MAQUEDA e VIA VITTORIO EMANUELE. Una città, dunque, in cui perdersi a piedi o in bici, girando a naso fra i vicoli con nomi che si perdono nel tempo, come via Materassai, via Calderai, via dei Pannieri, via dei Frangiai, tutti mestieri antichi che stanno scomparendo ma che qui, in un modo o nell’altro, esistono ancora.
Un ipotetico tour in bici o a piedi non può svolgersi senza attraversare i mercati storici della città: la VUCCIRIA, il cui nome deriva dal francese boucherie e che nel dialetto palermitano ha assunto il significato di confusione; il CAPO, uno dei mercati più antichi ma ancora oggi attivissimo; BALLARÒ, il più grande, che oggi, accanto alle antiche botteghe che vendono gli alimentari, ospita molte bancarelle di persone provenienti da tutto il mondo che vendono abiti usati e modernariato.
Palermo (Panormos, tutto porto), è anche città di mare, e tutti i popoli più importanti del mediterraneo ci sono passati, prima o poi. Fenici, romani, greci, bizantini, arabi, normanni, angioini, spagnoli, hanno dominato Palermo. Nessuno di questi è rimasto ma nessuno è mai andato via veramente, fondendosi in un incrocio di culture e architetture uniche al mondo. Le loro impronte sono, infatti, ancora visibili sia nell’ar-
Provate a chiedere a un palermitano le indicazioni per piazza Vigliena, vi guarderà stupito e vi risponderà che non esiste, eppure è la piazza più famosa della città. Continuate informandovi su dove si trovi piazza Vittorio Veneto, vi chiederà se siete certi di trovarvi nella città giusta dato che non esiste neanche quella. Infine, domandate dove sia Tonnarazza, si spazientirà e andrà via senza rispondere. Questa è una delle manifestazioni più divertenti del rapporto che i palermitani hanno con l’autorità costituita: i nomi delle strade e delle piazze rimangono quelli che la storia gli ha dato, anche se una delibera della municipalità ne ha stabilito un altro. Così piazza Vigliena si chiama i Quattro Canti, piazza Vittorio Veneto si chiama Statua della Libertà o più semplicemente ’a statua, piazza Tonnarazza si chiama piazza Sant’Erasmo. Sono decine i luoghi della città che, in barba alla loro denominazione ufficiale, mantengono e manterranno per sempre il loro nome originario, con orgoglio e determinazione.
chitettura, come la CATTEDRALE ARABO-NORMANNA tutelata dall’Unesco, sia nei volti della gente. Capita non di rado, infatti, che cugini nella stessa famiglia abbiano l’uno i capelli scuri e gli occhi neri, come gli antichi arabi che costruirono lo splendido CASTELLO DELLA ZISA, dotato di un rudimentale sistema di condizionamento dell’aria; l’altro i capelli rossi e gli occhi azzurri, come i normanni che costruirono il PALAZZO REALE e la CAPPELLA PALATINA.
Mondello Non c’è palermitano che possa immaginare la propria infanzia senza le domeniche al lido di Mondello. Questa piccola baia, lunga appena 1,5 km, è una delle più famose in Sicilia, soprattutto per due motivi: la SPIAGGIA, di sabbia bianca e morbida, costituita da conchiglie frammentate che la rendono più simile a una spiaggia caraibica che non a una mediterranea; le ville liberty che si trovano a decine nel suo lungomare. Nel piccolo borgo marinaro, in cui l’attività della pesca è ancora attiva nonostante i massicci flussi turistici, si trova anche una splendida
TORRE DIFENSIVA, recentemente ristrutturata, e il pittoresco stabilimento su palafitta denominato da tutti i palermitani come CHARLESTON, dal nome del ristorante che vi aveva sede fino a qualche anno fa. Durante la stagione balneare, la strada litoranea, che costeggia la spiaggia, si trasforma in un’area pedonale perfetta per una passeggiata in bici o a piedi.
Sferracavallo Racchiuso fra la riserva di Capo Gallo e il monte Billiemi, dal quale si estrae una pietra molto apprezzata dai palermitani per adornare le scalinate, si trova il golfo di Sferracavallo. Insenatura naturale caratterizzata da un mare verde smeraldo, è famosa per i suoi ristoranti di pesce e per il piccolo parco di PUNTA BARCARELLO . Quest’ultimo, realizzato volontariamente da privati cittadini, si trova su uno spe-
rone di roccia dove aveva sede un FORTINO BORBONICO del 1802 che difendeva la costa dalle frequenti incursioni corsare. Negli anni successivi al suo abbandono, ciò che rimaneva di tale fortificazione venne trasformato in cappella dagli abitanti del luogo. Caduta in uno stato di abbandono, negli ultimi anni, un gruppo di cittadini del posto ha risistemato i viali del grazioso parco e ha aggiunto alcune installazioni, come un curioso gruppo di mini-trulli e un peschereccio trasformato in fioriera.
Isola delle Femmine Leggenda vuole che il nome di questo borgo marinaro sia da attribuirsi al fatto che sull’isola, che si trova di fronte alle sue coste, vi fosse un carcere femminile di cui oggi sono visibili le rovine. In realtà, sull’isola ci sono i resti di una delle due torri edificate per difendere quel tratto di mare dalle incursioni dei pirati. La TORRE DI FUORI che si trova sull’isola, ormai semi distrutta e la TORRE DI DENTRO, nei pressi del porto di Isola delle Femmine, che è perfettamente conservata.
Carini Hykkara, nome greco di Carini, si trovava originariamente sulla costa. Durante la guerra fra Atene e Siracusa, venne distrutta dagli ateniesi perché alleata dei siracusani. I superstiti decisero di ricostruire la città più a monte fra i boschi, dove oggi si trova. Il centro nel tempo ha avuto un’espansione continua, favorita anche dalla fertile pianura che gli ha sempre assicurato una posizione di rilievo nella produzione agricola, purtroppo occupata, oggi, da centri commerciali e capannoni, fra i quali fanno ancora capolino gli aranceti e uliveti superstiti.
La potenza e la ricchezza di Carini sono testimoniate dal grande
CASTELLO MEDIEVALE , risalente all’XI secolo, al quale è legata la storia di un delitto molto famoso: quello della baronessa di Carini, uccisa dal padre per gelosia. L’efferato delitto colpì talmente la popolazione locale, da dare vita a una leggenda che sopravvive tuttora, quella dell’impronta insanguinata di una mano che comparirebbe ogni anno, nella stanza, nel giorno e nell’ora esatta dell’omicidio.
Terrasini Nata presumibilmente nel tardo medioevo come borgo agricolo e di pesca, nel 1836, con editto del re borbone Ferdinando II, comincia la sua esperienza di Comune. A prima vista dunque si potrebbe pensare che questa ridente cittadina, amata dai siciliani per le sue spiagge e le costiere, non conservi un legame con la storia antica. Ma niente è mai come sembra. Per comprendere meglio Terrasini e scoprirne tutto il fascino bisogna infatti visitare il MUSEO DI PALAZZO D’AUMALE, con un’esposizione permanente dei tipici carretti siciliani e una dedicata alle scienze e la natura che, con oltre 500.000 pezzi, ne fanno uno dei musei naturalistici più ricchi d’Italia; da non perdere, la sezione dedicata all’archeologia, dove sono custodite, fra l’altro, delle anfore contenenti il prezioso garum, salsa di interiora di pesce, che veniva prodotta nella zona e che arricchiva le tavole dei romani. La tradizione marinara è tuttora viva a Terrasini e una visita alla città non può che concludersi con una cena in una delle tante trattorie che cucinano deliziosi piatti di pesce fresco.
Tonde, quadrate, concave, perfettamente conservate o ridotte a un cumulo di macerie, sono oltre duecento le torri che, in Sicilia continuano a guardare il mare per proteggere la costa dai pirati. Sono state realizzate, in diverse fasi, dai popoli che hanno dominato la Sicilia, con stili e tecnologie differenti. Ciascuno di essi ha rinnovato quelle esistenti edificandone di nuove per rendere sempre più efficace ed efficiente il sistema difensivo costiero. Le prime torri, circa 40, sono di realizzazione svevo-normanna, risalgono al XIV secolo e sono situate sulla costa settentrionale, dato che la loro funzione era di respingere gli attacchi delle navi aragonesi provenienti da Napoli. Tuttavia, è nel XVI secolo che l’edificazione delle torri ebbe una forte accelerazione. Nel 1577, infatti, il viceré Marcantonio Colonna diede l’incarico al senese Tiburzio Spannocchi di redigere un progetto per riparare le 62 torri già esistenti, e di costruirne altre 123 per rendere il sistema difensivo inespugnabile. Il piano di Spannocchi rimase in buona parte non realizzato dato l’altissimo costo e, sotto mandato del Parlamento siciliano, nel 1583 si incaricò l’architetto fiorentino Camillo Camilliani di realizzare un consistente numero di torri che furono ultimate nel XVII secolo e costituiscono la maggior parte di quelle ancora esistenti. Ciascuna torre comunicava con quelle vicine attraverso segnali luminosi, o di fumo, per avvertire dell’arrivo di incursori. Nel periodo di massima funzionalità, un segnale di pericolo riusciva a percorrere il periplo dell’intera isola in meno di un giorno.
Diversa è la sorte di ciascuna torre. Alcune sono diventate abitazioni private come quella di Guidaloca, altre sono state trasformate in strutture ricettive come quella di Bonagia, altre ancora svolgono una funzione di pubblica utilità come la torre Mulinazzo, che ospita le luci di segnalazione dell’aeroporto di Palermo, altre infine sono scomparse del tutto, fagocitate da altri edifici o erose dalle intemperie.
In un modo o nell’altro, le torri difensive fanno parte della vita di tutti i siciliani, che le sfiorano ogni giorno andando al lavoro o durante le vacanze mentre sono distesi sul lettino in spiaggia. Per i ciclisti che percorrono il periplo della Sicilia, le torri sono delle compagne di viaggio che suscitano stupore e tenerezza dato che con fierezza, anche se ferite nella loro struttura, difendono ancora i fantasmi di villaggi e tonnare che non esistono più. Condividere una loro foto e raccontare della loro esistenza è il giusto tributo che ciascun cicloviaggiatore può dare a queste strutture che hanno garantito, nei secoli, la sopravvivenza dei siciliani.