Papà Montagna
Sara DonatiLa città si sta svegliando. Al quinto piano in viale Montenero arriva attutito il rumore dei primi clacson. È la mattina della partenza, ma Agata cerca di rimandare.


“Non ho le scarpe giuste…”
“Quelle da ginnastica andranno bene!”
Il papà le si avvicina e le fa scivolare nella mano un sasso, né troppo piccolo né troppo grande, bianco e liscio.
Agata lo infila in tasca mentre si gira dall’altra parte:
“Non ci voglio andare, papà!”.
“Cambierai idea, la montagna è meravigliosa in questo periodo…”

I grandi non vogliono mai capire.

L’autobus che porta i bambini al campeggio procede lentamente lungo i tornanti.

Agata pensa a cosa staranno facendo i suoi amici in città.
Qui niente case, negozi, luci.
Gli occhi arrivano lontano, ma tutto sembra immobile e dello stesso colore.

Gli altri bambini sanno già come montare una tenda, come accendere un fuoco o ricavare un bastone da un ramo. I temerari fanno a gara a chi tiene i piedi nell’acqua ghiacciata più a lungo. Sembra divertente.
Lei sa prendere la metropolitana da sola, ma qui non serve a niente.



Tutti intonano una canzone mentre raccolgono la legna, Agata è l’unica a non conoscerla. Resta in disparte, all’ombra di un albero, a calciare pigne appena cadute.
Seguendone le traiettorie si allontana dal campo.

Imbocca un sentiero che si inerpica nel bosco, poi scende verso un torrente disseminato di grosse pietre. Agata tenta di scalarle. Vederlo fare agli altri sembrava divertente, adesso è solo difficile.
La schiuma le vortica tutt’attorno e lei si sente un’isola. Un’isola triste e arrabbiata.

