IL PERCORSO
San Michele di Ganzaria


San Michele di Ganzaria
LUNGHEZZA: 20,6 km
DISLIVELLO: SALITA 290 m DISCESA 340 m
DIFFICOLTÀ: facile
FONDO: ASFALTO 20% STERRATO 80%
CALTAGIRONE: Stazione Fs di Caltagirone, linea Catania-Caltagirone-Gela, www.trenitalia.com.
Azienda siciliana trasporti, collegamenti autobus con Catania, Enna, Palermo, Gela, tel. 095-74.61.333, www. aziendasicilianatrasporti.it.
Etna Trasporti, collegamenti autobus con Catania, aeroporto di Catania, Ragusa, tel. 095-53.03.96, www.etnatrasporti.it.
Sais Autolinee, collegamenti autobus con Enna, Palermo, Agrigento, Messina, tel. 091-61.66.022, www.saisautolinee.it.
SAN MICHELE DI GANZARIA: Azienda siciliana trasporti, collegamenti autobus con Caltagirone, Piazza Armerina, Gela, Enna e Catania, tel 095-74.61.333, www.astsicilia.it.
MIRABELLA IMBACCARI: Sais Autolinee, collegamenti autobus con Caltagirone, Piazza Armerina, Enna, Catania e Palermo, tel. 091-61.66.022, www.saisautolinee.it.
CALTAGIRONE: Pro loco di Caltagirone, via Principe Umberto 10, tel. 0933-34.19.55, www.prolococaltagirone.it.
Servizio Turistico Regionale, via Sturzo 68, tel. 0933-58.38.37, turismo.caltagirone@ regione.sicilia.it. Tutti i principali servizi sono presenti.
SAN MICHELE DI GANZARIA: Pro Loco di San Michele di Ganzaria, piazza Marconi 1, tel. 0933-76.11.20. Ambulatorio territoriale, via Roma, 15, tel. 0933-76.12.34.
MIRABELLA IMBACCARI: Pro Loco, piazza Vespri 5, tel. 0933-99.00.20. Ambulatorio territoriale, via Vittorio Emanuele 45, tel. 0933-99.01.23.
CALTAGIRONE: Casa Francesca, via Ragona 8, tel.335-58.40.056, monteleone.tina@gmail. com, a donativo, aperto tutto l’anno. Santiago Rooms, via Sturzo 139, tel. 379-27.29.964, santiagorooms23@ gmail.com, singola 40 €, doppia 50 €, aperto tutto l’anno.
I Colori della Sicilia, via Principe Amedeo 19, tel. 338-39.07.855, ilsognocasavacanza@gmail.com, singola 35 €, doppia 60 €, aperto tutto l’anno.
SAN MICHELE DI GANZARIA: Casa Pinù, via Filippo Meli 91, tel. 345-88.56.605, g.fra2002@libero.it, singola 35 €, doppia 50 €, aperto tutto l’anno.
Casa del Sarto, via dei Greci 45, tel. 380-76.80.144, michelepmr1@gmail.com,
singola 30 €, doppia 50 €, aperto tutto l’anno.
Hotel Pomara, via Vittorio Veneto 84, tel. 0933-97.81.43, info@hotelpomara.it, www.hotelpomara.it, singola 35 €, doppia 60 €, tripla 80 €, quadrupla 100 €, aperto tutto l’anno.
MIRABELLA IMBACCARI: Hotel Wonder, via
Firenze 6, tel. 345-28.39.741, wonderhouse@libero.it, da 45 a 75 €, apertura annuale.
Imakara, largo Santa Lucia 5, tel. 338-59.51.310, 25 €, aperto tutto l’anno. RocHouse La Rotonda, piazza Aldo Moro 1, tel. 391-49.60.979, wonderhouse@libero.it, da 45 a 75 €, aperto tutto l’anno.
Muoviamo i primi passi a partire dal centro storico di una cittadina che da secoli rappresenta il punto di riferimento politico e culturale dell’intera area. Dopo i primi chilometri, in cui restiamo su strade provinciali e statali, abbiamo come costante punto di riferimento una ferrovia dismessa che ci porterà prima nel piccolo centro di San Michele di Ganzaria e quindi verso la meta finale di giornata, Mirabella Imbaccari, paese noto per la produzione di raffinati ricami e per la coltivazione dei fichidindia. Il territorio attraversato è caratterizzato dal rilievo del Monte della Ganzaria verso sud, mentre verso nord-est una fila di dolci colline si susseguono sino a svelare sullo sfondo la dominante presenza dell’Etna.
Dalla chiesa di San Giacomo di CALTAGIRONE percorriamo via Ocarella fino a congiugerci sulla sinistra con via Duca degli Abruzzi, dove incontriamo la prima caratteristica freccia gialla del Cammino, l’indicazione che ci accompagnerà sino a Capizzi. Percorriamo la via per 120 m e continuiamo a seguirla quando piega a sinistra, lasciandoci sulla destra via Stovigliai, per altri 100 m. Con un’ampia curva, proseguiamo sulla strada che diventa via Stazione Isolamento e ci immettiamo, camminando per circa 500 m, prima in via Circonvallazione e poi sulla SS 124 [1.1].
L’itinerario prosegue lungo la statale per 3 km, che affronteremo sul lato sinistro della carreggiata rispetto al nostro senso di marcia prestando particolare attenzione al traffico piuttosto intenso. Dopo aver oltrepassato il ponte sulla strada a scorrimento veloce Catania-Gela (SS 417) [1.2], proseguiamo ancora con cautela per circa un chilometro sulla statale, che diventa più stretta e tortuosa. Superate un paio di curve, troviamo finalmente sulla destra un ponte costruito sulla tratta ferroviaria dismessa Caltagirone-Dittaino, da tutti ormai considerato la porta del Cammino [1.3]: da questo punto entriamo nel vivo del percorso, utilizzando il sedime della ex strada ferrata che percorreremo in vari tratti durante le prime quattro giornate del nostro itinerario.
Dopo circa 500 m ci immettiamo nuovamente in una strada secondaria che seguiamo per poche centinaia di metri. Le frecce gialle del Cammino ci conducono nuovamente sul percorso ferroviario dismesso, che in questa tratta è stato oggetto di lavori di adattamento nei primi anni Duemila per adibirlo a pista ciclopedonale fra contrada Salvatorello e San Michele di Ganzaria [1.4].
Camminiamo piacevolmente in piano per 8 km, costeggiando le vallate coltivate a cereali e foraggio che scendono dal monte della Ganzaria, un rilievo abitato sin dalla preistoria perché facilmente difendibile grazie ai suoi quasi 800 m di quota. Attraversando alcune gallerie [1.5], continuiamo ad avvicinarci al prossimo centro abitato. Più a valle vediamo il cantiere per la realizzazione di una nuova strada a scorrimento veloce. Nelle giornate terse possiamo goderci ampie vedute verso l’Etna, che domina il paesaggio a settentrione. Lungo il percorso, radi cipressi e uliveti segnano il margine della vecchia strada ferrata, rimasta in esercizio sino al 1965.
Proseguiamo sullo stesso tracciato per circa 3 km fino ad arrivare a un bivio [1.6] che imbocchiamo sulla sinistra, iniziando la breve salita che ci condurrà all’interno dell’abitato di SAN MICHELE DI GANZARIA Entriamo in paese in via Vallonello, svoltiamo a sinistra in piazza Vittorio Emanuele dove ha sede il Palazzo comunale e ancora a sinistra in via Roma, raggiungendo così la centrale piazza Garibaldi [1.7]. Prima di proseguire lungo la traccia principale possiamo avanzare su via Roma per poche decine di metri, sino a un piccolo slargo dove alcuni murales rendono efficacemente le tradizioni e l’atmosfera del posto.
Da piazza Garibaldi proseguiamo per via dei Greci, che poi diventa via La Rosa, fino ad abbandonare, in discesa, il centro del paese. Arrivati dopo circa un chilometro a un’ampia curva, svoltiamo a sinistra verso contrada Risata, avviandoci, ancora in discesa, a riprendere il percorso ferroviario dismesso nei pressi del fiume Tempio [1.8]: normalmente il letto si guada con facilità, ma è bene fare attenzione in caso di forti precipitazioni.
Dopo una curva a destra, un arioso tratto in mezzo ai campi di ulivi e fichidindia ci conduce in circa 800 m al ponte crollato della ferrovia che il sentiero supera piegando dolcemente alcune volte a destra e a sinistra. Arriviamo così a un altro guado, questa volta sul torrente della Gatta. Nelle ordinarie situazioni di scarsa piovosità – che si prolunga solitamente da maggio sino a ottobre – per attraversare lo stretto corso sono sufficienti i sassi che affiorano dall’acqua. In caso di piogge modeste l’attraversamento è ancora possibile prestando maggiore attenzione.
Intersezione di Cammini: la Via Fabaria
Oltre a essere la città di partenza del nostro Cammino di San Giacomo in Sicilia, Caltagirone è anche tappa di transito di un altro importante itinerario “slow” siciliano: la Via Fabaria. Nella città della ceramica termina la sesta tappa del percorso (317 km totali) ideato dall’Associazione Amici dei Cammini Francigeni di Sicilia, che collega Agrigento con Randazzo, ai piedi dell’Etna. Chi percorre la Fabaria riparte da Caltagirone verso Grammichele, dove si snoda un’ulteriore diramazione di questo itinerario in direzione dei monti Iblei. Per informazioni su questi itinerari è possibile consultare il sito web: www.viefrancigenedisicilia.it oppure la guida di Terre di mezzo.
Superato il torrente della Gatta, mancano ormai meno di 4 km alla meta finale. Svoltiamo subito sulla sinistra (si nota poco distante un evidente fabbricato isolato) [1.9] e percorriamo una traccia che si mantiene ai margini dei campi coltivati a cereali sino a riprendere l’ex percorso ferroviario dopo un breve tratto franato.
La camminata finale verso la meta di giornata affronta modeste pendenze in mezzo a un rado rimboschimento di eucalipti [1.10] Entriamo nella parte nuova dell’abitato di MIRABELLA IMBACCARI , percorrendo via La Torre (dove si incontra una delle croci artistiche disseminate lungo il Cammino) fino a raggiungere piazza Aldo Moro (la cosiddetta “Rotonda”) dove si trovano pizzerie, ristoranti e un supermercato. Da qui risaliamo con una breve ma ripida ascesa al centro storico di Mirabella Imbaccari: imbocchiamo via Taormina, svoltiamo a sinistra in via Matteotti, giriamo ancora a sinistra in via Taragnino e due volte a destra in via Merletta e in via Gagliano. Arriviamo così in piazza Vespri, davanti alla chiesa intitolata alla Madonna delle Grazie: è qui che termina la prima tappa del nostro Cammino.
Caltagirone La “regina dei monti” è una delle città siciliane più pittoresche. Ricca di storia e di monumenti, Caltagirone è articolata su tre colline nella zona in cui i monti Erei si congiungono ai dolci rilievi Iblei. Il suo nome deriva probabilmente dall’arabo qual’at al giarun (ovvero “collina dei vasi”), forse dovuto ai grigi calanchi che circondano la città, utilizzati da secoli per l’estrazione dell’argilla.
Dopo il terremoto del 1693, la città si arricchì di nuovi monumenti e architetture barocche, pur conservando molte testimonianze del pe-
riodo medievale. Basta fare un giro per il centro storico per restare affascinati dalla ricchezza di opere artistiche e architettoniche grazie alle quali Caltagirone, nel 2002, è stata inclusa nel sito Unesco “Città tardo barocche del Val di Noto”. La caratteristica degli edifici di Caltagirone e degli altri centri della Sicilia orientale è che si tratta di opere pressoché coeve, sebbene diverse per materiali di costruzione (dal tufo di Noto color del miele sino alla nera pietra lavica di Catania): furono tutte costruite nei primi decenni del Settecento durante la grande opera di ricostruzione intervenuta dopo un sisma disastroso.
All’inizio di via Roma si incontra VILLA VITTORIO EMANUELE , il giardino pubblico disegnato dal grande architetto Giovan Battista Filippo Basile sul modello dei parchi inglesi, abbellito da una balaustra decorata con vasi di ceramica e volti diavoleschi. A fianco si trova il ricco MUSEO DELLA CERAMICA (per il quale è previsto lo spostamento in una sede più ampia) che raccoglie ben 2.500 esemplari di opere prodotte in Sicilia sin dalla preistoria e testimonia un’arte che qui è praticata da millenni, ha alimentato l’economia locale e ha reso famoso il nome di Caltagirone in tutto il Mediterraneo.
Il centro storico è un susseguirsi di piazze, palazzi, edifici religiosi: il teatro Politeama, la chiesa di San Francesco di Paola, il Tondo Vecchio, il palazzo Sant’Elia, la chiesa di Sant’Agata e il carcere borbonico, sede del MUSEO CIVICO LUIGI STURZO . Qui sono ospitate collezioni stabili e mostre temporanee, articolate in una parte archeologica e in una pinacoteca, ed è possibile visitare alcuni degli ambienti della massiccia struttura carceraria originaria.
In piazza Umberto I spicca la CATTEDRALE DI SAN GIULIANO , edificata durante la dominazione normanna, e interamente ricostruita nel Settecento, per poi essere rimaneggiata ancora con gli inserti liberty-floreali che risalgono al XX secolo.
Proseguendo per piazza del Municipio, attorniata da eleganti palazzi, si arriva ai piedi della SCALINATA DI SANTA MARIA DEL MONTE , realizzata nel 1606 ma diventata il simbolo di Caltagirone a partire dal
Caltagirone è da secoli sinonimo di ceramica. Le sue origini risalgono al periodo arabo (IX-XI secolo), quando la città, allora chiamata Qal‘at al Ghiran (ovvero “collina dei vasi”), divenne un fiorente centro di produzione artigianale. L’arte ceramica si sviluppò ulteriormente con i normanni, gli spagnoli e nel periodo barocco, lasciando un’impronta profonda nel tessuto urbano e culturale. Le tipiche maioliche calatine si distinguono per i vivaci colori – verde ramina, blu cobalto, giallo oro – e per i motivi decorativi ispirati alla natura, alla religione e al folklore locale. Tra le tipologie più celebri: i vasi antropomorfi, le teste di moro che ormai sono considerate fra i simboli dell’isola, le mattonelle istoriate, i piatti decorativi e le alzate rigorosamente lavorate a mano. Ma il vero monumento alla ceramica di Caltagirone resta la scalinata di Santa Maria del Monte: 142 gradini, ciascuno decorato con maioliche diverse, che raccontano secoli di storia.
1954, quando vennero realizzate le splendide alzate in ceramica dei 142 gradini. L’opera di rifacimento venne concepita e guidata da Antonino Ragona, colto e appassionato studioso locale riuscito nell’ardua impresa di far ripercorrere al visitatore, un gradino dopo l’altro, mille anni di storia di una delle più longeve e conosciute attività artigianali locali. Un’iscrizione a inizio scalinata ricorda che i realizzatori delle formelle furono i maestri ceramisti Gesualdo Aqueci, Francesco Iudice e Nicola Porcelli. In occasione della festa del patrono di Caltagirone, San Giacomo, il 24 e 25 luglio, la scala viene illuminata da migliaia di lumere (piccoli recipienti di terracotta riempiti di olio). Per aumentare l’effetto scenografico le fiammelle vengono protette da un coppo di carta colorata e artisticamente disposte sulla lunga gradinata, secondo un disegno che viene di volta in volta modificato. Ogni anno all’ora stabilita la scalinata di Santa Maria del Monte offre uno spettacolo unico e sorprendente.
In cima alla scalinata svetta la CHIESA DI SANTA MARIA DEL MONTE , antica sede del potere religioso. Da qui la vista spazia sui tetti delle case e su decine di campanili e cupole. Ai due lati della scala s’intravedono le viuzze degli antichi quartieri di San Giorgio e San Giacomo, i cosiddetti “carruggi”, così chiamati sin dai tempi della presenza genovese in questo angolo di Sicilia, che risale ai primi decenni della dominazione normanna in Sicilia. Le remote influenze liguri sono ancora vistosamente testimoniate dalla presenza della croce di San Giorgio nello stemma della città.
Nella piazza del municipio si affaccia anche la GALLERIA LUIGI STURZO, realizzata negli anni Cinquanta del Novecento e dedicata alla figura del sacerdote e politico nato proprio a Caltagirone nel 1871. Sturzo fu tra i fondatori del Partito popolare italiano; convinto antifascista,
IMBACCARI. Il murales dedicato al tombolo nel centro del paese.
si distinse come sostenitore dell’impegno dei cristiani in politica e venne nominato senatore della Repubblica durante i suoi ultimi anni di vita.
Oggi la ceramica rappresenta il cuore identitario, culturale ed economico della città. Le botteghe artigiane, tramandate di generazione in generazione, mantengono viva una tradizione che si rinnova tra innovazione e memoria. Caltagirone ospita anche il Museo regionale della Ceramica (via Giardini Pubblici), tra i più importanti d’Europa.
San Michele di Ganzaria Le origini del borgo risalgono al periodo arabo, ma sulla montagna che sovrasta l’attuale abitato sono stati rinvenuti i resti di una necropoli tardo antica. Documenti certi attestano invece l’attribuzione da parte di Antonio Gravina, il 25 settembre del 1534, di “tuctu lu feudu di Sanctu Micheli e tucta la Sausetta Soprana” a un gruppo di profughi albanesi, fuggiti sulla spinta delle conquiste ottomane. A differenza di altre zone della Sicilia, nella lingua parlata a San Michele di Ganzaria non sembra esserci traccia della presenza arbëreshë, anche se alcuni cognomi evidenziano la lontana origine balcanica. Sono invece ancora visibili i pochi ruderi di un castello costruito dalla stessa famiglia Gravina nel XVI secolo, sulla collina del Carmelo.
Proprio nella piazza principale è visitabile il piccolo MUSEO DELLA GANZARIA (in via dei Greci 35, aperto tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19), che raccoglie testimonianze e reperti legati alla storia e alle tradizioni della comunità.
Programmando il Cammino nel periodo pasquale, è possibile partecipare a una delle più sentite manifestazioni religiose del paese: la PROCESSIONE DEL CRISTO MORTO , la cui statua viene portata lungo le vie
del paese all’interno di una teca di vetro addobbata soprattutto con fave, cibo consacrato tradizionalmente ai defunti. Interessante la presenza di un nucleo di “lamentatori”, composto da uno o più solisti che intonano antiche nenie accompagnati da un coro.
Mirabella Imbaccari Nel 1610 don Giuseppe Maria Paternò Gravina chiese e ottenne da re Filippo III di Spagna il feudo di Baldo e Piana di Minnelli per costruirvi un paese, cui diede il nome di Mirabella in onore della famiglia della moglie Eleonora: così nacque il paese cui successivamente venne aggiunto il più enigmatico appellativo di Imbaccari.
L’attuale abitato venne edificato nel XVII secolo con la costruzione di sessanta case lungo l’odierna via Trigona, dell’imponente PALAZZO BISCARI e della chiesa intitolata alla MADONNA DELLE GRAZIE . Il palazzo fu la prima sede della scuola dedicata all’arte del tombolo, istituita nel 1910 dal principe Ignazio Paternò Castello e dalla moglie Angelina Auteri, i quali, animati da grande fede cristiana, decisero dopo 25 anni di sciogliere le promesse matrimoniali, entrare in convento e donare tutto il loro patrimonio. Oggi il palazzo (visitabile nei giorni dispari, di pomeriggio, sino alle 18.30) si presenta completamente rifunzionalizzato grazie all’intervento della Fondazione MeSSInA, ma ospita ancora due suore Dorotee: l’ultima presenza dell’Ordine religioso che per decenni ha insegnato alle donne locali l’arte del pizzo a tombolo.
Da visitare anche il MUSEO DEL TOMBOLO , significativo tributo alla cura, alla passione, alla vera dedizione con cui le donne di Mirabella Imbaccari da oltre un secolo intrecciano fili di cotone ricavandone pizzi e merletti. Il museo si trova in via De Gasperi ed è aperto la mattina dal lunedì al sabato e martedì e giovedì anche nel pomeriggio. La successione di sale che compone lo spazio espositivo gestito dal Comune offre esempi raffinatissimi di ricami destinati a ricchi committenti, realizzati grazie a mesi di paziente lavoro, ma anche composizioni più semplici, un tempo utilizzate come corredo matrimoniale delle spose.
Il simbolo spinoso ma delizioso della Sicilia cresce e prospera proprio nelle terre attraversate dal Cammino. In particolare, l’area compresa tra San Michele di Ganzaria e Mirabella Imbaccari fa parte del territorio dell’apprezzatissimo Ficodindia Dop di San Cono. La pianta, originaria del Messico, fu portata in Europa dagli spagnoli nel XVI secolo, dapprima come semplice curiosità ornamentale da esibire nei giardini aristocratici. Nel Seicento un botanico segnalò la presenza della singolare pianta in un “orto ameno” di Palermo ed è stata trovata anche una sua dettagliata illustrazione effettuata in Sicilia a metà del secolo. Da quel momento il ficodindia ha trovato sull’isola una sua patria d’elezione. Il clima è risultato congeniale alla pianta e la sua agevole riproduzione per talea ne ha consentito la diffusione in ogni angolo della regione.
Nell’Ottocento alcuni autori lo definivano addirittura il vero “pane dei contadini”, visto che spesso veniva utilizzato in pieno inverno per sostenere le povere diete della gente di campagna. Già all’inizio del Novecento in varie zone della Sicilia le caratteristiche piante originarie del Messico erano largamente coltivate. Si mettevano a dimora principalmente intorno alle masserie per ottenere ampie macchie cui attingere per i bisogni della famiglia, ma anche per fornire foraggio agli animali. In particolare, ai bovini venivano dati da mangiare i cladodi (corrispondenti ai rami dell’arbusto), quelli che comunemente in Sicilia vengono chiamate “pale”. Oggi sono circa quattromila gli ettari di ficodindieti condotti sotto forma di coltura specializzata nell’intera regione. Una delle zone più rinomate è proprio quella che circonda l’abitato di San Cono, sino a comprendere anche San Michele di Ganzaria e Mirabella Imbaccari.
Questa generosa pianta è singolare anche per quanto riguarda le foglie, che durano solo poche settimane. La funzione della fotosintesi è svolta infatti dai cladodi, che sono ricoperti da una sottile cuticola. I frutti possono essere a polpa gialla (la più comune), rossa o bianca (la più ricercata). Il periodo della raccolta inizia alla fine dell’estate, ma i frutti più pregiati sono quelli ottenuti dalla seconda fioritura in pieno autunno. Da decenni, per ottenere la fruttificazione tardiva si opera in Sicilia la cosiddetta “scozzolatura”, asportando fiori e “pale” nei mesi di maggio e giugno. Quando possibile, negli impianti moderni – come quelli che si fiancheggiano durante la tappa da Caltagirone a Mirabella Imbaccari – si ricorre a una leggera irrigazione per avere frutti più grossi e compatti. L’unico difetto di questo frutto gustoso (consigliato anche in abbinamento con un buon bianco da aperitivo) è la necessità di sbucciarlo con forchetta e coltello facendo attenzione a non pungersi. Ma negli ultimi anni le aziende agricole più evolute hanno ovviato anche a questo problema immettendo sul mercato frutti già privati delle spine.