Italia coast to coast

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PIORACO

200

SEPPIO

400

MERGNANO S. SAVINO

600

SABBIETA

800

GROTTE DI S. EUSTACHIO

1.000

PIANI DI CRISPIERO

Da San Severino Marche a Pioraco SAN SEVERINO MARCHE

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0m 0 km

KM:

5

10

15

25,9

DIFFICOLTÀ: ● ● ●

840 m 56% ASFALTO: 44%

DISLIVELLO TOTALE: SALITA STERRATO:

DISCESA

630 m

Per informazioni Pioraco:

Gruppo speleologico, tel. 349-74.46.590 (Giulio).

Dove dormire B&B Il Viale dei tigli, tel. 0737-64.43.64 / 347-98.69.428, ilvialedeitigli@libero.it. Con uso cucina.

Mergnano San Savino:

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All’incrocio del paesino, andare a destra, vialetto d’accesso dopo 80 m sulla sinistra. LOC. LE CALVIE (fuori percorso, si allunga di 1,3 km): Hotel ristorante Villa Fornari, tel. 0737-63.76.46 / 328-82.99.990, info@villafornari.it. A Mergnano San Savino prendere la stradina in salita a sinistra della fontanella e seguirla per 1,9 km fino alla Provinciale; a destra dopo 400 m. Per tornare sul C2C, proseguire per la strada fino a (47). Pioraco: Hotel ristorante Il Giardino, via della Vittoria 6, tel. 0737-42.591, ilgiardinodipioraco@libero.it. Prenotare con anticipo.

La quinta tappa del C2C è uno splendido percorso di montagna, che ci sorprenderà per la natura, i magnifici panorami, gli eremi, i deliziosi borghi. Si consiglia d’indossare scarponi da montagna almeno fino a metà tappa, e di rifornirsi d’acqua alla partenza.

Il percorso Dando le spalle alla torre dell’orologio, attraversiamo per tutta la lunghezza piazza del Popolo, e imbocchiamo di fronte a noi via Garibaldi. Dopo 100 m, davanti al Monte di pietà andiamo a sinistra, su acciottolato, e dopo 50 m di fronte al crocifisso, a destra per via Salimbeni, seguendo le indicazioni per la pinacoteca. Percorriamo tutta la via su cui si affacciano bei palazzi rinascimentali, e usciamo da Porta San Lorenzo. Attraversiamo la stradina che costeggia le mura, proseguendo diritto per via San Paolo, asfaltata. Dopo 300 m, al bivio andiamo a destra ( i ciclisti proseguano invece diritto per la ripida salita, vedasi variante per ciclisti) immettendoci sulla Provinciale; qui andiamo a sinistra. Dopo 300 m, appena prima del ponte sul fiume Potenza, infiliamo una stradina asfaltata sulla sinistra, seguendo le indicazioni per Grotte 52


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di Sant’Eustachio, che ci guideranno fino all’eremo. Dopo 50 m, teniamo la destra; procediamo per 600 m lungo una tranquilla stradina asfaltata, poi imbocchiamo una sterrata sulla destra. Lo splendido percorso, ben ombreggiato, si sviluppa per 2,3 km: dapprima in piano, costeggiando un canale irriguo, poi salendo gradatamente, e termina immettendosi su un’altra sterrata (35). Andiamo a sinistra in salita e, dopo 30 m, a destra, imboccando un sentiero chiuso da una sbarra, che conduce a una magnifica sterrata. Davanti agli occhi ci si presenterà uno scenario di rara bellezza: siamo entrati nella valle dei Grilli, una spettacolare gola che si restringe progressivamente man mano che ci avviciniamo alle Grotte di Sant’Eustachio. Un’oasi di pace, verde e frescura entro cui scorre il fosso di Sant’Eustachio: facilmente potremo comprendere le ragioni che hanno spinto gli eremiti fin qui. La sterrata sale in modo graduale per 1,3 km e termina in una piccola radura, dalla quale si accede alle grotte. Dopo aver visitato le grotte, seguendo l’indicazione per La Forra, imbocchiamo un sentiero che, salendo, s’inoltra in un’esuberante vegetazione. Dopo 500 m, nel bosco, raggiungiamo un bivio, dove teniamo il sentiero di sinistra, che scende al fosso, seguendo l’indicazione per Rudere 1821. Ci troviamo nel punto più stretto della gola, e per qualche decina di metri cammineremo nel letto del fosso; poi il sentiero torna a salire e, percorsi 300 m dal bivio, ne raggiungiamo un secondo: sulla destra c’è il sentiero che sale al Rudere 1821, mentre noi proseguiremo diritto. Da qui in poi la gola si fa più ampia, il sentiero sale su fondo pietroso per 1,2 km e pendenza media del 15%. Verso la sommità, dove la pendenza si attenua, attraversiamo una piccola pineta e giungiamo a un trivio. Andiamo a sinistra, e dopo 300 m raggiungiamo il bivacco Mànfrica (36), costruzione non gestita, sulla sterrata da cui provengono i coasters in bici. C’è una fontanella, converrà dissetarci e riempire le borracce (la prossima fontana la incontreremo soltanto tra quasi 7 km, a Tuseggia). Andiamo a destra sulla sterrata, che dopo 400 m in discesa, inizia a salire. Dopo 1,2 km di salita raggiungiamo una stradina asfaltata presso i piani di Crispiero (37), punto più alto della tappa, a quota 750 m slm. Andiamo a destra per la stradina asfaltata, che per un buon tratto rimane in quota, poi comincia a scendere. Percorsi 1,3 km dal (37), la strada, in discesa, compie una semicurva a sinistra e va a infilare un lungo rettilineo (circa 900 m) in discesa. Dallo stesso punto in cui comincia il rettilineo, percorriamo esattamente 150 m lungo la strada asfaltata, costeggiando una recinzione sulla destra: dove questa termina (38), taglieremo per il campo alla nostra destra, in discesa. Dopo 100 m raggiungiamo un sentiero; andiamo a sinistra e subito a destra, percorriamo 100 m con il bosco ai due lati, infine il sentiero termina in una radura. Volgendoci a sinistra, costeggiamo il perimetro della radura tenendo il bosco a sinistra, e dopo 130 m incontriamo davanti a noi un sentierino che, aprendosi la strada in mezzo agli arbusti, s’inoltra nel bosco, dove la traccia diventa evidente. Percorsi 300 m in discesa, il sentiero termina sulla strada asfaltata: andiamo a destra e dopo 20 m, davanti a una cappelli-

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Il paese dei nomi strani Pioraco vanta un curioso primato: quello d’essere il paese dei nomi strani. Il fenomeno si spiega con il fatto che la storia del paese è strettamente legata a quella delle cartiere. A Pioraco arrivavano centinaia di vecchi libri destinati al macero, e molti di questi venivano letti, e a volte conservati, dalla gente del posto. Così s’imparavano nuovi termini, che in alcuni casi erano usati per dare il nome ai nascituri. Per questo, a Pioraco si possono trovare nomi come Valchiria, Belgrado, Aeroplano, Berlina, Guerriero, e altri nomi insoliti. na, a sinistra (40), immettendoci su stradina asfaltata in discesa seguendo le indicazioni per Sabbieta. Dopo 150 m, a un bivio teniamo la strada principale, a sinistra, in discesa; e dopo 1,5 km di tranquillo percorso ombreggiato, oltrepassiamo il piccolo borgo di Sabbieta, un gruppetto di case raccolte intorno alla chiesa. Oltrepassata la chiesetta, la strada s’infila tra un gruppo di case, e continua a scendere tra vigneti e campi coltivati. Dopo 650 m la stradina s’immette su una strada asfaltata più grande (41), dove andiamo a destra seguendo le indicazioni per Tuseggia. Percorsi 200 m, di fronte al primo caseggiato, infiliamo una stradina sulla sinistra che, diventando sterrata, comincia a salire, e ci conduce dopo 500 m al minuscolo, tranquillo borgo di Tuseggia, dov’è presente un fontanile. Alla nostra sinistra, non potremo fare a meno di notare, su un colle non troppo distante, lo splendido profilo di Camerino. Proseguiamo per 300 m lungo l’unica stradina, affrontando un ripido sterrato in salita; dove la sterrata curva nettamente a destra, in salita, ci troveremo di fronte un vecchio casolare (42). Dal cortile del casolare (potranno esserci dei cani: state calmi e loro faranno lo stesso) infiliamo sulla sinistra un tratturo in discesa, che dopo 600 m ci conduce al cortile di una bella casa con giardino (i proprietari sono gentili, ringraziamo); attraversato il cortile, proseguiamo su sterrata in discesa (fondo in calcestruzzo nei tratti più ripidi) che, dopo 900 m s’immette su strada asfaltata. Proseguiamo diritto e, dopo 150 m raggiungiamo la Statale (44). Andiamo a sinistra e dopo 70 m, di fianco a una casa, svoltiamo a destra passando su un ponticello che dà l’accesso a una sterrata. Percorsi 200 m sulla sterrata, tenendo la destra tagliamo per 100 m lungo un campo, in salita, costeggiando alcuni meli e puntando a un vicino caseggiato grigio in cima alla collina, che raggiungiamo grazie a un sentierino che si apre sulla destra, pochi metri sotto il caseggiato. Giunti alla balconata del caseggiato gli scalini a sinistra c’immetteranno su una stradina asfaltata. Andiamo a sinistra e dopo 400 m raggiungiamo il paesino di Mergnano San Savino. All’incrocio, dov’è anche una fontanella, c’immettiamo a destra sulla strada principale: e di lì proseguiamo per 800 m, pressoché in quota, fino a quando, lasciata la strada principale che prosegue in discesa sulla destra, teniamo la stradina ombreggiata di sinistra che entra a Mergnano San Pietro (45),


Panorama su Camerino e i Sibillini

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Sant’Eustachio in Domora

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seguendo la freccia “Falegnameria artigiana”. Dopo 100 m, prendiamo sulla sinistra un vialetto sterrato, ombreggiato da splendide querce: dopo un rettilineo di 300 m la sterrata curva a destra e dopo 100 m in mezzo al bosco, esce allo scoperto. Dal punto in cui si esce dal bosco procediamo diritto per 20 m, su traccia meno evidente, poi infiliamo sulla destra una traccia appena visibile che costeggia un campo coltivato, puntando a una sterrata che notiamo distintamente, più sotto, a 300 m in linea d’aria da noi. Raggiunta la sterrata, andiamo a sinistra e proseguiamo per 1,3 km, in discesa e poi in salita, fino a raggiungere una strada asfaltata (47). Andiamo a destra e, affrontando una ripida salita, dopo 600 m raggiungiamo un incrocio: andiamo ancora a destra e, tenendo la strada principale, entriamo a Seppio, dove, oltre alla fontanella, ci sono un negozio di alimentari e una trattoria. Da qui proseguiremo per 2,4 km sempre sulla strada principale, che, dopo un buon tratto in quota, scende fino alla Statale (48). Andiamo a destra, in discesa, e dopo 200 m, appena passato il ponte sul fiume Potenza, imbocchiamo la stradina sulla sinistra che costeggia il fiume risalendo una spettacolare gola. Con il fiume alla nostra sinistra percorriamo la gola per 900 m, fino a un ponte davanti alla cartiera (49). Senza imboccare il ponte proseguiamo diritto per una stradina che termina dopo 200 m, dove c’è l’attacco del sentiero “Li Vurgacci”. È una magnifica passeggiata che risale il Potenza nel punto più spettacolare del suo corso. Il sentiero è tutto nel bosco e perfettamente mantenuto; per quasi un chilometro osserveremo cascate, fosse e forre create dall’erosione, insieme a resti di età romana e curiosi “mostri”, sculture create nella roccia che danno al luogo un tocco ancor più “magico”. Il percorso termina nel centro storico di Pioraco, sull’antica via Prolaquense, decumano massimo della città romana. 56


Usciti da San Severino seguendo le indicazioni del C2C a piedi, in fondo a via San Paolo andiamo a sinistra affrontando una ripida salita. Proseguiamo sulla stradina principale, asfaltata e alberata, che dopo 800 m diventa sterrata. Questa sale continuamente per 5 km, molto ripida nel primo tratto in mezzo al bosco, poi più gradatamente una volta allo scoperto. Giunti pressoché in quota, oltrepassiamo una sbarra aperta, e salendo ancora di poco, dopo 750 m raggiungiamo il primo valico, a quota 740 m slm. Scendiamo per 1 km fino al bivacco Mànfrica (36), dove proseguiamo per la sterrata principale come per il percorso a piedi. Raggiunto il secondo valico dei piani di Crispiero (37), come per il percorso a piedi andiamo a destra lungo la strada asfaltata in discesa, che però seguiamo per 2,5 km fino a immetterci su una strada più grande (39), dove andiamo ancora a destra, e proseguiamo in discesa per 1 km fino a una cappellina (40); qui, ricollegandoci al percorso a piedi, andiamo a sinistra seguendo l’indicazione per Sabbieta. Oltrepassata Sabbieta, scendiamo fino alla strada di fondovalle (41), e andiamo a destra. Da qui in poi seguiamo la strada principale, asfaltata, che sale fino a un gruppetto di case in località Valle Vegenana, poi gradatamente comincia a scendere. Percorsi 2,9 km dal punto d’immissione, la strada compie una curva ad angolo retto sulla sinistra (43), di lì proseguiamo in ripida discesa per 1,8 km, e dopo aver oltrepassato il minuscolo borgo di Agnano, arriviamo a immetterci su una stradina a fondovalle. Andiamo a destra, e dopo 150 m raggiungiamo la Statale (44). Qui andiamo ancora a destra e dopo 450 m a sinistra su strada in salita per Mergnano San Savino, che raggiungiamo dopo 900 m. Giunti all’incrocio, andiamo a destra come per il percorso a piedi, fino all’ingresso di Mergnano San Pietro (45), dove seguiremo la strada principale per 500 m in lieve discesa; 70 m dopo una cappelletta mariana, raggiungiamo un incrocio sulla sinistra, in mezzo al quale si erge una maestosa quercia (46). Voltiamo a sinistra per la stradina che ben presto diventa sterrata. Da qui in poi seguiremo tutto il percorso a piedi, fino al (49), dove, proseguendo per la strada, oltrepassiamo il fiume e saliamo in paese per l’antica via Camellaria.

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Variante per ciclisti

Da vedere Sant’Eustachio in Domora Alla destra idrografica del Potenza, si apre la verdissima valle dei Grilli, su cui si affacciano numerose grotte. Qui, per secoli ha prosperato un’importante abbazia benedettina (vedi approfondimento). Accanto alla chiesa si apre un’antica cava di pietra calcarea.

Pioraco Sorge in incredibile posizione, a cavallo di due versanti montuosi che si affacciano in una gola profonda entro cui si riversano le 57


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acque del Potenza. Qui, una natura straordinaria è accompagnata dai segni di una grande storia. Il suo antico nome, Prolaqueum, significa “vicino al lago”: la valle infatti, fino al XV secolo era occupata da due bacini lacustri, cosa che ha permesso lo sviluppo dell’attività cartiera, tutt’oggi presente. Pioraco fu fondata intorno al 215 a.C. come statio, stazione militare sulla via per Nocera. La più suggestiva testimonianza del periodo romano è il ponte Marmone, del II secolo a.C. Nel Medioevo, Pioraco vide passare longobardi e forse anche bizantini, ottoni e svevi. Nel Duecento divenne un castello fortificato. Al XIV secolo risale il complesso della chiesa di San Francesco, con l’adiacente chiostro e il convento. La pieve di San Vittorino venne costruita sopra i resti di un tempio pagano. A valle del paese, lungo il Potenza, si trova la chiesa del Santissimo Crocifisso, del XIV secolo in stile gotico-lombardo. La Madonna della Grotta, edificata nel XVI secolo incastonata nella roccia di una montagna a strapiombo, ha al suo interno una grotta naturale che fungeva da antico romitorio cristiano, e forse in epoca romana vi si adorava la dea Flora. Grazie all’abbondante presenza d’acqua, nel Medioevo si svilupparono le cartiere, che arrivarono a essere una decina nel Cinquecento, e che andarono in declino nel Settecento a causa della mancanza di materie prime e per le restrizioni imposte da Napoleone, al punto che oggi ne è rimasta soltanto una. Nel complesso di San Francesco è stato allestito l’interessante Museo della carta e della filigrana. Infine, dal centro paese, il delizioso percorso naturalistico de “Li Vurgacci” permette di seguire il corso del fiume nel suo tratto più spettacolare, da non perdere.


Il monastero di Sant’Eustachio in Domora

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Uno dei più antichi monasteri della regione sembra essere quello di Sant’Eustachio in Domora, incuneato in una profonda gola tra San Severino e Camerino. Dell’importante abbazia benedettina oggi restano solamente i ruderi della chiesa romanica, parte di un più vasto complesso che per secoli fiorì in quella valle selvaggia. L’appellativo “domora” starebbe a indicare la presenza di un villaggio, dove probabilmente alloggiavano i cavatori che estraevano la pietra calcarea dalle grotte che si aprono sul fianco della montagna. Di qui passava una strada per Camerino e la valle del Chienti. Doveva essere un percorso frequentato e utile, se ancora a metà del Cinquecento, il Comune di Camerino offriva a San Severino “quattrocento e più operai affinché si riattasse la strada per Vallem Sancti Eustachi”. Come per altri cenobi benedettini, il monastero assolveva dunque anche alla funzione di ospizio per i viandanti. L’origine del monastero, anticamente dedicato a San Michele, è incerta, anche se s’ipotizza che sia sorto nell’VIII sec. grazie ai longobardi, di cui l’arcangelo era patrono e protettore. I primi documenti in cui è citato il monastero, sono atti di donazione dell’XI sec. Il cambio di nome dell’abbazia da San Michele a Sant’Eustachio, insieme a un ampliamento della chiesa e del convento, potrebbero aver coinciso con una rinnovata atmosfera spirituale. Sant’Eustachio prosperò a lungo e allargò la sua giurisdizione su un ampio territorio, fino a quasi tutto il XIV sec. quando andò incontro a un rapido declino. Nel 1393 l’insicurezza del luogo spinse i pochi monaci rimasti a chiedere al papa Bonifacio IX di associare la loro comunità a quella del monastero di San Lorenzo in Doliolo, all’interno delle mura di San Severino. Si ha notizia della presenza di un eremita a Sant’Eustachio fino al 1399; poi il luogo cadde in totale abbandono. Il monastero crollò e la chiesa divenne ospizio di greggi e malfattori. Ma Sant’Eustachio continuò a essere frequentata dalle popolazioni locali, che vi si recavano per richiedere grazie a San Michele, e per ricorrere ai benefici dell’acqua, ritenuta taumaturgica, che ancora oggi stilla dalla volta.

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