GLIFI, testi critici, riflessioni, commenti dedicati

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Testi critici, commenti, riflessioni stralci di corrispondenza dei lettori e delle lettrici

Glifi

una ricerca mitoarcheologica in Basilicata

di

Maria Caterina Putignano:

Teri cara, bellissima è l’immagine della copertina. Al centro il sole, potente, radioso che ha illuminato la nostra storia umana, quali che siano state le tessiture e le creazioni. Le parole della presentazione in retro copertina mi hanno procurato meraviglia, come non fossi abituata ai tuoi scritti preziosi, evocativi ed evocanti. Sono state note di un richiamo a ciò che sta accadendo. Il dischiudersi della Rinascita della Vibrazione Sacra del Femminile che ha partorito tutti e tutto, ovvero l’Ordine della Vita che genera Vita secondo la Legge dell’Amore. Le macerie del patriarcato sono dinanzi e dentro di noi, è in atto un processo di liberazione che nasce dalla consapevolezza che occorre restituire al FEMMINILE SACRO il suo posto di direzione creativa dentro ciascuno/a di noi e nella Vita umana. Infinita Gratitudine, Teri, per offrirci questo viaggio dell’anima...

Maria Grazia Longhi: Grazie Teri, sono molto belle le immagini di gioia per questo tuo monumentale exploit a cui auguro tutto il pubblico di lettori e di riconoscimenti che merita. Guardando le foto tue e di Gimbutas, ho avvertito una sensazione strana, di simbiosi Gimbutas – Volini, di somiglianza anche fisica oltre che spirituale. Che si tratti di una forma di trasmigrazione d'anima, come suggerisce, alla voce amplificandone la suggestione, il mio incomparabile complice dizionario?

and what splendid illustra- tions! A really enlightening work! I would be happy to help in any way that I can.

(Cara Teri, grazie per aver tradotto l'articolo per me! È molto significativo della tua ricerca ed interpretazione del significato dei glifi – un disvelamento dei simboli e lo svelamento dei messaggi degli antenati. Anche un omaggio a Marija Gimbutas come tua "maestra d'elezione", e che splendide illustrazioni! Un lavoro davvero illuminante! Sarei felice di sostenerti in ogni modo possibile).

Joan Marler:

Dear Teri, thank you for posting this beautiful photo of Marija wearing a ceremonial dress made for her by a Lithuanian friend, as a gift in gratitude for her life-long dedication to ancient Lithuanian spirituality. I deeply appreciate your dedication to keeping her memory alive. Your work is so dynamic and beautiful! I'd like to wrap myself in these designs. Do they exist as textile patterns?

Cara Teri, grazie per aver postato la bella immagine di Marija con l’abito cerimoniale cucito per lei da un’amica lituana come dono di gratitudine per la sua perenne dedizione all’antica spiritualità lituana... Il tuo lavoro è così dinamico e bello. Vorrei avvolgermi in questi disegni.

Teri: dear Joan, if only I think that you had the great opportunity to be next to her for a favored time! You were lucky to have been so close to her! I even "visited" her several times in dreams, do you know? For example, I remember meeting her on Candlemas about 13 years ago, at a moment of discouragement in deciphering some symbols, and I almost wanted to leave the work I had started, but I dreamt of her smiling and friendly, it was the anniversary of her departure from this earth... So I resumed this work …

Teri: Cara Joan, se solo penso che hai avuto la grande opportunità di starle accanto per un tempo privilegiato! Sei stata fortunata ad essere stata così vicina a lei! Io l'ho anche "visitata" diverse volte in sogno, sai? Ad esempio, ricordo di averla “incontrata” il giorno della Candelora di circa 13 anni fa, in un momento di sconforto nella decifrazione di alcuni simboli, e volevo quasi abbandonare il lavoro che avevo iniziato, ma la sognai sorridente e amichevole, era l'anniversario della sua partenza da questa terra... Così ripresi l’ardua impresa

Testo seguente: Anna Mollica su Il Lucano magazine

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Grazie, amiche a amici, di vecchia e nuova data, del tempo che mi avete dedicato! Lo ricambio con una inedita osservazione:

Teri Volini, A multipart story strands. Una storia in più parti

Le lettura di Glifi nella versione stampata - cosa che un po’ mi emoziona, considerando il lavoro ultraventennale che l’ha preceduta - mi conferma la validità diuna “narrazione” con più capitoli di racconto.

Tanti filamenti che s’intrecciano tra loro, tante voci finalmente svelate, che arrivano dal lontanissimo passato, e/o da tante regioni del mondo ... Strutturando questo libro in maniera non convenzionale, ho usato molto il flash back, come usa fare in cinematografia: molti sono infatti i film che lo prevedono in sceneggiatura, per mostrare le vicende precedenti al racconto principale, per tornare poi a questo con la testimonianza di quegli accadimenti di cui non si aveva conoscenza, o di cui s’era persa la memoria.

Anche in letteratura è possibile ritrovare strutture narrative in cui l'ordine cronologico degli avvenimenti viene alternato con la rievocazione di episodi trascorsi, che balenano alla mente ed aiutano la comprensione dell’insieme, arricchendo ulteriormente la trama, a voltein modo decisivo.

Un siffatto copione in Glifi è intervenuto per un’esigenza del cuore e della mente razionale insieme: un nobile escamotage, prezioso per guardare meglio sia il passato che il presente, e compenetrarsi in esso, avendo dei termini di paragone.

In pratica nel libro il flash back funziona così: mentre interpreto/descrivo i simboli –che sono l’argomento base – il racconto si ferma e la spiegazione viene alternata con una narrazione/informazione che a prima vista sembra fuori luogo, ma che a ben guardare non solo è perfettamente attinente al racconto stesso, ma lo amplia e lo arricchisce. Un esempio: a pagina 15, la descrizione del luogo e la presentazione delle antiche pietre s’interrompe, per aprire, fino a pagina 33, un grande spazio, in cui, prendendo spunto dalla spiegazione del topònimo “Croccia”, e in attinenza con esso,

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si schiudono diversi flash back, che ci riportano ai riti e miti della Basilicata, alla cultura contadina, alle streghe, ai primordi del percorso dell’umanità, al patrimonio millenario della cultura popolare, ai riti arborei, espandendosi oltre la Basilicata: partendo da Oliveto Lucano, si arriva nelle diverse culture del mondo, con accenni alla cultura kirgysa, aldruidismo alla mitologia scandinava, ai Longobardi etc..

A primo acchito, esattamente come succede nel film o nel racconto con i flash backsi resta disorientati, sembra quasi di perdere il filo, ma già a una seconda, più attenta lettura, la confusione sparisce e si apprezza la complessità del “racconto”, che non solo amplia la visione, ma incuriosisce, stimolando ulteriori approfondimenti da parte di chi legge ...

Lo stesso succede a pagina 40, quando, entrando nel pieno dello studio con il glifo “Punto”, apro una “parentesi”, definita Oltre le mura, scrivendo del Seme, in una interpretazione ben diversa del termine, talmente innovativa, da lasciare a bocca aperta!

Altro esempio: a seguito della trattazione del simbolo Croce, alla pagina 44 si apre un’altra “interfaccia”, che ci trasporta direttamente in Bretagna, Irlanda, Galles, Mesopotamia, Cornovaglia: sono solo dei cenni, però preziosi per stimolare una successiva personale ricerca, che va oltre la banalità del déjà vu e del déjà lu...

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Antonio D’Andrea: ...

Cara Teri, avrei voluto centellinare poco alla volta Glifi, perché così tendo a leggere i libri che sento e ritengo importanti. E invece me lo sono divorato... Bello. Bellissimo! Sei la reincarnazione della Gimbutas! Sono entrato di nuovo in quel mondo pieno di fascino e meraviglie, mi sono sentito Alice che scopre e riscopre segni, simboli, materiali, luoghi, a cui tu ridai voce e magnificenza...

Antonio Bruscella: Cara Teri, tu sai quanto io ti voglia bene e come, prima dell'autrice di volumi scientifici e di poesia, abbia apprezzato la tua originalissima proposta pittorica. Sul volume Glifi hai prodotto uno sforzo immane, convogliando competenze disparate, fra le quali ti sei districata benissimo, rispondendo in maniera puntuale e ineccepibile a tutte le sollecitazioni suscitate dall'argomento generale o particolare trattato. Sulla valenza e sul significato da attribuire a questi segni, non essendoci un dato "biblico" acclarato, hai fornito la tua interpretazione che per me è rispettabilissima: tra l'altro hai documentato perfettamente tutte le tue ipotesi. L'archeologia, e questo lo sai meglio di me, è un ambito insidioso. Io credo che il tema delle cinte fortificate e di questi segni vada nuovamente ripreso e ridiscusso, anche perché non credo sia stata spesa la parola definitiva, confinandolo in una "preistoria remota" o in un fenomeno diffuso di "lucanizzazione" che prende in prestito l'alfabeto greco per motivi che poi di fatto ci sfuggono ancora.La tua “lettura” peraltro, oltre che ben supportata, conserva un fascino estremo; ingredienti che ci rendono partecipi di quella lunga linea evolutiva che ci ha condotti a quello che siamo. Oggi le ricerche archeologiche stanno sfatando tanti tabù, e siti che erano stati incasellati in un unico periodo, si stanno dimostrando dei contenitori molto più complessi... Forse è il caso di applicare questo assunto anche alle cinte murarie, oggetto dei tuoi studi. Non mi dilungo, sottolineo solo un ultimo tuo merito: l'aver acceso una luce su tematiche ormai tralasciate dal mondo scientifico e aver coinvolto le compagini locali su temi di estremo interesse che, se valorizzati al meglio, possono contribuire ad un arricchimento generalizzato delle nostre comunità. Ti saluto e ti auguro nuovi traguardi.

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Marcello Faggella: mi ero ripromesso di mandarti un commento dopo la seconda lettura del libro, e vedo che è un percorso che in molti hanno fatto. Per ora posso dirti che, da appassionato di miti e storia ancestrale della Basilicata mi sarei aspettato un maggiore spazio dedicato ai riti legati ai glifi

Teri: 1 caro Marcello, grazie innanzitutto della tua viva attenzione nei riguardi del saggio, rispondo alle tue obiezioni sulla insufficiente trattazione di riti etc. dicendoti che in realtà gli argomenti trattati erano tanti ancora ( il libro contava inizialmente oltre 200 pagine), ma ho dovuto mio malgrado sfoltirlo, per fermarmi a 160 pagine, altrimenti la pubblicazione sarebbe stata ancora più onerosa, dato che – come puoi constatare - si tratta di un libro di pregio, con la sua copertina cartonata, apertura panoramica delle pagine, cucitura a mano con filo refe e verniciatura speciale per la protezione delle immagini, quasi tutte a colori , di cui 70 da me disegnate appositamente...

2 Vedevo nel libro una porta nascosta, che mi permetteva di fare un viaggio nel tempo...

2 Teri: Grazie anche di aver riconosciuto quello che il libro in realtà simboleggia, o per meglio dire meglio personifica un Portale, per secoli serrato, ma che una volta aperto, grazie alla inedita decodificazione dei simboli, introduce poi - a cascata – nei mondi e nei tempi più diversi, ma sempre in piena attinenza... Sono solo degli scorci di quei mondi e di quei tempi, ma ciò che conta è anche il solo potervi “sbirciare”, indisturbati, e così essere indotti a ricercare “dell’altro” : a studiarli ed amarli, soprattutto in una chiave di lettura non convenzionale rispetto alla narrazione storico/sociologica/etnologica usuale, come hai potuto notare, e come ti parrà ancora più evidente dopo una seconda e fors’anche una terza lettura, se ne avrai il desiderio: insomma, se te ne innamorerai...

3 Marcello: la necessità di una seconda lettura credo dipenda dal fatto che tu poni gli strumenti per comprendere la prima parte solo alla fine del testo, e quindi nel

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leggere si ha un senso di sorpresa, di smarrimento, come se ci si accorgesse solo alla fine di non aver compreso la chiave di lettura della prima parte.

3 Teri: caro Marcello, capisco la tua obiezione, mettere un tutor all’inizio sarebbe stato pratico e utile per indirizzare chi legge, però avrebbe gravato sulla lettura come troppo didascalico e, a mio avviso, anche invasivo, forse lesivo della libera interpretazione personale di ciascuno/a; invece in questo modo ho permesso una lettura forse più ardua, ma più libera, senza l’imposizione di una guida preventiva: premesso che ciascuno/a potrebbe dare uno sguardo curioso e informativo a tutto il libro, indice incluso, ancor prima di iniziare la lettura... Ma forse non siamo abituati a questo, anche per la strutturazione abituale dei libri...

4 Marcello: inoltre mi sarei aspettato una maggiore parte dedicata al rapporto con le stelle e con il sole, e una anche una piccola mappa per permettere ad altri di ripercorrere sul luogo la ricerca dei glifi.

Teri 4: Su questo rimando alla 1a risposta, e comunque ti ricordo che le pagine 7479 sono contrassegnate dalla trattazione simbolica della stella, per giunta in maniera molto “eretica” e comunque fuori dagli schemi usuali... Per la mappa, provvederò a parte, negli articoli, video etc.

5 Marcello: spero di finire presto la seconda lettura...

Roberto: Cara Teri, leggendo il tuo bellissimo libro ho avuto come l'impressione che tu abbia usato le tua qualità di artista e di curatrice d'arte per realizzare una “mostra scritta”, come dire una sorta di mostra d'arte e cultura in forma di libro, con la creazione di diversi “quadri” illustranti la tematica di volta in volta da te stabilita.. I “quadri” sono diversi l'uno dall'altro, ma tutti rispettosi del tema fissato o ad esso in vario modo collegati... Devo dire che una simile “Mostra” risveglia grande curiosità e spinge ad approfondire gli argomenti, che sono trattati in modo nuovo e originale, aprendo una visione diversa dei tempi antichi, senza parlare delle pagine dedicate ai nostri riti e miti, ancora vivi in Basilicata ...

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Giovanni: Partire dai simboli stessi, una volta decifrati, e usarli come Portali di conoscenza: che cosa straordinaria! Non limitarsi alla non semplice decodificazione, ma allargare tramite loro la panoramica spaziale e temporale: una cosa magnifica hai fatto, Teri Volini, partendo da Croccia e trasportandoci... in Anatolia, Egitto, Mesopotamia... fino ai nativi americani e agli australiani, quelli che hanno dipinto la croce a braccia uguali più antica, 60.000 anni fa, sulle pitture rupestri... Sono notizie inedite e straordinarie, niente di banale o risaputo! Sfido io che ci sono voluti tanti anni e tanto studio per portare a termine una simile opera ... E per fare tutto questo senza uscire fuori dal tema principale, ma anzi arricchendolo, ti servi di un geniale escamotage: apri delle parentesi e le chiami ingegnosamente “oltre le mura” così da creare degli spazi separati sì, ma allo stesso tempo connessi con la parte centrale dello studio: fantastico, mai visto una cosa simile! Un lavoro siffatto ha bisogno di un altro, successivo commento, che farò volentieri al termine della seconda lettura, intanto ... i miei complimenti, sono un tuo fan sfegatato!

Bruno: Cara Teri, è semplicemente stupefacente constatare che nessuno dei cosiddetti addetti ai lavori non si sia mai interessato a questi simboli archetipi, come tu dici non li hanno presi nessuna considerazione! Sarebbe il colmo che adesso non tenessero in conto il tuo studio, fra l'altro condotto in tanti anni, senza compromessi e senza conformismi. Ti auguro che le istituzioni aprano gli occhi di fronte a tanta competenza, e se ne servano per potenziare il territorio con la conoscenza di nuovi dati che possono essere molto importanti ...

Maurizio: Gentile amica, anche se mi sembra incredibile che una decodificazione dei simboli pur così importante sia stata per secoli trascurata e ignorata, come tu stessi dici nella prefazione “che finora nessuno ci era riuscito, anzi non ci aveva nemmeno provato; ti dobbiamo perciò gratitudine per questo svelamento e comprendendone il valore culturale speriamo che se ne accorgano anche le istituzioni, e ti diano il giusto sostegno, visto anche che ci hai impiegato tanto lavoro e anni e anni d’impegno mettendoci la tua grande cultura: dato che sembrerebbe che tutto questo oggi non

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valga più tanto, che dimostrassero di intervenire per sostenerti, visto che la cosa porterebbe dei grandi vantaggi al sito di Croccia Cognato e al territorio lucano , che verrebbe valutato diversamente ...

Michele: Ciao Teri, rispondo volentieri alla tua richiesta di scrivere qualche riga su Glifi. A seguito della lettura, non mi sembrava vero di poter leggere un libro così diverso dagli usuali trattati di archeologia e simili, che sono sì precisi nel numerare le date e nel descrivere le caratteristiche degli elementi osservati e dei luoghi, ma spesso sono molto, troppo specifici accademici e noiosi, e non attirano alla lettura; o come nel caso di Croccia Cognato, trascurano l’essenziale, guardano il dito e non vedono la luna; come in questo sito, non capiscono nemmeno quali sono le cose più importanti da mettere in rilievo... come tu spieghi, mancava ai “geni” la chiave di lettura e neanche si sono impegnati a procurarsela, perciò brava che ce l'hai fatta traducendo i simboli e non solo

Carmela: Cara Teri, se già ti ammiravo come pittrice (o pittora come ami definirti) ti sei veramente superata con questo libro, che a me pare, da tua estimatrice, innanzitutto un libro d'arte, per le tavole che hai creato e per tutta l'impostazione, ben diversa e molto più attrattiva rispetto agli usuali saggi, così accademici da non riuscire a destare una forte attenzione duratura... Ora lo sto rileggendo, stabilendo una sorta di scaletta settimanale, creandomi dei tempi a seconda delle mie pause di lavoro e dell'argomento che m’interessa e prendendo appunti... Se ad una prima superficiale scorsa il libro mi era sembrato quasi dispersivo per le troppe argomentazioni postate, con questa lettura metodica mi sono poi resa conto che lo erano solo apparentemente, in quanto rispondevano al tuo preciso intento di creare dei collegamenti con la parte più specificamente dedicata all'interpretazione dei simboli, ma con l’obiettivo di ampliare il panorama storico e simbolico, avendo come punto di partenza i simboli stessi, è così, vero?

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Roberta: Gentile amica, non so come Le possa essere venuta l'idea di orchestrare in maniera così originale questo saggio, che non ha niente da spartire con certi noiosi volumi scritti solo per annoiare gli eventuali lettori con un borioso accademismo, magari senza nemmeno un’ immagine o al massimo degli schemi o delle immagini in bianco e nero, al contrario di questa Sua opera formidabile, che dà piacere solo al vederla: un libro così elegante, solido, colorato, prezioso fin dall'esterno della copertina cartonata con l’immagine delle Petre de la Mola, dove ho avuto diverso tempo fa la fortuna di assistere alla Ierofania al solstizio d’inverno..

Francesco: gentile professoressa, leggendo Glifi, mi sono reso conto che il Suo intento non era di fare solo uno studio interpretativo (già molto importante perché finora come Lei afferma, non sono stati capaci di farlo, perdendo un’occasione unica), ma di partire da quello per intraprendere, come lei stessa dice, un viaggio nello spazio e nel tempo, portando poi chi legge a fare delle comparazioni che fanno capire quanto grande sia il Suo studio e la Sua preparazione. Grazie, lo rileggerò per apprezzarlo meglio...

Antonio Onorato: Voglio suggerirvi la lettura di un testo particolare, un testo ricco di immagini, ben strutturato e che si legge tutto d’un fiato, sia per gli argomenti che per la “semplicità” che lo distingue. Una favola che non è una favola, ma il racconto di un luogo che per tanti come me, è di una sacralità indiscussa. Il libro di cui parlo è “GLIFI” dell’amica artista Teri Volini. Inutile credo elencare tutto ciò che rappresenta per il territorio lucano questo personaggio eclettico, nel raccontarci il proprio lavoro infervorato da passione smisurata. Il testo, che vuol essere sicuramente uno spunto a quanto c’è di infinito da discutere su ogni capitolo, è sicuramente una chiave per coloro che hanno voglia di aprire la propria mente curiosa e alla volontà rivolta alla conoscenza dei propri luoghi di appartenenza e/o di origine. Ciò che mi ha colpito nello scritto, o meglio, ciò che è stato un mio personale punto di riflessione, è risultato alquanto sconvolgente. Si, sconvolgente, credo sia il termine adatto a quanto rilevato e studiato da Teri Volini sulla differenziazione di ciò che poteva

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rappresentare, millenni fa, il concetto matriarcale e patriarcale diametralmente opposti. Sconvolgente, perché, dalla lettura approfondita del libro, si estrae lo spaccato di come un (pre) giudizio espresso dalla minoranza di una comunità, possa influire negativamente sulle sorti di persone o sul “genere di persona”. È da qui che si parte per accorgersi della distruzione che si è fatta, per millenni, del valore femminile. Un debito che ogni uomo che risiede su questo pianeta dovrebbe ripagare in termini di riconoscenza alla donna, avendo distrutto la figura di colei che genera vita, per questo, lontana dal concetto di morte e sofferenza.

Ma non è solo questo il punto focale dell’opera. Ciò che esce intatto dagli scritti è l’assoluta sincronicità del sacro (appunto rappresentato dalla donna), ridondante in simboli e rituali del tutto simili in ogni parte del mondo. Ciò che era immediatamente visibile, era venerato. Parlo degli elementi naturali, rocce, pietre, alberi…Proprio questi ultimi, attori principali di tradizioni ancora in essere nella nostra regione e non solo. Riti arborei ( mi riferisco ai vari MAGGI, non solo di Accettura ma di Castelmezzano, Pietrapertosa, Oliveto etc.) tramandati nel susseguirsi dei secoli, scambi culturali e altro. Non a caso tutto questo lo ritroviamo in tutte le regioni

Europee: dall’Irlanda alla Francia, al nord della Spagna; testimonianze di valore di popoli antichi come i Celti che hanno scelto di correre in lungo ed in largo per tutta Europa fino in Cappadocia. Non a caso cito le popolazioni pseudo-esotiche, inerenti ad un mio lavoro fatto tra Castelmezzano e Pietrapertosa, inscenando un matrimonio Celtico con tanto di Druido etc. nel 2020. L’amore per questo luogo (Pietra della Mola) che unisce me con l’autrice, ci ha portati varie volte ad essere contemporaneamente presenti sul posto, a respirare “energie” particolari, condite con un sapere antico e tanti confronti che spesso prendevano direzioni diverse ma sempre reciprocamente rispettose. E poi, per ultimo ma non per ultimo, i GLIFI. Simboli ancestrali messi a identificare, a seconda delle interpretazioni, personalità, ruoli, categorie, immediatamente riconoscibili dalle popolazioni residenti. Una percezione immediata, ma contestualmente riconoscibile in simboli dal significato più esoterico, che solo il subconscio riesce a decifrare. Ed in questo Teri Volini è stata Gran

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Maestra, nell’esporre argomentazioni e significati universali. Non vi anticipo niente altro perché sarebbe un sacrilegio. Le varie forme scolpite secoli fa (forse ancora più datate) oltre ad avere un significato vero e proprio, sono simboli probabili di geometrie sacre a cui è associata un’energia energia che permea tutto il contesto di Monte Croccia. Non si può dire certo che all’autrice siano mancati gli spunti su un argomento che ha una vastità di direzioni su cui proseguire da soli. Immagino che “non possa” riportare contenuti di livello superiore a quelli trattati, sia per l’enormità della letteratura esistente, sia perché i tempi non ancora maturi da poter permettere a tutti di accettare paradigmi diversi dall’ufficialità storica e culturale, disorientando il lettore e spingendolo verso livelli di consapevolezza non ancora raggiunti dai più.

Giovanna: ho trovato a dir poco affascinante la quarta di copertina con quella tua immagine “indicativa” e lo scritto così significativo sul riattivare il valore delle donne, in contemporanea al ripristino di questi antichi simboli, anch’essi troppo a lungo rimasti ignorati: una bella metafora, complimenti!

Giuseppe: gentile signora, ho letto una prima volta il libro, ma mi sono accorto che lo dovrò rileggere con la maggiore attenzione che merita, intanto rileggerò l'introduzione che spiega molte cose e farò lo stesso con la postfazione, che mi sembra molto decisa nell’andare contro i conformistici pareri correnti sul sito di Croccia, aggiustando o cancellando le stupidaggini ed errori pubblicati in web...

Daniele: ... Chi legge è portato poi ad approfondire gli argomenti, dato che non sono trattati in modo convenzionale ma del tutto originale, e la cosa bella è che sono messi in relazione con le altre culture del mondo; siamo aiutati in questo dai link che tu hai posto nella pagina finale, ad esempio riguardo le culture “altre”, come quelle dei nativi d'America o deli aborigeni australiani e poi la pagina dedicata ai suoni antichi ed agli strumenti tipici lucani, il tutto con le tue tavole a colori: grazie!

Rocco: Sono molti gli argomenti trattati in questo libro, ma non sono mai arbitrari, sempre collegati al tema principale in una specie di circuito a spirale, nel senso che

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ad alcuni ci ritorni, come se gli volessi dare più importanza. Almeno questa è stata la mia impressione e sicuramente lo rileggerò, sicuro di ritrovare tanto altro, le immagini poi sono splendide a cominciare dalla copertina che mostra la ierofania al solstizio d’inverno alle Petre della Mola, di cui ho capito l’importanza alle pagine dedicate

Antonia: Carissima Teri, ho appena finito la prima lettura di Glifi, trovandolo molto interessante non solo per l'innovativa tua interpretazione dei simboli, e a quanto pare incredibilmente l’unica che sia mai stata fatta, ma per la caratteristica che tu chiami partire per viaggi spazio temporali: è proprio così... questo libro è una navicella spazio/temporale, che ci trasporta nei luoghi più disparati, dall’Anatolia all’Egitto, dall’Irlanda alla Mesopotamia, all’Antica Grecia, all’Antica Roma, e poi a Creta in tanti altri tempi e luoghi, e il carburante ce lo danno proprio i Glifi...

Luca: Mi piace molto il modo per niente banale e poco usuale con cui ha fatto degli approfondimenti alle varie tematiche, creando quelle parentesi che Lei chiama anche “interfacce”, operanti sia da elementi di separazione che di collegamento alla parte principale, intesa alla decriptazione e descrizione dei Glifi; Lei le definisce “oltre le mura” , e si distinguono dal “racconto” principale anche grazie all'uso di un colore diverso, il rosso scuro: geniale!

Rosy: beh, io voglio fare un’osservazione sull’importanza della parte finale, quella che spesso si trascura e che contiene la postfazione, la nota biografica, l’immensa

Bibliografia, le precisissime referenze iconografiche, l’indice e i link di riferimento. Non ho potuto fare a meno di chiedermi quante persone abbiano dovuto collaborare con te per dare un ordine a tanta complessità e precisione...

Lo stesso discorso vale sia per la scelta e la quasi maniacale catalogazione delle immagini, sia per le composizioni e i disegni a matita, che tu scrivi essere fatti con china, pastelli, inchiostri, cera, gouache, e appositamente realizzate/i per Glifi, sia per le immagini fotografiche e le elaborazioni, sia per la scelta e la catalogazione

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delle immagini da Il Linguaggio della Dea, di Marija Gimbutas, per avere la cui liberatoria tu mi raccontavi delle peripezie per ottenerla, scoprendo poi di poterla chiedere alla figlia di Marija Gimbutas, sua erede ed esecutrice, dagli Stati Uniti, che te le aveva poi concesse, divenendo poi tua corrispondente affettuosa via mail.. Una storia nella storia! Mi dicevi che ancora maggiori erano state le peripezie durate mesi per ottenere le liberatorie delle immagini dalle Case editrici, che però snobbavano la richiesta, e/o pretendevano cifre esorbitanti, per questo avevi passato diversi mesi a disegnare personalmente le tavole a colori, questo spiega perché quasi tutti il libri simili siano in bianco e nero e non abbiano tante immagini! Per fortuna sei un’artista e hai potuto farlo, ma penso con notevole, ulteriore sforzo! Tutto questo magari non traspare ma si può solo immaginare il grande lavoro che ci sta dietro!

Maria: In una prima, superficiale lettura del libro (faccio così di solito, con la lettura veloce) ci si sente un po’persi per le tante argomentazioni trattate, così particolari da rimanerne a bocca aperta, come nel caso del “riesame dei termini” da te definita risemantizzazione, che tu fai come linguista, e la scoperta di inesattezze storiche inimmaginabili; però in un secondo approccio, più lento, mi sono accorta del modo originale con cui tratti gli argomenti, e che lo studio dei Glifi è il meraviglioso “pretesto”, o per meglio dire il punto di partenza per un ampliamento della visione archeologica e storica, però questo si capisce solo osservando la struttura che hai dato al tuo lavoro, aiutati dalla rilettura dell'introduzione che è molto esplicita al riguardo.

Alex: Cara Teri, le cose che scrivi in questo libro sono incredibilmente vive e preziose! Io non sono una critica, ma mi accorgo che quello che scrivi rappresenta un modo diverso di osservare la storia e soprattutto la preistoria, da cui possiamo imparare delle lezioni utili per migliorare i nostri modi di vivere; sembra un paradosso, ma leggendo il saggio ci accorgiamo che ciò è possibile, e perché... Alle pagine dell’Appendice IV, che studierò in seguito, perché troppo importante, All’inizio è il femminile, hai compiuto uno studio a dir poco eccezionale, che si ricollega alla interpretazione della doppia X, riferita ai geni femminili, che Gimbutas chiamò Le insegne della Dea: che menti magnifiche!

Giuseppina Mancusi

Piccolo omaggio a “Glifi” di Teri Volini

Quest’opera, che la grande artista a tutto tondo Teri Volini - che ha spaziato dalla pittura alla poesia, dalla ricerca mitoarcheologica ad altri variegati campi, o come autrice di articoli/ricerca su scottanti problemi sociali, per la difesa dei fondamentali diritti umani o dell’ambiente, oggi tanto calpestati - a mio avviso è semplicemente sorprendente. Da uno studio attento, profondo, instancabile e costante di un sito archeologico nel Parco di Gallipoli Cognato, in Basilicata, l’autrice, attraverso l’osservazione dei Glifi sulle antiche pietre del monte Croccia, è arrivata, unitamente ad un vero e proprio studio comparativo di tutti le incisioni, le immagini e i simboli risalenti alle più antiche civiltà di tutti i tempi, a collegare questi simboli con il valore femminile.

Questo scritto è un’apoteosi della sacralità della donna, che presso i popoli antichi era venerata come “creatrice di vita” e per questo paragonata alla madre natura, in netta contrapposizione alla brutalità che, da un lato le toglie la vita stessa, e dall’altro le toglie dignità, abbassandola ad un mero oggetto sessuale, spesso vittima di violenza. È un inno al femminile che da secoli soggiace al maschile, che ha sempre cercato di dominarlo e sminuirlo con la violenza e la prevaricazione.

L’ammirevole, dettagliato e particolareggiato studio di Volini, frutto di una minuziosa ricerca che testimonia la sua appassionata ricerca della verità, appare come una voce

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nel deserto, che come tutti i più grandi ricercatori rimane spesso inascoltata, ma non per questo l’Autrice si lascia scoraggiare, anzi ciò la rende ancora più perseverante nel suo lavoro.

Con impegno certosino, l’autrice ha fatto tesoro degli studi fatti sull’argomento, ma andando ben oltre nell’originalità e unicità della ricerca, e come nelle “pezzotte” di cui si parla nel saggio, è riuscita a tessere una tela, in cui diventa essa stessa creatrice di personali elaborazioni, che espone dando loro un filo logico, una nuova luce, rendendole ancora più lampanti ed esclusive

Tra le sue teorie “originali”, quella del “seme” maschile che per secoli ha ridimensionato il grande miracolo dell’origine della vita nel ventre femminile, riducendo la donna ad una semplice “incubatrice” e non considerando la missione per cui solo alla donna è dato il privilegio di procreare, per mezzo del più grande atto d’amore che possa mai unire l’uomo e la donna, perché ambedue hanno la stessa dignità e donandosi l’una all’altro generano nuova vita, co-creano.

La geometria rappresentata dai glifi, dallo studio del Cerchio/ Utero universale, della Croce/ incontro del piano divino con quello umano, del Triangolo/armonia (punta in alto maschile, in basso femminile), della Farfalla/rigenerazione, della X (2 triangoli uniti al vertice), della Losanga ( due triangoli uniti alla base) unità del maschile col femminile - creazione, della doppia XX/(cromosoma femminile), della Stella di Hacilar e quella a 6 punte (2 triangoli sovrapposti con punte rovesciate), respiro dell’Universo, e infine dell’H che è stata la più grande intuizione della ricercatrice, che completa la decifrazione inedita dei simboli stessi, rappresenta le più grandi verità cosmiche.

Nell’interpretazione dell’autrice, simbolicamente l’H rappresenta il frutto dell’incontro, nell’utero femminile, dei “due semi”, lo sbocciare della vita e l’inizio della moltiplicazione cellulare, appena dopo l’incontro dei due gameti. È la rappresentazione massima della “Potenza femminile” di procreare, che tanto è stata rappresentata nei tappetini balcanici, con colori specifici in cui il rosso è prevalente, simbolo del sangue rigeneratore.

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Ebbene questo breve escursus dei simboli studiati dall’autrice non vi sembra che sia un crescendo per celebrare attraverso la geometria sacra l’atto della creazione, da quella Universale che tutto comprende a quella umana, attraverso l’organo femminile, culla di vita?

Leggendo le pagine di questo libro mi sono sentita molto vicina alla sensibilità dell’autrice, ben vengano donne come lei che hanno il coraggio di riaffermare il giusto valore del femminile sacro, dopo la profanazione che l’uomo ha perpetrato nei confronti della donna, attraverso secoli di patriarcato e una cultura maschilista che ha mortificato le donne privandole del dovuto rispetto, a cominciare dal nucleo familiare. Sono piena di ammirazione e gratitudine per il messaggio che l’Autrice ha voluto inviare ai suoi lettori, nonché per l’impegno e la dedizione che questo lavoro ha comportato e che lei ha voluto donarci al solo scopo di arricchirci, per entrare nel grande mistero che circonda l’origine della nostra vita.

Maurizio: Le Immagini delle tavole a colori da te realizzate mi hanno veramente incantato, esse rendono questo libro più che un saggio un libro d'arte, basti vedere, tra le tante figure da te disegnate, per esempio le immagini alle pagine 28- 29, quelle alle pagine 43-44, e quelle alle pagine 67- 68, 79, 84 -85, 86- 87, 88-89, etc. per non parlare della parte dedicata alla tessitura che è eccezionale quanto insolita per originalità e bellezza, anche graficamente parlando... Che poi – ma questo lo devo ancora approfondire, perché è uno studio troppo inusuale davvero – queste “pezzotte” tessute ti abbiano aiutato (nel caso del simbolo più ostico, l’H), nella interpretazione, e su cui poi tu, non limitandoti a questa, impianti tutta una narrazione che va ben oltre il simbolo in sé, mi è sembrata un qualcosa di stupefacente, direi anzi eccezionale!

Francesco: ho trovato a dir poco affascinante la quarta di copertina con quella tua immagine “indicativa” e lo scritto così significativo sul valore delle donne “da ripristinare”, in contemporanea al ripristino di questi antichi simboli, anch’essi troppo a lungo rimasti ignorati: una bella metafora, complimenti!

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Donato: Gentile signora ho potuto finalmente aprire Glifi, non ero riuscito ancora a leggerlo anche per mancanza di tempo, e poi... dirò la verità, quasi mi intimidiva, temendo che come saggio fosse un libro difficile e noioso; ho potuto invece constatare con piacere che non è niente di tutto questo, anzi è piacevole da leggere perché Lei ha usato un linguaggio piano e comprensibile, anche scrivendo di cose abbastanza toste da molti punti di vista - specie quando parla di “risemantizzazione” riferita a parole come seme, corna etc.

Luisa: Ho trovato molto interessanti le appendici del libro, dove si trattano comunque argomenti direttamente connessi con i Glifi; come dimostra una lettura attenta, si vede che ciascuna tematica non è slegata dalla principale, cioè la comprensione dei simboli, ma riporta sempre, direttamente o indirettamente, a quei collegamenti con altri luoghi e altre culture di cui lei parla e che nascono dallo studio dei simboli archetipi, quelli che Lei considera dei Portali di Conoscenza; questa è un’ immagine efficace e molto suggestiva, ed anche uno spunto per ulteriori indagini in culture poco conosciute o addirittura da noi distrutte o umiliate o addomesticate, come quelle degli aborigeni australiani o dei nativi americani, che, come Lei ci mostra, avevano tanto da insegnare alle successive culture devastatrici e infide...

Giovanni. Ciao Teri, io non solo ho acquistato e letto il tuo libro, ma ho pure partecipato all’archeotrekking organizzato in autunno sul Monte Croccia, dove ci hai guidato in esplorazione estemporanea lungo le mura dell’Acropolis, alla scoperta dei simboli, e dove purtroppo abbiamo potuto constatare, attoniti, quello che ci avevi preannunciato, che a causa dell’abbandono quasi totale di questo sito, alcuni dei simboli che avevi a suo tempo fotografato già allora in non ottime condizioni, ora sono addirittura spariti, ricoperti e da muschi e licheni: sembrano essersi cementificati, veramente deplorevole... Se non ci fossero le tue foto di diversi anni fa, di quando hai iniziato la ricerca, sarebbero scomparsi del tutto e questo accadrà se chi di dovere non interviene con un restauro adeguato!

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Anna: gentile signora, ho il suo libro, che ho letto avidamente, anche se ho potuto notare che dovrò procedere ad una seconda o forse a una terza lettura per comprenderlo e gustarlo al meglio possibile. Sono anch'io una linguista come lei, perciò posso maggiormente apprezzare questo suo lavoro, anche se mai avrei potuto immaginare che Lei facesse opera di ricostruzione delle parole (la risemantizzazione), e come non rimanere colpita da ricostruzioni di termini quali SEME, quando tuttora esso viene impunemente adoperato nella nostra cultura in modalità erronea e inconsapevole Brava dunque anche per questo e complimenti per tutto, anche per il meticoloso lavoro finale e le stupende immagini da lei disegnate e le composizioni fotografiche...

Nadia Lenarduzzi: Leggere questo libro è un viaggio nel tempo e porta alla scoperta di luoghi bellissimi, magici della Lucania. E l'entusiasmo che traspare dalle parole dell’autrice è un aspetto non consueto che ci accompagna nella lettura. In molti testi archeologici o storici, la mancanza di questo elemento scoraggia alcuni lettori non addetti ai lavori. Un pregio invece di questa opera, tra i molti, è quello di contagiare il lettore e accendere l'interesse per l’argomento anche di chi non ha studi specifici pregressi. Sarebbe un errore pensare che per questo l’opera non costituisca una fonte preziosa anche per esperti e studiosi contemporanei: infatti nel volume sono presenti puntuali riferimenti e una vasta enumerazione delle fonti; il rigore della ricerca si sviluppa in profondità ed estensione. Uno degli aspetti che rende particolarmente originale il saggio, risiede nella capacità dell’autrice d’intessere un dialogo sia filogenetico che politico, attraversando i millenni in direzione di un’integrazione delle conoscenze antiche nel contesto odierno, tecnologico, ancora caratterizzato da una considerazione utilitaristica e predatoria delle risorse naturali. Ridare dignità ai saperi antichi è ritenuto essenziale dagli scienziati stessi, è del 2023 il “Manifesto per un'educazione civica alla scienza “. Nico Pitrelli e Mariachiara Tallacchini della Sissa di Trieste, polo scientifico italiano, sottolineano la “necessità di attingere a conoscenze al di fuori del ristretto ambito delle comunità scientifiche, come avviene in tutti i casi in cui le decisioni da prendere non si possono ridurre solo

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a questioni tecniche, ma implicano scelte di natura politica, economica, valoriale e, in, visione del mondo (pag. 150) . In continuità con le tesi di Teri Volini, gli scienziati sopra citati rilevano come movimenti, gruppi, attivisti di varia natura hanno dato oggi prova di possedere priorità, competenze differenti da quelle codificate dagli esperti. Diversi disastri ambientali hanno evidenziato che la scienza in certi casi è stata usata per legittimare lo sfruttamento delle risorse naturali. Ma proprio questi tragici fatti hanno fatto prendere coscienza agli scienziati stessi che gli approcci indigeni e tradizionali fondati su metodi “non scientifici” erano capaci di tutela ambientale, oltre all’utilizzo conservativo di piante e animali. Questi saperi nascosti tra i segni tracciati sulla pietra sono capaci di tenere insieme le conoscenze e soprattutto i valori del passato arcaico che Teri Volini ci consegna affinché ne possiamo apprezzare valore e continuare a studiarli.

Enza: Cara Teri, ho letto Glifi e ne sono rimasta sconvolta, è un libro diverso da tutti gli altri non solo per la veste grafica e la preziosità interna dei tuoi disegni e la minuziosa cura dei dettagli nella parte finale, ma per il senso stesso di tutta la ricerca e l’originalità delle soluzioni. Ho letto con particolare, stupefatto interesse, la parte che hai dedicato alla decodificazione di uno dei simboli studiati, l’H, che, come affermi, ti dato molto “filo da torcere”, e che hai nel tempo risolto ricorrendo alla tessitura, o meglio alla simbologia tessile trascritta dalle donne nei tempi ancestrali e poi tramandata di madre in figlia nei secoli, riuscendo a superare anche le barriere del sistema patriarcale, impostosi ad un certo punto della storia. Questa narrazione, insieme alla stupefacente spiegazione che ne hai tratto e che hai donato a chi legge, mi ha profondamente emozionata, insieme all’impostazione grafica che hai scelto, penso più che volutamente: quelle pagine nere con le scritte rosse danno un effetto drammatico, intenso, avvincente, anche se credo che ti abbiano procurato una maggiorazione del lavoro di scrittura per la tipografia ...

Rita: Avevo avuto una strana sensazione riguardo al suo saggio, così diverso anche graficamente da tutti quelli da me letti... Ad una prima lettura veloce, panoramica, mi

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ero sentita un po’ disorientata, per la mole e l’apparente diversità degli argomenti trattati Mi sembrava di non coglierne il filo conduttore, ma ho capito subito che con un simile libro non potevo permettermi una lettura superficiale o rapida ... Inoltre leggevo che era il frutto di un lavoro più che ventennale, quindi mi sono vergognata, perché certo non bastavano 20 giorni per leggerlo e assorbirne la complessità ... ora che sono alla terza lettura, del tutto catturata, riesco a tenere in mano il filo conduttore e comincio a gustarne l'originalità e la bellezza... Le scriverò ancora...

Elena: cara Professoressa, si capisce subito che si tratta di un libro originale, di una ricerca non omologata, di un libro per niente conformista, pieno di quello che spesso manca: il Senso profondo. È denso, ricco, complesso, e mi viene da dire che mai come in questo caso la complessità è un valore inestimabile...

Stefano: Non sono abituato a scrivere analisi o critiche, ma visto che ci tieni, proverò a dire qualcosa di spontaneo. Partendo dalla cosa che mi ha stupito maggiormente: quella che tu hai illustrato anche in un lontano articolo già nel 2008, a riprova di quanto lungo sia stato il percorso di ricerca, quando parli dell’incontro, a Milano, con questi tuoi Glifi, disegnati sui tombini dell’AEM sembrerebbe una cosa bizzarra, un po’ esoterica, ma poi tu la spieghi bene, anche come uno stimolo a riprendere lo studio che da un po’ languiva, rendendola plausibile e molto interessante...

Luigi: ... Shoccante! Non è certo un libro convenzionale, anche se tuttora ci vuole coraggio a parlare di termini ancora tabù in questa cultura molto conformista, dove si fanno cose tremende ma ci si vergogna a usare termini come mestruazioni e simili... Lei apre delle brecce nei muri di questa cultura pietrificata e ipocrita...

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Rossella Grenci : Stirpe di Dea Viene dall'abisso il canto lo senti, stirpe di Dea?

Incubato tra l'erba del bosco al passaggio repentino di volpe che veglia tra i mondi, premonisce un nuovo principio.

Incede sicura la nuova Era, è già qui e sussulta come pianto di neonato inspira, trattiene, allarga, espande visione di natura intatta, esseri sopravvissuti ad ere negate di sapere. È dovuto accadere ed è giunta l'ora, rotolando massi di sepolcri pronti ad aprirsi, se da vita o da morte ogni passo compiuto ha svelato amore di donna, una o molte, stirpe di Dea. Questo è il dilemma che non teme confronto: Una siamo, progenie che attende riscatto.I tapp etini

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Giulia Basile: Come sempre, anche quando l'ignoranza e l’insensibilità dell'uomo accetta di vestire la Storia di oblio, essa si ripropone agli occhi dei pochi vedenticome la studiosa e ricercatrice Teri Volini - e dei non vedenti. Grazie, Teri per aver riportato alla luce un mondo di segni e di vite dimenticate nella tua bella regione.

Mimmo Barba: Complimenti per la dotta, interessante disquisizione intorno a un mondo consumato dal tempo e dalla "distrazione" dell'uomo moderno, sempre più preso dallo sviluppo (e non dal progresso, come ben detto da Pasolini). La natura di cui tu parli, anche con i tuoi linguaggi artistici, ha il sapore di una fiaba sospesa tra la nostalgia e la malinconia.

Patrizia Buonavoglia: Teri, sei maestra nella semina di bellezza in molteplici forme, quindi grazie per far arrivare a tutti queste opere.

Maria Pina Cavuoti: Donna di notevole cultura, Teri Volini, sei la preziosa perla del nostro territorio.

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Rocco Stella per “GLIFI” di Teri Volini

Leggendo – e rileggendo – l’ottimo saggio di Teri Volini, ben documentato, ben illustrato e accattivante, ho avuto l'impressione di camminare, senza aspettarmelo, in una foresta di archetipi nella migliore tradizione junghiana e di attraversare i secoli e i millenni e le epoche e poi percorrere le più varie località del mondo.

I simboli archetipi partono dall’analisi concreta dei glifi, segni impressi nell'epoca neolitica (dall'8000 al 3500 a.C. circa) sulle pietre antichissime dell'Acropolis di Coccia, sito archeologico del Parco Gallipoli Cognato. Si tratta a prima vista di "semplici linee" su pietra, ora talvolta quasi invisibili, per l'usura del tempo, e la scarsa attenzione, contenenti un significato che "non è ovvio e immediato", ma con aspetti più ampi e particolari, mai definiti e spiegati “appieno” per usare espressioni di Jung, che la stessa autrice utilizza... A prima vista potrebbero sembrare segni infantili inconsciamente disegnati: il cerchio, il cerchio puntinato, il punto, la croce, il triangolo, la losanga, la doppia X, e per finire, l'enigmatico segno H, ma ognuno di essi ha una spiegazione logica e plausibile, fino al simbolo H, decifrato e spiegato dall’autrice, dopo lunghe ricerche, in maniera inusuale e spiazzante, attraverso le forme primeve contenute nella tessitura dei tappetini di lana dei Balcani, come espressione del "primo atto di vita che si manifesta in un corpo femminile".

Grazie ad uno studio e ad una ricerca antropologica più che ventennali, ad un linguaggio chiaro, a foto e disegni originali (della stessa autrice), ad una terminologia precisa e dettagliata, ad esempi della quotidianità, e ad una vasta documentazione comparativa spazio-temporale e anche scientifica, questi simboli archetipi prendono vita e significazione, sulla scorta del metodo di ricerca derivato dalla grande archeologa e linguista lituana Marija Gimbutas. In virtù di un percorso traverso e "carsico" si ritrovano, in maniera inusitata, ancora nella nostra vita e nelle nostre abitudini presenti nonostante l’insulsa e fredda razionalità del nostro tempo. Alla decifrazione dei glifi è collegata anche un'aura di mistero e di bellezza che coglie tutti quelli che decidono di saperne di più: queste pietre parlano ancora per chi come Teri Volini le sa interpretare e far rivivere. L'autrice è linguista, scrittrice, poetessa, e "mitoarcheologa", oltre che

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artista. La sua arte e le sue svariate performances artistiche negli anni sono state fortemente influenzate dalle montagne pietrose e "pareidoliche" (per usare un termine della “ricercatrice” Volini), e dalla natura incontaminata e "antica" del suo luogo d’origine, Castelmezzano, (di fronte all'altro paese ricco di rocce pareidolitiche, Pietrapertosa e su questo lei ci ha pubblicato un libro, Pareidolia a Pietrapertosa!) nelle famose Dolomiti Lucane.

I 2 paesi "litici", situati, uno di fronte all'altro, nel cuore della Basilicata, di fatto rappresentano un “heritage” storico, ambientale e culturale di somma importanza e di grande interesse.

Per merito di Volini prende corpo una nuova visione della storia del Neolitico in Basilicata e delle nostre lontane origini che differisce dalla storia ufficiale propinata finora forse con troppa faciloneria intellettuale e sicumera autoreferenziale. Viene fuori una "Civiltà Matriarcale" o "Civiltà della Grande Madre", che può essere compresa solo intuitivamente, dove l'elemento femminile è la parte costitutiva e caratterizzante; la natura mater è il Leitmotiv di riferimento iconico, essenziale e ultimo...

Questa Civiltà pacifica ed evoluta, matricentrata, venne sconvolta e di fatto sottomessa dall’irruzione violenta della Civiltà Indoeuropea, fondamen- talmente patriarcale e votata alla guerra. C'è un raffronto possibile di quella Civiltà con quella Cretese, che verrà distrutta da eventi naturali e dall'invasione dei bellicosi Dori intorno al 1100 a.C. In questa Civiltà non esisteva dualità, contrapposizione o dicotomia, ma una "reductio ad unum" sentita e spirituale che vedeva un "flusso unitario collegare tra loro piante, uomini, animali e stelle". A questo riguardo ho pensato alla famosa canzone di Battiato: "Nomadi" che parla solo di "apparente dualità". Afferma infatti la scrittrice che nella società matriarcale paleolitica esisteva un unico "Principio Femminile, da cui proveniva e da cui dipendeva la sopravvivenza individuale e collettiva". Questo principio è ben impersonato dalla sumera Inanna, dea dell'amore, della procreazione, della sensualità, ma anche della morte, della creazione e della rinascita. Le statuette di donne dell'epoca neolitica nella loro pingui nudità partorivano ed allattavano e si mostravano senza nessun senso di inibizione e di tabù. La verità è sempre nuda.

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Addirittura, sottolinea l'autrice, in contrasti con tanti credi religiosi, il sangue rosso della mestruazione: "il menarca" era considerato l'unico sangue puro perché non derivato da violenze, da guerre o da malattie. Le donne-dee dispensavano, da protagoniste assolute, amore e vita e risveglio primaverile. Si riconosceva alle donne da parte degli uomini di essere le uniche depositarie della vita e della continuità della vita, prima di essere offese, degradate, e asservite definitivamente al potere maschile.

L'autrice incessantemente denuncia con grida di dolore la sopraffazione e la schiavitù della donna nel corso del tempo storico successivo. Non esistevano ancora il "Ratto d'Europa" e il "Ratto delle Sabine" di triste memoria, che di fatto risultano essere i miti fondanti violenti dell'Europa e di Roma. In questa Civiltà matriarcale, in un contesto di tempo ciclico e non lineare, l'astro di riferimento importante era la luna più che il sole che d'altra parte si pensava derivasse dalla prima; i mesi erano lunari e si credeva che il nuovo essere nascesse dopo 10 lune e non dopo 9 mesi.

Le statue delle dee della "Grande Madre" hanno spesso un aspetto teriomorfo, con le corna a significare la fase ascendente e discendente della Luna.

Nella mia permanenza a Canton in Cina ho avuto modo di costatare che il mito fondatore della città è basato sulle 5 capre divine (con le corna appunto ben pronunciate) che hanno salvato la città dalla carestia e che le hanno dato benessere e ricchezza. Senz'altro sono una rimembranza dell'antica società matriarcale in Cina.

Ricordo un particolare simpatico della mia vita di genitore: i miei gemelli sono nati dopo soli 8 mesi, senza quasi nessun problema . Ma una donna "sapiente" del paese, un po' nel senso antico che si dà al termine mi ha spiegato che i miei figli sono nati praticamente senza problemi perché' avevano "terminato le loro 9 lune". Ed è quello che facevano tra l'altro un tempo anche le donne, come spiega l'autrice. Assolvevano anche al ruolo di guaritrici, sciamane, ed interpreti dei sogni per poi essere in certi periodi anche etichettate ingiustamente come streghe, e pervase dal diavolo. E ancora dopo aver letto il libro di Volini, mi vengono in mente le parole di una delle più conosciute canzoni di Battiato: "L'era del cinghiale bianco". Presso i Celti e i Germani era venerata la dea Freya, chiamata anche Syr che significa scrofa. Ebbene la scrofa, come ci ricorda Teri,

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era simbolo spirituale ed esoterico di conoscenza, di guarigione e di verità, di femminilità, di magia, di legame tra il mondo ctonio e quello umano. E soprattutto aveva il colore bianco della saggezza e dell’unicità: la natura divina della terra connessa al ciclo lunare. Ci ricorda l'autrice che tuttora "il simbolo della cinghialessa rimanda al sapere spirituale, alla forza di lottare contro le menzogne, le ingiustizie e le contraddizioni". Maggio, il mese dedicato in origine alla dea Maia, dea della fertilità e del risveglio della natura (da cui deriva il nome maiale perché sacro alla dea) in primavera, identificabile con Cibele, dea della terra e poi dedicato anche alla Madonna, ricorda in modo eloquente la Grande Dea Madre, di ancestrale memoria. Ma appunto siamo in maggio e qui in alcuni comuni della Basilicata si celebrano i famosi "maggi" che di fatto sono riti arborei che nel loro sincretismo pagano-cristiano rimandano alla notte dei tempi e ai ritmi naturali e stagionali di antichissima origine. Talmente grande è l'accuratezza della descrizione e la mole dei dati che quasi non se ne viene a capo.

A mio parere Teri Volini con i suoi "Glifi" ha fatto un grande dono alla Comunità Lucana, non solo per rendere edotti quanti ancora non conoscono questa grande Civiltà Matriarcale nel cuore della Basilicata, ma anche perché ha dato un metodo di studio e di ricerca per tutti quelli che volessero seguire le sue orme. Ha contribuito a far scoprire quello che fino a poco tempo fa era poco conosciuto o non conosciuto affatto, trovando i legami della Civiltà neolitica delle Dolomiti Lucane con tante parti del mondo. Questo libro va messo nello scaffale dei classici. Ci sarà bisogno sempre ogni tanto di sfogliarlo per suffragare qualche giudizio o qualche dato o comprendere meglio alcune spiegazioni troppo difficili da imprimere nella mente. Ci sarà sempre qualcosa che sfugge o che non si ricorda...

Teri Volini, ne sono convinto, per parafrasare il conterraneo Orazio, e il greco Tucidide, ha eretto un alto e acquisito “insegnamento per sempre” (κτῆμα ἐς αἰεί), “una miniera d’informazioni valide in ogni tempo e spazio, una luce che illumina passato, presente e futuro”.

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Testi critici, commenti, riflessioni e stralci di corrispondenza

dei lettori e delle lettrici di

GLIFI

una ricerca mitoarcheologica in Basilicata

1a edizione 2024

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