CANTO 18 Accidiosi: un abate di San Zeno
Virgilio spiega la teoria dell’amore Il mio bravo maestro aveva concluso il suo ragionamento e mi guardava attento negli occhi per vedere se io apparivo contento.
Posto avea fine al suo ragionamento l’alto dottore, e attento guardava ne la mia vista s’io parea contento;3
Io ero stimolato ancora da un nuovo desiderio e tacevo con la bocca, ma dentro di me dicevo: «Forse le troppe domande che faccio lo infastidiscono...»
e io, cui nova sete ancor frugava, di fuor tacea, e dentro dicea: ’Forse lo troppo dimandar ch’io fo li grava’.6
Ma quel padre amorevole, che si accorse del desiderio che per timidezza non manifestavo, mettendosi a parlare, mi diede il coraggio di fare altrettanto.
Ma quel padre verace, che s’accorse del timido voler che non s’apriva, parlando, di parlare ardir mi porse.9
E dissi: «O maestro, il mio intelletto s’illumina a tal punto nella luce del tuo sapere, che io intendo chiaramente quanto il tuo ragionamento distingue o dimostra.
Ond’io: "Maestro, il mio veder s’avviva sì nel tuo lume, ch’io discerno chiaro quanto la tua ragion parta o descriva.12
Perciò ti prego, o padre dolce e caro, che tu mi spieghi che cosa sia l’amore, a cui riconduci ogni azione buona e cattiva!»
Però ti prego, dolce padre caro, che mi dimostri amore, a cui reduci ogne buono operare e ’l suo contraro".15
«Volgi a me gli occhi acuti del tuo intelletto» disse, «e ti sarà manifesto l’errore dei ciechi che vogliono far da guide sostenendo che ogni amore è sempre buono.
"Drizza", disse, "ver’ me l’agute luci de lo ’ntelletto, e fieti manifesto l’error de’ ciechi che si fanno duci.18