Quaderni della Pergola | Il desiderio

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Sfuggito a Cannes, il premio per l’interpretazione torna qualche anno dopo a Venezia. Alla base c’è una storia criminale che ricorda quella di Violette Nozière. Protagonista è questa volta Marie-Louise Giraud (Marie Latour nel film), una donna che nella Francia di Vichy affitta camere a prostitute a Cherbourg. Praticato per caso un aborto per aiutare una vicina diventa una specialista di questa pratica, particolarmente vietata nella Francia dell’epoca. Nella realtà a tradirla fu la morte di una delle sue clienti per setticemia, nel film, invece, è il marito che lei tradisce con un collaborazionista a denunziarla. L’epilogo è lo stesso: alla fine del luglio 1943 Marie è una delle ultime donne in Francia ad essere ghigliottinata. Il film è Un affare di donne, di Claude Chabrol, e per la Huppert arrivano la Coppa Volpi a Venezia e il César. È l’ora di tornare a teatro: nello stesso anno di Un affare di donne, il 1988, la Huppert recita in Un mese in campagna di Turgenev, poi nell’opera Giovanna d’Arco al rogo di Honegger, con il libretto di Paul Claudel. Nel mezzo un altro ritratto femminile iconico, quello di Madame Bovary che recita per Claude Chabrol. Detto già di Orlando recitato per Bob Wilson, si può passare all’ennesimo dipinto di donna legato al male: è Jeanne, impiegata di un ufficio postale, che si lega in modo malsano alla domestica Sophie, impiegata presso una famiglia abbiente che vive nella campagna bretone. Entrambe con storie di violenza alle spalle (Sophie, che è analfabeta, ha probabilmente ucciso il padre disabile mentre Jeanne è accusata di aver eliminato il figlio) concepiscono un sordo rancore per la famiglia che dà lavoro a Sophie finendo per trucidarla barbaramente. Il buio nella mente, ancora per Claude Chabrol, vale alla Huppert nel 1995 per il personaggio di Jeanne una seconda Coppa Volpi, divisa con Sandrine Bonnaire che nel film è Sophie. “Non sono una persona che intimidisce”, ha detto la Huppert di sé rispondendo a una domanda sulla fragilità ma anche sull’aggressività latente dei personaggi che interpreta. Si tratta di una fragilità complessa, oltre la delicatezza del cristallo ma con la forza dell’acciaio. È così la figura di Erika Kohut, l’insegnante di musica de La pianista di Michael Haneke, divenuto nel tempo uno dei suoi registi favoriti. Così è in particolare negli ultimi film da lei recitati: un misto di remissività e vendetta sorda anima sia la businesswoman di Elle di Paul Verhoeven che la prostituta d’alto bordo di Eva di Benoît Jacquot; oppure nell’ultimissimo Greta, diretto da Neil Jordan, dove di nuovo è una pianista che stringe una sinistra relazione con una donna più giovane di lei. A teatro è stata Medea, poi la Blanche di Un tram chiamato desiderio, Araminta de Le false confidenze. Ha letto la Justine del Marchese De Sade, ha attraversato vari stadi del personaggio di Fedra, da Euripide a Sarah Kane. “Le figure femminili poco rassicuranti sono le più interessanti da interpretare perché riflettono la complessità dell’animo umano e la ricchezza espressiva del cinema”, ha detto nel 2017 a Grazia: e davvero nel campo del “poco rassicurante”, nell’analisi dei progressivi spostamenti del desiderio, Isabelle Huppert si è distinta come poche altre attrici.


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