Quaderni della Pergola | La Paura

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Quaderni della Pergola | 59

fondamentale che ha toccato la sua esistenza...

Eduardo è stato per me una fonte di formazione strepitosa. Ricordo che ogni tanto tirava fuori una di quelle sue sue micidiali battute... In occasione della registrazione negli studi Rai de Le voci di dentro, per esempio – che è l’opera in cui il personaggio dello zio dialoga con il nipote Eduardo solo attraverso i mortaretti perché non vuole parlare più – accadde che nel momento in cui lo zio doveva accendere una fontana luminosa come segno delle decisione presa di morire (momento culmine dell’intera commedia), invece della fontana luminosa partì uno di quei razzi d’artificio rossi e e verdi che fanno dei botti giganteschi e arrivano fino al soffitto. La scenografia di sedie impagliate prese fuoco, dalla regia non vidi più nulla, c’era soltanto del fumo bianco e sentivo delle urla... Mi precipitai scendendo dalla scaletta della regia e nello studio non c’era più nessuno, erano scappati tutti... Finalmente al centro della sala apparve una sagoma: era Eduardo, che guardava per terra e aveva le mani dietro la schiena, tristissimo. “Caro Camilleri”, mi disse, “la televisione è in mano ai preti e ai piemontesi... Non distinguono una fontana da un furgarolo!”. Qualche anno dopo lo incontrai di nuovo ed era in piena rottura con il fratello Peppino, mentre io l’avevo diretto come regista. Mi guardò e disse: “So che dopo di me avete lavorato con mio fratello Peppino...”, seguì il silenzio. Eduardo faceva delle pause che se uno era colpevole della minima cosa confessava subito! Alzò lentamente il braccio, me lo poggiò sulle spalle e commentò: “La vita, Camilleri, la vita...”.

Un aspetto che caratterizza fortemente i suoi libri è un particolare uso del dialetto, quasi un italiano sicilianizzato, che conferisce una grande espressività ai suoi personaggi…

Nella mia scrittura è presente l’orgoglio del dialetto che è all’origine della lingua italiana, al fine di raggiungere una certa espressività: soltanto così riesco ad ottenerla. E del resto anche il lato più umoristico delle mie storie viene sottolineato dall’uso del dialetto: l’atteggiamento ironico credo che sia parte del mio essere naturale, nel senso che prendo sempre tutto con ironia, compresi i miei fatti privati, e tramite a certi vocaboli riesco poi a riversare questo mio stato d’animo nella scrittura. Lei è uno degli scrittori più letti in Italia e più tradotti all’estero, ma il successo è arrivato con il tempo, dopo anni di tentativi e grazie alla fiducia della casa editrice Sellerio.

Leonardo Sciascia è stato il primo a portare un mio libro a Delfina Sellerio e da quel momento ho cominciato la mia collaborazione con la casa editrice. Io e Sciascia avevamo tanti punti in comune: tutti e due ci muovevamo sotto il segno di Pirandello che era nato ad Agrigento – la nostra casa – e poi lui aveva avuto come professore Vitaliano Brancati che era un mio idolo… La nostra era una vera amicizia, nel senso che litigavamo, a volte anche duramente, però quello che devo a Leonardo è enorme: ancora oggi, superati i 90 anni, nel momento in cui mi sento le batterie scariche ascolto le parole di un suo libro e torno ricaricato.


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